LE TERRE

 

NEL

 

CIELO STELLATO

 

i loro abitanti, i loro spiriti e angeli

 

EX A UDI TIS E T VISIS

 

 

PER

 

EMANUEL  SWEDENBORG

 

Versione dall’originale latino, stampato in Londra nel 1758, col titolo:

De Tellurjbus in mundo nostro solari, quæ vocantur Planetæ et de Telluribus

in Cœlo astrifero: deque illarum incolis; tum de Spiritibus et Angelis ibi;

ex auditjs et visis.

 

 

Traduzione a cura di

 

 

L. SCOCIA

 

1886

 

 

Editore della stampa originale: TIPOGRAFIA DI MARIANO RICCI

Via San Gallo Num. 31 (FI)

 

Questa edizione è a cura di

“Amici della Nuova Luce” - www.legamedelcielo.it

 

 

 

INDICE

 

Prefazione del traduttore (L. Scocia)

 

Opere letterarie

 

Opere filosofiche

cap. 1

Le Terre nell’Universo

cap. 2

Della Terra o pianeta “Mercurio”

cap. 3

Della terra o pianeta “Giove”

cap. 4

Della terra o pianeta “Marte”

cap. 5

Della terra o pianeta “Saturno”

cap. 6

Della terra o pianeta “Venere”

cap. 7

Degli spiriti e degli abitanti della “Luna”

cap. 8

Motivi per i quali il Signore volle nascere sulla nostra Terra e non sopra un’altra

cap. 9

Le Terre nel cielo stellato

cap. 10

D’una “prima Terra” nel cielo stellato

cap. 11

D’una “seconda Terra” nel cielo stellato

cap. 12

D’una “terza Terra” nel cielo stellato

cap. 13

D’una “quarta Terra” nel cielo stellato

cap. 14

D’una “quinta Terra” nel cielo stellato

 

      Osservazioni del traduttore

 

 

 

Prefazione alle opere di Swedenborg a cura del traduttore (L. Scocia)

 

 

 

Questo libro è estratto dall’opera di E. Swedenborg dal ttolo “ARCANA COELESTIA”

 

___________

 

1. LE TERRE NELL’UNIVERSO

 

1. Siccome, mercé la Divina Misericordia del Signore, gl’interiori appartenenti al mio spirito mi sono stati aperti — e per questo mezzo mi è stato dato di parlare non solo con gli spiriti e gli angeli che sono presso alla nostra Terra, ma anche con quelli che sono presso alle altre —; così, avendo avuto il desiderio di sapere se esistono altre Terre, che Terre sono esse e quali ne sono gli abitanti, mi è stato dato dal Signore di parlare e conver­sare con gli spiriti e gli angeli oriundi da altre Terre, con gli uni per un giorno, con altri per una settimana, e con altri per mesi, ed essere istruito da essi circa le Terre che avevano abitato e presso alle quali erano, e circa la vita, i costumi e il culto degli abitanti, e circa varie cose degne di essere riferite; e poiché mi è stato dato in questa maniera di sapere quelle cose, mi è permesso di de­scriverle secondo quel che ho udito e veduto Bisogna sapere che tutti gli spiriti e tutti gli angeli provengono dal genere umano[1]; che essi sono presso alla loro Terra[2], e sanno quel che c’è; e che l’uomo, i cui interiori siano aperti in guisa da poter parlare e conversare con essi, ne può essere istruito; perché l’uomo nella sua essenza è uno spirito[3], ed è con gli spiriti in quanto ai suoi interiori[4]. Perciò colui, a cui gli interiori sono aperti dal Signore, può parlare con essi come un uomo con un uomo[5]: questo è stato concesso a me ogni giorno, ora da dodici anni.

2. Che vi siano più Terre ed in esse degli abitanti, e quindi provengano spiriti e angeli, è notissimo nell’altra vita; poiché là, a chiunque dietro l’amore del vero e quindi dell’uso lo desidera, è concesso di parlare cogli spiriti di altre Terre, e quindi essere confermato sulla pluralità dei mondi, e istruito che il Genere umano non proviene da una sola Terra, ma da Terre innumerevoli; ed inoltre di qual genio e vita ne sono gli abitanti, e qual è il loro Culto Divino.

3. Ho parlato alcune volte con gli spiriti della nostra Terra sopra questo soggetto, e si disse che l’uomo, che ha potenza d’in­telletto, può sapere da molte cose che conosce che vi sono più Terre e che esse sono abitate da uomini; perciocché in virtù della ragione egli può inferire che così grandi moli, quali sono i pianeti, tra i quali alcuni oltrepassano in grandezza questa Terra, non sono masse vuote e create unicamente per essere trasportate e percorrere lo spazio, intorno al Sole, e per risplendere col loro scarso lume per una sola Terra; ma, bisogna che il loro uso sia più im­portante di questo. Colui che crede, come ognuno deve credere, che il Divino non ha creato l’Universo per altro fine se non perché esista il Genere umano, e quindi un Cielo, imperocché il Genere umano è il seminario del Cielo, quegli non può altrimenti che pensare che ci sono uomini, ovunque c’è una Terra. Che i pianeti che sono visibili ai nostri occhi, perché dentro i limiti del mondo del nostro Sole, siano Terre, si può saperlo in un modo manifesto da questo, che essi sono corpi di materia terrestre, poiché riflettono la luce del Sole; e, visti con telescopi, non appaiono scintillanti di fiamme come le stelle, ma variegati di parti oscure come di terra; poi da questo, che essi sono, come la nostra Terra, traspor­tati intorno al Sole, e progrediscono per la via del Zodiaco, e quindi dànno gli anni e i tempi dell’anno, cioè la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno; e parimenti da che essi hanno, come la nostra Terra, un movimento di rotazione intorno al loro asse, e quindi danno i giorni e i tempi del giorno, cioè la mattina, il mezzodì, la sera e la notte; e di più da questo, che alcuni tra essi hanno delle Lune che sono chiamate satelliti, e che girano in tempi determinati intorno al loro globo, come la Luna intorno al nostro; e da che il pianeta Saturno, perché lontanissimo dal Sole, ha ancora un gran cerchio luminoso, che dà, quantunque riflessa, molta luce a cotesta Terra. Chi è che, conoscendo queste rose, e pensando secondo la ragione, possa dire che questi sono corpi sui quali non c’è niente (inania)?

4. Inoltre, ho parlato cogli spiriti sopra questo punto, che può essere creduto dall’uomo, cioè che nell’Universo c’è più che una sola Terra, da che il Cielo stellato è così immenso, e vi sono tante innumerevoli stelle, di cui ciascuna nel suo luogo o nel suo mondo è un Sole, come il nostro Sole, ma di varia grandezza. Chiunque ben riflette conclude che questo tutto così immenso non può essere che un mezzo per un fine, che è l’ultimo della crea­zione, il qual fine è un Regno celeste, dove il Divino possa abitare cogli angeli e gli uomini: infatti l’Universo visibile o il Cielo, brillante di tante innumerevoli stelle, che sono altrettanti Soli, è solamente un mezzo perché esistano Terre, e sopra esse degli uomini coi quali è formato il Regno celeste. Da ciò l’uomo razio­nale non può altrimenti che pensare che un mezzo cotanto im­menso per un sì gran fine non è stato fatto per un Genere umano, e per conseguenza per un Cielo che proverrebbe da una sola Terra. Che cosa sarebbe questo per il Divino, che è infinito, per il quale sarebbero poche, e appena qualcosa, migliaia, anzi miriadi di Terre e tutte piene di abitanti?

5. Di più, il Cielo angelico è così immenso che corrisponde alle singole parti dell’uomo; e vi sono miriadi di cose che corri­spondono a ciascun membro, a ciascun organo, a ciascun viscere e a ciascuna delle sue affezioni. Mi è stato dato di sapere che quel Cielo non può esistere in quanto a tutte le sue corrispondenze se non dagli abitanti di moltissime Terre[6].

6. Vi sono degli spiriti, di cui l’unica applicazione si è di acqui­stare delle cognizioni, perché in esse soltanto pongono il loro diletto. Per la qual cosa è permesso a cotesti spiriti di andare in giro, e di passare anche fuori del mondo di questo Sole, in altri mondi, e acquistarsi delle cognizioni. Questi mi dissero che ci sono Terre abitate da uomini non solo in questo Mondo solare, ma anche fuori di esso, nel cielo stellato, in numero immenso. Questi spiriti sono del pianeta Mercurio.

7. Quanto a quel che in generale concerne il Culto Divino degli Abitanti di altre Terre, tutti quelli che là non sono idolatri rico­noscono il Signore per l’unico Dio; infatti essi adorano il Divino non come un Divino invisibile, ma come un Divino visibile, e ciò anche perché, quando il loro Divino appare, egli appare in forma umana, come già un tempo apparve ad Abraham e ad altri su questa Terra[7]; e tutti quelli che adorano il Divino sotto una forma umana, sono accetti al Signore[8]. Essi dicono anche che nessuno può convenientemente adorare Dio, e meno poi essergli congiunto, eccetto che non lo comprenda con qualche idea, e che egli non può essere compreso che nella forma umana; e che se non è così, la vista interiore rispetto a Dio, che appartiene; al pensiero, è dissipata, come la vista dell’occhio quando si volge sul­l’universo senza limite; e che allora il pensiero non può fare al­trimenti che cadere nella natura, la quale è adorata invece di Dio.

8. Quando loro fu detto che il Signore ha preso l’Umano sulla nostra Terra, essi meditarono un poco, e poi dissero che questo è stato fatto per la salvazione del Genere umano.

 

[indice]

2. DELLA TERRA O PIANETA “MERCURIO”

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

9. Che tutto il Cielo rappresenti un sol Uomo, che per conse­guenza è chiamato il Grandissimo Uomo, e che tutte e le singole cose appo l’uomo, tanto le cose esteriori che le interiori, corri­spondano a quell’Uomo o al Cielo, è un arcano non ancora co­nosciuto nel mondo; ma che sia così, è stato dimostrato in molti luoghi[9]. Ora, a costituire quel Grandissimo Uomo coloro che vengono dalla nostra Terra nel Cielo non bastano; essi sono relativamente pochi; bisogna che ne vengano da molte altre Terre; ed egli è provveduto dal Signore a che, tosto che manca in qual­che luogo una qualità o una quantità per la corrispondenza, siano subito fatte venire da altre Terre delle persone che la riempiano, affinché esista la relazione e così il Cielo si sostenga.

10.     Quel che gli spiriti del pianeta Mercurio rappresentano nel Grandissimo Uomo mi è stato altresì rivelato dal Cielo: è la Memoria, ma la memoria delle cose, fatta astrazione da quel che è terrestre e meramente materiale. Ora, poiché mi è stato dato di parlare con essi, e per parecchie settimane, e udire quali sono, ed esaminare come si comportano coloro che sono sopra quella Terra, vorrei qui riferire le stesse esperienze.

11. Vennero da me alcuni spiriti e mi fu detto dal Cielo che erano della Terra più vicina al Sole, cioè del pianeta che sulla nostra Terra è chiamato col nome di Mercurio; e subito che fu­rono venuti, essi cercarono per la mia memoria le cose che io conoscevo; — ciò che gli spiriti possono fare abilissimamente, perché quando vengono presso un uomo, essi vedono nella sua memoria le singole cose che vi sono[10]. — Mentre dunque essi cercavano diverse cose, fra le quali le città e i luoghi dove io era stato, osservai che non volevano conoscere i templi, i palazzi, le case, le strade, ma solamente le cose che io sapevo essere state fatte in quei luoghi, non che quelle che riguardavano i governi, il genio e i costumi degli abitanti e altre cose simili; conciossiachè tali cose siano aderenti ai luoghi nella memoria appo l’uomo; perciò, quando i luoghi sono ricordati, anche esse sovvengono. Io ero meravigliato che quegli spiriti fossero tali; perciò domandai loro perché tralasciavano le magnificenze dei luoghi, e cercavano soltanto le cose e i fatti che vi erano avvenuti. Essi mi risposero che non prendevano alcun piacere nel riguardare degli oggetti materiali, corporei e terrestri, ma si dilettavano solamente nel considerare le cose reali. Indi mi fu confermato che gli spiriti di quella Terra hanno relazione nel Grandissimo Uomo con la Me­moria delle cose, astrattamente da quel che è materiale e terrestre.

12. Mi è stato detto che tale è la vita degli abitanti sopra quella Terra, cioè che essi non fanno nessun conto delle cose terrestri e corporee, ma prestano attenzione soltanto agli statuti, alle leggi ed ai governi delle nazioni che vi abitano; ed inoltre alle cose che concernono il Cielo, le quali sono innumerevoli. Mi è stato detto ancora che molti tra gli uomini di quella Terra parlano cogli spiriti, e che indi essi hanno delle cognizioni circa le cose spirituali, e circa gli stati della vita dopo la morte. Da qui altresì il loro disprezzo delle cose corporee e terrestri; infatti coloro che tengono per certo e credono che c’è una vita dopo la morte, hanno cura delle cose celesti, perché esse sono eterne e conducono alla felicità, e non delle cose mondane, se non per quanto lo richiedono le necessità della vita. Poiché tali sono gli abitanti, perciò tali sono anche gli spiriti che provengono da quella Terra[11].

13. Io ho potuto vedere con quanta avidità essi cercano e at­tingono le cognizioni delle cose, quali sono quelle che spettano alla memoria elevata al disopra dei sensuali del corpo, da questo, che quando essi vi guardavano, le cognizioni che io possedeva sulle cose celesti, essi le percorrevano tutte, e dicevano senza ar­restarsi: «È così, è così». Infatti, quando gli spiriti vengono presso un uomo, essi entrano in tutta la sua memoria, e vi richia­mano le cose che loro convengono; anzi, - quel che io ho molte volte osservato, - essi leggono come in un libro quelle che vi sono[12]. Questi spiriti facevano ciò con maggior destrezza e ce­lerità, perché non si arrestavano intorno a quel che è pesante e lento, e che restringe e conseguentemente ritarda la vista interna, come sono tutte le cose terrestri e corporee, quando si hanno per fine, cioè dire, quando si amano unicamente; ma consideravano le cose stesse; conciossiachè le cose a cui non aderiscono i terrestri portino l’animo in alto, così in un campo vasto; ma gli oggetti meramente materiali lo portano in basso, lo limitano e lo chiu­dono. La loro avidità d’acquistare delle cognizioni e arricchire la loro memoria mi fu ancora manifesta da quel che segue: Una volta, mentre io scrivevo qualcosa circa gli avvenimenti futuri, ed essi erano lontano da me, in guisa che non potevano vederlo dalla mia memoria, s’indignarono fortemente, perché io non voleva leggerlo alla loro presenza, e, contro il loro solito costume, vole­vano inveire contro di me, dicendo che io era pessimo, e altri epiteti simili. E onde mostrare il loro sdegno, introdussero nella parte destra della mia testa, sino all’orecchio, una specie di con­trazione con dolore; ma questo non mi noceva per niente. Tut­tavia, siccome avevano agito male, si allontanarono ancora di più; ma nondimeno subito si arrestarono, volendo sapere quel che io aveva scritto: tale è il loro ardente desiderio delle cognizioni.

14. Gli spiriti di Mercurio posseggono più che tutti gli altri spiriti le cognizioni delle cose, tanto di quelle che sono nel mondo di questo Sole, che di quelle che sono fuori di questo mondo, nel cielo stellato; e quelle che una volta essi hanno acquistate, le ri­tengono e se ne ricordano anche, tutte le volte che se ne presen­tano delle simili. Indi ancora si può chiaramente vedere che gli spiriti hanno una memoria, e che essa è molto più perfetta che la memoria degli uomini; e che gli spiriti ritengono le cose che odono, vedono e percepiscono, e soprattutto quelle che recano loro diletto, quali sono per questi spiriti le cognizioni delle cose; av­venga che le cose che piacciono e si amano, influiscono quasi da sé e rimangono; le altre non entrano, ma toccano solamente la superficie e passano oltre.

15. Quando gli spiriti di Mercurio vengono presso altre Società, essi esplorano ciò che quelle sanno, e quando l’hanno esplorato se ne vanno. Esiste anche fra gli spiriti, principalmente fra gli angeli, una tale comunicazione, che quando essi sono in una so­cietà, se sono accetti ed amati, tutte le cose che conoscono sono comunicate[13].

16. Più degli altri, gli spiriti di Mercurio sono orgogliosi delle loro cognizioni; perciò si disse loro che, sebbene ne abbiano delle innumerevoli, pur tuttavia le cose che non conoscono sono infi­nite; e che, se le cognizioni aumentassero appo loro in eterno, essi non potrebbero pervenire nemmeno ad avere una nozione di tutte le cose comuni. Si disse loro che essi hanno dell’orgoglio e dell’alterigia, e che questo non è conveniente. Risposero che non era orgoglio, ma soltanto una piccola ostentazione, risultante dalla facoltà della loro memoria. Così essi hanno l’abilità di scusare i loro difetti.

17. Essi aborrono il linguaggio di vocaboli, perché è materiale; perciò con essi, quando non c’erano degli spiriti intermediari, io non potei parlare che per una specie di pensiero attivo. La loro memoria, essendo una memoria di cose e non d’immagini pura­mente materiali, somministra più da vicino i suoi oggetti al pen­siero; stante che il pensiero, che è al disopra dell’immaginazione, ricerca per oggetti le cose astratte da quel che è materiale: ma benché sia così, pur tuttavia gli spiriti di Mercurio brillano poco per la facoltà di giudizio; essi non si dilettano delle cose che ap­partengono al giudizio e alle conclusioni che si traggono dalle cognizioni; conciossiachè le nude cognizioni siano il loro diletto.

18. Fu loro domandato se delle loro cognizioni non volevano fare qualche uso; per il fatto che non basta dilettarsi delle cognizioni, perché le cognizioni riguardano gli usi, e gli usi debbono essere i fini. Dalle sole cognizioni non c’è uso per essi, ma per gli altri ai quali vogliano comunicarle; e che in nessun modo conviene a un uomo, che vuole essere savio, di rimanere nelle sole cognizioni, perché queste non sono che cause subalterne, dovendo servire a indagare le cose che debbono appartenere alla vita. Ma risposero che essi si dilettavano nelle cognizioni, e che le cognizioni sono per essi gli usi.

19. Taluni fra essi non vogliono apparire come uomini, come appaiono gli spiriti delle altre Terre, ma come globi di cri­stallo. Se vogliono apparire così, - benché non appariscano sotto questa forma, - si è perché le cognizioni delle cose immateriali sono rappresentate nell’altra vita per i cristalli.

20. Gli spiriti di Mercurio differiscono interamente dagli spiriti della nostra Terra; ciò per il fatto che gli spiriti della nostra Terra non apprezzano così le cose, ma si danno cura degli oggetti mondani, corporei e terrestri, che sono materiali. Perciò gli spiriti di Mer­curio non possono essere insieme con gli spiriti della nostra Terra; in conseguenza, dovunque gli s’incontrano, li friggono, poiché le sfere spirituali che si esalano dagli uni e dagli altri, sono quasi contrarie. Gli spiriti di Mercurio dicono sempre che essi non vo­gliono riguardare l’involucro, ma le cose denudate dal loro invo­lucro, così gli interiori.

21. Apparve una fiamma assai risplendente, che ardeva allegra­mente; e quest’apparizione durò quasi un’ora. Quella fiamma si­gnificava l’arrivo degli spiriti di Mercurio, i quali erano più pronti che i precedenti nel discernere, nel pensare e nel parlare. Quando furono arrivati, essi percorsero in un attimo le cose che erano nella mia Memoria; ma a cagione della loro prontezza io non potei percepire quelle che osservavano. Li udiva di tratto in tratto dire: «La cosa è così». Le cose che io aveva veduto nei Cieli e nel Mondo degli spiriti, essi dicevano di conoscerle già. Io per­cepiva che di dietro, un poco a sinistra, nel piano dell’occipite, c’era una moltitudine di spiriti consociati con essi.

22. Un’altra volta vidi una moltitudine di questi spiriti, ma a qualche distanza da me, davanti, un poco a destra; e di là essi parlarono con me, ma per mezzo di spiriti intermediari; perciocché il loro linguaggio, essendo rapido quanto il pensiero, non cade nel linguaggio umano se non per mezzo di altri spiriti; e, quel che mi sorprese, essi parlavano tutti insieme, e sempre con tanta prontezza e celerità. Il loro linguaggio, poiché era di molti insieme, era sentito come ondulatorio; e, quel che è memorabile, esso cadeva verso il mio occhio sinistro, benché quegli spiriti fossero a destra. — Questo era perché l’occhio sinistro corrisponde alle cognizioni delle cose, fatta astrazione da quel che è materiale, così alle cognizioni che spettano all’intelligenza; l’occhio destro, invece, corrisponde a quelle che appartengono alla sapienza[14]. - Essi percepivano anche, con la stessa prontezza con cui parlavano, le cose che udivano, e ne giudicavano dicendo: «Questo è così; questo non è così». Il loro giudizio è quasi istantaneo.

23. C’era uno spirito d’un’altra Terra, che poté parlare con essi con destrezza, perché parlava con prontezza e celerità, ma che affettava dell’eleganza nel discorso. In un momento essi giudicavano di quel che egli pronunziava, dicendo: «Questo è troppo elegante; questo è troppo sapiente». Così essi stavano attenti se udirebbero da lui qualcosa da loro non ancora conosciuta, rigettando in tal guisa le cose che facevano ombra, le quali sono principal­mente le affettazioni di eleganza di linguaggio e d’erudizione, perché esse nascondono le cose stesse, e in loro vece presentano dei vocaboli, che sono le forme materiali delle cose; infatti, colui che parla vi trattiene la mente, e vuole che i vocaboli siano uditi di preferenza al loro significato; indi l’udito altrui è più impres­sionato che la sua mente.

24. Gli spiriti della terra Mercurio non rimangono in un sol luogo o dentro le congregazioni degli spiriti d’un sol mondo, ma vanno vagando per l’Universo. La ragione di ciò si è che essi rappresentano la Memoria delle cose, la quale deve essere arric­chita continuamente. Perciò loro è concesso di andare in giro, e acquistare dovunque delle cognizioni. Quando vanno così pelle­grinando, se incontrano degli spiriti che amano le cose materiali, cioè corporee e terrestri, essi li fuggono, e si recano in luoghi dove non ne odono parlare. Da qui si può vedere che la loro mente è elevata sopra dei sensuali, e che così sono in un lume interiore. Questo ancora mi era dato di percepire in attualità, quando essi erano presso di me e mi parlavano; allora osservai che io era distaccato dai sensuali, a tale che il lume dei miei occhi cominciava a indebolirsi e divenire oscuro.

25. Gli spiriti di quella Terra vanno a coorti e falangi, e quando sono riuniti, formano come un globo. Essi sono congiunti così dal Signore, affinché facciano uno, e le cognizioni di ciascuno siano comunicate a tutti, e le cognizioni di tutti a ciascuno, come si fa nel Cielo[15]. Che questi spiriti vadano vagando per l’uni­verso, onde acquistare le cognizioni delle cose, mi fu manifesto anche da questo, che una volta, apparendo essi molto lontano da me, mi parlavano di là, e dicevano che allora si erano radunati e andavano fuori della sfera di questo mondo, nel Cielo stellato, dove sapevano che c’erano di tali spiriti, che non si curano delle cose terrestri e corporee, ma di cose più elevate, coi quali vole­vano essere insieme. Mi fu detto che essi stessi non sapevano dove andavano, ma che per l’Auspicio Divino erano portati in luoghi dove potevano essere istruiti intorno a cose che non sapevano ancora, e che concordavano con le cognizioni che avevano. Mi fu detto anche che essi non sapevano come troverebbero dei com­pagni, coi quali dovevano essere congiunti, e che questo ancora si fa per l’Auspicio Divino.

26. Siccome essi vanno così per l’Universo, e quindi possono meglio degli altri sapere quel che concerne i Mondi e le Terre fuori della sfera del Mondo del nostro Sole; perciò io ho parlato con essi anche sopra questo soggetto. Mi dissero che nell’Universo vi sono moltissime Terre, e sopra esse degli uomini; che erano meravigliati che certuni, che essi chiamavano uomini di poco giu­dizio, s’immaginassero che il Cielo di Dio Onnipotente fosse com­posto soltanto di spiriti e angeli che vengono da una sola Terra; mentre essi sono tanto pochi, e rispettivamente alla Onnipotenza di Dio sarebbero appena qualcosa, quando anche vi fossero miriadi di mondi e miriadi di terre. Di più mi dissero che essi sapevano che nell’Universo vi sono Terre oltre alcune centinaia di migliaia; e pure che cosa è questo per il Divino, che è Infinito?

27. Alcuni spiriti di Mercurio, essendo presso di me mentre io scriveva e spiegava la Parola in quanto al suo senso interno, e scorgendo quel che io scriveva, dicevano che le cose che io scri­veva erano affatto grossolane, e che quasi tutte le espressioni ap­parivano come materiali. Ma mi fu dato di rispondere che gli uomini della nostra Terra vedono, ciò nondimeno, come sottili ed elevate le cose da me scritte, tra le quali ce ne sono molte che essi non capiscono. Aggiunsi che un gran numero di uomini sopra questa Terra non sanno che c’è un uomo interno, che agisce nel­l’uomo esterno e fa che questo viva, e si persuadono, dietro le illusioni dei sensi, che il corpo ha la vita; che perciò coloro che sono malvagi e infedeli mettono in dubbio la vita dopo la morte; che, di più, non si chiama Spirito ma Anima quel che dovrà vi­vere dopo la morte del corpo, e che si disputa intorno a quel che è l’Anima e dove essa ha la sua sede; e che si crede che il corpo materiale, benché dissipato a tutti i venti, debba essere di nuovo congiunto all’Anima, affinché l’uomo viva uomo; oltre più altre cose simili. Quando gli spiriti di Mercurio ebbero udito ciò, domandarono se tali uomini potevano divenire angeli. Mi fu dato di rispondere che quelli che vissero nel bene della fede e della carità, divengono angeli, e che allora essi non sono più negli esterni e nei materiali, ma negli interni e spirituali; e che quando pervengono a questo stato, essi sono in una luce superiore a quella in cui sono gli spiriti oriundi da Mercurio. Affinché conoscessero che è così, fu permesso che un angelo, che dalla nostra Terra era nel Cielo, e che era stato tale quando viveva nel mondo, par­lasse con loro; ma di questo colloquio si dirà in seguito.

28. Poi mi fu mandata dagli spiriti di Mercurio una carta lunga, ineguale, formata di più carte incollate insieme, le quali parevano come stampate in caratteri simili a quelli della nostra Terra. Io domandai se avevano di tali cose presso di loro. Risposero che essi non ne avevano, ma che però sapevano che vi sono di tali carte sulla nostra Terra. Essi non volevano dire di più, ma io percepii che essi pensavano che nella nostra Terra le cognizioni erano sulle carte, e non per conseguenza nell’uomo, beffandosi così che le carte quasi sapessero quel che non sa l’uomo: ma furono istruiti come è la cosa. Qualche tempo dopo essi torna­rono e mi mandarono un’altra carta piena anch’essa, come la prima, di caratteri tipografici, non però così incollata e aggrinzata, ma decente e nitida. Mi dissero che erano stati ulteriormente informati che vi sono sulla nostra Terra di tali carte, di cui si fanno libri.

29. Da quel che è stato detto fin qui, è chiaramente evidente che gli spiriti ritengono in memoria quel che vedono e odono nell’altra vita, e che possono essere istruiti egualmente come quando erano uomini nel mondo, per conseguenza sulle cose che spettano alla fede, e così possono essere perfezionati. Quanto più gli spiriti e gli angeli sono interiori, tanto più prontamente e pienamente attingono e più perfettamente ritengono; e siccome questo dura in eterno, è evidente che per essi la sapienza cresce continuamente. Presso gli spiriti di Mercurio cresce continuamente la scienza delle cose; ma per questo non cresce la sapienza, perché essi amano le cognizioni, che sono i mezzi, ma non gli usi, che sono i fini.

30. Inoltre, da quel che segue si può ancora conoscere qual è il genio degli spiriti che sono del pianeta Mercurio. Bisogna sapere che tutti gli spiriti e tutti gli angeli, quanti sono, furono uomini, conciossiachè il genere umano sia il seminario del Cielo; e che gli spiriti, quanto alle affezioni e inclinazioni, sono assolutamente tali e quali furono quando vissero come uomini nel mondo; stantechè la vita di ciascuno lo segue[16]: essendo così, il genio degli uomini d’ogni Terra può essere conosciuto dal genio degli spiriti che ne provengono.

31. Siccome gli spiriti di Mercurio, nel Grandissimo Uomo, rap­presentano la Memoria delle cose, fatta astrazione da quel che è materiale, ne risulta che, quando alcuno parla con loro delle cose terrestri, corporee e meramente mondane, essi non vogliono af­fatto udire; e se sono costretti di udirne parlare, essi le trasmu­tano in altre, e per lo più in cose contrarie, onde evitare di di­scorrerne.

32. Affinché io conoscessi con certezza che tale era il loro genio, mi fu permesso di rappresentare dinanzi ad essi dei prati, dei maggesi, dei giardini, dei boschi, dei fiumi; (rappresentare di tali oggetti si è presentarli immaginativamente dinanzi ad un altro; tali rappresentazioni nell’altra vita appaiono al vivo); ma essi li trasmutavano immantinente. Essi oscuravano i prati e i mag­gesi, e per via di rappresentazioni li empivano di serpenti; intor­bidavano i fiumi, affinché l’acqua non apparisse limpida. Quando io domandai perché facevano così, dissero che non volevano pen­sare a tali oggetti, ma a degli oggetti reali, che sono le cogni­zioni delle cose, fatta astrazione da quel che è terrestre, soprattutto le cognizioni delle cose che esistono nei Cieli.

33. Poi rappresentai dinanzi a loro degli uccelli grandi e pic­coli, quali sono sulla nostra Terra, poiché nell’altra vita gli uc­celli possono essere rappresentati al vivo. Quando videro quegli uccelli rappresentati, da prima volevano mutarli, ma poi presero piacere nel vederli, e rimasero quieti. Questo proveniva da che gli uccelli significano le cognizioni delle cose; e siccome la per­cezione di questa significazione influiva altresì in quel momento[17], così essi si astennero dal trasmutarli, e per conseguenza dall’allontanarli dalle idee della loro memoria. Dopo mi fu permesso di rappresentare dinanzi a loro un amenissimo giardino, pieno di lampade e di fiaccole. Allora si arrestarono, ed erano trattenuti, perché le lampade con le fiaccole significano le verità che lucono in virtù del bene[18]. Indi io vidi chiaramente che essi potevano essere trattenuti a considerare gli oggetti materiali, purché nello stesso tempo la loro significazione nel senso spirituale fosse insi­nuata; stantechè le cose che appartengono al senso spirituale non sono così astratte dagli oggetti materiali, poiché questi ne sono i rappresentativi.

34. Inoltre, parlai con loro di pecore e di agnelli; ma essi non volevano udire parlare di tali cose, perché la percepivano come oggetti terrestri. Ciò proveniva da che essi non intendevano quel che è l’innocenza, che è significata per gli agnelli. Io me ne ac­corsi da questo che, quando ebbi detto che gli agnelli rappresen­tati nel Cielo significano l’innocenza[19], essi risposero che non sapevano cosa fosse l’innocenza, di cui non ne conoscevano altro che il nome. La causa di tale ignoranza si è che essi sono affetti solamente dalle cognizioni, e non dagli usi, che sono i fini delle cognizioni; per conseguenza essi non possono sapere in virtù d’una percezione interna che cosa è l’innocenza.

35. Alcuni tra gli spiriti della terra Mercurio vennero presso di me, mandati da altri, per udire quel che in me avverrebbe; e uno degli spiriti della nostra Terra diceva a questi di raccomandare ai loro inviati di non parlare altro che il vero, e non già, secondo il loro solito, di presentare a coloro che gl’interrogavano delle cose opposte; imperocché se alcuno degli spiriti della nostra Terra facesse così, sarebbe punito. Ma allora la coorte; da cui quegli spi­riti erano stati mandati, e che era lontana, rispondeva che se fossero puniti per questo, sarebbero puniti tutti, poiché in forza d’un uso continuo essi non potevano fare altrimenti. Dicevano che, quando parlano cogli uomini della loro Terra, fanno parimenti così; tuttavia non coll’intenzione d’ingannarli, ma per ispi­rare loro il desiderio di sapere; perciocché quando si presentano gli opposti, e si nascondono le cose in un certo modo, allora il desiderio di sapere è eccitato, e così per lo studio nell’esaminarle la memoria si perfeziona. Io ragionai con essi ancora un’altra volta sullo stesso soggetto; e siccome sapevo che essi parlavano con gli uomini della loro Terra, domandai come ne istruiscono gli abitanti. Essi mi dissero che non gl’istruiscono come la cosa è, ma che nondimeno insinuano qualche percezione della cosa, affinché quindi il desiderio di esaminare e sapere sia nutrito e cresca; perciocché se rispondessero a tutto, il desiderio perirebbe. Aggiunsero che essi presentano degli opposti, anche perché poi la verità apparisca meglio, conciossiachè ogni verità apparisca dietro la relazione cogli opposti.

36. Essi hanno per abitudine di non dire a nessuno quel che sanno, ma non ostante vogliono sapere quel che gli altri sanno. Nella loro società però si comunicano tutto, talmente che quel che uno sa, lo sanno tutti, e quel che tutti sanno, ognun lo sa[20].

    37. Siccome gli spiriti di Mercurio abbondano di cognizioni, essi sono in una certa alterigia; quindi s’immaginano che essi sanno tante cose, che appena se ne possono sapere di più. Ma fu loro detto dagli spiriti della nostra Terra che essi non sanno molte cose, ma poche; che le cose che non sanno sono relativamente infinite; che quelle che non sanno, sono, in confronto a quelle che sanno, come le acque del grande Oceano rispetto alle acque d’una piccola fontana; e che il primo passo verso la sapienza è di sa­pere, riconoscere e percepire che quel che si sa è tanto poco, che è appena qualcosa in confronto di quel che non si sa. Affinché conoscessero che era così, fu permesso ad uno spirito angelico di parlare con essi, e dire loro in generale quel che sapevano e quel che non sapevano; che c’era un’infinità di cose che essi non sa­pevano, e che non potrebbero durante l’eternità sapere neanche i comuni delle cose. Quello spirito parlava per mezzo d’idee ange­liche molto più prontamente di loro; e siccome egli scopriva quel che essi sapevano e quel che non sapevano, furono presi da stu­pore. Poi io vidi un altro angelo parlare con essi; egli apparve ad una certa altezza, verso la destra; quell’angelo era della nostra Terra. Egli enumerò moltissime cose che essi non sapevano; e poi parlò loro per mezzo di mutazioni di stato, che essi dicevano di non intendere. Allora egli disse loro che ogni mutazione di stato, ed altresì ogni minima parte d’una mutazione di stato, con­tiene un’infinità di cose. Quando ebbero udito ciò, siccome erano stati nel fasto a causa delle loro cognizioni, cominciarono ad umi­liarsi. L’umiliazione era rappresentata per l’abbassamento della loro massa voluminosa – per il fatto che quella coorte appariva allora come una massa voluminosa, davanti, verso la sinistra, ad una certa distanza, nel piano della regione sotto l’ombelico. – Ma la massa pareva come incavata nel mezzo ed elevata ai lati; vi si osservava pure un movimento reciproco. Fu detto anche a loro quel che ciò significava, cioè, quel che essi pensavano nella loro umiliazione, e che quelli che ai lati apparivano elevati, non erano ancora in nessuna umiliazione. Ed io vidi che la massa si sepa­rava, e che quelli che non erano nell’umiliazione, erano relegati verso il loro mondo; gli altri rimasero.

38. Alcuni spiriti di Mercurio vennero presso un certo spirito della nostra Terra, il quale, quando visse nel mondo, fu rinoma­tissimo per la sua erudizione: era Cristiano Wolff.[21] Essi deside­ravano d’essere informati da lui intorno a varie cose; ma quando percepirono che quel che egli diceva non era elevato al disopra dei sensuali dell’uomo naturale, perché parlando egli pensava al­l’onore (conciossiachè ognuno nell’altra vita sia simile a quel che fu in questa), e voleva legare in serie diverse cose, e da quelle cose inferirne delle altre di nuovo e continuamente, e così conca­tenarne molte, che quegli spiriti non vedevano o riconoscevano come vere, essi gli dissero che gli anelli non erano legati fra loro, né con le conclusioni, e chiamavano quelle cose «l’oscuro del­l’autorità». Allora essi cessarono d’interrogarlo, domandandogli solamente: «Come si chiama questo? Come si chiama quello?» E siccome anche a queste domande egli rispondeva con idee mate­riali e per niente spirituali, essi si allontanarono da lui; (avvenga ­che ognuno nell’altra vita parli spiritualmente ossia per idee spi­rituali, in quanto ha creduto in Dio, e materialmente, in quanto non vi ha creduto). Poiché qui se ne presenta l’occasione, voglio riferire quel che nell’altra vita avviene agli eruditi, che attingono l’intelligenza dalla loro propria meditazione, accesa dell’amore di sapere i veri per i veri, così per gli usi, fatta astrazione dalle cose mondane; e quel che avviene agli eruditi, che l’attingono dagli altri, senza la loro propria meditazione, come fanno ordinariamente coloro che desiderano sapere i veri unicamente per acquistar fama d’erudizione, e quindi onore e lucro nel mondo, così non per amore degli usi, fatta astrazione dalle cose mondane; io dunque addurrò una esperienza circa questi ultimi. Io sentiva un certo suono che penetrava di sotto, lungo il lato sinistro, sino all’orecchio sinistro. Osservai che erano spiriti, che quivi facevano degli sforzi per sa­lire su, ma non potei sapere quali fossero. Ora, quando furono saliti, mi parlarono e mi dissero che erano stati Logici e Meta­fisici, e che avevano immerso i loro pensieri in tali scienze, senz’al­tro fine che di aver fama di eruditi e pervenire così agli onori e alle ricchezze. Essi si lamentavano che ora menavano una vita miserabile, perché avevano attinto quelle scienze senz’altro fine, e così non avevano per esse coltivato il loro razionale. Il loro par­lare era lento, e la pronunzia muta. In questo frattempo due spi­riti parlavano fra di loro al disopra del mio capo; e siccome do­mandai chi fossero, mi fu detto che l’uno di essi era famosissimo nel mondo letterato; ed io era indotto a credere che fosse Aristo­tile. Chi fosse il secondo non mi fu detto. Allora il primo fu messo nello stato in cui era quando viveva nel mondo; conciossiachè ciascuno possa facilmente essere messo nello stato di vita che ebbe nel mondo, perché ciascuno porta con sé ogni stato di sua vita. Tuttavia quel che mi meravigliò si fu che egli si applicava all’orecchio destro e vi parlava, ma con una voce rauca, e nondimeno in un modo assennato. Dal senso del suo linguaggio io mi accorsi che egli era d’un tutt’altro genio che quegli Scolastici che erano saliti prima, vale a dire che egli aveva ca­vato dal suo pensiero le cose che aveva scritte, e quindi aveva prodotto i suoi filosofali, di modo che i termini che aveva tro­vato e imposto alle cose del pensiero, erano formole di parole con le quali aveva descritto gl’interiori. Poi me ne accorsi anche da che egli era stato stimolato a questo dal piacere dell’affezione, e dal desiderio di sapere le cose che spettano al pensiero e all’intel­letto, e da che egli aveva seguito con obbedienza quel che il suo spirito gli aveva dettato. Ecco perché egli erasi applicato all’orec­chio destro, diversamente dai suoi seguaci chiamati Scolastici, i quali non vanno dal pensiero ai termini, ma dai termini ai pen­sieri, così per una via opposta; e molti di essi non vanno nem­meno ai pensieri, ma se ne stanno solamente ai termini, i quali essi applicano per confermare tutto quel che vogliono, e per dare ai falsi l’apparenza del vero secondo il loro desiderio di persua­dere; indi per essi i filosofici sono mezzi d’insanire, piuttosto che mezzi di sapere; e quindi essi hanno le tenebre invece della luce. Poi io parlai con lui sulla Scienza analitica, dicendogli che un piccolo fanciullo parla più filosoficamente, analiticamente e logi­camente in una mezz’ora di quel che egli avrebbe potuto descri­vere in un volume; e ciò perché tutte le cose che appartengono al pensiero e quindi al linguaggio umano, sono analitici, le cui leggi vengono dal Mondo spirituale; e colui che vuol pensare in un modo artificiale dietro i termini, rassomiglia a un ballerino che volesse imparare a ballare secondo la scienza delle fibre motrici e dei muscoli. Se la sua mente si attaccasse a questa scienza, quando balla, appena egli potrebbe allora muovere un piede; e nondimeno senza questa scienza il ballerino muove tutte le fibre motrici sparse intorno a tutto il suo corpo, e con giustezza i polmoni, il dia­framma, i fianchi, le braccia, il collo e tutte le altre parti, alla descrizione delle quali non basterebbero alcuni volumi; e che è la medesima cosa con quelli che vogliono pensare dietro i termini. Egli approvò queste riflessioni, dicendo che se s’impara a pensare per cotesta via, si procede in un ordine inverso, aggiungendo che se alcuno vuol divenire insano, egli non ha che a procedere così; ma si deve pensare continuamente all’uso, e secondo l’interiore. Poi egli mi mostrò quale idea aveva avuto della Divinità Supre­ma, cioè, che se l’era rappresentata con la faccia umana, avente intorno al capo un circolo radioso, e che ora egli sa che il Si­gnore è Esso stesso quell’Uomo, e che il circolo radioso è il Di­vino che procede da Lui e influisce non solo nel Cielo, ma anche nell’Universo, e li dispone e governa; aggiungendo che colui che dispone e governa il Cielo, dispone e governa anche l’Universo, perché l’uno non può essere separato dall’altro. Ed inoltre mi disse che egli aveva creduto in un solo Dio, di cui erano stati segna­lati gli attributi e le qualità con tanti nomi, quanti erano gli Dei che furono da altri adorati. Io vidi allora una donna che stendeva la mano, volendo carezzarmi la guancia. Siccome io ne ero me­ravigliato, egli mi disse che, quando era nel mondo, gli era spesse volte apparsa una tal donna, che quasi gli carezzava la guancia, e che essa aveva una bella mano (gli spiriti angelici ci dissero che di tali donne furono qualche volta vedute dagli uomini dell’anti­chità, e furono da essi chiamate Palladi); e che quell’apparizione gli veniva da spiriti che, quando vivevano uomini negli antichi tempi, avevano messo il loro piacere nelle idee, e si erano applicati ai pensieri, ma senza la Filosofia; e siccome siffatti spiriti erano presso di lui e se ne dilettavano, perché egli pensava secondo l’in­teriore, essi si manifestavano a lui sotto la rappresentazione d’una tal donna. Da ultimo dichiarò quale idea egli aveva avuto dell’Anima o dello Spirito dell’uomo, che chiamava Pneuma, cioè, che fosse un vitale invisibile, come qualcosa di etereo; e disse che aveva saputo che il suo spirito doveva vivere dopo la morte, poiché era la sua essenza interiore, che non può morire, perché può pen­sare; e che all’infuori di ciò egli non aveva potuto pensare chiara­mente sopra questo soggetto, ma in un modo oscuro, perché non ne aveva avuto qualche cognizione fuorché da se stesso, e un poco anche dagli antichi. Del resto, Aristotile è nel l’altra vita tra gli spiriti assennati, e molti dei suoi settatori sono tra i fatui[22].

39. Un giorno vidi che alcuni spiriti della nostra Terra erano presso gli spiriti della terra Mercurio, ed io li udii parlare fra di loro; e allora gli spiriti della nostra Terra domandarono tra le altre cose agli spiriti di Mercurio in chi essi credevano. Questi risposero che credevano in Dio. Ma essendo stati interrogati ulte­riormente sopra il Dio in cui credevano, non vollero dirlo, perché è loro costume di non rispondere direttamente alle questioni. Al­lora gli spiriti della terra Mercurio domandarono alla loro volta agli spiriti della nostra Terra in chi essi credevano. Questi rispo­sero che credevano nel Signore Iddio. Ma gli spiriti di Mercurio dissero che percepivano che essi non credevano in nessun Dio, e che avevano per abitudine di dire con la bocca che credono, e pur tuttavia non credono (gli spiriti di Mercurio hanno una per­cezione squisita, e ciò perché essi esaminano continuamente, me­diante la percezione, quel che gli altri sanno) — gli spiriti della nostra Terra erano del novero di quelli che nel mondo confessa­rono la fede secondo la dottrina della Chiesa, ma ad onta di ciò non vissero la vita della fede; e coloro che non vivono la vita della fede, nell’altra vita non hanno la fede, perché essa non è nell’uomo[23]. — Quando ebbero udito queste parole, essi ammu­tolirono, perché in virtù d’una percezione, che in quel momento fu loro data, essi riconobbero che era così.

40. Alcuni spiriti sapevano dal Cielo che una volta era stato promesso agli spiriti della terra Mercurio che vedrebbero il Si­gnore; per la qual cosa fu domandato a questi dagli spiriti che erano intorno di me se si ricordavano di quella promessa. Essi risposero che se ne ricordavano, ma che non sapevano se era stato promesso in modo che essi non potrebbero avere nessun dubbio sull’adempimento. Mentre parlavano così fra di essi, apparve loro il Sole del Cielo (il Sole del Cielo, che è il Signore, non è veduto fuorché da quelli che sono nel Cielo intimo o terzo Cielo; gli altri vedono la luce che ne proviene). Alla vista del Sole, essi dis­sero che non era il Signore Dio, poiché non vedevano la sua fac­cia. In questo frattempo gli spiriti parlavano fra di loro, ma di che cosa parlassero, io non l’udii. Ma subito allora apparve nuo­vamente il Sole, e nel mezzo di esso il Signore intorniato da un cerchio solare. A quella vista gli spiriti di Mercurio si umiliarono profondamente e si prosternarono. Allora il Signore fu ancora visto in quel Sole dagli spiriti della nostra Terra, i quali, quando erano uomini, lo avevano veduto nel mondo; ed essi confessarono l’uno dopo l’altro, e così parecchi in ordine, che era il Signore stesso, e lo confessarono dinanzi a tutta l’assemblea. Allora an­cora il Signore fu visto in quel Sole dagli spiriti del pianeta Giove, che dissero ad alta voce che era lo stesso che essi ave­vano veduto sulla loro Terra, quando il Dio dell’universo era loro apparso[24].

41. Taluni, dopo che fu veduto il Signore, furono condotti verso le partì anteriori, a destra, e camminando dicevano che vedevano una luce molto più chiara e più pura di quel che mai prima ave­vano veduta, e che sarebbe impossibile di vedere mai una luce più grande; e allora era il tempo della sera: quelli che dicevano ciò erano parecchi[25].

42. Bisogna sapere che il Sole del mondo non appare affatto a nessuno spirito, né quindi alcunché della sua luce. La luce di questo Sole è per gli spiriti e gli angeli come una profonda oscu­rità. Questo Sole rimane solamente nella percezione presso gli spiriti, dacché essi lo videro quando erano nel mondo; ed esso si presenta loro nell’idea come qualcosa d’oscuro, e questo di dietro, ad una grande distanza, ad un’altezza un poco al disopra del piano della testa. I pianeti che sono dentro il mondo di que­sto Sole appaiono secondo una certa situazione rispettivamente al Sole: Mercurio di dietro, un poco verso la destra; il pianeta Venere a sinistra, un poco indietro; il pianeta Marte verso la si­nistra, davanti; il pianeta Giove parimenti verso la sinistra, da­vanti, ma ad una maggior distanza; il pianeta Saturno interamente davanti, ad una distanza considerevole; la Luna verso la sinistra, assai ii alto; i satelliti anche a sinistra rispettivamente ai loro pianeti. Tale è la situazione di questi pianeti nelle idee degli spi­riti e degli angeli; e inoltre gli spiriti appaiono presso ai loro pianeti, ma fuori di essi. In quanto a quel che concerne specialmente gli spiriti di Mercurio, essi non appaiono in una piaga determinata, né ad una distanza invariabile, ma appaiono ora davanti, ora a sinistra, ora un poco indietro. La ragione di ciò si è che loro è permesso di girare l’Universo per acquistare delle co­gnizioni.

43. Una volta gli spiriti di Mercurio mi apparvero verso la si­nistra in un gruppo, e poi in una massa che si estendeva in lun­ghezza; ed io ignoravo dove volessero andare, se verso quella Terra o altrove. E tosto osservai che volgevano a destra, e dispiegandosi, si approssimavano alla terra o pianeta Venere, verso la sua piaga anteriore. Quando però vi furono arrivati, dissero che non volevano dimorarvi, perché gli abitanti erano malvagi, per cui si diressero verso la parte posteriore di quella Terra; e allora dissero che volevano rimanervi, perché quegli che l’abitavano erano buoni. Mentre ciò avveniva, io sentivo nel cervello un cambia­mento notevole, e quindi una forte operazione; d’onde mi era dato d’inferire che gli spiriti di Venere, che sono da quella parte del pianeta, concordavano con gli spiriti di Mercurio, e che essi rappre­sentavano la Memoria delle cose materiali, che concorda con la Memoria delle cose immateriali, che rappresentano gli spiriti di Mercurio: indi una operazione più forte, proveniente da quegli spiriti quando erano là, era da me percepita.

44. Io desideravo sapere qual faccia e corpo hanno gli uomini della terra Mercurio, se sono simili agli uomini della nostra Terra. Allora si presentò dinanzi agli occhi miei una donna in­teramente simile a quelle che sono sulla nostra Terra. Aveva essa un bel viso, ma più piccolo che quello delle donne della nostra Terra; anche il corpo era più gracile, ma d’una uguale altezza; la sua testa era coperta con un fazzoletto messo senz’arte, ma tut­tavia in un modo decente. Si presentò anche un uomo, il quale parimenti era di corpo più. gracile di quello degli uomini della nostra Terra. Egli era vestito d’un abito turchino oscuro, perfet­tamente attillato al suo corpo, senza pieghe né rigonfi da nessuna parte: mi fu detto che tali sono gli uomini di quella Terra in quanto alla forma e vestitura del corpo. Poi si presentarono alcune specie dei loro buoi e delle loro vacche, che per verità non differi­vano molto da quelle sulla nostra Terra, ma erano più piccole, e in un certo modo si avvicinavano ad una specie di cerve e di cervi.

45. Essi furono anche interrogati circa il Sole del mondo, in che modo appariva dalla loro Terra. Risposero che esso è grande, e che appare più grande di quello delle altre Terre; dissero che sapevano ciò dalla idea che gli altri spiriti avevano del Sole. Aggiunsero che essi avevano una temperatura media, né troppo calda, né troppo fredda. Allora mi fu dato di dir loro che in questa guisa era stato per essi provveduto dal Signore a che non aves­sero un calore troppo forte, da che la loro Terra è più vicina al Sole che le altre Terre; giacché il calore non viene dalla pros­simità al Sole, ma dall’altezza e densità dell’atmosfera aerea, come è evidente dal freddo sopra gli alti monti, anche nei climi caldi; ed inoltre da questo, che il calore varia secondo l’incidenza di­retta o obliqua dei raggi del Sole, come risulta chiaramente dalle stagioni d’inverno e di estate in ogni regione. Queste sono le cose che mi è stato dato di sapere intorno agli spiriti e agli abitanti della terra Mercurio.

 

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3. DELLA TERRA O PIANETA “GIOVE”

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

 

46. Mi è stato dato di avere relazione con gli spiriti e gli an­geli del pianeta Giove per più lungo tempo che non con quelli degli altri pianeti; in conseguenza posso raccontare molte cose circa lo stato della loro vita e di quella degli abitanti di questo pia­neta. Che gli spiriti coi quali io ebbi relazione fossero oriundi di là, mi fu manifesto da molte circostanze, e mi fu altresì detto dal Cielo.

47. La stessa terra o pianeta Giove, in verità, non appare agli spiriti e agli angeli, perché nel Mondo spirituale giammai una Terra appare a qualcuno, ma solamente appaiono gli spiriti e gli angeli che ne provengono. Quelli che sono del pianeta Giove appaiono davanti, a sinistra, ad una certa distanza, e ciò costantemente; - vedasi più sopra, n. 42 - Quivi altresì è il pianeta (nell’idea degli spiriti e degli angeli[26]). Gli spiriti di ciascuna Terra sono presso alla loro Terra, per la ragione che ne furono gli abitanti (atteso che ogni uomo dopo la morte diviene spirito), e perché così, essendo d’un genio simile, possono essere presso gli [attuali] abitatori e rendere loro dei servigi.

48. Gli spiriti di Giove mi raccontarono che nella regione della Terra, dove essi vissero quando erano nel mondo, c’era una grande moltitudine d’uomini, quanti la terra ne poteva nutrire; che quella terra era fertile e abbondava d’ogni cosa; che là non si desiderava più di quanto occorreva alle necessità della vita; che non si ri­guardava come utile quel che non era necessario, e che quindi la moltitudine degli uomini era tanto grande. Dicevano che la loro massima cura era l’educazione dei fanciulli, che essi amavano con gran tenerezza.

49. Inoltre mi raccontarono che là sono distinti in nazioni, fa­miglie e case, e che tutti abitano separatamente coi loro; che i loro ritrovi sono quindi tra parenti; che giammai alcuno desidera i beni d’un altro; che non viene neppure in mente di concupire alcuna cosa dei beni altrui, meno poi di appropriarseli con qualche artifizio, e ancora meno di assalire e rapirli: essi reputano questo come un crimine contro la natura umana, e come una cosa orri­bile. Quando io voleva dir loro che sulla nostra Terra vi sono guerre, depredazioni e assassinii, essi si rivoltavano e ricusavano di ascoltare. Mi è stato detto dagli angeli che gli Antichissimi sulla nostra Terra abitavano nel medesimo modo, cioè, distinti in nazioni, famiglie e case; che tutti allora erano contenti dei loro beni, e che arricchirsi dei beni degli altri, del pari che dominare secondo l’amore di sé, era interamente ignoto. Che per questo i tempi antichi, e sopra tutto gli antichissimi, furono grati al Signore più che i tempi seguenti; e che siccome lo stato degli uo­mini era tale, allora regnava anche l’innocenza e con essa la Sa­pienza. Che ciascuno allora faceva il bene per il bene, e il giusto per il giusto; che non si sapeva cosa fosse fare il bene e il giusto per ritrarne onore o lucro; è che allora non si diceva che il vero, e questo non più per il vero che per il bene, cioè, non dall’intel­lettuale separato, ma dal volontario congiunto all’intellettuale. Tali furono i tempi antichi; per la qual cosa allora gli angeli potevano conversare cogli uomini, ed elevare al Cielo le loro menti quasi separate dai corporei, anzi condurveli in giro, mostrarne le ma­gnificenze e le felicità, ed altresì comunicare ad essi le felicità e i piaceri celesti. Questi tempi furono noti anche agli antichi scrit­tori, e furono da essi chiamati Età d’oro, ed altresì Regno di Sa­turno. Se quei tempi furono tali, era perché, come si è detto, gli uomini vivevano distinti in nazioni, le nazioni in famiglie, e le famiglie in case, e ciascuna casa aveva un’abitazione per sé sola; e perché allora non veniva in mente a nessuno di usurpare l’eredità d’un altro, e indi acquistare opulenza e dominazione. Allora si era ben lontano dall’amore di sé e dall’amore del mondo; ciascuno era lieto del suo bene non meno che del bene altrui. Ma questa scena mutò, e divenne l’opposto con la successione del tempo, quando la cupidità di dominare e di possedere molte cose invase gli animi. Allora il Genere umano, per difendersi, si raccolse in Regni ed Imperi; e siccome le leggi della carità e della coscienza, che erano state inscritte nei cuori, non avevano più forza, fu necessario, per frenare le violenze, di stabilire delle leggi, nelle quali gli onori e il lucro erano ricompense, e le privazioni degli onori e del lucro erano castighi. Quando lo stato fu così mutato, il Cielo stesso si allontanò dall’uomo, e questo più e più, fino ai nostri secoli, in cui non si sa più se c’è un Cielo e un inferno, anzi da taluni se ne nega l’esistenza. Queste cose sono state dette, onde illustrare con un parallelo quale è lo stato degli abitanti della terra Giove, e donde viene la loro probità, ed ancora la loro sapienza, di cui si dirà di più nei paragrafi seguenti.

50. Per una pratica di lunga durata cogli spiriti della terra Giove mi risultò chiaramente che essi erano più probi che gli spi­riti di molte altre Terre. Il loro accesso quando venivano, la loro dimora e il loro influsso allora erano così delicati e soavi, da non potersi esprimere. La qualità di ogni spirito si manifesta nell’altra vita per l’influsso, che è la comunicazione della sua affezione; la probità si manifesta per la delicatezza e per la soavità; per la delicatezza, perché egli teme di nuocere, e per la soavità, perché ama fare del bene. Io ho potuto distinguere molto chiaramente la delicatezza e la soavità dell’influsso proveniente dai buoni spi­riti della nostra Terra, dalla delicatezza è soavità dell’influsso degli spiriti di Giove. Essi dicevano che quando esiste tra loro qualche lieve dissidio, appare come un debole raggio candido, qual è ordinariamente quello d’un lampo, ovvero una piccola fascia, dove sono delle stelle scintillanti ed erranti; ma il dissidio tra loro è presto seguito da componimento. Le stelle scintillanti e in pari tempo erranti significano il falso; ma le stelle brillanti e fisse si­gnificano il vero, per conseguenza le prime significano il dissidio[27].

51. Ho potuto conoscere la presenza degli spiriti di Giove non solo dalla delicatezza e soavità dell’accesso e dell’influsso, ma anche da questo, che essi influivano principalmente sulla mia faccia e la disponevano all’allegrezza e al riso, e ciò continuamente finché erano presenti. Essi dicevano che dispongono così le facce degli abitanti della loro Terra, quando vanno presso di loro, volendo in questa guisa ispirare loro la tranquillità e la gioia del cuore. Quella tranquillità e quella gioia che mi venivano da essi ispirate, riempivano sensibilmente il petto e il cuore; allora erano allonta­nate le cupidità e le sollecitudini sull’avvenire, che producono inquietudine e dispiacere, e agitano l’animo in diverse passioni. Indi potei conoscere qual era la vita degli abitanti della terra Giove; infatti, dagli spiriti si conosce il carattere degli abitanti, poiché ciascuno ha con sé la vita che ebbe nel mondo, e vive quella vita, quando diviene spirito. Io osservai che essi avevano uno stato di beatitudine o di felicità ancora più interiore. L’osservai da questo che i loro interiori non erano chiusi, ma aperti verso il Cielo; infatti, quanto più gl’interiori sono aperti verso il Cielo, tanto più sono suscettibili di ricevere il Divino Bene, e con esso la beatitudine e la felicità interiore. Egli è affatto altrimenti appo coloro che non vivono nell’ordine del Cielo; appo essi gl’interiori sono chiusi, e gli esteriori sono aperti al mondo.

52. Mi è stato anche mostrato di qual faccia sono gli abitanti della terra Giove. Non mica che io abbia visto gli stessi abi­tanti, ma ho visto gli spiriti con una faccia simile a quella che avevano quando erano Sulla loro Terra. Nondimeno, prima che ciò mi fosse mostrato, apparve uno dei loro Angeli dietro una nuvola bianca, il quale ne dava il permesso. E allora mi furono mostrate due facce: esse erano come le facce degli uomini della nostra Terra, bianche, belle; da esse risplendeva la sincerità e la modestia. Quando gli spiriti di Giove erano presso di me, le facce degli uomini della nostra Terra mi parevano più piccole dell’or­dinario. Questo proveniva da che quegli spiriti influivano l’idea che essi avevano delle loro facce, cioè che fossero più grandi, poiché quando vivevano uomini sulla loro Terra, essi credevano che dopo la morte le loro facce diverrebbero più grandi e d’una forma rotonda; e siccome questa idea è impressa in loro, essa vi rimane anche, e, quando divengono spiriti, sembra loro di avere una faccia più grande. Se essi credono che le loro facce diver­ranno più grandi, si è perché dicono che la faccia non è il corpo, e ciò perché per essa vedono, odono, parlano e mostrano quel che pensano, e così per essa la mente trasparisce; indi essi hanno della faccia l’idea come della mente in una forma; e siccome sanno che diverranno più savi dopo la vita nel mondo, così credono che la forma della mente o la faccia diverrà più ampia. Essi credono ancora che dopo la morte sentiranno un fuoco che scalderà la loro faccia. Deducono questa congettura da che i più savi tra essi sanno che il fuoco, nel senso spirituale, significa l’amore, e che l’amore è il fuoco della vita, e che da questo fuoco gli angeli hanno la vita[28]. Coloro tra essi che vissero nell’amore celeste godono anche quel che hanno desiderato, e percepiscono che la loro faccia si scalda, e allora gl’interiori della loro mente sono accesi di amore. Per questa ragione gli abitanti di cotesta Terra lavano e puliscono molto la loro faccia, e la difendono accuratamente dall’ardore del Sole. Essi hanno un velo fatto di libro o scorza di colore az­zurro, con cui si avvolgono la testa, e così si coprono la faccia. Circa le facce degli uomini della nostra Terra, che essi vedevano per mezzo dei miei occhi[29], dicevano che non erano belle, e che la bellezza in esse consisteva nella pelle esterna, e non nelle fibre dall’interno. Meravigliati che le facce di alcuni fossero piene di verruche e di pustole, o altrimenti deformate, dicevano che appo essi simili facce non si vedono mai; ciò nondimeno qualche faccia loro piaceva, cioè, quelle che erano allegre e ridenti, e quelle che erano alquanto prominenti intorno alle labbra.

53. Che se ad essi piacevano le facce che erano prominenti in­torno alle labbra, si era perché la più gran parte del loro lin­guaggio si effettua per mezzo della faccia, e principalmente per la regione della faccia intorno alle labbra; ed ancora perché essi non fingono mai, cioè, non parlano mai diversamente da quel che pensano; perciò essi non costringono la loro faccia, ma l’emettono liberamente. Egli è altrimenti appo coloro che sin dall’infanzia hanno imparato a dissimulare; la loro faccia indi è contratta dalla parte interiore, affinché non traluca alcuna cosa del pensiero; né essa è emessa dalla parte esteriore, ma è tenuta pronta ad essere emessa o contratta secondo che l’astuzia consiglia. Per l’ispezione delle fibre delle labbra e delle parti vicine si può vedere la verità; perciò là vi sono molteplici serie di fibre, complicate e intrec­ciate, le quali sono state create non solo per la maleducazione e per il linguaggio per voci, ma eziandio per esprimere le idee dell’animo.

54. Mi è stato ancora mostrato come i pensieri sono presentati per la faccia. Le affezioni che appartengono all’amore sono mani­festate per i tratti del volto e per le loro mutazioni, e i pensieri vi sono manifestati per le variazioni quanto alle forme degl’interiori: questo non può essere descritto più ampiamente. Gli abitanti della terra Giove hanno anche un linguaggio di vocaboli, ma non così sonoro come presso di noi; un linguaggio aiuta l’altro, e la vita è insinuata nel linguaggio di vocaboli per il linguaggio della faccia. Sono stato informato dagli angeli che il primo di tutti i linguaggi sopra ciascuna Terra è stato il linguaggio per la faccia, e questo per mezzo delle labbra e degli occhi, che ne sono le due origini. Se questo linguaggio è stato il primo, si è perché la faccia è stata formata per effigiare quel che l’uomo pensa e quel che vuole; indi la faccia è stata chiamata effige e indice dell’a­nimo. Inoltre, perché nei tempi antichissimi o tempi primitivi esi­steva la sincerità, e l’uomo non pensava, né voleva pensare che quel che voleva che tralucesse sulla sua faccia; in conseguenza anche le affezioni dell’animo e quindi i pensieri potevano essere presentati al vivo e pienamente; in questa guisa esse apparivano anche dinanzi all’occhio come in una forma, moltissime ad un tempo. Questo linguaggio perciò superava il linguaggio di vocaboli quanto la vista supera l’udito: si è come vedere una campagna, e udire e comprendere la descrizione fattane per vocaboli. Essi aggiunsero che tale linguaggio concordava col linguaggio degli angeli, coi quali gli uomini di quei tempi comunicavano. Ed invero, quando la faccia parla, o quando la mente parla per la faccia, è il linguaggio angelico appo l’uomo nella forma ultima naturale; ma non quando la bocca parla per vocaboli. Ognuno, d’altronde, può comprendere che il linguaggio di vocaboli non ha potuto essere quello degli Antichissimi, perché i vocaboli d’una lingua non sono infusi immediatamente, ma bisogna trovarli ed applicarli alle cose, ciò che non poté essere fatto che coll’andare del tempo[30]. Finché furono nell’uomo la sincerità e la rettitudine, anche un tal linguag­gio continuò ad esistere; ma tosto che la mente cominciò a pen­sare una cosa e a dirne un’altra — quel che avvenne quando l’uomo cominciò ad amare se stesso e non il prossimo -, il lin­guaggio di vocaboli ebbe incremento, la faccia non parlando più o mentendo. Indi la forma interna della faccia mutò; essa si contrasse, s’indurò e cominciò a divenire quasi priva di vita, mentre la forma esterna, infiammata dal fuoco dell’amore di sé, sembrava come viva agli occhi degli uomini; perciocché quella mancanza di vita, che è di sotto, non appare agli occhi degli uomini, ma è visibile agli occhi degli angeli, perché questi vedono gl’interiori. Tali sono le facce di coloro che pensano una cosa e ne dicono un’altra; così la dissimulazione, l’ipocrisia, l’astuzia e la frode, che sono la prudenza d’oggidì, producono questi effetti. Ma diversamente è la cosa nell’altra vita; là non è permesso di par­lare altrimenti da quel che si pensa; la discordanza vi è anche chiaramente percepita in ciascun vocabolo; e quando essa è per­cepita, lo spirito in cui vi è una tale discordanza viene cacciato dalla società e punito. Poi egli è ridotto per vari modi a parlare come pensa, e a pensare come vuole, sino a che abbia una mente una e non divisa; se egli è buono, affinché voglia il bene, e dal bene pensi e dica il vero; e se è malvagio, affinché voglia il male, e dal male pensi e dica il falso. Il buono non può, prima di ciò, essere elevato nel Cielo, e neppure il malvagio può essere gettato prima nell’inferno; e questo affinché nell’inferno non vi sia che il male e il falso del male, e nel Cielo non vi sia che il bene e il vero del bene.

55. Inoltre, dagli spiriti oriundi da quella Terra sono stato in­formato intorno a varie cose che riguardano i suoi abitanti; per esempio, intorno al loro camminare, al vitto, all’abitazione. Quanto a quel che concerne il loro camminare, essi non vanno ritti, come gli abitanti della nostra Terra e di molte altre, né vanno carpone alla maniera degli animali; ma quando camminano, si aiutano con le palme delle mani, e si alzano alternativamente a metà sui piedi; e di più, ad ogni terzo passo che fanno camminando, rivolgono la faccia ai lati e dietro di sé; e allora piegano anche un poco il corpo, ciò che essi fanno rapidamente; in modo che appo essi sia sconveniente d’essere veduto da altri altrimenti che di faccia. Quando camminano così, essi tengono sempre la faccia alzata, come presso di noi, affinché in questo modo possano guardare anche il cielo mentre guardano la terra. Essi non la tengono bassa per guardare la terra; essi chiamano ciò il dannato. I più vili tra loro fanno così, e i quali, se non prendono l’abitudine di alzare la faccia, sono banditi dalla loro società. Quando però sono seduti, essi stanno dritti quanto alla parte superiore del corpo, come gli uomini della nostra Terra, ma allora tengono i piedi incrociati. Hanno gran cura, non solo quando camminano, ma anche quando sono seduti, di non farsi vedere di dietro, ma di faccia. Essi vo­gliono anche volentieri che sia veduta la loro faccia, perciocché indi la loro mente si manifesta; infatti giammai essi mostrano una faccia in opposizione con la mente, e neppure lo potrebbero; quindi ai presenti è anche apertamente noto quali sono i sentimenti verso di loro (ciò che neppure può essere nascosto), soprattutto se l’amicizia che si manifesta viene dal sincero o dal coatto. Queste cose mi sono state mostrate dai loro spiriti, e mi sono state con­fermate dai loro angeli. Quindi ancora i loro spiriti sono veduti non, come gli altri, camminare dritti, ma aiutarsi con le mani per andare avanti, quasi come i nuotatori, e riguardare di quando in quando intorno di sé.

56. Coloro che vivono nelle zone calde vanno nudi; tuttavia però con un velo intorno ai reni; né arrossiscono della loro nu­dità, poiché le loro menti sono caste, ed essi non amano che il loro coniuge, e abborrono gli adulteri. Erano grandemente meravigliati che gli spiriti della nostra Terra, udendo che essi cam­minavano a quel modo, e di più che erano nudi, si beffassero di loro ed avessero dei pensieri lascivi, e che non prestassero la minima attenzione alla loro vita celeste, ma badassero solamente a simili cose. Dicevano che questo era un segno che essi curavano più quel che è corporeo e terrestre che quel che è celeste, e che delle cose indecenti occupavano le loro menti. Fu loro detto che la nudità non è un soggetto di vergogna, né di scandalo per quelli che vivono nella castità e nello stato d’innocenza, ma che essa è tale per coloro che vivono nella lascivia e nell’impudicizia.

57. Quando gli abitanti di quella Terra sono coricati in letto, volgono la loro faccia verso il davanti ossia nella camera, e noti dietro o verso il muro. Questo mi è stato riferito dai loro spiriti, ed essi me ne dissero la ragione: si è perché essi credono di vol­gere in questa guisa la faccia verso il Signore, mentre nell’altro verso la rivolgerebbero. Una tal cosa era successa a me alcune volte, quando io era in letto; ma donde ciò venisse, io prima non lo sapeva.

58. Prendono diletto nel prolungare molto i loro pasti, non tanto per il piacere di mangiare, quanto per il piacere della conversa­zione. Quando si mettono a tavola non si siedono sopra sedie o banchi, o sopra letti di terreno erboso elevato, né sull’erba, ma sopra foglie d’un certo albero. Essi non volevano dire di quale albero erano quelle foglie; ma siccome io ne nominai parecchi per congettura, essi affermarono finalmente, quando io dissi che erano foglie di fico. Di più, mi dissero che essi preparano gli alimenti non secondo il gusto, ma principalmente per l’uso; aggiunsero che l’alimento giovevole è per essi saporoso. Vi fu sopra questo soggetto una conversazione tra gli spiriti, e si disse che questo è vantaggioso all’uomo, poiché così egli ha a cuore di avere una mente sana in un corpo sano. Egli è altrimenti per coloro presso i quali il gusto impera; indi il corpo è malato, o per lo meno langue internamente, per conseguenza langue anche la mente, poiché questa va secondo lo stato interiore delle parti recipienti che appartengono al corpo, come la vista e l’udito secondo lo stato dell’occhio e dell’orecchio. Indi è una follia quella di porre nella lussuria e nella voluttà tutto il piacere della vita; da ciò eziandio proviene l’obesità nelle cose che spettano al pensiero e al giudizio, e la destrezza in quelle che riguardano il corpo e il mondo. Per questo c’è somiglianza dell’uomo coll’animale bruto, a cui tali uomini si paragonano anche, non senza giustezza.

59. Mi sono state eziandio mostrate le loro abitazioni: esse sono basse, costrutte di legno; ma dentro sono rivestite di un libro o d’una corteccia di color celeste chiaro, e tutto intorno e di sopra cosparse di punti simili a stellette, a somiglianza del cielo, per il fatto che essi vogliono dare all’interno delle loro case la forma del cielo visibile coi suoi astri, e ciò perché credono che gli astri siano le dimore degli angeli. Essi hanno ancora delle tende, che sono ro­tondate in alto ed estese in lungo, tempestate anche di stellette in un fondo ceruleo. Essi vi si ritirano durante il giorno, affinché le loro facce non siano offese dall’ardore del Sole. Si dànno molta cura nel formare e pulire queste loro tende Smangiano anche sotto di esse.

60. Quando gli spiriti di Giove vedevano i cavalli della nostra Terra, i cavalli mi parevano più piccoli del solito, benché fos­sero assai robusti e alti; questo proveniva dall’idea di quegli spi­riti circa i nostri cavalli. Essi dicevano che anche presso di loro ve n’erano di simili, ma molto più grandi; se non che erano sel­vaggi o nelle selve, e che la vista di quei cavalli li spaventava, quantunque non facessero alcun male: aggiunsero che era per essi un timore insito o naturale. Questo mi dava l’occasione di riflet­tere sulla causa di quel timore; infatti il cavallo, nel senso spi­rituale, significa l’intellettuale formato dagli scientifici[31]; e sic­come essi temevano di coltivare l’intellettuale per le scienze del mondo, indi l’influsso del timore. In quel che segue si vedrà che essi non curano le scienze che appartengono all’erudizione umana.

61. Gli spiriti di quella Terra non vogliono essere in compa­gnia cogli spiriti della nostra Terra, perché differiscono per ca­ratteri e per costumi. Essi dicono che gli spiriti della nostra Terra sono astuti, e nel macchinare mali pronti e ingegnosi, e che sanno e pensano poco intorno al bene. Inoltre, gli spiriti della terra Giove sono molto più savi degli spiriti della nostra Terra; dei nostri essi dicono anche che parlano molto e pensano poco, e che così non possono percepire internamente, molte cose, e che non pos­sono percepire neppure quel che è il bene: indi concludono che gli uomini della nostra Terra sono uomini esterni. Una volta fu anche permesso a taluni spiriti malvagi della nostra Terra di agire per le loro arti perverse, e infestare alcuni spiriti di Giove, che erano presso di me. Questi, per verità, sostennero assai lungo tempo i loro assalti; ma finalmente confessarono che non ne potevano più, e che credevano che non vi fossero spiriti peggiori di quelli; perciò pervertivano la loro immaginazione e anche il loro pensiero, e tale che loro pareva d’essere come legati, e non potere essere districati e liberati che per il soccorso divino. Men­tre io leggeva nella Parola, un passo sulla Passione del nostro Salvatore, alcuni spiriti europei insinuavano orribili scandali, col­l’animo di sedurre gli spiriti di Giove. Si cercò chi fossero e quale era stato il loro ufficio nel mondo, e fu scoperto che alcuni di essi erano stati predicatori, e la più gran parte erano di quelli che si dicono della Società del Signore, ossia gesuiti. Io dissi che costoro, quando vivevano nel mondo, avevano potuto con delle prediche sulla Passione del Signore commuovere il volgo fino alle lacrime; ne spiegai anche la ragione, e cioè che nel mondo essi pensavano in un modo e parlavano in un altro, così avevano una cosa nel cuore, e un’altra nella bocca; ma che ora non è loro più permesso di parlare così fraudolentemente; poiché, quando divengono spiriti, sono costretti a parlare in tutto come pensano. Gli spiriti di Giove erano oltremodo meravigliati che vi potesse essere nell’uomo un tal dissidio tra gl’interiori e gli esteriori, cioè, che egli potesse parlare in un modo e pensare in un altro, ciò che per essi sarebbe impossibile. Erano poi stupefatti, quando udi­rono dire che parecchi tra gli abitanti della nostra Terra diven­gono anche angeli, e che hanno un tutt’altro cuore: essi crede­vano, invece, che sulla nostra Terra tutti fossero simili ai prece­denti; ma si disse loro che ce ne sono molti che non sono tali; che ce ne sono anche che pensano secondo il bene e non secondo il male, come quelli, e che coloro che pensano secondo il bene di­vengono angeli. Affinché sapessero che era così, vennero dal Cielo, l’uno dopo l’altro, alcuni cori composti di angeli della nostra Terra, i quali insieme, ad una sola voce e con armonia, glorifica­vano il Signore[32]. Quei cori dilettavano tanto gli spiriti di Giove che erano presso di me, che loro sembrava quasi d’essere rapiti in Cielo: quella glorificazione per cori durò circa un’ora. Mi fu dato di sentire per comunicazione le delizie che quegli spi­riti provavano. Essi mi dissero che riferirebbero ciò ai loro, che erano altrove.

62. Gli abitanti della terra Giove pongono la sapienza nel pensare bene e giusto sulle cose che avvengono nella vita; essi attingono sin dall’infanzia dai genitori quella sapienza, che viene successivamente trasmessa alla posterità; e dietro l’amore della sapienza, che è nei genitori, essa cresce. Delle scienze, quali sono sulla nostra Terra, essi non sanno affatto nulla, e non vogliono sapere nulla; chiamano ombre coteste scienze, e le paragonano alle nubi che nascondono il Sole. Essi si sono formata, questa idea delle scienze da alcuni spiriti della nostra Terra, che si erano vantati dinanzi a loro d’essere sapienti per le scienze. Gli spiriti della nostra Terra che si erano vantati così, erano coloro che avevano posto la sapienza nelle cose di pura memoria, come nelle lingue, principalmente nella lingua Ebraica, nella Greca e nella Latina, negli atti memorabili del mondo letterario, nelle opere critiche, nelle semplici scoperte sperimentali, nei termini, sopra tutto nei termini filosofici, e in altre cose simili; né si erano serviti di quelle cognizioni come mezzi per pervenire alla sapien­za, poiché avevano posto la sapienza nelle cognizioni stesse. Que­sti, non avendo coltivato la loro facoltà razionale per le scienze, come mezzi, nell’altra vita hanno poca percezione; perciocché essi vedono solamente nei termini e per i termini; e per coloro che vedono così, quelle cose sono come masse e come nuvole dinanzi alla vista intellettuale — vedasi più sopra, num. 38 —; e co­loro che si sono inorgogliti di siffatta erudizione, percepiscono ancora meno. Quanto a quelli che si sono serviti delle scienze come mezzi per infirmare e annientare le cose che appartengono alla Chiesa e alla Fede, essi hanno totalmente distrutto il loro in­tellettuale, e vedono nelle tenebre, come i gufi, il falso invece del vero, e il male invece del bene. Gli spiriti di Giove, dietro la loro conversazione con siffatti spiriti, avevano concluso che le scienze inducono l’ombra ed accecano; ma fu loro detto che sulla no­stra Terra le scienze sono mezzi per aprire la vista intellettuale, la qual vista è nella luce del Cielo; tuttavia, siccome qui re­gnano le cose che spettano alla vita meramente naturale e sen­suale, le scienze sono mezzi da divenire insano, cioè di confermarsi per la Natura contro il Divino, e per il Mondo contro il Cielo. Di più, fu loro detto che le scienze in sé stesse sono ricchezze spirituali, e che coloro che le posseggono, sono come quelli che posseggono le ricchezze mondane, le quali, parimenti, sono mezzi per compiere degli usi per sé, per il prossimo e per la patria, e altresì mezzi per fare del male. Che esse sono, inoltre, come i ve­stimenti che servono per l’uso e per l’ornamento, ed ancora per il fasto, come presso coloro che vogliono essere onorati per i soli vestiti. Gli spiriti della terra Giove capirono ciò benissimo; ma erano meravigliati che quegli spiriti, quando erano uomini, si fos­sero arrestati ai mezzi, e avessero preferito alla stessa sapienza ciò che conduce alla sapienza, e non avessero veduto che immergere la mente nelle scienze, e non elevarsi al di là, si è coprirsi d’ombra e accecarsi.

63. Un certo spirito, salendo dalla Terra inferiore, venne a me e mi disse che egli aveva udito la mia conversazione con gli al­tri spiriti, ma che non aveva capito niente di quel che era stato detto sulla vita spirituale e sulla luce di essa. Io gli domandai se voleva esserne istruito. Egli mi disse che non era venuto con que­sta intenzione; donde potei inferire che egli non capirebbe tali cose: egli era molto stupido. Mi fu detto dagli angeli che colui, quando viveva uomo nel mondo, era stato uno dei più celebri per l’erudizione. Egli era freddo, ciò che era sentito manifestamente dall’alito, e ciò che era il segno d’un lume meramente naturale, senz’alcuna luce spirituale; talché per le scienze egli non si era aperta, ma chiusa la via alla luce del Cielo.

64. Siccome gli abitanti della terra Giove si acquistano l’in­telligenza per un’altra via che non gli abitanti della nostra Terra, ed inoltre sono d’un altro carattere dalla vita, perciò non pos­sono essere lungo tempo con essi, ma o li fuggono, o li respin­gono. Ci sono delle sfere, che si debbono chiamare sfere spirituali, che emanano continuamente da ciascuno spirito, anzi si estendono come un’inondazione. Esse derivano dall’attivo delle affezioni e quindi dei pensieri, per conseguenza dalla stessa vita[33]. Tutte le consociazioni nell’altra vita si fanno secondo le sfere: quelle che concordano sono congiunte secondo la concordanza; quelle che discordano sono respinte secondo la discordanza. Gli spiriti e gli angeli che provengono dalla terra Giove, hanno relazione, nel Grandissimo Uomo, con l’Immaginativo del pensiero, e così con lo stato attivo delle parti interiori; invece gli spiriti della no­stra Terra hanno relazione con le diverse funzioni delle parti esteriori del corpo, le quali, quando vogliono dominare, l’attivo o l’immaginativo del pensiero non può influire dall’interiore: indi le opposizioni tra le sfere della vita degli uni e degli altri.

65. Quanto a quel che si attiene al loro Culto Divino, il principale è che essi riconoscono nostro Signore per il Dio Supremo che governa il cielo e la terra. Essi lo chiamano l’Unico Signore; e siccome nella vita del loro corpo lo riconoscono e l’adorano, così dopo la morte lo cercano e lo trovano: egli è lo stesso che nostro Signore. Interrogati se sapevano che l’unico Signore è Uomo, risposero che tutti sanno che è Uomo, perché sul loro glo­bo è stato veduto da molti come Uomo; e che Egli gl’istruisce sulla verità, li conserva e dà la vita eterna a quelli che l’adorano facendo il bene. Essi, di più, mi dissero che è stato loro rivelato da Lui come debbono vivere e come debbono crederete che quel che è stato rivelato viene trasmesso dai genitori ai figliuoli, e quindi la dottrina si spande in tutte le famiglie, e per conseguen­za in tutta una nazione discendente da un medesimo padre. Ag­giunsero che loro sembra di avere la dottrina scritta nelle loro menti, ciò che inferiscono da che essi percepiscono subito, e ri­conoscono come da se stessi se quel che si dice dagli altri sulla vita del Cielo appo l’uomo è vero o non è vero. Essi non sanno che il loro unico Signore è nato Uomo sulla nostra Terra; mi dicevano che essi non si curano di sapere ciò; basta loro di sapere che egli è Uomo e governa l’Universo. Quando io dissi che sulla nostra Terra egli è chiamato Cristo Gesù, e che Cristo significa Unto o Re, e Gesù significa Salvatore, mi risposero che essi non l’adorano come Re, perché il regio sa del mondano, ma che l’adorano come Salvatore. Alcuni spiriti della nostra Terra, avendo gettato in essi il dubbio se il loro unico Signore fosse lo stesso che nostro Signore, essi rimossero quel dubbio per ciò che si ricordarono averlo veduto nel Sole, e aver riconosciuto che era lo stesso che avevano veduto sulla loro Terra, — vedasi più sopra, n. 40 —. Una volta anche in alcuni spiriti di Giove, che erano presso di me, influì per un momento il dubbio se il loro unico Signore fosse lo stesso che nostro Signore; ma quel dubbio che influì per un momento, fu anche dissipato in un momento. Quell’influsso veniva da alcuni spiriti della nostra Terra; ed al­lora — quel che io ammirai — sentivano essi tanta vergogna d’aver dubitato di ciò solo per un momento, che mi dissero di non pro­palarlo, che talora non fossero sopra questo punto accusati di qualche incredulità, mentre nondimeno ora essi sanno questo me­glio che gli altri. Quegli spiriti erano grandemente impressionati e lieti, quando mi udirono dire che l’unico Signore è il solo Uomo, e che tutti tengono da Lui d’essere chiamati uomini; ma che essi non sono uomini se non in quanto sono sue immagini, cioè in quanto l’amano ed amano il prossimo, così in quanto sono nel be­ne; perciocché il bene dell’amore e della fede è l’immagine del Signore.

66. Mentre io leggeva il capitolo XVII del Vangelo secondo San Giovanni sull’amore del Signore e sulla sua glorificazione, vi erano presso di me alcuni spiriti della terra Giove. Quando udi­rono quel che è contenuto in quel Capitolo, il santo li prese, e confessarono che tutto vi era Divino. Ma allora alcuni spiriti della nostra Terra, che erano stati infedeli, suggerivano continuamente degli scandali, dicendo che Egli era nato bambino, che era vis­suto uomo, che erasi mostrato come un altro uomo, che era stato crocifisso, e altre cose simili. Tuttavia gli spiriti della terra Giove non prestavano nessuna attenzione a quelle insinuazioni; dicevano che quegli spiriti sono i loro diavoli, che essi aborrono, ed aggiungevano che non c’è affatto nulla di celeste nelle loro menti, ma solamente del terreno, che chiamavano scorie. Che fosse così, dicevano ancora essersene accorti da questo, che quando quegli spiriti avevano udito che essi vanno nudi sulla loro Terra, l’osce­nità aveva subito occupato i loro pensieri, e che non avevano pensato per niente alla loro vita celeste, di cui allora avevano anche udito parlare.

67. Dalla rappresentazione che gli spiriti di Giove fecero del modo in cui il Signore converte le prave affezioni in buone, io potei vedere in quale chiara percezione essi sono rispetto alle cose spirituali. Essi rappresentavano la mente intellettuale come una bella forma, e davano a quella forma un’attività conveniente per la vita dell’affezione. Essi fecero ciò in un modo che non può es­sere descritto con parole, e con tanta destrezza che ne furono lo­dati dagli angeli. Allora erano presenti alcuni eruditi della nostra Terra, che avevano immerso il loro intellettuale nei termini delle cose scientifiche, e avevano molto scritto e pensato sulla forma, la sostanza, il materiale e l’immateriale, e sopra altre cose simili, e non avevano applicato tali cose ad alcun uso; essi non pote­rono neppure comprendere quella rappresentazione.

68. Sulla loro Terra essi vigilano con la massima cura a che nessuno cada in prave opinioni Sull’Unico Signore; e se si accor­gono che qualcuno comincia a pensare sinistramente di Lui, pri­ma l’ammoniscono, poi lo spaventano con minacce, e finalmente con castighi. Essi mi dissero avere osservato che quando una di coteste opinioni s’insinua in qualche famiglia, quella famiglia si estingue, non per pene di morte inflitte dai conterranei ai membri di quella famiglia, ma per mancanza di respirazione e quindi di vita dagli spiriti, dopo che questi li avevano già minacciati di morte, poiché sopra quella Terra gli spiriti parlano con gli abitanti, e li puniscono se hanno fatto del male, ed anche se hanno avuto intenzione di farne, come si dirà in seguito. Se dunque essi pensano male dell’Unico Signore e non se ne pentono, viene loro annunziata la morte: in questo modo è conservato il culto del Signore, che per essi è il Supremo Divino.

69. Mi dissero che non hanno giorni di feste, ma che ogni mat­tina al sorgere del Sole, ed ogni sera al tramontare del Sole essi rendono nelle loro tende un culto santo all’Unico Signore, e che cantano anche alla loro maniera.

70. Inoltre, sono stato istruito che sopra quella Terra vi sono eziandio degli uomini che chiamano se stessi Santi, e comandano sotto pena di castigo ai loro domestici, di cui moltiplicano il nu­mero, di chiamarli Signori. Proibiscono loro anche di adorare il Signore dell’Universo, dicendo che essi sono i Signori mediatori, e che essi porteranno le loro supplicazioni al Signore dell’Uni­verso. Il Signore dell’Universo, che è nostro Signore, essi non lo chiamano l’Unico Signore, come lo chiamano tutti gli altri, ma il Supremo Signore, e ciò per la ragione che anch’essi si dicono si­gnori. Essi chiamano il Sole del mondo la Faccia del Supremo Signore, e credono che là è la sua dimora, per la qual cosa essi adorano anche il Sole. Tutti gli altri abitanti li aborrono, e non vogliono conversare con essi, tanto perché adorano il Sole, quanto perché si chiamano signori, e sono dai loro domestici adorati come Dei mediatori. Mi fu mostrata dagli spiriti l’acconciatura del loro capo: era un berretto in forma di torre, di un colore oscuro. Nel­l’altra vita appaiono a sinistra, ad una certa altezza, e là stanno seduti come idoli; e da principio sono ancora adorati dai dome­stici che erano stati presso di loro, ma poi anche da questi sono derisi. Quel che mi sorprese si fu che là la loro faccia risplende come di fuoco, la qual cosa proviene da che essi credettero di essere santi. Ma sebbene dalla faccia appariscano come di fuoco, pur tuttavia sono freddi, e desiderano grandemente di scaldarsi: indi è evidente che il fuoco di cui splendono, è il fuoco dell’amore di sé, un fuoco fatuo. I medesimi, per riscaldarsi, sembra che spacchino legna; e quando la spaccano, appare sotto la legna qualcosa d’un uomo, che essi si sforzano allora di percuotere. Questo proviene da che essi si attribuiscono il merito e la san­tità, e coloro che fanno questo nel mondo sembra nell’altra vita che spacchino legna; come parimenti alcuni della nostra Terra di cui si è trattato altrove. Ad illustrare la cosa è permesso di riferire ancora qui quel che in proposito è stato da me scritto dietro l’esperienza:[34] «Nella Terra inferiore, sotto la pianta dei piedi, sono anche coloro che posero il merito nelle buone azioni e nelle buone opere; molti di essi appaiono a se stessi spaccare della legna. Il luogo dove sono è il più freddo, e loro sembra di acquistar del calore, lavorando così. Io ho parlato anche con essi, e mi fu dato di domandarli se non volevano uscire da quel luogo. Mi risposero che non l’avevano, per il lavoro ancora meritato. Nullameno, quando quello stato è compiuto, essi ne sono liberati. Essi sono naturali, perché volere meritare la salute non è spiri­tuale, perché questo viene dal proprio e non dal Signore; ed inol­tre essi si preferiscono agli altri, e taluni di essi disprezzano gli altri: se nell’altra vita non ricevono più gaudio che gli altri sono indignati contro il Signore; perciò, quando spaccano la legna, appare sotto di essa come qualcosa del Signore; questo proviene dall’indignazione[35]».

71. Sopra quella Terra è una cosa comune che gli spiriti par­lino con gli abitanti, gl’istruiscano e li castighino ancora se hanno fatto del male. Siccome i loro angeli mi hanno riferito parecchie cose intorno a questo soggetto, vorrei narrarle in ordine. Se là gli spiriti parlano con gli uomini, si è perché questi pensano molto al Cielo e alla vita dopo la morte, e relativamente si dànno poco pensiero della vita nel mondo; poiché essi sanno che dopo la morte vivranno, e saranno in uno stato felice, secondo lo stato del loro uomo interno formato nel mondo. Anche sulla nostra Terra, nei tempi antichi, era comune di parlare cogli spiriti e gli angeli, per una ragione simile, cioè, perché si pensava molto al Cielo e poco al mondo. Ma quella viva comunicazione col Cielo fu chiusa col tempo, secondo che l’uomo da interno divenne ester­no, o quel che torna il medesimo, secondo che prese a pensare molto al mondo e poco al Cielo; e maggiormente poi quando egli non credette più che esistesse un Cielo né un inferno, né che fosse in lui un uomo spirito che ha da vivere dopo la morte. Infatti si crede oggidì che il corpo vive da sé, e non dal suo spirito; se per­tanto l’uomo ora non avesse la fede che dovrà risuscitare col corpo, egli non avrebbe veruna fede nella risurrezione.

72. Quanto a quel che concerne specialmente la presenza degli spiriti presso gli abitanti della terra Giove, vi sono spiriti che li castigano, spiriti che gl’istruiscono e spiriti che li dirigono. Gli spiriti che castigano si applicano al lato sinistro, e s’inclinano verso il dosso; e quando sono là, traggono dalla memoria dell’uomo tutto quel che egli ha fatto e pensato; infatti, questo è facile agli spiriti, perché quando si accostano all’uomo, essi entrano in tutta la sua memoria[36]. Se trovano che egli ha agito male o pensato male, essi lo riprendono, ed anche lo castigano con un dolore alle articolazioni dei piedi o delle mani, o con un dolore intorno alla regione epigastrica; gli spiriti possono eziandio fare ciò con destrezza, quando loro è permesso. Quando tali spiriti vengono presso l’uomo, essi mettono un brivido accompagnato da timore; quindi l’uomo conosce il loro arrivo. Gli spiriti cattivi pos­sono incutere timore quando vanno verso qualcuno, principalmente quelli che mentre vissero nel mondo furono ladroni. Affinché io sapessi come fanno quegli spiriti quando vanno presso un uomo della loro Terra, fu permesso che un tale spirito venisse anche presso di me. Quando mi fu vicino, un brivido s’impossessò con timore manifestamente di me; tuttavia io non rabbrividii internamente, ma esternamente, perché io sapeva che era un tale spirito. Io lo vidi anche; esso apparve come una nuvola oscura con delle stelle mobili nella nuvola. — Le stelle mobili significano le falsità, e le stelle fisse le verità[37]. Quello spirito si applicò al mio lato sinistro verso il dosso, e cominciò ancora a redarguirmi per fatti e pensieri che egli trasse dalla mia memoria, e che altresì interpretava sinistramente; ma ne fu impedito dagli angeli. Quando egli si accorse che era presso un altro uomo non della sua Terra, si mise a parlare con me, e a dire che, quando va presso un uomo, egli sa tutte e le singole cose che quell’uomo ha fatto e pensato; che quindi egli lo riprende severamente, ed anche lo castiga con diversi dolori. Un’altra volta venne ancora presso di me un simile spirito castigatore, e si applicò al mio lato si­nistro, sotto la metà del corpo, come il primo. Egli pure voleva punirmi, ma ne fu parimenti impedito dagli angeli. Nondimeno egli mi mostrò i generi di punizioni che loro è permesso d’inflig­gere agli uomini della loro Terra, se agiscono male e se hanno intenzione di agire male. Era, oltre il dolore nelle articolazioni, una contrazione dolorosa verso la metà del ventre, che si sente come una compressione che produrrebbe una cintura munita di punte; poi era anche una privazione alternativa della respirazione fino alle angosce; era inoltre un divieto di non mangiare altro che pane durante un certo tempo; finalmente era l’annunzio della morte se non cessassero di fare simili cose, e allora la privazione della gioia di vedere il coniuge, i figliuoli e gli amici: il dolore che ne proviene è altresì allora insinuato.

73. Quanto agli spiriti che gl’istruiscono, essi pure si applicano al loro lato sinistro, ma più davanti; redarguiscono anche, ma con dolcezza, e subito dopo insegnano come debbono vivere. Essi an­cora appaiono oscuri, non però a guisa d’una nuvola, come i precedenti, ma come vestiti di sacchi: questi sono chiamati Istruttori; i precedenti, invece, Castigatori. Quando cotesti spiriti sono presenti, sono presenti anche gli spiriti angelici. Questi si collo­cano presso la testa e la riempiono in un modo particolare. La loro presenza là è anche percepita come una dolce aspirazione, perché essi temono che l’uomo per il loro accesso ed influsso non percepisca il minimo dolore o la minima ansietà. Essi dirigono gli spiriti castigatori e gli spiriti istruttori, quelli affinché non facciano all’uomo più male che non è permesso dal Signore, questi affinché gli dicano il vero. Quando lo spirito castigatore era presso di me, gli spiriti angelici vi erano anch’essi, e tenevano la mia faccia continuamente allegra e ridente, la regione intorno alle labbra prominente, e la mia bocca un poco aperta. Gli angeli fanno ciò facilmente per mezzo dell’influsso, quando il Signore lo permette. Dicevano che essi dànno un tal volto agli abitanti della loro Terra, quando sono presso di loro.

74. Se l’uomo, dopo il castigo e l’istruzione, fa nuovamente del male o pensa di farne, e non se ne astiene secondo i precetti del vero, allora, quando lo spirito castigatore ritorna, l’uomo è punito più severamente: ma gli spiriti angelici moderano la punizione secondo l’intenzione che l’uomo ebbe in quel che fece, e secondo la volontà in quel che pensò. Da questo si può vedere che i loro angeli, che si collocano presso la testa, hanno una specie di giu­risdizione sull’uomo, poiché essi permettono, moderano, inibiscono e influiscono: Però mi fu detto che quegli angeli non giudicano, ma che il Signore solò è il Giudice, e che da Lui influiscono agli angeli tutte le cose che essi ordinano agli spiriti castigatori e agli spiriti istruttori, e che ciò pare che venga da essi.

75. Là gli spiriti parlano all’uomo, ma l’uomo non parla agli spiriti. Solamente, quando è istruito, egli può dire che non farà più così; né gli è permesso di dire ad alcuno che uno spirito gli ha parlato; se lo fa, n’è poi punito. Quando quegli spiriti di Giove erano presso di me, credevano, da principio, che fossero presso un uomo della loro Terra; ma quando io parlai con essi alla mia volta, e manifestai ancora che io pensava di rendere pubblico i nostri colloqui, e così dirli agli altri, poiché allora non fu loro per­messo di castigarmi, né d’istruirmi, si accorsero che erano presso un altro.

76. Vi sono due segni che appaiono a quegli spiriti, quando sono presso l’uomo: Essi vedono un uomo vecchio dalla faccia biancheggiante. Questo segno appare affinché non dicano altro che il vero, e non facciano altro che il giusto. Essi vedono anche una faccia in una finestra. Questo è un segno affinché si ritirino. Anche io vidi quel vecchio e altresì la faccia alla finestra. Tosto che quella faccia fu veduta, quegli spiriti si partirono da me.

77.  Oltre gli spiriti di cui si è ora parlato, vi sono anche degli spiriti che consigliano delle cose contrarie. Dessi sono coloro che, mentre vissero nel mondo, furono cacciati dalla società degli altri, perché erano malvagi. Quando essi si accostano, appare come un fuoco volante, che cade vicino alla faccia. Essi si collocano a basso, verso le parti posteriori dell’uomo, e di là parlano verso le parti superiori. Essi dicono il contrario di quel che lo spirito istruttore ha detto dagli angeli, cioè, che non bisogna vivere se­condo l’istruzione, ma a suo piacimento e nella licenza, e altre cose simili. Per lo più essi vengono dopo, che i precedenti spiriti se ne sono andati. Ma su quella Terra gli uomini sanno chi e quali sono cotesti spiriti, e perciò non li curano; tuttavia però essi imparano in questa guisa che cosa è il male e quindi che cosa è il bene, essendo che per il male s’impara quel che è il bene, perché la qualità del bene si conosce dal suo contrario. Ogni per­cezione d’una cosa è secondo la riflessione relativa alle differenze dietro i contrari, in diverso modo e in diverso grado.

78. Gli spiriti castigatori e gli spiriti istruttori non vanno presso coloro che si chiamano Santi e Signori mediatori, — di cui si è parlato più sopra, n. 70 —, come vanno presso gli altri su quella Terra, perché quelli non si lasciano istruire, né si emendano per la disciplina; essi sono inflessibili, perché agiscono dietro l’amore di sé. Gli spiriti dicevano che dal freddo essi conoscono che sono presso quegli uomini, e che quando sentono quel freddo, si allon­tanano da loro.

79. Fra gli spiriti di Giove ve ne sono anche di quelli che si chiamano spazzacamini, perché ' appaiono in un vestimento simile a quello degli spazzacamini, e altresì con la faccia fulig­ginosa. Giova qui dare anche una descrizione di quegli spiriti, e dire quali essi sono. Uno di quegli spiriti venne da me e mi do­mandò con premura d’intercedere per lui affinché potesse venire nel Cielo. Egli diceva che non sapeva di aver fatto del male; che solamente aveva ripreso alcuni abitanti della sua Terrà; aggiunse che dopo averli ripresi, li aveva istruiti. Egli si applicò al mio lato sinistro sotto il braccio, e parlava come se il suono della sua voce fosse diviso in due. Egli poté anche muovermi a commise­razione; ma non potei rispondergli altro se non che io non poteva recargli alcun soccorso, e che quel che egli desiderava dipendeva unicamente dal Signore: che io neppure poteva intercedere, perché non sapeva se sarebbe stato utile o no; ma che se egli era degno, poteva sperare. Allora fu rimandato fra gli spiriti probi oriundi dalla sua Terra; ma questi dicevano che egli non poteva essere nella loro compagnia, perché non era simile ad essi. Ciò nullameno, siccome egli ardeva sempre d’intenso desiderio di essere introdotto nel Cielo, fu mandato in una società di spiriti probi di cotesta Terra; ma anche questi dissero che egli non poteva es­sere con essi. Nella luce del Cielo egli era anche d’un colore nero; tuttavia egli diceva che non era d’un colore nero, ma d’un colore di murra. Mi è stato detto che tali sono da principio gli spiriti, che poi sono ricevuti tra coloro che, nel Grandissimo Uomo o nel Cielo, costituiscono la Provincia delle Vescichette seminali. Infatti in quelle vescichette il seme si raccoglie, ed è inviluppato d’una materia conveniente, atta a conservare il prolifico del seme, onde non sia dissipato, ma che si può spogliare nel collo dell’utero, affinché in questa guisa quel che è riservato internamente serva alla concezione o all’impregnazione dell’ovolo; quindi altresì in quella materia seminale c’è uno sforzo e come un ardente desi­derio di spogliarsi e di lasciare il seme, affinché compia il suo uso. Qualcosa di simile apparve anche in quello spirito. Egli venne ancora presso di me in un vestimento vile, e diceva di nuovo che egli ardeva di andare nel Cielo, e che ora percepiva d’essere in istato da potervi andare. Allora mi fu dato di rispon­dergli che quello era forse un indizio che vi sarebbe ricevuto tra breve. Allora gli angeli gli dissero di rigettare il suo vestimento; ciò che egli fece, dietro il suo desiderio, con tanta prontezza, che egli è quasi impossibile di fare alcuna cosa più prontamente. Per questo era rappresentato quali sono i desideri di coloro che sono nella Provincia, a cui corrispondono le Vescichette seminali. Mi fu detto che tali spiriti, quando sono stati preparati per il Cielo, si spoglino dei loro vestimenti e ne rivestano dei nuovi risplendenti, e divengano angeli. Essi erano assomigliati ai bachi, i quali, dopo che il loro stato vile è compiuto, sono mutati in ninfe, e così in farfalle, alle quali allora è dato un altro vestimento, e altresì delle ali di colore celestino, giallo, argenteo o aureo, e in pari tempo la libertà di volare nell’aria come nel loro cielo, di celebrare dei matrimoni, deporre dell’uova e provvedere così alla propagazione della loro specie; e allora, nel medesimo tempo, sono loro dati alimenti dolci e gradevoli, che esse traggono dai succhi e profumi di vari fiori.

80. Nei paragrafi precedenti non è stato detto quali sono gli angeli oriundi da quella Terra; infatti quelli che vanno presso gli uomini della loro Terra e si collocano presso la testa, e di cui si è parlato più sopra, n. 73, non sono gli angeli del loro Cielo interiore, ma sono spiriti angelici o angeli del loro Cielo esteriore; e poiché mi è stato svelato eziandio quali sono quegli angeli interiori, convien riferire quel che mi è stato dato di sa­pere intorno ad essi. Uno di quegli spiriti di Giove che incutono terrore, si applicò al mio lato sinistro sotto il braccio, e di là mi parlò; ma il suo linguaggio era stridente, e le parole non erano ben distinte e separate fra loro, di guisa che io doveva aspettare lungo tempo prima di coglierne il senso; e mentre parlava, egli insinuava anche di quando in quando qualche timore, avverten­domi pure così di accogliere bene gli angeli quando verrebbero. Ma mi fu dato di rispondergli che questo non dipendeva da me, e che appo me sono accolti tutti secondo che sono essi stessi. Subito dopo vennero alcuni angeli di quella Terra, e mi fu dato di conoscere dal loro parlare con me che essi differivano intera­mente dagli angeli della nostra Terra; imperocché il loro linguag­gio non era formato di parole, ma di idee, che si spandevano per tutto nei miei interiori; e quindi ancora c’era un influsso nella faccia, di modo che la faccia concorreva alle singole cose del lin­guaggio, principiando dalle labbra e continuando verso la circonferenza per ogni dove. Le idee che tenevano luogo di parole, erano distinte, ma pochissimo. Poi essi mi parlarono per mezzo d’idee àncora meno distinte, a tale che si scorgeva appena qualche in­tervallo: era nella mia percezione come il senso dei vocaboli appo coloro che prestano attenzione soltanto al senso, astrattamente dalle parole. Questo linguaggio era per me più intelligibile che il pre­cedente, ed era anche più pieno. Esso influiva similmente come il precedente nella faccia, ma l’influsso era, secondo la qualità del linguaggio, più continuo; tuttavia esso non cominciava, come il precedente, dalle labbra, ma dagli occhi. Poscia essi parlarono ancora con maggior continuità e pienezza, e allora la faccia non poté concorrervi con un movimento conveniente; ma l’influsso si sentiva nel cervello, e si sentiva che allora il cervello seguiva un movimento simile. Da ultimo essi parlarono in un modo che il discorso cadeva solamente nell’intelletto interiore. La volubilità di esso era come quella d’un’aura leggera. Io sentiva lo stesso in­flusso ma non distintamente ogni singola cosa. Queste specie di linguaggio andavano come i fluidi: la prima specie come l’acqua corrente, la seconda come un’acqua più leggera, la terza come l’atmosfera rispettivamente, e la quarta come una aura sottile. Lo spirito che era al mio lato sinistro, e di cui si è parlato più sopra, talvolta interloquiva, avvertendomi soprattutto di compor­tarmi modestamente cogli angeli della sua Terra (conciossiachè vi fossero degli spiriti della nostra Terra, che insinuavano delle cose che dispiacevano). Egli diceva di non avere capito immedia­tamente quel che gli angeli avevano detto, ma che poi, quando si era avvicinato al mio orecchio sinistro, aveva capito. Allora il suo linguaggio non era stridente come prima, ma era come quello degli altri spiriti.

81. Poi io parlai cogli angeli delle cose memorabili che sono sulla nostra Terra, specialmente della Tipografia, della Parola, dei diversi dottrinali della Chiesa secondo la Parola; e io dissi loro che la Parola e i dottrinali vengono resi pubblici, e così sono im­parati. Essi erano molto sorpresi che tali cose potessero essere pubblicate per mezzo di scritti e di caratteri tipografici.

82. Mi fu dato di vedere come avviene quando gli spiriti di quella Terra, dopo essere stati preparati, sono elevati nel Cielo e divengono angeli. Appaiono allora dei carri e dei cavalli splendenti come di fuoco, dai quali sono trasportati similmente come Elia. Se appaiono dei carri e dei cavalli splendenti come di fuoco, si è perché così viene rappresentato che sono stati istruiti e preparati per entrare nel Cielo; perciò i carri significano i dottrinali della Chiesa, e i cavalli splendenti significano l’intelletto illustrato[38].

83. Il Cielo in cui sono trasportati appare a destra, verso la loro Terra, per conseguenza separato dal Cielo degli angeli della nostra Terra. Gli angeli che sono in quel Cielo appaiono ve­stiti d’un ceruleo risplendente, broccato di piccole stelle d’oro, e ciò perché nel mondo essi preferirono quel colore; essi credettero anche che fosse lo stessissimo colore celeste, principalmente perché essi sono in un bene dell’amore, qual è quello a cui quel colore corrisponde[39].

84. Mi fu mostrata una testa calva, ma solamente la sua parte superiore, che è ossea, e mi fu detto che coloro che debbono mo­rire durante l’anno ne vedono una simile, e che allora essi si preparano. Là gli abitanti non temono la morte se non perché lasciano il coniuge, i figliuoli o i parenti; perciocché sanno che dopo la morte vivranno, e che non escono dalla vita, poiché vanno nel Cielo; perciò, invece di morire, essi dicono divenire abitante del Cielo. Coloro in quella Terra che vissero nell’amore veramente coniugale, ed ebbero cura dei figliuoli come si conviene ai genitori, non muoiono per malattie, ma tranquillamente come in un sonno; ed essi passano così dal mondo nel Cielo. L’età degli uomini vi è ordinariamente di trenta anni, secondo gli anni della nostra Terra. La ragione per cui muoiono in uno spazio di tempo tanto breve si è, per la Divina Providenza del Signore, affinché gli uomini non vi si moltiplichino al di là del numero che può essere sostentato da quella Terra; e poi perché dopo aver compiuto que­gli anni, essi non si lasciano condurre dagli spiriti e dagli angeli, come quelli che non li hanno ancora compiuti; laonde gli spiriti e gli angeli di rado si accostano ai più adulti. Essi pervengono all’età matura anche più presto che nella nostra Terra. Si uniscono in matrimonio anche nel primo fiore della gioventù; e allora le loro delizie consistono nell’amare il coniuge, e nell’aver cura dei figli. Le altre delizie essi per verità le chiamano delizie, ma delizie esterne rispettivamente alle prime.

 

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4. DELLA TERRA O PIANETA “MARTE”

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

85. Fra gli spiriti oriundi dalle Terre del mondo di questo Sole, gli spiriti di Marte sono i migliori di tutti, avvenga che per la più parte siano uomini celesti, non dissimili da coloro che furono del­l’antichissima Chiesa sulla nostra Terra[40]. Quando sono rap­presentati quali sono, sono rappresentati con la faccia nel Cielo e il corpo nel Mondo degli spiriti; e quelli tra essi che sono ange­li, sono rappresentati con la faccia verso il Signore e il corpo nel Cielo.

86. Il pianeta Marte appare, nell’idea degli spiriti e degli an­geli, come gli altri pianeti, costantemente nel suo luogo, e anche verso la sinistra, sul davanti, a una certa distanza, nel piano del petto, e così fuori della sfera dove sono gli spiriti della nostra Terra. Gli spiriti d’una Terra sono separati dagli spiriti d’un’altra Terra, per la ragione che gli spiriti di ciascuna Terra rappresen­tano qualche provincia particolare nel Grandissimo Uomo[41], e quindi sono in un altro e diverso stato; e la diversità dello stato fa sì che essi appaiono separati gli uni dagli altri, sia verso la destra, sia verso la sinistra, ad una maggiore o minore distanza[42].

87. Alcuni spiriti di là vennero verso di me, e si applicarono alla mia tempia sinistra, e là mi soffiavano il loro linguaggio; ma io non lo intendeva. Esso era tenero in quanto al flusso; di più tenero io non ne avevo mai sentito: era come un’aura dolcissima. Esso soffiava prima verso la tempia sinistra e l’orecchio sinistro d’in alto, e il soffio quindi proseguiva verso l’occhio sinistro, e poco a poco verso il destro, e poi scorreva giù principalmente dall’occhio sinistro verso le labbra; e, arrivato alle labbra, entrava nel cervello per la bocca e per una via dentro la bocca, ed anche per la tromba d’Eustachio, Quando il soffio fu pervenuto nel cervello, io compresi il loro linguaggio, e mi fu dato di parlare con essi. Osservai che quando mi parlavano, le labbra in me si muovevano, ed un poco anche la lingua: ciò era a cagione della corrispondenza del lin­guaggio interiore col linguaggio esteriore. Il linguaggio esteriore appartiene al suono articolato, che cade verso la membrana esterna dell’orecchio, e di là, per mezzo di piccoli organi, di membrane e di fibre, che sono dentro l’orecchio, è portato nel cervello. Da questo mi fu dato di sapere che il linguaggio degli abitanti di Marte era diverso dal linguaggio degli abitanti della nostra Terra, cioè dire, che era un linguaggio non sonoro, ma quasi tacito, insinuandosi nell’udito e nella vista interiore per una via più breve; ed essendo tale, esso era più perfetto, più pieno d’idee del pensiero, e per con­seguenza si accostava più da vicino al linguaggio degli spiriti e degli angeli. La stessa affezione del linguaggio è eziandio rappre­sentata presso di loro nella faccia, e il suo pensiero negli occhi; conciossiachè il pensiero e il linguaggio, e anche l’affezione e la faccia, facciano uno appo essi. Essi reputano come nefando di pensare in un modo e parlare in un altro, e di mostrare sulla faccia una cosa diversa da quel che si vuole; essi non sanno quel che sia l’ipocrisia, né quel che sia la furberia e la frode. Che gli antichissimi sulla nostra Terra avessero anche un tal linguaggio, mi è stato dato di saperlo per la conversazione con alcuni di essi nell’altra vita. Affinché questo soggetto sia delucidato, convien ri­ferire le cose da me udite, le quali sono le seguenti: — «Mi fu mostrato per un influsso, che non posso descrivere, qual era stato il linguaggio di coloro che erano dell’antichissima Chiesa[43]. Esso non era articolato, come il linguaggio di vocaboli del nostro tempo, ma tacito; e si faceva non per la respirazione esterna, ma per respirazione interna; così era un linguaggio cognitivo. Mi fu anche dato di scorgere quale era la loro respirazione in­terna, cioè, che essa procedeva dall’ombelico verso il cuore, e quindi per le labbra, senza nulla di sonoro quando essi parlavano; e che essa non entrava nell’orecchio degli altri per la via esterna, e non percuoteva sopra quel che si chiama il timpano dell’orecchio, ma entrava per una certa via interna, ed anche là per quel che oggidì si chiama la tromba d’Eustachio. Mi fu mo­strato che per un tal linguaggio essi potevano esprimere i senti­menti dell’animo e le idee del pensiero molto più pienamente di quel che mai si possa fare con suoni articolati o con vocaboli sonori. Questo linguaggio è parimenti regolato per una respira­zione, ma esterna, perché non c’è un solo vocabolo, anzi nulla in un vocabolo che non sia regolato per delle applicazioni della re­spirazione. Ma appo essi questo si faceva molto più perfettamente, perché si eseguiva per la respirazione interna, che, essendo inte­riore, è anche più perfetta, più applicabile e più conforme alle idee stesse del pensiero. Oltre a ciò, essi si esprimevano ancora per dei leggerissimi movimenti di labbra, e per dei cambiamenti corrispon­denti della faccia: infatti siccome erano uomini celesti, tutto quel che pensavano traspariva dalla faccia e dagli occhi, che variavano in un modo conforme, la faccia in quanto alla forma secondo la vita dell’affezione, e gli occhi in quanto alla luce. Essi non pote­vano mai mostrare «un viso che non fosse d’accordo con quel che pensavano. Siccome il loro linguaggio si faceva per la respirazione interna, che appartiene allo spirito stesso dell’uomo, perciò pote­rono avere consorzio cogli angeli e parlare con essi.[44]» —La re­spirazione degli spiriti di Marte mi fu anche comunicata[45], ed io percepii che la loro respirazione procedeva dalla regione del torace verso l’ombelico, e quindi correva in su per il petto con un soffio impercettibile verso la bocca. Da questi, ed ancora da altri docu­menti dell’esperienza, io potei vedere che essi erano d’un genio celeste, così che non differivano da coloro che furono dell’Antichissima Chiesa sulla nostra Terra.

88. Sono stato istruito che gli spiriti di Marte, nel Grandissimo Uomo, hanno relazione col medium tra l’intellettuale e il Volon­tario, così col Pensiero secondo l’affezione, e i migliori tra essi, con l’Affezione del pensiero. Indi proviene che le loro facce fanno uno col loro pensiero, e che essi non possono fingere dinanzi a nes­suno. E siccome nel Grandissimo Uomo essi hanno relazione con cotesto, la Provincia media, che è tra il cervello e il cervelletto, corrisponde loro; stantechè presso coloro il di cui cervello e il cervelletto sono congiunti in quanto alle operazioni spirituali, la faccia fa uno col pensiero, di modo che la stessa affezione del pensiero traluce dalla faccia, e dall’affezione traluce il comune del pensiero per alcuni segni che appaiono anche dagli occhi; per­ciò quando essi erano presso di me, io percepii in un modo sen­sibile una retrazione della parte anteriore della mia testa verso l’occipite, così del cervello verso il cervelletto[46].

89. Una volta che alcuni spiriti di Marte erano presso di me ed avevano occupato la sfera della mia mente, arrivarono alcuni spiriti della nostra Terra, e volevano anch’essi introdursi in quella sfera. Ma gli spiriti della nostra Terra allora divennero come pazzi, e ciò per la ragione che essi non concordavano affatto con quelli di Marte; perocché gli spiriti della nostra Terra, nel Gran­dissimo Uomo, hanno relazione col Senso esterno; indi questi erano nell’idea volta verso il mondo e verso se stessi; laddove che gli spiriti di Marte erano nell’idea volta fuori di se stessi, verso il Cielo e verso il prossimo; indi vi era contrarietà. Ma allora so­pravvennero alcuni spiriti angelici di Marte, per l’arrivo dei quali la comunicazione fu tolta, e così gli spiriti della nostra Terra si ritirarono.

90. Alcuni spiriti angelici mi parlarono della vita degli abi­tanti della loro Terra: mi dissero che essi non sono sotto governi, ma che sono distinti in società grandi e piccole; che là si con­sociano secondo la conformità dei caratteri, e che essi conoscono all’istante questa conformità dalla faccia e dal linguaggio, e che di rado s’ingannano: essi sono allora subito amici. Mi dissero an­cora che, le loro consociazioni sono piacevoli, e che fra di loro parlano di quelle cose che si fanno nelle società, e principalmente di quelle che si fanno nel Cielo; perocché molti tra essi hanno una comunicazione manifesta cogli angeli del Cielo. Coloro che nelle loro società cominciano a pensare sinistramente, e quindi a mal volere, vengono separati e abbandonati a sé soli; per lo che menano fuori della società una vita molto miserabile, sopra rocce o altrove, dappoiché non si curano più di loro. Certe società ten­tano in vari modi di costringere quegli uomini al ravvedimento, ma quando non vi riescono, se ne separano. Così essi si mettono in guardia, affinché la cupidità della dominazione e la cupidità del lucro non s’insinuino, cioè dire, affinché alcuni per cupidità di do­minazione non mettano sotto il loro giogo una qualche società, e poi parecchie altre; e affinché alcuni per cupidità, di lucro non rapiscano agli altri i loro beni. Là ciascuno vive contento dei suoi beni e del suo onore, che consiste nella riputazione d’essere giusto e di amare il prossimo. Questo piacere e la tranquillità di animo sarebbero distrutti, se essi non cacciassero coloro che pen­sano male e vogliono male, e se non prevenissero con prudenza e severità, sin dagli stessi primordii, l’amore di sé e l’amore del mondo; conciossiachè sia per cagione di questi amori che le so­cietà sono divenute Imperi e Regni, dentro i quali sono pochi quelli che non vogliono dominare e possedere i beni degli altri; infatti sono pochi quelli che fanno il giusto e l’equo per amore del giusto e dell’equo, e meno ancora quelli che fanno il bene per la stessa carità, ma si è per timore della legge, della perdita della vita, del lucro, dell’onore e della riputazione, che procura lucro e onore.

91. Circa il Culto Divino degli abitanti della loro Terra, mi informarono che essi riconoscono e adorano nostro Signore, dicendo che Egli è il solo Dio che governa il Cielo e l’Universo; che ogni bene viene da Lui; che Egli stesso li conduce, e che presso di loro, sulla loro Terra, Egli appare di sovente. Allora mi fu dato di dir loro che anche sulla nostra Terra i Cristiani sanno che il Signore governa il cielo e la terra, dalle parole del Signore stesso in Matteo: «Ogni potestà mi è stata data in cielo e in terra» - [Mt. 28,18] - ma che essi non lo credono, come lo credono quelli che sono della terra Marte. Mi dissero anche che là gli abitanti credono che in essi non c’è nulla che non sia im­puro e infernale, e che ogni bene appartiene al Signore; anzi dis­sero di più, che per se stessi essi sono diavoli, e che il Signore li trae dall’inferno e ne li distorna continuamente. Una volta che il nome del Signore era pronunziato, io vidi quegli spiriti umi­liarsi sì intimamente e profondamente che non si può descrivere: infatti nella loro umiliazione c’era il pensiero che per se stessi essi sono nell’inferno, e che così sono affatto indegni di volgere i loro sguardi al Signore, che è il Santo stesso. Essi erano per la fede sì profondamente in quel pensiero, che erano quasi fuori di sé; e rimasero così in ginocchio sino a che il Signore li ebbe rialzati, e li ebbe allora quasi tratti dall’inferno. Quando sorgono così dall’umiliazione, essi sono pieni di bene e di amore, e quindi pieni di gaudio del cuore. Quando si umiliano così, essi non vol­gono la faccia verso il Signore, giacché allora non l’oserebbero, ma la rivolgono. Gli spiriti che erano intorno di me, dicevano che essi non avevano mai veduto una tale umiliazione.

92. Alcuni spiriti che erano di quella Terra si meravigliavano che vi fossero intorno di me tanti spiriti dell’inferno, e che quegli spiriti parlassero ancora con me. Ma mi fu dato di rispondere che questo era loro permesso, affinché io sapessi quali sono, e perché sono nell’inferno, e che vi sono in conseguenza della loro vita. Mi fu anche dato di dir loro che fra quegli spiriti ve n’erano parec­chi che io aveva conosciuti quando vivevano nel mondo, e che allora alcuni di essi erano costituiti in grande dignità, senza che avessero avuto a cuore altro che il mondo; ma che mai alcun cattivo spirito, anche il più infernale, poteva recarmi danno, perché io era continuamente protetto dal Signore.

93. Mi fu presentato un abitante di quella Terra. Non era vera­mente un abitante, ma gli era simile. La sua faccia era come quella degli abitanti della nostra Terra; ma la parte inferiore della fac­cia era nera, non dalla barba, poiché non ne aveva, ma d’una nerezza che ne teneva il luogo: quella nerezza estendevasi da ambo i lati fino sotto le orecchie. La parte superiore della faccia era bionda, come la faccia degli abitanti della nostra Terra, che non sono assolutamente bianchi. Di più, mi dissero che gli abi­tanti di quella Terra si nutrono di frutti di alberi, e principal­mente d’un certo frutto rotondo che germoglia dalla loro terra, ed inoltre anche dì legumi; che là si vestono di vestimenti che con­fezionano con le fibre della scorza di certi alberi, le quali hanno una tale consistenza da potere essere tessute ed essere ancora conglutinate con una specie di gomma, che trovasi presso di loro. Essi mi dissero, inoltre, che là sanno fare dei fuochi fluidi[47] per mezzo dei quali hanno della luce la sera e la notte.

94. Vidi un certo oggetto infiammato, bellissimo, d’un colore che variava, prima di porpora, poi di bianco traente al rosso. Quei colori dalla fiamma risplendevano anche bellamente. Vidi inoltre una mano, alla quale quel certo oggetto infiammato si attaccò, prima sul rovescio, poi alla palma o al concavo, e quindi lambiva la mano intorno: questo durò qualche tempo. Poi quella mano si allontanò ad una certa distanza con l’oggetto infiammato, e là dove essa si fermò, si fece un chiarore. In quel chiarore la mano sparì, e allora quell’oggetto infiammato fu mutato in un uccello, che da principio era degli stessi colori dell’oggetto infiam­mato, e i colori risplendevano similmente; ma quei colori furono successivamente mutati, e coi colori il vigore e la vita nell’uccello. Esso volava or qua or là, e prima intorno al mio capo, poi sul davanti in una specie di cameretta angusta, che somigliava a un santuario; e secondo che più volava sul davanti, la vita l’abban­donava, e finalmente divenne di pietra. Primieramente allora esso divenne di colore di perla, poi di colore oscuro; ma benché senza vita, esso volava sempre. Mentre quell’uccello volava intorno al mio capo, ed era ancora nel vigore della vita, io vidi uno spirito che si elevava da basso per la regione dei lombi verso la regione del petto, il quale di là voleva pigliare quell’uccello. Però siccome l’uccello era tanto bello, gli spiriti che erano intorno di me ne lo impedirono; avvenga che essi tutti tenessero la loro vista sull’uc­cello. Ma quello spirito che si era elevato da basso, persuase loro fortemente che il Signore era in lui, e che per conseguenza egli faceva ciò dal Signore. Sebbene la maggior parte non lo credes­sero, pur tuttavia non gl’impedirono più di pigliare l’uccello. Ma siccome in quel momento il Cielo influiva, egli non poté ritenerlo, e subito gli rese la libertà, aprendo la mano. Quando questo fu finito, gli spiriti che erano intorno di me, e che avevano conside­rato attentamente quell’uccello e le sue mutazioni successive, ne parlarono fra di loro, e per un tempo assai lungo. Essi percepi­vano che la visione non poteva che significare qualcosa di celeste. Sapevano che un oggetto infiammato significa l’amore celeste e le sue affezioni; che la mano, alla quale l’oggetto infiam­mato si attaccava, significa la vita e la sua potenza; che le mu­tazioni di colori significano le varietà della vita in quanto alla sapienza e all’intelligenza. Lo stesso significato ha parimenti l’uc­cello, ma con la differenza che l’oggetto infiammato significa l’amore celeste e le cose che appartengono a questo amore, e l’uc­cello significa l’amore spirituale e le cose che appartengono a que­sto amore; — l’amore celeste è l’amore verso il Signore, e l’amore spirituale è la carità verso il prossimo[48]; e le mutazioni dei colori e in pari tempo della vita nell’uccello, sino a che fu divenuto di pietra, significano le mutazioni successive della vita spirituale in quanto all’intelligenza. Essi sapevano ancora che gli spiriti che salgono da basso per la regione dei lombi verso la regione del petto, sono in un forte persuasivo che essi sono nel Signore, e quindi credono che tutte le cose che fanno, ancorché male, essi le fanno per la volontà del Signore. Tuttavia però essi non poterono da ciò sapere chi fossero coloro che dovevano essere intesi per quella visione. Finalmente furono istruiti dal Cielo che erano intesi gli abitanti di Marte; che il loro amore celeste, in cui sono ancora molti tra essi, era significato per l’oggetto infiam­mato che si attaccò alla mano; e che l’uccello da principio, quando era nella bellezza dei suoi colori e nel vigore della sua vita, si­gnificava il loro amore spirituale; ma che quell’uccello, divenuto come di pietra e senza vita, e finalmente d’un colore oscuro, si­gnificava gli abitanti che si erano allontanati dal bene dell’amore e sono nel male, e tuttavia credono sempre che sono nel Signore. La stessa cosa era significata per lo spirito che saliva e voleva pigliare l’uccello.

95. Per l’uccello di pietra erano anche rappresentati gli abitanti di quella Terra, che trasmutano in un modo strano la vita dei loro pensieri e delle loro affezioni in una vita quasi nulla; ecco intorno a questo soggetto quel che io ho udito: Eravi al di sopra del mio capo uno spirito che mi parlava. Dal suono della sua voce io scorsi che egli era quasi in uno stato di sonno. In questo stato egli mi ragionò di parecchie cose, e con una tale prudenza che, desto, non avrebbe potuto parlare più prudentemente. Mi fu dato di percepire che egli era un soggetto per mezzo del quale gli angeli mi parlavano, e che in quello stato egli capiva quel che influiva e lo produceva[49]. Infatti egli non pronunziava se non ciò che era vero; se qualcosa influiva d’altra parte, lo riceveva bensì, ma non lo produceva. Io lo interrogai sul suo stato, ed egli mi disse che quello stato era per lui uno stato di pace; che era senz’alcuna sollecitudine sulle cose avvenire, e che nello stesso tempo compiva gli usi per i quali aveva comunicazione col Cielo. Mi fu detto che tali spiriti, nel Grandissimo Uomo, hanno relazione col Seno longitudinale, che è situato tra i due emisferi del cervello, e là in uno stato di riposo, qualunque turbamento provi il cervello dalle due parti. Mentre io era in colloquio con quello spirito, altri spiriti entrarono verso la parte anteriore della testa, dove egli era, e lo spingevano; laonde egli si trasse verso uno dei lati e cedette loro il posto. Gli spiriti nuovi arrivati par­lavano fra di loro; ma né gli spiriti che mi circondavano, né io intendevamo quel che dicevano. Io fui istruito dagli angeli che erano spiriti della terra Marte, che sapevano parlare fra di loro in guisa che gli spiriti presenti non intendessero né percepissero niente. Io ero meravigliato che potesse esistere un tal linguaggio, poiché tutti gli spiriti hanno un sol linguaggio, che scorre dal pensiero e consiste in idee, che sono udite come vocaboli nel Mondo spirituale. Mi fu detto che quegli spiriti, per una certa espressione delle labbra e della faccia, formino delle idee che non sono intelligibili agli altri, e che in quel, momento sottraggono con arte i loro pensieri agli altri, guardando soprattutto che non si manifesti alcuna cosa dell’affezione, a motivo che se alcuna cosa dell’affezione fosse conosciuta, il pensiero sarebbe allora sco­perto, poiché il pensiero deriva dall’affezione ed è quasi in essa. Io fui inoltre istruito che gli abitanti della terra Marte, che pon­gono la vita celeste nelle sole cognizioni, e non nella vita dell’amore, si sono formati un tal linguaggio, però non tutti; e che quelli, quando divengono spiriti, lo ritengono. Sono questi che sono stati specialmente significati per l’uccello di pietra; avvenga che produrre un linguaggio con dell’espressioni del viso e con dei mo­vimenti delle labbra, allontanando le sue affezioni e sottraendo i suoi pensieri agli altri, sia togliere l’anima al linguaggio e farne una specie di simulacro, e gradualmente ancora rendersi simile. Ma quantunque si figurino che quel che essi parlano fra di loro non sia compreso dagli altri, pur tuttavia gli spiriti angelici per­cepiscono tutte e le singole cose che dicono, per la ragione che alcun pensiero può essere loro sottratto. Questo fu altresì dimo­strato per una viva esperienza a quegli spiriti di Marte. Io pensai, a tale effetto, che gli spiriti cattivi della nostra Terra non sentono vergogna quando infestano gli altri. Questo pensiero in me influiva dagli spiriti angelici, che percepivano il linguaggio degli spiriti di Marte, i quali allora riconobbero che si era appunto questo di cui essi parlavano fra di loro, e ne erano meravigliati. Oltre a ciò, uno spirito angelico svelò parecchie cose che essi dicevano e pensa­vano, comunque essi si sforzassero di sottrargli i loro pensieri. Poscia quegli spiriti influirono dall’alto sulla mia faccia. L’influsso era sentito come una leggiera pioggia striata, ciò che era segno che non erano nell’affezione del vero e del bene, perocché si è ciò che rappresenta lo striato. Essi allora parlarono con me aper­tamente, e mi dissero che gli abitanti della loro Terra parlano in questa guisa fra di loro. Allora fu loro detto che questo è male, perché così chiudono gl’interni e da essi recedono verso gli esterni, che privano ancora della loro vita; e, soprattutto, perché non è sincero di parlare così; giacché coloro che sono sinceri non vo­gliono né dire, né pensare nulla che non possa essere saputo dagli altri, anzi da tutti, anche dal Cielo intero; dovechè coloro che non vogliono che gli altri sappiano quel che essi dicono, giudicano gli altri, ne hanno un cattivo concetto, ed hanno una buona opinione di se stessi, e finalmente sono trascinati dall’abitudine sino al punto di avere una cattiva opinione e parlare male della Chiesa, del Cielo e del Signore stesso. Fu detto che coloro che amano le cognizioni, e non la vita secondo le cognizioni, hanno relazione, nel Grandissimo Uomo, con la Membrana interiore del cranio; ma coloro che si abituano a parlare senza l’affezione, a trarre a sé il pensiero e sottrarlo agli altri, hanno relazione con quella membrana, ma divenuta ossea, perché, destituiti di qualche vita spirituale, la loro vita diviene nulla.

96. Poiché per l’uccello di pietra furono altresì rappresentati coloro che sono nelle sole cognizioni, senza essere in alcuna vita di amore, e poiché quindi essi non hanno nessuna vita spi­rituale, perciò è permesso qui di mostrare in forma di appendice che soltanto coloro hanno la vita spirituale, i quali sono nell’amore celeste e quindi nelle cognizioni; e che l’amore contiene in sé ogni cogitativo che gli appartiene. Valgano, per esempio, gli animali della terra, e ancora gli animali del cielo o gli uccelli: essi hanno la scienza di tutte le cose che apparten­gono al loro amore. I loro amori sono di nutrirsi, di abitare con sicurezza, di propagare la loro specie, di allevare i loro pulcini, alcune specie di provvedere ai loro bisogni per l’inverno. Essi hanno per conseguenza ogni scienza che è loro necessaria, peroc­ché essa è in quegli amori ed influisce in essi come negli stessi suoi ricettacoli. Presso certi animali questa scienza è tale, che l’uomo non può altrimenti che stupirne. La scienza in essi è con­nata, e si chiama istinto; ma essa appartiene all’amore naturale in cui essi sono. Se l’uomo fosse nel suo amore, che è l’amore verso Dio e verso il prossimo (questo amore è proprio dell’uomo, per il quale si distingue dalle bestie, ed esso è l’amore celeste), allora l’uomo non solo sarebbe in ogni scienza necessaria, ma eziandio in ogni intelligenza e sapienza, perciocché esse influireb­bero dal Cielo, cioè dal Divino per il Cielo, in quegli amori. Ma siccome l’uomo non nasce in quegli amori, ma negli amori con­trari, cioè negli amori di sé e del mondo, perciò egli deve ne­cessariamente nascere in ogni ignoranza, e nella mancanza d’ogni scienza. Nondimeno egli è condotto per mezzi divini verso qualcosa dell’intelligenza e della sapienza; ma tuttavia non in at­tualità in qualcosa dell’intelligenza e della sapienza, a meno che gli amori di sé e del mondo non siano rimossi, e così sia aperta la via all’amore verso Dio e verso il prossimo. Che l’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo abbiano in sé ogni intelli­genza e ogni sapienza, si può vederlo da coloro che nel mondo sono stati in quegli amori. Quando, dopo la morte, vengono nel Cielo, essi sanno e gustano delle cose che prima non avevano mai conosciute; anzi, là essi pensano e pronunziano, come gli altri angeli, cose tali che mai orecchio ha udito, né mente saputo, le quali sono ineffabili: la ragione si è perché quegli amori hanno in sé la facoltà di ricevere di tali cose.

 

 

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5. DELLA TERRA O PIANETA “SATURNO”

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

97. Gli spiriti di quella Terra, come la terra stessa, appaiono davanti, ad una grandissima distanza, più a basso, nel piano dei ginocchi; e quando l’occhio è aperto verso quel luogo, si presenta alla vista una moltitudine di spiriti, tutti oriundi da quella Terra: sono veduti da quella parte di detta Terra, alla sua destra. Mi è ancóra stato dato di parlare con essi, e quindi di conoscere quali sono rispettivamente agli altri: essi sono probi e modesti; e sic­come si stimano piccoli, perciò ancora nell’altra vita appaiono piccoli.

98. Nel culto sono umilissimi, perocché si considerano per niente. Adorano nostro Signore e lo riconoscono per l’Unico Dio. Il loro Si­gnore appare anche qualche volta sotto una forma ange­lica, e così come Uomo; e allora il Divino splende dalla sua faccia e impressiona l’animo. Anche gli abitanti, quando pervengono ad una certa età, parlano cogli spiriti, dai quali sono istruiti sul Si­gnore, in qual modo deve essere adorato, e come si deve vivere. Quando altri spiriti vogliono sedurre gli spiriti oriundi da quella Terra, e distoglierli dalla fede nel Signore, o dall’umiliazione in­verso Lui, e dalla probità della vita, questi dicono che vogliono morire. Allora appaiono nelle loro mani dei piccoli coltelli, coi quali sembra che vogliano percuotersi il petto. Quando si domanda loro perché fanno così, essi rispondono che vogliono morire piut­tosto che essere stornati dal Signore. Gli spiriti della nostra Terra per questo talvolta si beffano di loro, e gl’infestano con oltraggi, perché fanno così. Ma allora essi rispondono che sanno bene che non periscono, ma che questo è solamente un’apparenza emergente dalla volontà della loro mente, da che essi vogliono piuttosto morire che essere stornati dal culto del Signore.

99. Mi dissero che dalla nostra Terra vanno talvolta presso di essi degli spiriti, che loro domandano qual Dio adorano. Essi rispondono che sono stolti, e che non ci può essere maggiore insania che domandare a qualcuno qual Dio egli adori, quando tuttavia evvi un Unico Dio per tutti nell’universo; e che essi sono ancora più stolti, da che non dicono che il Signore è questo Dio Unico, e che Egli governa il Cielo intero e quindi il Mondo intero; im­perocché Colui che governa il Cielo, governa anche il Mondo, perché il Mondo è governato per mezzo del Cielo.

100. Mi dissero che sulla loro Terra vi sono anche degli uomini che chiamano Signore il lume notturno, che là è grande; ma che costoro sono separati dagli altri, e non sono da essi tollerati. Quel lume notturno viene da quel gran cerchio, che circonda in di­stanza quella Terra, e dalle Lune, che sono chiamate satelliti di Saturno.

101. Mi raccontarono che un altro genere di spiriti, che vanno a schiera, vengono frequentemente presso di loro, desiderando sa­pere come vi vanno le cose; e che quegli spiriti pervengono in vari modi a trarre da essi quel che sanno. Di tali spiriti dicevano che non sono stolti, tranne in questo, che desiderano solamente di sapere, senza altro uso che di sapere. Poi furono istruiti che que­gli spiriti sono del pianeta Mercurio, o della Terra più vicina al Sole, e che essi si dilettano solamente nelle cognizioni, e non così negli usi che ne provengono.

102. Gli abitanti e gli spiriti del pianeta Saturno hanno rela­zione, nel Grandissimo Uomo, col Senso medio fra l’uomo spi­rituale e l’uomo naturale, ma che si allontana dal naturale e si avvicina allo spirituale; indi risulta che quegli spiriti appaiono essere trasportati o rapiti nel Cielo, e tosto dopo esserne riman­dati; infatti tutto quel che appartiene al senso spirituale è nel Cielo, e tutto quel che appartiene al senso naturale è al disotto del Cielo. Siccome gli spiriti della nostra Terra, nel Grandissimo Uomo, hanno relazione, col Senso naturale e corporeo, mi è stato dato di sapere per una esperienza manifesta come combattono e lottano fra loro l’uomo spirituale e l’uomo naturale, quando questi non è nella fede e nella carità. Alcuni spiriti della terra Saturno vennero da lontano in nostra presenza, e allora una viva comunicazione fu stabilita tra essi e gli spiriti della nostra Terra, che erano privi di fede e di carità. Questi, dopo averli così conosciuti, divennero come pazzi, e cominciarono a infestarli, insinuando cose indegne contro la fede, ed ancora contro il Signore; e mentre si abbando­navano alle invettive e alle ingiurie, si gettavano anche nel mezzo di loro, e, dalla follia in cui erano, si sforzavano di far loro del male; ma gli spiriti di Saturno non temevano nulla, perché erano sicuri e in uno stato di tranquillità. Nondimeno quegli spiriti della nostra Terra, mentre erano nel mezzo di loro, cominciavano ad essere tormentati e a respirare con difficoltà; in conseguenza si gettavano l’uno di qua, l’altro di là e sparivano. Coloro che erano presenti indi vedevano qual è l’uomo naturale separato dall’uomo spirituale, quando entra in una sfera spirituale, cioè che esso di­viene insano. Infatti l’uomo naturale, separato dall’uomo spirituale, è savio solamente secondo il mondo, e in nessun modo secondo il Cielo; ora chi è savio solamente secondo il mondo non crede niente fuorché quel che i sensi capiscono; e ciò che egli crede, lo crede dietro le illusioni dei sensi, le quali, se non sono respinte per l’influsso del Mondo spirituale, producono i falsi: indi viene che quel che è spirituale è niente per lui, talché egli sopporta ap­pena di udire pronunziare la parola spirituale; perciò siffatti spi­riti divengono pazzi, quando sono tenuti in una sfera spirituale. Diversamente è quando essi vivono nel mondo; allora o pensano in un modo naturale intorno a quel che è spirituale, o rivolgono l’orecchio, cioè odono senza prestare attenzione. Da quella esperienza era anche manifesto che l’uomo naturale non può introdursi nel­l’uomo spirituale, cioè, salire; ma che, quando l’uomo è nella fede e quindi nella vita spirituale, l’uomo spirituale influisce nell’uomo naturale e vi pensa; imperocchè ebbi un influsso spirituale, cioè un influsso che viene dal Mondo spirituale nel Mondo naturale, ma non viceversa[50].

103. Di più, gli spiriti di quella Terra mi dettero delle in for­mazioni intorno agli abitanti, quali sono le loro consociazioni, e intorno ad altre cose. Essi mi dissero che gli abitanti vivono distinti in famiglie, ciascuna famiglia separata da un’altra; così il marito e la moglie coi loro figliuoli; e che questi, quando si con­giungono in matrimonio, abbandonano la casa dei loro genitori e non vi prestano più le loro cure: per questo gli spiriti di quella Terra appaiono due a due. Che in quanto al vitto e al vestito essi se ne dànno poco pensiero; che vivono di frutti e legumi che produce la loro Terra, e che si vestono leggermente, perché sono avviluppati da una pelle grossa o da una tunica, che li pro­tegge dal freddo. Che, inoltre, tutti sulla loro Terra sanno che vivranno dopo la morte, e che perciò essi non fanno conto del loro corpo, se non per quel che riguarda la vita, che, come dicono, loro rimarrà e servirà il Signore. Che si è anche per questo che essi non sotterrano i corpi dei morti, ma li gettano lontano e li coprono con rami di alberi della selva.

104. Interrogati su quel gran Cerchio che dalla nostra Terra sembra elevarsi al disopra dell’orizzonte del loro pianeta e cam­biare di posizione, essi dissero che a loro non appare come un cerchio, ma solamente come un certo che di bianco, simile a neve nel cielo, con varia direzione.

 

 

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6. DELLA TERRA O PIANETA “VENERE”

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

105. Il pianeta Venere, nell’idea degli spiriti e degli angeli, appare verso la sinistra, un poco indietro, ad una certa distanza dalla nostra Terra. Dico nell’idea degli spiriti, perché il Sole del mondo non appare a nessuno spirito, e nemmeno alcun pianeta, ma gli spiriti hanno solamente l’idea che questi corpi esistono. Dalla sola idea che essi hanno di questi corpi, il Sole del mondo si presenta di dietro, come un certo che di tenebroso; e i Pianeti non si presentano erranti come nel mondo, ma costantemente nei loro posti; — veggasi più sopra, n.° 42.

106. Nel pianeta Venere vi sono due specie d’uomini, d’un ca­rattere opposto. Ve ne sono di miti e umani, e ve ne sono di crudeli e quasi ferini. Quelli che sono miti e umani appaiono dall’altra parte della Terra; coloro che sono crudeli e quasi ferini appaiono dalla sua parte che guarda da questo lato. Ma bisogna sapere che essi appaiono così secondo lo stato della loro vita, perché lo stato della vita, nel Mondo spirituale, determina ogni apparenza di spazio e di distanza.

107. Alcuni di quelli che appaiono dall’altra parte del pia­neta, e che sono miti e umani, vennero verso di me e si presen­tarono alla mia vista, al disopra della testa. Io parlai con loro intorno a varii soggetti. Fra le altre cose essi mi dissero che, quando erano nel mondo, avevano riconosciuto, e che ora mag­giormente riconoscevano nostro Signore per il loro Unico Dio; af­fermavano che sulla loro Terra essi l’avevano veduto, e rappre­sentavano ancora come l’avevano veduto. Questi spiriti, nel Gran­dissimo Uomo, hanno relazione con la Memoria delle cose mate­riali, che concorda con la Memoria delle cose immateriali, con la quale hanno relazione gli spiriti di Mercurio. Laonde gli spiriti, di Mercurio vanno benissimo d’accordo con questi spiriti di Venere; perciò, quando essi erano insieme, io sentii, dall’influsso che ne proveniva, un cambiamento notevole e una forte operazione nel mio cervello; — vedasi più sopra, n. 43.

108. Con gli spiriti che appaiono dalla parte che guarda da questo lato, e i quali sono crudeli e quasi ferini, io non ho par­lato; ma mi è stato riferito dagli angeli quali essi sono, e d’onde derivano una natura sì ferina; e cioè che là essi si dilettano molto nelle rapine, e moltissimo nel mangiare quel che hanno predato. Il loro piacere, quando essi pensano di mangiare delle loro rapine, mi fu comunicato, ed io sentii che esso era grandissimo. Che vi siano stati anche sulla nostra Terra abitanti di tale natura ferina, è manifesto dalle storie di diverse nazioni; poi dagli abitanti della terra di Canaan, — I Sam. XXX. 16; — ed inoltre dalla nazione Giudaica o Israelita, anche del tempo di David, da che ogni anno facevano delle scorrerie, depredavano le nazioni e si rallegravano, mangiando quel che avevano predato. Mi è stato detto àncora che quegli abitanti di Venere per la più parte sono giganti, e che gli uomini della nostra Terra non arriverebbero che al loro ombe­lico. Inoltre, mi è stato detto ancora che sono stupidi; che non cercano che cosa è il Cielo o che cosa è la vita eterna, ma che si dànno cura solamente di quel che concerne la loro terra e il loro bestiame.

109. Essendo tali, anche quando vengono nell’altra vita sono eccessivamente infestati dai mali e dai falsi. I loro inferni appaiono presso alla loro Terra, e non comunicano cogl’inferni dei malvagi della nostra Terra, per la ragione che sono affatto d’un altro genio e d’un altro carattere; indi ancora i loro mali e falsi sono d’un tutt’altro genere.

110. Ma quelli che sono tali che possono essere salvati, sono in luoghi di vastazione, e là sono ridotti all’estremo della dispe­razione; perciocché i mali e i falsi di quel genere non possono al­trimenti essere domati e rimossi. Quando sono nello stato di di­sperazione, essi gridano che sono bestie, che sono abominazioni, che sono odii, e che per conseguenza sono dannati. Taluni di essi, quando sono in tale stato, gridano anche contro il Cielo; ma questo è loro perdonato, perché proviene dalla disperazione. Il Signore modera la loro esasperazione, affinché non si sfoghi in vitupera­zioni oltre i limiti stabiliti. Quando hanno sopportato gli estremi patimenti, i corporei appo loro essendo allora quasi morti, essi sono finalmente salvati. Di questi mi è ancora stato detto che, quando vivevano sulla loro Terra, avevano creduto in un Crea­tore Supremo senza Mediatore; ma quando sono salvati, vengono anche istruiti che il Signore è il solo Dio, Salvatore e Mediatore. Io ho veduto alcuni di essi elevati al Cielo, dopo avere sopportato gli estremi patimenti; e quando vi furono ricevuti, io sentii per essi una gioia mista ad una tale tenerezza, che mi spremeva le lacrime dagli occhi.

 

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7. DEGLI SPIRITI E DEGLI ABITANTI DELLA “LUNA”

 

111. Alcuni spiriti apparvero al disopra del mio capo, e quindi io udii delle voci come tuoni; perocchè le loro voci producevano assolutamente lo stesso effetto che i rumori del tuono dopo il lampo. Io pensava che fosse una grande moltitudine di spiriti, che sapessero ad arte produrre dei suoni con tale strepito. Alcuni spiriti semplici, che erano presso di me, si beffavano di loro, lo che molto mi stupì. Il motivo della derisione mi fu bentosto svelato: era che gli spiriti che tonavano in quel modo, lungi dall’essere molti, erano pochi, e ancora piccoli come fanciulli, e perché pre­cedentemente con tali suoni li avevano spaventati; e nondimeno essi non possono in alcun modo recare il minimo danno. Affinché io sapessi quali erano, alcuni scesero giù dall’alto luogo dove essi tuonavano, e, quel che mi sorprese, l’uno portava l’altro sul dosso, e così essi si avvicinavano a me a due a due. La loro faccia non pareva spiacevole, ma era più allungata che quella degli altri spi­riti. La loro statura era simile a quella d’un fanciullo di sette anni, ma il loro corpo era più robusto; così erano omaccini. Mi fu detto dagli angeli che erano spiriti della Luna. Uno di quelli che era portato da un altro, venne presso di me, applicandosi al lato sinistro, sotto il braccio, e quindi mi parlò, dicendo che, quando fanno udire la loro voce, essi tuonano così, e che in questo modo spaventano gli spiriti che vogliono far loro del male, e ne met­tono taluni in fuga, e che così vanno sicuri dovunque vogliono. Per convincermi che quel suono proveniva da loro, quello spirito si ritrasse da me verso alcuni altri, ma non interamente fuori della mia vista, e tuonò similmente. Di più, essi mi mostrarono che la loro voce, emessa dall’addome a guisa d’un’eruttazione, produceva così lo strepito del tuono. Io capii che questo prove­niva da che gli abitanti della Luna non parlano in forza del pol­mone, come gli abitanti delle altre Terre, ma in forza dell’addo­me, e così in forza, d’una certa aria che vi si trova rinchiusa; e ciò perché la Luna non è circondata d’una atmosfera simile a quella delle altre Terre[51]. Sono stato istruito che gli spiriti della Luna, nel Grandissimo Uomo, hanno relazione con la Cartilagine scutiforme o sifoide, alla quale dalla parte anteriore sono attac­cate le coste, e d’onde discende la fascia bianca, che è il sostegno dei muscoli dell’addome.

112. Che vi siano degli abitanti anche nella Luna, gli spiriti e gli angeli lo sanno. Essi sanno che ve ne sono parimenti nelle Lune o satelliti che sono intorno alla terra Giove, e intorno alla terra Saturno. Quelli tra essi che non ne hanno veduti gli spi­riti, e non hanno parlato con loro, non dubitano per questo che vi siano degli uomini anche su quelle Lune, poiché esse sono egualmente Terre; e dove è una Terra, ivi è l’uomo, conciossiachè l’uomo sia il fine per il quale una Terra esiste, e niente è stato fatto dal Sommo Creatore senza un fine. Che il fine della Crea­zione sia il Genere umano, perché ne sia formato il Cielo, chiun­que pensa secondo la ragione alquanto illustrata può vederlo.

 

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8. MOTIVI PER I QUALI IL SIGNORE VOLLE NASCERE

SULLA NOSTRA TERRA E NON SOPRA UN’ALTRA

 

113. Se egli è piaciuto al Signore di nascere e assumere l’Umano sulla nostra Terra, e non sopra un’altra, si è per più motivi, di cui sono stato informato dal Cielo. Il motivo principale è stato per la Parola, perché sulla nostra Terra essa ha potuto essere scritta, e dopo scritta essere sparsa per tutta la Terra, e una volta sparsa ha potuto essere conservata in ogni posterità; e così ha potuto essere manifestato a tutti, anche nell’altra vita, che Dio si è fatto Uomo.

114. Che il motivo principale sia stato per la Parola. — Si è perché la Parola è lo stesso Divino Vero, che insegna all’uomo che c’è un Dio, che c’è un Cielo, che c’è un inferno, che c’è una vita dopo la morte; e di più insegna come egli deve vivere e cre­dere per venire nel Cielo ed essere così eternamente felice. Tutte queste cose, senza una rivelazione, per conseguenza sulla nostra Terra senza la Parola, sarebbero state totalmente ignorate; e non­dimeno l’uomo è stato creato in tal maniera che quanto ai suoi interiori non può morire[52].

115. Che la Parola sulla nostra Terra abbia potuto essere scritta. — Si è perché l’arte di scrivere vi è esistita da tempo antichissimo, prima sui tronchi, poi sulle pergamene, in seguito sulla carta, e finalmente è stata sparsa mediante la stampa. Questo è stato provveduto dal Signore a causa della Parola.

116. Che la Parola poi abbia potuto essere sparsa per tutta questa Terra. — Si è perché vi esiste un commercio fra tutte le nazioni, non solo per viaggi, ma anche per navigazioni verso tutti i luoghi del globo; quindi la Parola, una volta scritta, ha potuto essere trasportata da una nazione ad un’altra, ed essere ovunque insegnata.

117. Che la Parola, una volta scritta, abbia potuto essere con­servata in ogni posterità. — Per conseguenza per migliaia e mi­gliaia di anni, e che sia ancora conservata, è noto.

118. Che così abbia potuto essere manifestato che Dio si è fatto Uomo. — Questo, infatti, è il punto principale e più essen­ziale per il quale la Parola è stata data; imperocché nessuno può credere in un Dio, né amare un Dio che non può capire sotto alcuna forma. Coloro dunque che riconoscono l’invisibile, e per conseguenza l’incomprensibile, cadono col pensiero nella natura, e così non credono in nessun Dio. Perciò è piaciuto al Signore di nascere qui e di renderlo manifesto per mezzo della Parola, affinché non solo fosse noto su questo globo, ma eziandio affinché, mediante la Parola, divenisse manifesto per gli spiriti e gli an­geli anche delle altre Terre, ed altresì per i Gentili della nostra[53].

119. Bisogna sapere che la Parola, data dal Signore per mezzo del Cielo sulla nostra Terra, è l’unione del Cielo e del Mondo; che a questo fine c’è una corrispondenza di tutte le cose che sono nella lettera della Parola coi Divini che sono nel Cielo, e che la Parola, nel suo senso supremo o intimo, tratta del Signore, del    suo Regno nei cieli e nelle terre, e dell’amore e della fede da Lui    e in Lui, per conseguenza della vita da Lui ed in Lui. Tali cose si presentano agli angeli nel Cielo, quando la Parola della nostra Terra è letta e predicata[54].

120. Sopra ogni altra Terra il Vero Divino viene rivelato a voce dagli spiriti e dagli angeli, come è stato detto nei paragrafi precedenti, dove si è parlato degli abitanti delle Terre in questo Mondo solare; ma questa rivelazione è fatta dentro le famiglie; imperocché nella maggior parte delle Terre il Genere umano abita distinto secondo le famiglie; laonde il Vero Divino, rivelato in questa guisa per mezzo degli spiriti e degli angeli, non è traspor­tato lontano oltre le famiglie; e a meno che non succeda conti­nuamente una nuova rivelazione, esso è pervertito o perisce. Egli è altrimente sulla nostra Terra, dove il Divino Vero, che è la Parola, rimane perpetuamente nella sua integrità.

121. Bisogna sapere che il Signore riconosce e riceve tutti quelli, di qualunque Terra essi siano, i quali riconoscono e adorano Dio sotto la forma umana, poiché Dio sotto la forma umana è il Signore: e siccome il Signore appare agli abitanti delle Terre nella forma angelica, che è la forma umana, perciò, quando gli spiriti e gli angeli di quelle Terre odono dire dagli spiriti e dagli angeli della nostra Terra che Dio è in attualità Uomo, essi ricevono questa Parola, la riconoscono e si rallegrano che sia così.

122. Ai motivi che sono stati addotti si aggiunge questo, che gli abitanti e gli spiriti della nostra Terra hanno relazione, nel Grandissimo Uomo, col Senso naturale e esterno. Ora il senso naturale e esterno è l’ultimo, nel quale si terminano gl’interiori della vita, e nel quale si riposano come nel loro comune. La stessa cosa è del Vero Divino nella lettera, che chiamasi la Parola, la quale per cotesto motivo è stata data sulla nostra Terra, e non sopra un’altra[55]: e siccome il Signore è la Parola, e n’è il Primo e l’Ultimo, Egli ha voluto anche per questo — affinché tutte le cose esistessero secondo l’ordine — nascere sulla nostra Terra e divenire la Parola, secondo queste espressioni in Gio­vanni: «Nel principio era la Parola, e la Parola era appo Dio, e la Parola era Dio. Essa era nel principio appo Dio. Per essa sono state fatte tutte le cose, e senza Essa nulla fu fatto di ciò che è stato fatto. E la Parola si è fatta carne, ed è abitata fra noi, e noi abbiamo veduto la sua gloria, gloria come dell’Unigenito dal Padre. Nessuno ha mai veduto Dio, l’Unigenito Figliuolo che è nel seno del Padre, egli l’ha manifestato.» — I, 1, 2, 3, 14, 18. — La Parola è il Signore in quanto al Divino Vero, così il Di­vino Vero procedente dal Signore[56]. Ma questo è un arcano che cade solamente nell’intelletto di pochi.

 

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9. LE TERRE NEL CIELO STELLATO

 

123. Coloro che sono nel Cielo possono parlare e conversare non solo cogli angeli e gli spiriti che provengono dalle Terre di questo mondo solare, ma anche con quelli che provengono dalle Terre fuori di questo mondo, nell’Universo; e non solo cogli spi­riti e gli angeli di dette Terre, ma eziandio cogli stessi abitanti; tuttavia però con quelli solamente i cui interiori, sono aperti, affinché possano udire coloro che dal Cielo parlano ad essi. Un simile potere, mentre vive nel mondo, ha l’uomo a cui sia dato dal Signore di parlare cogli spiriti e gli angeli, imperocché l’uomo è uno spirito in quanto ai suoi interiori; il corpo che porta intorno di sé nel mondo, non gli serve che per le sue funzioni in questa sfera naturale o terrestre, che è l’ultima. Tuttavia di parlare con gli angeli e gli spiriti come spirito non è dato fuorché a colui che è tale, che può essere consociato agli angeli in quanto alla fede e all’amore; e non si può essere consociato a meno che la fede e l’amore non siano nel Signore; imperocché l’uomo è congiunto al Signore per la fede e l’amore in Lui, cioè, per i veri della dot­trina e per i beni della vita procedenti dal Signore; e quando è congiunto, egli è al sicuro da ogni assalto dei cattivi spiriti che vengono dall’inferno: presso gli altri gl’interiori non possono essere aperti fino a questo punto, perché essi non sono nel Signore. Egli è per questa ragione che oggidì vi sono pochi uomini a cui sia dato di parlare e conversare cogli angeli; della qual cosa un in­dizio manifesto si ha in ciò, che oggidì appena si crede che vi siano spiriti e angeli, e ancora meno si crede che ve ne siano presso ciascun uomo, e che per mezzo di essi l’uomo abbia un legame col Cielo, e per il Cielo col Signore; tanto meno poi si crede che l’uomo, allorché muore in quanto al corpo, viva spirito anche in forma umana, come prima.

124. Siccome oggidì nella Chiesa presso molti non c’è nessuna fede nella vita dopo la morte, e si crede appena nel Cielo e nel Signore come Dio del cielo e della terra, perciò gl’interiori appar­tenenti al mio spirito sono stati aperti dal Signore, perché potessi, mentre sono nel corpo, essere in pari tempo cogli angeli nel Cielo, e non solo parlare con essi, ma anche vedervi delle cose stupende e descriverle, affinché poi non si dica ancora: Chi è venuto dal Cielo a noi e ne ha narrato che esiste, e quel che c’è? Ma io so che coloro, che precedentemente hanno negato di cuore il Cielo e l’inferno e la vita dopo la morte, si ostineranno ancora contro le cose che io descrivo, e le negheranno; perocchè è più facile di rendere bianco un corvo che fare che coloro, che di cuore hanno precedentemente rigettato la fede, credano; e ciò perché essi pensano sempre su tali cose dal principio negativo, e non dal prin­cipio affermativo. Non pertanto, tutto quel che ho detto sin qui intorno agli angeli e agli spiriti, e quel che dirò in seguito, valga per quei pochi che sono nella fede. Ma affinché anche gli altri siano condotti a qualche riconoscenza di queste verità, mi è stato concesso di riferire delle cose che dilettano e allettano l’uomo de­sideroso di sapere: quelle che ora saranno riferite, riguarderanno le Terre nel Cielo stellato.

125. Chi non conosce gli arcani del Cielo, non può credere che un uomo possa vedere Terre così lontane, e raccontarne qualcosa dietro l’esperienza dei suoi sensi. Ma costui sappia che gli spazi e le distanze, e quindi le progressioni che esistono nel mondo naturale, sono, nella loro origine e prima causa, mutazioni di stato degli interiori; che presso gli angeli e gli spiriti tali spazi, distanze e progressioni appaiono secondo queste mutazioni di stato[57]; e che così gli angeli e gli spiriti possono, mediante queste mutazioni, essere trasportati apparentemente da un luogo ad un altro, e da una Terra ad un’altra, anche alle Terre che sono all’estremità dell’Universo. La stessa cosa è anche dell’uomo in quanto al suo spirito, il suo corpo rimanendo, ciò nondimeno, nel suo posto. Così è stato con me, dacché, mercé la Divina Misericordia del Signore, mi è stato dato di conversare con gli spiriti come spi­rito, e in pari tempo con gli uomini come uomo. Che un uomo possa essere trasportato in quanto allo spirito, l’uomo sensuale non può capirlo, giacchè questi è nello spazio e nel tempo, e mi­sura le sue progressioni secondo lo spazio e il tempo.

126. Che vi siano più mondi, questo può essere evidente ad ognuno da tanti astri che appaiono nell’Universo; ed egli è noto nel mondo erudito che ogni astro è nel suo posto come un Sole per il fatto che vi sta fisso come il Sole della nostra Terra sta fisso nel suo[58]; e la distanza fa sì che esso appare in una piccola forma come una stella. In conseguenza, simile al Sole del nostro mondo, ogni astro ha intorno di sé dei pianeti, che sono Terre; e se questi pianeti non appaiono dinanzi ai nostri occhi, si è a cagione della loro immensa distanza, non potendo la luce, prove­niente solamente dalla loro stella, essere di nuovo riflessa sino a noi. A che altrimenti servirebbe un cielo sì grande e con tanti astri? Difatti, il fine della creazione dell’Universo è l’uomo, perché dell’uomo si formi il Cielo angelico. Che cosa sarebbe un Genere umano e quindi un Cielo angelico proveniente da una sola Terra per il Creatore Infinito, per il quale non sarebbero abbastanza migliaia, anzi miriadi di Terre? È stato fatto il calcolo che se vi fossero nell’Universo un milione di Terre, e sopra ciascuna Terra trecento milioni d’uomini, e duecento generazioni in seimila anni, e si desse ad ogni uomo o ad ogni spirito uno spazio di tre braccia cube, questo numero sì grande di uomini o di spiriti riuniti in un sol totale non empirebbero, ad onta di ciò, lo spazio della millesima parte di questa Terra, così forse non lo spazio d’un sa­tellite intorno al pianeta Giove o Saturno, spazio che nell’Universo sarebbe d’una piccolezza quasi impercettibile, perocché un satellite non è visibile a occhio nudo. Che cosa sarebbe mai questo per il Creatore dell’Universo, per il quale, se tutto l’Universo fosse pieno, non sarebbe abbastanza, perciocché Egli è infinito? Intorno a questo soggetto ho parlato con gli angeli, i quali dissero che essi avevano una simile idea della paucità del Genere umano re­lativamente all’infinità del Creatore; ma che però essi non vi pensano dagli spazi, ma dagli stati; e che, secondo le loro idee, le Terre portate ad un numerò di tante miriadi, quante mai se ne potessero immaginare, sarebbero ciò nondimeno proprio un nulla rispetto al Signore. Ma in quel che ora seguirà io dirò delle Terre nel Cielo stellato dietro la stessa esperienza; quindi si vedrà anche in qual modo io vi fui trasportato in quanto al mio spirito, rima­nendo il mio corpo nel suo luogo.

 

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10. D’UNA “PRIMA TERRA” NEL CIELO STELLATO
DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

SECONDO QUEL CHE È STATO UDITO E VEDUTO

 

127. Fui condotto dal Signore per mezzo degli angeli ad una Terra nel Cielo stellato, dove mi fu dato di riguardare su quella stessa Terra, e di parlare non con gli abitanti di essa, ma con gli spiriti che ne provenivano. Tutti gli abitanti o gli uomini di ciascuna Terra, dopo trascorsa la loro vita nel mondo, divengono spiriti, e rimangono presso alla loro Terra. Da essi, pertanto, si può avere informazione sulla loro Terra e sullo stato di coloro che l’abitano; conciossiachè gli uomini che si separano dal corpo portino con sé tutta la loro vita anteriore e tutta la loro memoria[59]. Essere condotto alle Terre nell’Universo non è mica esservi condotto e trasportato in quanto al corpo, ma in quanto allo spi­rito; e lo spirito è condotto per variazioni di stato della vita in­teriore, che gli appaiono come progressioni a traverso gli spazi[60]. Gli avvicinamenti si fanno anche secondo le convenienze o le somiglianze; imperocché la convenienza o la somiglianza della vita congiunge, e la disconvenienza o la dissimiglianza disgiunge. Indi si può vedere come si fa la traslazione in quanto allo spirito e il suo avvicinamento ai luoghi lontani, rimanendo tuttavia l’uomo nel suo luogo. Ma condurre lo spirito per variazioni di stato dei suoi interiori fuori del suo globo, e fare che le variazioni progrediscano successivamente, sino ad uno stato conveniente o simile allo stato di coloro presso i quali è condotto, è nella potenza del Signore solo; avvenga che bisogna che vi sia una direzione continua, e una previsione dal primo all’ultimo, in qua e in dietro; sopra tutto affinché questo sia fatto con l’uomo, che in quanto al corpo è ancora nella natura del mondo, e per questo nello spazio. Che ciò sia fatto così, coloro che sono nei sensuali corporei e pen­sano secondo quei sensuali, non possono essere indotti a crederlo, per la ragione che i sensuali corporei non possono capire le pro­gressioni senza spazi. Tuttavia però, coloro che pensano secondo il sensuale del loro spirito alquanto allontanato o ritirato dal sen­suale del corpo, così internamente in sé, possono essere indotti a crederlo e capirlo, perché nell’idea del pensiero interiore non c’è spazio né tempo, ma in loro vece ci sono tali cose, da cui risul­tano gli spazi e i tempi. Si è dunque per questi che vengono date le notizie che seguono intorno alle Terre nel Cielo stellato, e non per gli altri, eccetto che non siano tali da lasciarsi istruire.

128. Nello stato di veglia fui, in quanto allo spirito, condotto dal Signore per mezzo degli angeli ad una Terra nell’Universo, accompagnato da alcuni spiriti della nostra Terrà. La progres­sione si faceva verso la destra, e durava due ore. Presso alla fine del mondo del nostro Sole apparve prima una nuvola biancastra, ma densa, e dopo quella nuvola un fumo igneo, che si alzava da un grande abisso. Era un’immensa voragine, separante da quella parte il nostro mondo solare da alcuni mondi del Cielo sidereo. Quel fumo igneo apparve, ad una distanza assai grande. Io era portato a traverso quel mezzo. E allora apparvero di sotto, in quell’abisso o voragine, moltissimi uomini, i quali erano spiriti; conciossiachè tutti gli spiriti appariscano in forma umana, e siano in attualità uomini. Io gli udii anche parlare fra di loro, ma non mi fu dato sapere dove e quali fossero. Uno di essi, però, mi disse che erano guardie, acciocchè gli spiriti non passino da questo mondo in qualche altro mondo dell’universo, senza averne avuto il permesso. Ebbi anche una conferma che era così; perciocchè alcuni spiriti che erano della comitiva, ai quali non era stato permesso di passare avanti, essendo arrivati a quel grande intervallo, si misero a gridare fortemente che perivano. Erano essi, infatti, come coloro che, essendo in agonia, lottano con la morte; laonde essi rimasero da quella parte della voragine, e non pote­rono essere trasportati più oltre; perciocchè il fumo igneo esalato dalla voragine li invadeva e torturava in quel modo.

129. Dopo che fui trasportato a traverso quel grande abisso, pervenni finalmente ad un luogo, in cui mi fermai; e allora mi ap­parvero d’in alto alcuni spiriti coi quali mi fu dato di parlare. Dalla loro favella e dal loro modo di percepire le cose ed esporle, io vidi chiaramente che essi erano di un’altra Terra, imperocché differivano interamente dagli spiriti del mondo del nostro Sole. Anch’essi scorgevano dal mio linguaggio che io era di lontano.

130. Dopo aver parlato per un poco di tempo intorno a varie cose, io domandai qual Dio essi adoravano. Risposero che adora­vano un angelo che appare loro come un Uomo Divino, poi­ché rifulge di luce; e che questo angelo li istruisce e fa che co­noscano quel che debbono fare. Mi dissero inoltre che essi sape­vano che il grandissimo Iddio è nel Sole del Cielo angelico, e che Egli appare al loro angelo, ma non ad essi; e che Egli è troppo grande perché osino adorarlo. L’angelo che essi adora­vano era una Società angelica, a cui era stato dato dal Signore di governarli e insegnar loro la via del giusto e del retto; perciò essi ricevono la luce da una certa fiamma che appare nella forma di una facella[61] assai ignea e gialla. Questo proviene da che essi non adorano il Signore; quindi essi non ricevono la luce dal Sole del Cielo angelico, ma da una Società angelica; infatti una So­cietà angelica, quando il Signore lo permette, può presentare una tale luce agli spiriti che sono in una regione inferiore. Io vidi anche quella Società angelica: essa era in alto, al di sopra di essi; ed io vidi ancora quel non so che d’infiammato, donde proveniva la luce.

131. Del resto essi erano modesti, un poco semplici, ma non­dimeno pensavano abbastanza bene. Dalla luce appo essi io potei inferire qual era il loro intellettuale, perciocché l’intelletto è se­condo la ricezione della luce che è nei Cieli; stantechè il Divino Vero, procedente dal Signore come Sole, è quello che vi luce, e dà agli angeli non solo di vedere, ma anche di comprendere[62].

132. Fui istruito che gli abitanti e gli spiriti di quella Terra hanno, nel Grandissimo Uomo, relazione con qualcosa nella Milza. Di ciò io ebbi la conferma per un influsso nella milza, mentre essi parlavano con me.

133. Io li interrogai sul Sole del loro mondo che illumina la loro Terra. Risposero che appare loro infiammato; e quando io rappresentai la grandezza del Sole della nostra Terra, essi dissero che il loro è più piccolo; infatti il Sole che essi hanno è ai no­stri occhi una stella; ed io udii dagli angeli che era una stella tra le più piccole. Quegli spiriti mi dissero ancora che dalla loro Terra si vede anche il cielo stellato, e che verso l’occidente appare loro una stella più grande delle altre. Mi fu detto dal Cielo che quella stella è il nostro Sole.

134. Poi la vista mi fu aperta in modo che potei riguardare un poco sulla stessa loro Terra; ed io vi vidi parecchi prati e boschi con alberi fogliosi, e inoltre delle pecore lanute. Vidi po­scia alcuni abitanti che erano di bassa condizione, vestiti a un di presso come i contadini in Europa. Vidi anche un uomo con sua moglie: questa mi parve di una bella statura e d’un contegno de­cente; l’uomo similmente. Ma, quel che mi sorprese, egli cammi­nava con un’aria di grandezza e con un passo quasi fastoso; la moglie, invece, aveva un andare umile. Mi fu detto dagli angeli che tali sono i costumi in quella Terra, e che gli uomini che sono tali, sono amati, perché, malgrado ciò, sono buoni. Mi fu detto ancora che loro non è permesso di avere più mogli, perché que­sto è contro le leggi. La donna che io aveva veduta, aveva da­vanti il petto un ampio vestito, dietro il quale poteva nascondersi. Esso era fatto in guisa che ella poteva introdurvi le braccia, co­prirsene, e cosi andare. Poteva essere rialzato in quanto alla parte inferiore, e quando era rialzato e attaccato al corpo, pareva come quell’indumento che alcune donne della nostra Terra sogliono met­tersi sul petto. Ma esso serviva anche di vestimento all’uomo. Io vidi, infatti, che egli lo prendeva dalla donna e se lo metteva ad­dosso; egli scioglieva la parte inferiore, che per conseguenza ca­deva allora sino ai piedi come una toga, e camminava così vestito. Quel che io vidi sopra quella Terra, lo vidi non cogli occhi del mio corpo, ma con gli occhi del mio spirito, e lo spirito può ve­dere le cose che sono sopra una Terra, quando è permesso dal Signore.

135. Siccome so che si dubiterà che sia mai possibile che un uomo possa cogli occhi del suo spirito vedere alcuna cosa in una Terra tanto distante, convien dire come la cosa è Le distanze nell’altra vita non sono come le distanze sulla Terra; nell’altra vita le distanze esistono addirittura secondo gli stati degli inte­riori di ciascuno. Coloro che sono in uno stato simile, sono insieme in una medesima società e in un medesimo luogo. Là tutto quel che è presente, lo è per la somiglianza dello stato, e tutto quel che è distante, lo è per la sua dissomiglianza. Indi proveniva che io era presso quella Terra, allorché fui condotto dal Signore in uno stato simile allo stato degli spiriti e degli abitanti di essa, e che, essendo allora presente, io parlava con essi. Indi è evidente che le Terre nel Mondo spirituale non sono distanti come nel Mondo naturale, ma lo sono soltanto in apparenza, secondo gli stati della vita degli abitanti o degli spiriti che vi dimorano. Lo stato della vita è lo stato delle affezioni in quanto all’amore e alla fede. Che lo spirito, o, quel che torna il medesimo, l’uomo in quanto allo spirito possa vedere le cose che sono sopra una Terra, bisogna pure spiegare come questo avviene. Gli spiriti non possono, e neppure gli angeli, vedere con la loro vista nulla di quel che è nel mondo; conciossiachè per essi la luce del mondo, o la luce solare, sia come una densa oscurità. Parimenti, l’uomo con la vista del suo corpo neppure può vedere nulla di quel che è nell’altra vita, perciocché per luì la luce del Cielo è come una densa oscurità. Tuttavia però gli spiriti e gli angeli, quando piace al Signore, possono vedere per gli occhi d’un uomo le cose che sono nel mondo. Ma questo il Signore non lo permette in altri uomini, all’infuori di quelli cui Egli concede di parlare con gli spi­riti e gli angeli, ed essere in pari tempo insieme con essi. Per i miei occhi è stato dato loro di vedere, e così chiaramente che le vedo io stesso, le cose che sono nel mondo, ed anche di udire gli uomini che parlavano con me. È avvenuto alcune volte che per me alcuni di essi hanno veduto in loro presenza, del tutto come prima del loro decesso, gli amici che avevano avuto nella vita del corpo, ed essi ne rimasero stupefatti. Essi videro anche i loro coniugi e i loro figli, e volevano che io dicessi a questi che essi erano presenti e li vedevano, e che io raccontassi loro lo stato in cui essi erano nell’altra vita. Ma dire e rivelare che essi erano veduti in siffatta guisa, mi era vietato, anche per la ragione che quei parenti avrebbero detto che io farneticava, o avrebbero pensato che era un delirio della fantasia; poiché io sapeva benissimo che, sebbene essi dicessero con la bocca che gli spiriti esistono, che i morti sono risuscitati e sono fra gli spiriti, e che possono vedere e udire per mezzo dell’uomo, pur tuttavia nel loro cuore non lo credevano. Quando per la prima volta la mia vista interiore fu aperta, e coloro che sono nell’altra vita videro per i miei occhi il mondo e le cose che vi erano, ne furono tanto stu­pefatti, che dicevano che questo era il miracolo dei miracoli. Ed essi furono affetti d’una novella gioia, che vi fosse così una co­municazione della Terra col Cielo, e del Cielo con la Terra. Que­sta gioia durò alcuni mesi; ma ciò essendo poi divenuto loro fami­gliare, ora non ne sono più meravigliati. Sono stato informato che gli spiriti e gli angeli presso gli altri uomini non vedono niente di quel che è nel mondo, ma solamente percepiscono i pensieri e le affezioni di coloro presso i quali sono. Da tutto ciò ho potuto inferire che l’uomo è stato creato in guisa che, vivendo nel mondo fra gli uomini, egli vivesse in pari tempo anche nel Cielo fra gli angeli, e viceversa, di modo che il Cielo e il Mondo presso l’uomo fossero insieme e facessero uno, e gli uomini sapessero quel che è nel Cielo, e gli angeli quel che è nel Mondo; e gli uomini, mo­rendo, passassero così dal regno del Signore sulle Terre nel regno del Signore nei Cieli, non come in un altro regno, ma come nel medesimo, dove eziandio essi furono, quando vivevano nel corpo. Ma siccome l’uomo è divenuto tanto corporeo, egli ha chiuso il Cielo a se stesso.

136. In ultimo io parlai cogli spiriti oriundi da quella Terra intorno a varie cose della nostra Terra, principalmente che vi sono qui delle scienze che non sono altrove, come l’Astronomia, la Geo­metria, la Meccanica, la Fisica, la Chimica, la Medicina, l’Ottica, la Filosofia, ed inoltre le Arti, che non sono conosciute altrove, come quelle di costruire delle navi, fondere dei metalli, scrivere sulla carta e pubblicare per la stampa quel che è stato scritto, e così comunicarlo agli altri sulla Terra, ed anche di conservarlo migliaia di anni nella posterità; e che così è stato con la Parola data dal Signore, e che perciò sulla nostra Terra la rivelazione rimane costantemente.

137. Finalmente mi fu mostrato l’inferno di coloro che proven­gono da quella Terra. Quelli che io vi vidi, mi misero grandis­simo terrore. Io non oso descrivere le loro facce mostruose. Vi vidi anche delle maghe, che esercitavano arti abominevoli: esse apparivano vestite di verde, e il loro aspetto metteva orrore.

 

 

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11. D’UNA “SECONDA TERRA” NEL CIELO STELLATO

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

138. Fui poscia condotto dal Signore ad una Terra dell’Uni­verso, la quale era più lontana dalla nostra Terra che la prima, di cui si è ora parlato. Che fosse più lontana, fu per me evidente da che ci vollero due giorni per esservi condotto in quanto al mio spi­rito. Quella Terra era a sinistra, e la prima era a destra. Poiché la lontananza nel Mondo spirituale non proviene dalla distanza del luogo, ma dalla differenza dello stato, come si è detto più sopra, perciò dalla durata della progressione colà, che fu di due giorni, io potei inferire che lo stato degli interiori appo gli spiriti di quella Terra — il quale stato è quello delle affezioni e dei pensieri — differiva tanto dallo stato degl’interiori appo gli spiriti della nostra Terra. Siccome io vi fui condotto in quanto allo spi­rito, mediante mutazioni dello stato degl’interiori, mi fu dato di osservare quelle mutazioni successive, prima di arrivarvi. Questo ebbe luogo mentre io era desto.

139. Quando vi fui giunto, io non vidi la Terra, ma vidi gli spiriti di quella Terra; perocché, come si è già detto, gli spiriti di ciascuna Terra appaiono intorno alla loro Terra, per la ra­gione che sono d’un genio simile a quello degli abitanti, giacché sono dei loro, e affinché siano loro utili. Quegli spiriti io li vidi affatto in alto, al di sopra della testa, e di là essi scorsero me che arrivava. Bisogna sapere che nell’altra vita coloro che stanno in alto possono vedere quelli che sono di sotto; che quanto più essi sono in alto, tanto più il campo della loro vista si estende; e che non solo possono vedere quelli che sono di sotto, ma anche parlare con essi. Di lassù quegli spiriti osservavano che io non era della loro Terra, ma di qualche altro luogo lontano; laonde di lassù mi parlarono, facendomi varie domande, alle quali mi fu anche dato di rispondere. E fra le altre cose dichiarai loro di qual Terra io fossi, e qual era questa Terra; e poscia parlai loro delle Terre nel nostro mondo solare, ed inoltre ancora degli spiriti della terra o pianeta Mercurio, come essi vadano vagando in parecchie Terre, onde acquistarvi delle cognizioni intorno a va­rie cose. Quando udirono ciò, dissero che anch’essi li avevano veduti presso di loro.

140. Mi fu detto dagli angeli della nostra Terra che gli abitanti e gli spiriti di quella Terra hanno relazione, nel Grandissimo Uomo, con l’Acutezza della vista, e che perciò essi appaiono in alto, e che sono anche dotati d’una vista molto acuta. Poiché essi avevano una tale relazione, e poiché vedevano chiaramente quel che era sotto di loro, io li paragonai, nella conversazione, alle aquile, che volano in alto ed hanno una vista acuta ed estesa. Ma essi ne furono indignati, pensando che io li credessi simili alle aquile in quanto alla rapina, e così che fossero malvagi. Ma io risposi che non li assomigliava alle aquile in quanto alla rapina, ma in quanto all’acutezza della vista.

141. Io domandai loro qual Dio essi adoravano, Risposero che adoravano Dio visibile ed invisibile: Dio visibile sotto la forma umana, e Dio invisibile sotto veruna forma. Ed io capii dai loro discorsi, e altresì dalle idee del loro pensiero, che mi erano co­municate, che Dio visibile era lo stesso nostro Signore; ed essi inoltre lo chiamavano Signore. Mi fu dato di rispondere loro che anche sulla nostra Terra si adora Dio invisibile e visibile, e che Dio invisibile è chiamato Padre, e Dio visibile Signore; ma che l’uno e l’altro sono un solo, come il Signore stesso ha insegnato, dicendo che nessuno ha mai veduto la faccia del Padre, ma che il Padre ed Esso sono uno, e che chi vede Lui, vede il Padre; e che il Padre è in Esso, ed Esso nel Padre; conseguentemente che l’uno e l’altro Divino è in una sola Persona. Che siano quelle le parole del Signore stesso, si vede in Giovanni, V. 37; X. 30, XIV. 7, 9, 10, 11.

142. Poi vidi altri spiriti di quella medesima Terra, che appar­vero in un luogo di sotto dei primi. Conversai anche con essi, ma essi erano idolatri; infatti adoravano un idolo di pietra simile ad un uomo, ma non ad un uomo bello. Bisogna sapere che tutti coloro che vengono nell’altra vita, da principio hanno un culto simile al loro culto nel mondo; ma ne sono successivamente distolti. Egli è così, perché ogni culto rimane impiantato nella vita inte­riore dell’uomo, dalla quale non può essere rimosso e sradicato che successivamente. Quando io vidi quell’idolo, mi fu dato di dir loro che non si deve adorare quel che è morto, ma quel che è vivo. Mi risposero che essi sapevano che Dio vive, e non la pie­tra; ma che essi pensavano a Dio vivente, quando guardavano quella pietra simile ad un uomo, e che altrimenti le idee del loro pensiero non possono essere fisse e determinate in un Dio invisi­bile. Allora mi fu dato di replicare che le idee del pensiero pos­sono essere fisse e determinate in un Dio invisibile, quando lo sono nel Signore, che è Dio visibile nel pensiero sotto una forma umana; e che così l’uomo può essere congiunto a Dio invisibile col pensiero e l’affezione, per conseguenza con la fede e l’amore, quando è congiunto al Signore, ma non altrimenti.

143. Domandai agli spiriti, che io vedeva in alto, se nella loro Terra gli abitanti vivono sotto governi di principi o di re. Mi ri­sposero che non sapevano che cosa fossero i governi, e che essi vivono sotto se stessi, distinti in nazioni, famiglie e case. Do­mandai se così essi sono sicuri. Mi dissero che sono sicuri, poi­ché una famiglia non invidia niente ad un’altra, e non vuol to­glierle nulla. Erano indignati perché si facevano loro tali domande, come se si fossero sospettati di ostilità, o di avere bisogno di protezione contro dei briganti. «Di che altro fa d’uopo (essi dice­vano) fuorché di avere vitto e vestito, e abitare così sotto se stessi contenti e tranquilli?»

144. Avendoli poi interrogati circa la loro Terra, essi mi rispo­sero che vi sono prati, giardini coperti di fiori, boschi pieni di alberi fruttiferi, ed altresì laghi popolati di pesci, uccelli dai colori azzurri con delle penne dorate, e animali grandi e piccoli. Tra i piccoli ne mentovarono di quelli, che avevano il dorso elevato a somiglianza dei cammelli nella nostra Terra. Però aggiunsero che essi non mangiano della loro carne, ma solamente della carne dei pesci, ed inoltre dei frutti degli alberi e dei legumi della terra. Mi dissero ancora che essi non abitano in case fabbricate, ma nei boschi, dove si formano dei tetti tra le fronde per ripararsi dalla pioggia e dall’ardore del Sole.

145. Gli interrogai sul loro Sole, che agli occhi degli abitanti della nostra Terra è una stella. Mi dissero che a loro appare igneo, non più grande alla vista che la testa d’un uomo. Mi fu detto dagli angeli che la stella che essi hanno per Sole, era delle più piccole, non molto lontana dall’equatore del Cielo.

146. Vidi degli spiriti che erano simili, a quel che erano stati, quando vivevano uomini sulla loro Terra. Avevano la faccia non dissomigliante da quella degli uomini della nostra Terra, eccet­tuato che loro occhi erano piccoli, e parimenti, il loro naso. Sic­come questo mi sembrava alquanto deforme, essi mi dissero che avere dei piccoli occhi e un piccolo naso era per loro una bel­lezza. Vidi una donna vestita con una veste sulla quale c’erano delle rose a varii colori. Io domandai come su quella Terra si procurano i vestimenti. Mi risposero che traggono da certe erbe dei filamenti, di cui fanno dei fili, e che subitamente poi doppiano il filo in due o in tre, l’umettano con un’acqua glutinosa, e così gli danno la consistenza; quindi essi colorano quella tela con suc­chi di erbe. Essi mi mostrarono ancora come preparano i fili. Le filatrici stanno sedute sopra un seggio col dorso piegato, e tor­cono i fili con le dita dei piedi, e quando sono torti, li tirano a sé e li stringono con le mani.

147. Mi dissero ancora che sopra quella Terra un marito ha una sola moglie e non parecchie, e che procreano da dieci a quindici figliuoli. Aggiunsero che vi si trovano anche delle prostitute, ma che dopo la vita del corpo, quando divengono spiriti, esse sono maghe, e sono gettate nell’inferno.

 

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12. D’UNA “TERZA TERRA” NEL CIELO STELLATO

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

148. Apparvero da lontano alcuni spiriti, i quali non volevano avvicinarsi. La causa era perché essi non potevano essere insieme con gli spiriti della nostra Terra, che erano allora intorno di me; indi io percepii che essi erano d’un’altra Terra; e poi mi fu detto che erano d’una certa Terra nell’Universo; ma dove sia quella Terra, non mi fu indicato. Quegli spiriti non volevano in nessun modo pensare al loro corpo, neppure ad alcuna cosa corporea e materiale, diversamente dagli spiriti della nostra Terra: era per questo che non volevano avvicinarsi. Pur nondimeno, dopo che alcuni spiriti della nostra Terra si furono allontanati, essi vennero più da vicino e mi parlarono. Ma allora io sentii un’ansietà, che proveniva dalla collisione delle sfere; conciossiachè tutti gli spiriti e tutte le società degli spiriti siano circondati da sfere spirituali[63]; e poiché quelle sfere emanano dalla vita delle affezioni e quindi dei pensieri, perciò là dove sono affezioni contrarie, c’è collisione e quindi ansietà. Gli spiriti della nostra Terra dicevano che neppure osano avvicinarsi a quegli spiriti, perché quando si avvicinano, non solo sono presi da ansietà, ma anche sembra loro di avere le mani e i piedi legati con serpenti, da cui non possono svincolarsi prima che non si sono allontanati. Che sembri così, trae la sua ragione dalla corrispondenza, perciocchè gli spiriti della nostra Terra hanno relazione, nel Grandissimo Uomo, col Senso esterno, così col sensuale corporeo, e questo sensuale è rappresen­tato nell’altra vita per i serpenti[64].

149. Siccome gli spiriti di quella Terra sono tali, perciò essi appaiono agli occhi degli altri spiriti non, come gli altri, in una distinta forma umana, ma come una nuvola nerastra, sulla quale è sparso del bianco umano. Ma essi dicevano che dentro sono bianchi, e che quando divengono angeli, quel nerastro si converte in un bel ceruleo; ciò che ancora mi fu mostrato. Io domandai se, quando vissero uomini nel mondo, essi avevano avuto una tale idea del loro corpo. Mi risposero che gli uomini della loro Terra non fanno alcun caso del loro corpo, e prendono cura so­lamente dello spirito che è nel corpo, perché sanno che esso deve vivere eternamente, e che il corpo deve perire. Essi dissero anche che sulla loro Terra parecchi credono che lo spirito del loro corpo esistesse ab aeterno, e fosse poi infuso nel corpo, quando furono concepiti. Ma aggiunsero che ora essi sanno che non è così, e che si pentono perfino d’essere stati in una sì falsa opinione.

150. Siccome io domandai loro se non volevano vedere qualcosa sulla nostra Terra, dicendo che ciò era possibile per mezzo dei miei occhi (vedasi più sopra, n.° 135), essi dapprima risposero che non potevano, e poi che non volevano, perché le cose che vedrebbero non sarebbero altro che oggetti terrestri e materiali, da cui allontanano per quanto possono i loro pensieri. Ma non­dimeno furono rappresentati dinanzi ad essi dei palazzi magnifici, simili a quelli che posseggono i re e i principi sulla nostra Terra (cosicché tali oggetti possono essere rappresentati dinanzi agli spiriti, e quando sono rappresentati, appaiono addirittura come se esistessero); ma gli spiriti di quella Terra non ne facevano nessun conto: essi li chiamavano simulacri di marmo. E allora mi rac­contarono che presso di loro ve ne sono di più magnifici, e che essi sono i loro edifici sacri, costruiti non di pietra, ma di legno. Quando io dissi loro che quegli edifici, non pertanto, erano ter­restri, essi risposero che erano celesti e non terrestri, perché quando li guardano, hanno un’idea celeste e non terrestre, essendo nella fede che essi ne vedranno ancora dei simili nel Cielo, dopo la morte.

151. Allora essi rappresentarono i loro edifici sacri dinanzi agli spiriti della nostra Terra, che dichiararono di non averne veduti di più magnifici; e siccome anche io li vidi, così posso descriverli. Erano costruiti di alberi non tagliati, ma crescenti nel loro suolo nativo. Quegli spiriti mi dissero che su quella Terra gli alberi erano d’una estensione e d’un’altezza sorprendenti. Sin dai principii essi li dispongono in ordine per formarne dei portici e delle gallerie. A tal fine aggiustano i rami mentre sono teneri, e li preparano con tagli e incisioni, affinché, crescendo, s’intreccino e si uniscano per il suolo e il pavimento dell’edificio da costruire, e si elevino ai lati per formare le pareti, e in alto si pieghino in arco per fare il tetto. Quindi costruiscono con un’arte ammirabile un edificio molto elevato al disopra della terra, in cui preparano anche una salita, stendendo dei lunghi rami di alberi e legandoli solidamente. Di più, essi ornano quell’edificio di fuori e dentro in varie guise, disponendo le frondi in forme: così essi edificano dei boschi interi. Tuttavia non mi fu dato di vedere quale è l’interno di codesti edifici; solamente mi è stato detto che la luce del loro Sole vi sia introdotta mediante aperture fra i rami, e trasmessa qua e là per mezzo di cristalli, per i quali la luce intorno alle pareti è vaneggiata in colori quasi come quelli dell’arcobaleno, principalmente nei colori ceruleo e arancio, che loro piacciono più che tutti gli altri. Sono queste le loro opere di architettura, che essi preferiscono ai palazzi magnifici della nostra Terra.

152. Essi mi dissero poi che gli abitanti non dimorano in luoghi alti, ma sul suolo, in capanne basse, per la ragione che i luoghi alti sono per il Signore che è nel Cielo, e i luoghi bassi per gli uomini che sono sulla Terra. Anche le loro capanne mi furono mostrate: esse erano oblunghe; dentro, lungo le pareti, c’era un letto continuo, sul quale si coricano l’uno accanto all’altro. Nella parte opposta all’entrata vi era un luogo formato in tondo, con una tavola, e dietro la tavola un focolare che illuminava tutta quella stanza. In quel focolare non c’è un fuoco ardente, ma un legno luminoso, che da sé spande tanto chiarore, quanto la fiamma d’un focolare. Essi dissero che verso la sera quei legni appaiono come se vi fosse in essi un fuoco di carbone acceso.

153. Mi dissero che essi non vivono come società, ma come case per sé; che sono come società, quando si radunano per il culto, e che allora quelli che insegnano passeggiano sotto l’edificio, e gli altri nei portici ai lati; e che in quelle riunioni essi hanno delle gioie interiori per l’aspetto dell’edificio e per il culto che vi è celebrato.

154. Rispetto al Culto Divino mi dissero che essi riconoscono un Dio sotto forma umana, così nostro Signore; avvenga che tutti quelli che riconoscono il Dio dell’Universo sotto la forma umana, sono accetti e condotti da nostro Signore; gli altri non possono essere condotti, perché pensano senza una forma. Aggiunsero che gli abitanti della loro Terra sono istruiti sulle cose del Cielo me­diante un commercio immediato con gli angeli e gli spiriti, nel qual commercio più facilmente che gli altri possano essere intro­dotti dal Signore, perché essi rigettano dai loro pensieri e dalle loro affezioni le cose corporee. Io domandai quel che avviene a coloro tra essi che sono malvagi. Mi risposero che sulla loro Terra non è permesso di essere senza probità; ma che se alcuno, pensa male e agisce male, è ripreso da uno spirito che gli annunzia la morte, se persiste in quei mali; e che quando persiste, egli muore per deliquio; e che in questa guisa gli uomini di quella Terra sono preservati dal contagio dei cattivi. Fu mandato anche a me uno di tali spiriti, il quale parlò con me come con quei malvagi. Egli, di più, produsse nella regione del mio addome qualche do­lore, dicendo che faceva così con coloro che pensano male e agi­scono male, e ai quali annunzia la morte, se persistono. Quegli spiriti mi dissero che coloro che profanano le cose sante sono pu­niti rigorosamente; e che prima che arrivi lo spirito correttore, appare loro in visione una bocca di leone spalancata, d’un co­lore livido, che sembra come se volesse inghiottire la loro testa e strapparla dal corpo; indi sono presi da orrore: essi chiamano diavolo lo spirito correttore.

155. Siccome desideravano sapere in qual modo si fa la Rive­lazione sulla nostra Terra, io dissi loro che essa si fa mediante la scrittura e la predicazione secondo la Parola, e non per un commercio immediato con gli spiriti e gli angeli; e che la Scrittura può essere sparsa mercé la stampa, ed essere letta e compresa da tutti i ceti, e così la vita può essere emendata. Essi erano molto sorpresi che vi esista una tale arte, affatto ignota altrove; ma ca­pivano che sulla nostra Terra, dove si amano tanto le cose cor­poree e terrestri, i Divini non possono altrimente influire dal Cielo ed essere ricevuti, e che sarebbe pericoloso per gli abitanti di par­lare con gli angeli.

156. Gli spiriti di quella Terra appaiono in alto, nel piano della testa, verso la destra. Tutti gli spiriti sono distinti secondo la situazione rispettivamente al corpo umano, e ciò perché il Cielo intero corrisponde a tutte le cose che sono nell’uomo[65]. Questi spiriti si tengono in quel piano e a quella distanza, perché la loro corrispondenza non è con gli esterni nell’uomo, ma coi suoi interiori. La loro azione è nel ginocchio sinistro, di sopra e un poco disotto, con una certa vibrazione molto sensibile; il che è un segno che essi corrispondono alla Congiunzione dei naturali e dei celesti.

 

 

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13. D’UNA “QUARTA TERRA” NEL CIELO STELLATO

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

157. Fui condotto ad un’altra Terra che è nell’Universo, fuori del nostro Mondo solare; il che fu fatto per mutazioni di stato della mia mente, così in quanto al mio spirito; ciò perché, come si è già detto alcune volte, lo spirito non è altrimenti condotto da un luogo in un altro che per mutazioni di stato dei suoi interiori, le cui mutazioni gli appaiono addirittura come avanzamenti di luogo in luogo o come viaggi. Quelle mutazioni durarono senza interruzione per circa dieci ore, prima che io pervenissi dallo stato della mia vita allo stato della vita degli abitanti di quella Terra, così, prima che io vi fossi condotto in quanto al mio spirito. Io fui portato verso l’oriente, a sinistra, e mi sembrava di essere elevato adagio adagio dal piano orizzontale. Mi fu dato perfino di osservare distintamente la progressione e l’avanzamento dal primo luogo, fino a che, finalmente, i luoghi d’onde ero partito non apparvero più: e in quel frattempo io conversavo sopra vari soggetti con gli spiriti che erano in mia compagnia. C’era an­che con noi un certo spirito, che, mentre viveva nel mondo, era stato prelato e predicatore, e altresì scrittore molto patetico. Dal­l’idea di lui impressa in me, gli spiriti che mi accompagnavano lo credevano cristiano di cuore più che tutti gli altri; avvenga che nel mondo si formi un’idea e si giudica di un uomo dalla pre­dicazione e dagli scritti, e non dalla vita, se questa non è in evi­denza, e quando qualcosa della vita non concordante con la predicazione e gli scritti si manifesta, pur tuttavia si scusa; per­ciocché l’idea, ossia il pensiero e la percezione che si ha di qual­cuno, volge tutto a favore di se stessa.

158. Dopo avere osservato che io era in quanto al mio spirito nel Cielo stellato, lontano e molto al di là del mondo del nostro Sole — avvenne che questo poté essere osservato dalle muta­zioni di stato, e quindi dalla progressione apparente, che era du­rata quasi dieci ore — finalmente udii degli spiriti che conver­savano presso ad una Terra, che poi io li vidi anche. Quando mi fui avvicinato ad essi, dopo un breve colloquio, mi dissero che talvolta venivano degli stranieri che parlavano con essi su Dio, e confondevano le idee del loro pensiero. Essi mi mostrarono anche la via per la quale venivano; donde io capii che erano spiriti della nostra Terra. Allora io domandai in che li confon­devano. Risposero che si era per questo, che dicono che si deve credere in un Divino distinto in tre Persone, che nonostante chia­mano un solo Dio; e che quando esaminano l’idea dei pensieri di quegli spiriti, essa si presenta come un Trino non continuo, ma separato, e presso taluni come tre Persone parlanti fra di loro l’una all’altra, e presso altri come due che sono seduti l’uno ac­canto all’altro, e un terzo che li ascolta e se ne va lontano da essi; e che sebbene chiamino ciascuna Persona Dio, ed abbiano di ciascuna un’idea differente, essi, ciò nonostante, dicono che c’è un solo Dio. Si lagnarono molto che li confondono per ciò che pensano tre e dicono uno, quando tuttavia si deve pensare come si parla, e parlare come si pensa. Lo spirito, che nel mondo era stato prelato e predicatore, e che era ancora con me, fu allora esaminato quale idea aveva d’un solo Dio e di tre Persone. Egli rappresentò tre Dei, tuttavia però quei Tre come uno solo per continuità, e presentò questo Trino Uno come invisibile, perché Divino; e mentre lo presentava così, io percepii che allora egli pensava solamente al Padre, e non al Signore, e che la sua idea su Dio invisibile non era che come una idea sulla natura nei suoi primi; donde risultava che l’intimo della natura era stato per esso il suo Divino, e che così egli poteva facilmente essere condotto a riconoscere la natura per Dio. Bisogna sapere che nell’altra vita l’idea di ciascuno su qualunque cosa si presenta al vivo, e che per questo ciascuno è esaminato qual è il suo pensiero e la sua per­cezione sulle cose della fede; e che l’idea del pensiero su Dio è la principale di tutte, nonostante, per essa, se è genuina, si fa la congiunzione col Divino, e quindi col Cielo. Quegli spiriti fu­rono poi interrogati sull’idea che avevano di Dio. Risposero che essi non concepivano un Dio invisibile, ma un Dio visibile sotto forma umana; e che essi sanno questo non solo per una perce­zione interiore, ma anche perché Egli è apparso loro come Uomo; aggiungendo che se, secondo l’idea di alcuni stranieri, essi conce­pissero Dio come invisibile, così senza forma e qualità, non po­trebbero in nessun modo pensare a Dio, perché un tale invisibile non cade nell’idea del pensiero. Dopo udita questa risposta, mi fu dato di dire loro che facevano bene di pensare a Dio sotto forma umana, e che molti della nostra Terra pensano similmente, soprattutto quando pensano al Signore, e che gli antichi non pen­sarono altrimenti. Io parlai allora di Abraham, di Gedeon, di Manoa e sua moglie, e di quel che è riferito di essi nella nostra Parola, cioè, che essi videro Dio sotto una forma umana; e dopo averlo veduto, lo riconobbero per il Creatore dell’Universo, e lo chiamarono Jehovah, e questo ancora in virtù d’una percezione interiore; ma che oggidì quella percezione interiore è perita nel Mondo Cristiano, ed è rimasta solamente appo i semplici che sono nella fede.

159. Prima di questa conversazione, quegli spiriti avevano cre­duto che anche noi fossimo del numero di coloro, che volevano confonderli per l’idea di Tre rispetto a Dio; perciò, dopo avermi udito, se ne rallegrarono e dissero che Dio, che allora chiamarono Signore, ci aveva mandati per istruirli intorno a Lui; e che essi non volevano ricevere dei forestieri, che li turbano specialmente per tre Persone nella Divinità, poiché essi sapevano che Dio è un solo; che per conseguenza il Divino è uno, e non già un unanime composto di Tre, eccetto che non si voglia pensare di Dio come dell’angelo, in cui è l’intimo della vita, che è l’invisibile, in virtù del quale egli pensa ed è savio; l’esterno della vita, che è il vi­sibile sotto una forma umana, in virtù del quale egli vive ed agi­sce; e il procedente della vita, che è la sfera dell’amore e della fede emanante da lui; essendoché da ciascuno spirito e angelo procede una sfera di vita, dalla quale egli è conosciuto a distanza[66]. Che in quanto al Signore, il procedente della vita che emana da Lui, è lo stesso Divino che riempie i Cieli e li costitui­sce, perché esso procede dall’essere stesso della vita dell’Amore e della Fede. Essi dicevano che così, e non altrimenti, possono percepire il Trino e l’Uno insieme. Dopo che ebbi udito queste spiegazioni, mi fu dato di dire che una tale idea del Trino e dell’Uno insieme concorda con l’idea degli angeli sul Signore, e che essa emerge dalla stessa dottrina del Signore concernente Se stesso; perocché Egli insegna che il Padre ed Esso sono uno; che il Pa­dre è in Lui ed Egli nel Padre; che chi Lo vede, vede il Padre; che chi crede in Lui, crede nel Padre e conosce il Padre; che il Paracleto, che egli chiama Spirito di Verità ed anche Spirito Santo, procede da Lui, e non parla da se stesso, ma da Lui: ora per il Paracleto è inteso il Divino procedente. Di più, io dissi che l’idea del Trino e dell’Uno insieme concorda con l’essere e l’esistere della vita del Signore, quando Egli fu nel mondo. L’es­sere della vita era il Divino stesso, perocché egli fu conceputo da Jehovah; e Messere della vita di ciascuno viene da colui da cui egli è conceputo. L’esistere della vita procedente da quell’essere è l’Umano in una forma. L’essere della vita, che ogni uomo ha dal padre, è chiamato anima; e l’esistere della vita che quindi risulta, è chiamato corpo: l’anima e il corpo costituiscono un sol uomo. La somiglianza fra l’una e l’altro è come tra quel che è nello sforzo, e quel che è nell’atto che ne risulta; imperocché l’atto è lo sforzo agente, e così i due sono un solo. Lo sforzo nell’uomo si chiama volontà, e lo sforzo agente si chiama azione; il corpo è lo strumentale per il quale la volontà, che è il princi­pale, agisce; è lo strumentale e il principale nell’agire formano uno: parimenti, l’anima e il corpo. Tale è l’idea che gli angeli nel Cielo hanno dell’anima e del corpo; indi essi sanno che il Signore ha fatto Divino il suo Umano in virtù del Divino in Sé, che in Lui era l’anima proveniente dal Padre. Anche la fede, ricevuta ovunque nel Mondo Cristiano, non discorda con que­sto, imperocché essa insegna: «Benché Cristo sia Dio e Uomo, pur tuttavia non sono due, ma un sol Cristo; anzi è assoluta­mente uno e un’unica Persona; perciocché come il corpo e l’anima sono un sol uomo, così ancora Dio e l’Uomo sono un sol Cristo»[67]. Poiché vi fu una tale unione o un tale uno nel Signore, perciò Egli risuscitò non solo in quanto all’anima, ma anche in quanto al corpo, che glorificò nel mondo, ciò che non avviene ad alcun uomo. Della qual cosa Egli istruì anche i di­scepoli, dicendo: «Palpatemi e vedete, perciocché uno spirito non ha carne né ossa, come Mi vedete averne»[68]. Quegli spi­riti compresero bene ciò, avvenga che tali verità entrano nell’in­telletto degli spiriti angelici. Allora essi aggiunsero che al Signore solo appartiene la potestà nei Cieli, e che i Cieli sono suoi. Mi fu dato di rispondere che la Chiesa sulla nostra Terra sa anche questo dalla bocca del Signore stesso, prima che ascendesse al Cielo, imperocché Egli disse allora: «Ogni potestà Mi è stata data in Cielo e in Terra» [Matt. XXVIII, 18].

160. Poi io parlai con quegli spiriti della loro Terra, poiché tutti gli spiriti ne hanno contentezza, quando la loro memoria naturale o esterna è aperta dal Signore; cosicché essi portano questa memoria con sé, uscendo dal mondo, ma essa non è aperta che se­condo il beneplacito del Signore. Quegli spiriti allora mi dissero ri­guardo alla Terra di cui erano oriundi, che, quando ne hanno il permesso, essi appaiono agli abitanti, e conversano con loro come uomini; e che questo avviene per ciò che essi sono rimessi nella loro memoria naturale o esterna, e quindi nel pensiero in cui erano quando vivevano nel mondo; e che allora si apre agli abitanti la vista interiore, o la vista del loro spirito, in virtù della quale essi sono veduti. Aggiunsero che gli abitanti non sanno al­tro se non che sono con gli uomini della loro Terra, e che non si accorgono del loro errore che quando, in un attimo, essi spari­scono dinanzi ai loro occhi. Io dissi loro che questo era parimenti avvenuto sulla nostra Terra, nei tempi antichi; per esempio, ad Abraham, a Sara, a Lot, agli abitanti di Sodoma, a Manoa e sua moglie, a Josuè, a Maria, ad Elisabet, ed in generale ai Profeti. Che il Signore era apparso nel medesimo modo, e che coloro che Lo videro, non sapevano altro, prima che si fosse rivelato, se non che fosse un uomo della terra. Ma che oggidì questo avviene di rado, affinché gli uomini non siano, per tali apparizioni, costretti a credere; perciocché la fede coatta, quale è quella che entra per via di miracoli, non dura, e sarebbe ancora dannosa a coloro, nei quali la fede mediante la Parola potrebbe essere impiantata in uno stato non coatto.

161. Lo spinto che nel mondo era stato prelato e predicatore non credeva affatto che vi fossero altre Terre, fuorché la nostra; e ciò perché egli aveva pensato nel mondo che il Signore era nato solamente su questa Terra, e senza il Signore non c’è salute per nessuno; laonde egli fu rimesso in uno stato simile a quello in cui sono rimessi gli spiriti, quando appaiono sulla loro Terra come uomini, di cui si è parlato dianzi, e fu mandato in quella Terra, affinché non solo la vedesse, ma parlasse eziandio con gli abitanti. Ciò fatto, fu aperta anche una comunicazione di là con me, affinché io, parimenti, vedessi gli abitanti e ancora alcuni og­getti sopra quella Terra (vedasi più sopra, n. 135). Allora appar­vero quattro specie d’uomini, ma una specie dopo l’altra successivamente. Io vidi prima degli uomini vestiti; poi degli uomini nudi, d’un color carneo umano; quindi degli uomini nudi, ma con un corpo dal colore di fiamma; finalmente degli uomini neri.

162. Mentre lo spirito, che era stato prelato e predicatore, era presso gli uomini vestiti, apparve una donna d’un bellissimo sem­biante, vestita d’un abbigliamento semplice, con una tunica che pendeva di dietro decentemente, e le copriva anche le braccia. L’acconciatura della sua testa era molto bella, in forma d’una ghir­landa di fiori. Quello spirito, avendo veduto quella ragazza, ne sentì un gran diletto, e parlò con lei, e le prese anche la mano; ma siccome ella si accorse che egli era uno spirito, e non della sua Terra, scappò da lui. Poscia gli apparvero, dalla parte destra, parecchie altre donne, che pascolavano delle pecore e degli agnelli, che allora esse conducevano ad un abbeveratoio, dove l’acqua era condotta da un lago per mezzo d’un canale. Esse erano vestite similmente, e tenevano in mano una verga colla quale conducevano ad abbeverare le pecore e gli agnelli. Esse dicevano che là le pecore vanno dove esse indicano con la verga. Le pecore che furono vedute erano grandi, con ampie e lunghe code lanose. Io vidi più da vicino le facce delle donne: esse erano piene e belle. Vidi anche degli uomini: le loro facce erano di colore carneo ordinario, come sulla nostra Terra, ma con la differenza che la parte inferiore del loro volto, invece di avere la barba, era nera, e il naso era d’un colore piuttosto di neve che di carne. Poi lo spirito che era stato, come fu detto, predicatore nel mondo, fu condotto più avanti, ma suo malgrado, perciocché egli aveva an­cora nel suo pensiero quella donna, la cui vista gli aveva recato tanto diletto; ciò che era evidente da che appariva sempre qualcosa della di lei ombra, nel luogo dove egli le aveva parlato. Egli venne allora presso coloro che erano nudi: questi furono ve­duti passeggiare insieme a due a due, marito e moglie, con un velo intorno alle reni, e una specie di berretto sulla testa. Mentre quello spirito era presso costoro, fu messo nello stato in cui era nel mondo, quando voleva predicare; e allora disse che egli vo­leva predicare dinanzi a loro il Signore crocifisso; ma essi rispo­sero che non volevano udire nulla di tale, perché ignoravano ciò che questo si fosse, e che essi sapevano che il Signore vive. Al­lora egli disse che voleva predicare il Signore vivente; ma quelli ricusarono ancora, dicendo che essi percepivano nel suo linguaggio non il celeste, ma il terrestre, perché egli parlava molto per sé, per la sua fama e il suo onore — che dal suono stesso del linguag­gio essi odono se è di cuore o no —; e che egli, essendo tale, non poteva istruirli; laonde egli si tacque. Nel mondo, quando viveva, egli era stato estremamente patetico, al punto che poteva portare gli uditori alla santità; ma quell’eloquio patetico era stato acquistato per arte, così esso proveniva da lui e dal mondo, e non dal Cielo.

163. Essi dissero ancora che percepivano se vi è il coniugale presso quelli della loro nazione che sono nudi; e fu mostrato che essi percepivano ciò dall’idea spirituale sul Matrimonio. Questa idea, che mi fu comunicata, era che la somiglianza degli inte­riori è formata per la congiunzione del bene e del vero, così per la congiunzione dell’amore e della fede; e che, secondo quella con­giunzione discendente nel corpo, esiste l’amore coniugale; avvenga che tutto quel che appartiene alla mente si presenta sotto qual­che apparenza naturale nel corpo, così sotto l’apparenza dell’amore coniugale, quando gl’interiori di due si amano mutuamente, e de­siderano altresì, in forza di quell’amore, di volere e pensare l’uno come l’altro, per conseguenza essere insieme e congiunti in quanto agl’interiori che appartengono alla mente; indi l’affezione spiri­tuale, che è delle menti, diviene naturale nel corpo, e si riveste del senso dell’amore coniugale. L’affezione spirituale, che è delle menti, è l’affezione del bene e del vero e della loro congiunzione; essendo che tutte le cose della mente, o del pensiero e della volontà, si riferiscono al vero e al bene. Essi dicevano anche che non c’è affetto coniugale fra un marito e parecchie mogli, poiché il connubio del bene e del vero, che è quello delle menti, non può esistere che fra due.

164. Quindi lo spirito, dì cui si è parlato più sopra, venne presso coloro che erano nudi, ma d’un corpo dal colore di fiam­ma; e da ultimo presso coloro che erano neri, di cui alcuni erano nudi, e gli altri vestiti; ma questi e quelli abitavano in luoghi diversi su quella Terra; infatti uno spirito può in un mo­mento essere condotto in luoghi distanti sopra una Terra, giac­ché egli non va avanti e non è portato come. l’uomo a traverso gli spazi, ma per via di mutazioni di stato; — vedasi più sopra, n. 125, 127[69].

165. Finalmente parlai con gli spiriti di quella Terra sulla cre­denza degli abitanti della nostra circa la Risurrezione, dicendo che questi non possono concepire che gli uomini subito dopo la morte vengano nell’altra vita, e appariscano allora come uomini in quanto alla faccia, al corpo, alle braccia, ai piedi, e in quanto a tutti i sensi esterni e interni; e tanto meno che essi abbiano dei vesti­menti, delle stanze e delle abitazioni; e che questo proviene sola­mente da che la maggior parte qui pensano secondo i sensuali che appartengono al corpo, e perciò credono che quel che non vedono e non toccano, sia niente; e che pochi tra essi possono essere tratti su dai sensuali esterni verso gl’interni, e così essere elevati nella luce del Cielo, nella quale tali cose sono percepite. Indi risulta che essi non possono avere della loro anima o del loro spirito alcuna idea che sia un uomo; ma hanno l’idea che esso è simile al vento, all’aria o ad un soffio di nessuna forma, in cui, nondimeno, è qualche vitale. Perciò credono che essi non risusciteranno che alla fine del mondo, che chiamano ultimo Giudizio; e che al­lora il corpo, benché ridotto in polvere e disperso a tutti i venti, sarà ristabilito e congiunto alla sua anima o al suo spirito. Aggiunsi che loro è permesso di avere una tale credenza, perché quelli che pensano secondo i sensuali esterni non possono, come si è detto, comprendere altro se non che l’anima o lo spirito non può vivere uomo in una forma umana, a meno che non riprenda questo corpo che portava intorno di sé nel mondo; laonde se non si dicesse che questo corpo risusciterà, essi rigetterebbero dal loro cuore, come incomprensibile, la dottrina sulla Risurrezione e sulla Vita eterna. Ma cotesto pensiero sulla Risurrezione ha tuttavia ciò di utile, che essi credono in una vita dopo la morte; e da questa fede risulta che, quando essi giacciono in letto gravemente malati, e non pen­sano, come prima, secondo le cose mondane e corporee, né. per conseguenza secondo i sensuali, allora credono che tosto dopo il loro decesso vivranno. Essi allora parlano eziandio del Cielo, e della speranza di vivervi subito dopo la morte, lontanamente dal dottrinale sull’ultimo Giudizio. Dissi inoltre che io ero stato qual­che volta meravigliato di questo che, quando coloro che sono nella fede parlano della vita dopo la morte, e dei loro cari che muoiono o sono morti, senza pensare allora, in pari tempo, all’ultimo Giu­dizio, essi credono che debbono vivere o che vivono uomini subito dopo il decesso; ma questa idea, tosto che il pensiero sull’ultimo Giudizio influisce, è mutata in idea materiale che il loro corpo ter­restre deve essere di nuovo, congiunto alla loro anima. Infatti, essi non sanno che ogni uomo è uno spirito in quanto ai suoi interiori, e che si è questo spirito che vive nel corpo e nelle singole sue parti, e non già il corpo che vive da se stesso; e che è lo spirito di ciascuno quello che dà al corpo la sua forma umana, per con­seguenza quello che è principalmente uomo e in una forma si­mile, ma invisibile agli occhi del corpo, benché visibile agli occhi degli spiriti. Donde viene anche che, quando la vista dello spirito dell’uomo è aperta, ciò che ha luogo per la rimozione della vista del corpo, gli angeli appaiono come uomini: così apparvero agli antichi gli angeli, di cui si fa menzione nella Parola. Io ho anche parlato alcune volte con degli spiriti, che avevo conosciuti, quando vivevano uomini nel mondo, e li domandai se vorrebbero essere rivestili del loro corpo terrestre, come prima avevano pensato. Udito ciò, la sola idea di questa congiunzione li fece fuggire lon­tano, presi da stupore di avere avuto nel mondo un tal pen­siero, dietro una fede cieca e priva d’ogni intelletto.

166. Io vidi, inoltre, su quella Terra le dimore degli abitanti: Erano case basse, estese in lunghezza, con finestre ai lati secondo il numero delle stanze o camere, in cui erano divise; il tetto era tondo; c’era una porta da ambo i lati all’estremità. Essi mi dis­sero che erano costruite di terra e coperte di piote, e che le fine­stre erano di fili di gramigna, intrecciati in modo da lasciar pas­sare la luce. Vidi ancora dei fanciulli; gli abitanti dicevano che i vicini vanno da loro principalmente a causa dei fanciulli, affinché siano insieme con altri fanciulli, sotto la vista e l’auspicio dei genitori. Vidi anche dei campi, ai quali la messe, quasi matura, dava allora un colore biancastro. Mi furono mostrate, le semenze o i grani di quella messe: essi erano simili ai grani di frumento della China. Mi furono mostrati anche dei pani che fanno con quel grano: essi erano piccoli, in pezzi quadrati. Vidi inoltre dei prati coperti di fiori, e degli alberi carichi di frutti, che somigliavano alle melagrane; poi degli arbusti che non erano viti, ma che non­dimeno portavano delle bacche, di cui fanno vino.

167. Il loro Sole, che per noi è una stella, vi appare infiam­mato, e della grandezza, presso a poco, d’un quarto del nostro Sole. Il loro anno è di duecento giorni circa, e il giorno di quindici ore rispettivamente alla durata dei giorni sulla nostra Terra. Quella Terra è fra le più piccole nel Cielo stellato, misurando in circonfe­renza appena cinquecento miglia germaniche. Queste particolarità mi furono dette dagli angeli, dietro una comparazione fatta con le cose simili della nostra Terra, che essi vedevano in me o nella mia memoria. Essi le deducevano per mezzo d’idee angeliche, me­diante le quali si conoscono subito le misure degli spazi e dei tempi in una giusta relazione con gli spazi e i tempi altrove. Le idee angeliche, essendo spirituali, sorpassano immensamente in tali cose le idee umane, che sono naturali.

 

 

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14. D’UNA “QUINTA TERRA” NEL CIELO STELLATO

DEI SUOI SPIRITI E DEI SUOI ABITANTI

 

168. Fui condotto ancora ad un’altra Terra che era nell’Uni­verso, fuori del nostro Mondo solare, e questo, parimenti, per mu­tazioni di stato continuate quasi per dodici ore. Cerano con me in compagnia parecchi spiriti e angeli della nostra Terra, coi quali io conversava durante quel viaggio o quella progressione. Io era portato ora obliquamente in alto, ora obliquamente a basso, continuamente verso la destra, che nell’altra vita è verso il mez­zodì. Vidi degli spiriti solamente in due luoghi, e in uno parlai con essi. In quel viaggio o in quella progressione mi fu dato di osservare quanto è immenso il Cielo fatto dal Signore per gli an­geli e gli spiriti; imperocché dalle estensioni che non erano abi­tate io poteva concludere che esso era cosi immenso, che quando pur vi fossero parecchie miriadi di Terre, e sopra ciascuna Terra tanta moltitudine d’uomini, quanta ce n’è sulla nostra, ciò nondi­meno vi sarebbe abitazione per essi in eterno, e non sarebbe mai empito. Io potei concludere questo dietro una comparazione fatta con l’estensione del Cielo, che è intorno alla nostra Terra e per la nostra Terra, la quale estensione era relativamente tanto pic­cola, che non eguagliava una sola parte d’una miriade di mi­riadi dell’estensione non abitata.

169. Quando gli spiriti angelici oriundi da quella Terra vennero alla nostra vista, ci rivolsero la parola, domandando chi eravamo e quel che volevamo. Noi rispondemmo che, viaggiando, eravamo stati trasportati verso la loro Terra; ma che non avevano nulla a temere da noi. Infatti essi temevano che noi non fossimo di co­loro, che li confondono rispetto a Dio, alla Fede e ad altri sog­getti simili, per causa de’quali essi si erano ritirati in quella piaga della loro Terra, fuggendoli ovunque potevano. Interrogati per qual cosa li confondono, essi risposero che si è per l’idea di Tre, e per l’idea del Divino senza l’Umano in Dio; quando tuttavia essi sanno e percepiscono che Dio è Uno, e che Egli è Uomo. Allora io capii che coloro che li avevano confusi, e che essi fuggivano, erano della nostra Terra. Lo capii anche da che vi sono spiriti della nostra Terra, che vanno così vagando nell’altra vita per il desiderio e piacere di viaggiare, che acquistarono nel mondo; es­sendo che nelle altre Terre non si fanno simili viaggi. Poi fu sco­perto che erano Monaci, che avevano viaggiato sul nostro globo per desiderio di convertire i Gentili. Laonde, noi dicemmo loro che facevano bene di fuggirli, perché la loro intenzione non è d’in­segnare, ma di arricchirsi e dominare; che a tal fine essi si stu­diano per vari mezzi prima di cattivarsi gli animi, e poi di sot­tometterseli come schiavi; che, inoltre, facevano bene di non sof­frire che la loro idea su Dio fosse turbata da siffatti spiriti. Essi aggiunsero che li confondono ancora per questo, che insegnano che bisogna avere la fede e credere quel che essi dicono; ma essi rispondono che non sanno quel che sia la fede, né quel che sia credere, poiché percepiscono in sé medesimi che una data cosa è così. Gli spiriti che ci parlavano erano del Regno celeste del Si­gnore, dove tutti, in virtù d’una percezione interiore, sanno i veri, che presso noi sono chiamati veri della fede, perciocchè essi sono nell’illustrazione dal Signore, diversamente da coloro che sono del Regno spirituale. Che gli spiriti angelici di quella Terra fossero del Regno celeste, mi era dato anche di vederlo da un certo che d’infiammato, per il quale procedevano le loro idee; conciossiachè la luce sia color di fiamma nel Regno celeste, e candida nel Regno spirituale. Quando quelli che sono del Regno celeste del Signore parlano dei veri, non dicono altro che: Sì, sì; o: No, no; e giammai ragionano intorno ad essi per sapere se sia o non sia così. Si è di essi che il Signore dice: «Il vostro parlare sia: Sì, sì; No, no. Ciò che è detto di più, oltre queste parole, viene dal male.» Perciò quegli spiriti dissero che non sapevano che cosa fosse avere la fede o credere. Essi considerano questo come se qualcuno dicesse al suo compagno, che vede coi suoi occhi delle case o degli alberi, che deve avere fede o credere che sono case e alberi, mentre egli vede chiaramente che è così. Tali sono quelli del Regno celeste del Signore, e tali erano questi spiriti angelici[70]. Noi dicemmo loro che sulla nostra Terra sono ben pochi quelli che hanno una percezione interiore, per la ragione che gli uomini nella loro gioventù imparano i veri e non li mettono in pratica. Imperocché l’uomo ha due facoltà, che sono chiamate intelletto e volontà; coloro che ricevono i veri non più oltre che nella memoria, e quindi un poco nell’intelletto, e non nella vita, cioè dire, nella volontà, non possono essere in nessuna illustra­zione, o in nessuna vista interiore dal Signore. Essi dicono che bisogna credere i veri o avere la fede, e ragionano ancora intorno ai veri per sapere se sono veri o no; anzi non vogliono neppure che siano percepiti con qualche vista interiore o qualche illustra­zione per mezzo dell’intelletto. Essi parlano così, perché i veri appo essi sono senza la luce del Cielo; e coloro che vedono senza la luce del Cielo, i falsi possono apparire come veri, e i veri come falsi: indi parecchi sono stati colti da una cecità sì grande, che, sebbene l’uomo non osservi i veri o non viva secondo i veri, essi dicono che può, nonostante, essere salva­to per la sola fede; come se l’uomo non fosse uomo per la vita e secondo la vita, ma per la scienza delle cose che apparten­gono alla fede senza la vita. Poscia parlammo con essi sul Si­gnore, sull’amore verso di Lui e sull’amore verso il prossimo, e sulla rigenerazione, dicendo che amare il Signore si è amare i precetti che vengono da Lui, lo che è vivere per amore secondo quei precetti[71]; che l’amore verso il prossimo consiste nel vo­lere del bene e quindi fare del bene al concittadino, alla Patria, alla Chiesa, al Regno del Signore, non per sé, affine d’essere ve­duto o farsi merito, ma per l’affezione del bene[72]; che in quanto alla Rigenerazione, coloro che sono rigenerati dal Signore, e met­tono subito i veri nella vita, vengono nella percezione interiore sopra quei veri; ma che coloro che ricevono i veri prima nella memoria, e poi li vogliono e li fanno, sono coloro che sono nella fede; perocché essi operano secondo la fede, che allora è chia­mata coscienza. Essi dissero che percepivano che è così, per con­seguenza anche quel che è la fede. Io aveva parlato con essi per mezzo di idee spirituali, per le quali tali cose possono essere pre­sentate e comprese nella luce.

170. Questi spiriti coi quali testé ho conversato, erano della parte settentrionale della loro Terra. Poi fui condotto presso altri, che erano della parte occidentale. Questi ancora, volendo esami­nare chi e quale io fossi, dissero subito che in me non c’era niente altro che male. Essi pensavano che così io sarei sgomentato dall’accostarmi più da vicino. Io mi accorsi che a tutti quelli che vengono presso di loro, essi parlano primieramente in questa ma­niera. Ma mi fu dato di rispondere che io sapeva bene che que­sto era vero, e che appo essi similmente non c’era altro che male, per la ragione che ogni uomo nasce nel male, e in conseguenza tutto quel che viene da un uomo, da uno spirito o da un angelo, come di suo o dal suo proprio, non è che male, poiché ogni bene che è in ciascuno viene dal Signore. Indi, scorgendo che io era nella verità, fui ammesso a conversare con essi. Allora mi mani­festarono la loro idea sul male appo l’uomo, e sul bene prove­niente dal Signore, e come sono separati l’uno dall’altro. Essi mettevano l’uno accanto all’altro, quasi come contigui, e nondimeno distinti, ma come legati in un modo inesprimibile, in guisa tale che il bene conduceva il male e lo frenava, affinché non gli fosse permesso di agire a suo piacere, e il bene faceva così pie­gare il male dove voleva, quantunque il male lo sapesse. Essi rappresentavano così l’impero del bene sul male, e in pari tempo lo stato libero. Poi domandarono come il Signore appare agli angeli della nostra Terra. Io dissi che Egli appare nel Sole co­me Uomo, circondato là d’un igneo solare, da cui viene ogni luce agli angeli nei Cieli; che il calore che ne emana è il Divino Bene, e la luce che ne emana è il Divino Vero, procedenti l’uno e l’al­tra dal Divino Amore, che è l’igneo, che appare intorno al Si­gnore in quel Sole; ma che quel Sole appare solamente agli angeli nel Cielo, e non agli spiriti che sono di sotto, perché que­sti sono più lontano dal ricevere il bene dell’amore e il vero della fede che gli angeli che sono nei Cieli (veggasi più sopra, n. 40). Fu loro permesso di farmi tali domande intorno al Signore e alla sua apparizione dinanzi agli angeli oriundi dalla nostra Terra, perché allora piacque al Signore di manifestare la sua presenza presso di essi, e di rimettere in ordine le cose che vi erano state sconvolte dagli spiriti cattivi, di cui si erano lagnati. Si fu anche perché vedessi questo ristabilimento dell’ordine che io era stato condotto a quella Terra.

171. Io vidi allora verso il levante discendere dall’alto una nu­vola oscura, la quale, discendendo, appariva per gradi chiara e in una forma umana. Finalmente questa forma umana apparve in uno splendore colore di fiamma, intorno a cui erano delle stel­lette del medesimo colore: così il Signore si rese presente presso gli spiriti coi quali io parlava. Alla Sua presenza furono allora radunati da ogni parte tutti gli spiriti che erano in quella regione; e quando arrivarono, i buoni si separavano dai cattivi: i buoni passavano a destra, e i cattivi a sinistra, e questo all’istante, come di loro spontanea volontà. Quelli che andavano a destra erano ordinati secondo la qualità del bene, e quelli che andavano a si­nistra, secondo la qualità del male presso di loro. Quelli che erano buoni, erano lasciati perché formassero tra loro una società cele­ste; ma i cattivi furono gettati negli inferni. Poi io vidi che quello splendore dal colore di fiamma discendeva nelle parti inferiori della Terra, colà, assai profondamente; ed allora esso appariva a volta d’un colore di fiamma traente al chiaro, a volta d’un colore chiaro traente all’oscuro, e a volta nell’oscuro; e mi fu detto dagli angeli che quella apparenza era secondo la ricezione del vero dal bene, e del falso dal male presso coloro che abitano le parti in­feriori di quella Terra; e che non era affatto quello splendore dal colore di fiamma che subiva tali variazioni. Essi mi dissero anche che le parti inferiori di quella Terra erano abitate tanto dai buoni che dai cattivi, ma che essi erano molto ben separati, affinché i cattivi fossero governati dal Signore per mezzo dei buoni. Aggiun­sero che i buoni, l’uno dopo l’altro, erano di là elevati nel Cielo dal Signore, e che altri succedevano al loro posto, e così conti­nuamente. In quella discesa i buoni, parimenti, si separavano dai cattivi, e tutte le cose erano rimesse nell’ordine: infatti, i cattivi per diversi artifici e astuzie si erano introdotti là nei domicili dei buoni, e li avevano infestati; si era per questa cagione che fu fatta quella visita. Quella nuvola, che nel discendere appariva per gradi luminosa e in forma umana, e poi come uno splendore dal colore di fiamma, era una Società angelica, nel mezzo della quale era il Signore. Indi mi era dato di sapere quel che è inteso per le parole del Signore negli Evangelisti, dove si tratta dell’ultimo Giudizio: «Il Figliuol dell’uomo verrà in compagnia dei suoi angeli, nelle nuvole del Cielo, con gloria e potenza.»

172. Poi io vidi degli spiriti monaci, cioè coloro che nel mondo erano stati monaci viaggiatori o missionari, di cui si è fatta men­zione più sopra; e vidi ancora una turba di spiriti, che erano di quella Terra, la più gran parte malvagi, che quegli spiriti monaci avevano tratti al loro partito e sedotti. Questi furono veduti verso la piaga orientale di quella Terra, donde avevano cacciato i buoni, i quali si erano ritirati verso il lato settentrionale della medesima Terra, e di cui si è già parlato. Quella turba e i suoi seduttori furono raccolti in numero di alcune migliaia, e poi separati; i malvagi tra essi furono gettati negl’inferni. Mi fu dato anche di parlare con uno spirito-monaco, e domandargli quel che faceva là. Egli mi rispose che istruiva quegli spiriti sul Signore. E su che altro? [io domandai àncora] — «Sul Cielo e l’inferno». — E poi? «Sulla fede in tutto quel che io dirò». — E poi? «Sul potere di rimettere i peccati, e di aprire e chiudere il Cielo». Allora io esplorai quel che egli sapeva sul Signore, sui veri della Fede, sulla remissione dei peccati, sulla salvazione dell’uomo, e sul Cielo e l’inferno, e scoprii che egli sapeva appena qualcosa, e che era al buio e nel falso su tutti e i singoli punti, e che non c’era altro in lui che la cupidità di arricchirsi e domi­nare, cupidità che egli aveva contratta nel mondo e quindi por­tata con sé; laonde io gli dissi, che, siccome egli era stato spinto da quella cupidità a viaggiare fin colà, ed era tale in quanto alla dottrina, egli non avrebbe potuto, fra gli spiriti di quella Terra, che togliere la luce celeste e portare le tenebre dell’inferno, e per conseguenza fare sì che presso di loro dominasse l’inferno, e non il Signore. Oltre a ciò, egli era astuto nel sedurre, ma stupido in quanto alle cose che riguardano il Cielo: cotesto spirito, poiché era tale, fu poi precipitato nell’inferno. Così gli spiriti di quella Terra furono liberati da quegli stranieri.

173. Gli spiriti di quella Terra fra le altre cose mi dissero ancora che quegli stranieri, che, come si è detto, erano degli spiriti-mo­naci, avevano fatto ogni sforzo per persuaderli di vivere insieme in società, e non già separati e solitari. In fatti gli spiriti abitano e coabitano similmente come nel mondo; quelli che nel mondo abitarono congregati, abitano anche congregati nell’altra vita; e quelli che abitarono separati, per case e per famiglie, anche nel­l’altra vita abitano separati. Questi spiriti, quando vivevano uomini sulla loro Terra, avevano abitato separati, casa per casa, famiglia per famiglia, e così nazione per nazione, e quindi ignoravano ciò che si fosse abitare insieme in società. Perciò, quando io dissi loro che quegli stranieri li consigliavano così allo scopo di imperare o dominare sopra di loro, e che altrimenti non potrebbero sot­tometterseli e renderli schiavi, essi mi risposero che ignoravano interamente quel che sia imperare e dominare. Io mi accorsi che essi fuggivano alla sola idea dell’imperio e della dominazione da questo, che, avendo mostrato a uno di loro, che ci seguiva, la città dove io abitava, tosto che la vide, egli fuggì e non fu più visto.

174. Io ebbi allora una conversazione cogli angeli, che erano presso di me, sulle dominazioni, e si disse che vi sono due specie di dominazione, l’una dell’amore verso il prossimo, e l’altra del­l’amore di sé. La dominazione dell’amore verso il prossimo esiste tra coloro che abitano separati per case, famiglie e nazioni; e la dominazione dell’amore di sé esiste tra quelli che abitano insieme, in società. Fra coloro che vivono separati per case, famiglie e nazioni, la dominazione spetta al Padre della nazione, e sotto di lui ai Padri di famiglie, e sotto di questi ai Padri di ciascuna casa. Si chiama Padre della nazione colui, da cui derivano le fami­glie, e dalle famiglie le case. Ma tutti questi dominano da un tale amore, quale è quello d’un padre verso i suoi figli. Ognuno di essi insegna ai suoi discendenti come debbono vivere, fa loro del bene, e, per quanto può, dà loro del suo; e giammai gli viene in mente di sottometterseli come sudditi o come servi, ma ama che gli ubbidiscano come figliuoli al padre loro; e siccome questo amore cresce nel discendere, come è noto, ne risulta che l’amore in virtù del quale agisce il Padre della nazione è più interiore che quello del padre stesso, i cui figli sono di grado più prossi­mo. Tale è anche la dominazione nei Cieli, perché tale è la do­minazione del Signore; essendo che la dominazione del Signore proviene dal Divino Amore verso tutto il Genere umano. Ma la dominazione dell’amore di sé, che è opposta alla dominazione del­l’amore verso il prossimo, cominciò quando l’uomo si alienò dal Signore; perciocchè per quanto l’uomo non ama, né adora il Si­gnore, tanto egli si ama e si adora, e altrettanto ancora egli ama il mondo. Allora per la necessità di mettersi in sicurez­za, le nazioni con le famiglie e le case si unirono in uno, e stabilirono dei Governi sotto varie forme; stantechè in pro­porzione che quell’amore crebbe, crebbero altresì i mali d’ogni genere, come le inimicizie, le invidie, gli odi, le vendette, le cru­deltà, le furberie contro tutti coloro che facevano ostacolo a quel­l’amore; conciossiachè dal proprio, in cui sono coloro che vivono nell’amore di sé, non possa scaturire altro che male, poiché il proprio dell’uomo non è che male, e il proprio, essendo il male, non riceve il bene dal Cielo. Indi risulta che l’amore di sé, quando regna, è il padre di tutti cotesti mali[73]: ed inoltre questo amore è tale che si slancia secondo che gli si lasciano i freni, al punto che finalmente allora ciascuno vuol dominare sopra tutti gli altri nell’orbe intero, e ciascuno vuol possedere tutti i beni degli altri; anzi questo non basta neppure, esso vuol dominare sopra tutto il Cielo, come si può vedere dalla moderna Babilonia. Tale è per­tanto la dominazione dell’amore di sé, da cui la dominazione del­l’amore verso il prossimo differisce, quanto il Cielo differisce dal­l’inferno. Ma sebbene una tale dominazione dell’amore di sé esista nelle società, ossia nei regni e negli imperi, c’è tuttavia una domi­nazione dell’amore verso il prossimo anche nei regni e negli im­peri, presso coloro che sono savi in virtù della fede e dell’amore verso Dio, perciocchè questi amano il prossimo. Che questi anche nei Cieli abitino distinti in nazioni, famiglie e case, quantunque insieme nelle società, ma secondo le affinità spirituali, che appar­tengono al bene dell’amore e al vero della fede, sarà, mercé la Divina Misericordia del Signore, detto altrove.

175. Poscia interrogai quegli spiriti sopra varie cose della Terra, donde essi erano; primieramente sul loro Culto Divino e sulla Rivelazione. Sul Culto Divino dissero che le nazioni con le loro famiglie si radunano ogni trentesimo giorno ih un medesimo luogo, e ascoltano delle prediche; e che allora il Predicatore, da un pul­pito alquanto elevato dal suolo, insegna loro i Veri Divini, che con­ducono al bene della vita. Sulla Rivelazione dissero che si fa la mattina nello stato medio tra il sonno e la veglia, quando essi sono in una luce interiore, non ancora interrotta dai sensi del corpo e dagli oggetti mondani; e che allora essi odono gli angeli del Cielo parlare sui Veri divini e sulla vita secondo quei veri; e che quando sono svegli, appare loro presso il letto un angelo in vestimento bianco, che subito allora sparisce dai loro occhi; e che quindi sanno che quel che udirono viene dal Cielo. Così è distinta la visione Divina dalla visione non Divina, perché nella visione non Divina, l’angelo non appare. Aggiunsero che in tal modo si fanno le rivelazioni presso i loro Predicatori, e talvolta anche presso altri.

176. Alle mie domande relative alle loro case, essi risposero che sono basse, costrutte di legno, con un tetto piatto, avente in­torno un orlo piegato all’ingiù. Che il marito e la moglie abitano la parte anteriore, i figli le parti attigue, e la servitù il di dietro. In quanto al vitto mi dissero [che si nutrono di frutta e legumi], e bevono latte con acqua; e che il latte lo hanno da vacche, che sono lanose come le pecore. Per quel che riguarda la loro vita, mi dissero che vanno interamente nudi, e non si vergognano della loro nudità; e che essi non frequentano che quelli che sono della loro famiglia.

177. Circa il Sole di quella Terra, mi dissero che agli abitanti appare colore di fiamma; che il tempo del loro anno è di due­cento giorni, e che il giorno eguaglia nove ore del nostro tempo; ciò che essi poterono dedurre dalla lunghezza dei giorni della nostra Terra, che percepivano in me. Mi dissero ancora che essi hanno una primavera e un’estate perpetue, e che quindi le cam­pagne fioriscono e gli alberi portano frutti continuamente. Egli è così perché il loro anno è tanto breve, non equivalendo che a settantacinque giorni del nostro anno; e dovunque gli anni sono così brevi, là il freddo non dura nell’inverno, né il caldo nell’e­state, donde risulta che l’humus è continuamente in uno stato pri­maverile.

178. Relativamente alle promesse di matrimonio ed ai matri­moni su quella Terra, mi riferirono che la figlia, che si avvicina alla sua età nubile, è tenuta in casa, e non l’è permesso d’uscire sino al giorno in cui deve essere maritata. Che allora è condotta in una certa casa nuziale, dove sono condotte anche delle altre giovani da marito; e là sono messe dietro un tavolato alto sino alla metà del loro corpo, in guisa che esse non si fanno vedere nude che in quanto al petto e alla faccia. Che allora dei giovani vanno là per scegliersi una moglie; e quando un giovane vede una ragazza che ha della conformità con lui, e verso la quale lo attira il suo animo, egli la prende per la mano. Se allora essa lo segue, egli la conduce in una casa già preparata, e diviene sua moglie. Infatti dalle facce essi vedono se le menti concordano, perocchè la faccia di ciascuno ivi è lo specchio dell’animo; essa non dissimula nulla, né inganna. Affinché tutto sia fatto decentemente e senza la­scivia, dietro le giovanette sta seduto un vecchio, ed accanto una donna attempata, che osservano. Ve ne sono parecchi di tali luo­ghi, dove le giovanette sono condotte; e ci sono ancora dei tempi fissi, affinché i giovani facciano la loro scelta; perocchè se in un luogo non vedono una ragazza che loro conviene, vanno in un altro; e se non la trovano in un tempo, ritornano nel tempo seguen­te. Di più, mi dissero che il marito non ha che una sola moglie, e mai parecchie, perché questo è contro l’ordine Divino.

 

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OSSERVAZIONI DEL TRADUTTORE

 

Questo Trattato sulle Terre nell’Universo è presso a poco una riprodu­zione di quello, che l’Autore inserì, a riprese, fra i quaranta Capitoli dell’Esodo, nella sua opera intitolata Arcana Coelestia; infatti non ci sono che poche varianti. Ciò nondimeno in quello si trovano dei paragrafi che non sono in questo, e viceversa. Così in quello si tratta di sei Terre nel Cielo stellato, dove che in questo si fa menzione solamente di cinque, la sesta Terra essendo stata omessa. Quanto alle varianti, bisogna notare che il presente Trattato, essendo stato pubblicato dall’Autore posteriormente, la lezione ne deve essere preferita, se pure le varianti non provengono da un errore tipografico.

Un’altro punto c’è da osservare, ed è che la più gran parte delle cose rife­rite in questo Trattato, e in quello consimile inserito negli Arcana Coelestia, l’Autore l’estrasse dal suo Diarium Spirituale, ossia Giornale, in cui egli notava le cose, che gli era dato di vedere e udire nel Mondo spirituale. Ma anche in questo Giornale, rimasto inedito sino alla morte di Swedenborg, sono delle particolarità, che non si trovano negli scritti che egli pubblicò, e viceversa.

Il Diarium ha soprattutto questo di speciale, che in esso sono indicate le date, in cui Swedenborg vide e udì le cose memorabili da lui riferite. Così, a cagion d’esempio, le notizie contenute in questo Trattato sulle Terre sono registrate nel Diarium sotto le date, che abbracciano un periodo di tempo di circa undici mesi, cioè dai 23 gennaio agli 11 novembre 1748, come risulta dal seguente specchietto, dove le date sono segnate per ciascuna Terra;

Mercurio, 16 e 18 marzo; 21, 22 e 23 settembre; 11 novembre.

Giove, 23, 24, 25, 26, 27 e 28 gennaio; 1, 2, 9, 10, 11, 19 e 20 febbraio; 1, 2, 20, 23 e 25 marzo; 3, 4, 5 e 23 settembre; 6 ottobre.

Marte, 19 marzo; 22, 23, 25 e 26 settembre; 6 novembre.

Saturno, 18 e 20 marzo; 25 settembre.

Venere, 16 marzo; 26 settembre.

Luna, 22 settembre.

Terre nel Cielo stellato, 23 e 24 gennaio; 1, 3, 16, 18, 20, 23, 25, 27 e 29 marzo; 3 aprile; 3, 5, 15, 21, 22, 23, 24, 25 e 30 settembre; 2 e 6 ottobre; 7 novembre, dell’anno 1748.

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[1] Che non esistano spiriti e angeli, che non provengano dal genere umano n. 1880.

[2] Che gli spiriti di ciascuna Terra siano presso alla loro Terra, e ciò perché l’abitarono e sono d’un medesimo genio di coloro che l’abitano, e perché debbono rendere loro dei servigi, n. 9968.

[3] Che l’anima che vive dopo la morte sia lo spirito dell’uomo, il quale nell’uomo è l’uomo stesso, ed apparisca anche nell’altra vita in perfetta forma umana, n. 322, 1880, 1881, 3633, 4622; 4735, 6054, 6605, 6626, 7021, 10594.

[4] Che l’uomo, anche mentre è nel mondo, sia in quanto ai suoi interiori, ovvero in quanto allo spirito o all’anima, in mezzo a tali spiriti e angeli, quale è egli stesso, n. 2379, 3645, 4067, 4073, 4077.

[5] Che l’uomo possa parlare con gli spiriti e gli angeli, e che gli antichi sulla nostra Terra parlassero frequentemente con essi, n. 67, 68, 69, 784, 1634, 1636, 7802. Ma che oggi sia pericoloso di parlare con essi, se l’uomo non è nella vera fede, e non è condotto dal SIGNORE, n. 784, 9438, 10751.

 

[6] Che il Cielo corrisponda al Signore, e che l’uomo in quanto a tutte e alle singole cose corrisponda al Cielo, e che quindi il Cielo dinanzi al Signore sia in grande effige Uomo, e debba essere chiamato il Grandissimo Uomo, n. 2996, 2998, 3624 a 3649, 3636 a 3643, 3741 a 3746, 4625. Sulla corrispondenza dell’uomo e di tutte le sue parti col Grandissimo Uomo, che è il Cielo, in compendio, dietro l’esperienza, n. 3021, 3624, a 3649, 3741 a 3751, 3883 a 3896, 4039 a 4055, 4218 a 4228, 4318 a 4331, 4403 a 4421, 4523 a 4533, 4622 a 4633, 4662 a 4660, 4791 a 4806, 4931 a 4953, 5050 a 5061, 5171 a 5189, 5377 a 5396, 5552 a 5573, 5711 a 5727, 10030.

[7] Che gli abitanti di tutte le Terre adorino il Divino sotto una forma umana, per conseguenza il Signore, n. 8641 a 8547, 10159 a 10736, 10737, 10738. E che essi si rallegrino, quando odono che Dio si è realmente fatto Uomo, n. 9361. Che non sia possibile di pensare a Dio se non in una forma umana, n. 8705, 9359, 9972. Che l’uomo possa adorare e amare quello di cui ha qualche idea, e non quello di cui non ha nessuna idea, n. 4733, 5110, 5663, 7211, 9167, 10067.

[8] Che il Signore riceva tutti quelli che sono nel bene, e adorano il Divino sotto una forma umana, n. 9359, 7173.

[9] Nota 6.

[10] Che gli spiriti entrino in tutte le cose della memoria dell’uomo, e che essi non siano dalla loro memoria nelle cose dell’uomo, n. 2488, 5863, 6192, 6193, 6198, 6214. Che gli angeli entrino nelle affezioni e nei fini dai quali e per i quali l’uomo pensa, vuole e agisce in un modo e non altrimenti, n. 1317, 1645, 5854.

[11] Nota 2.

[12] Che gli spiriti, che sono presso l’uomo, siano in possesso di tutte le cose della sua memoria, n. 5853, 5857, 5859, 5860.

[13] Che nei Cieli vi sia comunicazione di tutti i beni, perché l’amore celeste comunica agli altri tutto quel che è suo; e che indi gli angeli abbiano la sa­pienza e la felicità, n. 549, 550, 1390, 1391, 1399, 10130, 10723.

[14] Che l’occhio corrisponda all’intelletto, perché l’intelletto è la vista in­terna e delle cose non materiali, n. 2701, 4410, 4526, 9051, 10569. Che la vista dell’occhio sinistro corrisponda ai veri, così all’intelligenza; e la vista dell’occhio destro corrisponda ai beni del vero, così alla sapienza, n. 4410.

[15] Nota13.

[16] Che a ciascuno rimanga la sua vita e lo segua dopo la morte, n. 4247, 7440. Che gli esterni della vita siano tenuti chiusi dopo la morte, e gl’interni della vita siano aperti, n. 4314, 5128, 6495. Che allora tutte e le singole cose del pensiero si manifestino, n. 4633, 5128.

[17] Che gli uccelli significhino i razionali, gl’intellettuali, i pensieri, le idee, le cognizioni, n. 40, 745, 776, 778, 866, 988, 991, 5149, 7441. E questo con varietà, secondo i generi e le specie di uccelli, n. 3219.

[18] Che le lampade con le fiaccole significhino le verità che lucono in virtù del bene, n. 4638, 9548, 9783.

[19] Che gli agnelli nel Cielo e nella Parola significhino l’innocenza, n. 3994, 7840, 10132.

[20] Nota 13.

[21] Intorno a Wolff, veggasi Diar. Maj. n. 4550, 4727, 4728, 4744, 4751; 4757, 6049. Append. pag. 84, 85. Vera Chr. Rel. n. 90, 335, 696. De Com. Anim. et Corp. n. 19. (Nota del Traduttore).

[22] Questo trovasi registrato nel Diarium Spirituale di Swedenborg, sotto la data 11 novembre 1748. Leggasi Diar. Maj. n. 3947 a 3955. Intorno ad Ari­stotile leggasi ibid. n. 3959, 3960, 3961, 4446, 4447. — Arc. Coel. n. 4658. Vera Chr. Rel. n. 9, 273, 692. - Am. Conj. n. 151. - Script. Sac. n. n115. (Nota del Traduttore).

[23] Che coloro che confessano la fede secondo la dottrina, e non vivono la vita della fede, non abbiano alcuna fede, n. 3865, 7766, 7778, 7790, 7950, 8094. E che i loro interiori siano contro i veri della fede, benché nel mondo essi noi sappiano, n. 7790, 7950.

[24] Che il Signore sia il Sole del Cielo, e che là ogni luce provenga da quel Sole n. 1053, 3636, 4060. E che il Signore apparisca così a quelli che sono nel suo Regno celeste, dove regna l’amore verso di Lui, n. 1521, 1529, 1530, 1531, 1837, 4696. Che Egli apparisca ad un’altezza media, al di sopra del piano dell’occhio destro, n. 4321, 7078. Che perciò nella Parola il Sole significhi il Signore in quanto al Divino Amore, n. 2495, 4060, 7083. Che il sole del mondo non apparisca né agli spiriti, né agli angeli, ma in vece di esso apparisca come qualcosa di tenebroso, di dietro, all’opposto del sole del Cielo o del Si­gnore, n. 9755.

[25] Che nei Cieli vi sia una gran luce, la quale oltrepassa di molti gradi la luce meridiana sulla terra, n. 1117, 1521, 1533, 1619 a 1632, 4527, 5400, 8644. Che ogni luce nei Cieli venga dal Signore come Sole là, n. 1053, 1521, 3195, 3341, 3636, 3643, 4415, 9548, 9684, 10809. Che il Divino Vero procedente dal Divino Bene del Divino Amore del Signore apparisca nei Cieli come luce, e vi costituisca tutta la luce, n. 3195, 3222, 5400, 8644, 9399, 9548, 9684. Che la luce del Cielo illumini e la vista e l’intelletto degli angeli, n. 2776, 3138. Che il Cielo si dica essere nella luce e nel calore, e ciò significhi che è nella sapienza e nell’amore, n. 3643, 9399, 9401.

 

[26] Vedasi in Arcana Coelestia, il n. 7800. (Nota del Traduttore.)

[27] Che le stelle nella Parola significhino le conoscenze del bene e del vero, per conseguenza i veri, n. 2495, 2849, 4697. E che nell’altra vita i veri siano rappresentati per le stelle fisse, e i falsi per le stelle erranti, n. 1128.

[28] Che nella Parola il fuoco sia l’amore nell’uno e nell’altro senso, n. 934, 4906, 5215. Che il fuoco sacro e celeste sia il Divino Amore, e ogni affezione che appartiene a questo amore, n. 934, 6314, 6832. Che il fuoco infernale sia l’amore di sé e del mondo, e ogni concupiscenza che appartiene a questi amori, n. 934, 1861, 5071, 6314, 6832, 7575, 10747. Che l’amore sia il fuoco della vita, e che la stessa vita in attualità ne provenga, n. 4906, 5071, 6832.

[29] Che gli spiriti e gli angeli non vedano le cose che sono in questo mondo solare, ma che essi le abbiamo vedute per mezzo dei miei occhi, n. 1881.

[30] Che gli antichissimi sulla nostra Terra avessero un linguaggio per la faccia e le labbra mediante un’aspirazione interna, n. 607, 1118, 7361. Che gli abitanti di alcune fra le altre Terre abbiano un simile linguaggio, n. 4799, 7359, 8248, 10587. Della perfezione e dell’eccellenza di questo linguaggio, n. 7360, 10587, 10708.

[31] Che il cavallo significhi l’intellettuale, n. 2760, 2761, 2762, 3217, 5321, 6125, 6400, 6534, 7024, 8146, 8148, E che il cavallo bianco nell’Apocalisse sia l’intelletto della Parola, n. 2760.

[32] Che dicasi esservi coro, quando parecchi spiriti parlano insieme e con unanimità, n. 2595, 2596, 3350. Che nella loro favella vi sia un accordo armo­nico, n. 1648, 1649. Che nell’altra vita l’inaugurazione nell’unanimità si faccia per cori n. 5182.

[33] Che una sfera spirituale, che è la sfera della vita, effluisca e si diffonda da ciascun uomo, da ciascuno spirito e da ciascun angelo, e li circondi, n. 4464, 5179, 7454. Che essa effluisca dalla vita della loro affezione e quindi del loro pensiero, n. 2489, 4464, 6206. Che nell’altra vita le consociazioni si facciano secondo le. sfere, ed ancora le dissociazioni, n. 6206, 9606, 9607, 10312.

[34] Arcana Coelestia n. 4943. Veggasi anche n. 1110. (Nota del Traduttore).

[35] Che il merito e la giustizia appartengano al Signore solo, n. 9715, 9975, 9979, 9981, 9982. Coloro che pongono il merito nelle opere, o che vo­gliono meritare il Cielo per i beni che fanno, vogliano essere serviti nell’altra vita, e non siano mai contenti, n. 6393. Che essi disprezzino il prossimo, e si adirino contro il Signore se non ricevono una ricompensa n. 9976. Qual sia la loro sorte nell’altra vita, n. 942, 1774, 1877, 2027. Che essi siano del novero di coloro che nella Terra inferiore appaiono spaccare della legna, n. 1110, 4943.

[36] Nota 10.

[37] Nota 27.

[38] Che i carri significhino i dottrinali della Chiesa, n. 2760, 5321, 8215. Che i cavalli significhino l’intellettuale, n. 2760, 2761, 2762, 3217, 5321, 6125, 6400, 6534, 7024, 8146, 8148, 8381. Che il cavallo bianco nell’Apocalisse si­gnifichi l’intelletto della Parola, n. 2760. Che per Elia, nel senso rappresen­tativo, sia intesa la Parola, n. 2762, 5247. E siccome ogni dottrina della Chiesa e ogni intelletto di questa dottrina viene dalla Parola, Elia sia stato chiamato Carro d'Israele e suoi Cavalieri, n. 2762. Che perciò egli fosse elevato per un carro e cavalli di fuoco, n. 2762, 8029.

[39] Che il ceruleo dal rosso o infiammato corrisponda al bene dell’amore celeste, e il ceruleo dal bianco o lucente corrisponda al bene dell’amore spi­rituale, n. 9868.

[40] Che la prima e antichissima Chiesa sulla nostra Terra fosse una Chiesa celeste, che è la primaria di tutte. n. 607, 895, 920, 1121, 1122, 1123, 1124, 2896, 4493, 8891, 9942, 10545. Che si chiami Chiesa celeste quella, in cui il principale è l’amore verso il Signore; e Chiesa spirituale quella, in cui il prin­cipale è la carità verso il prossimo e la fede, n. 3691, 6435, 9468, 9680, 9683, 9780.

[41] Nota 6.

[42] Che le distanze nell’altra vita siano apparenze reali, che sono dal Si­gnore presentate alla vista secondo lo stato degl’interiori degli angeli e degli spiriti, n. 5605, 9104, 9440, 10146.

[43] Nota 40.

[44] Estratto dagli Arcana Coelestia, n. 1118. (Nota del Traduttore).

[45] Che gli spiriti e gli angeli abbiano una respirazione, n. 3884, 3885, 3891, 3893.

[46] Che le facce umane sulla nostra Terra, nei tempi antichi, ricevessero l’influsso dal cervelletto, e che allora le facce facessero uno con le affezioni interiori dell’uomo; ma che in seguito ricevessero l’influsso dal cervello, quando l’uomo cominciò a fingere e simulare con la faccia affezioni non sue. Muta­zioni che quindi subirono le facce coll’andare del tempo, n. 4325 a 4328.

[47] Merita riflessione questa informazione data dagli spiriti di Marte a Swe­denborg, cioè, che gli abitanti di quel pianeta sapevano fare dei fuochi fluidi (ignes fluidos) per mezzo dei quali si procuravano la luce la sera e la notte. L’illuminazione per mezzo di fuochi fluidi potrebbe ben essere qualcosa di simile all’illuminazione elettrica o a quella a gas, che da mezzo secolo appena godono solamente i paesi più civilizzati del nostro globo. Così queste moderne scoperte delle scienze fisiche, delle quali noi meniamo sì gran vampo, sarebbero già da lungo tempo note e praticamente applicate fra gli abitanti di Marte, e chi sa di quante altre Terre nell’Universo. Siccome questo libro fu pubblicato dall’Autore nel 1758, cioè, in un’epoca in cui sulla nostra Terra non si conosceva altro mezzo d’illuminazione all’infuori dell’olio, della cera ed altre materie grasse, l’informazione che egli ci trasmette è per conseguenza di gran peso, ed esclude ogni sospetto. (Nota del Traduttore).

[48] Nota 40.

[49] Che le comunicazioni si facciano per mezzo di spiriti mandati da so­cietà di spiriti e di angeli ad altre società; e che gli spiriti mandati siano chia­mati soggetti, n. 4403, 5856, 5983, 5985 a 5989.

[50] Che vi sia un influsso spirituale, e non un influsso fisico o naturale; così che vi sia un influsso dal mondo spirituale nel mondo naturale, e non dal mondo naturale nel mondo spirituale, n. 3219, 5119, 5259, 5427, 5428, 5477, 6322. Che sembri come se l’influsso fosse dagli esterni dell’uomo negl’in­terni, ma che ciò sia un’illusione, n. 3721.

[51] L’esistenza d’un’atmosfera lunare, messa in dubbio, anzi dagli astrònomi recisamente negata, fu finalménte accertata dalla Missione scientifica, inviata da alcuni Governi europei alle sponde del Nilo per osservare l’ecclissi totale del Sole, che ebbe luogo il 17 maggio 1882. (Nota del Traduttore).

[52] Che dal solo lume naturale non si sappia nulla sul Signore, sul Cielo e l’inferno, sulla vita dell’uomo dopo la morte, e sui Divini Veri per i quali l’uomo ha la vita spirituale ed eterna, n. 8944, 10318, 10319, 10320. Che ciò possa essere evidente da che molti, e tra essi gli eruditi, non credono queste cose, benché siano nati dove è la Parola e per mezzo di essa istruzione in­torno a queste cose, n. 10319. Che perciò sia stato necessario che vi fosse una rivelazione dal Cielo, poiché l’uomo è nato per il Cielo, n. 1775.

[53] Che i Gentili nell’altra vita siano istruiti dagli angeli, e che coloro che vissero bene secondo la loro religiosità, ricevano i veri della fede e riconoscano il Signore, n. 2049, 2595, 2598, 2600 a 2603, 2861, 2863, 3263.

[54] Che la Parola sia compresa dagli angeli nei Cieli altrimente che dagli uomini nelle Terre; e che quelli abbiano li senso interno o spirituale, e questi il senso esterno o naturale, n. 1769 a 1772, 1887, 2143, 2333, 2395, 2540, 2541, 2545, 2551. Che la Parola sia quel che unisce il Cielo e la Terra, n. 2310, 2495, 9212, 9216, 9357, 10375. Che perciò la Parola sia stata scritta per mere corrispondenze, 1404, 1408, 1409, 1540, 1619, 1659, 1709, 1783, 8615, 10687. Che nel senso intimo della Parola si tratti unicamente del Signore e del suo Regno, n. 1873, 2249, 2523, 7014, 9357.

[55] Che la Parola nel senso della lettera sia naturale, n. 8783. E ciò perché il naturale è l’ultimo, in cui si terminano gli spirituali e i celesti, e sopra cui sussistono come sul loro fondamento; e che altrimenti il senso interno o spirituale della Parola, senza un senso esterno o naturale, sarebbe come una casa senza fondamento, n. 9430, 9433, 9824, 10044, 10436.

[56] Che la Parola sia il Signore in quanto al Divino Vero procedente da Lui, n. 2859, 4692, 5075, 9987. Che sia per il Divino Vero che tutte le cose sono state create e fatte, n. 2803, 2894, 5272, 7835.

[57] Che i movimenti, le progressioni e le mutazioni di luogo siano, nell’al­tra vita, mutazioni di stato degli interiori, della vita, e che nondimeno appa­riscano realmente agli spiriti e agli angeli come fossero in attualità, n. 1273 a 1277, 1377, 3356, 5605, 10734.

[58] Swedenborg accenna qui al posto fisso del Sole rispetto ai suoi pianeti, e non alla sua immobilità, poi che egli fu il primo a scoprire il moto delle stelle e quello del nostro Sole lungo la via lattea, come si può vedere nella sua opera, Principia rerum naturalium, che egli pubblicò nel 1734, cioè 24 anni prima di questo libro. (Nota del Traduttore).

[59] Che l’uomo dopo la morte abbia con sé la memoria di tutte le cose che furono sue nel mondo, n. 2476 a 2486.

[60] Nota 57.

[61] Facella: bastone  alla cui estremità viene accesa la fiamma; fiaccola, fiammella.

[62] Che nei Cieli vi sia una gran luce, n. 1117, 1521, 1522, 1533, 1619 a 1632, 4527, 5400, 8644. Che ogni luce nei Cieli provenga dal Signore come Sole là, n. 1053, 1521, 3195, 3341, 3636, 4415, 9548, 9684, 10809. Che il Divino Vero procedente dal Signore apparisca nei, Cieli, come luce, n. 3195, 3222, 5400, 8644, 9399, 9548, 9684. Che quella luce illumini e la vista e l’intelletto degli angeli e degli spiriti, n. 2776, 3138. Che la luce del Cielo illumini anche l’intelletto dell’uomo, n. 1524, 3138, 3167, 4408, 6608, 8707, 9128, 9399, 10569.

[63] Nota 33.

[64] Che il sensuale esterno dell’uomo sia, nel Mondo spirituale, rappresen­tato per i serpenti, perché questo sensuale è negli infimi, e rispettivamente agli interiori nell’uomo giace a terra e quasi striscia; e che quindi coloro che ragionano dal sensuale siano stati chiamati serpenti, n. 195, 196, 197, 6398, 6949.

[65] Nota 6.

[66] Nota 33.

[67] Dal Simbolo di Atanasio.

[68] Che l’uomo subito dopo la morte risusciti in quanto allo spirito, e che lo spirito sia in forma umana, e sia uomo in quanto a tutte e alle singole cose, n. 4527, 5oo6, 5078, 8939, 8991, 10594, 10597, 10758. Che l’uomo ri­susciti solamente in quanto allo spirito, e non in quanto al corpo, n. 10593, 10594. Che il Signore solo sia risuscitato anche in quanto al corpo, n. 1729, 2083, 5078, 10825.

[69] Nota 57.

[70] Che il Cielo sia distinto in due Regni, di cui l’uno è. chiamato Regno celeste, e l’altro Regno spirituale, n. 3887, 4138. Che gli angeli del Regno celeste sappiano innumerevoli cose, ed abbiano immensamente più sapienza che gli angeli del Regno spirituale, n. 2718. Che gli angeli celesti non pensino e parlino secondo la fede, come gli angeli spirituali, ma secondo la perce­zione interna che una data cosa è così, n, 202, 597, 607, 784, 1121, 1387, 1398, 1442, 1919, 7680, 7877,8780. Che gli angeli celesti dicano semplicemente, trat­tandosi dei veri della fede: Sì, sì; o: No, no; ma che gli angeli spirituali ragio­nino per sapere se una cosa è così, 0 non è così, n. 202, 337, 2715, 3246, .4448, 9166.

[71] Che amare il Signore sia vivere secondo i suoi precetti, n. 10143, 10153, 10310, 10578, 10645.

[72] Che amare il prossimo sia fare il bene, il giusto e il retto in ogni ope­ra e in ogni funzione per l’affezione del bene, del giusto e del retto, n. 8120, 8121, 8123, 10310, 10336. Che la vita dell’amore verso il prossimo sia la vita se­condo i precetti del Signore, n. 3249.

[73] Che il proprio dell’uomo, che egli trae dai suoi genitori, non sia che un denso male, n. 210, 215, 731, 874, 876, 987, 1047, 2307, 2308, 3518, 3701, 3812, 8480, 8550, 10283, 10284, 10286, 10731. Che il proprio dell’uomo sia di amarsi di preferenza a Dio, e di amare il mondo di preferenza al Cielo, e di non fare alcun conto del prossimo rispettivamente a sé, eccettuato solo che non sia per riguardo di sé, così di non stimare che se stesso; per conseguenza che esso sia l’amore di sé e del mondo, n. 694, 731, 4317, 5660. Che dall’amore di sé e dall’amore del mondo, quando predominano, provengano tutti i mali, n. 1307, 1308, 1321, 1594, 1691, 3413, 7255, 7376, 7480, 7488, 8318, 9335, 9348, 10038, 10742. Che questi mali siano il disprezzo degli altri, l’inimicizia, l’odio, la vendetta, la crudeltà, la furberia, n. 6667, 7372, 7373, 7374, 9348, 10038, 10742. E che da questi mali provenga ogni falso, n. 1047, 10283, 10284, 10286.