LA SAPIENZA ANGELICA

 

SUL

 

DIVINO AMORE

 

E SULLA

 

DIVINA SAPIENZA

 

PER

EMANUELE SWEDENBORG

 

 

 

 

TRADUZIONE DAL LATINO ESEGUITA SULL'EDIZIONE DI STOCCARDA, 1843
DAL
Prof. LORETO SCOCIA

 

A spese delle Società Swedenborg inglese e americana

 

 

1877

 

 

Editore della stampa originale: TIPOGRAFIA DI MARIANO RICCI

Via San Gallo Num. 31 (FI)

 

Questa edizione è a cura di

“Amici della Nuova Luce” - www.legamedelcielo.it

 

 

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LA SAPIENZA ANGELICA

SUL DIVINO AMORE

 

(PARTE I)

 

 

1. CHE L’AMORE SIA LA VITA DELL’UOMO

 

1. L’uomo sa che l’amore esiste, ma egli non sa che cosa sia l’amore; che l’amore esista, egli lo sa dal parlare comune; dacché, per esempio, si dice: Un tale mi ama; il re ama i suoi sudditi, e i sudditi amano il re; il marito ama sua moglie, e la madre i suoi figli, e reciprocamente; come pure: Un tale o tal altro ama la patria, i concittadini, il prossimo; similmente parlando delle cose, fatta astra­zione dalla persona, per esempio: egli ama questa o quella cosa. Ma quantunque l’amore sia tanto universale nel linguaggio, pur tuttavia appena qualcuno sa che cosa è l’amore. Quando l’uomo medita sul­l’amore, siccome egli non se ne può formare alcuna idea di pensiero, dice o che è nulla, o che è solamente qualcosa che influisce dalla vista, dall’udito, dal tatto e dalla conversazione, e cosi commuove; egli ignora assolutamente che esso è la sua vita stessa, non sola­mente la vita comune di tutto il suo corpo, e la vita comune di tutt’i suoi pensieri, ma eziandio la vita di tutte le singole cose del corpo e dei pensieri: questo il savio lo può percepire quando si dice: Se tu rimuovi l’affezione che appartiene all’amore, puoi tu pensare qualcosa e fare qualcosa? il pensiero, la parola e l’azione non si raffreddano forse secondo che si raffredda l’affezione che è dell’amore? e non si riscaldano secondo che si riscalda questa affezione? Ma il savio lo percepisce non dalla conoscenza che l’amore è la vita dell'uomo, ma dall’esperienza che questo avviene cosi.

2. Nessuno sa che cosa è la vita dell’uomo, a meno che non sap­pia the cosa è l’amore; se non si sa questo, uno può credere che la vita dell’uomo sia solamente sentire e agire; un altro che sia pen­sare; allorché tuttavia il pensiero è il primo effetto della vita, e la sensazione e l’affezione sono il secondo effetto della vita. Si dice che il pensiero è il primo effetto della vita, ma havvi un pensiero inte­riore ed un pensiero più interiore, ed ancora un pensiero esteriore ed un altro più esteriore; il pensiero intimo, che è la percezione dei fini, è in attualità il primo effetto della vita; ma di ciò in seguito, quando si tratterà dei gradi della vita.

3. Dal calore del sole nel mondo si può avere una qualche idea che l’amore è la vita dell’uomo; che questo calore sia come la vita comune di tutte le vegetazioni della terra, è noto; essendo che in virtù di esso, quando comincia ad elevarsi, il che avviene nella stagione di primavera, i vegetali d’ogni genere sorgono dalla terra, si ornano di foglie, poi di fiori, e finalmente di frutti, e cosi quasi vivono; ma quando il calore si ritira, il che avviene nelle stagioni d’autunno e d’inverno, essi si spogliano di questi segni di lor vita, ed appassi­scono. La medesima cosa è dell'amore appo l’uomo, stantechè l’amore e il calore si corrispondono mutuamente; per la qual cosa eziandio l’amore scalda.

 

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2. CHE DIO SOLO, COSÌ IL SIGNORE, SIA L’AMORE STESSO, PERCHÉ EGLI È LA VITA STESSA, E CHE GLI ANGELI E GLI UOMINI SIANO I RECIPIENTI DELLA VITA

 

4. Questo soggetto sarà illustrato con molte spiegazioni nel Trat­tato Sulla Divina Providenza, e sulla Vita; qui vuolsi dire so­lamente che il Signore, che è il Dio dell’Universo, è Increato ed In­finito, ma che l’uomo e l’angelo sono creati e finiti; e poiché il Signore è Increato ed Infinito, Egli è l’Essere stesso, che chiamasi Jehovah, ed è la Vita stessa o la Vita in sé: nessuno può esser creato immediatamente dall’increato, dall’infinito, dall’Essere stesso, e dalla Vita stessa; perché il Divino è uno e non divisibile, ma bisogna che ognuno lo sia da cose create e finite, formate in modo che il Divino possa essere in esse: poiché gli uomini e gli angeli sono tali, essi sono recipienti della vita: perciò se un uomo si lascia sedurre dal pensiero, al punto di credere che egli non è un recipiente della vita, ma che è la vita, egli non può essere distolto dal pensiero che è Dio. Se l’uomo sente come se fosse la vita, e se quindi crede che egli è la vita, è dietro una illusione, poiché nella causa strumen­tale la causa principale non si percepisce altrimenti che come una stessa cosa con essa. Che il Signore sia la Vita in sé, lo insegna Egli medesimo in Giovanni: — «Come il Padre ha la Vita in Se stesso, così Egli ha dato anche al Figlio d’avere la Vita in Se stesso». — V. 26; — insegna inoltre che Egli è la Vita stessa — Gio: XI. 25. XIV. 6. — Ora poiché l’Amore e la Vita sono una stessa cosa, come è evidente da quel che si è detto più sopra, — n. 1, 2, — ne segue che essendo il Signore la Vita stessa, Egli è l’Amore stesso.

5. Ma affinché questo cada nell'intelletto, è affatto indispensabile di sapere che il Signore, essendo l’Amore nella sua stessa essenza, vale a dire il Divino Amore, Egli appare dinanzi agli angeli nel Cielo come Sole, e che da quel Sole emanano un Calore ed una Luce; che il Calore che ne procede è nella sua essenza l’amore; che la Luce che ne deriva è nella sua essenza la sapienza; e che per quanto gli angeli sono recipienti di quel calore e di quella luce spirituali, tanto sono amori e sapienze, non amori e sapienze da se stessi, ma dal Signore. Quel calore e quella luce spirituali non solamente influiscono appo gli angeli e li affettano, ma anche presso gli uomini e li affet­tano, assolutamente secondo che divengono recipienti; ed essi diven­gono recipienti secondo il loro amore verso il Signore e verso il prossimo. Quel medesimo Sole, o il Divino Amore, non può per il suo calore e la sua luce creare alcuno immediatamente da sé, poiché cosi questi sarebbe l’Amore nella sua essenza, che è il Signore medesimo; ma lo può creare di sostanze e di materie formate in guisa che possono ricevere il calore stesso e la luce stessa, per compara­zione, come il Sole del mondo non può per il calore e la luce pro­durre immediatamente le germinazioni nella terra, ma le produce die­tro le materie dell’humus, nelle quali esso può essere mediante il calore e la luce, e dare la vegetazione. Che il Divino Amore del Signore apparisca come Sole nel Mondo spirituale, e che da quel Sole procedano un calore ed una luce spirituali, in virtù di cui gli angeli hanno l’Amore e la Sapienza, si vede nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, n. 116 a 140.

6. Poiché dunque l’uomo non è la vita, ma è un recipiente della vita, ne segue che la concezione dell’uomo dal padre non è la concezione della vita, ma è solamente la concezione della prima e più pura forma che può ricevere la vita, alla qual forma, come ad uno stame o ad un principio, si aggregano successivamente nell’utero le sostanze e le materie adattate in forma nel loro ordine e grado alla ricezione della vita.

 

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3. IL DIVINO NON È NELLO SPAZIO

 

7. Che il Divino o Dio non sia nello spazio, sebbene sia onni­presente, e presso ogni uomo nel mondo, e presso ogni angelo nel Cielo, e presso ogni spirito sotto il Cielo, non può esser compreso con l’idea meramente naturale, ma lo può essere con l’idea spirituale: se ciò non può esser compreso con l’idea naturale, è perché in essa vi è lo spazio; stantechè essa è formata dalle cose che sono nel mondo, e lo spazio è in tutte e nelle singole cose che si vedono cogli occhi; qui tutto quel che è grande e piccolo appartiene allo spazio; tutto quel che è lungo, largo e alto appartiene allo spazio; in una parola ogni misura, figura e forma appartiene allo spazio; perciò si è detto che con l’idea meramente naturale non si può comprendere che il Divino non sia nello spazio, quando si dice che è dappertutto. Ciò nondimeno l’uomo lo può comprendere col pensiero naturale, pur­ché egli ammetta in esso qualcosa della luce spirituale; perciò vuolsi dire prima qualcosa sull’idea spirituale, e quindi sul pensiero spirituale. L’idea spirituale non trae nulla dallo spazio, ma essa trae il suo tutto dallo stato; lo stato si dice dell’amore, della vita, della sapienza, delle affezioni, dei gaudi che ne provengono, in generale del bene e del vero; l’idea veramente spirituale intorno a queste cose non ha nulla di comune collo spazio; essa è superiore, e riguarda le idee di spazio sotto di sé come il cielo riguarda la terra. Ma poiché gli angeli e gli spiriti vedono cogli occhi egualmente come gli uo­mini nel mondo, e gli oggetti non si possono vedere che nello spazio, perciò nel Mondo spirituale, dove sono gli spiriti e gli angeli, appaiono spazi simili agli spazi sulla terra, ma tuttavia non sono spazi; sono apparenze, essendo che non sono né fissi né determinati come sulla terra; infatti si possono allungare o raccorciare, si possono mu­tare e variare; e poiché cosi non possono essere determinati colla mi­sura, non si possono ivi comprendere con alcuna idea naturale, ma solamente si possono comprendere con l’idea spirituale, la quale sulle distanze dello spazio non è altro che come sulle distanze del bene e del vero, che sono affinità e simiglianze secondo i loro stati.

8. Da questo si può vedere che l’uomo dall’idea meramente natu­rale non può comprendere che il Divino sia dappertutto, e tuttavia non sia nello spazio; e che gli angeli e gli spiriti lo comprendono chiara­mente; che per conseguenza anche l’uomo lo può comprendere, purché nel suo pensiero egli ammetta qualcosa della luce spirituale; se l’uomo lo può comprendere, si è perché non è il suo corpo che pensa, ma è il suo spirito, cosi non il suo naturale, ma il suo spi­rituale.

9. Che se tuttavia molti non lo comprendono, egli è perché amano il naturale, e perciò non vogliono elevare nella luce spirituale, sopra il naturale, i pensieri del loro intelletto, e coloro che non vogliono non possono pensare che dietro lo spazio, anche intorno a Dio; e pensare intorno a Dio dietro lo spazio, si è pensarvi dietro l’esteso della natura. Questo vuolsi premettere, perché senza la scienza e senza qualche percezione che il Divino non è nello spazio, non si può com­prendere nulla della Vita Divina, che è l’Amore e la Sapienza, di cui qui si tratta; e quindi se ne capirebbe poco, se pur si capirebbe qualcosa, circa la Divina Previdenza, Onnipresenza, Onniscienza, Onnipotenza, Infinità ed Eternità, di cui si deve trattare in serie.

10. Si è detto che nel Mondo spirituale appaiono degli spazi come nel Mondo naturale, per conseguenza anche delle distanze, ma che esse sono apparenze secondo le affinità spirituali che pertengono al­l’amore e alla sapienza, o al bene e al vero: indi è che il Signore, sebbene sia nei Cieli presso gli angeli ovunque, appare tuttavia in •alto sopra di essi come Sole: e poiché la ricezione dell’Amore e della Sapienza forma l’affinità con Esso, perciò i Cieli ove gli angeli sono dietro la ricezione in una affinità più vicina, appaiono più presso di Esso, che quelli dove gli angeli sono in un’affinità più remota: donde proviene anche che i Cieli, che sono tre, sono fra loro distinti; parimenti le Società di ciascun Cielo; e che gli inferni sotto i Cieli sono lontani secondo il rigetto dell’amore e della sapienza. La mede­sima cosa è degli uomini, nei quali e presso i quali il Signore è pre­sente sopra tutta la terra; e ciò unicamente per la ragione che il Signore non è nello spazio.

 

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4. CHE DIO SIA L’UOMO STESSO

 

11. In tutti i Cieli non vi è altra idea di Dio che l’idea d’un Uomo; questo proviene da che il Cielo nel tutto e nella parte è nella forma come un Uomo, e da che il Divino, che è presso gli angeli, costi­tuisce il Cielo; ora il pensiero si estende secondo la forma del Cielo; perciò è impossibile agli angeli di pensare altrimenti di Dio: indi è che nel mondo tutti coloro che sono congiunti col Cielo pensano si­milmente di Dio, quando pensano interiormente in sé o nel loro spi­rito. Da questo che Dio è Uomo, tutti gli angeli e tutti gli spiriti sono uomini in una forma perfetta; questo lo fa la forma del cielo, la quale nelle massime e nelle minime cose è simile a se medesima. Che il Cielo nel tutto e nella parte sia nella forma come un Uomo, si vede nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, n. 59 a 87; e che i pensieri si estendano secondo la forma del cielo, n. 203, 204. Che gli uomini siano stati creati ad immagine e somiglianza di Dio, è noto dalla Genesi, — I. 26, 27 — donde è noto anche che Dio è stato visto come Uomo da Abraham e da altri. Gli antichi, dai savi ai semplici, non pensarono di Dio altrimenti che come di un Uomo, e finalmente quando presero ad adorare più Dei, come in Atene ed in Roma, essi li adorarono tutti come uomini. Questo può essere il­lustrato per il seguente passo estratto da un Opuscolo pubblicato ul­timamente.[I] — Le nazioni, principalmente gli Africani, che ricono­scono e adorano un solo Dio Creatore dell’Universo, hanno di Dio l’idea d’un Uomo; essi dicono che nessuno può avere di Dio un’altra idea: quando odono dire che molti si formano di Dio un’idea come d’una piccola nuvola in uno spazio (in medio), essi domandano dove sono costoro; e quando loro si dice che sono fra i Cristiani, essi ne­gano che ciò sia possibile; ma loro si risponde che una tale idea essi l’hanno da che Dio nella Parola si chiama Spirito, ed essi non pen­sano altrimenti d’uno spirito che come d’una nuvoletta, ignorando che ogni spirito ed ogni angelo è uomo: ciò non pertanto è stato esami­nato se la loro idea spirituale è simile alla loro idea naturale, ed è stato scoperto che non è simile presso coloro che riconoscono inte­riormente il Signore per l’Iddio del cielo e della terra. Io ho udito un prete fra i Cristiani, che diceva che nessuno può avere un’idea del Divino Umano; e l’ho visto trasportato presso diverse nazioni, suc­cessivamente più e più interiori, e quindi ai Cieli di esse, e finalmente al Cielo cristiano, ed ovunque gli fu data comunicazione della loro percezione interiore intorno a Dio, ed egli notò che essi non avevano altra idea di Dio che l’idea d’un Uomo, che è la stessa che l’idea di Divino Umano.

12. Nel Cristianesimo l’idea volgare di Dio è come d’un Uomo, perché Dio si chiama Persona nella Dottrina Atanasiana della Tri­nità: ma coloro che si credono più savi del popolo dichiarano Dio invisibile; e ciò perché essi non possono comprendere né qualmente Dio, come Uomo, avrebbe potuto creare il cielo e la terra, ed em­pire l’universo di sua presenza, né capire più altre cose che non pos­sono cadere nell’intelletto, finché s’ignora che il Divino non è nello spazio. Coloro però che si rivolgono al Signore solo concepiscono il Divino Umano, per conseguenza Dio come Uomo.

13. Quanto sia importante d’avere una giusta idea di Dio, si può vedere da questo, che l’idea di Dio costituisce l’intimo del pensiero presso tutti coloro che hanno una religione, stante che tutte le cose della religione e tutte quelle del culto riguardano Dio: e poiché Dio è uni­versalmente e singolarmente in tutte le cose della religione e del culto, perciò se non si ha una giusta idea di Dio, non vi può essere comunicazione coi Cieli: indi è che ogni nazione nel Mondo spirituale ottiene un posto secondo l’idea di Dio come uomo, essendo che in questa idea, e non in un’altra, vi è l’idea del Signore. Che lo stato della vita dell’uomo dopo la morte sia secondo l’idea di Dio affermata appo sé, si vede chiaramente dal suo opposto, dacché la negazione di Dio, — e nel Cristianesimo la negazione della Divinità del Signore, — costituisce l’inferno.

 

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5. L’ESSERE E L’ESISTERE IN DIO SONO

DISTINTAMENTE UNO

 

14. Dove è l’Essere quivi e l’Esistere; l’uno non è senza l’altro, poiché l’Essere è per l’Esistere, e non senza di esso. Il Razionale comprende ciò, quando pensa se vi può essere qualche Essere che non Esiste, e se vi può essere un Esistere se non dall’Essere; e poiché l’uno esiste con l’altro, e non senza l’altro, ne segue che sono uno, ma distintamente uno. Sono distintamente uno come l’Amore e la Sapienza; l’Amore anche è l’Essere, e la Sapienza è l’Esistere, poiché non vi è Amore se non nella Sapienza, e non vi è Sa­pienza se non dall’Amore, laonde, quando l’Amore è nella Sapienza, allora Esiste: questi due sono talmente uno, che si possono, è vero, distinguere col pensiero, ma non in atto; e poiché sì possono distin­guere col pensiero e non in atto, perciò si dice distintamente uno, L’Essere e l’Esistere in Dio Uomo sono anche distintamente uno, come l’Anima e il Corpo; non vi è anima senza il suo corpo, né corpo senza la sua anima. È la Divina Anima di Dio Uomo che s’in­tende por il Divino Essere, ed è il (Suo) Divino Corpo che s’intende per il Divino Esistere. Che l’anima possa esistere senza il corpo, e che essa possa pensare ed esser savia, è un errore che proviene da illusioni; poiché ogni anima d’uomo è in un corpo spirituale, dopo che ha rigettato le spoglie materiali che essa portava intorno a sé nel mondo.

15. Che l’Essere non sia l’Essere eccetto che non esista, gli è perché prima esso non è in una forma, e se non è in una forma non ha qualità; e quel che non ha qualità non è qualcosa. Quel che esiste dall’Essere fa una stessa cosa Coll’Essere, per ciò che esso viene dall’Essere; quindi proviene l’unione in uno, e quindi proviene che l’uno appartiene all’altro mutuamente e vicendevolmente, ed altresì che l’uno è in tutte le cose dell’altro come in sé.

16. Da queste spiegazioni si può vedere che Dio è Uomo, e che per ciò Egli è Dio Esistente, Esistente non da Sé, ma in Sé: Colui che esiste in Sé è Dio da Cui procedono tutte le cose.

 

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6. IN DIO UOMO GL’INFINITI SONO DISTINTAMENTE UNO

 

17. È noto che Dio è Infinito; infatti si chiama l’Infinito; ed egli sì chiama l’Infinito, perché è Infinito; Egli è Infinito non solamente per ciò che è l’Essere stesso e l’Esistere stesso in Sé, ma perché in Esso sono gl’Infiniti; l’Infinito senza gl’Infiniti in Esso non è Infinito che quanto al solo nome. Gl’Infiniti in Esso non si possono dire né infinitamente numerosi (multa), né infinitamente tutti, per ragion del­l’idea naturale attaccata alle parole numerosi e tutti, poiché l’idea naturale d’infinitamente numerosi è limitata, e quella d’infinitamente tutti è bensì illimitata, ma essa deriva dalle cose limitate nell’universo: per la qual cosa l’uomo, essendo nell’idea naturale, non può per sublimazione ed approssimazione venire nella percezione de­gl’infiniti in Dio; ma l’angelo, essendo nell’idea spirituale, può per sublimazione ed approssimazione venire al di sopra del grado dell’uomo, non però tuttavia fino a quella percezione.

18. Che gl’infiniti siano in Dio, lo può comprovare appo sé chiun­que crede che Dio è Uomo: Poiché Dio è Uomo, Egli ha un corpo e tutto quel che appartiene al corpo; così Egli ha faccia, petto, ven­tre, lombi e piedi; chè senza queste parti non sarebbe Uomo; e poiché ha queste parti, Egli ha altresì occhi, orecchie, narici, una bocca e una lingua; ed anche le parti che sono interiormente nel­l’uomo, come il cuore e il polmone, e quelle che ne dipendono, le quali tutte insieme fanno che l’uomo è uomo: nell’uomo creato queste parti sono molte, e, considerate nello loro contesture, sono innume­revoli; ma in Dio Uomo esse sono infinite, nulla vi manca; indi Egli ha l’infinita perfezione. Che se si fa una comparazione dell’Uomo In­creato, che è Dio, coll’uomo creato, gli è perché Dio è Uomo, e perché Egli ha detto che l’uomo del mondo è stato creato a Sua immagine e secondo la Sua somiglianza. — Gen. I. 26, 27.

19. Che gl’Infiniti siano in Dio, è per gli angeli ancor più evidente dai cieli in cui sono. Il Cielo intero, che consiste in miriadi di mi­riade di angeli, nella sua forma universale è come un Uomo; parimenti ciascuna società del Cielo, tanto grande che piccola, quindi anche l’angelo è uomo; imperciocché l’angelo è il cielo in minima forma. Che sia così, si vede nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, n. 51 a 87. Il Cielo, nel tutto, nella parte e nell’individuo, è in una tal forma in virtù del Divino che gli angeli ricevono, essendo che per quanto l’angelo riceve del Divino, tanto è uomo in una forma per­fetta: indi è che si dice che gli angeli sono in Dio, e che Dio è in essi, ed altresì che Dio è il loro tutto. Non è possibile di descrivere qual moltitudine di cose sono nel Cielo; e poiché il Divino costituisce il Cielo, e quindi quella inesprimibile moltitudine di cose procede dal Divino, è evidente che gl’Infiniti sono nell’Uomo stesso, che è Dio.

20. Dall’universo creato si può tirare una simile induzione, quando si considera dietro gli usi e le loro corrispondenze: ma prima che ciò possa esser compreso, bisogna che sia illustrato da alcune premesse.

21. Poiché in Dio Uomo vi sono gl’Infiniti che, nel Cielo, nell’angelo e nell’uomo appaiono come in uno specchio, e poiché Dio Uomo non è nello spazio, come si è dimostrato più sopra — n. 7, 8, 9, 10 — si può in certo modo vedere e comprendere come Dio può essere Onnipresente, Onniscente e Onniprovvedente, e come Egli ha potuto come Uomo creare tutte le cose, e può, come Uomo, te­nere le cose create da Lui eternamente nel loro ordine.    

22. Che gl’infiniti siano in Dio Uomo distintamente uno, si può ancora vedere come in uno specchio dall’uomo. Vi sono nell’uomo molte e innumerevoli parti, come si è già detto, ma ciò nondimeno l’uomo le sente come uno; per i sensi ei non sa nulla dei suoi cer­velli, del suo cuore, del suo polmone, del suo fegato, della sua milza e del suo pancreas; e neppure nulla delle parti innumerevoli che sono negli occhi, nelle orecchie, nella lingua, nello stomaco, nelle mem­bra della generazione, ed in tutte le altre cose che lo costituiscono; e poiché per i sensi non ne sa nulla, egli è a se stesso come uno. La ragione è perché tutte le cose sono in una tal forma, che non ne può mancare neppur una; essendo che essa è una forma recipiente della vita che procede da Dio Uomo, come si è dimostrato più sopra — n. 4, 5, 6. — Dietro l’ordine e la connessione di tutte queste cose in una tal forma si presenta il senso e quindi l’idea, come se non fos­sero molti e innumerevoli, ma uno. Donde si può inferire che quelle parti molte e innumerevoli, che fanno nell’uomo come uno, sono di­stintamente anzi distintissimamente uno nell’Uomo stesso, che è Dio.

 

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7. VI È UN SOLO DIO UOMO DA CUI PROCEDONO

TUTTE LE COSE

 

 23. Tutte le cose della ragione umana si riuniscono e quasi si con­centrano in questo, che vi è un solo Dio Creatore dell’universo; per la qual cosa l’uomo che è dotato di ragione non pensa e non può pen­sare altrimenti dietro il comune del suo intelletto: Dì a qualcuno che ha una sana ragione, che vi sono due Creatori dell’universo, e tu sco­prirai dalla sua parte della repugnanza contro di te, e forse dal solo suono del linguaggio nell’orecchio: donde è evidente che tutte le cose della ragione umana si riuniscono e sì concentrano in questo, che vi è un solo Dio. Che sia così, proviene da due cause: la Prima è, che la stessa facoltà di pensare razionalmente, considerata in sé, non è dell’uomo, ma è di Dio appo l’uomo; da questa facoltà dipende la ra­gione umana nel comune, ed il comune fa che l’uomo vegga ciò come da sé. La Seconda è che l’uomo per questa facoltà, o è nella luce del cielo, o ne trae il comune del suo pensiero; e l’universale della luce del» Cielo è che vi è un solo Dio. Altrimenti avviene se l’uomo in virtù di questa facoltà ha pervertito gl’ inferiori dell’intelletto; que­gli per verità gode di questa facoltà, ma per la torsione degl’infe­riori la volge in un altro senso; indi la sua ragione non diviene sana.

24. Ogni uomo, senza che lo sappia, pensa d’una raunanza d’uo­mini come d’un sol uomo; perciò anche percepisce subito quando si dice che un re è il capo, ed i sudditi sono il corpo, ed anche quando si dice che questo o quel tale è nel corpo comune, cioè nel Regno. Avviene del corpo spirituale come del corpo civile; il corpo spiri­tuale è la Chiesa, il suo capo è Dio Uomo; donde chiaro si vede come in questa percezione la Chiesa apparirebbe come uomo, se non si pen­sasse un solo Dio Creatore e Conservatore, ma invece di Un solo, più; in questa percezione essa apparirebbe come un sol corpo sopra cui vi fossero più teste, così non come un uomo, ma come un mo­stro. Se si dicesse che quelle teste hanno una sola essenza, e che perciò esse fanno una sola testa, non ne potrebbe risultare altra idea, se non che una testa ha più faccio, o che più teste hanno una sola faccia; così la Chiesa in questa percezione si presenterebbe deforme; allorché tuttavia un solo Dio è il capo, e la Chiesa è il corpo, che agisce a piacimento del capo, e non da sé, come parimenti avviene nell’uomo. Indi proviene ancora che in un Regno non vi è che un sol re, poiché più re dilanierebbero, ma un solo può contenere.

25. La medesima cosa sarebbe della Chiesa sparsa sopra tutta la terra, la quale si chiama Comunione, perché essa è come un sol corpo sotto una sola testa: è noto che la testa dirige a suo piacimento il corpo che è sotto di sé, poiché nella testa risiedono l’intelletto e la volontà, e il corpo è mosso dall’intelletto e dalla volontà, a tal segno che il corpo è solamente un’obbedienza: il corpo non può far nulla se non dietro l’intelletto e la volontà che sono nella testa; pa­rimenti l’uomo della Chiesa non può far nulla se non da Dio; pare come se il corpo agisse da sé, per esempio che le mani e i piedi, agendo, si muovano da sé, e che la bocca e la lingua, parlando, si dimenino da sé, dovechè tuttavia esse non fanno nulla da sé, ma agi­scono dietro l’affezione della volontà, e quindi dietro il pensiero del­l’intelletto, che sono nella testa. Pensa ora: se sopra un sol corpo vi fossero più teste, e ciascuna testa fosse indipendente in quanto al suo intelletto ed alla sua volontà, il corpo potrebbe egli forse sussistere? fra esse non vi sarebbe l’unanime, quale si ha in una sola testa. Come è nella Chiesa, così è nei Cieli che si compongono di miriadi di mi­riade di angeli; se tutti ed ognuno di essi non riguardassero a un solo Dio, essi cadrebbero l’uno dall’altro, e il Cielo si dissolverebbe; per­ciò se l’angelo del Cielo pensa solamente a più Dei, egli si separa subito, essendo che si getta negli ultimi confini dei Cieli, e cade.

26. Poiché tutto il Cielo e tutte le cose del Cielo si riferiscono a un solo Dio, perciò la favella angelica è tale, che per un certo ac­cordo proveniente dall’accordo del Cielo, essa finisce in una unità; in­dizio che è impossibile agli angeli di pensare altrimenti che un sol Dio, stante che la favella procede dal pensiero.

27. Qual uomo, la cui ragione è sana, non deve percepire che il Divino è indivisibile, e che non vi sono più Infiniti, più Increati, più Onnipotenti, né più Dei? Se taluno, privo di ragione, dicesse che più Infiniti, più Increati, più Onnipotenti e più Dei sono possibili, purché abbiano una medesima essenza, e che così sono un solo Infinito, un solo Increato, un solo Onnipotente e un sol Dio; (si potrebbe rispon­dere): fossechè una medesima essenza non è una medesima cosa? e una medesima cosa può ella essere presso più persone? se si dicesse che l’uno procede dall’altro; allora colui che procede da un altro non è Dio in Sé, e pur nondimeno Dio in sé è il Dio da Cui procedono tutte le cose; vedasi più sopra n. 16.

 

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8. LA STESSA DIVINA ESSENZA È L’AMORE E LA SAPIENZA

 

28. Se tu raccogli tutte le cose che conosci e le poni sotto l’in­tuizione della tua mente, e in una qualche elevazione dello spirito tu scruti quel che è l’universale di tutte le cose, non potrai altrimenti che concludere che esso è l’Amore e la Sapienza; poiché sono questi i due essenziali di tutte le cose della vita dell’uomo; tutto il suo Civile, tutto il suo Morale e tutto il suo Spirituale dipendono da questi due, e senza questi due sono nulla: similmente tutte le cose della vita dell’Uomo composto, che è, come si è già detto, una so­cietà sia più grande, sia più piccola, un regno, un impero, la Chiesa, ed anche il Cielo angelico. Togline l’amore e la sapienza, e pensa al­lora se esse sono qualcosa, e tu scoprirai che senza l’amore e la sapienza come (principii) da cui sussistono, esse non sono niente.

29. Che in Dio vi sia l'Amore e in pari tempo la Sapienza nella loro stessa essenza, non può esser negato da nessuno; conciossiachè dall’Amore in Sé Iddio ama tutti gli uomini, e dalla Sapienza in Sé li conduce tutti. L’Universo creato, considerato dietro l’ordine, è an­che così pieno di sapienza procedente dall’amore, che si direbbe che tutte le cose in complesso sono la sapienza stessa; dappoiché esse sono indefinite in un tal ordine, successivamente e simultaneamente, che, prese insieme, esse fanno uno: si è da qui e non d’altra parte che esse possono essere contenute e perpetuamente conservate.

30. Da questo che la stessa Divina Essenza è l'Amore e la Sa­pienza ne risulta che vi sono nell’uomo due facoltà della vita, dall’una delle quali egli ha l’intelletto, e dall’altra, la volontà; la facoltà in virtù della quale egli ha l’intelletto trae tutte le cose sue dall’in­flusso della Sapienza procedente da Dio, e la facoltà in virtù della quale egli ha la volontà trae tutte le cose sue dall’influsso dell’Amore procedente da Dio: che poi l’uomo non sia savio giustamente e non ami, come dovrebbe, questo non toglie le facoltà, ma solamente le chiude, e finché sono chiuse, l’intelletto, è vero, si chiama intelletto, e la volontà parimenti volontà, ma non ostante essenzialmente non lo sono; laonde se queste facoltà fossero tolte, perirebbe tutto Fumano, che consiste in pensare e dal pesare in parlare e volere, e dal vo­lere in agire. Indi è evidente che il Divino presso l’uomo risiede in quelle due facoltà, che sono la facoltà d’esser savio e la facoltà di amare, vale a dire che l’uomo può. Che poter esser savio e potere amare sia nell’uomo, sebbene egli non sia savio e non ami come ne ha il potere, mi è noto per molte esperienze, che si vedranno altrove copiosamente.

31. Da che la stessa Divina Essenza è l'Amore e la Sapienza, ne risulta che tutte le cose nell’universo si riferiscono al Bene e al Vero, poiché tutto quel che procede dall’Amore si chiama bene, e tutto quel che procede dalla Sapienza si dice vero; ma di ciò si dirà di più in seguito.

32. Da questo che la stessa Divina Essenza è l'Amore e la Sa­pienza, ne risulta che l’Universo e tutte le cose che sono in esso, tanto vive quanto non vive, sussistono in forza del calore e della luce, poiché il calore corrisponde all’amore, e la luce alla sapienza; perciò ancora il Calore spirituale è l’Amore, e la Luce spirituale è la Sapienza; ma anche sopra questo soggetto si daranno in seguito più ampie spiegazioni.

33. Dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza, che fanno l’Essenza stessa che è Dio, derivano la loro origine tutte le affezioni e tutti i pensieri appo l’uomo; dal Divino Amore le affezioni, e dalla Divina Sapienza i pensieri; e tutte e le singole cose dell’uomo non sono che affezione e pensiero, e questi due sono come le sorgenti di tutte le cose di sua vita; dall’affezione e dal pensiero scaturiscono tutti i pia­ceri e tutti i diletti di sua vita, dall’affezione del suo amore i piaceri, e dal pensiero proveniente da essa affezione i diletti. Ora essendo l’uomo stato creato per essere recipiente, ed egli è recipiente per quanto ama Dio, e dall’amore verso Dio ha della sapienza, cioè per quanto è affetto per le cose che procedono da Dio, e per quanto pensa dietro questa affezione, ne segue che la Divina Essenza, che è Crea­trice, è il Divino Amore e la Divina Sapienza.

 

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9. IL DIVINO AMORE APPARTIENE ALLA DIVINA SAPIENZA,

E LA DIVINA SAPIENZA APPARTIENE AL DIVINO AMORE

 

34. Che il Divino Essere e il Divino Esistere in Dio Uomo siano distintamente uno, si vede più sopra, n. 14 a 16, e siccome il Divino Essere è il Divino Amore, e il Divino Esistere è la Divina Sapienza, così il Divino Amore e la Divina Sapienza sono del pari distintamente uno. Si dicono distintamente uno, perché l’Amore e la Sapienza sono due cose distinte, ma siffattamente unite, che l’Amore appartiene alla Sapienza e la Sapienza all’Amore; conciossiachè l’Amore È nella Sa­pienza, e la Sapienza Esiste nell’Amore: e poiché la Sapienza trae il suo Esistere dall’Amore, come si è detto più sopra, n. 15, ne risulta che la Divina Sapienza è anche l’Essere. Segue da ciò che l’Amore e la Sapienza, presi insieme, sono il Divino Essere, ma presi distin­tamente, l’Amore si chiama Divino Essere, e la Sapienza Divino Esi­stere. Tale è l’idea angelica sul Divino Amore e sulla Divina Sa­pienza.

35. Poiché tale è l’unione dell’Amore con la Sapienza, e della Sapienza coll’Amore in Dio Uomo, la Divina Essenza è una, poiché la Divina Essenza è il Divino Amore, perché l’Amore appartiene alla Divina Sapienza, ed essa è la Divina Sapienza, perché la Sapienza appartiene al Divino Amore; e poiché tale è la loro unione, perciò anche la Vita Divina è una: la Vita è la Divina Essenza. Se il Di­vino Amore e la Divina Sapienza sono uno, è perché l’unione è re­ciproca, e l’unione reciproca fa l’unità. Ma intorno all’unione reciproca se ne dirà di più altrove.

36. L’unione dell’Amore e della Sapienza è ancora in ogni opera Divina; da questa unione viene la perpetuità ed anche l’eternità del­l’opera. Se in qualche opera creata vi fosse più di Divino Amore che di Divina Sapienza, o più di Divina Sapienza che di Divino Amore, essa non sussisterebbe; (essa sussiste) solo in quanto vi è in egual proporzione dell’uno e dell’altra; quel che è di più passa.

37. La Divina Previdenza nel riformare, rigenerare e salvare gli uomini partecipa egualmente del Divino Amore e della Divina Sa­pienza; con più di Divino Amore che di Divina Sapienza; o con più di Divina Sapienza che di Divino Amore, l’uomo non può essere ri­formato, né rigenerato, né salvato: Il Divino Amore vuol salvare tutti gli uomini, ma non può salvarli che per la Divina Sapienza; e della Divina Sapienza sono tutte le leggi per le quali si effettua la salva­zione, e l’Amore non può trasgredire queste leggi, perché il Divino Amore e la Divina Sapienza sono uno, e agiscono in unione.

38. Il Divino Amore e la Divina Sapienza nella Parola sono intesi per la giustizia ed il giudicio, il Divino Amore per la giustizia, e la Divina Sapienza per il giudicio; perciò nella Parola si dice Giustizia e Giudicio, parlando di Dio; per esempio in David: «La Giustizia ed il Giudicio (sono) il sostegno del tuo Trono». — Sal. LXXXIX, 15 — Nel medesimo: «Jehovah produrrà fuori come la luce la Giustizia, ed il Giudicio come il mezzodì». — Sal. XXXVII, 6. — In Hosea. «Io Mi disposerò a te in eterno in Giustizia e Giudicio». — . II, 19. — In Geremia: «Farò sorgere a David un germoglio giusto, che regnerà da Re, e farà Giudicio e Giustizia in terra». — XXIII, 5. — In Isaia: «Egli sederà sul trono di David e sopra il suo re­gno, per istabilirlo in Giudicio ed in Giustizia». — IX, 6. — Nel medesimo: «Esaltato sarà Jehovah, perché egli ha empito Sion di Giu­dicio e di Giustizia». — XXXIII, 5. — In David: «Quando io avrò imparato i Giudicii della tua Giustizia: sette volte il di io Ti lodo sopra i Giudizii della tua Giustizia». — Sal. CXIX, 7, 164. — La medesima cosa s’intende per la Vita e per la Luce in Giovanni: «In Esso era la Vita, e la Vita era la Luce degli uomini». — I, 4. — Per la Vita ivi s’intende il Divino Amore del Signore, e per la Luce la sua Divina Sapienza. La medesima cosa s’intende ancora per la Vita e per lo Spirito in Giovanni: «Gesù disse: Le parole che io vi enuncio sono Spirito e Vita». — VI, 63. —

39. Nell’uomo l’amore e la sapienza appaiono come due cose se­parate, ma nondimeno in se stesse esse sono distintamente uno, perché appo l’uomo tale è la sapienza quale è l’amore, e l’amore è tale quale è la sapienza; la sapienza che non fa una stessa cosa col suo amore appare come fosse la sapienza, e tuttavia non l’è; e l’amore che non fa una stessa cosa con la sua sapienza appare come se fosse l’amore della sapienza, ma tuttavia non lo è, conciossiachè l’una deve trarre dall’altro la sua essenza e la sua vita e reciprocamente. Se la sapienza e l'amore appo l’uomo appaiono come due cose separate, si è perché la facoltà d’intendere presso di lui è suscettibile d’essere elevata nella luce del cielo, ma non la facoltà di amare, se non in quanto l'uomo fa come intende; laonde quel che appare della sa­pienza che non fa una stessa cosa con l'amore della sapienza, ricade nell’amore che fa uno, il quale può essere l’amore dell’insipienza ed anche l’amore dell'insania; conciossiachè l’uomo può in virtù della sa­pienza sapere che bisogna fare questa o quella cosa, e ciò nonostante egli non la fa, perché non l’ama; ma per quanto in virtù dell’amore egli fa quel che appartiene alla sapienza, tanto è l’immagine di Dio.

 

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10. IL DIVINO AMORE E LA DIVINA SAPIENZA
SONO UNA SOSTANZA E UNA FORMA

 

40. L’idea che gli uomini volgari hanno dell’Amore e della Sapienza è come di qualcosa di volatile e di fluente nell’aria sottile o nell’etere, o come d’una esalazione di qualcosa di simile; e appena vi è qualcuno che pensa che l’Amore e la Sapienza sono realmente e attualmente una sostanza e una forma. Coloro che vedono che sono sostanza e forma, percepiscono ciò nonostante l’amore e la sapienza fuori del sog­getto come profluente da esso, e quel che percepiscono fuori del sog­getto come profluente da esso, sebbene volatile e fluente, pure essi lo chiamano sostanza e forma, non sapendo che l’amore e la sapienza sono il soggetto stesso, e che quel che si percepisce fuori del soggetto come volatile e fluente è solamente l’apparenza dello stato del soggetto in sé. Se questo non è stato visto fin qui, vi sono più ragioni; fra le quali una si è che le apparenze sono le prime cose di cui la mente umana forma il suo intelletto, e che essa non le può dissipare fuorché per l’indagine della causa, e se la causa è profondamente nascosta, essa non la può indagare, a meno che non tenga l’intelletto lungo tempo nella luce spirituale, in cui essa non lo può tenere lungo tempo per cagione della luce naturalo che ne lo ritrae continuamente. Non­pertanto la verità è che l’amore e la sapienza sono una sostanza e una forma reali e attuali, che costituiscono il soggetto stesso.

41. Ma siccome questa verità è contro l’apparenza, essa può essere considerata come non meritante confidenza, eccetto che non sia dimo­strata, ed essa non può essere dimostrata se non per cose che l’uomo può percepire coi sensi del suo corpo; essa sarà dunque dimostrata per queste cose. L’uomo ha cinque sensi esterni che si chiamano il tatto, il gusto, l’odorato, l’udito e la vista. Il soggetto del tatto e la pelle, di cui l’uomo è inviluppato; la sostanza stessa e la forma stessa della pelle fanno sì che egli sente le cose che vi sono applicate; il senso del tatto non è nelle cose che sono applicate, ma esso è nella sostanza e nella forma della pelle, che ne sono il soggetto; questo senso è so­lamente l’affeziono del soggetto prodotta dalle cose che sono applicate. La medesima cosa è del gusto; questo senso è semplicemente l’affe­zione della sostanza e della forma che appartengono alla lingua, la lingua n’è il soggetto. La medesima cosa è dell’odorato; che l’odore affetti le narici, che esso sia nelle narici e che sia l’affezione delle narici pro­dotta dalle cose odorifere che le toccano, questo è noto. La medesima cosa è dell’udito; pare che l’udito sia nel luogo dove il suono comin­cia, ma l’udito è nell’orecchio, ed esso è l’affezione della sostanza e della forma dell’orecchio; che l’udito sia distante dall’orecchio, è una apparenza. La medesima cosa è della vista; quando l’uomo vede degli oggetti in distanza, pare che la vista sia là, ma non ostante essa è nell’occhio che n’è il soggetto, e parimenti essa è l’affezione del sog­getto: il distante proviene solamente dal giudizio che conclude sullo spazio dietro gl’intermedii, o dietro la diminuzione e quindi l'oscura­mento dell’oggetto, la cui immagine si presenta interiormente nell’occhio secondo l’angolo d’incidenza: indi è evidente che la vista non esce dall’occhio verso l’oggetto, ma che l’immagine dell’oggetto entra nel­l’occhio ed affetta la sostanza e la forma di esso: infatti avviene per la vista la stessa cosa che avviene per l’udito; l’udito nemmeno esce dall’orecchio per prendere il suono, ma il suono entra nell’orecchio e l’affetta. Da queste spiegazioni si può vedere che l’affezione della so­stanza e della forma, che fa il senso, non è qualcosa di separato dal soggetto, ma solamente essa produce una mutazione in esso, il sog­getto rimanendo soggetto allora, come prima e dopo; d’onde segue che la vista, l’udito, l’odorato, il gusto e il tatto non sono qualcosa di volatile effluente dai loro organi, ma che essi sono gli organi con­siderati nella loro sostanza e forma, le quali, allorché sono affette, si produce il senso.

42. La medesima cosa è dell’Amore e della Sapienza, con la sola differenza che le sostanze e le forme, che sono l’amore e la sapienza, non si presentano dinanzi agli occhi, come gli organi dei sensi esterni; ma ciò non pertanto nessuno può negare che le cose dell’amore e della sapienza, che si chiamano pensieri, percezioni ed affezioni siano sostanze e forme, e non già esseri volatili e fluenti dal nulla, 0 astra­zioni senza sostanza né forma reali ed attuali, sostanza e forma che sono i soggetti: in fatti vi sono nel cervello innumerevoli sostanze e forme, nelle quali risiede ogni senso interiore che si riferisce all’in­telletto ed alla volontà. Che tutte le affezioni, le percezioni e i pen­sieri non siano aliti esalati da quelle sostanze e da quelle forme, ma che siano in attualità e in realtà soggetti che non emettono nulla da sé, ma solamente subiscono mutazioni secondo gli affluenti che affet­tano, questo si può vedere dalle cose dette dianzi sui sensi esterni. Intorno agli affluenti che affettano si dirà di più in seguito.

43. Da queste spiegazioni si può primieramente vedere che il Di­vino Amore in Sé e la Divina Sapienza in Sé sono una sostanza e una forma, poiché sono l’Essere stesso e l’Esistere stesso; e se un tal Essere e un tale Esistere non fossero, come sono, una sostanza e una forma, essi non sarebbero che un essere di ragione, che in sé non è nulla.

 

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11. IL DIVINO AMORE E LA DIVINA SAPIENZA
SONO LA SOSTANZA IN SÉ E LA FORMA IN SÉ,
COSÌ LO STESSO E L'UNICO

 

44. Che il Divino Amore e la Divina Sapienza siano una Sostanza e una Forma, è stato già or ora confermato, e che il Divino Essere e il Divino Esistere siano l’Essere e l’Esistere in sé, è stato eziandio detto più sopra. Non si può dire che sono l’Essere e l’Esistere da sé, perché questo involge un principio, e nemmeno da qualcuno in esso che sia l’essere e l’esistere in sé, ma lo stesso Essere ed Esistere in sé è ab aeterno; lo stesso Essere ed Esistere in sé è anche increato, ed ogni creato non può essere che dall’increato, e quel che è creato è anche finito, ed il finito nemmeno può esistere che dall’infinito.

45. Chi con qualche pensiero può concepire e comprendere l’Essere e l’Esistere in sé, concepirà e comprenderà pienamente che è Lo stesso e l’Unico; si chiama ‘Lo stesso’ quel che solo È, e ‘l’Unico’ quello da cui procede ogni altro. Ora siccome Lo stesso e l’Unico è una sostanza e una forma, ne segue che la Sostanza stessa è unica, e la Forma stessa e unica; e poiché questa Sostanza stessa e questa Forma stessa sono il Divino Amore e la Divina Sapienza, ne segue che è l’Amore stesso è unico, e la Sapienza stessa è unica, che per conseguenza l’Essenza stessa è unica, ed anche la Vita stessa è unica; poiché l’Amore e la Sapienza sono la Vita.

46. Da ciò si può vedere quanto sensualmente, vale a dire dietro i sensi del corpo e dietro le tenebre di essi nelle cose spirituali, pen­sano coloro che dicono che la Natura è da se stessa; essi pensano dietro l’occhio, e non in virtù dell’ intelletto; il pensiero dietro l’occhio chiude l’intelletto, ma il pensiero in virtù dell’ intelletto apre l’occhio: costoro non possono pensare alcuna cosa intorno all’Essere e all’Esi­stere in sé, né che questo è l’Eterno, l’increato e l’infinito; essi nem­meno possono pensare alcunché sulla Vita, se non come una cosa vo­latile che va nel nulla, né altrimenti Sull’Amore e la Sapienza; essi non pensano affatto che dall’uno e dall’altra procedono tutte le cose della natura. Che tutte le cose della natura procedano dall’Amore e dalla Sapienza, neppur si può vedere, eccetto che la natura non sia considerata dagli Usi nella loro serie e nel loro ordine, e non già da alcune delle sue forme, che sono gli oggetti del solo occhio; poiché gli usi non vengono che dalla vita, e la loro serie e il loro or­dine vengono dalla sapienza e dall’amore, ma le forme sono i conte­nenti degli usi; se dunque si considerano solamente le forme, non si può vedere nella natura alcuna cosa della vita, e tanto meno alcuna cosa dell’amore e della sapienza, per conseguenza nulla di Dio.

 

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12. IL DIVINO AMORE E LA DIVINA SAPIENZA NON POSSONO ALTRIMENTI

CHE ESSERE ED ESISTERE IN ALTRI CREATI DA ESSI

 

47. Lo stesso dell’amore non è di amare sé medesimo, ma di amare gli altri e di essere congiunto ad essi per amore; lo stesso dell’amore è eziandio d’essere amato dagli altri, poiché così esso è congiunto. L’essenza d’ogni amore consiste nella congiunzione, anzi la sua vita che si chiama piacere, diletto, delizia, dolcezza, beatitudine, fortuna e felicità, consiste nella congiunzione. L’Amore consiste in questo che il suo sia dell’altro, e che egli senta il piacere dell’altro come un piacere in sé; questo si è amare. Ma sentire il suo piacere in un altro, e non il piacere dell’altro in sé, non è amare, per il  fatto che que­sto è amare se stesso; quello invece è amare il prossimo: questi due generi di amori sono diametralmente opposti: l’uno e l’altro genere congiungono, è vero, e non pare che amare il suo, vale a dire se stesso in un altro, disgiunga, dove che tuttavia questo disgiunge a tal segno, che tanto alcuno ha così amato un altro, altrettanto poi l’ha in odio; essendo che questa congiunzione si dissolve da sé successivamente, e allora l’amore diviene odio nel medesimo grado.

48. Come può colui che intuisce l’essenza dell’amore non vedere ciò? Che cosa infatti è amare solo sé, e non fuori di sé qualcuno da cui si sia riamati? Questo sarebbe piuttosto una dissoluzione che non una con­giunzione; la congiunzione dell’amore viene dal reciproco, e non vi è reciproco solamente in sé. Se si crede che essa può aver luogo, si è da un reciproco immaginativo negli altri. Da queste spiegazioni è evi­dente che il Divino Amore non può altrimenti che essere ed esistere in altri che egli ama e dai quali sia riamato; conseguentemente, poiché questo è in ogni amore, questo deve essere massimamente, vale a dire infinitamente, nell’Amore stesso.

49. Quanto a quel che si attiene a Dio, amare ed essere recipro­camente amato non può aver luogo in altri, nei quali vi sia qualcosa dell’infinito, o qualcosa dell’essenza e della vita dell’amore in sé, o qualcosa del Divino; avverrebbe che se qualcosa dell’infinito o del­l’essenza e della vita dell’amore in sé, vale a dire qualcosa del Divino fosse in essi, allora (Dio) non sarebbe amato da altri, ma egli amerebbe Se stesso; essendo l’infinito o il Divino, unico; se Esso fosse in altri sarebbe Lo stesso, e sarebbe lo stesso Amore di sé, di cui non vi può essere la minima cosa in Dio, per il fatto che esso è asso­lutamente l’opposto dell’Essenza Divina; laddove esso deve essere negli altri, nei quali non v’ ha nulla del Divino in sé. Che questo abbia luogo in esseri creati dal Divino, si vedrà qui appresso. Ma, affinché ciò abbia luogo, bisogna che vi sia la Sapienza Infinita che faccia uno Coll’Amore Infinito, vale a dire che vi sia il Divino Amore della Divina Sapienza, e la Divina Sapienza del Divino Amore, di cui si è discorso più so­pra, n. 34 a 39.

50. Dalla percezione e la conoscenza di questo arcano dipende la percezione e la conoscenza di tutte le cose dell’Esistenza o della Creazione, nonché tutte quelle della Sussistenza o della Conservazione da Dio, cioè di tutte le opere di Dio nell’ Universo creato, delle quali si dovrà trattare in seguito.

51. Ma, di grazia, non confondere le tue idee col tempo e con lo spazio; conciossiachè per quanto di tempo e di spazio vi è nelle idee, quando tu leggi quel che segue, tanto non lo intenderai, perché il Divino non è nel tempo e nello spazio; il che si vedrà chiaramente nella continuazione di quest’Opera, specialmente dove si parlerà del­l’Eternità, Infinità ed Onnipresenza.

 

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13. TUTTE LE COSE NELL’UNIVERSO SONO STATE CREATE
DAL DIVINO AMORE E DALLA DIVINA SAPIENZA DI DIO UOMO

 

52. L’Universo nei massimi e nei minimi, nei primi e negli ultimi è così pieno del Divino Amore e della Divina Sapienza, che si può dire che esso è il Divino Amore e la Divina Sapienza in immagine: che sia così, si vede manifestamente dalla rispondenza di tutte le cose dell’universo con tutte quelle dell’uomo. Tutte e le singole cose che esistono nell’universo creato hanno una tale rispondenza con tutte e le singole cose dell’uomo, che si può dire che anche l’uomo è un piccolo universo; vi è rispondenza delle sue affezioni e dei suoi pensieri con tutte le cose del Regno animale; della sua volontà e quindi del suo intelletto con tutte quelle del Regno vegetale, e della sua vita ultima con tutte quelle del Regno minerale. Che vi sia una tale rispondenza non appare a nessuno nel Mondo na­turale, ma essa è visibile nel Mondo spirituale a chiunque vi presta attenzione; in questo Mondo vi sono tutte le cose che esistono nei tre Regni del Mondo naturale, ed esse sono le corrispondenze delle affezioni e dei pensieri; delle affezioni procedenti dalla volontà, e dei pensieri procedenti dall’intelletto, nonché delle ultime cose della vita di coloro che vi sono; e le une e le altre appaiono intorno ad essi in un aspetto quale è quello dell’Universo creato, con la diffe­renza che esso è in una effigie più piccola. Da questo è evidente­mente manifesto agli angeli che l’Universo creato è l’immagine rap­presentativa di Dio Uomo, e che sono il Suo Amore e la Sua Sapienza che si presentano in immagine nell’universo, non già che l’Universo creato sia Dio Uomo, ma perché l’Universo viene da Esso: imperciocché nulla nell’universo creato è sostanza e forma in sé, né vita in sé, né amore e sapienza in sé; anzi neppur l’uomo è uomo in sé; ma tutto viene da Dio, che è l’Uomo, la Sapienza e l’Amore, la Forma e la Sostanza in sé. Quel che è in sé è Increato ed Infi­nito; ma quel che proviene dall’Increato e dall’Infinito, quello, non te­nendo appo sé nulla che sia in sé, è creato e finito, ed esso rappre­senta l’immagine di Colui da Cui è ed esiste.

53. L’essere e l’esistere, come pure la sostanza e la forma, nonché la vita, ed anche l’amore e la sapienza si possono dire degli oggetti creati e finiti; ma tutti questi oggetti sono creati e finiti; se si pos­sono dire di questi oggetti non è perché qualche Divino sia in essi, ma perché sono nel Divino, e il Divino è in essi: infatti tutto quel che è stato creato è in sé inanimato e morto, ma è animato e vivificato, perché il Divino è nelle cose create e finite, ed esse sono nel Divino.

54.  Il Divino non è in un soggetto in modo diverso che in un altro, ma un soggetto creato è differente da un altro, essendo che non ve ne sono due che siano gli stessi, e quindi ciascuno contenente differisce dall’altro. Da ciò risulta che il Divino nella sua immagine si presenta svariato. In seguito si dirà della presenza del Divino negli opposti.

 

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14. TUTTE LE COSE NELL’UNIVERSO CREATO SONO RECIPIENTI DEL DIVINO

AMORE E DELLA DIVINA SAPIENZA DI DIO UOMO

 

55. È noto che tutte e le singole cose dell’universo sono state create da Dio; per conseguenza l’Universo con tutte e le singole cose che contiene si chiama, nella Parola, l’Opera delle mani di Jehovah. Si dice che il Mondo nel suo complesso sia stato creato dal nulla, e si ha del nulla l’idea d’un nulla assoluto, dovechè tuttavia da un nulla assoluto non si fa, né si può fare nulla; questa è una verità costante; perciò l’Universo, che è l’immagine di Dio, e quindi è pieno di Dio, non ha potuto essere creato che in Dio da Dio; poiché Dio è l’Essere stesso, e dall’Essere deve venire quel che è; dal nulla, che non è, creare quel che è, è assolutamente contradittorio. Ma nondi­meno, quel che è stato creato in Dio da Dio non è una continuità di Dio, poiché Dio è l’Essere in Sé, e negli oggetti creati non vi è al­cuna cosa dell’Essere in Sé. Se negli oggetti creati vi fosse qualcosa dell’Essere in Sé, questa sarebbe una continuità di Dio, e una continuità di Dio è Dio. L’idea angelica intorno a questo soggetto è che quel che è stato creato in Dio da Dio, è come la cosa creata nell’uomo, che l’uomo ha tratto dalla sua vita, ma da cui la vita è estratta, la qual cosa è tale che conviene alla vita dell’uomo, ma contuttociò non è la sua vita: gli angeli confermano ciò dietro molte cose che esistono nel loro Cielo, ove dicono che essi sono in Dio, e che Dio è in essi, e che con tutto questo essi non hanno nel loro essere nulla di Dio che sia Dio: in seguito saranno riferite più altre ragioni per le quali essi confermano ciò; quel che qui si è detto, sia detto solamente per la scienza.

56. Tutto quel che è stato creato da questa origine è tale nella sua natura, che esso è un recipiente di Dio, non per continuità, ma per contiguità; per il contiguo e non per il continuo esso è suscetti­bile d’essere congiunto. Avvenga che esso è convenevole, perché è stato creato in Dio da Dio; e poiché è stato creato così, esso è un ana­logo, e per questa congiunzione è come l’immagine di Dio in uno specchio.

57. Da questo proviene che gli angeli non sono angeli da sé, ma essi sono angeli in virtù di questa congiunzione con Dio-Uomo, e questa congiunzione è secondo la ricezione del Divino Bene e del Di­vino Vero, che sono Dio ed appaiono procedere da Dio, sebbene siano in Dio; e la ricezione è secondo che essi applicano le leggi dell’ordine, che sono le Divine Verità, a sé medesimi, in virtù della libertà di pensare e volere secondo la ragione, le cui facoltà essi le hanno dal Signore come se fossero loro; per questo vi ha per essi ricezione del Divino Bene e del Divino Vero come da loro stessi, e per questo vi è il reciproco dell’amore; poiché, come si è detto più sopra, l’amore non esiste se non è reciproco. La medesima cosa è degli uomini sulla terra. Dalle cose dette si. può vedere primiera­mente che tutte le cose dell’Universo creato sono recipienti del Di­vino Amore e della Divina Sapienza di Dio Uomo.

58. Che tutte le cose dell’universo, come quelle che sono al di sotto degli uomini nel Regno animale, quelle che sono al di sotto degli animali nel Regno vegetale, e quelle che sono al di sotto dei vegetabili nel Regno minerale, che non sono né come gli angeli né come gli Uomini, siano eziandio recipienti del Divino Amore e della Divina Sapienza di Dio Uomo, è quel che non si può ancora esporre dinanzi all’intelletto, stantechè prima si debbono dare molte spiegazioni circa i gradi della vita e circa i gradi dei recipienti della vita. La congiunzione con queste cose è secondo i loro usi; essendo che tutti gli usi non derivano altrove la loro origine che da una congiunzione si­mile con Dio, ma dissimile secondo i gradi; la qual congiunzione suc­cessivamente nella discesa diviene tale che non havvi in queste cose nulla della libertà, perché non vi è nulla della ragione, e quindi nulla dell’apparenza della vita; ma nondimeno esse sono recipienti: essendo recipienti, esse sono anche reagenti, stantechè, per ciò che sono rea­genti esse sono contenenti. Della congiunzione cogli usi che non sono buoni se ne parlerà, dopoché sarà stata dimostrata l’origine del male.

59. Da queste spiegazioni si può vedere che il Divino è in tutte e nelle singole cose dell’universo creato, e che per conseguenza l’Universo creato è l’Opera delle mani di Jehovah, come si dice nella Pa­rola, cioè l’Opera del Divino Amore e della Divina Sapienza, poiché questo Amore e questa Sapienza s’intendono per le mani di Jehovah: e sebbene il Divino sia in tutte e nelle singole cose dell’Universo creato, pur tuttavia non vi è nulla del Divino in sé nel loro essere, stantechè l’Universo creato non è Dio, ma è da Dio; e poiché è da Dio, havvi in esso l’immagine di Dio, come vi è l’immagine dell’uomo in uno specchio, in cui l’uomo appare, è vero, ma ciò nonostante in quell’immagine non vi è nulla dell’uomo.

60. Ho udito nel Mondo spirituale parecchi spiriti che parlavano d’intorno a me, dicendo che certamente essi volevano riconoscere che in tutte e nelle singole cose dell’Universo vi è il Divino, perché si vedono in esse delle cose maravigliose di Dio, e tanto più maravigliose, quanto più sono riguardate interiormente; ma non pertanto, quando udirono che in tutte e nelle singole cose dell’universo creato vi è in attualità il Divino, ne furono indignati; indizio che essi, bensì dicevano ciò, ma nol credevano. Laonde fu loro domandato se essi non potevano vederlo solamente dall’ammirabile facoltà che è in ogni seme di produrre il suo vegetale in un ordine ammirabile fino a’ nuovi semi; e in questo che in qualunque seme vi è l’idea dell’infinito e dell’eterno, attesoché nei semi vi è una tendenza a moltiplicarsi e a fruttificare all’infinito e eternamente; come pure da ogni animale, an­che piccolissimo, dacché vi è in essi gli organi dei sensi, cervelli, cuori, polmoni ed altri visceri, con arterie, vene, fibre, muscoli e gli atti che ne risultano, oltre le cose stupende che sono nella loro indole, sulle quali interi libri sono stati scritti. Tutte queste meraviglie ven­gono da Dio, ma le forme di cui sono vestite vengono dalle materie della terra; da queste materie provengono i vegetabili e, nel loro or­dine, gli uomini; perciò si dice dell’uomo che esso è stato creato dall'humus, e che è polvere della terra, e che gli è stata inspirata una anima di vite. — Gen. II, 7: — donde è evidente che l’uomo non ha il Divino, ma gli è aggiunto.

 

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15. TUTTE LE COSE CHE SONO STATE CREATE

RAPPRESENTANO L’UOMO IN UNA CERTA IMMAGINE

 

61. Questo si può vedere da tutte e dalle singole cose del Regno animale, e da tutte e dalle singole cose del Regno vegetale, e da tutte e dalle singole cose del Regno minerale. La relazione all'uomo in tutte e nelle singole cose del Regno animale è manifesta da questo: Gli animali d’ogni genere hanno delle membra per le quali si muo­vono, degli organi per i quali sentono, e dei visceri per i quali fanno quelle operazioni che essi hanno comune cogli uomini ; essi hanno an­cora degli appetiti e delle affezioni simili agli appetiti ed alle affezioni naturali appo l’uomo; hanno delle scienze connate, corrispondenti alle loro affezioni; in alcune di queste scienze si vede come uno spi­rituale, che presso le bestie della terra, gli uccelli del cielo, le api, i bachi da seta, le formiche ecc., si presenta più o meno dinanzi agli occhi: da qui proviene che gli uomini meramente naturali fanno gli esseri animali di questo Regno simili a loro, meno la favella. La re­lazione all’uomo di tutte e delle singole cose del Regno vegetale è manifesta da questo: I vegetali traggono la loro esistenza da un se­me, e da esso progrediscono successivamente nello loro età; evvi in essi alcunché che assomiglia al matrimonio, e dopo ciò la prolifica­zione; la loro anima vegetativa è l’uso, di cui essi sono le forme; ol­tre più altre cose che sono relazioni all’uomo, e le quali sono stato eziandio da taluni descritte. La Relazione all’uomo di tutte e delle singole cose del Regno minerale si manifesta solamente nella ten­denza a produrre delle forme che rappresentano, le quali sono, come si è detto, tutte e le singole cose del Regno vegetale, ed in questo modo a fare degli usi; in fatti tosto che il seme cade in seno alla terra, essa lo scalda, e da ogni parte gli dà dei mezzi affinché ger­mogli e si presenti in una forma rappresentativa dell’uomo; che vi sia una tendenza simile anche negli oggetti secchi di questo regno, è evi­dente dai coralli nel fondo dei mari, e dalle efflorescenze nelle mi­niere, dove si vede dai minerali ed anche dai metalli. Lo sforzo per vegetare, e cosi per far degli usi, è l’ultimo che procede dal Divino nelle cose create.

62. Come vi è nei minerali della terra uno sforzo per vegetare, così vi è nei vegetabili uno sforzo per vivificarsi; da qui gl’insetti di diverso genere che corrispondono all’emanazioni odorifere dei vegetali: che ciò non provenga dal calore del sole del mondo, ma dalla vita per mezzo di questo calore secondo i recipienti, si vedrà in seguito.

63. Che vi sia una relazione di tutte le cose dell’Universo creato all’uomo, si può bensì sapere dalle cose esposte, ma non si può ve­dere che oscuramente; nel Mondo spirituale però si vede chiaramente; là vi sono anche tutte le cose dei tre Regni, in mezzo a cui è l’angelo; egli le vede d’intorno a sé, ed egli sa ancora che sono le sue rappresentazioni; anzi, quando l’intimo del suo intelletto è aperto, egli si conosce e vede la sua immagine in quelle cose presso a poco come in uno specchio.

64. Da queste relazioni e da molte altre concordanze, che qui non ho il tempo di esporre, si può sapere per certo che Dio è Uomo, e che l'Universo creato è l’immagine di Dio; essendo che vi è una rela­zione comune di tutte le cose con Dio, come vi è una relazione par­ticolare coll’uomo.

 

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16. GLI USI DI TUTTE LE COSE CHE SONO STATE CREATE
ASCENDONO PER GRADI DAGLI ULTIMI FINO ALL’UOMO,

E DALL’UOMO FINO A DIO, A QUO  (da Cui tutto procede)

 

65. Gli Ultimi sono, come si è già detto, tutte e le singole cose del Regno minerale; queste cose sono le materie di vario genere, pro­venienti da sostanza pietrosa, salina, oleosa, minerale, metallica rico­perta d’un humus, consistente in resti di vegetali e di animali ridotti in minutissima polvere; in queste materie è latente il fine ed anche il principio di tutti gli usi che procedono dalla vita; il fine di tutti gli usi è lo sforzo per produrli, ed il principio è la forza che agisce dietro questo sforzo; questo è per il Regno minerale. I Medì sono tutte e le singole cose del Regno vegetale; queste cose sono le gra­migne, le erbe, le piante, gli arbusti e gli alberi d’ogni genere; i loro usi sono per tutti e per i singoli esseri del Regno animale, tanto im­perfetti quanto perfetti; essi li nutriscono, li dilettano e li vivificano; nutriscono i loro corpi con le materie, dilettano i loro sensi col sa­pore, l’odore, la bellezza, e vivificano le loro affezioni: lo sforzo a tutto ciò è anche in essi dalla vita. I Primi sono tutte e le singole cose del Regno animale; gl’infimi in questo Regno si chiamano vermi ed insetti; i medi, uccelli e bestie; ed i supremi, Uomini; poiché in ogni Regno vi sono gl’infimi, i medi e i supremi; gl’infimi per l’uso dei medi, e i medi per l’uso dei supremi; così gli usi di tutte le cose che sono state create ascendono in ordine dagli ultimi fino all’uomo, che è il primo nell’ordine.

66. Vi sono tre gradi di ascensione nel Mondo naturale, e vi sono tre gradi di ascensione nel Mondo spirituale; tutti gli animali sono re­cipienti della vita; gli animali più perfetti sono recipienti della vita dei tre gradi del mondo naturale; quelli meno perfetti sono recipienti della vita di due gradi di questo mondo, e gl’imperfetti sono reci­pienti della vita d’un sol grado: ma l’uomo solo è recipiente della vita dei tre gradi non solamente del Mondo naturale, ma anche dei tre gradi del Mondo spirituale; indi è che l’uomo si può elevare al disopra della natura, differendo in ciò da ogni animale; egli può pensare analiticamante e razionalmente sulle cose civili e morali che sono dentro la natura, ed ancora sulle cose spirituali e celesti che sono al disopra della natura, anzi egli si può elevare nella sapienza fino al punto di vedere Dio. Ma in un articolo speciale si tratterà dei sei Gradi per i quali gli usi di tutte le cose che sono state create ascendono, nel loro ordine, fino a Dio Creatore. Da questa esposizione sommaria si può vedere che in tutte le cose che sono state create vi è ascensione al Primo, che solo è la Vita, e che gli usi di tutte le cose sono i recipienti stessi della vita, e che quindi provengono le forme degli usi.

67. Vuolsi dire anche in poche parole come l’uomo ascende, cioè si eleva dall’ultimo grado al primo: L’uomo nasce nell’ultimo grado del mondo naturale, egli si eleva poi per le scienze nel secondo grado, e secondo che per le scienze perfeziona il suo intelletto, egli si eleva al terzo grado, ed allora diviene razionale: i tre gradi d’ascensione nel Mondo spirituale sono nell’uomo di sopra i tre gradi naturali, e non appaiono prima che abbia spogliato il corpo terrestre; dopo che l’ha spo­gliato, gli si apre il primo grado spirituale, quindi il secondo, e final­mente il terzo; ma questo però si apre solamente presso coloro che divengono angeli del terzo cielo; dessi sono quelli che vedono Dio: coloro presso i quali si possono aprire il secondo e l’ultimo grado di­vengono angeli del secondo e dell’ultimo cielo. Ogni grado spirituale presso l’uomo si apre secondo la ricezione del Divino Amore e della Divina Sapienza procedenti dal Signore; quelli che ne ricevono poco vengono nel primo o ultimo grado spirituale; quelli che ne ricevono di più vengono nel secondo o medio grado spirituale; e quelli che ne ricevono molto vengono nel terzo o supremo grado; ma coloro che non ne ricevono punto rimangono nei gradi naturali, e dai gradi spi­rituali non traggono che quel che è indispensabile perché possano pensare e quindi parlare, e volere e quindi agire, ma non con intel­ligenza.

68. Circa l’elevazione degl’interiori dell’uomo che s’attengono alla sua mente fa d’uopo ancora che sappiasi questo: In tutto quel che è stato creato da Dio vi è una reazione; l’azione è solamente della Vita, e la reazione è eccitata dall’azione della Vita: questa reazione sembra che appartenga alla cosa creata, da che essa esiste quando la cosa è messa in azione; così nell’uomo pare come fosse sua, perché egli sente addirittura come se la vita gli appartenesse, dovechè tuttavia l’uomo è solamente un recipiente della vita. Da questa causa risulta che l’uomo in forza del suo male ereditario reagisce contro Dio; ma per quanto crede che tutta la sua vita viene da Dio, ed ogni bene della vita viene dall’azione di Dio, ed ogni male della vita dalla reazione dell’uomo, tanto la reazione diviene azione, e l’uomo agisce con Dio come da se stesso. L’equilibrio di tutte le cose viene dall’azione e in pari tempo dalla reazione, e bisogna che tutto sia nell’equilibrio. Que­ste cose si sono dette, affinché l’uomo non creda che è da se stesso che egli si eleva a Dio, ma creda che è dal Signore.

 

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17. IL DIVINO RIEMPIE TUTTI GLI SPAZI DELL’UNIVERSO SENZA SPAZIO

 

69. Due sono i proprii della Natura, lo Spazio e il Tempo; dietro essi l’uomo nel Mondo naturale forma le idee del suo pensiero e quindi del suo intelletto; se rimane in queste idee e non eleva la sua mente al disopra di esse, ei non può mai percepire alcuna cosa Spirituale e Divina; conciossiachè egli l’involga con idee che tengono dello spa­zio e del tempo; e per quanto fa ciò, tanto il lume del suo intelletto diviene meramente naturale; pensare dietro lo spazio ed il tempo, quando si tratta degli Spirituali e dei Divini, è come pensare dietro l’oscurità della notte intorno agli oggetti che appaiono solamente nella luce del giorno; da qui proviene il naturalismo. Ma chi sa ele­vare la sua mente disopra le idee del pensiero che tengono dello spazio e del tempo, passa dall’oscurità alla luce e gusta gli Spirituali e i Divini, ed infine vede le cose che sono in essi e che ne proce­dono; ed allora in virtù di quella luce dissipa l’oscurità del lume na­turale, e ne relega le illusioni dal mezzo ai lati. Ogni uomo dotato d’intelletto può pensare, e pensa anche in attualità, al disopra di que­sti propri della natura, ed allora afferma e vede che il Divino, es­sendo Onnipresente, non è nello spazio; ed altresì egli può affermare e vedere le cose che sono state esposte più sopra: ma se egli nega la Divina Onnipresenza e attribuisce ogni cosa alla Natura, allora egli non vuole elevarsi, quantunque il possa.

70. Tutti coloro che muoiono e divengono angeli spogliano questi due propri della Natura, che, come si è detto, sono lo spazio ed il tempo; poiché essi entrano allora nella luce spirituale, nella quale gli oggetti del pensiero sono i veri, e gli oggetti della vista sono simili a quelli del Mondo naturale, ma corrispondenti ai loro pensieri. Gli oggetti dei loro pensieri, che come si è detto sono i veri, non traggono assolutamente nulla dallo spazio e dal tempo; gli oggetti della loro vista appaiono, è vero, come nello spazio e nel tempo, ma nonpertanto essi non pensano dietro lo spazio e il tempo; e ciò perché lo spazio e il tempo ivi non sono stabili, come nel Mondo na­turale, ma variano secondo gli stati di lor vita; quindi nelle idee del loro pensiero, invece degli spazi e dei tempi, vi sono gli stati della vita; invece degli spazi, le cose che si riferiscono agli stati dell’amore; ed invece dei tempi, le cose che si riferiscono agli stati della sapienza: indi è che il pensiero spirituale, e per conseguenza ancora il linguaggio spirituale, differiscono tanto dal pensiero e dal linguaggio naturale che essi non hanno nulla di comune, eccetto quanto agli interiori delle cose, i quali tutti sono spirituali; ma di questa differenza se ne dirà di più altrove. Ora, poiché i pensieri degli angeli non traggono nulla dallo spazio e dal tempo, ma traggono tutto dagli stati della vita, è evidente che gli angeli non comprendono quando si dice che il Di­vino riempie gli spazi, poiché essi non sanno che cosa sono gli spazi, ma capiscono chiaramente, quando, senza l’idea di nessuno spa­zio, si dice che il Divino riempie tutte le cose.

71. Affinché sia evidente che l’uomo meramente naturale pensa dietro lo spazio agli spirituali ed ai Divini, e che l’uomo spirituale vi pensa senza spazio, valga questo per illustrazione. L’uomo mera­mente naturale pensa con le idee che si è acquistato dietro gli og­getti della vista, i quali tutti hanno una figura, avente del lungo, del largo e dell’alto, e terminata dietro la forma da queste dimensioni, la quale è o angolare o circolare; queste figure e queste forme sono evidentemente nelle idee del suo pensiero intorno agli oggetti visibili sulla terra, e sono ancora nelle idee del suo pensiero intorno agli og­getti non visibili, come le cose civili e le morali; queste, è vero, egli non le vede, ma nonostante esse vi sono come continuità delle cose visibili. Altrimenti è dell’uomo spirituale, e principalmente dell’angelo del cielo; il suo pensiero non ha nulla di comune con la figura e la forma avente alcunché del lungo, del largo e dell’alto dello spazio; ma esso è sullo stato della cosa dietro lo stato della vita. Quindi, invece del lungo dello spazio egli pensa il bene della cosa dal bene della vita; invece del largo dello spazio, il vero della cosa dal vero della vita; e invece dell’alto, i gradi del bene e del vero. Così egli pensa dietro la rispondenza che esiste tra gli spirituali e i naturali. Si è in virtù di questa rispondenza che nella Parola la lunghezza signi­fica il bene della cosa, la larghezza, il vero della cosa, e l’altezza, i gradi del bene e del vero. Dalle quali cose è evidente che l’angelo del cielo, quando pensa all’Onnipresenza Divina non può pensare altri­menti se non che il Divino riempie tutte le cose senza spazio; quel che l’angelo pensa è la verità, perché la Luce che illumina il suo intelletto è la Divina Sapienza.

72. Questo è il pensiero fondamentale intorno a Dio, poiché senza di esso le cose che si avranno a dire sulla creazione dell’Uni­verso da Dio Uomo, sulla Sua Providenza, Onnipotenza, Onnipresenza ed Onniscienza possono invero essere comprese, ma contuttociò non essere ritenute, giacché l’uomo meramente naturale, quando le com­prende, ricade sempre nell’amore della sua vita che appartiene alla sua volontà, e quest’amore le dissipa, e immerge il pensiero nello spazio, in cui è il suo lume che egli chiama razionale, non sapendo che per quanto le nega, tanto egli è irrazionale. Che sia cosi, può essere confermato per l’idea di questo vero, Che Dio è Uomo; leggi, con at­tenzione, ti prego, quel che più sopra, n. 11 a 13, e quel che poi è stato scritto, allora tu capirai che è così; ma rimetti il tuo pensiero nel lume naturale che trae dallo spazio, non vedrai tu queste cose come paradossi, e se ve lo rimetti molto non le rigetterai tu forse? Si è per questa ragione che si dice che il Divino riempie tutti gli spazi dell’Universo, e non si dice che Dio-Uomo li riempie, avverrebbe che se si dicesse questo, il lume meramente naturale non se ne appaghe­rebbe; ma che il Divino li riempie, questo lo appaga, perché concorda con la formola del linguaggio dei teologi, che Dio è Onnipresente, e che Egli ode e sa tutto. Vedasi intorno a questo soggetto quel che si è detto più dettagliatamente di sopra, n. 7 a 10.

 

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18. CHE IL DIVINO SIA IN OGNI TEMPO SENZA TEMPO

 

73. Come il Divino è in ogni spazio senza spazio, così Egli è in ogni tempo senza tempo; infatti nessun proprio della natura si può dire del Divino, e i propri della natura sono lo spazio e il tempo. Lo spazio nella natura è misurabile, parimenti il tempo; il tempo si misura per giorni, settimane, mesi, anni e secoli. Il giorno si misura per ore; la settimana e i mesi per giorni; l’anno per le quattro sta­gioni, e i secoli si misurano per anni. La Natura trae questa misura dal movimento apparente di rotazione e di circonvoluzione del Sole del Mondo. Ugualmente, però, è nel Mondo spirituale; ivi le progres­sioni della vita appaiono similmente nel tempo, poiché gli abi­tanti vi vivono fra loro, come gli uomini del mondo fra loro, il che non è possibile senza l’apparenza del tempo. Ma il tempo là non è distinto in tempi come nel mondo, essendo il loro Sole costantemente verso il suo Oriente, non mai rimosso, poiché è il Divino Amore del Signore che ad essi appare come Sole; quindi essi non hanno giorni, settimane, mesi, anni, secoli, ma invece hanno degli stati di vita per mezzo dei quali si fa la distinzione, che non si può chiamare distinzione in tempi, ma distinzione in stati. Da qui proviene che gli angeli non sanno che cos’è il tempo, e quando esso è nominato, in sua vece percepiscono lo stato; e quando lo stato determina il tempo, il tempo è solamente un’apparenza. Avvenga che il piacere dello stato fa che il tempo pare breve, e il dispiacere dello stato fa che il tempo pare lungo, dalle cui cose è evidente che là il tempo non è che la qualità dello stato. Egli è perciò che nella Parola per le ore, i giorni, le settimane, i mesi e gli anni, sono significati gli stati e le pro­gressioni degli stati in serie e nel complesso; e quando i tempi si di­cono della Chiesa, per la mattina s’intende il suo primo stato, per il mezzogiorno il suo pieno, per la sera il suo declino, e per la notte la sua fine. Cose simili s’intendono per le quattro stagioni dell’anno, che sono la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno.

74. Da queste spiegazioni si può vedere che il tempo fa la stessa cosa col pensiero procedente dall’affezione; poiché quindi proviene la qualità dello stato dell’uomo. Che le distanze nelle progressioni per gli spazi nel Mondo spirituale facciano la stessa cosa con le pro­gressioni dei tempi, può essere illustrato con molte osservazioni, dato che là le vie sono in attualità abbreviate secondo i desideri che appartengono al pensiero procedente dall’affezione; e sono viceversa prolungate: indi è che si dice anche ‘spazi di tempo’. In tali casi però, quando il pensiero non si congiunge con l’affezione propria dell’uomo, il tempo non appare, come a cagion di esempio, nel sonno.

75. Ora siccome i tempi, che sono i propri della natura nel suo mondo, sono puri stati nel Mondo spirituale, che là appaiono pro­gressivi, perché gli angeli e gli Spiriti sono finiti, si può vedere che in Dio non sono progressivi, perché Egli è Infinito, e gl’Infiniti in Esso sono uno, secondo quel che è stato dimostrato più sopra, n. 17 a 22; donde risulta che il Divino è in ogni tempo senza tempo.

76. Chi non sa e non può, dietro qualche percezione, pensare di Dio senza tempo, non può assolutamente percepire l’Eternità se non come un’eternità di tempo, e allora egli non può che delirare nel suo pensiero su Dio ab aeterno, imperciocché egli pensa da un prin­cipio, ed il principio appartiene unicamente al tempo. Il suo delirio consiste allora nel pensare che Dio è esistito da sé, d’onde egli fa­cilmente cade nell’origine della natura da sé; dalla quale idea non può essere distaccato che per l’idea spirituale o angelica sull’eternità, la quale è senza tempo; e quando l’idea è senza tempo, l’Eternità e il Divino sono una stessa cosa; il Divino è il Divino in sé, e non da sé. Gli angeli dicono che essi possono per verità percepire Dio ab aeterno, ma in nessun modo la natura ab aeterno, e meno la natura da sé, e per niente affatto una natura che sarebbe natura in sé; poiché quel che è in sé è l’Essere stesso, da cui procedono tutte le cose, e l’Essere in sé è la Vita stessa, che è il Divino Amore della Di­vina Sapienza, e la Divina Sapienza del Divino Amore. Questa è per gli angeli l’Eternità; così essa è astratta dal tempo, come l’Increato è astratto dal creato, e l’Infinito è astratto dal finito, fra i quali non c’è neanche rapporto.

 

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19. IL DIVINO È IL MEDESIMO NEI MASSIMI E NEI MINIMI

 

77. Questo segue dai due articoli che precedono, cioè: Che il Di­vino è in ogni spazio senza spazio, e in ogni tempo senza tempo; ora vi sono spazi maggiori e massimi, e spazi minori e minimi; e siccome gli spazi e i tempi fanno uno, come si è detto più sopra, la stessa cosa è dei tempi. Se il Divino in essi è il medesimo, gli è perché il Divino non è né variabile, né mutabile, come è tutto quel che s’attiene allo spazio ed al tempo, o tutto quel che appartiene alla natura, ma invariabile ed immutabile, per conseguenza è dappertutto e sempre il medesimo.

78. Pare che il Divino non sia il medesimo in un uomo di quel che è in un altro, così pare che sia altro nel savio, e altro nel semplice; altro nel vecchio, e altro nel fanciullo; ma è un’illusione proveniente dall’apparenza; l’uomo è diverso, ma il Divino non è diverso in esso; l’uomo è un recipiente e il recipiente o ricettacolo è vario; l’uomo savio è un recipiente del Divino Amore e della Divina Sapienza più adequatamente, così più pienamente che l’uomo semplice; ed il vec­chio, che è parimenti savio, più pienamente che il fanciullo e il bam­bino; ma con tutto ciò il Divino è il medesimo nell’uno e nell’altro. Parimenti è un’illusione dietro l’apparenza che il Divino sia differente presso gli angeli del cielo e presso gli uomini della terra, perché gli angeli del cielo sono in una sapienza ineffabile, e non così gli uomini; ma la differenza apparente è nei soggetti secondo la qualità della re­cezione del Divino, e non già nel Signore.

79. Che il Divino sia il medesimo nei massimi e nei minimi, si può illustrare dal Cielo e dall’angelo che è in esso; il Divino in tutto il Cielo e il Divino nell’angelo è il medesimo; perciò anche tutto il Cielo può apparire come un sol angelo. La stessa cosa è della Chiesa e d’un uomo di essa: il massimo in cui è il Divino è tutto il Cielo, e in pari tempo tutta la Chiesa; il minimo è un angelo del Cielo e un uomo della Chiesa. Alcune volte mi è apparsa una intera Società del Cielo come un sol Uomo-angelo, e mi è stato detto che può ap­parire come un uomo grandissimo, per esempio un gigante, e come un piccolo uomo, per esempio un fanciullo; e ciò perché il Divino è il medesimo nei massimi e nei minimi.

80. Il Divino è anche il medesimo nei massimi e nei minimi in tutte le cose che sono state create e non vivono; conciossiachè Esso sia in ogni bene del loro uso: se esse non vivono, è perché non sono forme di vita, ma forme di usi, e la forma è varia secondo la bontà dell’uso. Ma in seguito si dirà come il Divino è in esse, quando si tratterà della Creazione.

81. Astrai dallo spazio, e nega assolutamente il vuoto, ed allora pensa del Divino Amore e della Divina Sapienza che sono l’Essenza stessa, fatta astrazione dallo spazio e negato il vuoto; pensa poi die­tro lo spazio, e tu percepirai che nei massimi e nei minimi dello spa­zio il Divino è il medesimo, poiché nella Essenza astratta dallo spazio non c’è il grande né il piccolo, ma il medesimo.

82. Qui vuolsi dire qualcosa intorno al Vuoto: Una volta udii gli angeli parlare con Newton sul vuoto; essi dicevano che non sop­portavano l’idea del vuoto come nulla, perché nel loro Mondo, che è spirituale e dentro o sopra gli spazii e i tempi del Mondo naturale, essi sentono egualmente, pensano, sono affetti, amano, vogliono, re­spirano, anzi parlano ed agiscono, cose tutte affatto impossibili nel vuoto come nulla, perché il nulla è nulla, e del nulla non si può dire alcuna cosa. Newton disse che egli sapeva che il Divino che È, riempie tutto, e che egli stesso inorridiva all’idea del nulla in proposito del vuoto, perché questa idea è distruttiva di tutto, esortando coloro che parlavano con lui sul vuoto a guardarsi dall’idea del nulla, chiamando questa idea deliquio, perché nel nulla non c’è nessuna attualità della mente.

 

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LA SAPIENZA ANGELICA

SUL DIVINO AMORE

 

 

PARTE II

 

 

20. IL DIVINO AMORE E LA DIVINA SAPIENZA APPAIONO
COME SOLE NEL MONDO SPIRITUALE

 

83. Vi sono due Mondi, lo spirituale e il naturale; e il Mondo spi­rituale non trae nulla dal Mondo naturale, né il Mondo naturale nulla dal Mondo spirituale, essi sono interamente distinti, comunicano so­lamente per corrispondenze, di cui altrove in molti luoghi si è par­lato e dimostrato quali sono: ad illustrar questo soggetto adduciamo il seguente esempio: Il calore nel Mondo naturale corrisponde al bene della carità nel Mondo spirituale, e la luce nel Mondo naturale cor­risponde al vero della fede nel Mondo spirituale; chi non vede che il calore e il bene della carità, e che la luce e il vero della fede sono affatto distinti? Alla prima intuizione appaiono così distinti, come due cose interamente diverse; appaiono così se si pensa: Che cosa il bene della carità ha di comune col calore, e che cosa il vero della fede ha di comune colla luce? Eppure il calore spirituale è questo bene, e la luce spirituale è questo vero. Quantunque queste cose siano così distinte fra loro, tuttavia esse fanno uno per la rispondenza; esse fanno talmente uno che, quando l'uomo legge nella Parola «il calore e la luce» gli Spiriti e gli angeli che sono presso l'uomo, invece del calore percepiscono la carità, e invece della luce la fede. Si è addotto questo esempio, affinché si sappia che i due Mondi, lo spirituale e il naturale, sono siffattamente distinti, che essi non hanno fra loro nulla di comune; ma ciò nondimeno essi sono creati così che comunicano, anzi sono congiunti per le corrispondenze.

84. Poiché questi due Mondi sono così distinti, si può chiaramente vedere che il Mondo spirituale è sotto un altro Sole di quello del Mondo naturale; ciò perché nel Mondo spirituale vi è egualmente calore e luce come nel Mondo naturale, ma il calore ivi è spirituale, e la luce similmente; e il calore spirituale è il bene della carità, e la luce spi­rituale è il vero della fede. Ora non potendo il calore e la luce de­rivare la loro origine che da un sole, è evidente che nel Mondo spi­rituale vi è un altro sole che nel Mondo naturale, e inoltre, che il Sole del Mondo spirituale è tale nella sua essenza, che da esso il calore e la luce spirituale possono esistere, e che il sole del Mondo naturale è tale nella sua essenza, che da esso il calore (e la luce) naturale possono esistere. Ogni Spirituale che si riferisce al bene e al vero non può derivare d’altra parte che dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza; di conseguenza, ogni bene appartiene all’amore, e ogni vero alla sapienza. Che non venga d’altra parte, ogni uomo savio lo può vedere.

85. Che vi sia un altro sole che quello del Mondo naturale, è stato ignorato fin qui; e ciò perché lo spirituale dell’uomo è talmente pas­sato nel suo naturale, che egli non sapeva più che cosa fosse lo spi­rituale, né per conseguenza che vi fosse un Mondo spirituale, dove sono gli Spiriti e gli angeli, altro e diverso dal Mondo naturale. Poi­ché il Mondo spirituale è rimasto così lungo tempo nascosto a coloro che sono nel Mondo naturale, perciò è piaciuto al Signore di aprire la vista del mio spirito, affinché io vedessi le cose che sono in quel Mondo, come vedo quelle che sono nel Mondo naturale, e quindi ne dessi una descrizione, il che è stato fatto nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, dove, in un articolo, si è anche trattato del Sole di quel Mondo: infatti io l’ho visto, e mi è apparso di una grandezza simile a quella del sole del Mondo naturale, e similmente ancora come infocato, ma più risplendente; e mi è stato dato di conoscere che tutto quanto il Cielo angelico è sotto quel Sole, e che gli angeli del terzo Cielo lo vedono continuamente, gli angeli del secondo Cielo spesso, e gli angeli del primo o ultimo Cielo alcune volte. Che ogni calore ed ogni luce presso gli angeli, come pure tutte le cose che appaiono in quel Mondo, provengano da quel Sole, si vedrà in seguito.

86. Quel Sole però non è il Signore stesso, ma esso procede dal Signore; è il Divino Amore e la Divina Sapienza procedenti che appaiono in quel Mondo come Sole: e poiché nel Signore l’Amore e la Sapienza sono una cosa sola, come è stato dimostrato nella Prima Parte, perciò si dice che quel Sole è il Divino Amore; difatti la Divina Sapienza appartiene al Divino Amore, per conseguenza essa è parimenti l'Amore.

87. Se quel Sole appare dinanzi agli occhi degli angeli come in­focato, si è perché l’Amore e il Fuoco si corrispondono; avvenga che coi loro occhi essi non possono vedere l’amore, ma invece dell’amore vedono quel che vi corrisponde; infatti gli angeli hanno come gli uo­mini un interno ed un esterno; il loro interno è quel che pensa ed è savio, e che vuole ed ama; ed il loro esterno è quello che sente, vede, parla ed agisce; e tutti i loro esterni sono corrispondenze degli in­terni, ma corrispondenze spirituali e non naturali. Il Divino Amore parimenti si sente dagli Spirituali come un fuoco; indi è che il fuoco, quando è nominato nella Parola, significa l’amore; il fuoco sacro nella Chiesa Israelita lo significava; da qui proviene che nelle preghiere che s’innalzano a Dio si suol dire: che il fuoco celeste, cioè il Divino Amore, infiammi il cuore!

88. Poiché vi è una tale differenza fra lo spirituale e il naturale, come si è dimostrato più sopra, n. 83, perciò nel Mondo spirituale non può passare nulla di quel che procede dal sole del Mondo natu­rale, cioè nulla della sua luce e del suo calore, o nulla di [alcun og­getto della terra; la luce del Mondo naturale ivi è oscurità, e il suo calore ivi è la morte; ma ciò non ostante il calore del Mondo può essere vivificato dall’ influsso del calore del Cielo, e la luce del Mondo può essere illustrata dall’influsso della luce del Cielo; l’influsso si fa per le corrispondenze, e non si può fare per il continuo.

 

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21. DAL SOLE CHE ESISTE IN VIRTÙ DEL DIVINO AMORE

E DELLA DIVINA SAPIENZA PROCEDONO UN CALORE ED UNA LUCE

 

89. Nel Mondo spirituale, dove sono gli angeli e gli spiriti, vi è parimenti un calore ed una luce, come nel Mondo naturale, dove sono gli uomini; ed il calore si sente ancora come calore, e la luce si vede similmente come luce; ma con tutto ciò il calore e la luce del Mondo spirituale e quelli del Mondo naturale differiscono siffattamente, che come si è detto più sopra, non hanno nulla di comune; differiscono tra loro come il vivo ed il morto. Il calore del Mondo spirituale è in sé vivo, similmente la luce; ma il calore del Mondo naturale è in sé morto, e la luce parimenti; poiché il calore e la luce del Mondo spirituale procedono dà un Sole che è il puro Amore, ed il calore e la luce del Mondo naturale procedono da un Sole che è puro fuoco; ora l’Amore è vivo, e il Divino Amore è la Vita stessa; e il fuoco è morto, e il fuoco solare è la morte stessa; si può «chiamare così per la ragione che in esso non v’ha nulla della vita.

90. Gli angeli, essendo spirituali, non possono vivere in un altro calore né in un’altra luce che nel calore e nella luce spirituali, e gli uomini non possono vivere in un altro calore e in un’altra luce che nel calore e nella luce naturali, poiché lo spirituale conviene allo spirituale, e il naturale al naturale. Se l’angelo traesse la più piccola particella di calore e di luce naturali, egli perirebbe, per il fatto che ciò non conviene affatto alla sua vita. Ogni uomo quanto agl’interiori di sua mente è uno spirito; quando l’uomo muore, egli esce interamente dal mondo della natura, e lascia tutto quel che ad essa appartiene, ed entra in un Mondo dove non c’è nulla della natura; ed in quel Mondo egli vive talmente separato dalla natura, che non vi è nessuna comunicazione per il continuo; vale a dire come fra un più puro e un più grossolano; ma la comunicazione (che vi è) è come fra un ante­riore e un posteriore, la cui comunicazione non ha luogo che per le corrispondenze. Da qui si può vedere che il calore spirituale non è un calore naturale più puro, e che la luce spirituale non è una luce na­turale più pura, ma che essi sono interamente di un’altra essenza; in­fatti il calore e la luce spirituali derivano la loro essenza dal Sole che è il puro Amore, il quale è la Vita stessa; dovechè il calore e la luce naturali derivano la loro essenza dal Sole che è puro fuoco, in cui non havvi assolutamente nulla della vita, come si è detto più sopra.

91. Essendovi una tale differenza tra il calore e la luce d’un Mondo e quelli dell’altro, chiaro appare il perché coloro che sono in un Mondo non possono vedere quelli che sono nell’altro; poiché gli occhi del­l’uomo che vede in virtù della luce naturale sono della sostanza del suo mondo, e gli occhi dell’angelo sono della sostanza del suo Mondo, così d’ambo le parti sono formati per ricevere adeguatamente la loro luce. Da questo si può vedere con quanta ignoranza pensano coloro che non ammettono, nella loro fede, che gli angeli e gli spiriti siano uomini, perché non li vedono coi propri occhi.

92. Fin qui è stato ignorato che gli angeli e gli Spiriti siano in tutt’un’altra luce ed in tutt’un altro calore che gli uomini, anzi è stato ignorato che vi fosse un’altra luce e un altro calore; infatti l’uomo non ha penetrato col suo pensiero più profondamente che negl’inte­riori o nelle cose più pure della natura; laonde molti si sono figurate le dimore degli angeli e degli Spiriti nell’etere, e taluni nelle stelle, così dentro la natura, e non sopra o fuori di essa: dovechè tuttavia gli angeli sono affatto sopra o fuori della natura e nel loro mondo, che è sotto un altro Sole: e poiché in quel mondo gli spazi sono ap­parenze, come si è dimostrato più sopra, perciò non si può dire che essi sono nell’etere, né che sono nelle stelle; stantechè essi sono in pari tempo con l’uomo, congiunti all’affezione ed al pensiero del suo spirito; — infatti l’uomo è spirito, in virtù dello spirito pensa e vuo­le; — il Mondo spirituale è per conseguenza dove è l’uomo, e in nes­sun modo distinto da lui: in una parola, ogni uomo quanto agl’inteteriori di sua mente è nel Mondo spirituale, in mezzo agli Spiriti ed agli angeli che sono là, e pensa in virtù della luce di quel Mondo ed ama in virtù del suo calore.

 

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22. QUEL SOLE NON È DIO, MA È IL PROCEDENTE DEL DIVINO AMORE

E DELLA DIVINA SAPIENZA DI DIO UOMO: SIMILMENTE È DEL

CALORE E DELLA LUCE DI QUEL SOLE

 

93. Per quel Sole visibile agli angeli, dal quale essi hanno il calore e la luce, non s’intende il Signore stesso, ma s’intende il primo procedente da Esso, che è il sommo del calore spirituale; il sommo del calore spirituale è il fuoco spirituale, che è il Divino Amore e la Divina Sapienza nella loro prima rispondenza: da qui proviene che quel Sole appare infocato, ed altresì che esso è infocato per gli angeli, ma non per gli uomini; il fuoco che è fuoco per gli uomini non è spirituale, ma è naturale; fra il fuoco spirituale e il fuoco naturale vi corre la medesima differenza che passa fra il vivo e il morto; perciò il Sole spirituale per il calore vivifica gli es­seri spirituali e rinnovella le cose spirituali; il Sole naturale poi, è vero, agisce medesimamente sugli esseri naturali e sulle cose naturali, ma non da se stesso, bensì per l’influsso del calore spirituale a cui esso presta un soccorso secondario.

94. Quel fuoco spirituale, in cui è anche la luce nella sua origine, diviene calore e luce spirituali, che decrescono procedendo, e il de­crescimento si fa per gradi, di cui si parlerà in seguito. Questo fu dagli Antichi rappresentato con circoli scintillanti di fuoco e splendenti di luce intorno al Capo di Dio, la qual rappresentazione è comune an­cora oggidì, quando nelle pitture vien rappresentato Dio come Uomo.

95. Che l’Amore produca il calore, e la Sapienza la luce, è mani­festo dalla stessa esperienza; quando l’uomo ama, si scalda, e quando dietro la sapienza pensa, egli vede le cose quasi nella luce. Donde, è evidente che il primo procedente dell’Amore è il calore, e che il primo procedente della Sapienza è la luce. Che siano eziandio corri­spondenze, è evidente, poiché il calore non esiste nell'amore stesso, ma in virtù di esso esiste nella volontà e quindi nel corpo; e la luce non esiste nella sapienza, ma essa esiste nel pensiero dell’intelletto e quindi nel linguaggio. L’amore e la sapienza sono dunque l’essenza della vita del calore e della luce; il calore e la luce sono procedenti, e poiché sono procedenti, sono eziandio corrispondenti.

96. Che la luce spirituale sia interamente distinta dalla luce naturale, ognuno lo può sapere se presta attenzione ai pensieri della sua mente; infatti, quando la mente pensa, essa vede i suoi oggetti nella luce, e coloro che pensano spiritualmente vedono i veri, e ciò nel mezzo della notte così bene come nel giorno. Perciò la luce si dice anche dell’intelletto, e si dice che vede; poiché, quando qualcuno parla in­torno ad un soggetto, talvolta un altro dice che vede che la cosa è così, cioè che intende. L’intelletto, essendo spirituale, non può vedere così in virtù della luce naturale; considerando che la luce naturale non è inerente, ma essa se ne va col sole, da cui emerge ad evidenza che l’intelletto gode un’altra luce che quella cui gode l’occhio, e che questa luce è d’un altra origine.

97. Che ognuno si guardi di pensare che il Sole del Mondo spiri­tuale sia Dio stesso; Dio stesso è Uomo; il procedente del Suo Amore e della Sua Sapienza è il Fuoco Spirituale, che appare dinanzi agli angeli come Sole: perciò, quando il Signore si manifesta agli angeli in Persona, Egli si manifesta come Uomo, e questo talvolta nel Sole, talvolta fuori del Sole.

98. Da questa rispondenza proviene che il Signore nella Parola non solamente si chiama Sole, ma anche Fuoco e Luce; e per il Sole s’intende il Signore quanto al Divino Amore e alla Divina Sapienza insieme; per il Fuoco, il Signore quanto al Divino Amore, e per la Luce, il Signore quanto alla Divina Sapienza.

 

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23. IL CALORE SPIRITUALE E LA LUCE SPIRITUALE,

PROCEDENDO DAL SIGNORE COME SOLE, FANNO UNO,

COME IL SUO DIVINO AMORE E LA SUA DIVINA SAPIENZA FANNO UNO

 

99. Si è detto nella Prima Parte come il Divino Amore e la Di­vina Sapienza nel Signore fanno una cosa sola. Parimenti, una cosa sola fanno il calore e la luce, perché ne procedono, e le cose che ne procedono fanno uno per rispondenza; infatti il calore corrisponde all’amore, e la luce alla sapienza. Indi segue che siccome il Divino Amore è il Divino Essere, e la Divina Sapienza il Divino Esistere, — come più sopra, n. 14 a 16, — così il calore spirituale è il Divino procedente del Divino Essere, e la luce spirituale il Divino procedente del Divino Esistere; per la qual cosa, siccome per questa unione il Di­vino Amore appartiene alla Divina Sapienza, e la Divina Sapienza al Divino Amore — come più sopra, n. 34 a 39 — così il calore spi­rituale appartiene alla luce spirituale, e la luce spirituale al calore spirituale; e poiché tale è l’unione, ne segue che il calore e la luce, procedendo dal Signore come Sole, sono uno. Ma in seguito si vedrà che non sono ricevuti come uno dagli angeli né dagli uomini.

100.  Il calore e la luce che procedono dal Signore come Sole sono quelli che si chiamano lo Spirituale per eccellenza, e si chiamano lo Spirituale in singolare, perché sono uno; perciò in quel che segue, quando si parla dello Spirituale s’intende l’uno e l’altra insieme. Per cagione di quello Spirituale si è che tutto quel Mondo si chiama Spirituale; tutte le cose di quel Mondo traggono la loro origine da quello Spiri­tuale, e quindi ancora la loro denominazione. Se quel calore e quella luce si chiamano lo Spirituale, si è perché Dio si chiama Spirito, e Dio come spirito è quel Procedente. Dio dalla sua stessa Essenza si chiama Jehovah; ma per quel Procedente Egli vivifica e illustra gli angeli del Cielo e gli uomini della Chiesa; perciò la vivificazione e l’illustrazione si dicono farsi per lo Spirito di Jehovah.

101. Che il calore e la luce, cioè lo spirituale procedenti dal Si­gnore come un Sole, facciano uno, può essere illustrato per il calore e la luce che procedono dal Sole del mondo naturale; questi due fanno an­che uno, uscendo da questo Sole. Se non fanno uno sulla terra, ciò non proviene da questo Sole, ma dalla terra; cosicché questa gira ogni giorno intorno al suo asse, e ogni anno si trasporta secondo l’eclittica; da qui viene l’apparenza che il calore e la luce non facciano uno, poiché nel colmo dell’estate c’è più calore che luce, e nel colmo dell’inverno c’è più luce che calore. La stessa cosa è nel Mondo spi­rituale; là però la terra non ha movimento di rotazione né di trasla­zione, ma gli angeli si volgono più o meno verso il Signore, e quelli che si volgono di più ricevono più calore e meno luce; e quelli che si volgono meno verso il Signore ricevono più luce e meno calore. Quindi è che i Cieli, che si compongono di angeli, sono distinti in due Regni, di cui l’uno si chiama Celeste, e l’altro Spirituale; gli angeli celesti ricevono più calore, e gli angeli spirituali più luce. Se­condo la ricezione del calore e della luce da essi appaiono ancora le terre sulle quali abitano. La rispondenza è completa, purché invece del movimento della terra si prenda la mutazione di stato degli angeli.

102. Che anche tutti gli spirituali che hanno la loro origine dal calore e dalla luce del loro Sole, considerati in sé, facciano parimenti uno, ma che considerati come procedenti dalle affezioni degli angeli non facciano uno, si vedrà in seguito. Quando il calore e la luce fanno uno nei Cieli è come la primavera presso gli angeli; ma quando non fanno uno è, o come un tempo d’estate, o come un tempo d’inverno, non come un tempo d’inverno nelle zone fredde, ma come un tempo d’in­verno nelle zone calde; poiché la ricezione dell’amore e della sa­pienza in proporzioni uguali è l’angelico stesso. Perciò l’angelo è an­gelo del Cielo secondo l’unione dell’amore e della sapienza appo sé. La stessa cosa è dell’uomo della Chiesa, se appo sé l’amore e la sa­pienza, o la carità e la fede, fanno uno.

 

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24. IL SOLE DEL MONDO SPIRITUALE APPARE AD UN’ALTEZZA MEDIA,

DISTANTE DAGLI ANGELI, COME IL SOLE DEL MONDO NATURALE

APPARE DISTANTE DAGLI UOMINI

 

103. La maggior parte degli uomini portano con loro dal mondo l’idea che Dio è al disopra della testa, in alto, e che il Signore è in Cielo fra gli angeli. Se portano l’idea che Dio è al disopra della te­sta, in alto, è perché Dio nella Parola si chiama Altissimo, e vi si dice che abita in alto; perciò quando pregano e adorano, essi levano gli occhi e le mani in alto, non sapendo che per l’Altissimo vien si­gnificato l’Intimo. Se essi portano l’idea che il Signore è nel Cielo fra gli angeli, si è perché non pensano di Esso altrimenti che come di un altro uomo, e qualcuno come d’un angelo, ignorando che il Si­gnore è lo stesso ed unico Dio che governa l’Universo; se Egli fosse fra gli angeli nel Cielo non potrebbe avere l’Universo sotto la sua intuizione, e sotto il suo auspicio e governo; e se non risplendesse come Sole dinanzi a quelli che sono nel Mondo spirituale, gli angeli non potrebbero avere nessuna altra luce, essendo che gli angeli sono spirituali, e perciò nessun’altra luce conviene alla loro essenza che la luce spirituale; che nei Cieli vi sia una luce che supera immensa­mente la luce sulle terre, si vedrà qui appresso, quando si tratterà dei gradi.

104. Quanto a quel che concerne il Sole da cui gli angeli hanno la luce ed il calore, esso appare in una elevazione dalle terre sulle quali abitano gli angeli di circa quarantacinque gradi, che è un’al­tezza media; ed inoltre Esso appare distante dagli angeli come il sole del mondo dagli uomini. Quel Sole appare costantemente a quella altezza e a quella distanza, e non si muove: da qui proviene che gli angeli non hanno tempi distinti in giorni e in anni, né alcuna progressione del giorno, andando dalla mattina per il mezzodì verso la sera nella notte; né progressione dell’anno, andando dalla prima­vera per l'estate verso l’autunno nell’ inverno, ma essi hanno una luce perpetua e una perpetua primavera; perciò invece dei tempi là vi sono stati, come si è già detto.

105. Se il Sole del Mondo spirituale appare ad un’altezza media, vi sono principalmente le seguenti ragioni: — La Prima si è che cosi il calore e la luce che procedono da quel Sole sono nel loro grado medio, e quindi nella loro eguaglianza, e così nella loro giusta tempe­ratura; poiché se il Sole apparisse al disopra dell’altezza media, si percepirebbe più calore che luce, e se apparisse al di sotto si per­cepirebbe più luce che calore, come avviene sulla Terra quando il Sole è al disopra o al disotto del mezzo del Cielo. Quando è al disopra, il calore supera la luce, e quando è al disotto, la luce oltrepassa il calore; infatti la luce rimane la stessa nella stagione di estate e in quella d’in­verno, ma il calore aumenta o diminuisce secondo i gradi di altezza del Sole. — La Seconda ragione per la quale il Sole del Mondo spi­rituale appare ad un’altezza media sopra del Cielo angelico, si è perché cosi vi è in tutti i Cieli angelici una perpetua primavera, da cui gli angeli sono in uno stato di pace; poiché questo stato cor­risponde alla stagione di primavera sulla terra. — La Terza ragione si è che così gli angeli possono rivolgere continuamente le loro facce verso il Signore e vederlo coi loro occhi; avviene che da qualunque lato gli angeli volgano i loro corpi, essi hanno dinanzi alle loro facce l'Oriente, così il Signore; ciò è particolare in quel Mondo, e ciò non sarebbe se il Sole di esso Mondo apparisse al disopra o al disotto del mezzo, e tanto meno se apparisse al disopra del capo, al zenit.

106. Se il Sole del Mondo spirituale non apparisse distante dagli angeli, come il Sole del Mondo naturale appare distante dagli uo­mini, tutto il Cielo angelico, e sotto di esso l’inferno, e sotto l’uno e l’altro il nostro globo terraqueo non sarebbero sotto l’intuizione, l’Auspicio, l’Onnipresenza, l’Onniscienza, l’Onnipotenza e la Providenza del Signore: per comparazione come il Sole del nostro Mondo, se questo sole non fosse a quella distanza dalla terra, dove appare, esso non potrebbe essere né presente, né potente per il calore e la luce sopra tutte le terre, così non potrebbe prestare un aiuto sussi­diario al Sole del Mondo spirituale.

107. Egli è massimamente necessario di sapere che vi sono due Soli, l’uno Spirituale e l’altro naturale; il Sole spirituale per quelli che sono nel Mondo spirituale, e il Sole naturale per quelli che sono nel Mondo naturale: se questo non si sa, non si può comprendere nes­suna cosa con giustezza circa la Creazione, né circa l’Uomo, di cui si deve trattare ; si possono per verità vedere gli effetti, ma se in pari tempo non si vedono le cause degli effetti, gli effetti non possono ap­parire che come nella notte.

 

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25. LA DISTANZA TRA IL SOLE E GLI ANGELI NEL MONDO SPIRI­TUALE È UN’APPARENZA

SECONDO LA RICEZIONE DA ESSI DEL DIVINO AMORE E DELLA DIVINA SAPIENZA

 

108. Tutte le illusioni che regnano presso i malvagi e i semplici hanno la loro origine da apparenze confirmate. Finché le apparenze ri­mangano apparenze, esse sono verità apparenti, secondo le quali ognuno può pensare e parlare; ma quando vengono ricevute per verità stesse, il che avviene quando si confermano, allora le verità apparenti diven­gono falsità ed illusioni. Come per esempio, è un’apparenza che il Sole giri ogni giorno intorno alla terra e progredisca ogni anno secondo l’eclittica; finché questo non si conferma è una verità apparente, se­condo la quale ognuno può pensare e parlare ; imperciocché si può dire che il Sole sorge e tramonta, e per questo fa la mattina, il mezzo­giorno, la sera e la notte; come pure che il Sole ora è in questo o quel grado dell’eclittica o nella sua altezza, e che per questo fa la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno; ma quando si conferma che questa apparenza è la stessa verità, allora il confermatore pensa e dice una falsità dietro l’illusione. Lo stesso vuolsi dire delle altre appa­renze che sono innumerevoli, non solamente nelle cose naturali, civili e morali, ma eziandio nelle cose spirituali.

109. Lo stesso vuolsi dire della distanza del Sole del Mondo spi­rituale, il cui Sole è il primo procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza del Signore; la verità è che non vi è alcuna di­stanza, ma che la distanza è un’apparenza secondo la ricezione del Divino Amore e della Divina Sapienza nel loro grado dagli angeli. Che le distanze nel Mondo spirituale siano apparenze, si può vedere da quel che si è dimostrato più sopra; per esempio, n. 7. a 9: Che il Divino non è nello spazio; e n. 69 a 72: Che il Divino riempie tutti gli spazi senza spazio; ora se non vi sono spazi, non vi sono neppure distanze o, il che torna il medesimo, se gli spazi sono ap­parenze, anche le distanze sono apparenze, poiché le distanze ap­partengono allo spazio.

110. Se il Sole del Mondo spirituale appare a distanza da­gli angeli, si è perché il Divino Amore e la Divina Sapienza vengono ricevuti da essi in un grado adeguato di calore e di luce, poiché l’angelo, essendo creato e finito, non può ricevere il Signore nel primo grado di calore e di luce, qual è nel Sole, altrimenti ne sa­rebbe interamente consumato; perciò il Signore vien ricevuto da essi in un grado di calore e di luce corrispondente al loro amore e alla loro sapienza. Ciò si può illustrare con questo: – Un angelo dell’ultimo Cielo non può salire agli angeli del terzo Cielo, avverrebbe che se sale ed entra nel loro Cielo, cadrebbe come in deliquio, e la sua vita lotterebbe quasi con la morte; e ciò, perché l’amore e la sapienza sono in esso in un grado minore, e il calore del suo amore e la luce della sua sa­pienza sono nel medesimo grado. Che ne sarebbe allora se un angelo ascendesse fin verso il Sole e venisse nel suo fuoco? A causa delle differenze di ricezione del Signore dagli angeli anche i Cieli appaiono distinti tra loro; il Cielo supremo, che chiamasi terzo Cielo, appare sopra del secondo, e questo, sopra del primo; non è già che i Cieli siano distanti l’uno dall’altro, ma essi appaiono distanti; poiché il Signore è egualmente presente presso quelli che sono nell’ul­timo Cielo, come presso quelli che sono nel terzo. Quel che fa l’apparenza della distanza è nei soggetti, che sono gli angeli, e non nel Signore.

111. Che sia così, difficilmente può esser compreso con l’idea natu­rale, perché in essa vi è lo spazio, ma può esser compreso con l’idea spirituale, perché in essa non vi è spazio; in questa idea sono gli angeli. Ciò nondimeno si può comprendere con l’idea naturale che l’Amore e la Sapienza o, quel che toma il medesimo, che il Signore, che è il Divino Amore e la Divina Sapienza, non può progredire per spazi, ma che Egli è presso ciascuno secondo la ricezione. Che il Signore sia presente presso tutti, lo insegna Esso medesimo in Matteo — XXVIII, 20; — e che Egli faccia la sua dimora presso coloro che l’amano, l’insegna in Giovanni XIV, 23.

112. Ma questo, essendo stato confermato per i Cieli e per gli angeli, può sembrare come spettante ad una sapienza superiore, ciò non­dimeno la medesima cosa è presso gli uomini. Gli uomini, quanto agli interiori delle loro menti sono scaldati ed illustrati da quel medesimo Sole; sono scaldati dal suo calore, e illustrati dalla sua luce, in quanto ricevono dal Signore l’Amore e la Sapienza. La differenza fra gli angeli e gli uomini è che gli angeli sono solamente sotto quel Sole, mentre gli uomini sono non solamente sotto quel Sole, ma eziandio sotto il Sole del mondo; imperciocché i corpi degli uomini se non sono sotto l’uno e l’altro Sole non possono esistere e sussistere; diversa­mente è dei corpi degli angeli, che sono spirituali.

 

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26. GLI ANGELI SONO NEL SIGNORE ED IL SIGNORE È IN ESSI; E SICCOME GLI ANGELI

SONO RECIPIENTI, IL SIGNORE SOLO È IL CIELO

 

113. Il Cielo si chiama l’Abitacolo di Dio, ed anche il Trono di Dio, e quindi si crede che Dio vi sia, come un Re che è nel suo Regno. Ma Dio, vale a dire il Signore, è nel Sole al di sopra dei Cieli, e per la Sua presenza nel calore e nella luce Egli è nei Cieli, come si è dimo­strato nei due articoli precedenti; e sebbene il Signore sia in questa guisa nel Cielo, Egli vi è tuttavia come in Sé; poiché come dianzi si è dimostrato, — n. 108 a 112, — la distanza tra il Sole e il Cielo non è una distanza, ma è un’apparenza di distanza; laonde essendo quella distanza solamente un’apparenza, ne segue che il Signore stesso è nel Cielo, essendo che Esso è nell’amore e nella sapienza degli angeli del Cielo; ed essendo nell’amore nella sapienza di tutti gli angeli, e gli angeli costituendo il Cielo, Egli è in tutto il Cielo.

114. Se il Signore non è solamente nel Cielo, ma è eziandio lo stesso Cielo, si è perché l’Amore e la Sapienza fanno l’angelo, e que­sti due appartengono al Signore presso gli angeli quindi risulta che il Signore è il Cielo. Infatti gli angeli, non sono angeli dal loro pro­prio; il loro proprio è assolutamente come il proprio dell’uomo, che è il male. Se questo è il proprio degli angeli, si è perché tutti gli angeli sono stati uomini, e questo proprio è loro inerente dalla na­scita; esso è solamente rimosso, e per quanto è rimosso, tanto essi ricevono l’amore e la sapienza, vale a dire il Signore in essi. Ognuno può vedere, se per poco eleva il suo intelletto, che il Signore non può abitare presso gli angeli se non in quel che è suo, cioè nel suo pro­prio, che è l’amore e la sapienza, e in nessun modo nel proprio de­gli angeli, che è il male; quindi ne viene che per quanto il male è rimosso, tanto il Signore è in essi e altrettanto essi sono angeli. L’angelico stesso del Cielo è il Divino Amore e la Divina Sapienza; questo Divino si chiama angelico mentre è negli angeli; quindi è di nuovo evidente che gli angeli sono angeli dal Signore, e non da loro stessi; per conseguenza anche il Cielo.

115. Ma non si può comprendere come il Signore è nell’angelo, e l’angelo nel Signore, se non si sa quale è la congiunzione; vi è con­giunzione del Signore con l’angelo, e dell’angelo col Signore; la con­giunzione è dunque reciproca; da parte dell’angelo essa è come segue: L’angelo non percepisce altrimenti se non che esso è nell’amore e nella sapienza da se stesso, similmente come l’uomo, e quindi come se l’amore e la sapienza gli appartenessero o fossero suoi; se ei non percepisse così, non vi sarebbe alcuna congiunzione, così il Signore non sarebbe in esso, ed esso nel Signore; né è possibile che il Signore sia in qualche angelo o in qualche uomo, a meno che colui in cui è con l’amore e la sapienza non percepisca e non senta ciò come suo; per questo il Signore non solamente è ricevuto, ma eziandio, dopo essere stato ricevuto, è ritenuto ed ancora riamato; per ciò dunque l’angelo è savio e rimane savio. Chi può volere amare il Signore ed il pros­simo, e chi può volere esser savio se egli non sente e non percepisce come suo quel che ama, impara ed attinge? Chi può altrimenti rite­nere ciò presso di sé? Se non fosse cosi, l’amore e la sapienza che influiscono non avrebbero alcuna sede, avverrebbe che si spanderebbero fuori e non affetterebbero; così l’angelo non sarebbe angelo, né l'uo­mo sarebbe uomo, anzi non sarebbe altro che come qualcosa d’inani­mato. Da queste spiegazioni si può vedere che, laddove vi sia congiun­zione, vi deve essere il reciproco.

116. Ma come avviene che l’angelo percepisce e sente ciò come suo, e cosi riceve e ritiene, quando tuttavia ciò non gli appartiene, poiché si è detto più sopra che l’angelo non è angelo per quel die gli appartiene, ma per le cose che su di lui vengono dal Si­gnore? Ora lo si dirà. – La cosa in sé è così: Vi è presso ogni angelo la libertà e la razionalità; queste due facoltà sono insiti in lui, affinché sia suscettibile di ricevere l'Amore e la Sapienza che procedono dal Si­gnore; ma l’una e l’altra, tanto la libertà quanto la razionalità, non appartengono ad esso, ma al Signore appo esso. Non pertanto, essendo queste due facoltà intimamente congiunte alla sua vita, e così intima­mente che si possono dire unite alla vita, perciò esse appaiono come sue proprie; in virtù di esse egli può pensare e volere, parlare ed agire, e quel che in virtù di esse pensa, vuole, dice e fa, pare come se fosse da se stesso. Questo fa il reciproco, per cui vi è congiun­zione. Tuttavia, per quanto l’angelo crede che l'amore e la sapienza siano in esso, e così se le attribuisce come sue, altrettanto l’angelico non è in lui, e quindi altrettanto non vi è congiunzione di esso col Si­gnore; stante che egli non è nella verità. E siccome la verità fa una stessa cosa con la luce del Cielo, altrettanto egli non può essere nel Cielo; piché per questo egli nega che vive dal Signore e crede che vive da se stesso, per conseguenza, che egli ha la Divina essenza. In queste due cose, la libertà e la razionalità, consiste la vita, sia che chiamasi angelica e umana. Da queste spiegazioni si può vedere che l’angelo ha il reciproco per la congiunzione col Signore, ma che il re­ciproco, considerato nella sua facoltà, non è suo, ma è del Signore. Quindi avviene che se egli abusa di questo reciproco per cui percepisce e sente come suo quel che è del Signore, il che avviene quando se l’appropria, allora egli decade dall’angelico. Che la congiunzione sia reciproca, il Signore stesso l’insegna in Giovanni — XIV, 20 a 24; XV, 4, 5, 6; — e che la congiunzione del Signore con l’uomo, e del­l’uomo col Signore sia nelle cose che appartengono al Signore, le quali si chiamano Sue parole, si vede in Giovanni — XV, 7.

117. Vi sono di quelli che credono che Adamo era in una tal li­bertà o in un tal libero arbitrio, che egli poteva da se stesso amare Iddio ed esser savio, e che questo libero arbitrio sia poi stato inte­ramente perduto nei suoi discendenti; ma questo è un errore; imper­ciocché l’uomo non è la vita ma il recipiente della vita. — Vedasi più sopra, n. 4 a 6, 54 a 60, — e chi è il recipiente della vita non può amare ed esser savio in virtù di qualcosa di suo: perciò ancora quando egli volle esser savio ed amare in virtù di quel che era suo, decadde dalla sapienza e dall’amore, e fu cacciato dal Paradiso.

118. Quel che si è detto dell’angelo vuolsi parimenti dire del Cielo che si compone di angeli, poiché il Divino è il medesimo nei massimi e nei minimi, come si è dimostrato più sopra n. 77 a 82. Quel che si è detto dell’angelo e del Cielo vuolsi similmente dire dell’uomo e della Chiesa, poiché l’angelo del Cielo e l’uomo della Chiesa fanno uno per la congiunzione; ed inoltre l’uomo della Chiesa, quanto agl’in­teriori che s’attengono alla sua mente, è un angelo; ma per l’uomo della Chiesa s’intende l’uomo in cui è la Chiesa.

 

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27. NEL MONDO SPIRITUALE L’ORIENTE È DOVE APPARE IL SIGNORE COME SOLE,

E DA ESSO DIPENDONO LE ALTRE PLAGHE

 

119. Si è trattato del Sole del Mondo spirituale e della sua essenza, del suo Calore e della sua Luce, e quindi della presenza del Signore; ora si tratterà anche delle Plaghe di quel Mondo. Se si tratta di quel Sole e di quel Mondo, si è perché si tratta di Dio, e dell’Amore e della Sapienza; ora trattare di questi soggetti altrimenti che dalla origine stessa, sarebbe trattarne dagli effetti e non dalle cause; e tut­tavia gli effetti non insegnano che effetti, ed esaminati soli non met­tono in evidenza nessuna causa; ma le cause mettono in evidenza gli effetti; e sapere gli effetti dalle cause si è esser savio; dovechè investigare le cause dagli effetti non è esser savio, perché allora si pre­sentano delle illusioni che l'investigatore chiama cause, e questo si è infatuar la sapienza: difatti le cause sono anteriori e gli effetti sono posteriori; e dai posteriori non si possono vedere gli anteriori; ma da­gli anteriori si possono vedere i posteriori; qui è l'ordine. Questa è la ragione per cui qui si tratta primieramente del Mondo spirituale, essendo che là sono tutte le cause; e poi del Mondo naturale, ove tutte le cose che appaiono sono effetti.

120. Ora qui si parlerà delle Plaghe nel Mondo spirituale: Là vi sono parimenti delle plaghe come nel Mondo naturale; ma le plaghe del Mondo spirituale, come il Mondo stesso, sono spirituali; e le plaghe del Mondo naturale, come il Mondo stesso, sono naturali; laonde esse differiscono tanto, che non hanno nulla di comune. In ambedue i Mondi vi sono quattro plaghe, che si chiamano oriente, occidente, mezzo­giorno e settentrione: queste quattro plaghe nel Mondo naturale sono costanti, determinate dal Sole nel mezzodì; dinanzi è il settentrione, da un lato l’oriente, e dall’altro l’occidente; queste plaghe sono deter­minate dal mezzodì d’ogni luogo, stante che la situazione del sole a mezzodì è sempre la stessa in ogni luogo, e per conseguenza fissa. Altrimenti è nel Mondo spirituale; là le plaghe sono determinate dal Sole che ivi appare costantemente nel suo luogo; e là dove appare è l’oriente; perciò la determinazione delle plaghe in quel Mondo non è dal mezzodì, come nel Mondo naturale, ma è dall’oriente; di­nanzi è l’occidente, da un lato è il mezzogiorno e dall’altro il set­tentrione. Ma in seguito si vedrà che quelle plaghe non provengono dal Sole del Mondo spirituale, ma dai suoi abitanti, che sono gli angeli e gli Spiriti.

121. Poiché quelle plaghe dalla loro origine, che è il Signore come Sole, sono spirituali, perciò le abitazioni degli angeli e degli Spiriti, che sono tutte secondo quelle plaghe, sono anche spirituali; ed esse sono spirituali, perché gli angeli e gli Spiriti abitano secondo le ri­cezioni dell’amore e della sapienza procedenti dal Signore. Nell’oriente abitano coloro che sono in un grado superiore di amore; nell’occidente coloro che sono in un grado inferiore d’amore, nel mezzogiorno quelli che sono in un grado superiore di sapienza, e nel settentrione quelli che sono in un grado inferiore di sapienza. Indi è che nella Parola per l’oriente nel senso supremo s’intende il Signore, e nel senso ri­spettivo, l’amore verso di Esso; per l’occidente l’amore verso di Esso in decrescenza; per il mezzogiorno la sapienza nella luce, e per il set­tentrione la sapienza nell’ombra; o cose simili rispettivamente allo stato di coloro di cui si tratta.

122. Siccome è dall’oriente che vengono determinate tutte le pla­ghe nel Mondo spirituale, e per l’oriente nel senso supremo s’intende il Signore, ed altresì il Divino Amore, è evidente che dal Signore e dall’ amore verso di Esso procedono tutte le cose; e che per quanto alcuno non è in questo amore, tanto è lontano dal Signore ed abita sia nell’occidente, sia nel mezzodì, sia nel settentrione, a distanze là secondo la ricezione dell’amore.

123. Essendo il Signore come Sole costantemente all'oriente, per­ciò gli Antichi, presso i quali tutte le cose del culto erano rappre­sentativi di spirituali, nelle loro adorazioni volgevano le loro facce verso l’oriente, e per fare la medesima cosa in ogni culto volgevano anche i loro tempi da quella parte; dà qui proviene che i tempi sono anche oggidì edificati in una simile direzione.

 

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28. LE PLAGHE NEL MONDO SPIRITUALE NON PROVENGONO DAL SIGNORE COME SOLE,

MA DAGLI ANGELI SECONDO LA RICE­ZIONE

 

124. Si è detto che gli angeli abitano distintamente fra loro, gli uni nella piaga orientale, altri nell’occidentale, altri nella meridionale e altri nella settentrionale, e che quelli che abitano nella piaga orien­tale sono in un grado superiore di amore, quelli della piaga occiden­tale in un grado inferiore di amore, quelli della piaga meridionale nella luce della sapienza, e quelli della piaga settentrionale nell’ombra della Sapienza. Questa diversità di abitazioni pare che provenga dal Signore come Sole, dovechè però essa proviene dagli angeli; il Signore non è in un maggiore o minor grado di amore e di sapienza, o Egli, come Sole, non è in un maggiore o minor grado di calore e di luce presso l’uno che presso l’altro, conciossiachè Egli è dovunque il medesimo; ma non è ricevuto dall’uno e dall’altro in un grado simile; e questo fa sì che appare che gli angeli siano fra loro più o meno distanti, ed anche diversamente secondo le plaghe: donde segue che le plaghe nel Mondo spirituale non sono altro che le varie ricezioni dell’amore e della sapienza, e per conseguenza del calore e della luce che pro­cedono dal Signore come Sole: che sia così, si vede chiaramente da quel che si è dimostrato più sopra, n. 108 a 112, che le distanze nel Mondo spirituale sono apparenze.

125. Poiché le plaghe sono le varie ricezioni dell’amore e della sapienza dagli angeli, convien dire della varietà in forza della quale esiste questa apparenza. Il Signore è nell’angelo, e 1'angelo nel Signore, come si è dimostrato nel precedente articolo; ma poiché pare che il Signore come Sole sia fuori dell’angelo, pare anche che il Signore lo veda dal Sole, e che esso veda il Signore nel Sole, il che è, presso a poco, come l’immagine che appare nello specchio; pertanto se si ha da parlare di questa apparenza, allora diciamo che la cosa è tale: il Signore vede e riguarda ciascuno in faccia, ma reciprocamente gli angeli non riguardano così il Signore; quelli che sono dal Signore nell’amore inverso Lui, Lo vedono direttamente; perciò essi sono nell’oriente e nell’occidente, ma quelli che sono più nella sapienza ve­dono il Signore obliquamente a destra, e coloro che sono meno nella sapienza Lo vedono obliquamente a sinistra, perciò questi sono nel settentrione, e quelli nel mezzodì. Se sono in un aspetto obliquo, si è perché l’amore e la sapienza procedono come uno dal Signore, ma non sono ricevuti come uno dagli angeli, come si è già detto pre­cedentemente, e la sapienza che abbonda più che l’amore appare, è vero, come sapienza, ma tuttavia non lo è, perché nella sapienza sovrabbondante non vi è la vita procedente dall’amore. Da queste spie­gazioni chiaro si vede donde viene la diversità di ricezione, conforme­mente alla quale le abitazioni degli angeli appaiono secondo le pla­ghe nel Mondo spirituale.

126. Che la ricezione varia dell’amore e della sapienza costituisca la piaga nel Mondo spirituale, si può vedere da questo, che l’angelo muta di piaga secondo l’accrescimento o il decrescimento dell’amore appo sé; donde chiaro si vede che la piaga non viene dal Signore come Sole, ma dall’angelo secondo la ricezione. La stessa cosa è dell’uomo quanto al suo spirito. Egli è quanto allo spirito in una delle piaghe del Mondo spirituale, in qualunque piaga del Mondo naturale sia; poiché come si è detto più sopra, le piaghe del Mondo spirituale non hanno nulla in comune con le piaghe del Mondo naturale; l’uomo è in queste quanto al corpo, e in quelle quanto allo spirito.

 127. Affinché l’amore e la sapienza facciano uno presso l’angelo e presso l'uomo, tutto è paro in tutte le cose del loro corpo; vi sono due occhi, due orecchie, e due narici; vi sono due mani, due lombi e due piedi, il cervello è diviso in due emisferi, il cuore in due camere, il polmone in due lobi; parimenti tutte le altre cose; così nell’angelo e nell’uomo vi è una destra e una sinistra; e tutte le parti destre si riferiscono all’amore donde procede la sapienza, e tutte le parti sini­stre alla sapienza procedente dall’amore o, quel che toma il medesimo, tutte le parti destre si riferiscono al bene donde procede il vero, e tutte le parti sinistre al vero procedente dal bene. Queste paia sono nell’angelo e nell’uomo, affinché l’amore e la sapienza, o il bene e il vero, facciano uno, e affinché riguardino come uno verso il Signore: ma in seguito se ne dirà di più sopra questo soggetto.

128. Da ciò si può vedere in qual’illusioni e quindi in quali fal­sità sono coloro che credono che il Signore dia a suo beneplacito il Cielo, o che Egli dia a suo beneplacido all’uno d’essere più savio e di amare più che all’altro, quando tuttavia il Signore vuole egual­mente che l’uno come l’altro sia savio e sia salvato; imperciocché Egli provvede ai mezzi per tutti; ognuno secondo che riceve questi mezzi e vi conforma la sua vita è savio ed è salvato; stantechè il Signore è il medesimo presso l’uno come presso l’altro, ma i recipienti, che sono gli angeli e gli Uomini, sono diversi dietro una ricezione e una vita diversa. Che sia così, si può vedere da quel che si è già detto delle plaghe e delle abitazioni degli angeli secondo le plaghe, cioè che quella diversità non viene dal Signore, ma da quelli che ricevono.

 

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29. GLI ANGELI VOLGONO CONTINUAMENTE LA LORO FACCIA VERSO IL SIGNORE

COME SOLE, ED HANNO COSÌ IL MEZZOGIORNO A DESTRA, IL SETTENTRIONE

A SINISTRA E L'OCCIDENTE A TERGO

 

129. Tutte le cose che si sono dette qui degli angeli e della lor conversione al Signore come Sole debbono intendersi anche dell’uomo quanto al suo spirito, poiché l’uomo quanto alla sua mente è uno spirito, e se è nell’amore e nella sapienza egli è un angelo; perciò anche, dopo la morte, quando ha spogliato i suoi esterni che aveva tratti dal Mondo naturale, egli diviene spirito o angelo: e poiché gli angeli volgono continuamente la loro faccia all’Oriente del Sole, così al Signore, perciò si dice anche dell'uomo che è nell’amore e nella sapienza dal Signore, che egli vede Dio, che riguarda a Dio, che ha Dio dinanzi agli occhi, per le quali espressioni s’intende che egli vive come un angelo: tali cose si dicono nel Mondo, tanto perché esse esistono in attualità nel Cielo, quanto perché esistono in attua­lità nello spirito dell’uomo; chi è che non vede Dio dinanzi a sé, quando prega, a qualunque piaga sia rivolta la sua faccia?

130. Se gli angeli rivolgono continuamente le loro facce verso il Signore come Sole, si è perché gli angeli sono nel Signore, e il Si­gnore è in essi, e perché il Signore conduce interiormente le loro af­fezioni e i loro pensieri e li volge continuamente verso di Sé; quindi non possono fare altrimenti che di riguardare verso l’oriente, dove appare il Signore come Sole; donde chiaro si vede che gli angeli non si volgono verso il Signore, ma che il Signore li volge verso di Sé: infatti, quando gli angeli pensano interiormente al Signore, allora essi non pensano di Lui altrimenti che come essendo in loro; lo stesso pensiero interiore non fa la distanza, ma il pensiero esteriore, che fa una stessa cosa con la vista degli occhi, produce la distanza; la ra­gione n’ è perché il pensiero esteriore è nello spazio, ma non l’inte­riore, e là dove non è nello spazio, come nel Mondo spirituale, esso è tuttavia nell’apparenza dello spazio. Ma queste cose si possono in­tendere poco dall’uomo che pensa a Dio dallo spazio; imperciocché Dio è da per tutto, e tuttavia non è nello spazio; così egli è tanto fuori come entro dell’angelo, e quindi l’angelo può vedere Dio, cioè il Si­gnore, e dentro sé e fuori di sé; entro di sé, quando pensa dietro l’amore e la sapienza, e fuori di sé, quando pensa all’amore e alla sapienza. Ma di questi soggetti si parlerà specialmente ne’ Trattati sulla Onnipresenza, 1’Onniscienza e I’Onnipotenza del Signore. Che ognuno si guardi bene di non cadere in questa esecrabile eresia, che Dio si sia infuso negli uomini, e che egli sia in essi, e non più in Sé, mentre che tuttavia Dio è in ogni luogo, tanto dentro che fuori del­l’uomo, stante che Esso è in ogni spazio senza spazio, come si è di­mostrato più sopra, n. 7 a 10, e 69 a 72; avverrebbe che se fosse nel­l’uomo, Esso sarebbe non solo divisibile, ma ancora rinchiuso nello spazio; anzi, l’uomo allora potrebbe pensare anche di essere Dio; questa eresia è sì abominevole che nel Mondo spirituale essa pute come un cadavere.

131. La conversione degli angeli verso il Signore è tale che in ogni rivolgimento del loro corpo essi riguardano al Signore come Sole dinanzi a loro: l’angelo si può rivolgere da ogni parte, e cosi vedere i vari oggetti che sono intorno ad esso; ma nonostante il Signore come Sole appare continuamente davanti alla sua faccia. Questo può sembrare meraviglioso, ma non pertanto è la verità. È stato dato an­che a me di vedere così il Signore come Sole; io Lo vedo dinanzi alla mia faccia, e durante parecchi anni, verso qualunque piaga del mondo io mi sia rivolto, L’ho veduto similmente.

132. Poiché il Signore come Sole, e per conseguenza l’Oriente, è davanti alle facce di tutti gli angeli del Cielo, ne segue che alla loro destra è il mezzodì, alla sinistra il settentrione, e di dietro l’occi­dente; così anche in ogni conversione del loro corpo, poiché, come si è già detto, tutte le piaghe nel Mondo spirituale sono determinate dall’oriente. Perciò coloro dinanzi ai cui occhi è l’oriente sono nelle stesse pilaghe, anzi sono essi stessi che le determinano, poiché, come si è dimostrato più sopra, n. 124 a 128, le plaghe non proven­gono dal Signore come Sole, ma dagli angeli secondo la ricezione.

133. Ora siccome il Cielo si compone di angeli, e gli angeli sono tali, ne segue che tutto quanto il Cielo si volge verso il Signore, e per questa conversione esso è governato come un sol Uomo dal Si­gnore, come anco il Cielo è al cospetto del Signore. Che il Cielo al cospetto del Signore sia come un sol Uomo, si vede nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, n. 59 a 87; indi vengono anche le plaghe del Cielo.

134. Essendo così nell'angelo ed anche in tutto il Cielo le plaghe quasi inscritte, l’angelo perciò conosce la sua casa e la sua abitazione, in qualunque luogo egli vada; diversamente dall’uomo nel Mondo; se l'uomo non conosce la casa né l’abitazione in virtù della piaga in sé, gli è perché egli pensa dietro lo spazio, così dietro le plaghe del Mondo naturale, le quali non hanno nulla di comune con le plaghe del Mondo spirituale. Nondimeno, negli uccelli e negli animali vi è una tale scienza, poiché vi è insito in essi di conoscere la loro casa e la loro abitazione da se stessi, come si sa per molte espe­rienze, indizio che vi è qualcosa di simile nel Mondo spirituale, stantechè tutte le cose che esistono nel Mondo naturale sono effetti, e tutte quelle che esistono nel Mondo spirituale sono le cause di que­gli effetti; non esiste un naturale che non tragga la sua causa dal Mondo spirituale.

 

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30. TUTTI GL’INTERIORI TANTO DELLA MENTE QUANTO DEL

CORPO DEGLI ANGELI SONO RIVOLTI VERSO IL SIGNORE COME SOLE

 

135. Gli angeli hanno un intelletto e una volontà, e una faccia ed un corpo; ed essi hanno pure gl’interiori dell’intelletto e della volontà, nonché della faccia e del corpo: gl’ interiori dell’ intelletto e della vo­lontà sono le cose che appartengono alla loro affezione ed al loro pen­siero; gl’interiori della faccia sono i cervelli, e gl’interiori del corpo sono i visceri, di cui i principali sono il cuore ed il polmone: in una parola, gli angeli hanno tutte e le singole cose che hanno gli uomini sulla terra; si è per queste cose che gli angeli sono uomini; la forma esterna senza quest’ interni non fa che siano uomini, ma lo fa la forma esterna unita a quest’interni, anzi proveniente da essi; altri­menti sarebbero solamente immagini d’uomini, in cui non vi sarebbe la vita, perché dentro non vi sarebbe la forma della vita.

136. Si sa che l’intelletto e la volontà governano il corpo a loro piacimento, poiché quel che l’intelletto pensa la bocca lo pronun­zia, e quel che la volontà vuole il corpo lo fa; donde è evidente che il corpo è la forma corrispondente all'intelletto e alla volontà; e sic­come la forma si dice anche dell’intelletto e della volontà, è parimenti evidente che la forma del corpo corrisponde alla forma dell’intelletto e della volontà; ma quale è l’una e l’altra forma, non è qui il luogo di descriverlo; vi sono anche cose innumerevoli nell'una e nell’altra, e queste cose innumerevoli da ambe le parti fanno una cosa sola, perché si corrispondono mutuamente; da qui proviene che la Mente, o la volontà e l’intelletto, governa il corpo a suo piacimento, così assolu­tamente come essa governa se stessa. Donde segue che gl’interiori della mente fanno uno cogli interiori del corpo, e che gli esteriori della mente fanno uno cogli esteriori del corpo. Degl’interiori della mente si parlerà in seguito, dopo che si sarà trattato dei gradi della vita, ed allora parimenti si parlerà degl'interiori del corpo.

137. Poiché gl’interiori della mente fanno una cosa sola cogl’inte­riori del corpo, ne segue che, quando gl'interiori della mente si vol­gono al Signore come Sole, anche gl’interiori del corpo fanno simil­mente; e poiché gli esteriori dell’una e dell’altro, tanto della mente quanto del corpo, dipendono dai loro interiori, ne risulta che anche questi fanno similmente; infatti quel che l’esterno fa, lo fa in virtù dell’interno, poiché il comune trae il suo tutto dai particolari di cui si compone. Da questo è evidente che siccome l’angelo volge la sua faccia e il suo corpo verso il Signore come Sole, tutti gl’inte­riori della sua mente e del suo corpo sono rivolti eziandio da quella parte. La stessa cosa è dell’uomo, se egli ha continuamente il Signore dinanzi agli occhi, ciò che avviene se è nell’amore e nella sapienza; allora esso non riguarda il Signore solamente cogli occhi e con la faccia, ma anche con tutta la sua mente e con tutto il suo cuore, cioè con tutte le cose della volontà e dell’intelletto, e in pari tempo con tutte quelle del corpo.

138. Questa conversione verso il Signore è una conversione attuale, è una certa elevazione; infatti si è elevati nel calore e nella luce del Cielo, il che ha luogo per questo che gl’ interiori si aprono, e quando sono aperti l’amore la sapienza influiscono negl’interiori della mente, e il calore e la luce del Cielo influiscono negl’interiori del corpo; indi l’elevazione, che è come se si passasse da una densa nube all’aria, o dall’aria all’etere; e l’amore e la sapienza col loro calore e la loro luce sono il Signore appo l’uomo, che, come si è già detto, lo volge a Sé. Il contrario avviene presso coloro che non sono nell’amore e nella sa­pienza, e maggiormente presso coloro che sono contro l’amore e la sapienza; i loro interiori, tanto della mente quanto del corpo, sono chiusi, e quando sono chiusi gli esteriori reagiscono contro il Signore, stanteché una tale natura è in loro; da qui viene che essi danno il tergo al Signore, e dare il tergo al Signore si è volgersi verso l’inferno.

139. Questa conversione attuale verso il Signore proviene dall’amore e in pari tempo dalla sapienza, e non dal solo amore, né dalla sola sa­pienza; il solo amore è come l’essere senza l’esistere, conciossiachè l’amore esiste nella sapienza; e la sapienza senza l’amore è come l’esi­stere senza il suo essere, poiché la sapienza esiste in virtù dell’amore. Esiste, è vero, un amore senza la sapienza, ma questo amore appartiene all’uomo e non al Signore; ed esiste parimenti una sapienza senza l’amore; questa sapienza, per verità, viene dal Signore, ma essa non ha in sé il Signore; conciossiachè essa è come la luce d’inverno, che certamente emana dal Sole, ma pur tuttavia l’essenza del Sole, che è il calore, non è in essa.

 

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31. OGNI SPIRITO, QUALUNQUE SI SIA, SI VOLGE PARIMENTI
AL SUO AMORE DOMINANTE

 

140. Innanzi tutto vuolsi dire quel che è uno Spirito, e quel che è un angelo. Ogni uomo dopo la morte viene primieramente nel Mondo degli spiriti, che è nel mezzo fra il Cielo e l’inferno; e là compie i suoi tempi o i suoi stati, e secondo la sua vita si prepara o per il Cielo o per l’inferno: sin tanto che rimane in quel Mondo, egli sì chiama Spirito; colui che da quel Mondo è elevato nel Cielo si chiama angelo, e quegli che è precipitato nell’ inferno si chiama Satana o Dia­volo. Finché i medesimi sono nel Mondo degli spiriti, colui che si pre­para per il Cielo si chiama Spirito angelico, e quegli che si prepara per l’inferno, Spirito infernale. Durante questa preparazione lo Spirito angelico è congiunto col Cielo, e lo Spirito infernale con l’inferno. Tutti gli spiriti che sono nel Mondo degli spiriti sono aggiunti agli uomini, perché gli uomini, quanto agl’ interiori della loro mente, sono parimenti fra il Cielo e l’inferno, e mediante questi spiriti essi comu­nicano col Cielo o con l’inferno, secondo la vita. Bisogna sapere che altro è il Mondo degli spiriti, ed altro il Mondo Spirituale; il Mondo degli Spiriti è quello di cui si è ora parlato; ma il Mondo Spi­rituale è in complesso e quel Mondo degli Spiriti e il Cielo e l’inferno.

141. Vuolsi dire anche qualcosa degli Amori, giacché si tratta della conversione degli angeli e degli Spiriti in forza dei loro amori verso i loro amori. Tutto quanto il Cielo è distinto in società secondo tutte le differenze degli amori; parimenti l’inferno; e parimenti il Mondo degli Spiriti; ma il Cielo è distinto in società secondo le dif­ferenze degli amori celesti; l’inferno secondo le differenze degli amori infernali, e il Mondo degli spiriti secondo le differenze degli amori tanto celesti che infernali. Vi sono due Amori che sono i capi di tutti gli altri, o a cui si riferiscono tutti gli altri amori: l’Amore che è il Capo, o a cui si riferiscono tutti gli amori celesti, è l’Amore verso il Signore; e l’Amore che è il capo, o a cui si riferiscono tutti gli amori infernali, è l’Amore di dominare in forza dell’amore di sé: questi due amori sono diametralmente opposti l’uno all’altro.

142. Poiché questi due amori, l’amore verso il Signore e l’amore di dominare in virtù dell’amore di sé, sono interamente opposti l’uno all’altro, e poiché tutti coloro che sono nell’amore verso il Signore si volgono verso il Signore come Sole, come si è dimostrato nel prece­dente articolo, si può vedere che tutti coloro che sono nell’amore di dominare in virtù dell’amore di sé dànno il tergo al Signore. Se volgonsi così in un senso opposto, si è perché quelli che sono nell’amore verso il Signore nulla amano di più che d’esser condotti dal Signore, e vogliono che il Signore solo domini; dovechè coloro che sono nel­l’amore di dominare in forza dell’amore di sé non amano che di con­dursi da se stessi, e vogliono dominare essi soli. Si dice l’amore di dominare in forza dell’amore di sé, perché vi è l’amore di dominare in virtù dell’amore di fare degli usi, il quale amore, perché fa una cosa sola coll’amore verso il prossimo, è un amore spirituale; però questo amore non si può chiamare amore di dominare, ma si deve chiamare amore di far degli usi.

143. Che ogni spirito, qualunque si sia, sì volga verso il suo amore dominante; si è perché l’amore è la vita di ognuno, come si è dimo­strato nella Prima Parte, n. 1, 2, 3; e la vita volge i suoi ricetta­coli, che chiamansi membra, organi e visceri, così tutto l’uomo, verso quella società che è con esso seco in un amore simile, così là dove è il suo amore.

144. Essendo l’amore di dominare in forza dell’amore di sé intera­mente opposto all’amore verso il Signore, perciò gli spiriti che sono in questo amore di dominare rivolgono la faccia dal Signore, e. quindi cogli occhi essi guardano l’occidente di quel Mondo; e poiché cosi sono in quanto al corpo in un senso contrario, di dietro essi hanno l’oriente, a destra il settentrione, ed a sinistra il mezzogiorno. Essi hanno die­tro di loro l’oriente, perché odiano il Signore, a destra il settentrione, perché amano le illusioni e quindi le falsità, e a sinistra il mezzo­giorno, perché disprezzano la luce della sapienza. Si possono volgere in ogni senso, ma tutte le cose che vedono d’intorno a loro appaiono simili al loro amore. Tutti costoro sono naturali-sensuali, ed al­cuni sono tali che credono che essi soli vivono, e riguardano gli altri come immagini: essi si credono savi più di tutti, sebbene siano insani.

145. Nel Mondo spirituale appaiono delle vie lastricate come le vie nel Mondo naturale; alcune conducono al Cielo, ed alcune all’in­ferno; ma le vie che conducono all’inferno non appaiono a quelli che vanno verso il Cielo, e le vie che conducono al Cielo non appaiono a coloro che vanno verso l’inferno; quelle vie sono innumerevoli, poiché ve ne sono per ciascuna società del Cielo e per ciascuna società dell’inferno. Ogni spirito entra nella via che conduce alla so­cietà del suo amore, e non vede le vie che tendono altrove. Quindi ne viene che ogni spirito a misura che si volge verso il suo amore do­minante, va anche avanti.

 

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32. IL DIVINO AMORE E LA DIVINA SAPIENZA, CHE PROCEDONO DAL SIGNORE

COME SOLE E FANNO IL CALORE E LA LUCE NEL CIELO,

SONO IL DIVINO PROCEDENTE, CHE È LO SPIRITO SANTO

 

146. Nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sul Signore è stato dimostrato che Dio è uno in Persona e in Essenza, in Cui è la Tri­nità, e che questo Dio è il Signore; come pure che la Trinità del Si­gnore si chiama Padre, Figlio e Spirito Santo, e che il Divino a Quo si chiama Padre, il Divino Umano Figlio, e il Divino procedente Spi­rito Santo. Dicesi il Divino procedente, e nondimeno nessuno sa perché si dica procedente; se non si sa, è perché fino ad ora è stato ignorato che il Signore dinanzi agli angeli appare come Sole, e che da quel Sole procede un Calore, che nella sua essenza è il Divino Amore, e una Luce, che nella sua essenza è la Divina Sapienza; fin­ché queste verità sono state ignorate non si è potuto sapere altro se non che il Divino procedente era Divino per sé; perciò anche nella Dottrina Atanasiana della Trinità si dice che, altra è la Persona del Padre, altra quella del Figlio, ed altra quella dello Spirito Santo. Ora però, quando si sa che il Signore appare come Sole, si può avere una giusta idea del Divino Procedente, che chiamasi Spirito Santo, cioè che è uno col Signore, e che procede da Esso, come il calore e la luce procedono dal Sole: si è anche per questo che, tanto gli angeli sono nell’amore e nella sapienza, altrettanto sono nel Divino Calore e nella Divina Luce. Senza la conoscenza che il Signore nel Mondo spirituale appare come Sole, e che il suo Divino procede cosi, nes­suno può mai sapere quel che s’intende per procedere, se, per esempio, sia comunicare le cose che sono del Padre e del Figlio, o sola­mente illustrare e insegnare: ma ad ogni modo non è d’una ragione illustrata di riconoscere cosi il Divino procedente come Divino per sé, e di chiamarlo Dio e distinguerlo, quando è pur noto che Dio è uno e che Esso è onnipresente.

147. Più sopra si è dimostrato che Dio non è nello spazio, e che per ciò Egli è onnipresente; come pure che il Divino è dovunque il medesimo; ma che la sua varia apparenza negli angeli e negli uomini proviene da una ricezione varia: ora poiché il Divino procedente del Signore come Sole è nella luce e nel calore, e la luce ed il calore in­fluiscono prima nei recipienti universali, che nel Mondo si chiamano atmosfere, e queste sono i recipienti delle nuvole, si può vedere che, siccome gl’interiori che attengonsi all’intelletto nell’uomo o nell’angelo sono avviluppati di tali nuvole, così lo è il ricettacolo del Divino procedente: per le nuvole s’intendono le nuvole spirituali, che sono i pensieri, i quali concordano con la Divina Sapienza se vengono dai veri, e discordano se vengono dai falsi; perciò nel Mondo spirituale anche i pensieri provenienti dai veri, quando si presentano alla vista, appaiono come nuvole bianche, e i pensieri provenienti dai falsi come nuvole nere. Da queste spiegazioni si può vedere che il Divino pro­cedente è, per verità, in ogni uomo, ma che è da esso variamente velato.

148. Poiché il Divino stesso mediante il calore e la luce spirituale è presente nell’angelo e nell'uomo, perciò si dice di quelli che sono nei veri della Divina Sapienza e nei beni del Divino Amore, quando ne sono affetti, e dall’affezione pensano sopra questi veri e questi beni in virtù di questi veri e di questi beni, che essi sono caldi di Dio, il che viene talvolta fino alla percezione e alla sensazione, come quando un predicatore parla animato da zelo: si dice eziandio dei medesimi che sono illustrati da Dio, perché il Signore per il suo Divino pro­cedente non solo infiamma la volontà col calore spirituale, ma illustra anche l’intelletto con la luce spirituale.

149. Che lo Spirito Santo sia il medesimo che il Signore, e che sia la Verità stessa da cui l’uomo ha l’illustrazione, è evidente dai seguenti passi nella Parola: «Gesù disse, quando sarà venuto lo Spirito di Verità, esso vi condurrà in tutta la Verità; Egli non parlerà da se stesso, ma tutto quel che avrà udito, proferirà». — Gio. XVI, 13. — «Egli Mi glorificherà, perché riceverà del Mio e ve lo annunzierà». — XVI. 14, 15. — «Esso dimorerà presso i discepoli e sarà in loro». — Gio. XIV, 17; XV, 26. — «Gesù disse: Le parole che io vi enuncio sono Spirito e Vita». — Gio. VI, 63; — da questi passi è evidente che la Verità stessa che procede dal Signore si chiama lo Spirito Santo; la quale, essendo nella luce, illustra.

150. L’illustrazione che si attribuisce allo Spirito Santo è per ve­rità nell’uomo dal Signore, ma però essa si fa per mezzo degli spiriti e degli angeli ; tuttavia quale è questa mediazione, non si può ancora descrivere; si dirà solamente che gli angeli e gli spiriti non possono menomamente illustrare l’uomo da loro stessi, perché essi sono illu­strati al pari degli uomini dal Signore; e siccome essi sono parimenti illustrati, ne segue che ogni illustrazione viene dal Signore solo: se essa si fa per mezzo degli angeli e degli spiriti, si è perché l’uomo che è nell’illustrazione, è allora posto in mezzo a certi angeli ed a certi spiriti, che ricevono dal Signore solo l’illustrazione più che gli altri.

 

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33. IL SIGNORE HA CREATO L’UNIVERSO E TUTTE LE COSE DELL’UNIVERSO PER MEZZO DEL SOLE,

CHE È IL PRIMO PRO­CEDENTE DEL DIVINO AMORE E DELLA DIVINA SAPIENZA

 

151. Per il Signore s’intende Dio ab aeterno o Jehovah, che si chiama Padre e Creatore, perché il Signore è uno con Esso, come è stato dimostrato nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sul Signore; perciò in seguito, dove si tratta anche della Creazione, esso sarà nominato il Signore.

152. Che tutte le cose dell’universo siano state create dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza, si è pienamente dimostrato nella Prima Parte, specialmente ai n. 52, 53; qui ora si dimostrerà che si è per mezzo del Sole, che è il primo Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza. Chiunque può vedere gli effetti dietro le cause, e poi vedere dalle cause gli effetti nel loro ordine e nella loro serie, non può negare che il Sole sia il primo della creazione, imperciocché da esso sussistono tutte le cose che sono nel suo mondo; e poiché sussistono da esso, esse sono esistite anche da esso; l’uno inferisce ed attesta l’altro; infatti esse sono tutte sotto il suo aspetto, perché esso ve le ha poste acciocché vi siano; e tenerle sotto di sé si è porvele continuamente; perciò anche si dice che la sussistenza è una per­petua esistenza; se pur qualcosa fosse sottratta interamente al­l’influsso del sole per le atmosfere, questa sarebbe all’istante distrutta; conciossiachè, le atmosfere che sono più e più pure, e le quali sono messe in potenza dal Sole, contengono ogni cosa in un nesso; ora poiché la sussistenza dell’universo e di tutto le sue cose vien dal Sole, è evi­dente che il Solo è il primo della creazione, a quo (da cui procedono tutte le cose). Si dice dal Sole, ma s’intende dal Signore per il Sole, poiché anche il Sole è stato creato dal Signore.

153. Vi sono due Soli per mezzo dei quali tutte le cose sono state create dal Signore: il Sole del Mondo spirituale e il Sole del Mondo naturale. Il Signore ha creato tutte le cose per mezzo del Sole del Mondo spirituale, ma non per mezzo del Sole del Mondo naturale, poiché questo Sole è lontano, sotto il Sole spirituale; esso è ad una distanza media; sopra di esso è il Mondo spirituale, e sotto di esso è il mondo naturale; e il Sole del Mondo naturale è stato creato per portare un soccorso secondario; in seguito si parlerà di questo soccorso.

154. Se l’Universo e tutte le cose dell’Universo sono state create dal Signore per mezzo del Sole del Mondo spirituale, si è perché quel Sole è il primo Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza, e tutto le cose vengono dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza, come si è dimostrato più sopra, n. 52 a 82. In ogni oggetto creato, tanto nel più grande, quanto nel più piccolo, vi sono tre cose, il Fine, la Causa e l’Effetto; non vi è oggetto creato in cui non siano questi tre: nel più grande oggetto, ossia nell’universo, questi tre esistono nel seguente ordine: Nel Sole, che è il primo procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza, è il Fine di tutte le cose; nel Mondo spirituale sono le Cause di tutte le cose; e nel Mondo naturale sono gli Effetti di tutto le cose. Ma come questi tre sono nei Primi e ne­gli Ultimi, si dirà in seguito. Ora non essendovi oggetto creato in cui questi tre non siano, ne segue che il Signore ha creato l’Universo e tutte le cose dell’Universo per il Sole, dove è il fine di tutte le cose.

155. La creazione stessa non può esser messa alla portata della concezione, se lo spazio ed il tempo non sono allontanati dal pensiero; ma se sono allontanati, si può comprendere: Allontanali dunque, se puoi, o per quanto puoi, e tieni la mente in una idea astratta dallo spazio e dal tempo, e tu percepirai che il massimo dello spazio e il minimo dello spazio non differiscono in niente, ed allora della Crea­zione dell’universo tu non potrai avere che una idea simile a quella della creazione dei singolari nell’universo, e tu vedrai che la diver­sità negli oggetti creati viene da che gl’infiniti sono in Dio Uomo, e quindi gl’indefiniti nel Sole, che è il primo Procedente di Esso Dio, o da che questi indefiniti esistono come in una immagine nell’Universo creato; indi è che non vi può essere in nessun luogo una cosa che sia la medesima che un’altra; quindi la varietà di tutte le cose, la quale si presenta dinanzi agli occhi in un con lo spazio nel Mondo naturale, e nell’apparenza dello spazio nel Mondo spirituale; e la va­rietà concerne i comuni e concerne i singolari. Sono queste le cose dimostrate nella Prima Parte; per esempio, che in Dio-Uomo gl’in­finiti sono distintamente uno, n. 17 a 22; che tutte le cose nell’Uni­verso sono state create dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza di Dio-Uomo, n. 52, 53; che tutte le cose nell’universo creato sono re­cipienti del Divino Amore e della Divina Sapienza di Dio-Uomo, n. 55 a 60; che il Divino non è nello spazio, n. 7 a 10; che il Divino riempie tutti gli spazi senza spazio, n. 69 a 72; che il Divino nei massimi e nei minimi è il medesimo, n. 77 a 82.

156. Non si può dire che la Creazione dell’universo e di tutte le cose dell’Universo sia stata fatta da uno spazio ad uno spazio, e da un tempo ad un tempo, così progressivamente e successivamente, ma si deve dire che è stata fatta dall’Eterno e dall’infinito, non dall’Eterno del tempo, poiché non vi è, ma dall’Eterno del non-tempo, essendo che questo è la medesima cosa che il Divino; né dall’Infinito dello spazio, poiché neppure questo vi è, ma dall’infinito del non-spazio, il che è anche la medesima cosa che il Divino. So che ciò oltrepassa le idee dei pensieri che sono nella luce naturale, ma ciò non oltre­passa le idee dei pensieri che sono nella luce spirituale, poiché in questi non vi è nulla dello spazio né del tempo. Anzi, ciò non ol­trepassa assolutamente neppure le idee dei pensieri nella luce naturale, dato che quando si dice che non vi è l’infinito dello spazio, ognuno lo afferma in virtù della ragione. Lo stesso si vuol dire dell’eterno, poiché questo è l’infinito del tempo; se si dice in eterno, ciò si comprende dal tempo; ma ab aeterno non si comprende se non si allontana il tempo.

 

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34. IL SOLE DEL MONDO NATURALE È PURO FUOCO, E PER CON­SEGUENZA MORTO;

E SICCOME LA NATURA DERIVA LA SUA ORIGINE DA QUESTO SOLE, ESSA È MORTA

 

157. La stessa Creazione non può per nulla essere attribuita al Sole del Mondo naturale, ma deve esserlo tutta quanta al Sole del Mondo spirituale, giacché il Sole del Mondo naturale è interamente morto, dovecchè il Sole del Mondo spirituale è vivo; infatti esso è il primo Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza; e quel che è morto non agisce menomamente da sé, ma è messo in azione; per la qual cosa attribuirgli alcunché della creazione sarebbe come attribuire a uno strumento messo in azione per le mani d’un artefice, l’opera che fa l’artefice. Il sole del Mondo naturale è un puro fuoco, da cui è separato tutto quel che appartiene alla vita; ma il Sole del Mondo spirituale è un fuoco in cui è la vita Divina. L’idea angelica sul fuoco del sole del Mondo naturale, e sul fuoco del Sole del Mondo spirituale è questa: che la Vita Divina è interiormente nel fuoco del Sole del Mondo spirituale, e esteriormente nel fuoco del sole del Mondo naturale. Da questo si può vedere che l’attività del Sole na­turale non viene da esso, ma dalla forza viva procedente dal Sole del Mondo spirituale; laddove, se la forza viva di questo Sole fosse ritirata o tolta, il sole naturale cadrebbe. Indi è che il culto del Sole è l’infimo di tutti i culti di Dio, poiché è un culto addirittura morto, come lo è il Sole stesso; perciò nella Parola questo culto si chiama una profa­nazione.

158. Essendo il sole del Mondo naturale un puro fuoco, e per conseguenza morto, perciò anche il calore che ne procede è morto; parimenti è morta la luce che ne procede; parimenti sono morte le atmosfere, che si chiamano etere e aria, e che. ricevono nel loro seno e trasportano il calore e la luce di questo sole. Poiché tutto ciò è morto, tutte e le singole cose del globo terrestre, che sono di sotto e si chiamano terre, sono anche morte: ma non ostante tutte queste cose, in genere ed in ispecie, sono circondate di spirituali che proce­dono e profluiscono dal Sole del Mondo spirituale; se non ne fossero circondate, le terre non potrebbero esser messe in azione, né pro­durre forme di usi, che sono i vegetabili, né forme di vita, che sono gli animali, né somministrare le materie per le quali l’uomo esiste e sussiste.

159. Ora poiché la natura comincia da questo sole, e tutto quel che da esso esiste e sussiste si chiama naturale, ne segue che la natura con tutte e le singole cose che la compongono, è morta. Se la natura appare nell’uomo e nell’animale come viva, si è in virtù della Vita che l'accompagna e la mette in azione.

160. Poiché gl'infimi della natura che costituiscono le terre sono morti, ed essi non sono mutabili e variabili secondo gli stati delle af­fezioni e dei pensieri, come nel Mondo spirituale, ma sono immutabili e fissi, perciò nella Natura vi sono spazi e distanze di spazi; vi sono tali cose, perché la creazione finisce là e vi sussiste nel suo riposo. Indi è evidente che gli spazi sono i propri della Natura; e poiché gli spazi in essa non sono apparenze di spazi secondo gli stati della vita, come nel Mondo spirituale, anche questi si possono chiamare morti.

161. Siccome i tempi sono parimenti fissi e costanti, ancor essi sono i propri della natura, poiché il tempo del giorno è costan­temente di ventiquattro ore, e il tempo dell’anno è costantemente di trecento sessantacinque giorni e un quarto: gli stessi stati della luce e dell’ombra, del caldo e del freddo, che variano questi tempi, ritor­nano pure costantemente. Gli stati che ritornano ogni giorno sono la mattina, il mezzodì, la sera e la notte; e quelli che ritornano ogni anno sono la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno: gli stati del­l’anno variano costantemente anche gli stati dei giorni: tutti questi stati, non essendo stati della vita, come nel Mondo spirituale, sono altresì morti; imperciocché nel Mondo spirituale vi è una continua luce ed un continuo calore, e la luce corrisponde allo stato della sa­pienza, e il calore allo stato dell’amore presso gli angeli, il che rende vivi i loro stati.

162. Da ciò si può vedere la fatuità di coloro che attribuiscono ogni cosa alla Natura; coloro che si sono confirmati per la Natura hanno introdotto in loro questo stato, che essi non vogliono più ele­vare la mente al di sopra della Natura, laonde la loro mente si chiude in alto e si apre da basso, e così l’uomo diviene naturale-sensuale, vale a dire spiritualmente morto; e siccome allora egli non pensa che dietro le cose che ha attinto dai sensi del corpo o nel Mondo me­diante questi sensi, egli nega Dio anche di cuore. Allora, essendo rotta la congiunzione col Cielo, si fa una congiunzione coll’inferno, rima­nendo solamente le facoltà di pensare e di volere, la facoltà di pen­sare in virtù della razionalità, e la facoltà di volere in virtù della li­bertà, le quali due facoltà sono in ogni uomo dal Signore, e non sono tolte: queste due facoltà le hanno i diavoli non men che gli angeli; ma i diavoli le applicano ad essere insani ed a malfare, e gli angeli ad esser savi ed a benfare.

 

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35. SENZA DUE SOLI, L’UNO VIVO E L’ALTRO MORTO, NON VI È CREAZIONE

 

163. L’Universo in generale è distinto in due Mondi, l’uno Spiri­tuale e l’altro Naturale; nel Mondo spirituale sono gli angeli e gli Spiriti; nel Mondo naturale sono gli uomini: questi due Mondi sono interamente simili quanto alla faccia esterna, e talmente simili che non si possono distinguere, ma quanto alla faccia interna essi sono asso­lutamente differenti ; gli stessi uomini che sono nel Mondo spirituale, i quali come si è detto, si chiamano angeli e spiriti, sono spirituali; ed essendo spirituali, essi pensano spiritualmente e parlano spiritualmente; ma gli uomini che sono nel Mondo naturale sono naturali, e per conseguenza pensano naturalmente e parlano naturalmente, ed il pensiero spirituale e la favella spirituale non hanno nulla di comune col pensiero naturale e con la favella naturale. Donde è evidente che questi due Mondi, lo spirituale e il naturale, sono assolutamente di­stinti, a segno che essi non possono in nessun modo essere insieme.

164. Ora, essendo questi due Mondi così distinti, è necessario che vi siano due Soli, l’uno da cui procedono tutti gli spirituali, e l’altro da cui procedono tutti i naturali; e siccome tutti gli spirituali nella loro origine sono vivi, e tutti i naturali dietro la loro origine sono morti, e i Soli sono le origini, ne segue che l'uno dei Soli è vivo e l’altro è morto, ed ancora che lo stesso Sole morto è stato creato dal Signore mediante il Sole vivo.

165. Se il Sole morto è stato creato, si è affine che negli ultimi tutte le cose siano fisse, stabili e costanti, e che quindi esistano le cose che debbono perpetuarsi e perdurare. Così e non altrimenti è fon­data la Creazione: il globo terraqueo, nel quale, sul quale e intorno al quale sono tali cose, è come la base e il fondamento, poiché esso è l’ultima opera in cui si terminano tutte le cose e sopra cui ripo­sano. Che sia eziandio come una matrice, da cui gli effetti, che sono i fini della creazione, sono prodotti, si dirà in seguito.

166. Che il Signore abbia creato tutte le cose mediante il Sole vivo, e non abbia creato nulla mediante il Sole morto, si può vedere da questo, che il vivo dispone il morto sotto la sua dipendenza e lo forma per gli usi, che sono i suoi fini, ma non viceversa. Pensare che tutte le cose vengano dalla natura, e che da essa venga anche la vita, non lo può che un uomo privo di ragione; questi non sa che cosa è la vita; la natura non può disporre la vita per qualsiasi cosa; imper­ciocché la natura è in se stessa affatto inerte; che il morto agisca nel vivo, o la forza morta nella forza viva o, quel che torna il me­desimo, il naturale nello spirituale, è assolutamente contro l’ordine, e quindi pensare ciò è contro il lume della sana ragione. Può, è vero, il morto o il naturale essere invertito o mutato in molti modi dagli accidenti esterni, ma però non può agire nella vita, bensì la vita agisce in esso secondo la introdotta mutazione di forma; questo è il mede­simo come dell’influsso fisico nelle operazioni spirituali dell’anima; si sa che questo influsso non esiste, perché non è possibile.

 

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36. NEGLI ULTIMI ESISTE IL FINE DELLA CREAZIONE, IL QUALE È CHE TUTTE LE COSE

RITORNINO AL CREATORE E CHE VI SIA CONGIUNZIONE

 

167. Primieramente vuolsi dire qualcosa dei Fini: – Ve ne sono tre che si susseguono in ordine, i quali si chiamano Fine primo, Fine medio e Fine ultimo; essi altresì si chiamano Fine, Causa ed Effetto: questi tre debbono essere insieme in ogni soggetto affinché sia qualcosa, poiché non vi è fine primo senza un fine medio, e in pari tempo senza un fine ultimo, o, quel che torna il medesimo, il fine solo senza una causa ed un effetto non esiste; parimenti nep­pure esiste la causa sola senza un fine donde essa proviene, e senza un effetto in cui essa sia; parimenti neppure esiste l’effetto solo, o l’effetto senza una causa e senza il suo fine. Che sia cosi, o si può comprendere se si pensa che il fine senza l’effetto, o separato dal­l’effetto, non è qualcosa di esistente, laddove non è che una parola, poiché il fine, acciò sia un fine in attualità, deve essere termi­nato, ed esso è terminato nell’effetto, in cui il primo si chiama fine, perché è il fine: pare come se l’agente o l’efficiente esista da sé, ma questo è un’apparenza proveniente da che esso è in un effetto, ma se si separa dall’effetto, sparisce al momento. Da queste spiega­zioni è evidente che questi tre, il Fine, la Causa e l’Effetto debbono essere in ogni soggetto, affinché sia qualcosa.

168. Di più, fa d’uopo sapere che il fine è tutto nella causa, ed anche tutto nell'effetto: indi è che il fine, la causa e l’effetto si dicono Fine primo, Fine medio e Fine ultimo. Ma perché il fine sia tutto nella causa, bisogna che vi sia qualcosa dietro il fine in cui sarà; e perché sia tutto nell’effetto, bisogna che vi sia qualcosa dietro il fine per la causa, in cui sarà; avvenga che il fine non può essere in sé solo, ma deve essere in qualcosa di esistente da sé, in cui, quanto al suo tutto, possa essere ed effettuare, agendo, fino a che sussiste; quello in cui sussiste è il Fine ultimo, che si chiama Effetto.

169. Nell’Universo creato, tanto nei suoi massimi quanto nei suoi minimi, vi sono questi tre, cioè il fine, la causa e l’effetto; se questi tre sono nei massimi e nei minimi dell’universo creato, si è perché in Dio Creatore, che è il Signore ab aeterno, vi sono questi tre; ma siccome Egli è Infinito, e gl’infiniti nell’infinito sono distintamente uno, come si è dimostrato più sopra, n. 17 a 22, perciò ancora que­sti tre nel Signore e nei suoi Infiniti sono distintamente uno; da qui viene che l’Universo, che è stato creato dall’Essere del Signore, e che, considerato quanto agli usi, è l’immagine del Signore, ha ot­tenuto questi tre in tutte e nelle singole sue cose.

170. Il fine universale o il fine di tutte le cose della creazione è che vi sia una congiunzione eterna del Creatore con l’Universo creato; e questa congiunzione non è possibile se non vi sono dei soggetti nei quali il Divino del Creatore possa essere come in sé, in guisa che nei quali Egli possa abitare e dimorare; questi soggetti, affinché siano suoi abitacoli e sue dimore, debbono essere recipienti del suo Amore e della sua Sapienza come da se stessi, così debbono come da se stessi elevarsi al Creatore e congiungersi ad Esso: senza que­sto reciproco non c’è congiunzione. Questi soggetti sono gli uomini, che possono come da se stessi elevarsi e congiungersi: che gli uo­mini siano tali soggetti, e che essi siano recipienti del Divino come da se stessi, è stato qui sopra dimostrato più volte. Per questa con­giunzione il Signore è presente in ogni opera creata da Esso; dap­poiché ogni oggetto creato è finalmente per l’uomo; perciò gli usi di tutte le cose che sono state create salgono per gradi dagli ultimi fino all’uomo, e dall’uomo fino a Dio Creatore, a quo (da Cui tutto procede) come si è dimostrato più sopra, n. 65 a 68.

171. La creazione va continuamente verso questo ultimo fine per questi tre, che sono il fine, la causa e l’effetto, perché questi tre sono nel Signore Creatore, come testè si è detto; e perché il Divino è in ogni spazio senza spazio, n. 69 a 72; ed è il medesimo nei massimi e nei minimi, n. 77 a’82. Da questo è evidente che nella progressione comune verso il fine ultimo l’Universo creato è rispetti­vamente il fine medio; conciossiachè le forme degli usi nel loro ordine vengono dal Signore Creatore continuamente elevate dalla terra fino all’uomo, il quale, quanto al corpo, viene anche dalla terra: l’uomo poi è elevato mediante la ricezione dell'amore e della sapienza dal Signore; ed affinché riceva l’amore e la sapienza, tutti i mezzi sono stati provveduti; ed egli è stato fatto tale che può ricevere, purché voglia. Dalle cose ora dette si può vedere, sebbene fin qui non altrimenti che in un modo comune, che negli ultimi esiste il fine della creazione, che è che tutte le cose ritornino al Creatore e che vi sia congiunzione.

172. Che questi tre, il fine, la causa e l’effetto siano in tutte e nelle singole cose che sono state create, si può vedere eziandio da questo, che tutti gli effetti, che si chiamano fini ultimi, divengono di nuovo fini primi in una serie continua, cominciando dal Primo, che è il Signore Creatore, fino all’ultimo, che è la congiunzione dell’uomo con Esso. Che tutti i fini ultimi divengano di nuovo fini primi, è evidente da che non esiste un oggetto talmente inerto e morto che non vi sia in esso nulla di efficiente; persino da un granello di sabbia spira una esalazione che aiuta a produrre qualcosa, per conseguenza ad effettuare qualcosa.

 

 

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LA SAPIENZA ANGELICA

SUL DIVINO AMORE

 

 

PARTE TERZA

 

 

 

37. NEL MONDO SPIRITUALE VI SONO ATMOSFERE, ACQUE E TERRE,

COME NEL MONDO NATURALE; MA ESSE SONO SPIRITUALI,

MENTRE NEL MONDO NATURALE SONO NATURALI

 

173. Che il Mondo spirituale e il Mondo naturale siano simili, con la sola differenza che tutte e le singole cose del Mondo spirituale sono spirituali, e tutte e le singole cose del Mondo naturale sono naturali, è stato detto nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno. Poi­ché questi due Mondi sono simili, vi sono per conseguenza in en­trambi delle atmosfere, delle acque e delle terre, che sono le cose comuni per le quali e dietro le quali tutte e le singole cose esistono con una varietà infinita.

174. Quanto alle atmosfere che si chiamano etere ed arie, esse sono simili nell’uno e nell’altro Mondo, spirituale e naturale, con la differenza che nel Mondo spirituale sono spirituali, e nel Mondo na­turale sono naturali: sono spirituali, perché esistono dal Sole che è il primo Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza del Signore, e da Esso ricevono in loro il Divino fuoco, che è 1'Amore, e la Divina luce, che è la Sapienza, e trasportano l’uno e l’altra ai Cieli dove sono gli angeli, e vi fanno la presenza di quel Sole nei massimi e nei minimi. Le atmosfere spirituali sono sostanze discrete o forme minime, originate dal Sole; e siccome esse ricevono particolarmente il Sole, ne risulta che il fuoco del Sole, diviso in tante sostanze o forme, e da esse quasi inviluppato e temperato per gl’in­volucri, diviene finalmente un calore adeguato all’amore degli angeli nel Cielo e degli spiriti sotto il Cielo; la medesima cosa è della luce del Sole. Le atmosfere naturali sono simili alle atmosfere spirituali, dacché esse sono anche sostanze discrete e forme piccolissime, ori­ginate dal sole del Mondo naturale, le quali altresì ricevono partico­larmente il sole, e inchiudendo in loro il suo fuoco, lo temperano e lo trasportano come calore verso la terra, dove sono gli uomini; e la medesima cosa per la luce.

175. La differenza fra le atmosfere spirituali e le atmosfere natu­rali è che le atmosfere spirituali sono i ricettacoli del Divino fuoco e della Divina luce, così dell’Amore e della Sapienza, perocché esse li contengono interiormente in sé, dovechè le atmosfere naturali non sono i ricettacoli del Divino fuoco e della Divina luce, ma del fuoco e della luce del loro sole, che in sé è morto, come si è dimostrato più sopra; laonde interiormente in esse non vi è nulla del Sole del Mondo spirituale, ma nondimeno esse sono circondate dalle atmosfere spirituali che procedono da quel Sole. Che vi sia questa differenza fra le atmosfere spirituali e le atmosfere naturali, è un soggetto della sapienza angelica.

176. Che vi siano delle atmosfere nel Mondo spirituale come nel Mondo naturale si può vedere da questo, che gli angeli e gli Spiriti respirano, parlano e odono egualmente come gli uomini nel Mondo naturale, e la respirazione ha luogo per l’ultima atmosfera che chia­masi aria; parimenti la favella e l’udito; come pure da questo che gli angeli e gli Spiriti vedono come gli uomini nel Mondo naturale, e la vista non è possibile se non per un’atmosfera più pura del­l’aria; inoltre, da questo, che gli angeli e gli Spiriti pensano e sono affetti come gli uomini nel Mondo naturale, e il pensiero' e l’affezione non sono possibili che per mezzo di atmosfere ancora più pure; e finalmente da che tutte le cose del corpo degli angeli e degli Spi­riti, tanto le esterne quanto le interne, sono contenute in un nesso, le esterne dall’atmosfera aerea, e le interne dalle atmosfere eteree; egli è evidente che senza la pressione che queste atmosfere esercitano in ogni senso, e senza la loro azione, le forme interiori ed esteriori del corpo si spanderebbero da ogni parte. Poiché gli angeli sono spi­rituali, e tutte e le singole cose del loro corpo sono contenute in un nesso, in una forma e in un ordine per mezzo delle atmosfere, ne segue che quelle atmosfere sono spirituali; esse sono spirituali, perché derivano la loro origine dal Sole spirituale, che è il primo procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza del Signore.

177. Che nel Mondo spirituale vi siano anche delle acque e delle terre come nel Mondo naturale, con la differenza che le acque e le terre del Mondo spirituale sono spirituali, è stato detto più sopra e dimostrato nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno; e siccome sono spirituali, esse sono attuate e modificate dal calore e dalla luce del Sole spirituale, mediante le atmosfere che ne provengono, addirittura come le acque e le terre nel Mondo naturale lo sono per il calore e la luce del sole del loro mondo mediante le atmosfere di esso.

178. Qui si parla delle atmosfere, delle acque e delle terre, perché queste tre sono i comuni per i quali e dai quali esistono tutte e le singole cose con una varietà infinita; le atmosfere sono le forze attive, le acque sono le forze medie, e le terre sono le forze passive, dietro le quali esistono tutti gli effetti: che queste tre siano tali forze nella lor serie, si è unicamente in virtù della Vita che procede dal Signore come Sole e che fa che siano attive.

 

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38. VI SONO DEI GRADI DELL’AMORE E DELLA SAPIENZA, E QUINDI VI SONO DEI GRADI DEL CALORE E DELLA LUCE, ED ANCHE DEI GRADI DELLE ATMOSFERE

 

179. Se non si sa che vi sono dei gradi, né quel che sono, né quali sono, non si possono comprendere le cose che seguono, dap­poiché vi sono dei gradi in ogni cosa creata, per conseguenza in ogni forma; perciò in questa Parte della Sapienza angelica si tratterà dei Gradi. Che vi siano dei gradi dell’Amore e della Sapienza, si può vedere chiaramente dagli angeli dei tre Cieli ; gli angeli del terzo Cielo superano in amore ed in sapienza gli angeli del secondo Cielo; e questi gli angeli dell’ultimo Cielo, a tal segno che non possono essere insieme; i gradi dell’amore e della sapienza li distinguono e li separano: indi proviene che gli angeli degl’infimi Cieli non possono salire verso gli angeli dei Cieli superiori; e se vien loro dato di salire, essi non vedono gli angeli, né alcuna delle coso che sono presso di loro: la ragione per cui non li vedono si é che l’amore e la sapienza degli angeli dei Cieli superiori sono in un grado supe­riore, che trascende la percezione degli angeli dei Cieli inferiori: in­fatti ogni angelo è il suo amore e la sua sapienza, e l’amore in un con la sapienza è uomo nella sua forma, perché Dio, che è l’Amore stesso e la Sapienza stessa, è Uomo. Mi è stato dato di vedere alcune volte gli angeli dell’ultimo Cielo salire verso gli angeli del terzo Cielo; e allorché vi erano saliti con sforzo, io li udii lamen­tarsi che non vedevano nessuno, e non ostante erano in mezzo a loro; ma poi furono istruiti che quegli angeli non erano stati vi­sibili, perché il loro amore e la loro sapienza non erano percettibili per essi, e che l’amore e la sapienza fanno sì che l’angelo appare come uomo.

180. Che vi siano dei gradi dell’Amore e della Sapienza, si vede più manifestamente ancora dall’amore e dalla sapienza degli angeli rispettivamente all’amore e alla sapienza degli uomini: che la sa­pienza degli angeli sia rispettivamente ineffabile, questo è conosciuto; che essa sia anche incomprensibile per gli uomini, quando sono nel­l’amore naturale, si vedrà in seguito: se essa pare ineffabile ed in­comprensibile, gli è perché è in un grado superiore.

181. Poiché vi sono dei gradi dell’amore e della sapienza, vi sono eziandio dei gradi del calore e della luce. Per il calore e la luce s’intendono il calore e la luce spirituali, che li hanno gli angeli nei Cieli, e li hanno gli uomini quanto agli interiori che s’attengono alla loro mente; poiché gli uomini hanno un calore dell’amore e una luce della sapienza simili a quelli che hanno gli angeli. Nei Cieli la cosa è così: quale e quanto è l’amore degli angeli, tale e tanto essi hanno calore; parimenti la luce in quanto alla sapienza; questo proviene da che presso di loro l’amore è nel calore, e la sapienza nella luce, come si è dimostrato più sopra: la medesima cosa è sulla terra presso gli uomini, con la differenza però che gli angeli sentono quel calore e vedono quella luce, mentrechè gli uomini non la vedono né la sentono; e ciò perché gli uomini sono nel calore e nella luce naturale, e finché vi sono, essi non sentono il calore spirituale che per un certo piacere dell’amore, e non vedono la luce spirituale che per la percezione del vero. Ora siccome l’uomo, finché è nel calore e nella luce naturale non sa nulla del calore e della luce spirituale presso di sé, e questo non si può sapere che per l’esperienza del Mondo spirituale, perciò vuolsi qui primieramente parlare del calore e della luce in cui sono gli angeli e i loro Cieli; si è dal Mondo spirituale e non altronde che vi ha illustrazione sopra questo soggetto.

182. Ma i gradi del calore spirituale non si possono descrivere dietro l’esperienza, perché l’amore a cui corrisponde il calore spirituale non cade così sotto le idee del pensiero, ma i gradi della luce spiri­tuale possono essere descritti, perché la luce vi cade, stantechè essa è del pensiero; tuttavia dai gradi della luce si possono comprendere i gradi del calore spirituale, essendo che sono in un grado uguale. Ora, quanto a quel che si attiene alla luce spirituale, in cui sono gli angeli, mi è stato dato di vederla co’miei occhi. La luce presso gli angeli dei Cieli superiori è così candida che non si può descrivere, nemmeno per la bianchezza della neve, e altresì tanto risplendente che non si può descrivere, neanche per lo splendore del Sole del mondo; in una parola, quella luce supera migliaia di volte la luce di mezzodì sulla terra. Ma la luce presso gli angeli dei Cieli inferiori si può in qualche modo descrivere per comparazioni, non pertanto essa supera la massima luce nel nostro mondo. Se la luce degli angeli dei Cieli superiori non può essere descritta, si è perché la loro luce fa una stessa cosa con la loro sapienza, e siccome la loro sapienza relativamente alla sapienza degli uomini è ineffabile, ne risulta che tale è ancora la luce. Da queste poche spiegazioni si può vedere che vi sono dei gradi della luce; e poiché la sapienza e l’amore sono in un grado simile, ne consegue che vi sono gradi simili del calore.

183. Poiché le atmosfere sono i ricettacoli e i contenenti del ca­lore e della luce, ne segue che vi sono tanti gradi di atmosfere, quanti gradi vi sono del calore e della luce, e che altresì ve ne sono tanti, quanti sono i gradi dell’amore e della sapienza. Che vi siano più atmosfere, e che esse siano distinte fra loro per gradi, l’ho visto io chiaramente da molte esperienze nel Mondo spirituale, spe­cialmente da questa, che gli angeli dei Cieli inferiori non possono respirare nelle regioni degli angeli superiori, e che loro sembra re­spirar con affanno, come respirano ordinariamente gli esseri viventi che sono elevati dall’aria nell’etere, o come gli esseri che vivono nelle acque, quando sono tratti all’aria; anche gli spiriti sotto i Cieli appaiono come in una densa nebbia. Che vi siano più atmosfere, e che esse siano fra loro distinte per gradi, si vede più sopra, n. 176.

 

 

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39. VI SONO GRADI DI DUE GENERI, GRADI DI ALTEZZA E GRADI DI LARGHEZZA

 

184. La scienza dei gradi è come una chiave per aprire le cause delle cose e per entrarvi; senza questa scienza appena si può sapere qualcosa della causa, poiché senza di essa gli oggetti e i sog­getti dell’uno e dell’altro mondo appaiono così univoci, come se non vi fosse in essi altro che quel che l’occhio vi vede, mentre che però questo, relativamente alle cose che vi sono nascoste interior­mente, non è che come uno è a delle migliaia, anzi a delle miriadi. Gl’interiori che non si manifestano non possono mai essere scoperti, se non si conoscono i gradi; conciossiachè gli esteriori vanno agl'in­teriori, e per questi agl’intimi per gradi, non per gradi continui, ma per gradi discreti. Si chiamano gradi continui le decrescenze o le di­minuzioni dal più grosso al più tenue, o dal più denso al più raro, o piuttosto come gl’incrementi o gli aumenti dal più tenue al più grosso, o dal più raro al più denso, assolutamente come dalla luce all’ombra, o dal caldo al freddo. Ma i gradi discreti sono affatto differenti; sono come gli anteriori, i posteriori e gli ultimi, o come il fine, la causa e l’effetto; questi gradi si chiamano discreti, perché l’anteriore è per sé, il posteriore per sé, e l’ultimo per sé, ma nonostante, presi insieme, fanno uno. Le atmosfere chiamate etere ed arie, dall’alto fino al basso, o dal sole fino alla terra, sono di­stinte in tali gradi; ed esse sono come le cose semplici, gli assem­bramenti di queste cose, e gli assembramenti di questi assembramenti, che, presi insieme, si chiamano un composto: questi gradi sono di­screti, perché esistono distintamente, e sono intesi per gradi di al­tezza; ma gli altri gradi sono continui, perché crescono continuamente, e sono intesi per gradi di larghezza.

185.Tutte e le singole cose che esistono nel Mondo spirituale e quelle che esistono nel Mondo naturale coesistono dietro i gradi discreti e in pari tempo dietro i gradi continui, o dietro i gradi di altezza e i gradi di larghezza; quella dimensione che consiste in gradi discreti chiamasi altezza, e quella che consiste in gradi continui si chiama larghezza; la loro posizione relativamente alla vista dell’occhio non muta la denominazione. Senza la conoscenza di questi gradi nulla si può sapere della differenza fra i tre Cieli, né della differenza fra l'amore e la sapienza degli angeli di questi Cieli, né della differenza tra il calore e la luca in cui sono, né della differenza tra le atmo­sfere che li circondano e li contengono. Senza la conoscenza di questi gradi non si può nemmeno sapere nulla della differenza delle facoltà degl’interiori che s’attengono alla mente appo gli uomini, per conse­guenza neppure del loro stato quanto alla riformazione e alla rigene­razione; né della differenza delle facoltà degli esteriori che apparten­gono al corpo, tanto presso gli angeli, quanto presso gli uomini; né assolutamente nulla della differenza tra lo spirituale e il naturale, e quindi nulla della rispondenza; anzi non si può sapere nulla d'alcuna differenza della vita fra gli uomini e le bestie, e della differenza fra le bestie più perfette e le bestie meno perfette; né delle differenze tra le forme del Regno vegetale e le materie del Regno minerale. Da ciò è evidente che coloro che ignorano questi gradi non possono vedere le cause in virtù di alcun giudizio; essi vedono solamente gli effetti, e da essi giudicano le cause, il che si fa il più delle volte per una induzione continua d’effetti, quando tuttavia le cause non pro­ducono gli effetti per il continuo, ma per il discreto; conciossiachè altro è la causa, e altro è l’effetto; vi è una differenza come fra l’anteriore e il posteriore, o come tra il formante e il formato.

186. Affinché si comprenda meglio che cosa e quali sono i gradi discreti, e che differenza vi è fra essi e i gradi continui, siano per esempio i Cieli angelici: Vi sono tre Cieli, ed essi sono distinti per i gradi di altezza; laonde quei Cieli sono l’uno sotto dell’altro; ed essi non comunicano fra loro altrimenti che per l’influsso, che viene dal Signore per i Cieli nel loro ordine fino all’infimo; e non vice­versa. Ma ciascun Cielo per sé è distinto non per i gradi di altezza, ma per i gradi di larghezza; coloro che sono nel mezzo o nel centro sono nella luce della sapienza; ma quelli che sono alle periferie fino ai limiti sono nell’ombra della sapienza; così la sapienza decresce fino all’ignoranza, come la luce decresce fino all’ombra; il che si fa per il continuo. La medesima cosa è presso gli uomini; gl’interiori che s’at­tengono alla lor mente sono distinti in tanti gradi quanti sono i Cieli angelici, e questi gradi sono l’uno sopra dell’altro; perciò gl’interiori degli uomini che appartengono alle loro menti sono distinti per i gradi discreti o di altezza; indi è che l’uomo può essere nel grado infimo, poi nel superiore, ed ancora nel supremo, secondo il grado di sua sapienza; e che, quando egli è solamente nel grado infimo, il grado superiore è chiuso, e che questo grado si apre secondo che l’uomo riceve la sapienza dal Signore. Vi sono anche appo l’uomo, come nel Cielo, dei gradi continui o di larghezza. Se l’uomo è simile ai Cieli, si è perché quanto agl’interiori di sua mente egli è un Cielo in minima forma, in quanto è nell’amore e nella sapienza dal Signore: che l’uomo quanto agl’interiori di sua mente sia un Cielo in minima forma, si vede nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, n. 51 a 58.

187. Da queste poche spiegazioni si può vedere che chi non sa nulla dei gradi discreti o di altezza, neppure può sapere nulla dello stato dell’uomo quanto alla sua riformazione e alla sua rigenerazione, che si fanno per la ricezione dell’amore e della sapienza procedenti dal Signore, e per l’apertura allora dei gradi interiori della sua mente nel loro ordine; egli nemmeno può saper nulla dell’influsso procedente dal Signore per i Cieli, né nulla dell’ordine in cui è stato creato; avverrebbe che se qualcuno pensa a queste cose, non dietro i gradi di­screti o di altezza, ma dietro i gradi continui o di larghezza, egli non ne può vedere la minima cosa fuorché dagli effetti, e non ne vede nulla dietro le cause; ora vedere dai soli effetti si è vedere dietro le illusioni; donde gli errori l’uno dopo l’altro, che per indu­zione si possono moltiplicare a segno, che finalmente delle falsità enormi si chiamano verità.

188. Non so se fin qui si sia avuta qualche conoscenza dei gradi discreti o di altezza, ma so che si conoscono solamente i gradi con­tinui o di larghezza; e tuttavia nulla della causa può mostrarsi nella sua verità senza la conoscenza dei gradi dell’uno e dell’altro genere; perciò di essi vuolsi trattare in tutta questa Terza Parte; poiché lo scopo di questo Opuscolo è che le cause siano svelate, e che da esse si vedano gli effetti, e così siano dissipate le tenebre in cui è l’uomo della Chiesa intorno a Dio ed al Signore, ed in ge­nerale intorno ai Divini che si chiamano Spirituali, lo posso riferire que­sto, che gli angeli sono nella tristezza per cagione delle tenebre che sono sulla terra; dicono che vi vedono appena della luce in qualche parte, e che gli uomini afferrano avidamente le illusioni e le confer­mano, e per ciò moltiplicano falsità sopra falsità, e per confermarle investigano, per via di ragionamenti tratti dai falsi e dai veri falsificati, tali paradossi che, in ragione delle tenebre sulle cause e dell’igno­ranza sulle verità, non si possono dissipare; essi si lamentano principalmente delle confermazioni sulla fede separata dalla carità, e sulla giustificazione per questa fede; come pure delle idee intorno a Dio, intorno agli angeli ed agli Spiriti, e dell’ignoranza sopra quel che è l’amore e la sapienza.

 

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40. I GRADI DI ALTEZZA SONO OMOGENEI, E DERIVANO L’UNO

DALL’ALTRO IN SERIE, COME IL FINE, LA CAUSA E L’EF­FETTO

 

189. Poiché i gradi di larghezza o continui sono come quelli della luce all’ombra, del caldo al freddo, del duro al molle, del denso al raro, del grosso al tenue, e cosi via dicendo, e poiché questi gradi sono conosciuti dall’esperienza dei sensi e degli occhi, mentre che non è così dei gradi di altezza o discreti, perciò di questi vuolsi princi­palmente trattare in questa Parte, poiché senza la conoscenza di questi gradi non si possono vedere le cause. È noto invero che il fine, la causa e l’effetto si seguono in ordine, come l’anteriore, il posteriore e l’ultimo, e che il fine produce la causa, e per la causa l’effetto, acciocché il fine esista; e sono note ancora in proposito più altre cose; nonostante però saper queste cose, e non vederle per ap­plicazioni sopra quel che esiste, gli è solamente sapere delle cose astratte, che non rimangono più lungo tempo nel pensiero che finché in esso vi sono cose analitiche desunte dalla Metafisica; indi viene che, sebbene il fine, la causa e l’effetto vadano per gradi discreti, tuttavia nel Mondo se ne sa poco di questi gradi, se pur se ne sa qualcosa; conciossiachè la sola conoscenza delle cose astratte è come un non so che di aereo che s’invola, ma se le cose astratte sono applicate alle cose che sono nel Mondo, esse sono come un oggetto che si vede cogli occhi sulla terra, e che rimane nella memoria

190. Tutte le cose che esistono nel Mondo, a cui si applicano le tre dimensioni, o che si chiamano composte, consistono in gradi di altezza o discreti; ma alcuni esempi illustreranno questo soggetto: Si sa dietro l’esperienza oculare che ogni muscolo nel corpo umano consiste in piccolissime fibre, e che queste fibre, composte in fasci, presentano delle fibre più grandi, che si chiamano motrici, e che dai fasci di queste fibre motrici esiste un composto che chiamasi muscolo. La medesima cosa è dei nervi; nei nervi delle fibre piccolissime ne com­pongono delle più grandi, che appaiono come filamenti, e dalla unione di questi filamenti si compone il nervo. Il medesimo vuolsi dire degli altri assembramenti, fasci e riunioni di cui sono composti gli organi e i visceri, poiché gli organi e i visceri sono compo­sizioni di fibre e di vasi variamente conformati per simili gradi. La medesima cosa è pure di tutte e delle singole cose del Regno vege­tale, e di tutte e delle singole cose del Regno minerale; nei legni vi sono composizioni di filamenti in triplice ordine. Nei metalli e nelle pietre vi sono strati di parti anche in un triplice ordine. Da questi esempi si vede chiaramente quali sono i gradi discreti, cioè che da una cosa ne viene un’altra, e da questa una terza, che si chiama un composto; e che ciascun grado è separato dall’altro.

191. Da questi oggetti visibili si può arguire a quelli che non appaiono dinanzi agli occhi, perché di essi è la medesima cosa; per esempio delle sostanze organiche, che sono i ricettacoli e gli abi­tacoli dei pensieri e delle affezioni nei cervelli; delle atmosfere; del calore e della luce; e dell’amore e della sapienza. Infatti le atmosfere sono i ricettacoli del calore e della luce; e il calore e la luce sono i ricettacoli dell’amore e della sapienza; per la qual cosa, poiché vi sono dei gradi delle atmosfere, vi sono eziandio simili gradi del calore e della luce, e simili gradi dell’amore e della sapienza; conciossiachè non v’è fra questi un’altra relazione che fra quelli.

192. Che questi gradi siano omogenei, cioè del medesimo carattere e della medesima natura, si vede dalle cose dette testé: le fibre motrici dei muscoli, le minime, le maggiori e le massime sono omo­genee ; le fibre nervose, minime, maggiori e massime, sono omogenee; i filamenti legnosi dai più piccoli fino al loro composto sono omoge­nei; le parti pietrose e metalliche d’ogni genere similmente; le so­stanze organiche, che sono i ricettacoli e gli abitacoli dei pensieri e delle affezioni, dai più semplici fino al loro comune assembramento, che è il cervello, sono omogenei; le atmosfere dal puro etere fino all’aria sono omogenee; i gradi del calore e della luce in serie se­condo i gradi delle atmosfere sono omogenei; e quindi anche i gradi dell’amore e della sapienza sono omogenei. Le cose che non sono dello stesso carattere e della medesima natura sono eterogenee e non concordano cogli omogenei; per conseguenza non possono presentare con essi dei gradi discreti, ma li possono presentare solamente coi loro omogenei che sono dello stesso carattere e della medesima na­tura, coi quali esse sono omogenee.

193. Che queste cose siano nel loro ordine, come i fini, le cause e gli effetti, è evidente, poiché il primo, che è il più piccolo, fa la sua causa per il medio, e il suo effetto per l’ultimo.

194. Fa d’uopo sapere che ogni grado è distinto da un altro per involucri suoi propri, e che tutti i gradi insieme sono distinti per un involucro comune; e che l’involucro comune comunica cogl’ interiori e cogl’intimi nel loro ordine; da qui viene la congiunzione di tutti, e l’azione unanime.

 

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41. IL PRIMO GRADO È TUTTO IN TUTTE LE COSE DEI GRADI SEGUENTI

 

195. Questo proviene da che i gradi d’ogni soggetto e d’ogni cosa sono omogenei, e sono omogenei perché sono prodotti dal primo grado; infatti la loro formazione è tale, che il primo per fasci o gruppi, in una parola, per assembramenti produce il secondo, e per questo il terzo; ed esso separa l’uno dall’altro per mezzo d’un involucro che li cir­conda: donde è evidente che il primo grado è il principale e quello che regna unicamente nei seguenti ; e per conseguenza il primo grado è tutto in tutte le cose dei gradi seguenti.

196. Si è detto che tali sono i gradi fra loro, ma s’intende che tali sono le sostanze nei loro gradi; la locuzione per gradi è una lo­cuzione astratta, che è universale, per conseguenza applicabile ad ogni soggetto o ad ogni cosa, che è nei gradi di questa sorta.

197. L’applicazione può esser fatta a tutte le cose menzionate nel precedente articolo; così ai muscoli, ai nervi, alle materie e alle parti del Regno vegetale e minerale, alle sostanze organiche che sono i soggetti dei pensieri e delle affezioni nell’uomo, alle atmosfere, al calore e alla luce, e all’amore e alla sapienza: in tutte vi è un primo che regna unicamente nei seguenti, anzi è unico in loro, ed essendo unico in loro, esso è tutto in loro. Che sia così, si vede pur chiara­mente da quel che è conosciuto, cioè che il fine è tutto nella causa, e che per la causa esso è tutto nell’effetto; e perciò il fine, la causa e l’effetto si chiamano fine primo, fine medio e fine ultimo; come pure si vede che la causa della causa è anche la causa del risultato della causa (causati); e che nella causa non vi è nulla di essenziale che il fine, e nel movimento nulla di essenziale che lo sforzo: e finalmente che vi è una sostanza unica, che è la Sostanza in sé.

198. Da queste spiegazioni si può chiaramente vedere che il Di­vino, che è la Sostanza in sé, o l’unica e sola sostanza, è la so­stanza da cui procedono tutte e le singole cose che sono state create; che così Dio è tutto in tutte le cose dell’Universo, secondo quel che è stato dimostrato nella Prima Parte; cioè, che il Divino Amore e la Divina Sapienza sono una sostanza e una forma, n. 40 a 43; che il Divino Amore e la Divina Sapienza sono la sostanza e la forma in sé, così Lo stesso e l’Unico, n. 44 a 46; che tutte le cose nell’universo sono state create dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza, n. 52 a 60; che quindi tutto l’Universo creato è l’imma­gine del Signore, n. 61 a 65; e che il Signore Solo è il Cielo dove sono gli angeli, n. 113 a 118.

 

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42. TUTTE LE PERFEZIONI CRESCONO ED ASCENDONO

CON I GRADI E SECONDO I GRADI

 

199. Si è dimostrato più sopra, n. 184 a 188, che vi sono gradi di due generi, gradi di larghezza e gradi di altezza, e che i gradi di larghezza sono come quelli della luce che declina verso l’ombra, o come quelli della sapienza che declina verso l’ignoranza, mentre che i gradi di altezza sono come il fine, la causa e l’effetto, o come l’anteriore, il posteriore e l’ultimo: di questi gradi si è detto che ascendono e discendono, imperciocché essi sono gradi di altezza; ma di quelli si è detto che crescono e decrescono, conciossiachè essi sono gradi di larghezza. Gli uni differiscono tanto dagli altri, che essi non hanno nulla di comune; perciò vogliono essere distintamente per­cepiti, e in nessun modo debbono esser confusi.

200. Se tutte le perfezioni crescono ed ascendono coi gradi e se­condo i gradi, si è perché tutti gli attributi seguono i loro soggetti, e la perfezione e l’imperfezione sono attributi comuni; per il fatto che essi si dicono della vita, delle forze e delle forme. La perfezione della vita è la perfezione dell’amore e della sapienza; e poiché la volontà e l’intelletto ne sono i ricettacoli, la perfezione della vita è anche la perfezione della volontà e dell’intelletto, e quindi quella delle affezioni e dei pensieri; e siccome il calore spirituale è il contenente dell’amore, e la luce spirituale il contenente della sapienza, la loro perfezione si può anche riferire alla perfezione della vita. La perfe­zione delle forze è la perfezione di tutte le cose che sono attuate e mosse dalla vita, nelle quali tuttavia non c’è la vita; tali forze sono le atmosfere quanto alle loro azioni (actualitates); ed altresì tali forze sono le sostanze organiche interiori ed esteriori appo l’uomo, come pure appo gli animali d’ogni genere; sono ancora tali forze tutte le cose nel Mondo naturale che ottengono immediatamente e mediatamente attività dal sole di questo mondo. La perfezione delle forme e la perfezione delle forze fanno una stessa cosa, poiché quali sono le forze, tali sono le forme, con la sola differenza che le forme sono le sostanze, dove che le forze ne sono le attività; perciò vi sono per le une e per le altre gradi simili di perfezione: le forme che non sono forze in pari tempo, sono anche perfette secondo i gradi.

201. Qui non si parlerà delle perfezioni della vita, delle forze e delle forme, che crescono e decrescono secondo i gradi di larghezza o continui, perché questi gradi sono conosciuti nel mondo, ma si parlerà delle perfezioni della vita, delle forze e delle forme che ascen­dono o discendono secondo i gradi di altezza o discreti, perché questi gradi non sono conosciuti nel mondo. Ma in qual maniera ascendono e discendono le perfezioni secondo questi gradi, si può conoscere poco dalle cose visibili nel Mondo naturale; chiaramente però dalle cose visibili nel Mondo spirituale; dalle cose visibili nel Mondo naturale si scopre solamente che quanto più si riguardano interiormente, tanto più vi s’incontrano delle meraviglie; così, per esempio, negli occhi, nelle orecchie, nella lingua, nei muscoli, nel cuore, nel polmone, nel fegato, nel pancreas, nelle reni e negli altri visceri; come pure nei semi, nei fiori e nei frutti; ed ancora nei metalli, nei minerali e nelle pietre; che in tutti questi oggetti s’incontrino tanto più meraviglie, quanto più si riguardano interiormente, è noto. Ciò non ostante da questa ispezione si è poco conosciuto che essi sono interiormente più perfetti, secondo i gradi di altezza o gradi discreti; l’ignoranza di questi gradi teneva ciò nascosto. Ma poiché questi medesimi gradi si presentano manifestamente nel Mondo spirituale, — chè tutto quel Mondo, dal supremo all’infimo, è distintamente diviso in questi gradi, — ne risulta che di là si può attingere la conoscenza di essi; da questi gradi poi si può inferire sulle perfezioni delle forze e delle forme, che sono in gradi simili nel Mondo naturale.

202. Nel Mondo spirituale vi sono tre Cieli, disposti in ordine se­condo i gradi di altezza; nel Cielo supremo gli angeli sono in ogni perfezione al di sopra degli angeli che sono nel Cielo medio, e nel Cielo medio gli angeli sono in ogni perfezione al di sopra degli angeli del Cielo infimo. I gradi delle perfezioni sono tali che gli angeli del Cielo infimo non possono salire al primo limitare delle perfezioni degli angeli del Cielo medio, né questi al primo limitare delle per­fezioni degli angeli del Cielo supremo: ciò sembra un paradosso, ma non ostante è la verità; la ragione di questo fatto si è che essi sono consociati secondo i gradi discreti, e non secondo i gradi conti­nui. Mi è stato dato di conoscere per esperienza che fra gli angeli dei Cieli superiori e gli angeli dei Cieli inferiori vi è una tale diffe­renza di affezioni e di pensieri, e quindi di favella, che essi non hanno nulla di comune, e che la comunicazione fassi solamente per le corrispondenze, che esistono per l’influsso immediato del Signore in tutti i Cieli, e per l’influsso mediato per il Cielo supremo nel Cielo infimo. Tali essendo queste corrispondenze, esse non si possono espri­mere in una lingua naturale, né per conseguenza descrivere, conciossiachè i pensieri degli angeli non cadono nelle idee naturali, perocché sono spirituali; essi possono essere espressi e descritti solamente da loro nelle loro lingue, parole e scritture, e non nelle lingue, parole e scritture umane; da qui proviene che si dice che nei Cieli sono state udite e vedute delle cose ineffabili. Quelle differenze si possono al­quanto comprendere per queste ragioni, che i pensieri degli angeli del Cielo supremo o terzo Cielo sono i pensieri dei fini; i pensieri degli angeli del Cielo medio o secondo Cielo sono i pensieri delle cause; e i pensieri degli angeli del Cielo infimo o primo Cielo sono i pensieri degli effetti. Bisogna sapere che altro è pensare dai fini, e altro è pensare sui fini; come pure altro è pensare dalle cause, e altro è pensare sulle cause; ed ancora altro è pensare dagli effetti, e altro è pensare sugli effetti: gli angeli dei Cieli inferiori pensano sulle cause e sui fini; ma gli angeli dei Cieli superiori pensano dalle cause e dai fini; e pensare dalle cause e dai fini appartiene alla sa­pienza superiore, dovechè pensare sulle cause e sui fini appartiene alla sapienza inferiore. Pensare dai fini spetta alla sapienza; pensare dalle cause spetta all’intelligenza; e pensare dagli effetti spetta alla scienza. Da queste spiegazioni è evidente che ogni perfezione ascende e discende coi gradi e secondo i gradi.

203. Poiché gli interiori dell’uomo che appartengono alla sua vo­lontà e al suo intelletto sono simili ai Cieli in quanto ai gradi, ne deriva che l’uomo quanto agli interiori che sono della sua mente è un Cielo in minima forma; perciò anche le loro perfezioni sono simili, ma queste perfezioni non si manifestano ad alcun uomo fintanto che vive nel Mondo, poiché allora egli è nel grado infimo; e dal grado infimo non si possono conoscere i gradi superiori, ma dopo la morte si conoscono, essendo che allora l'uomo viene nel grado che corrisponde al suo amore ed alla sua sapienza, poiché allora egli di­viene angelo, e pensa e dice delle cose che erano ineffabili per il suo uomo naturale: infatti vi è allora elevazione di tutte le cose della sua mente, non in ragione semplice, ma in ragione triplicata; in ragione triplicata sono i gradi di altezza, e in ragione semplice i gradi di larghezza. Ma nei gradi di altezza non ascendono e non ven­gono elevati fuorché coloro che nel Mondo furono ne’veri e li appli­carono alla vita. 

204. Pare che gli anteriori siano meno perfetti dei posteriori, o che i semplici siano meno perfetti dei composti; ma nondimeno gli anteriori, donde provengono i posteriori, o i semplici, da cui proven­gono i composti, sono più perfetti; e ciò perché gli anteriori o i semplici sono più nudi e meno velati di sostanze e di materie prive di vita; e sono come più Divini, perciò essi sono più vicini al Sole spirituale, ove è il Signore; stantechè la perfezione stessa è nel Si­gnore, e quindi nel Sole, che è il primo Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza del Signore; e quindi nelle cose che seguono più da vicino, e così in ordine fino negl’infimi, che sono più imper­fetti secondo la loro distanza. Se negli anteriori e nei semplici non vi fosse questa eminente perfezione, né l’uomo, né alcun animale avrebbero potuto esistere da un seme, né poi sussistere; e i semi degli alberi e degli arbusti non avrebbero potuto vegetare e prolifi­care: avvenga che ogni anteriore per quanto più è anteriore, e ogni semplice per quanto è più semplice, tanto più sono immuni da danni, perché sono più perfetti.

 

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43. NELL’ORDINE SUCCESSIVO IL PRIMO GRADO FA IL SUPREMO, E IL TERZO FA L’INFIMO;

MA NELL’ORDINE SIMULTANEO IL PRIMO GRADO FA L’INTIMO,

E IL TERZO L’ESTERIORE (extimum)

 

205. Vi è un Ordine successivo e un Ordine simultaneo; l’Ordine successivo di questi gradi è dal supremo all’infimo, o dall’alto al basso; in quest’ ordine sono i Cieli angelici; il terzo Cielo ivi è il supremo, il secondo è il medio, e il primo l’infimo; tale è fra essi la loro situazione: in un simile ordine successivo sono ivi gli stati dell'amore e della sapienza presso gli angeli, come pure quelli del calore e della luce, nonché quelli delle atmosfere spirituali; in un simile ordine vi sono tutte le perfezioni delle forme e delle forze. Siccome i gradi di altezza o discreti sono in un ordine successivo, così possono essere paragonati ad una colonna divisa in tre gradi, per i quali si sale e si discende, nel piano superiore della quale vi sono delle cose perfettissime e bellissime; in quello di mezzo delle cose meno perfette e meno belle; e nel più basso delle cose ancor meno perfette e men belle. Ma l’ordine simultaneo, che con­siste in simili gradi, è in un’altra apparenza; in questo i supremi dell’ ordine successivo, che sono, come si è detto, perfettissimi e bel­lissimi, sono nell’intimo, gl’inferiori sono nel mezzo, e gl’infimi nel contorno; essi sono come in un soggetto solido consistente in questi tre gradi, in mezzo o nel centro del quale sono le parti più sottili, intorno a questo centro sono le parti meno sottili, e negli estremi, che fanno il contorno, sono le parti composte di quelle, e quindi più grossolane: è come quella colonna di cui si è parlato testé, affon­dandosi in un piano, della quale il supremo fa l’intimo, il medio fa il medio, e l’infimo fa l’estremo.

206. Poiché il supremo dell’ordine successivo diviene l’intimo del­l’ordine simultaneo, e l’infimo diviene l’esteriore, (extimum), perciò nella Parola per il superiore è significato l’interiore, e per l’infe­riore l’esteriore; parimenti per l’alto e il basso, ed anche per l’alto e il profondo.

207. In ogni ultimo vi sono dei gradi discreti in ordine simultaneo: le fibre motrici in ogni muscolo, le fibre in ogni nervo, e le fibre e i piccoli vasi in ogni viscere e in ogni organo sono in un tale or­dine; intimamente in essi vi sono le parti semplicissime e perfettis­sime, l’esteriore (extimum) ne è il composto. Vi è un Ordine simile di questi gradi in ogni seme e in ogni frutto, come pure in ogni metallo e in ogni pietra; tali sono le loro parti da cui risulta il tutto; gl’intimi, i medi e gli esteriori (extima) delle parti sono in questi gradi, poiché sono composizioni successive, o fasci e gruppi provenienti dai semplici, che sono le loro prime sostanze o materie.

208. In una parola tali gradi sono in ogni ultimo, così in ogni ef­fetto; stantechè ogni ultimo si compone degli anteriori, e questi si compongono dei loro primi; ed ogni effetto si compone della causa, e questa del fine, e il fine è il tutto della causa, e la causa è il tutto dell’effetto, come si è dimostrato più sopra, ed il fine fa l’in­timo, la causa il medio, e l’effetto l’ultimo. Che sia il medesimo coi gradi dall’amore e della sapienza, del calore e della luce, ed anche delle forme organiche delle affezioni e dei pensieri appo l’uomo, si vedrà in seguito. Della serie di questi gradi nell’ordine successivo e nell’ordine simultaneo n’è stato trattato anche nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Santa Scrittura, n. 38 ed altrove; è stato dimostrato che vi sono simili gradi in tutte e nelle singole cose della Parola.

 

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44. L’ULTIMO GRADO È IL COMPLESSO,

IL CONTENENTEE LA BASE DEI GRADI ANTERIORI

 

209. La dottrina dei gradi, che si espone in questa Parte, è stata illustrata fin qui per varie cose che esistono nell’uno e nell’altro Mondo; così, per i gradi dei Cieli dove sono gli angeli, per i gradi del calore e della luce presso di loro, per i gradi delle atmosfere, e per varie cose nel corpo umano, e anche nel Regno animale e nel Regno minerale. Ma questa dottrina è d’una estensione più ampia; essa si estende non solamente alle cose naturali, ma anche alle cose civili, morali e spirituali, ed a tutti ed ai singoli loro particolari. Vi sono due ragioni per cui la dottrina dei gradi si estende anche a queste cose; la Prima si è che in tutto quello di cui si può dire qualcosa vi è un trino, che chiamasi fine, causa ed effetto, e queste tre cose sono fra loro secondo i gradi di altezza. La Seconda ragione si è che ogni civile, ogni morale ed ogni spirituale non è un’astrazione, ma è una sostanza; avvenga che siccome l’amore e la sapienza non sono cose astratte, ma sono una sostanza, secondo che si è dimostrato più sopra n. 40 a 43, così parimenti tutte le cose che chiamansi civili, morali e spirituali; queste per verità si possono pensare astrattamente dalle sostanze, ma non pertanto in se stesse esse non sono astrazioni: cosi per esempio, l’affezione ed il pensiero, la carità e la fede, la volontà e l’intelletto; in fatti avviene di que­ste cose come dell’amore e della sapienza, vale a dire che esse non esistono fuori dei soggetti, che sono sostanze, ma che sono gli stati dei soggetti o delle sostanze; che siano le loro mutazioni che pre­sentano le variazioni si vedrà in seguito. Per sostanza s’intende an­che la forma, stante che non esiste sostanza senza forma.        

210. Da quel che si è potuto pensare, e da quel che si è pensato sulla volontà e l'intelletto, sull’affezione ed il pensiero, e sulla carità e la fede, astrattamente dalle sostanze che ne sono i soggetti, è avvenuto che si è perduta la giusta idea di queste cose, cioè che esse sono gli stati delle sostanze o delle forme, a dirittura come sono le sensazioni e le azioni, che neppure sono cose astratte dagli organi sensori e motori; astratte o separate da questi organi esse non sono che esseri di ragione; conciossiachè sono come la vista senza l’occhio, come l’udito senza l’orecchio, come il gusto senza la lingua, e così via dicendo.

211. Poiché tutte le cose civili, morali e spirituali progrediscono per gradi, come le cose naturali, non solamente per i gradi continui, ma anche per i gradi discreti, e le progressioni dei gradi discreti sono come le progressioni dei fini alle cause, e delle cause agli ef­fetti, ho voluto che la presente proposizione, che è, che l’ultimo grado è il complesso, il contenente e la base dei gradi anteriori, fosse illustrata e confermata per le cose dette di sopra, cioè per quelle che spettano all’amore e alla sapienza, alla volontà e all’intel­letto, all’affezione ed al pensiero, ed alla carità e alla fede.

212. Che l’ultimo grado sia il complesso, il contenente e la base dei gradi anteriori, si vede chiaramente dalla progressione dei fini e delle cause agli effetti; la ragione illustrata può comprendere che l’effetto è il complesso, il contenente e la base delle cause e dei fini, ma essa non può del pari comprendere chiaramente che il fine con tutto quel che gli appartiene, e la causa con tutto quel che le appartiene siano in attualità nell’effetto, e che l’effetto ne sia il pieno complesso. Che la cosa sia così, si può vedere dalle proposi­zioni già svolte in questa Parte, principalmente da queste: che l’uno procede dall’altro in una triplice serie; e che l’effetto non è altro che il fine nel suo ultimo; e siccome l’ultimo è il complesso, ne segue che l’ultimo è il contenente ed anche la base.

213. Quanto a quel che concerne l’Amore e la Sapienza; l’Amore è il fine, la Sapienza è la causa per quam (per la quale l’amore agi­sce), e l’Uso è l’effetto; e l’Uso è il complesso, il contenente e la base della Sapienza e dell’Amore; ora l’Uso è un tal complesso e un tal contenente che in esso vi sono in attualità tutte le cose dell’amore e della sapienza, di cui è il simultaneo. Ma bisogna che ben si sappia che tutte le cose dell’amore e della sapienza, che sono omogenee e concordanti, sono nell’Uso, secondo che si è detto e dimostrato più sopra, nell’articolo n. 189 a 194.

214. In una serie di simili gradi sono anche l’Affezione, il Pensiero e l’Azione, perché ogni affezione si riferisce all’amore, ogni pensiero alla sapienza, ed ogni azione all’uso. In una serie di simili gradi sono la carità, la fede e le buone opere, stantechè la carità appartiene al­l’affezione, la fede al pensiero, e le buone opere all’azione. In una se­rie di simili gradi sono parimenti la volontà, l'intelletto, e l’eserci­zio, essendo che la volontà appartiene all’amore, e quindi all’affezione, l’intelletto alla sapienza, e quindi alla fede, e l’esercizio all’uso, e quindi all’opera. Come dunque nell’uso vi sono tutte le cose della sapienza e dell’amore, cosi nell’azione vi sono tutte le cose del pensiero e della affezione, nella buona opera tutte le cose della fede e della carità, e cosi del rimanente, ma tutte le cose omogenee, cioè concordanti.

215. Che l’ultimo d’ogni serie, che è l’uso, l’azione, l’opera e l’eser­cizio, sia il complesso e il contenente di tutti gli anteriori, questo non ancora è stato conosciuto; pare che nell’uso, nell’azione, nell’opera e nell’esercizio non vi sia nulla di più che quel che è nel movimento, ma non ostante vi sono in attualità tutti gli anteriori, e sì piena­mente che non vi manca niente; essi vi sono inclusi come il vino nella sua botte, e come le masserizie in una casa. Se quest’interiori non appaiono, è perché sono considerati solo esteriormente, e conside­rati esteriormente essi sono semplicemente attività e movimenti: è come quando le braccia e le mani si muovono, e s’ignora che mille fibre motrici concorrono a ciascuno dei loro movimenti, e che a queste mille fibre motrici corrispondono migliaia di cose spettanti al pen­siero e all’affezione, che eccitano le fibre motrici; e siccome agiscono intimamente, esse non appaiono dinanzi ad alcun senso del corpo: questo è noto che niente è messo in azione nel corpo o per il corpo che dietro la volontà mediante il pensiero; e poiché l’una e l’altro agi­scono, non è possibile che tutte e le singole cose della volontà e del pensiero non siano nell’azione; esse non possono essere separate: indi è che dai. fatti o dalle opere si giudica del pensiero e della volontà dell’uomo, che chiamasi intenzione. È per me divenuto notorio che gli angeli da un sol fatto o una sola opera dell’uomo percepiscono e vedono il tutto della volontà e del pensiero di colui che agisce; gli angeli del terzo Cielo percepiscono e vedono dalla volontà il fine per cui si agisce, e gli angeli del secondo Cielo percepiscono e vedono la causa per cui il fine agisce. Indi è che nella Parola le opere e i fatti sono tante volte comandati, e vi si dice che l’uomo si conosce dalle sue opere e dai suoi fatti.

216. È un punto della sapienza angelica, che se la volontà e l’in­telletto, o l’affezione ed il pensiero, ed anche la carità e la fede, non si coprono e involgono d’opere e di fatti, quando è possibile, esse non sono che come soffi che passano, o come immagini nell’aria che sva­niscono; e che esse non rimangono appo l’uomo e non divengono cose di sua vita, se non quando l’uomo opera e le fa: la ragione di ciò si è che l’ultimo è il complesso, il contenente e la base degli anteriori. Un tal soffio e una tale immagine è la fede separata dalle buone opere, e tale altresì sono la fede e la carità senza il loro esercizio, con la sola differenza che quelli che ammettono la fede e la carità sanno e possono voler fare i beni, ma non coloro che sono nella fede separata dalla carità.

 

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45. I GRADI DI ALTEZZA NEL LORO ULTIMO SONO NEL PIENO E NELLA POTENZA

 

217. Si è dimostrato nel precedente articolo che l’ultimo grado è il complesso e il contenente dei gradi anteriori; indi, ne consegue che nel­l’ultimo i gradi anteriori sono nel pieno, poiché sono nel loro effetto, e ogni effetto è il pieno delle cause.

218. Che questi gradi ascendenti e discendenti, che si chiamano an­che anteriori e posteriori, ed altresi gradi di altezza e discreti, siano, nel loro ultimo, nella loro potenza, può esser confermato con tutto quel che è stato addotto nei precedenti articoli, dalle cose sensibili e per­cettibili riferite per confermazione; ma qui voglio solamente confirmarle per gli sforzi, le forze e i moti nei soggetti morti e nei soggetti vivi. Si sa che lo sforzo non fa nulla da se stesso, ma che agisce per forze corrispondenti ad esso, e che per esse manifesta il moto; e che quindi risulta che lo sforzo è tutto nelle forze, e per le forze nel moto; e che, essendo il moto l’ultimo grado dello sforzo, per esso lo sforzo mette in azione la sua potenza: lo sforzo, la forza e il moto non sono congiunti altrimenti che secondo i gradi di altezza, la cui congiun­zione non è per il continuo, per il fatto che sono discreti, ma per le ri­spondenze; avvenga che lo sforzo non è la forza, e la forza non è il moto; ma la forza è prodotta dallo sforzo, poiché la forza é lo sforzo eccitato, e il moto è prodotto dalla forza; per la qual cosa non vi è nessuna potenza nel solo sforzo, né nella sola forza, ma la potenza è nel moto, che n’è il prodotto. Che sia così, sembra ancora dubbioso, perché non è stato illustrato con applicazioni a cose sensibili e per­cettibili nella natura; ma nondimeno tale è la loro progressione alla potenza.

219. Ma sia un’applicazione di ciò allo sforzo vivo, alla forza viva ed al moto vivo: Lo sforzo vivo nell’uomo, che è un soggetto vivo, è la sua volontà unita al suo intelletto; le forze vive nell’uomo sono le parti che dentro constituiscono il suo corpo; in tutte queste parti vi sono delle fibre motrici intrecciate in vario modo; e il moto vivo nell’uomo è l’azione, che vien prodotta per queste forze dalla volontà unita all’intelletto; infatti gl’interiori che appartengono alla volontà e all’ intelletto costituiscono il primo grado; gl’interiori che appartengono al corpo costituiscono il secondo, e tutto il corpo, che ne è il com­plesso, costituisce il terzo grado: che gl’interiori che spettano alla mente non siano in nessuna potenza se non per le forze nel corpo, e che le forze non siano neppure in alcuna potenza se non per l’azione del corpo stesso, è noto. Questi tre gradi non agiscono per il conti­nuo, ma per il discreto, e agire per il discreto si è agire per le cor­rispondenze: gl’interiori che spettano alla mente corrispondono agl’in­teriori del corpo, e gl’interiori del corpo corrispondono ai suoi esteriori, per i quali esistono le azioni; perciò i due anteriori sono in potenza per gli esteriori del corpo. Può sembrare che gli sforzi e le forze nel­l’uomo siano in qualche potenza, sebbene non vi sia azione, come nel sonno e nello stato di riposo, ma nondimeno allora le determinazioni degli sforzi e delle forze sono nei motori comuni del corpo, che sono il cuore ed il polmone; però cessando l’azione comune del cuore e del polmone, cessano anche le forze e con le forze gli sforzi.

220. Poiché il tutto o il corpo ha determinato le sue potenze prin­cipalmente nelle braccia e nelle mani, che sono gli ultimi, perciò per le braccia e le mani nella Parola è significata la potenza, e per la mano destra una potenza superiore. Tale essendo l’evoluzione e lo sviluppo dei gradi nella potenza, perciò da una sola azione che si fa per mezzo delle mani, gli angeli che sono presso l’uomo, e nella rispondenza di tutte le cose dell’uomo, conoscono quale egli è quanto all'intelletto e alla volontà, ed anche quanto alla carità ed alla fede, così quanto alla vita interna che appartiene alla sua mente, e quanto alla vita esterna che da quella è nel corpo. Che gli angeli abbiano una tale conoscenza dietro una sola azione del corpo mediante le mani, spesse volte mi ha meravigliato, ma eppure mi è stato talfiata di­mostrato per viva esperienza, e mi è stato detto che da qui proviene che le inaugurazioni nel ministerio si fanno per l’imposizion delle mani, e che per toccar con la mano significa comunicare, oltre più altre cose simili. Da questo si è concluso che il tutto della carità e della fede è nelle opere, e che la carità e la fede senza le opere sono come le iridi intorno al sole, che svaniscono e sono dissipate da una nu­vola; per ciò tante volte nella Parola si parla delle opere, e si dice di fare, e che ne dipende la salute dell’uomo; ed anche colui che fa è chiamato savio, e chi non fa è chiamato stolto. Ma bisogna sapere che qui per le opere s’intendono gli usi, che si fanno in attualità; conciossiachè in essi e secondo essi è il tutto della carità e della fede; cogli usi vi è questa rispondenza, perché questa rispondenza è spirituale, ma essa si fa per le sostanze e le materie, che sono i soggetti.

221. Qui possono essere rivelati due arcani, che per le premesse spiegazioni sono accessibili all’intelletto: Il Primo Arcano è che la Parola nel senso della lettera è nel suo pieno e nella sua potenza: in­fatti nella Parola vi sono tre sensi secondo i tre gradi, il senso ce­leste, il senso spirituale e il senso naturale; poiché questi sensi se­condo i tre gradi di altezza sono nella Parola, e la loro congiunzione fessi per le corrispondenze, perciò l’ultimo senso, che è il naturale e chiamasi senso della lettera, non solamente è il complesso, il contenente e la base dei sensi interiori corrispondenti, ma eziandio è la Parola nell’ultimo senso nel suo pieno e nella sua potenza. Che sia così, è stato dimostrato e confermato in molti luoghi nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Santa Scrittura, n. 27 a 36, 37 a 49, 50 a 61, 62 a 69. L’altro Arcano è, che il Signore è venuto nel Mondo ed ha preso l’Umano per mettersi in potenza di soggiogare gli inferni e ristabilire ogni cosa nell’ordine, tanto nei Cieli come sulla terra. Di questo Umano Egli sopravvesti il suo Umano anteriore : l’Umano che sopravvesti nel Mondo era come l’Umano dell’uomo nel mondo, entrambi tuttavia Divini, e quindi infinitamente al di sopra degli Umani finiti degli angeli e degli uomini: e poiché Egli glorificò pienamente l’Umano naturale, fin nei suoi ultimi, perciò risuscitò con tutto il corpo, diversamente da quel che risuscita ogni uomo: per l’as­sunzione di questo Umano Egli si è rivestito dell’Onnipotenza Divina non solamente di soggiogare gli inferni e di ristabilire i Cieli nell’or­dine, ma eziandio di tenere gli inferni eternamente soggiogati e di sal­vare gli uomini. Questa potenza s’intende per essersi seduto alla de­stra della potenza e della virtù di Dio. Siccome il Signore, prendendo l’Umano naturale, si è fatto il Divino Vero negli ultimi, perciò si chiama la Parola, e si dice che la Parola si è fatta Carne, e il Divino Vero negli ultimi è la Parola in quanto al senso della lettera; Egli si è fatto il Divino Vero, compiendo tutte le cose della Parola dette di Esso in Mosè e nei Profeti. In fatti ogni uomo è il suo bene e il suo vero; l’uomo non è uomo d’altra parte; ma il Signore, avendo preso l’Umano naturale, è il Divino Bene e il Divino Vero stesso, o, il che torna il medesimo, è il Divino Amore stesso e la Divina Sapienza stessa tanto nei primi quanto negli ultimi: indi è che dopo il suo avvenimento nel Mondo Egli appare nei Cieli angelici come Sole con una irradia­zione più forte e con maggior splendore che prima del suo avveni­mento. Questo è un arcano che per la dottrina dei gradi può essere accessibile all’intelletto. In seguito si discorrerà della Onnipotenza del Signore prima del suo avvenimento nel Mondo.

 

 

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46. I GRADI DELL’UNO E DELL’ALTRO GENERE SONO NEI MAS­SIMI E

NEI MINIMI DI TUTTE LE COSE CHE SONO STATE CREATE

 

222. Che i massimi e i minimi di tutte le cose consistano in gradi discreti e continui, o di altezza e di larghezza, non può essere illu­strato con esempi presi dalle cose visibili, perché i minimi non si presentano dinanzi agli occhi, e i massimi che si presentano non appaiono distinti in gradi; questo soggetto non può dunque essere dimostrato che con universali, e poiché gli angeli sono nella sapienza dagli universali, e quindi nella scienza sui singolari, mi è permesso di riferire quel che essi ne dicono.

223. Quel che dicono gli angeli intorno a questo soggetto si è, che non c’è un così minimo in cui non vi siano i gradi d’ambo i generi, così non un minimo in alcun animale, né un minimo in alcun vegetale, né un minimo in alcun minerale, né un minimo nell’etere e nell’aria; e l’aria e l’etere essendo i ricettacoli del calore e della luce, non un minimo del calore e della luce; e il calore spirituale e la luce spiri­tuale essendo i ricettacoli dell’amore e della sapienza, neppure un mi­nimo dell’amore e della sapienza in cui non siano i gradi dell’uno e dell’altro genere. Da queste affermazioni degli angeli risulta pure che i minimi d’un’affezione, e i minimi d’un pensiero, anzi i minimi d’una idea del pensiero consistono in gradi di ambedue i generi, e che un minimo che non consiste in questi gradi è niente, essendo che non ha forma, per conseguenza non qualità, né alcuno stato che possa essere mutato e variato e perciò esistere. Gli angeli confermano ciò per que­sto vero, che gl’Infiniti in Dio Creatore, che è il Signore ab aeterno, sono distintamente uno, e che vi sono degl’infiniti nei suoi Infiniti, e che negl’infinitamente infiniti vi sono i gradi d’ambedue i generi, che eziandio sono in Esso distintamente uno; e poiché sono in Esso, e tutte le cose sono state create da Lui, e le cose create presentano in una certa immagine quelle che sono in Lui, ne segue che non c’è un minimo infinito in cui non siano tali gradi. Se questi gradi sono nei mi­nimi e nei massimi, si è perché il Divino nei massimi e nei minimi è il medesimo. Che in Dio-Uomo gl’infiniti siano distintamente uno, si vede più sopra, n. 17 a 22; e che il Divino sia il medesimo nei massimi e nei minimi, si vede, n. 77 a 82; quel che è stato ancora illustrato, n. 155, 169, 171.

224. Se non c’è un minimo dell’amore e della sapienza, né un mi­nimo dell’affezione e del pensiero, né un minimo dell’idea d’un pen­siero, in cui non siano i gradi di ambedue i generi, ciò è perché l’a­more e la sapienza sono una sostanza e una forma, come si è dimo­strato più sopra, n. 40 a 43, parimenti l’affezione e il pensiero. E siccome non vi è forma in cui non vi siano questi gradi, come si è detto prima, ne consegue che vi sono simili gradi in queste cose; avvenga che separare l’amore e la sapienza da una sostanza in una forma, ed an­che l’affezione ed il pensiero si è annientarle, perché queste cose non esistono fuori dei loro soggetti, considerando che sono i loro stati ad essere perce­piti dagli uomini nelle variazioni che li fissano.

225. I massimi, nei quali sono i gradi d’ambo i generi, è l’Universo in tutto il suo complesso; è il Mondo naturale nel suo complesso; è il Mondo spirituale nel suo ; è ciascun impero e ciascun regno nel loro complesso; è tutto il civile, tutto il morale e tutto lo spirituale di essi nel loro complesso: sono tutto il Regno animale, tutto il Regno vegetale e tutto il Regno minerale, ciascuno nel suo complesso; sono tutte le atmosfere dell’uno e dell’altro Mondo prese insieme, ed inol­tre i loro calori e le loro luci. Parimenti i meno comuni, come l’uomo nel suo complesso, ogni animale nel suo, ogni albero ed ogni arbusto nel loro; come pure ogni pietra ed ogni metallo nel loro. Le forme di queste cose sono simili in questo, che esse consistono in gradi di ambedue i generi: la ragione di ciò è che il Divino, da Cui sono state create, è il medesimo nei massimi e nei minimi, come si è dimostrato più sopra, n. 77 a 82. I singolari e i singolarissimi di queste cose sono simili ai comuni e ai comunissimi in questo, che essi sono forme dei gradi di ambedue i generi.

226. Da che i massimi e i minimi sono forme dei gradi di ambedue i generi, si ha fra essi una connessione dai primi agli ultimi, essendo la somiglianza che li congiunge. Ma con tutto ciò non c’è alcun mi­nimo che sia lo stesso che un altro; per questo esiste la distinzione di tutti i singolari e di tutti i singolarissimi. Se non vi è alcun mi­nimo in qualche forma o fra alcune forme che sia lo stesso che un altro, si è perché nei massimi vi sono simili gradi, e i massimi con­sistono di minimi; poiché tali gradi esistono nei massimi, e secondo questi gradi vi sono perpetue differenze dall’alto al basso, e dal centro alle periferie, ne segue che non vi è alcuno dei loro più piccoli né dei loro minimi, nei quali sono simili gradi, che sia lo stesso che un altro.

227. È ancora un punto della sapienza angelica, che la perfezione dell’Universo creato viene dalla somiglianza dei comuni e dei partico­lari, o dei massimi e dei minimi in quanto a questi gradi, poiché allora l’uno riguarda l’altro come suo simile, con cui si può con­giungere per ogni uso e fissare ogni fine nell’effetto.

228. Ma queste proposizioni possono sembrare come paradossi, perché non sono dimostrate con applicazioni a cose visibili; tuttavia però le proposizioni astratte, essendo universali, sono ordinariamente me­glio comprese che le proposizioni applicate, stante che queste sono d’una perpetua varietà, e la varietà rende oscuro.

229. Taluni sostengono che vi sia una sostanza così semplice che essa non ha forma proveniente da forme minori, e che da questa so­stanza risultino per accumulamenti i sostanziati o composti, e final­mente le sostanze che si chiamano materie: ma nondimeno tali sem­plicissime sostanze non esistono; stantechè, che cosa è una sostanza senza una forma? è qualcosa di cui non si può dir nulla; e di un ente di cui non si può dir nulla non può essere composto qualcosa per accumulamenti. Che vi siano cose innumerevoli nelle prime sostanze create di tutte le cose, le quali sono piccolissime e semplicissime, si vedrà in seguito, quando si tratterà delle forme.

 

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47. I TRE GRADI DI ALTEZZA SONO INFINITI ED INCREATI NEL SIGNORE,

E QUESTI MEDESIMI GRADI SONO FINITI E CREATI NELL’UOMO

 

230. Che nel Signore i tre gradi di altezza siano infiniti ed in­creati, si è perché il Signore è l’Amore stesso e la Sapienza stessa, come si è precedentemente dimostrato; e poiché il Signore è l’Amore stesso e la Sapienza stessa, perciò ancora Esso è l’Uso stesso, poiché l’amore ha per fine l’uso che esso produce per la sapienza; infatti l’amore e la sapienza senza l’uso non hanno termine o fine, os­sia non hanno il loro domicilio; laonde non si può dire che sono ed esistono, eccettochè non vi sia l’uso in quo (in cui siano ed esistano). Questi tre costituiscono i tre gradi di altezza nei soggetti della vita; questi tre sono come il fine primo, il fine medio che chiamasi causa, ed il fine ultimo che si chiama effetto: che il fine, la causa e l’effetto costituiscano i tre gradi di altezza, si è dimostrato più sopra e confermato più volte.

231. Che questi tre gradi siano nell’uomo, si può vedere dall’eleva­zione di sua mente fino ai gradi dell’amore e della sapienza in cui sono gli angeli del secondo e del terzo Cielo; conciossiachè tutti gli angeli sono nati uomini, e l’uomo quanto agli interiori attinenti alla sua mente è un cielo in minima forma; quanti Cieli adunque vi sono, tanti gradi di altezza vi sono appo l’uomo dalla creazione; l’uomo al­tresì è l’immagine e la somiglianza di Dio, perciò questi tre gradi sono impressi nell’ uomo, perché essi sono in Dio Uomo, vale a dire nel Si­gnore. Che questi tre gradi nel Signore siano infiniti ed increati, e che nell’uomo siano finiti e creati, si può vedere da quel che è stato di­mostrato nella Prima Parte, per esempio da queste proposizioni: che il Signore è l’Amore e la Sapienza in Sé; e che l’uomo è il recipiente dell’amore e della sapienza procedenti dal Signore; ed inoltre, che del Signore non si può dir nulla se non d’infinito, e dell’uomo nulla che di finito.

232. Questi tre gradi appo gli angeli si chiamano Celeste, Spirituale e Naturale; e per essi il grado celeste è il grado dell’amore, il grado spirituale è il grado della sapienza, e il grado naturale è il grado degli usi. La ragione per cui questi gradi si chiamano così si è che i Cieli sono distinti in due Regni, l’uno denominato Regno ce­leste, e l’altro Regno spirituale, ai quali è aggiunto un terzo Regno, nel Mondo in cui sono gli uomini, che è il Regno naturale. Ed anche gli angeli di cui è composto il Regno celeste sono nell’amore, e gli angeli di cui è composto il Regno spirituale sono nella sapienza; ma gli uomini nel Mondo sono negli usi; e perciò questi Regni sono con­giunti. Nella parte che segue si dirà come si deve intendere che gli uomini sono negli usi.

233. Mi è stato detto dal Cielo che nel Signore ab aeterno, che è Jehovah, prima che avesse assunto l’Umano nel Mondo, vi erano i due gradi anteriori in attualità, e il terzo grado in potenza, quali sono eziandio presso gli angeli ; ma che dopo aver assunto 1’ Umano nel Mondo, Egli si è sopravvestito anche del terzo grado, che chiamasi naturale, e che per questo si è fatto Uomo simile ad un uomo nel Mondo, con la differenza però che questo grado, come i gradi anteriori, è Infinito ed Increato, mentre che questi gradi nell’angelo e nell’uomo sono finiti e creati. Infatti il Divino che aveva empito tutti gli spazi senza spazi, — n. 69 a 72, — penetrò ancora fino agli ul­timi della natura; ma prima che assumesse 1’Umano eravi nel grado naturale un influsso Divino mediato per i Cieli angelici, dovechè dopo che ha assunto l'Umano vi è un influsso immediato procedente da Esso: si è per questa ragione che tutte le Chiese nel Mondo prima del Suo avvenimento erano state rappresentative degli spirituali e dei celesti, ma dopo il Suo avvenimento sono state fatte naturale-spirituali e celesti, e che il Culto rappresentativo è stato abolito: si fu eziandio per questa ragione che il Sole del Cielo angelico, che, come si è già detto, è il primo Procedente del Suo Divino Amore e della Sua Divina Sapienza, ha brillato con più vividi raggi e con maggior splendore dopo che Egli ebbe assunto Filmano, che prima di questa assunzione: questo ancora s’intende per le seguenti parole in Isaia: «In quel giorno la luce della Luna sarà come la luce del Sole, e la luce del Sole sarà sette volte maggiore, come la luce di sette giorni» (insieme) — XXX, 26; — queste parole sono state dette relativa­mente allo stato del Cielo e della Chiesa dopo l’avvenimento del Si­gnore nel Mondo: e nell’Apocalisse: «La faccia del Figliuol del­l'uomo fu vista come il Sole (quando) risplende nella sua forza» I, 16; — ed altrove; per esempio, Isaia, LX, 20. Il Sam. XXIII, 3. 4. Matt. XVII, 1, 2. — L’illustrazione mediata degli uomini per il Cielo angelico, che esisteva prima dell’avvenimento del Signore, può esser paragonata alla luce della Luna, che è una luce mediata del Sole; e poiché dopo l’avvenimento del Signore l’illustrazione è divenuta immediata, perciò si dice in Isaia che la luce della Luna sarà come la luce del Sole; e in David: «Nel suo giorno fiorirà il giusto, e molta pace, fino a che non vi sarà più Luna». — Sal. LXXII, 7, — que­sto eziandio è stato détto del Signore.

234. Se il Signore ab alterno o Jehovah si è sopravvestito di questo terzo grado, assumendo Filmano nel Mondo, si è perché Egli non ha potuto entrare nel Mondo che per una natura simile alla na­tura umana, così non altrimenti che essendo concepito dal Suo Di­vino e nascendo da una Vergine, conciossiachè in questa maniera egli potè spogliarsi della natura, che in sé è morta, e nondimeno è un ri­cettacolo del Divino, e rivestire il Divino. Questo s’intende per i due stati del Signore nel Mondo, che si chiamano stato di Esinanizione e stato di Glorificazione, di cui si è trattato nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sul Signore.

235. Queste cose che concernono la triplice ascensione dei gradi di altezza si sono dette in generale, ma siccome questi gradi sono nei massimi e nei minimi, come si è dimostrato testé nel precedente Ar­ticolo, qui non se ne può dir nulla in particolare, all’infuori di questo, che tali gradi sono in tutte e nelle singole cose dell’amore, e quindi in tutte e nelle singole cose della sapienza, e dietro queste in tutte e nelle singole cose degli usi; ma nel Signore tutti questi gradi sono infiniti, mentre che nell’angelo e nell’uomo sono finiti. Ma come que­sti gradi sono nell’amore, nella sapienza e negli usi, ciò non si può descrivere e sviluppare che in serie.

 

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48. QUESTI TRE GRADI DI ALTEZZA SONO IN OGNI UOMO DALLA NASCITA E SI POSSONO APRIRE SUCCESSIVAMENTE,

E SE­CONDO CHE SI APRONO L’UOMO È NEL SIGNORE, E IL SI­GNORE NELL’UOMO

 

236. Che i tre gradi di altezza siano in ogni uomo, si è ignorato fin qui; e ciò perché questi gradi non erano conosciuti, e finché que­sti gradi sono nascosti, non si possono conoscere altri gradi che i gradi continui; ora, quando non si conoscono che i gradi continui si può credere che l’amore e la sapienza appo l’uomo non crescano che per il continuo. Ma bisogna sapere che appo ogni uomo dalla na­scita vi sono i tre gradi di altezza o gradi discreti, l’uno di sopra o dentro l’altro, e che ogni grado di altezza o discreto ha eziandio dei gradi di larghezza o continui, secondo i quali esso cresce per il continuo, essendo che i gradi di ambedue i generi sono nei massimi e nei minimi di tutte le cose, come si è dimostrato più sopra n. 222 a 229; infatti non vi possono essere gradi d’un genere senza i gradi dell’altro.

237. Questi tre gradi di altezza si denominano Naturale, Spirituale e Celeste, come si è già detto, — n. 232: — quando l’uomo nasce egli viene primieramente nel grado Naturale, e questo grado appo lui cresce per il continuo secondo le scienze, e secondo l’intelletto acqui­stato per esse, fino al più alto punto dell’intelletto che chiamasi ra­zionale: ma contuttociò per questo non si apre il secondo grado che chiamasi Spirituale; questo si apre per l’amore degli usi in virtù de­gl’intellettuali, ma per l’amore spirituale degli usi, che è l’amore verso il prossimo; questo grado può crescere parimenti per il continuo del grado fino al suo più alto punto, ed esso cresce per le conoscenze del vero e del bene, o per le verità spirituali. Tuttavia pero per queste verità non si apre il terzo grado che chiamasi Celeste, ma questo si apre per l’amore celeste dell’uso, che è l’amore verso il Signore; e l’amore verso il Signore non è altro che di applicare alla vita i pre­cetti della Parola, che sommariamente consistono nel fuggire i mali, perché sono infernali e diabolici, e nel fare i beni, perché sono cele­sti e Divini. Questi tre gradi si aprono così successivamente appo l’uomo.

238. Finché l’uomo vive nel Mondo egli non sa nulla dell’apertura di questi gradi presso di sé; e ciò perché allora egli è nel grado na­turale, che è l’ultimo, e perché allora dietro questo egli pensa, vuole, parla e agisce; ora il grado spirituale, che è interiore, non comunica col grado naturale per il continuo ma per le corrispondenze, e la co­municazione per le corrispondenze non si sente. Ma nondimeno, quando l’uomo spoglia il grado naturale, il che avviene quando muore, egli viene allora in quel grado che appo lui fu aperto nel Mondo, nel grado spirituale colui appo cui fu aperto il grado spirituale, nel grado ce­leste colui appo cui fu aperto il grado celeste; chi dopo la morte viene nel grado spirituale pensa, vuole, parla ed agisce spiritualmente, e non più naturalmente; e chi viene nel grado celeste pensa, vuole, parla ed agisce secondo il suo grado; e poiché la comunicazione dei tre gradi fra loro non esiste che per le corrispondenze, perciò le differenze dell’amore, della sapienza e dell’uso, in quanto a questi gradi, sono tali, che essi non hanno fra loro nulla di comune per nessun continuo. Da queste spiegazioni è evidente che i tre gradi di altezza sono appo l’uomo, e che essi si possono aprire successivamente.

239. Poiché vi sono appo l’uomo tre gradi dell’amore, tre gradi della sapienza e quindi tre gradi dell’uso, ne consegue che vi sono appo lui tre gradi della Volontà, tre gradi dell’intelletto e quindi tre gradi del Concluso, e per conseguenza tre gradi della Determinazione all’uso, poiché la volontà è il ricettacolo dell’amore, l'intelletto il ricet­tacolo della sapienza, e il concluso appartiene all’uso che proviene dall'amore e dalla sapienza. Egli è dunque evidente che appo ogni uomo vi sono una volontà e un intelletto naturale, una volontà e un intelletto spirituale, una volontà e un intelletto celeste, in potenza dalla nascita, e in atto quando sono aperti. In una parola, la Mente dell’uomo, che si compone della volontà e dell’intelletto, è di tre gradi dalla creazione e quindi dalla nascita, di modo che nell’uomo vi è una Mente naturale, una Mente spirituale e una Mente celeste, e per ciò l’uomo mentre vive nel mondo si può elevare nella sapienza angelica e pos­sederla, ma egli non viene in essa che dopo la morte, se diviene angelo, e allora egli dice cose ineffabili e incomprensibili all’uomo naturale. Conobbi nel mondo un uomo mediocremente dotto, e dopo la morte lo vidi e parlai con lui nel Cielo, ed io percepìi chiaramente che egli parlava come un angelo, e che le cose che diceva non erano percettibili all’uomo naturale. Questo proveniva da quando nel Mondo egli aveva applicato alla vita i precetti della Parola e adorato il Signore, e quindi era stato elevato dal Signore nel terzo grado dell’amore e della sapienza. Importa che questa elevazione della Mente umana sia conosciuta, poiché da ciò dipende l’intendimento di quel che segue.

240. Vi sono appo l’uomo dal Signore due facoltà per le quali l’uomo si distingue dalle bestie; l’una di queste facoltà è che egli può com­prendere quel che è vero e quel che è bene. Questa facoltà si chiama razionalità, ed è la facoltà del suo intelletto. L’altra facoltà è che egli può fare il vero e il bene, questa facoltà chiamasi Libertà, ed è la facoltà della sua Volontà; in fatti l’uomo può in virtù della sua ra­zionalità pensare quel che gli piace, così per Dio come contro Dio, e tanto per il prossimo quanto contro il prossimo, ed ancora può volere e fare quel che pensa, ma quando vede il male e teme la pena, egli può in virtù della libertà desistere dal fare. L’uomo in virtù di que­ste due facoltà è uomo e si distingue dalle bestie. Queste due facoltà l’uomo le ha dal Signore, ed egli le ha da Lui continuamente, e non possono essergli tolte, poiché se gli fossero tolte perirebbe il suo umano. In queste due facoltà il Signore è presso ogni uomo, tanto presso il buono come presso il malvagio; esse sono la dimora del Si­gnore nel Genere Umano; indi è che ogni uomo, sia buono, sia mal­vagio, vive eternamente. Ma la dimora del Signore presso l’uomo è più vicina, secondo che l’uomo per mezzo di queste facoltà apre i gradi superiori, essendo che per l’apertura di essi egli viene nei gradi supe­riori dell'amore e della sapienza, così più presso al Signore. Da que­ste spiegazioni si può vedere che, secondo che questi gradi sono aperti, l'uomo è nel Signore, ed il Signore nell’uomo.

241. Si è detto più sopra che i tre gradi di elevatezza sono come il fine, la causa e l’effetto, e che secondo questi gradi succedono l’amore, la sapienza e l’uso; per la qual cosa qui in poche parole si parlerà dell’amore, che è il fine; della sapienza, che è la causa, e dell’uso, che è l’effetto. Chiunque consulta la sua ragione, allorquando essa è nella luce, può vedere che l’amore dell’uomo è il fine di tutte le cose che sono in lui, poiché quel che ama, egli lo pensa, lo conclude e lo fa, per conseguenza lo ha per fine; l’uomo anche in virtù della sua ra­gione può vedere che la sapienza è la causa, stantechè egli, o il suo amore, che è il fine, cerca nell’ intelletto i mezzi per i quali può per­venire al suo fine, così egli consulta la sua sapienza; e quei mezzi fanno la causa per quam (per la quale perviene); che l’uso sia l’effetto è evidente senza spiegazione. Ma l’amore presso un uomo non è il medesimo come presso un altro; parimenti neppure la sapienza è la me­desima presso uno come presso un altro, per conseguenza nemmeno l’uso; e poiché questi tre sono omogenei, come si è dimostrato più sopra, n. 189 a 194, ne segue che quale è l’amore appo l’uomo, tale è appo lui la sapienza, e tale è l’uso. Si dice la sapienza, ma s’in­tende quel che appartiene al suo intelletto.

 

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49. LA LUCE SPIRITUALE INFLUISCE PER I TRE GRADI APPO L’UOMO,

MA NON IL CALORE SPIRITUALE, SE NON IN QUANTO L’UOMO FUGGE

I MALI COME PECCATI E SI RIVOLGE AL SIGNORE

 

242. Dalle cose sopra dimostrate risulta che dal Sole del Cielo, che è il primo Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza, di cui si è trattato nella Seconda Parte, procedono una luce ed un ca­lore; dalla Sua Sapienza, la luce; e dal Suo Amore, il calore; che la luce è il ricettacolo della Sapienza, ed il calore il ricettacolo dell’Amore; che per quanto l’uomo viene nella sapienza, tanto viene in quella Divina luce, e che tanto viene nell’amore, altrettanto viene in quel Divino calore. Dalle cose sopra dimostrate risulta ancora che vi sono tre gradi della luce e tre gradi del calore, o tre gradi della sa­pienza e tre gradi dell’amore, e che questi gradi sono formati appo l’uomo, affinché l’uomo fosse il ricettacolo del Divino Amore e della Divina Sapienza, cosi il ricettacolo del Signore. Ora qui si vuol dimostrare che la Luce Spirituale influisce per questi tre gradi presso l’uomo, ma non il Calore Spirituale se non in quanto l’uomo fugge i mali come peccati e si rivolge al Signore; o, quel che torna il me­desimo, che l’uomo può ricevere la sapienza fino al terzo grado, ma non l’amore, eccetto che non fugga i mali come peccati e non si ri­volga al Signore; o, quel che è ancora il medesimo, che l’intelletto dell’uomo si può elevare nella sapienza, ma non la sua volontà, se non in quanto egli fugge i mali come peccati.

243. Che l’intelletto (dell’uomo) si possa elevare nella luce del Cielo o nella sapienza angelica, e che la sua volontà non si possa elevare nel calore del Cielo o nell’amore angelico, se l'uomo non fugge i mali come peccati e non si rivolge al Signore, mi è divenuto pienamente evidente dietro l’esperienza nel Mondo spirituale; io ho più volte veduto e percepito che gli spiriti semplici che seppero solamente che vi è un Dio, e che il Signore è nato uomo, ed appena qualche altra cosa ol­tre di ciò, comprendevano pienamente gli arcani della sapienza ange­lica, quasi come gli angeli; e non solamente essi, ma anche parecchi della turba diabolica; se non che, questi li comprendevano quando li udivano enunciare, ma non quando pensavano fra se stessi, essendo che quando li udivano, la luce entrava dal di sopra ; ma quando pen­savano fra se stessi non poteva entrare altra luce che quella che cor­rispondeva al loro calore o al loro amore; perciò anche dopo avere udito enunciare quegli arcani ed averli percepiti, tosto che avevano rivoltate le orecchie non ne ritenevano niente; anzi coloro che erano della turba diabolica allora li rigettavano e li negavano interamente; e ciò perché il fuoco del loro amore e la sua luce, che era fatua, in­troduceva delle tenebre, per le quali veniva estinta la luce celeste, che entrava dall’alto.

244. La stessa cosa avviene nel Mondo; quando l’uomo che non è totalmente stupido, e che non ha confermato i falsi appo sé per il fa­sto della propria intelligenza, ode coloro che parlano sopra soggetti elevati, o quando legge tali cose, se egli è in qualche affezione di sa­pere, allora le comprende ed anche le ritiene, e poi le può confermare; il malvagio lo può tanto come il buono; anzi il malvagio, sebbene di cuore neghi i Divini che appartengono alla Chiesa, ciò nonpertanto li può comprendere ed anche parlarne e predicarli, nonché confirmarli dottamente con lo scritto; ma quando pensa abbandonato a sé mede­simo, egli pensa contro di essi dal suo amore infernale e li nega: egli è dunque evidente che l’intelletto può essere nella luce spirituale, sebbene la volontà non sia nel calore spirituale. Da qui risulta pure che l’intelletto non conduce la volontà, o che la sapienza non produce l’amore, ma che solamente essa insegna e mostra la via; essa insegna come l’uomo deve vivere, e mostra quale via deve seguire. Risulta an­cora da questo che la volontà conduce l’intelletto e fa sì che esso agi­sca come uno con essa; e che l’amore che appartiene alla volontà chiama sapienza nell’intelletto quel che concorda con esso. In seguito si vedrà che la volontà per se stessa non fa nulla senza l’intelletto, ma che tutto quel che fa, lo fa in congiunzione con l’intelletto; e che la vo­lontà fa venire l’intelletto in società con essa per l’influsso, ma non reciprocamente.

245. Ora si dirà qual è l’influsso della luce nei tre gradi della vita che spettano alla mente appo l’uomo. Le forme, che sono appo esso i ricettacoli del calore e della luce o dell’amore e della sapienza, e che sono, come si è detto, in un ordine triplo o di tre gradi, dalla na­scita sono diafane, e trasmettono la luce spirituale come il cristallo trasmette la luce naturale; indi è che l’uomo, quanto alla sapienza, si può elevare fino al terzo grado. Tuttavia però quelle forme non s’aprono se non quando il calore spirituale si congiunge alla luce spirituale, o l'amore alla sapienza; per questa congiunzione quelle forme diafane si aprono secondo i gradi La medesima cosa avviene con la luce e col calore del Sole del Mondo rispettivamente ai vegetali sulla terra; la luce d’inverno, che è così candida come la luce d’estate, non apre nulla nel seme o nell’albero, ma essa apre quando il calore della primavera si congiunge alla luce; la cosa è simile, imperciocché la luce spiri­tuale corrisponde alla luce naturale, e il calore spirituale corrisponde al calore naturale.

246. Questo calore spirituale non si acquista altrimenti che fuggendo i mali come peccati, e allora riguardando al Signore; stantechè fino a che l’uomo è nei mali, egli è anche nell’amore di essi, poiché è in una concupiscenza verso di essi, e l’amore del male e la concupiscenza sono nell’amore opposto all’amore e all’affezione spirituali ; ora questo amore o questa concupiscenza non può essere rimosso che fuggendo i mali come peccati; e poiché l’uomo non li può fuggire da se stesso, ma bensì in virtù del Signore, egli deve perciò rivolgersi al Signore: quando dunque egli li fugge in virtù del Signore, l’amore del male e il suo calore vengono rimossi, e in luogo di essi vengono introdotti l’amore del bene e il suo calore, per cui si apre il grado superiore: infatti il Signore influisce dall’alto e l’apre, ed allora congiunge l’amore o il calore spirituale alla sapienza o alla luce spirituale, e in virtù di questa congiunzione l’uomo comincia a fiorire spiritualmente, come l’al­bero nella stagione di primavera.

247. Per l’influsso della luce spirituale nei tre gradi della Mente l’uomo si distingue dalle bestie, e l’uomo, al disopra delle bestie, può pensare analiticamente, vedere i veri, non solamente i naturali ma ezian­dio gli spirituali, e quando li vede li può riconoscere e così si può ri­formare e rigenerare. La facoltà di ricevere la luce spirituale è quella che si deve intendere per la razionalità, di cui si è parlato più sopra, che ogni uomo ha dal Signore e che non gli è tolta, poiché se gli fosse tolta non si potrebbe riformare : si è in virtù di quella fa­coltà che chiamasi razionalità che l’uomo non solamente può pensare, ma eziandio, diversamente dalle bestie, parlare dietro il pensiero; e poi in virtù dell’altra sua facoltà che si chiama Libertà, di cui si è anche parlato, egli può fare quel che pensa in virtù dell’intelletto. Siccome si è trattato più sopra, — n. 240 — di queste due facoltà, la Razionalità e la Libertà, che sono proprie dell’uomo, perciò non si dirà di più intorno ad esse.

 

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50. L’UOMO DIVIENE NATURALE E SENSUALE SE PRESSO DI LUI IL GRADO SUPERIORE,

CHE È SPIRITUALE, NON SI APRE

 

248. Si è dimostrato più sopra che vi sono tre gradi della Mente umana, che si chiamano naturale, spirituale e celeste, e che questi gradi presso l’uomo si possono aprire successivamente: inoltre si è dimostrato che primieramente si apre il grado naturale, e poi il grado spirituale, se l’uomo fugge i mali come peccati e si rivolge al Signore, e finalmente il grado celeste. Siccome questi gradi si aprono secondo la vita dell’uomo, ne segue che i due gradi superiori si possono an­che non aprire, ed allora l’uomo rimane nel grado naturale, che è l’ultimo. Si sa anche nel Mondo che vi è l’uomo naturale e l’uomo spirituale, o l’uomo esterno e l’uomo interno, ma non si sa che l’uomo naturale diviene spirituale per l’apertura d’un grado superiore presso _ di sé, e che l’apertura si fa per la vita spirituale, che è la vita secondo i precetti Divini, e che senza la vita secondo questi precetti l’uomo rimane naturale.

249. Vi sono tre specie d’uomini naturali; la prima specie si com­pone di coloro che non sanno nulla dei precetti Divini; la seconda di coloro che sanno che vi sono dei precetti Divini, ma nulla pensano della vita secondo quei precetti; e la terza di coloro che li disprez­zano e li negano. Quanto a quel che concerne la Prima specie com­posta di coloro che non sanno nulla dei precetti Divini, essi non possono altrimenti che rimanere naturali, perché non possono essere insegnati da se stessi; ogni uomo è insegnato intorno ai precetti Di­vini da altri che li conoscono dalla religione, e non già per rivela­zioni immediate; — vedasi in proposito, nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Santa Scrittura, i n. 114 a 118. — Quelli della Seconda specie, che sanno che vi sono dei precetti Divini, ma nulla pensano della vita secondo questi precetti, rimangono parimenti naturali, e non si curano di altro fuorché di quel che concerne il mondo e il corpo. Dopo la morte essi divengono domestici e servi, secondo gli usi che possono fare presso coloro che sono spirituali, poiché l’uomo naturale è domestico e servo, e l'uomo spirituale è padrone e signore. Quelli della Terza specie, che disprezzano e ne­gano i precetti Divini, non solamente rimangono naturali, ma diven­gono anche sensuali secondo il disprezzo e la negazione: i sensuali sono i naturali più bassi, che non possono pensare al disopra delle appa­renze e delle illusioni dei sensi del corpo; questi dopo la morte sono nell’inferno.

250. Siccome nel Mondo s’ignora quel che è l’uomo Spirituale, e quel che è l’uomo Naturale, e molti chiamano spirituale chi è mera­mente naturale, e viceversa, perciò bisogna dire in un modo distinto: I. Quel che è l’uomo naturale, e quel che è l’uomo spirituale. II. Quale è l’uomo naturale presso cui è aperto il grado spirituale. III. Quale è l’uomo naturale presso cui il grado spirituale non è aperto, ma ciò nondimeno non è chiuso. IV. Quale è l’uomo naturale presso cui il grado spirituale è affatto chiuso. V. Finalmente qual differenza vi è fra la vita dell’uomo meramente naturale e la vita della bestia.

251. I. Quel che è l’uomo naturale, e quel che è l'uomo spiri­tuale. — L’uomo è uomo non dalla faccia e dal corpo, ma dall’intel­letto e dalla volontà; perciò per l’uomo naturale e l’uomo spirituale s’intende che l’intelletto e la volontà dell’uomo sono o naturali o spi­rituali. L’uomo naturale in quanto al suo intelletto ed alla sua vo­lontà è come il Mondo naturale, ed altresì si può chiamare Mondo o microcosmo, e l’uomo spirituale quanto al suo intelletto ed alla sua volontà è come il Mondo spirituale, e parimenti si può chiamare Mondo spirituale o Cielo. Donde è evidente che 1’uomo naturale es­sendo in una certa immagine il Mondo naturale, ama le cose di que­sto Mondo; e che l’uomo spirituale, essendo in una certa immagine il Mondo spirituale, ama le cose che sono del Mondo spirituale o del Cielo; per verità l’uomo spirituale ama anche il mondo naturale me­diante il quale egli adempie gli usi, ma non altrimenti che come un padrone ama il suo domestico; secondo gli usi anche l’uomo naturale diviene come spirituale, il che avviene quando l’uomo naturale sente il piacere dell’uso in virtù dello spirituale; quest’uomo naturale si può chiamare naturale-spirituale. L’uomo spirituale ama i veri spiri­tuali; esso ama non solamente di saperli e di comprenderli, ma li vuole anche, dovechè l’uomo naturale ama parlare di questi veri ed anche di farli; fare i veri si è compiere gli usi. Questa subordinazione viene dalla congiunzione del Mondo spirituale e del Mondo naturale; avvenga che tutto quel che appare e si fa nel Mondo naturale deriva la sua origine dal Mondo spirituale. Da queste spiegazioni si può vedere che l’uomo spirituale è affatto distinto dall’uomo naturale, e che non havvi fra loro altra comunicazione che come quella tra la causa e l’effetto.

252. II. Quale è l’uomo Naturale appo cui è aperto il grado spi­rituale, chiaro si vede dalle cose già dette; bisogna aggiungervi che l’uomo naturale è un uomo completo, quando appo lui è aperto il grado spirituale, imperciocché allora egli è consociato agli angeli nel Cielo, e in pari tempo consociato agli uomini nel Mondo, e rispetto ad am­bedue le consociazioni egli vive sotto l’auspicio del Signore, essendo che l’uomo spirituale attinge i comandamenti dal Signore per mezzo della Parola, e li eseguisce mediante l’uomo naturale. L’uomo naturale il cui grado spirituale è aperto non sa che esso pensa ed agisce in virtù del suo uomo spirituale, stantechè gli pare che pensi ed agisca da se stesso, mentre che però non è da se stesso, ma in virtù del Signore. L’uomo naturale il cui grado spirituale è aperto neppure sa che per il suo uomo spirituale esso è nel Cielo, allorché tuttavia il suo uomo spirituale è in mezzo agli angeli del Cielo; talvolta anche egli appare agli angeli, ma siccome si ritrae al suo uomo naturale, esso spa­risce dopo breve tempo. L’uomo naturale appo cui è aperto il grado spirituale non sa neppure che la sua mente è piena di migliaia di ar­cani della sapienza, e di migliaia di piaceri dell’amore procedenti dal Signore, e che dopo la morte, quando diviene angelo, egli viene in essi arcani e piaceri. La ragione per cui l’uomo naturale non sa que­sto, si è che la comunicazione fra l’uomo naturale e l’uomo spirituale si fa per le corrispondenze, e la comunicazione per le corrispondenze non si percepisce altrimenti nell’intelletto se non che i veri si vedono nella luce, e nella volontà non altrimenti se non che gli usi vengono fatti in virtù dell’affezione.

253. III. Quale è l’uomo naturale appo cui il grado spirituale non è aperto, ma ciò nondimeno non è chiuso. — Il grado spirituale non è aperto, ma pur nondimeno non è chiuso presso coloro che hanno me­nato una certa vita di carità, e tuttavia hanno saputo poco del vero genuino ; ciò proviene da che questo grado si apre per la congiunzione dell’amore e della sapienza, o del calore con la luce; l’amore solo o il solo calore spirituale non l’apre, né la sola sapienza o la sola luce spirituale, ma l’uno e l’altra in congiunzione; per la qual cosa se i veri genuini, da cui viene la sapienza o la luce, non sono conosciuti, l’amore non può aprir quel grado, ma solamente lo tiene in potenza per poter essere aperto; il che s’intende per «non è chiuso». Il me­desimo avviene nel Regno vegetale; dappoiché non è già il solo ca­lore che dà la vegetazione ai semi e agli alberi, ma il calore in con­giunzione con la luce opera ciò. Bisogna sapere che tutti i veri appar­tengono alla luce spirituale, e tutti i beni al calore spirituale, e che il bene apre mediante i veri il grado spirituale, poiché il bene opera l’uso mediante i veri, e gli usi sono i beni dell’amore, che de­rivano la loro essenza dalla congiunzione del bene e del vero. La sorte di coloro appo cui il grado spirituale non è aperto, e ciò nondimeno non è chiuso, dopo la morte consiste in questo, che, siccome sono na­turali e non spirituali, sono negli infimi del Cielo, dove talvolta sof­frono cose dure, ovvero sono in uno dei Cieli superiori nei limiti, dove sono come in una luce di sera, poiché, come si è detto più so­pra, nel Cielo e in ciascuna società del Cielo la luce decresce dal mezzo ai limiti, e nel mezzo sono quelli che, più degli altri, sono nei Veri Divini, e nei limiti coloro che sono in pochi veri, e in pochi veri sono coloro che, dalla religione sanno solamente che vi è. un Dio, che il Signore ha sofferto per loro, e che la carità e la fede sono gli essenziali della Chiesa, e non si curano di sapere che cosa è la fede e che cosa è la carità; e non pertanto la fede è nella sua essenza la verità, e la verità è molteplice; e la carità è ogni opera di ufficio che l’uomo fa in virtù del Signore; egli la fa in virtù del Signore, quando fugge i mali come peccati. È assolutamente come si è già detto, perché il fine è il tutto della causa, e l’effetto il tutto del fine mediante la causa; il fine è la carità o il bene, la causa è la fede o il vero, e l’effetto sono le buone opere o l’uso; dal che è evidente che non vi può esser più carità nelle opere di quanto la carità è congiunta ai veri che si chiamano veri della fede; per essi la carità entra nelle opere e le qualifica.

254. IV. Quale è l’uomo naturale appo cui il grado spirituale è in­teramente chiuso. — Il grado spirituale è chiuso presso coloro che sono nei mali quanto alla vita, e vie più presso coloro che in forza dei mali sono nei falsi; avviene di ciò come della fibra d’un nervo che si con­trae al minimo contatto d’un corpo eterogeneo; similmente si contrae ogni fibra motrice d’un muscolo, anzi lo stesso muscolo, ed anche tutto il corpo al contatto d’un oggetto duro o freddo; cosi ancora le sostanze o le forme del grado spirituale appo l’uomo all’approssimarsi dei mali e quindi dei falsi, perché questi sono eterogenei; conciossiachè il grado spirituale, essendo nella forma del Cielo, non ammette che i beni e i veri che provengono dal bene, perché questi gli sono omogenei; ma i mali e i falsi che appartengono al male gli sono ete­rogenei. Questo grado si contrae, e per la contrazione si chiude prin­cipalmente appo coloro che nel Mondo sono nell’amore di dominare in forza dell’amore di sé, perché questo amore è opposto all’amore verso il Signore; si chiude eziandio appo coloro che sono in forza dell’amore del Mondo in una sfrenata cupidità di possedere i beni degli altri, ma non si chiude tanto: la ragione per cui questi amori chiudono il grado spirituale si è che essi sono le origini dei mali. La contrazione o l’oc­clusione di questo grado è come il ritorcimento d’una spirale in senso opposto; il che fa sì che dopo che questo grado è chiuso, esso rigetta la luce del Cielo, quindi invece della luce del Cielo, vi è l’oscurità; per conseguenza la verità, che è nella luce del Cielo, fa nausea. Appo costoro non si chiude soltanto questo stesso grado, ma anche la re­gione superiore del grado naturale, che chiamasi razionale, a tal se­gno che finalmente resta aperta solamente la regione più bassa del grado naturale, che si chiama sensuale, stantechè questa è la più vi­cina al mondo ed ai sensi esterni del corpo, dietro i quali, l’uomo che è tale, poi pensa, parla e ragiona. L’uomo naturale, che è divenuto sensuale per i mali e quindi pei falsi, appare nel Mondo spirituale, alla luce del Cielo, non come un uomo, ma come un mostro, ed an­che col naso contratto; appare col naso contratto, perché il naso corrisponde alla percezione del vero: questi non sopporta nemmeno un raggio della luce del Cielo; essi non hanno nelle loro caverne altra luce che un chiarore simile a quello che emana dai carboni accesi. Da queste spiegazioni si vede chiaro chi e quali sono coloro presso i quali è chiuso il grado spirituale.

255. V. Qual differenza vi è fra la vita dell'uomo naturale e la vita della bestia. — Di questa differenza si discorrerà specialmente nei paragrafi seguenti, quando si tratterà della Vita; qui vuolsi dire solamente che la differenza consiste in questo, che l’uomo ha tre gradi della Mente, o tre gradi dell’ intelletto e della volontà; che questi gradi si possono aprire successivamente ; e che, siccome sono diafani, l’uomo quanto all’intelletto si può elevare nella luce del Cielo e vedere i veri, non solamente i veri civili e morali, ma anche i veri spirituali, e da più veri visti inferire il vero in ordine, e così perfezionare l’intelletto eternamente. Ma le bestie non hanno i due gradi superiori, hanno so­lamente i gradi naturali, che senza i gradi superiori non dànno nessuna facoltà di pensare sopra alcuna cosa di civile, morale e spirituale; e siccome i loro gradi naturali non sono suscettibili d’essere aperti e quindi elevati in una luce superiore, esse non possono pensare in un ordine successivo, ma in un ordine simultaneo, il che non è pensare, ma agire dietro una scienza che corrisponde al loro amore; e poiché non possono pensare analiticamente, né vedere il pensiero inferiore da qualche pensiero superiore, perciò non possono parlare, ma possono produrre dei suoni in un modo conforme alla scienza del loro amore. Ma non pertanto l’uomo sensuale, che è naturale all’infimo grado, non differisce dalla bestia se non perché può empire la sua memoria di scientifici, e dietro essi pensare e parlare; il che egli deriva dalla facoltà propria ad ogni uomo, consistente nel poter intendere il vero, se lo vuole; questa facoltà lo distingue, ma nondimeno molti per l’abuso di questa facoltà si sono resi inferiori alle bestie.

 

 

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51. IL GRADO NATURALE DELLA MENTE UMANA CONSIDERATO IN SÉ È CONTINUO;

MA PER LA CORRISPONDENZA COI DUE GRADI SUPERIORI,

QUANDO È ELEVATO, APPARE COME DISCRETO

 

256. Quantunque ciò possa difficilmente esser compreso da coloro che non sono nella scienza dei gradi di altezza, nonostante bisogna rive­larlo, perché appartiene alla Sapienza angelica; e benché 1’uomo na­turale non possa pensare sopra questa Sapienza nel medesimo modo che gli angeli, pur tuttavia egli può comprenderla coll’intelletto, quando esso è elevato fino al grado della luce in cui sono gli angeli, conciossiachè l’intelletto si può elevare fino a questo segno, e può es­sere illustrato secondo l’elevazione. Però l’illustrazione della mente na­turale non ascende per i gradi discreti, ma cresce per il grado con­tinuo; allora, a misura che cresce, essa viene illustrata dall’interiore in virtù della luce dei due gradi superiori. Come questo avviene si può capire dalla percezione dei gradi di altezza, dacché l’uno è sopra del­l’altro, e da che il grado naturale, che è l’ultimo, è come l’involucro comune dei due gradi superiori; allora secondo che il grado naturale si eleva verso il grado del superiore, il superiore agisce dall’interiore nell’esteriore naturale e lo illumina: l’illuminazione, è vero, fassi dal­l’interiore in virtù della luce dei gradi superiori, ma il grado natu­rale, che circonda ed involge, la riceve per il continuo, cosi più chiara­mente e più puramente secondo l’ascensione; val quanto dire che il grado naturale è illustrato dall’interiore in virtù della luce dei gradi superiori in un modo discreto, ma in sé in un modo continuo. Da que­sto è evidente che l’uomo, finché vive nel Mondo, ed è per ciò nel grado naturale, non si può elevare nella sapienza stessa, quale è presso gli angeli, ma bensì solamente nella luce superiore fino agli angeli, e ricevere l’illustrazione dalla loro luce, che influisce ed illustra dall’interiore. Ma questo non può ancora essere descritto più chiaramente; si può meglio capire dagli effetti, poiché gli effetti pongono in se medesimi le cause nella luce, e così illustrano, purché prima si cono­scano alquanto le cause.

257. Gli effetti sono questi: l.° La Mente naturale si può elevare fino alla luce del Cielo in cui sono gli angeli, e percepire natural­mente quel che gli angeli percepiscono spiritualmente, così non tanto pienamente; ma con tutto ciò la mente naturale dell’uomo non si può elevare nella stessa luce angelica. 2.° Per la sua mente naturale ele­vata alla luce del Cielo l’uomo può pensare cogli angeli, ed anche parlare con essi, ma allora il pensiero e la lingua degli angeli influi­scono nel pensiero e nella lingua naturale dell’uomo, e non recipro­camente; laonde gli angeli parlano con l’uomo in una lingua naturale, che è la lingua natìa dell’uomo. 3.° Questo avviene per l’influsso spi­rituale nel naturale, e non per qualche influsso naturale nello spiri­tuale. 4.° La sapienza umana, che è naturale finché l’uomo vive nel Mondo naturale, non può in nessun modo essere elevata nella Sapienza angelica, ma solamente in una certa immagine di essa; e ciò perché l’elevazione della mente naturale si fa per il continuo, come dall’om­bra alla luce, o dal più grossolano al più puro. Ad ogni modo però l’uomo appo cui è aperto il grado spirituale viene in quella sapienza, quando muore, e vi può venire anche per l’assopimento delle sensa­zioni del corpo, ed allora per l’influsso proveniente dal superiore ne­gli spirituali di questa mente. 5.° La mente naturale dell’uomo è composta di sostanze spirituali, e in pari tempo di sostanze naturali; il pensiero si fa in virtù delle sostanze spirituali, e non in virtù delle sostanze naturali; queste sostanze si eliminano quando l’uomo muore, ma non le sostanze spirituali; perciò quella medesima mente dopo la morte, quando l’uomo diviene Spirito o angelo, rimane in una forma simile a quella in cui era nel Mondo. 6.° Le sostanze naturali di que­sta Mente che si eliminano per la morte, come si è detto testé, fanno l’involucro cutaneo del corpo spirituale, in cui sono gli spiriti e gli angeli. Per un tale involucro, che è preso dal Mondo naturale, sus­sistono i loro corpi spirituali, poiché il naturale è l’ultimo conte­nente: indi risulta che non c’è un solo spirito né un solo angelo che non sia nato uomo. Questi arcani della Sapienza angelica sono qui riferiti, affinché si sappia quale è appo l’uomo la Mente naturale, di cui si tratterà ancora ulteriormente nei seguenti paragrafi.

258. Ogni uomo nasce nella facoltà di comprendere i veri fino all’intimo grado in cui sono gli angeli del terzo Cielo; conciossiachè l’intelletto umano, elevandosi per il continuo intorno ai due gradi su­periori, riceve la luce della sapienza di quei gradi, nel modo che si è detto più sopra, n. 256; quindi è che l’uomo può divenire razionale se­condo l’elevazione; se si eleva al terzo grado diviene razionale del terzo grado; se si eleva al secondo grado diviene razionale del se­condo grado; e se non si eleva egli è razionale nel primo grado; si dice che diviene razionale di questi gradi, perché il grado naturale è il comune ricettacolo della loro luce. Se l’uomo non diviene razionale fino al più alto segno, come lo può divenire, si è perché l’amore, che appartiene alla volontà, non si può elevare nel medesimo modo, come la sapienza che appartiene all’intelletto; l’amore che appartiene alla vo­lontà si eleva solamente col fuggire i mali come peccati, ed in pari tempo coi beni della carità, che sono gli usi, che l’uomo poi fa in virtù del Signore; laonde, se l’amore che appartiene alla volontà non si eleva nel medesimo tempo, la sapienza che s’attiene all'intelletto, comunque sia elevata, ricade fino al suo amore; indi è che l’uomo, se il suo amore non elevasi in pari tempo nel grado spirituale, non è tuttavia razionale se non nell’ultimo grado. Da queste spiegazioni si può vedere che il razionale dell’uomo è in apparenza come di tre gradi: razionale dal celeste, razionale dallo spirituale, e razionale dal natu­rale; e che la razionalità, che è la facoltà di potere elevarsi, è sempre appo l’uomo, sia che si elevi, sia che no.

259. Si è detto che ogni uomo nasce in quella facoltà, o nella ra­zionalità, ma s’intende ogni uomo su cui gli esterni non sono lesi per qualche accidente, sia nell’utero, sia dopo la nascita da una ma­lattia o da una ferita nel capo, o da un amore sfrenato che prorompe e rilascia i freni; su costoro il razionale non si può elevare poiché su di essi la vita, che appartiene alla volontà e all’intelletto, non ha limiti in cui si termina disposti in modo che possa secondo l’ordine fare gli ultimi atti, ma avviene che essa agisce secondo le ultime determinazioni, e non in virtù di esse. Che il razionale neppure si possa elevare sui bambini e i fanciulli, si vedrà qui appresso, n. 266, fine.

 

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52. LA MENTE NATURALE, ESSENDO L’INVOLUCRO E IL CONTE­NENTE DEI GRADI

SUPERIORI DELLA MENTE UMANA, È REA­GENTE, E SE I GRADI SUPERIORI NON SI APRONO

ESSA AGI­SCE CONTRO DI ESSI, MA SE SI APRONO AGISCE CON ESSI

 

260. Si è dimostrato nel precedente articolo che la Mente natu­rale, essendo nell’ultimo grado, involge e racchiude la Mente spirituale e la Mente celeste, che sono superiori quanto ai gradi; qui ora si vuol dimostrare che la Mente naturale reagisce contro le Menti su­periori o interiori; la cagione per cui reagisce si è che essa le in­volge, le racchiude e le contiene, e questo non si può fare senza rea­zione, poiché se non reagisse, gl’interiori o le cose rinchiuse si rilasserebbero e si slancerebbero fuori, e così scorrerebbero qua e là: sarebbe come se le tuniche intorno al corpo umano non fossero in reazione, i visceri, che sono gl’interiori del corpo, fuggirebbero, e così si spanderebbero qua e là; e sarebbe come se la membrana che in­volge le fibre motrici d’un muscolo non reagisse contro le forze di queste fibre nelle azioni, non solamente cesserebbe l’azione, ma ezian­dio tutti i tessuti interiori si dissolverebbero. La medesima cosa è d’ogni ultimo grado dei gradi di altezza, per conseguenza della Mente naturale rispettivamente ai gradi superiori, poiché, come si è già detto, vi sono tre gradi della Mente umana, il naturale, lo spirituale     ed il celeste, e la Mente naturale è nell’ultimo grado. Se la Mente naturale reagisce contro la Mente spirituale, si è ancora perché la Mente naturale è composta non solo di sostanze del Mondo spirituale, ma altresì di sostanze del Mondo naturale, come si è già detto, n. 257, e le sostanze del Mondo naturale in forza della loro natura reagiscono contro le sostanze del Mondo spirituale, stantechè le sostanze del Mondo naturale sono in se stesse morte, e vengono messe dal di fuori in azione dalle sostanze del Mondo spirituale, e le sostanze morte e messe in azione dal di fuori, in virtù della loro natura resistono, e così in virtù della loro natura reagiscono. Da ciò si può vedere che l’uomo naturale reagisce contro l’uomo spirituale e che vi è lotta: torna il medesimo sia che si dica l’uomo naturale e l’uomo spirituale, o si dica la Mente naturale e la Mente spirituale.

261. Si può vedere da queste spiegazioni che se la Mente spiri­tuale è chiusa, la Mente naturale agisce continuamente contro quel che appartiene alla Mente spirituale, e teme che influisca qualcosa che perturbi i suoi stati: tutto quel che influisce per la Mente spiri­tuale viene dal Cielo, poiché la Mente spirituale nella forma è un Cielo; e tutto quel che influisce nella Mente naturale viene dal Mondo, poiché la Mente naturale nella forma è un Mondo; donde segue che la Mente naturale, quando la Mente spirituale è chiusa, reagisce contro tutte le cose del Cielo, e non l'ammette in sé, se non in quanto le servono di mezzi per acquistare e possedere le cose che appartengono al Mondo; e quando le cose che spettano al Cielo servono di mezzi alla Mente naturale pei suoi tini, allora quei mezzi, sebbene ap­pariscano celesti, divengono ciò nondimeno naturali; in fatti il fine li qualifica, conciossiachè divengono come gli scientifici dell’uomo natu­rale, ne’quali interiormente non c’è niente della vita. Ma siccome i celesti non possono essere congiunti ai naturali in modo da fare uno, perciò si separano, e i celesti presso gli uomini meramente naturali si pongono di fuori nel circuito, intorno dei naturali che sono dentro: da qui proviene che l’uomo meramente naturale può parlare dì cose celesti e predicarle, ed anche fingerle cogli atti, sebbene interiormente pensi contro di esse; egli agisce in questa maniera, quando è solo, e nell’altra, quando è in società. Ma di ciò si dirà di più in seguito.

262. La Mente o l’uomo naturale dalla reazione in sé connata agi­sce contro le cose che appartengono alla Mente o all'uomo spirituale, quando egli ama se stesso e il mondo sopra ogni cosa; allora altresì sente piacere nei mali d’ogni genere, come negli adulteri, nelle frodi, nelle vendette, nelle bestemmie e in altre cose simili; e parimenti al­lora egli riconosce la natura come creatrice dell’Universo, e conferma ogni cosa col suo razionalo; e, dopo le confermazioni, o pervertisce, o soffoca, o respinge i beni e i veri del Cielo e della Chiesa, e finalmente o li fugge, o li avversa, o li ha in odio; e ciò nel suo spirito, ed an­che nel suo corpo, per quanto dal suo spirito egli osa parlare cogli altri senza timore di perdere la sua riputazione, da cui ritrae onore e lucro. Quando l’uomo è tale, egli chiude successivamente più e più strettamente la Mente spirituale; le confermazioni del male per i falsi la chiudono principalmente; indi è che il male e il falso confermati non si possono estirpare dopo la morte, estirpandosi solamente nel Mondo per la penitenza.

263. Ma affatto diverso è lo stato della Mente naturale, quando la Mente spirituale è aperta; allora la Mente naturale è disposta per ob­bedire alla Mente spirituale, ed è subordinata, poiché la Mente spirituale agisce dal superiore o dall’interiore nella Mente naturale e rimuove le cose che vi reagiscono, e adatta a sé quelle che agiscono in un modo simile con essa; quindi vien successivamente tolta la rea­zione prevalente. È d’uopo che sappiasi che nei massimi e nei minimi dell’universo, tanto vivi che morti, vi è azione e reazione, indi l’equilibrio di tutte lo cose: questo equilibrio è tolto, quando l’azione su­pera la reazione, e viceversa: la medesima cosa è della Mente naturale e della Mente spirituale; quando la Mente naturale agisce dietro i piaceri del suo amore e i diletti del suo pensiero, che in sé sono mali e falsi, la reazione della Mente naturale respinge le cose che sono della Mente spirituale, chiude le porte acciocché non entrino, e fa sì che l'azione si effettui dietro le cose che concordano con la sua reazione; così si fanno Fazione e la reazione della Mento naturale, le quali sono opposto all’azione e alla reazione della Mente spirituale; indi avviene la chiusura della Mente spirituale simile al ritorcimento d’una spirale. Invece se si apre la Mente spirituale, allora l’azione e la rea­zione della Mente naturale s’invertono; essendo che la Mente spiri­tuale agisce dal superiore o dall’interiore, e in pari tempo per le cose che nella Mente naturalo sono disposte per obbedirle dall’ inte­riore o dall’esteriore, e ritorce la spirale in cui vi è l’azione e la rea­zione della Mente naturale; conciossiachè questa mente, come è noto, è dalla nascita in opposizione colle cose che appartengono alla Mente spirituale; essa tiene ciò dai genitori per eredità. Tale è la mutazione di stato che chiamasi riformazione e rigenerazione. Lo stato della Mente naturale prima della riformazione si può paragonare ad una spi­rale che si torce o si piega in giù; ma dopo la riformazione si può paragonare ad una spirale che si torce o si volge in su; per la qual cosa l’uomo prima della riformazione riguarda in giù verso l’inferno, ma dopo la riformazione egli riguarda in su verso il Cielo.

 

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53. L’ORIGINE DEL MALE VIENE DALL’ABUSO DELLE FACOLTÀ CHE

SONO PROPRIE DELL’UOMO, E SI CHIAMANO RAZIONALITÀ E LIBERTÀ

 

264. Per la Razionalità s’intende la facoltà di comprendere i veri e quindi i falsi, e i beni e quindi i mali, e per la Libertà s’intende la facoltà di pensarli, volerli e farli liberamente. Da quel che precede si può vedere, e da quel che segue si vedrà ancor meglio, che questo due facoltà le ha ogni uomo dalla creazione e quindi dalla nascita; che esso derivano dal Signore; che non vengono tolte; che in virtù di esse vi è l’apparenza che l’uomo pensa, parla, vuole e agisce come da se stesso; che il Signore abita in queste facoltà presso ogni uomo; che l’uomo in virtù di questa congiunzione vive eternamente; che per esse, e non senza di esse, l’uomo si può riformare e rigenerare; e che per esse l’uomo si distingue dalle bestie.

265. Che l’origine del male venga dall’abuso di queste due facoltà, si dimostrerà nel seguente ordine: — I. L’uomo malvagio gode que­ste due facoltà come l’uomo buono. — II. L’uomo malvagio ne abusa per confermare i mali e i falsi, e l’uomo buono ne usa per confermare i beni e i veri. — III. I mali e i falsi confermati sopra l’uomo riman­gono e divengono cose del suo amore e quindi di sua vita. — IV. Le cose divenute cose dell’amore e della vita si trasmettono alla prole. — V. Tutti i mali, tanto i mali trasmessi dai genitori, quanto i mali sopraggiunti, riseggono nella mente naturale.

266. I. L’uomo malvagio gode queste due facoltà come l’uomo buono. — Che la Mente naturale si possa, in quanto all’intelletto, elevare fino alla luce in cui sono gli angeli del terzo Cielo, e vedere i veri, riconoscerli e poi parlarne, si è dimostrato nell’Articolo pre­cedente: egli è dunque evidente che, potendo la Mente naturale ele­varsi così, l’uomo malvagio gode, come l’uomo buono, quella fa­coltà che si chiama Razionalità: e poiché la Mente naturale, si può cotanto elevare, ne segue che il malvagio può anche pensare i veri e parlarne. Che poi egli possa volerli e farli, sebbene non li voglia e non li faccia, questo l’attestano la ragione e l’esperienza; la Ragione: Chi è che non possa volere e fare le cose che pensa? Se egli non vuole e non fa, gli è perché non ama volerle né farle: Che egli possa volere e fare è la Libertà, la quale ogni uomo ha dal Signore; ma che egli non voglia e non faccia il bene, quando lo può, questo viene dall’amore del male che vi si oppone, a cui ciò non ostante egli può resistere, ed alcuni anche resistono. L'Esperienza: Questo è stato nel Mondo spirituale confermato alcune volte; ho udito dogli spiriti malvagi, che interiormente erano diavoli, e che nel Mondo avevano rigettato i veri del Cielo e della Chiesa; finché l’affezione di sapere, in cui è ogni uomo dall’infanzia, era eccitata in loro per la gloria che circonda ogni amore come uno splendore di fuoco, essi percepivano gli arcani della Sapienza angelica così bene, come gli spiriti buoni che interiormente erano angeli; anzi quegli spiriti diabolici dicevano che per verità essi potevano volere e fare secondo i veri, ma che non vo­levano; essendo stato loro detto che si vogliono i veri, purché si fuggano i mali come peccati; essi risposero che potevano anche questo, ma che non volevano: da ciò io ho visto chiaramente che i mal­vagi al pari dei buoni hanno la facoltà che chiamasi Libertà. Che ognuno si consulti ed ei troverà che è così: Se l’uomo può volere, è perché il Signore, da Cui viene questa facoltà, gli dà continuamente di potere; essendo che, come si è detto più sopra, il Signore abita presso ogni uomo in queste due facoltà, per conseguenza nella facoltà o nella potenza di poter volere. Quanto a quel che concerne la facoltà di comprendere, che chiamasi Razionalità, essa non esiste appo l’uomo prima che la sua mente naturale sia pervenuta alla sua età; prima di questo tempo essa è come un seme in un frutto immaturo, il qual seme non si può aprire nella terra e crescere in arboscello: questa fa­coltà non esiste appo coloro di cui si è parlato più sopra, n. 259.

267. II. L'uomo malvagio abusa di queste due facoltà per confermare i mali e i falsi, e l'uomo buono ne usa per confermare i beni e i veri. — Dalla facoltà intellettuale che chiamasi Razionalità, e dalla facoltà volontaria che si chiama Libertà l’uomo deriva il potere di confermare tutto quel che vuole; infatti l’uomo naturale può elevare il suo intelletto in una luce superiore, fin dove desidera, ma chi è nei mali e quindi nei falsi non l’eleva al di là della regione più alta di sua mente naturale, e di rado alla regione dì sua mente spirituale; la ragione si è che egli è nei piaceri di sua mente naturale, e se lo eleva al disopra di questa mente, il piacere del suo amore perisce : se egli elevasi più alto e vede i veri opposti ai piaceri di sua vita, o ai principi della sua propria intelligenza, allora, o falsifica quei veri, o passa oltre e li lascia per disprezzo, o li ritiene nella memoria, affinché servano di mezzi all'amore di sua vita o al fasto della sua pro­pria intelligenza. Che l’uomo naturale possa confermare tutto quel che vuole, si vede ben chiaramente da tante eresie nel Mondo Cristiano, ciascuna delle quali è confermata dai suoi partigiani. Chi non sa che si possono confermare i mali e i falsi d’ogni genere? Si può confermare, ed anche i malvagi confermano appo sé, che non c’è Dio; che la natura è tutto, e che essa si è creata da se stessa; che la reli­gione è solamente un mezzo per tenere gli animi semplici nei legami; che la prudenza umana fa tutto, e che la Divina Provvidenza non fa che mantenere l’Universo nell’ordine in cui è stato creato; che gli omi­cidi, gli adulteri, i furti, le frodi e le vendette sono cose lecite, se­condo Macchiavello e i suoi seguaci. L’uomo naturale può confermare queste proposizioni e più altre simili, anzi egli può riempire dei libri di confermazioni, e quando i falsi sono confermati, essi appaiono nella loro fatua luce, e i veri in una tale ombra, che non si possono ve­dere che come fantasmi nella notte: in una parola, prendi ciò che vi ha di più falso, formalo in proposizione e di’ ad un uomo ingegnoso: conferma questo; ed egli lo confermerà fino alla completa estinzione della luco del vero; ma elimina le confermazioni, rientra in te, e con­sidera la stessa proposizione in virtù della tua razionalità, e tu ne ve­drai il falso nella sua deformità. Donde emerge ad evidenza che l’uomo può abusare di quelle due facoltà, che gli vengono dal Signore, per confermare i mali e i falsi d’ogni genere. Questo non lo può fare nes­suna bestia, perché essa non gode quelle due facoltà; per la qual cosa la bestia, allatto diversamente dall’uomo, nasce in tutto l’ordine di sua vita, e in tutta la scienza del suo amore naturale.

268. III. I mali e i falsi confermati appo l'uomo rimangono, e di­vengono cose del suo amore e della sua vita. — Le confermazioni del male e del falso non sono altro che rimozioni del bene e del vero, e, se crescono, sono reiezioni, poiché il male rimuove e rigetta il bene, e il falso rimuove e rigetta il vero. Quindi le confermazioni del male e del falso chiudono anche il Cielo; essendo che ogni bene e ogni vero influiscono dal Signore per il Cielo; e quando il Cielo è chiuso, allora l’uomo è nell’inferno e vi è in una società dove regnano un male e un falso simili, da cui poi non si può liberare. Mi fu dato di parlare con alcuni spiriti che, or sono secoli, avevano confermato appo se stessi i falsi della loro religione, ed io vidi che essi riman­gono nei medesimi falsi nei quali furono nel Mondo; la ragione si è che tutte le cose che l’uomo conforma appo sé divengono cose del suo amore e della sua vita; esse divengono cose del suo amore, perché divengono coso della volontà e dell’intelletto, e la volontà e l’in­telletto fanno la vita di ognuno; e quando divengono cose della vita dell’uomo, divengono coso non solo di tutta la sua monto, ma anche di tutto il suo corpo: indi è evidente che l’uomo che si è confermato nel male e nel falso è tale dalla testa fino ai piedi, e quando egli è tale tutto quanto, non si può per alcuna inversione o ritorcimento ri­durre nello stato opposto, né per conseguenza ritirare dall’inferno. Da queste spiegazioni e da quelle che precedono in questo articolo si può vedere donde viene l’origine del male.

269. IV. Le cose divenute cose dell'amore e della vita si trasmet­tono alla prole. — Si sa che l’uomo nasce nel male, e che egli tiene ciò dai suoi genitori come retaggio; e taluni credono che non sia dai genitori, ma da Adamo per mezzo dei genitori; ma questo è un er­rore. Egli lo tiene da suo padre, da cui ha l’anima, e l’anima si ri­veste del corpo appo la madre. Infatti il seme che viene dal padre è il primo ricettacolo della vita, ma tal ricettacolo quale era appo il padre, poiché è nella forma dell’amore di lui, e l’amore di ognuno nei massimi e nei minimi è simile a sé medesimo, e vi è in esso un conato alla forma umana, nella quale anche viene successivamente, indi ne consegue che i mali che chiamasi ereditari vengono dai padri, cosi dagli avi e dagli atavi, derivati successivamente nei discendenti. Questo è pur quel che insegna l’esperienza; infatti vi è quanto alle affezioni somiglianza delle nazioni col loro primo padre, e maggiormente somi­glianza delle famiglie, e vi è più ancora somiglianza delle case; ed anzi, tale somiglianza che le generazioni si distinguono non solo dagli animi, ma anche dalle facce. Tuttavia, in seguito, quando si tratterà della rispondenza della mente o della volontà e dell’intelletto col corpo e con le membra e gli organi di esso, se ne dirà di più sopra questa trasmissione dell’amore del male dei genitori nella prole. Il poco che qui si è addotto è solamente perché si sappia che i mali derivano successivamente dai genitori, e che per le accumulazioni d’uno dopo l’altro s’accrescono a segno, che l’uomo dalla nascita non è che male; e che la malignità del male aumenta secondo il grado di oc­clusione della Mente spirituale, poiché cosi la Mente naturale si chiude anche dall’alto; e che non c’è ristabilimento nei posteri se non quando in virtù del Signore essi fuggono i mali come peccati; così e non altrimenti s’apre la Mente spirituale, e per questo la Mento naturale si riduce nella forma corrispondente.

270. V. Tutti i mali e quindi tutti i falsi, tanto i mali trasmessi dai genitori, quanto i mali sopraggiunti, riseggono nella Mente na­turale. — Se i mali e quindi i falsi riseggono nella mente naturale, si è perché questa mente è nella forma o immagine il Mondo; dovechè la Mente spirituale è nella forma o immagine il Cielo; e nel Cielo non può essere ospitato il male; per la qual cosa la Mente spirituale non è aperta dalla nascita, ma è solamente in potenza per potersi aprire; la Mente naturale deriva anche in parte la sua forma dalle sostanze del Mondo naturale, ma la Mente spirituale de­riva solamente dalle sostanze del Mondo spirituale la sua forma, che viene dal Signore conservata nella sua integrità, affinché l’uomo possa divenire uomo; poiché egli nasce animale e diviene uomo. La Mente naturale con tutto quel che a lei s’attiene è volta in curve da destra a sinistra; e la Mente spirituale in curve (in gyros) da sini­stra a destra; così queste Menti sono in senso contrario l’una rispetto all’altra; indizio che il male risiede nella Mente naturale, e che da sé agisce contro la Mente spirituale; la circongirazione da destra a sinistra è volta in giù, così verso l’inferno; ma la circongirazione da sinistra a destra è volta in su, così verso il Cielo; che sia così l’ho visto io chiaramente da questa esperienza: Un cattivo spirito non può girare il suo corpo da sinistra a destra, ma lo può girare da destra  a sinistra; dovechè uno spirito buono può girare difficilmente il suo corpo da destra a sinistra, ma facilmente da sinistra a destra; la cir­congirazione segue il flusso degli interiori che s’attengono alla mente.

 

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54. I MALI E I FALSI IN OGNI OPPOSTO SONO CONTRO I BENI E I VERI,

PERCHÉ I MALI E I FALSI SONO DIABOLICI ED INFERNALI,

E I BENI E I VERI SONO DIVINI E CELESTI

 

271. Che i mali e i beni siano opposti, come pure il falso del male e il vero del bene, ognuno lo riconosce tosto che l’ode dire; ma siccome coloro che sono nel male non sentono e quindi non percepi­scono altrimenti se non che il male è il bene, perciocché il male ral­legra i loro sensi, principalmente la vista e l’udito, e quindi rallegra anche i pensieri, e per conseguenza le percezioni; perciò essi ricono­scono, è vero, che il male e il bene sono opposti, ma siccome sono nel male, dal piacere del male dicono che il male è il bene, e che il bene è il male. Valga questo esempio: Chi abusa della sua libertà por pensare e fare il male, quegli chiama ciò libertà, e il suo op­posto, che è di pensare il bene che in sé è il bene, lo chiama schiavitù, quantunque questo sia veramente la libertà e quello la schiavitù. Chi ama gli adulteri chiama libertà l’adulterare, e il divieto di com­mettere adulterio lo chiama schiavitù, poiché ei sente il piacere nella lascivia, e un dispiacere nella castità. Chi dall’amore di sé è nell’amore di dominare sente in questo amore il piacere della vita, che supera tutti gli altri piaceri (fogni genere, quindi egli chiama bene tutto quel che appartiene a questo amore, e proclama male tutto quel che gli è contrario, sebbene sia tutto l’opposto. La mede­sima cosa è d’ogni altro male; perciò sebbene ognuno riconosca che il male e il bene sono opposti, pur tuttavia coloro che sono nei mali nu­trono di questa opposizione un’idea contraria: e soltanto coloro che sono nei beni ne hanno un’idea giusta: nessuno finché è nel male può vedere il bene; ma chi è nel bene può vedere il male, il male è nel basso come in una caverna, il bene è in alto come sopra un monte.

272. Ora poiché molti ignorano quale è il male, e che esso è in­teramente opposto al bene, e nondimeno importa che si sappia, per­ciò questo soggetto vuol essere discusso nel seguente ordine: — I. La mente naturale, che è nei mali e quindi nei falsi, è la forma e l’im­magine dell’inferno. — IL La mente naturale, che è la forma e l’im­magine dell’inferno, discende per tre gradi. — III. I tre gradi della mente naturale, che è la forma e l’immagine dell’inferno, sono opposti ai tre gradi della mente spirituale, che è la forma e l’immagine del Cielo. — IV. La mente naturale, che è l’inferno, è in ogni opposto contro la mente spirituale che è il Cielo.

273. I. La Mente naturale, che è nei mali e quindi nei falsi, è la forma e l’immagine dell’inferno. — Qui non si può descrivere quale è la Mente naturale nella sua forma sostanziale appo l’uomo, o quale essa è nella sua forma tessuta di sostanze dell'uno e dell’altro mondo nei cervelli, dove essa Mente nei suoi primi risiede; in seguito si darà un’idea universale di quella forma, quando si tratterà della rispondenza della mente e del corpo. Qui si vuol dire solamente qualcosa della sua forma quanto agli stati e alle loro mutazioni, per le quali si presentano le percezioni, i pensieri, le intenzioni, le volontà e le cose che si attengono ad esse, poiché la Mente na­turale che è nei mali e quindi nei falsi è, quanto a quelle cose, la forma e l’immagine dell’inferno. Questa forma suppone una forma so­stanziale come soggetto, essendo che le mutazioni degli stati non pos­sono esistere senza una forma sostanziale che ne sia il soggetto, as­solutamente come la vista non può esistere senza l’occhio, né l’udito senza l’orecchio. Così, quanto a quel che concerne la forma o l’im­magine per la quale la Mente naturale assomiglia all’inferno, quella forma e quella immagine sono tali: L’amore regnante con le sue con­cupiscenze, che è lo stato universale di questa mente, è come nell’inferno il diavolo; e i pensieri del falso che originano da quell’amore sono come la turba del diavolo; per il diavolo e la sua turba neppure s’intende altro nella Parola. Gli è parimenti la medesima cosa, poiché nell’inferno l’amore di dominare dall’amore di sé è l’amore regnante. Là questo amore si chiama il diavolo, e le affezioni del falso coi pensieri che originano da questo amore, si chiamano la sua turba. La medesima cosa è in ogni società dell’inferno, con le diffe­renze quali sono le differenze specifiche di ciascun genere. In una forma simile è anche la Mente naturale, che è nei mali e quindi nei falsi. Perciò anche l’uomo naturale che è tale viene dopo la morte in una società dell’inferno simile a sé medesimo, e allora in tutte e nelle singole cose fa uno con essa; conseguentemente egli viene nella sua forma, cioè negli stati della sua mente. Vi è ancora un altro amore che si chiama Satana, subordinato al primo amore che chiamasi dia­volo. Quell’amore è l’amore di possedere i beni degli altri con un qualunque artifizio; le malizie ingegnose e le astuzie sono la sua turba. Coloro che sono in questo inferno si chiamano generalmente satani, e quelli che sono nel primo si chiamano generalmente diavoli; e là, coloro che non agiscono clandestinamente, non rifiutano il loro nome; indi è che gli inferni in complesso si chiamano diavolo e sa­tana. Se i due inferni sono distinti in genere secondo questi due amori, è perché tutti i Cieli sono distinti in due Regni, il Celeste e lo Spirituale, secondo i due amori; e per opposizione, l’inferno diabo­lico corrisponde al Regno celeste, e l’inferno satanico al Regno spi­rituale. Che i Cieli siano distinti in due Regni, il celeste e lo spiri­tuale, si vede nel “Trattato Del Cielo e Dell’inferno” n. 20 a 28. Se la Mente naturale, che è tale, è nella forma un inferno, si è perché ogni forma spirituale nei massimi e nei minimi è simile a se mede­sima; donde risulta che ogni angelo è un Cielo nella forma più pic­cola, come parimenti è stato dimostrato nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, n. 51 a 58; donde risulta ancora che ogni uomo o spirito, che è un diavolo o un satana, è un inferno nella forma più piccola.

274. II. La Mente naturale, che è la forma e l’immagine del­l’inferno, discende per tre gradi. — Che nei massimi e nei minimi di tutte le cose vi siano i gradi di due generi, che si chiamano gradi di altezza e gradi di larghezza, si vede più sopra, n. 222 a 229; così la Mente naturale ha parimenti questi gradi nei suoi massimi e nei suoi minimi: qui s’intendono i gradi di altezza. La Mente natu­rale, in virtù di quelle due facoltà che si chiamano Razionalità e Li­bertà, è in quello stato che può salire per i tre gradi, c discendere per i tre gradi; essa sale in virtù dei beni e dei veri, e discende in forza dei mali e dei falsi; e finché sale, i gradi inferiori che tendono verso l’inferno si chiudono, e finché discende, si chiudono i gradi superiori che tendono verso il Cielo; e la ragione si è perché sono in reazione. Quei tre gradi superiori ed inferiori non sono né aperti né chiusi nell’uomo nato di recente, poiché allora egli è nell’ignoranza del bene e del vero, nonché del male e del falso; ma secondo che si mette negli uni e negli altri, i gradi si aprono e si chiudono o da una parte o dall’altra. Quando si aprono verso l’inferno l’amore regnante che appartiene alla volontà ottiene il posto supremo o intimo; il pensiero del falso che appartiene all’intelletto dietro quello amore ottiene il secondo posto, o posto medio, ed il conclusimi dell’amore per il pensiero, o della volontà per l’intelletto ottiene l’infimo posto. È ancora qui la medesima cosa coi gradi di altezza, di cui si è trattato precedentemente, dacché essi sono in ordine come il fine, la causa e l’effetto, o come il fine primo, il fine medio e il fine ul­timo. La discesa di questi gradi è verso il corpo, quindi nella discesa s’ingrossano e divengono materiali e corporei. Se i veri desunti dalla Parola sono ammessi nel secondo grado per formarlo, allora dal primo grado, che è l’amore del male, quei veri vengono falsificati, e diven­gono servi e schiavi: da questo si può vedere quel che divengono i veri della Chiesa desunti dalla Parola appo coloro che .sono nell’amore del male, o la cui mente naturale è nella forma dell’inferno, da che, servendo al diavolo come mezzi, essi vengono profanati; cosicché l’amore del male regnante nella Mente naturale, che è l’inferno, è il diavolo, come si è detto più sopra.

275. III. I tre gradi della Mente naturale, che è la forma e l'im­magine dell’inferno, sono opposti ai tre gradi della Mente spirituale, che è la forma e l’immagine del Cielo. — Che vi siano tre gradi della Mente che si chiamano naturale, spirituale e celeste, e che la Mente umana consistente in questi tre gradi guardi e si volga verso il Cielo, si è dimostrato più sopra; indi si può vedere che la Mente naturale, quando guarda in giù e si volge verso l’inferno, consiste parimenti di tre gradi, e che ognuno dei suoi gradi è opposto a un grado della Mente che è il Cielo. Che sia così, mi è divenuto evidente da quel che ho visto nel Mondo spirituale, cioè, che vi sono tre Cieli, e che essi sono distinti secondo i tre gradi di altezza; che vi sono tre inferni, e che essi sono parimenti distinti secondo i tre gradi di altezza o di profondità; e che in tutte e nelle singole cose gli in­ferni sono opposti ai Cieli; e che l’inferno più basso è opposto al Cielo supremo, l’inferno medio al Cielo medio, e l’inferno più elevato all’ultimo Cielo. La medesima cosa è della Mente naturale che è nella forma dell’inferno, cosicché le forme spirituali nei massimi e nei minimi sono simili a se medesime. Se i Cieli e gli inferni sono così negli opposti, si è perché i loro amori sono parimenti opposti. L’amore verso il Signore e quindi l’amore per il prossimo fanno il grado in­timo nei Cieli, mentre l’amore di sé e l’amore del mondo fanno il grado intimo negli inferni; la sapienza e l’intelligenza dai loro amori fanno il grado medio nei Cieli, mentre che la stoltezza e l’insania, che appaiono come sapienza e intelligenza, fanno dai loro amori il grado medio negli inferni; e i risultati (conclusa) dei loro due gradi che vengono o riposti nella memoria come scienze, o determinati in atti nel corpo, fanno l’ultimo grado nei Cieli; i risultati (conclusa) dei loro due gradi che divengono o scienze o atti, fanno il grado estimo negli inferni. Come i beni e i veri del Cielo si mutano negli inferni in mali e in falsi, per conseguenza nell’opposto, si può vedere da questa espe­rienza: Io udii che un Divino Vero era defluito dal Cielo nell’inferno, e udii ancora che quel vero nel tragitto, discendendo, era stato convertito in falso, così nel più profondo inferno nel falso interamente opposto; da ciò ho veduto chiaramente che gli inferni secondo i gradi sono nell’op­posto rispetto ai Cieli quanto a tutti i beni e a tutti i veri, e che i beni e i veri vi divengono mali e falsi per l’influsso nelle forme ri­volte in senso contrario; poiché è noto che tutto quel che in­fluisce si percepisce e si sente secondo le forme che ricevono e se­condo il loro stato. Che i beni e i veri si mutino in opposti, è dive­nuto per me evidente anche da questa esperienza. Mi è stato dato di vedere gli inferni nella loro situazione rispettivamente ai Cieli, e co­loro che vi erano apparivano capovolti, col capo in giù e i piedi in su; ma mi fu detto che nonostante fra loro essi si vedono dritti sui piedi; il che si può paragonare agli antipodi. Da questi insegnamenti dell’esperienza si può vedere che i tre gradi della Mente naturale, che in forma ed in immagine è un inferno, sono opposti ai tre gradi della Mente spirituale che in forma ed in immagine è un Cielo.

276. IV. La Mente naturale, che è l'inferno, è in tutto opposta contro la Mente spirituale che è il Cielo. — Quando gli amori sono opposti, tutte le cose che appartengono alla percezione divengono op­poste; essendo che dall’amore che fa la vita stessa dell’uomo derivano tutte le altre cose, come rivi dalla loro sorgente; le cose che non ne derivano si separano nella Mente naturale da quelle che ne deri­vano; quelle che provengono dal suo amore regnante sono nel mezzo, e le altre sono ai lati. Queste, se sono veri della Chiesa desunti dalla Parola, vengono eliminati lontano dal mezzo, ai lati, e finalmente cac­ciati, e allora l’uomo o la Mente naturale percepisce il male come bene, e vede il falso come vero, e viceversa; perciò egli crede la malizia sapienza, la pazzia intelligenza, l’astuzia prudenza, gli artifizi, ingegno; ed allora parimenti egli non fa alcun conto dei Divini e dei Celesti, che pertengono alla Chiesa ed al culto, e stima moltissimo le cose corporali e mondane: così egli inverte lo stato di sua vita, in guisa che quel che appartiene al capo lo mette alla pianta dei piedi e lo calpesta, e quel che appartiene alla pianta dei piedi lo mette al capo: per conseguenza l’uomo da vivo diviene morto: si dice vivo l’uomo la cui mente è un Cielo, e morto colui la cui mente è un inferno.

 

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55. TUTTE LE COSE CHE SI ATTENGONO AI TRE GRADI DELLA MENTE NATURALE

 SONO INCLUSE NELLE OPERE CHE SI FANNO PER GLI ATTI DEL CORPO

 

277. Per la scienza dei gradi che si è esposta in questa Parte è disvelato questo arcano, che tutte le cose della mente, o della volontà e dell’intelletto dell’uomo, sono nei suoi atti o nelle sue opere incluse quasi come nel seme, nel frutto o nell’ovo le cose che si vedono e quelle che non si vedono; gli stessi atti o le opere non appaiono altrimenti che come quelle cose negli esterni; ma ciò nondimeno ne­gl’interni ve ne sono delle innumerevoli, perocché vi sono le forze delle fibre motrici di tutto il corpo che concorrono, e vi sono tutte le cose della mente che eccitano e determinano quelle forze, le quali sono di tre gradi, come si è dimostrato più sopra; e poiché vi sono tutte le cose della mente, vi sono tutte quelle della volontà o tutte le affezioni dell’amore dell’uomo, che costituiscono il primo grado; vi sono tutte quelle dell’intelletto, o tutti i pensieri della sua percezione, che formano il secondo grado; e vi sono tutte quelle della memoria, o tutte le idee del pensiero che è prossimo al linguaggio, donde sono desunte, le quali presentano il terzo grado; da tutte queste cose de­terminate in atti esistono le opere, nelle quali, viste nella forma esterna, non appaiono gli anteriori, i quali ciò non ostante vi sono in attua­lità. Che l’ultimo sia il complesso, il contenente e la base degli an­teriori, si vede più sopra, n. 209 a 216: e che i gradi di altezza nel loro ultimo siano nel pieno, si vede n. 217 a 221.

278. Se gli atti del corpo, riguardati dall’occhio, appaiono così semplici ed uniformi come nella forma esterna i semi, i frutti, gli ovi, e come le noci e le mandorle nel guscio, e pur nondimeno contengono in sé tutti gl’interiori da cui provengono, si è perché ogni ultimo è inviluppato e perciò distinto dagli anteriori; ogni grado parimenti è ricoperto da un involucro, e per ciò distinto da un altro grado: per questa cagione le cose che sono del primo grado non sono conosciute dal secondo grado, e quelle che sono di questo grado non sono cono­sciute dal terzo; così per esempio: L’amore della volontà, che è il primo grado della mente, non è conosciuto nella sapienza dell’intelletto, che è il secondo grado della mente, che per un certo piacere del pensiero della cosa; il primo grado che, come si è detto, è l’amore della vo­lontà, non è conosciuto nella scienza della memoria, che è il terzo grado, che per un certo diletto di sapere e di parlare. Donde segue che l’opera, che è l’atto del corpo, include tutte queste cose, sebbene nella forma esterna apparisca semplice come uno.

279. Ciò è confermato da questo fatto, che gli angeli che sono presso l’uomo percepiscono una ad una le cose che dalla mente sono nell’atto; gli angeli spirituali quelle che vi sono dall’intelletto, e gli angeli ce­lesti quelle che vi sono dalla volontà: questo pare come un paradosso, ma ciò nonostante è vero. Se non che bisogna sapere che le coso della mente, che spettano all’oggetto proposto o presente, sono nel mezzo, e le altre all’intorno secondo le affinità. Gli angeli dicono che da ogni singola opera si percepisce l’uomo quale egli è, ma in una so­miglianza del suo amore, la quale varia secondo le determinazioni di esso amore nelle affezioni e quindi nei pensieri. In una parola, ogni atto e ogni opera dell’uomo spirituale dinanzi agli angeli è come un frutto saporoso, utile e bello, che, aperto e mangiato, dà sapore, uso e delizie. Che gli angeli abbiano tale percezione degli atti e delle opere dell’uomo, si vede anche più sopra, n. 220.

280. La medesima cosa è della favella dell’uomo; gli angeli dal suono della favella conoscono l’amore dell’uomo; dall'articolazione del suono la sua sapienza, e dal senso delle parole la sua scienza; e di più dicono che queste tre cose sono in ogni vocabolo, perché il vocabolo è il conclusimi; poiché in esso vi è il suono, l’articolazione e il senso. Mi è stato detto dagli angeli del terzo Cielo, che da ogni vo­cabolo d’un uomo che parla in serie, essi percepiscono lo stato co­mune del suo animo, ed anche alcuni stati particolari. Che in ogni vo­cabolo della Parola vi sia uno spirituale che appartiene alla Divina Sapienza, e un Celeste che appartiene al Divino Amore, e che questo spirituale e questo celeste siano percepiti dagli angeli, quando la Parola si legge santamente dall’uomo, è stato dimostrato in molti luo­ghi nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrit­tura.

281. Da quel che precede si trae l’illazione, che nelle opere del­l’uomo, la cui mento naturale discende per tre gradi nell’ inferno, vi sono tutti i suoi mali e tutti i suoi falsi del male; e che nelle opere dell’uomo, la cui mente naturale ascende nel Cielo, vi sono tutti i suoi beni e tutti i suoi veri; e che tutti questi beni e veri, e tutti questi mali e falsi gli angeli li percepiscono da una sola parola e da una sola azione dell’uomo. Indi è che dicesi nella Parola che l’uomo sarà giudicato secondo le opere sue; e che egli renderà conto delle sue parole.

 

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LA SAPIENZA ANGELICA

SUL DIVINO AMORE

 

 

 

PARTE QUARTA

 

 

 

56. IL SIGNORE ab aeterno, CHE È JEHOVAH, HA CREATO DA SÉ MEDESIMO,

E NON DAL NULLA, L’UNIVERSO E TUTTE LE COSE DELL’UNIVERSO

 

282. È noto sopra tutta la terra, e in virtù della percezione inte­riore è riconosciuto da ogni uomo savio, che vi è un solo Dio, che è il Creatore dell’universo; e si sa dalla Parola che Dio Creatore del­l’Universo si chiama Jehovah, da Essere, perché Solo È. Che il Si­gnore ab aeterno sia questo Jehovah, è stato dimostrato in molti luo­ghi nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sul Signore. Il Si­gnore ab aeterno si chiama Jehovah, perché Egli assunse l’Umano per salvare gli uomini dall’inferno; ed allora comandò ai Discepoli di chiamarlo Signore: perciò Jehovah nel Nuovo Testamento si chiama il Signore, come si può vedere da questo passo: «Amerai Jehovah iddio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta l'anima tua.» — Deut VI, 5; — e nel Nuovo Testamento: «Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l'anima tua» — Matt. XXII, 37. — Parimenti in altri passi presso gli Evangelisti presi dall’Antico Testa­mento.

283. Ogni uomo che pensa in virtù d’una sana ragione, vede che l’Universo non è stato creato dal nulla, perché vede che dal nulla non si può fare alcuna cosa; poiché il nulla è il nulla, e fare qualcosa dal nulla è contradittorio, e quel che è contradittorio è contro la luce del vero che procede dalla Divina Sapienza, e tutto quel che non viene dalla Divina Sapienza non viene dalla Divina On­nipotenza. Chiunque pensa in virtù d’una sana ragione vede che tutte le cose sono state create da una Sostanza, che è la Sostanza in Sé; essendo che questa è l’Essere stesso, da cui tutte le cose che sono pos­sono esistere; e poiché Dio solo è la Sostanza in Sé, e quindi l’Essere stesso, è evidente che l’esistenza delle cose non viene d’altra parte. Molti hanno visto ciò ; perché la ragione lo fa vedere, ma non hanno osato confirmarlo, temendo forse che così non venisse loro nel pen­siero che l’Universo creato è Dio, perché esso viene da Dio, o che la Natura è da se stessa, e che così l’intimo della natura è quel che si chiama Dio; da qui proviene che, sebbene molti abbiano visto che l’esistenza di tutte le cose non procede d’altra parte che da Dio e dall’Essere di Dio, pur tuttavia sopra questo punto non hanno osato andare al di là del primo pensiero per timore di non intricare il loro intelletto in un nodo così detto gordiano, donde poi non avrebbero potuto districarlo. Essi non avrebbero potuto districare il loro intelletto, perché pensavano di Dio e della creazione dell’universo da Dio dietro il tempo e lo spazio, che sono i propri della natura, e nessuno può dalla natura percepire Dio e la creazione dell’universo; ma ogni uomo, il cui intelletto è in qualche luce interiore, può percepire la natura e la crea­zione di essa da Dio, perché Dio non è nel tempo e nello spazio. Si è visto precedentemente che il Divino non è nello spazio, — n. 7 a 10. — Che il Divino riempie tutti gli spazi dell’universo senza spa­zio, —n. 69 a 72; — e che il Divino è in ogni tempo senza tempo; — n. 73 a 76. — In quel che segue si vedrà che, sebbene Dio ab­bia creato da Sé Medesimo l’universo e tutto quel che esso contiene, pur nondimeno non vi è nell’universo creato la minima cosa che sia Dio; oltre più altre proposizioni che metteranno questo soggetto nella sua luce.

284. Nella Prima Parte di questa Opera si è trattato di Dio, cioè che Egli è il Divino Amore e la Divina Sapienza, e che Egli è la Vita, ed inoltre che Egli è la Sostanza e la Forma, che sono l’Essere stesso ed Unico. Nella Seconda Parte si è trattato del Sole spirituale e del suo Mondo, del Sole naturale e del suo Mondo, e dimostrato che l’Universo con quanto in esso è contenuto è stato creato da Dio mediante l’uno e l’altro Sole. Nella Terza Parte si è trattato dei gradi in cui sono tutte e le singole cose che sono state create. Ora in questa Quarta Parte vuolsi trattare della Creazione dell’Universo da Dio. La ragione per cui si tratta di questi diversi soggetti si è die gli angeli si sono lamentati dinanzi al Signore, da che quando riguardano nel Mondo, non vedono che tenebre, e non trovano presso gli uomini relativamente a Dio, al Cielo ed alla Creazione della na­tura nulla della scienza sopra cui si appoggia la loro Sapienza.

 

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57. IL SIGNORE ab aeterno, O JEHOVAH, NON AVREBBE POTUTO CREARE

L’UNIVERSO E TUTTE LE COSE DELL’UNIVERSO, SE NON FOSSE UOMO

 

285. Coloro che hanno di Dio come Uomo una idea naturale e cor­porea non possono menomamente capire qualmente Dio, come Uomo, abbia potuto creare l'universo e tutte le cose dell’universo; conciossia­ché essi pensano in loro stessi: In che modo Dio, come Uomo, può percorrere l’universo da spazio in ispazio e creare? o: Come può egli dal luogo dove è dire una parola, e come, per una parola detta, le cose sono state create? Tali sono le questioni che, quando si dice che Dio è Uomo, cadono nelle idee appo coloro che pensano di Dio-Uomo come d’un uomo di questo Mondo, e questi pensano intorno a Dio dalla natura e dai propri di essa, che sono il tempo e lo spazio; coloro però che pensano di Dio-Uomo, non dall’uomo di questo Mondo e non dalla natura, né dallo spazio e dal tempo della natura, percepiscono chiaramente che l'universo non avrebbe potuto essere creato, se Dio non fosse Uomo. Metti il tuo pensiero in questa idea angelica intorno a Dio, che Egli è Uomo, ed allontana per quanto puoi l’idea dello spazio, e col pensiero ti approssimerai alla verità. Alcuni eruditi per­cepiscono anche che gli spiriti e gli angeli non sono nello spazio, perché essi percepiscono lo spirituale senza spazio; poiché è come il pensiero che, sebbene sia nell’uomo, ciò nondimeno 1’uomo per esso può esser come presente altrove, in qualsivoglia luogo anche remo­tissimo. Tale è lo stato degli Spiriti e degli angeli, i quali sono uo­mini anche in quanto ai loro corpi; essi appaiono nel luogo dove è il loro pensiero, perché gli spazi e le distanze nel Mondo spirituale sono apparenze e fanno una stessa cosa col pensiero proveniente dalla loro affezione. Dalle quali cose si può vedere che a Dio, — che appare come Sole lontano, al disopra del Mondo spirituale, e in Cui non può essere alcuna apparenza di spazio — non si deve pensare dietro lo spazio; e allora si può comprendere che Egli ha creato l'Universo, non dal nulla ma da Se stesso; come pure che il Suo Corpo Umano non si può figurare grande o piccolo, o di qualche statura, avvenga che anche questo è dello spazio; e quindi che Egli è Lo stesso nei primi e negli ultimi, nei massimi e nei minimi; e di più che l’Umano è l’intimo in ogni oggetto creato, ma senza spazio. Che il Divino sia il medesimo nei massimi e nei minimi, si vede più sopra, n. 77 a 82; e che il Divino empia tutti gli spazi senza spazio, si vede, n. 69 a 72; e poiché il Divino non è nello spazio, egli neppure è con­tinuo, come è l’intimo della natura.

286. Che Dio non avrebbe potuto creare l'Universo e tutte le cose dell’universo se non fosse Uomo, l’uomo intelligente può comprenderlo molto chiaramente da questo, che in sé medesimo egli non può ne­gare che vi siano in Dio l'Amore e la Sapienza, la Misericordia e La Clemenza, e che vi siano il Bene stesso e il Vero stesso, poiché tutto ciò procedo da Lui; e poiché non può negarlo, egli nemmeno può ne­gare che Dio sia Uomo, conciossiachè alcuna di queste cose può esi­stere separata dall’uomo, stantechè l’uomo è il loro soggetto, e se­pararle dal loro soggetto si è dire che non sono. Pensa alla sapienza, e ponila fuori dell’uomo, è forse qualcosa? Puoi tu concepirla come una specie di etere, o come una specie di fiamma? Tu nol puoi, tranne che tu non la ponga in quell’etere o in quella fiamma, e se ve la poni, sarà la sapienza in una forma quale ha l’uomo; essa sarà in tutta la forma dell’uomo, non può mancare una sola cosa affinché la sa­pienza vi sia; in una parola, la forma della sapienza è l’uomo; e poi­ché l’uomo è la forma della sapienza, egli è altresì la forma dell’a­more, della misericordia, della clemenza, del bene e del vero, perché queste cose fanno una stessa cosa con la sapienza. Che l’amore e la sapienza non possano esistere che in una forma, si vede più sopra, n. 40 a 43.

287. Che l’amore e la sapienza siano Uomo, si può anche vedere dagli angeli del Cielo, i quali per quanto sono dal Signore nell’amore e quindi nella sapienza, tanto sono uomini in bellezza. Parimenti si può vedere da questo, che nella Parola si dice di Adamo che egli fu creato a somiglianza e ad immagine di Dio — Gen. 1, 26, — perché egli fu creato nella forma dell’amore e della sapienza. Ogni uomo d’una terra nasce nella forma umana in quanto al corpo; e ciò perché il suo spirito, che chiamasi anche anima, è uomo; e questo spirito è uomo, perché è suscettibile di ricevere dal Signore l’amore e la sa­pienza, e per quanto lo spirito o 1’anima dell’uomo riceve, tanto di­viene uomo dopo la morte del corpo materiale che portava intorno a sé, e per quanto non riceve, tanto diviene un mostro, che tiene qualcosa dell’uomo a cagion della facoltà di ricevere.

288. Da che Dio è Uomo, tutto il Cielo angelico in complesso rap­presenta un sol Uomo; ed esso è distinto in regioni e provincie se­condo le membra, i visceri e gli organi dell’uomo; infatti vi sono delle società del Cielo che costituiscono le provincie di tutte le parti del cervello e di tutti gli organi della faccia, ed anche di tutti i visceri del corpo; e quelle provincie si distinguono fra loro addirittura come quelle parti nell’uomo; gli angeli infatti sanno in qual provincia del­l’Uomo essi sono. Tutto quanto il Cielo è in questa effigie, perché Dio è Uomo; e Dio è il Cielo, perché gli angeli che costituiscono il Cielo sono i recipienti dell’amore e della sapienza procedenti dal Si­gnore, e i recipienti sono immagini. Che il Cielo sia nella forma di tutte le parti dell’uomo, è stato dimostrato negli Arcani Celesti, alla fine di parecchi Capitoli.

289. Da queste spiegazioni si può vedere la vanità delle idee appo coloro che pensano di Dio altrimenti che d’un Uomo, e degli attri­buti Divini altrimenti da quel che siano in Dio come Uomo, poiché separati dall’Uomo sono puri esseri di ragione. Che Dio sia l’Uomo stesso, dal Quale ogni uomo è uomo secondo la ricezione dell’amore e della sapienza, si vede più sopra, n. 11, 12, 13: la medesima cosa si conferma qui in riguardo a quel che segue, affinché si percepisca la creazione dell’universo da Dio, perché è Uomo.

 

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58. IL SIGNORE ab aeterno O JEHOVAH HA PRODOTTO DA SÉ ME­DESIMO IL SOLE DEL MONDO SPIRITUALE,

E DA QUEL SOLE HA CREATO L’UNIVERSO E TUTTE LE COSE DELL’UNIVERSO

 

290. Nella Seconda Parte di quest’Opera si è trattato del Sole del Mondo spirituale, e vi è stato dimostrato quel che segue: — Che il Divino Amore e la Divina Sapienza appaiono nel Mondo spirituale come Sole, n. 83 a 88. Che da quel Sole procedono il Calore spirituale e la Luce spirituale, n. 89 a 92. Che quel Sole non è Dio, ma che è il Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza di Dio Uomo; e che la medesima cosa è del Calore e della Luce procedenti da quel Sole, n. 93 a 98. Che il Sole del Mondo spirituale è ad una altezza media, e appare distante dagli angeli, come il Sole del Mondo naturale appare distante dagli uomini, n. 103 a 107. Che nel Mondo spirituale l’oriente è dove appare il Signore come Sole, e che di là dipendono le altre plaghe, n. 119 a 123, 124 a 128. Che gli angeli volgono continuamente la loro faccia verso il Signore come Sole, n. 129 a 134, 135 a 139. Che il Signore ha creato l’Universo e tutte le cose dell’universo per mezzo di quel Sole, che è il primo Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza, n. 151 a 156. Che il Sole del Mondo naturale è puro fuoco, e che per conseguenza la natura, che trae la sua origine da questo Sole, è morta, e che il Sole del Mondo naturale è stato creato, affinché l’opera della crea­zione potesse essere compiuta e finita, n. 157 a 162. Che senza due Soli, l’uno vivo e l’altro morto, non c’è creazione, n. 163 a 166.

291. Fra le cose che sono state dimostrate nella Seconda Parte vi è anche questa, che quel Sole non è il Signore ma è il Proce­dente del Divino Amore e della Divina Sapienza del Signore. Si dice Procedente, perché quel Sole è stato prodotto dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza, che in se stessi sono la sostanza e la forma, e il Divino procede di là. Ma poiché la ragione umana è tale che essa non si riposa se non vede la cosa dalla sua causa, così eccetto che non percepisca anche il come, e qui come è stato prodotto il Sole del Mondo spirituale, che non è il Signore, ma procede dal Signore, perciò bisogna dirne anche qualcosa. Io ho conversato molto cogli angeli sopra questo soggetto; mi dissero che essi percepiscono ciò chiaramente nella loro luce spirituale, ma che difficilmente possono presentarlo dinanzi all’uomo nella sua luce naturale, perché vi è tanta differenza fra l’una e l’altra luce, e quindi fra i pensieri: mi dissero nonostante che ciò è simile alla sfera delle affezioni e quindi dei pen­sieri, che circonda ogni angelo, mediante la quale la sua presenza si manifesta ai vicini ed ai lontani; e che quella sfera ambiente non è l’angelo stesso, ma che essa proviene da tutte e dalle singole cose del suo corpo, da cui continuamente emanano sostanze come un fiume, e quelle che emanano si affollano continuamente intorno a lui; e che quelle sostanze contigue al suo corpo, messe continuamente in azione per le due sorgenti del movimento di sua vita, il cuore ed il polmone, eccitano le atmosfere nelle loro attività, e con ciò manifestano una percezione come della sua presenza presso altri; e che così non vi è un’altra sfera delle affezioni e dei pensieri, sebbene la si chiami così, che esca e continui, perché le affezioni sono meri stati di forme della mente in esso. Inoltre mi dissero che vi è una tale sfera intorno ad ogni angelo, perché essa è intorno al Signore, e che quella sfera intorno al Signore emani similmente da Lui, e che quella sfera è il loro Sole, o il Sole del Mondo spirituale.

292. Mi è stato dato molte volte di percepire che vi è una tale sfera intorno all’angelo e allo Spirito, ed ancora una sfera comune intorno a parecchi in società, e di più mi è stato dato di vederla sotto varie apparenze, talvolta nel Cielo sotto l’apparenza d’una leggiera fiamma, nell’inferno sotto l’apparenza d’un denso fuoco; e talvolta nel Cielo sotto l’apparenza d’una nuvola leggiera e candida, e nell’inferno sotto l’apparenza d’una nuvola densa e nera; e mi è stato ancora dato di percepire quelle sfere sotto varie specie di odori e fetori: donde io sono stato confermato che ognuno nel Cielo ed ognuno nell’inferno è circondato da una sfera consistente in sostanze sciolte e separate dal suo corpo.

293. Io ho eziandio percepito che una sfera emana non solamente dagli angeli e dagli spiriti, ma anche da tutte e dalle singole cose che appaiono in quel Mondo, come dagli alberi e dai loro frutti, dagli arbusti e dai loro frutti, dalle erbe e dalle gramigne, e persino dalle terre e da tutte le loro parti; da tutto ciò io ho visto chiaramente che, tanto in quel che è vivo, quanto in quel che è morto vi è questo Univer­sale, che ogni oggetto è circondato da alcunché di simile a quel che è in­teriormente in esso, e che questo emana continuamente da esso. Che la medesima cosa sia nel Mondo naturale, è noto dall’esperienza di molti eruditi; per esempio, che onde di effluvi emanino incessantemente dal­l’uomo e da ogni animale, come pure dall’albero, dal frutto, dall'arbu­sto, dal fiore, e persino dal metallo e dalla pietra. Il Mondo naturale deriva ciò dal Mondo spirituale, e il Mondo spirituale lo deriva da Dio.

294. Poiché le cose che costituiscono il Sole del Mondo spirituale procedono dal Signore, e non sono il Signore, esse perciò non hanno la vita in sé, ma sono prive della vita in sé; nello stesso modo che le cose che emanano dall’angelo e dall’uomo, e fanno la sfera intorno ad essi, non sono né l’angelo né l’uomo, ma ne provengono, prive della loro vita; esse non fanno uno coll’angelo e coll’uomo altrimenti che in quel che concordano, perché sono desunte dalle forme del loro corpo, le quali erano in essi le forme della loro vita. Questo è un arcano che gli angeli, mediante le loro idee spirituali, possono vedere col pensiero ed esprimere ancora colla favella, ma gli uomini non lo possono per mezzo delle loro idee naturali, perché mille idee spirituali fanno una sola idea naturale, e un’idea naturale non può essere risolta dall’uomo in una idea spirituale, meno poi in un numero tanto grande: la ragione si è perché le idee differiscono secondo i gradi di altezza, di cui si è trattato nella Terza Parte.

295. Che vi sia una tal differenza tra i pensieri degli angeli e quelli degli uomini, io ne ho avuto conoscenza per questa esperienza: Fu detto agli angeli di. pensare spiritualmente sopra qualcosa, e di dirmi poi quel che avevano pensato; quando ciò fu fatto ed essi vollero dirmelo, non poterono, dichiarando di non potere enunciarlo: il medesimo era con la loro lingua spirituale, e il medesimo colla loro scrittura spirituale; non v’era alcun vocabolo della lingua spirituale che fosse simile a un vocabolo della lingua naturale, né alcuna cosa della scrittura spirituale che fosse simile alla scrittura naturale, ec­cetto le lettere, di cui ognuna conteneva un senso intero. Ma, quel che è meraviglioso, essi mi dissero che loro pareva di pensare e scrivere nello stato spirituale, come l’uomo nello stato naturale, dovechè tuttavia non c’è nulla di simile: da ciò mi fu chiaramente ma­nifesto che il naturale e lo spirituale differiscono secondo i gradi di altezza, e che non comunicano fra loro che per le corrispondenze.

 

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59. NEL SIGNORE VI SONO TRE COSE CHE SONO IL SIGNORE, IL DI­VINO DELL’AMORE, IL DIVINO DELLA SAPIENZA,

E IL DIVINO DELL’USO, E QUESTE TRE SI PRESENTANO IN APPARENZA FUORI DEL SOLE DEL MONDO SPIRITUALE;

IL DIVINO DEL­L’AMORE PER IL CALORE, IL DIVINO DELLA SAPIENZA PER LA LUCE,

E IL DIVINO DELL’USO PER L’ATMOSFERA, CHE È IL CONTENENTE

 

296. Che dal Sole del Mondo spirituale proceda un calore e una luce, e che il calore proceda dal Divino Amore del Signore, e la luce dalla Sua Divina Sapienza, si vede più sopra n. 89 a 92, 99 a 102, 146 a 150. Qui ora si deve dire che la terza cosa che procede da quel Sole è un’atmosfera, che è il contenente del calore e della luce, e che quell’atmosfera procede dal Divino del Signore, il qual Divino si chiama Uso.

297. Chiunque pensa con qualche illustrazione può vedere che l’amore ha per fine e per intenzione l’uso, e che esso produce l’uso mediante la sapienza; poiché l’amore da sé non può produrre alcun uso, ma ne produce per mezzo della sapienza; ed inoltre che cosa è l’amore se non c’è un oggetto che sia amato? questo oggetto è l’uso; e poiché l’uso è quel che si ama, ed esso è prodotto dalla sapienza, ne segue che l’uso è il contenente della sapienza e dell’amore. Che questi tre, l’Amore, la Sapienza e l’Uso si seguano in ordine secondo i gradi di altezza, e che l’ultimo grado sia il complesso, il contenente e la base dei gradi precedenti, si è dimostrato n. 209 a 216, ed altrove. Da ciò si può vedere che queste tre cose, il Divino Amore, la Divina Sapienza e il Divino Uso, sono nel Signore, e che esse sono il Signore in essenza.

298. Che l’uomo, considerato in quanto ai suoi esteriori e in quanto ai suoi interiori, sia una forma di tutti gli usi, e che tutti gli usi nell’Universo creato corrispondano agli usi dell’uomo, questo sarà pie­namente dimostrato in seguito. Qui se ne vuol solamente far men­zione, affinché si sappia che Dio come Uomo è la Forma stessa di tutti gli usi, da cui traggono la loro origine tutti gli usi nell’universo croato; e che così l’Universo creato, considerato in quanto agli usi, è l’immagine di Dio-Uomo. Si chiamano usi le cose che, procedendo da Dio-Uomo, vale a dire dal Signore, sono dalla creazione nell’ordine; ma quelle che sono del proprio dell’uomo non si chiamano usi, stantechè questo proprio è l’inferno, e quelle cose sono contro l’ordine.

299. Ora, poiché questi tre, l’Amore, la Sapienza e l’Uso sono nel Signore e sono il Signore, e il Signore è dappertutto, poiché Egli è Onnipresente; e poiché il Signore non può mostrarsi presente qual’è in Se stesso, né qual’è nel Suo Sole, ad alcun angelo né ad alcun uomo, perciò egli si manifesta per cose che possono essere ri­cevute, e si manifesta in quanto all’Amore per il calore, in quanto alla Sapienza per la luce, e in quanto all’Uso per l’atmosfera. Se il Signore in quanto all’Uso si manifesta per l’atmosfera si è perché l’atmosfera è il contenente del calore e della luce, come l’uso è il contenente dell’amore e della sapienza; conciossiachè la luce e il ca­lore che procedono dal Divino Sole non possono procedere nel nulla, né per conseguenza nel vuoto; ma esse procedono in un contenente che è il soggetto; e questo contenente noi lo chiamiamo atmosfera; quest’atmosfera circonda il Sole, lo riceve nel suo seno e lo trasporta al Cielo, ove sono gli angeli, e quindi al Mondo, dove sono gli uomini, e così manifesta dappertutto la presenza del Signore.

300. Che nel Mondo spirituale vi siano egualmente delle atmosfere come nel Mondo naturale, è stato dimostrato più sopra, n. 173 a 178. 179 a 183; e si è detto che le atmosfere del Mondo spirituale sono spirituali, e le atmosfere del Mondo naturale sono naturali: ora dal­l’origine dell’atmosfera spirituale, che circonda più da vicino il Sole spirituale, si può vedere che ognuna delle sue parti è, nella sua es­senza, qual’è il Sole nella sua. Che sia così, gli angeli con le loro idee spirituali, che sono senza spazio, lo dichiarano per questo, che vi è una Sostanza unica, dalla quale provengono tutte le cose, e che il Sole del Mondo spirituale è questa Sostanza; e siccome il Divino non è nello spazio, ed è il medesimo nei massimi e nei minimi, così la stessa cosa è di quel Sole, che è il primo Procedente di Dio-Uomo; ed inoltre che quell’unica sostanza, che è il Sole, procedendo secondo i gradi continui o di larghezza, ed in pari tempo secondo i gradi di­screti o di altezza, mediante le atmosfere, presenta le varietà di tutte le cose nell’Universo creato. Gli angeli mi dissero che ciò non si può comprendere in nessun modo, eccetto che gli spazi non siano allon­tanati dall’idea, e che se non sono allontanati, è impossibile che le apparenze non inducano in illusioni; ciò nondimeno non vi si può essere indotti, quando si pensa che Dio è l’Essere stesso da Cui procedono tutte le cose.

301. Dall’idee angeliche, che sono senza spazio, egli è inoltre pie­namente evidente che nell’universo creato niente vive fuorché il Solo Dio-Uomo, cioè il Signore; che nulla si muove che per la vita che viene da Esso; e che nulla esiste che per il Sole procedente da Esso; che così è una verità che in Dio noi viviamo, ci moviamo e siamo.

 

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60. LE ATMOSFERE, CHE SONO TRE NELL’UNO E NELL’ALTRO MONDO,

SPIRITUALE E NATURALE, FINISCONO NEI LORO ULTIMI IN SOSTANZE

E IN MATERIE, QUALI SONO NELLE TERRE

 

302. Che nell’uno e nell’altro Mondo, lo spirituale e il naturale, vi siano tre atmosfere, che sono distinte fra loro secondo i gradi di altezza, e che decrescono secondo i gradi di larghezza, progredendo verso gli inferiori, si è dimostrato nella Terza Parte, n. 173 a 176; e poiché le atmosfere decrescono, progredendo verso gl’inferiori, ne segue che esse divengono continuamente più dense e più inerte, e finalmente negli ultimi talmente dense e inerte che non sono più atmosfere, ma sono sostanze di riposo, e nel Mondo naturale sostanze fisse, quali sono nelle terre, e chiamansi materie. Da questa origine delle sostanze e delle materie risulta: l.° Che queste sostanze e queste materie sono anche di tre gradi; 2.° Che esse sono contenute in un nesso fra loro dalle atmosfere ambienti; 3.° Che sono accomodate a produrre tutti gli usi nelle loro forme.

303. Che le sostanze o le materie quali sono nelle terre siano state prodotte dal Sole per mezzo delle sue atmosfere, questo non lo afferma forse chiunque pensa che vi sono delle perpetue mediazioni dal Primo agli Ultimi, e che nulla può esistere se non da un anteriore a sé, e finalmente da un Primo? e questo Primo è il Sole del Mondo spiri­tuale, e il Primo di quel Sole è Dio-Uomo, ossia il Signore. Ora sic­come le atmosfere sono gli anteriori, per i quali quel Sole si presenta negli ultimi, e siccome quegli anteriori decrescono continuamente in at­tività ed espansione fino agli ultimi, ne segue che, quando la loro attività ed espansione cessano negli ultimi, essi divengono sostanze e materie quali sono nelle terre; queste sostanze e queste materie ritengono in sé dalle atmosfere, da cui derivano la loro origine, uno sforzo e una tendenza a produrre degli usi. Coloro che non stabiliscono la creazione dell’universo e di tutte le cose dell’universo per continue mediazioni, cominciando dal Primo, non possono che fabbricar delle ipotesi senza coerenza e senza nesso con le loro cause, le quali ipotesi, quando ven­gono esaminate da una Mente che scruta le cose interiormente, appaiono, non come una casa, ma come un mucchio di macerie.

304. Da questa origine universale di tutte le cose nell’Universo creato, ogni essere trae parimenti di progredire dal suo primo ai suoi ultimi, che sono rispettivamente in uno stato di riposo, affine di ter­minarsi e sussistere: così vanno nel corpo umano le fibre, dalle loro prime forme fino a che divengono tendini; poi le fibre coi piccoli vasi dai loro primi fino a che divengano cartilagini ed ossa, sopra cui si riposano e sussistono. Siccome vi ha nell’uomo una tale progressione di fibre e di vasi dai primi agli ultimi, così v’ha una progressione simile dei loro stati; i loro stati sono le sensazioni, i pensieri e le affezioni; queste parimenti vanno dai loro primi, ove sono nella luce, fino agli ultimi, dove sono nell'ombra; o dai loro primi, ove sono nel calore, fino agli ultimi, dove non sono nel calore: e poiché tale è la loro progressione, tale è altresì la progressione dell’amore e di tutte le sue cose, ed anche della sapienza e di tutte le sue cose; in una parola, tale è la progressione di tutte le cose nell’universo creato. Vi è identità fra questo e quel che si è dimostrato più sopra, n. 222 a 229, cioè che i gradi di doppio genere sono nei massimi e nei minimi di tutte le cose che sono state create. Se i gradi dell’uno e dell’altro genere sono anche nei minimi di tutte le cose, si è perché il Sole spirituale è l’unica sostanza donde provengono tutte le cose, secondo le idee spirituali degli angeli; n. 300.

 

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61. NELLE SOSTANZE E NELLE MATERIE, DA CUI PROVENGONO LE TERRE,

NON VI È NULLA DEL DIVINO IN SÉ, MA NONOSTANTE ESSE PROCEDONO DAL DIVINO IN SÉ

 

305. Dall’origine delle terre, di cui si è trattato nell’articolo pre­cedente, si può vedere che nelle loro sostanze e materie non vi è nulla del Divino in sé, ma che esse sono prive d’ogni Divino in sé; conciossiachè sono, come si è detto, i fini e le terminazioni delle atmo­sfere, di cui il calore finisce in freddo, la luce in oscurità, e l’atti­vità in inerzia; ma nonostante per continuazione esse hanno preso dalla sostanza del Sole spirituale quel che vi veniva dal Divino, che, come si è detto più sopra, n. 291 a 298, era la sfera circondante Dio-Uomo o il Signore, dalla quale sfera, per continuazione dal Sole per mezzo delle atmosfere, sono uscite le sostanze e le materie di cui le terre sono formate.

306. L’origine delle terre dal Sole spirituale, per mezzo delle atmo­sfere, non si può descrivere altrimenti con parole che derivano dalle idee naturali, ma la si può altrimenti descrivere con parole che deri­vano da idee spirituali, perché queste idee sono senza spazio; e sic­come sono senza spazio non cadono in alcune delle parole della lingua naturale. Che i pensieri, le lingue e le scritture spirituali differiscano siffattamente dai pensieri, dalle lingue e dalle scritture naturali che non hanno fra loro nulla di comune, e che non comunichino che per le corrispondenze, si vede più sopra, n. 295: basta dunque che l’origine delle terre sia in qualche modo percepita naturalmente.

 

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62. TUTTI GLI USI, CHE SONO I FINI DELLA CREAZIONE, SONO IN FORME,

ED ESSI RICEVONO LE FORME DALLE SO­STANZE E DALLE MATERIE

QUALI SONO NELLE TERRE

 

307. Tutte le cose di cui si è parlato fin qui, per esempio, quelle concernenti il Sole, 1'Atmosfera e le Terre, sono solamente mezzi ai fini; i fini della creazione sono le cose che in virtù del Signore come Sole mediante le atmosfere vengono prodotte dalle terre, e questi fini si chiamano Usi; ed essi sono nella loro estensione tutte le cose del Regno vegetale, e tutte quelle del Regno animale, e finalmente il Genere Umano, e da esso il Cielo angelico. Queste cose si chiamano Usi, perché sono i recipienti del Divino Amore e della Divina Sa­pienza, ed anche perché riguardano a Dio Creatore a Quo (da Cui tutto procede), e per ciò Lo congiungono alla sua Grand’Opera, e per la congiunzione fanno che tutte le cose sussistano come esisterono da Lui. Si è detto che esse riguardano a Dio Creatore a Quo, e Lo con­giungono alla sua grand’Opera; ma ciò si è detto dietro l’apparenza; tuttavia s’intende che Dio Creatore fa che esse riguardino e si con­giungano quasi da se stesse; ma come riguardano e con ciò si con­giungono si dirà in seguito. Già se n’è detto precedentemente qualcosa in vari luoghi, per esempio, si è detto che il Divino Amore e la Divina Sapienza non possono altrimenti che essere ed esistere in altri creati da essi, n. 47 a 51. Che tutte le cose nell’universo creato sono recipienti del Divino Amore e della Divina Sapienza, n. 55 a 60. Che gli Usi di tutte le cose che sono state create ascendono per gradi fino all’uomo, e dall’uomo fino a Dio Creatore a Quo, n. 65 a 68.

308. Che i fini della creazione siano gli usi, chi non vede chiara­mente, quando pensa che da Dio Creatore non può esistere, né quindi essere creato altro che l’uso; ed affinché l’uso esista, esso deve essere per gli altri; e che l’uso per sé è anche uso per gli altri, poiché l’uso per sé si è d’essere in istato d’essere utile agli altri? Colui che pensa questo può anche pensare che l’uso, che è uso, non può esistere dall’uomo, ma esso esiste presso l’uomo da Colui, dal quale tutto quel che esiste è uso, così dal Signore.

309. Ma siccome qui si tratta delle forme degli usi, se ne parlerà nel seguente ordine: — I. Nelle terre vi è uno sforzo per produrre gli usi in forme, o le forme degli usi. — II. In tutte le forme degli usi vi è qualche immagine della creazione dell’universo. — III. In tutte le forme degli usi vi è qualche immagine dell’uomo. — IV. In tutte le forme degli usi vi è qualche immagine dell’infinito e dell’Eterno.

310. I. Che nelle terre vi sia uno sforzo di produrre gli usi in for­me, o le forme degli usi, — Che nelle terre vi sia questo sforzo, si vede dalla loro origine, da che le sostanze e le materie, da cui proven­gono le terre, sono i fini e le terminazioni delle atmosfere, che proce­dono dal Sole spirituale come usi, — vedasi più sopra, n. 305, 306; — e poiché le sostanze e le materie, da cui provengono le terre hanno questa origine, e i loro aggregamenti sono contenuti in un nesso dalla pressione delle atmosfere, ne segue che indi esse hanno un perpetuo sforzo di produrre forme di usi: questa qualità di poter produrre esse la traggono dalla loro origine, cioè, da che esse sono gli ultimi delle atmosfere, con le quali perciò concordano. Si dice che questo sforzo e questa qualità sono nelle terre, ma s’intende che sono in quelle sostanze e in quelle materie da cui provengono le terre, vuoi che siano nelle terre, vuoi che, esalate dalle terre, siano nelle atmosfere: che le atmosfere siano piene di tali sostanze, è noto. Che vi sia un tale sforzo e una tale qualità nelle sostanze e nelle materie delle terre, si vede manifestamente da questo, che i semi d’ogni genere, aperti per mezzo del calore fino al loro intimo, s’impregnano di sostanze sotti­lissime, che non possono essere che d’un’origine spirituale, e per ciò sono in potenza di congiungersi all’uso, donde risulta il loro prolifico, ed allora per la congiunzione con le materie d’origine naturale possono produrre forme di usi, poi metterle fuori come da un utero, affinché vengano anche alla luce, e così germoglino e crescano. Questo sforzo è poi continuo dalle terre per la radice fino agli ultimi, e dagli ultimi ai primi, in cui l’uso stesso è nella sua origine: così gli usi passano nelle forme; e le forme tengono dall’uso, che è come l’anima, che nella progressione dai primi agli ultimi e dagli ultimi ai primi tutte e le singole loro parti siano di qualche uso: si è detto che l’uso è come 1’anima, perché la forma di esso è come il corpo. Che vi sia uno sforzo ancora più interiore, che è lo sforzo di produrre gli usi per germinazione per il Regno animale, ne segue anche, che gli animali d’ogni genere se ne nutrano. Che vi sia ancora in esse un intimo sforzo, che è lo sforzo per compiere un uso per il Genere Umano, ne segue anche: Tutto ciò risulta, l.° Da che sono gli ultimi, e negli ultimi sono insieme nel loro ordine tutti gli anteriori, secondo quel che varie volte si è dimostrato più sopra. 2.° Da che i gradi dell’uno e dell’altro genere sono nei massimi e nei minimi di tutte le cose, come si è anche più sopra dimostrato, n. 222 a 229; parimenti in quello sforzo. 3.° Da che tutti gli usi vengono prodotti dal Signore dagli ultimi; perciò negli ultimi deve essere uno sforzo per gli usi.

311. Ma non pertanto tutti quegli sforzi non sono vivi, perocché sono gli sforzi delle forze ultime della vita, dalle quali forze, in virtù della vita da cui provengono, vi è finalmente, per mezzi offerti, una tendenza a ritornare alla loro origine: le atmosfere negli ultimi divengono tali forze per le quali le sostanze e le materie, quali sono nelle terre, vengono attuate in forme e contenute nelle forme tanto dal di entro quanto dal di fuori. Non è qui il luogo di dimostrare questo soggetto con maggiori spiegazioni, perché esso è d’una vasta estensione.

312. La prima produzione uscita da queste terre, quando esse erano ancora recenti e nella loro semplicità, fu la produzione dei semi; il primo sforzo in esse non potè essere altro.

313. II. Che in tutte le forme degli usi vi sia qualche immagine della creazione. — Le forme degli usi sono di tre generi. Le forme degli usi del Regno minerale, le forme degli usi del Regno vegetale e le forme degli usi del Regno animale. Le forme degli usi del Regno minerale non si possono descrivere, perché non appaiono alla vista; le prime forme sono le sostanze e le materie, da cui provengono le terre, nei loro minimi; le seconde forme sono le aggregazioni di essi minimi, aggregazioni che sono d’una varietà infinita; le terze forme provengono da vegetabili caduti in polvere, e da animali morti, dalle loro evaporazioni ed esalazioni continue, le quali si aggiungono alle terre e ne fanno l'humus. Queste forme dei tre gradi del Regno mi­nerale rappresentano in immagine la creazione, da che, messe in azione dal Sole per mezzo delle atmosfere, e per mezzo del loro calore e della loro luce, esse producono in forme gli usi, che sono stati i fini della creazione: questa immagine della creazione sta nascosta nei loro sforzi, di cui si è parlato, n. 310.

314. Nelle forme degli usi del Regno vegetale l’immagine della creazione appare in questo, che esse procedono dai loro primi ai loro ultimi, e dai loro ultimi ai loro primi; i loro primi sono i semi, e i loro ultimi sono gli steli coperti di scorza; e per la scorza, che è l’ultimo degli steli, esse tendono ai semi che, come si è detto, sono i loro primi. Gli steli coperti di scorza rappresentano il Globo coperto di terre, dalle quali esiste la creazione e la formazione di tutti gli usi. Che le vegetazioni si facciano per le scorze, per le filiri e per le tuniche, facendo sforzo per gli involucri delle radici conti­nuati intorno agli steli ed ai rami ai cominciamenti dei frutti, e si­milmente per i frutti ai semi, questo è noto a molti. L’immagine della creazione nelle forme degli usi si manifesta nella progressione della loro formazione dai primi agli ultimi, e dagli ultimi ai primi; ed anche in questo, che in ogni progressione vi ha il fine di produrre i frutti e i semi, che sono gli usi. Dalle predette cose è evidente che la progressione della creazione dell’Universo è stata dal suo Primo, che è il Signore circondato dal Sole, verso gli ultimi, che sono le terre, e da queste per gli usi verso il Primo o il Signore; e che i fini di tutta la creazione sono stati gli usi.

315. È d’uopo sapere che il calore, la luce e le atmosfere del Mondo naturale non contribuiscono affatto nulla a questa immagine della creazione, ma solamente vi contribuiscono il calore, la luce e le atmosfere del Mondo spirituale; queste portano con sé quella imma­gine, ed esso l’introducono nelle forme degli usi del Regno vegetale. Il calore, la luce e le atmosfere del Mondo naturale aprono solamente i semi, tengono le produzioni di essi nell’espansione e v’introducono le materie che le fissano; non però per le forze procedenti dal loro Sole, che considerate in se stesse sono nulle, ma per le forze pro­cedenti dal Sole spirituale, dalle quali sono perpetuamente spinte a quelle produzioni; ma non contribuiscono menomamente a dar loro l’immagine della creazione: infatti l’immagine della creazione è spi­rituale, ma affinché apparisca e faccia gli usi nel Mondo naturale, e sia fissa e durevole, essa dev’essere unita alla materia (materiata) cioè guarnita di materie di questo Mondo.

316. Nelle forme degli usi del Regno animale vi è una simile im­magine della creazione, per esempio, in questo, che dal seme deposto nell’utero o nell’uovo si forma il corpo, che n’è l’ultimo, e da che questo, quando è divenuto grande, produce nuovi semi. Questa pro­gressione è simile alla progressione delle forme degli usi del Regno vegetale; i semi sono i rudimenti, l’utero o l’uovo è come la terra, lo stato prima del parto è come lo stato del seme nella terra, quando mette le radici, lo stato dopo il parto fino alla prolificazione è come la germinazione dell’albero fino al suo stato di fruttificazione. Da que­sto parallelismo è evidente che come vi è una somiglianza della crea­zione nelle forme dei vegetabili, ve ne è parimenti nelle forme degli animali, vale a dire che vi è una progressione dai primi agli ultimi, e dagli ultimi ai primi. Una simile immagine della creazione esiste nelle singole cose che sono nell’uomo, stantechè vi è una simile pro­gressione dell’amore per la sapienza all’uso, per conseguenza una si­mile progressione della volontà per l’intelletto all’atto, e una simile progressione della carità per la fede alle opere; la volontà e l’intel­letto, come pure la carità e la fede, sono i primi ex quibus; gli atti e le opere sono gli ultimi ; da questi per i piaceri degli usi si fa il ritorno ai loro primi, che, come si è detto, sono la volontà e l’intelletto, o la carità e la fede; che il ritorno si faccia per i piaceri degli usi, si vede manifestamente dai piaceri percepiti degli atti e delle opere, che appartengono ad ogni amore, da che rifluiscono al primo dell’amore a quo (da cui procedono), e da che per ciò v’ha congiunzione; i pia­ceri degli atti e delle opere sono i piaceri che si chiamano Usi. Una simile progressione dai primi agli ultimi, e dagli ultimi ai primi esi­ste nelle forme più puramente organiche delle affezioni e dei pensieri appo l’uomo; nei suoi cervelli quelle forme sono come stelle; esse chiamansi sostanze grigie (cineritiae); da quelle sostanze escono delle fibre per la sostanza midollare a traverso il collo nel corpo, le quali vi vanno fino agli ultimi, e dagli ultimi ritornano ai loro primi; il ritorno delle fibre ai loro primi si fa per i vasi sanguigni. Vi è una simile progressione di tutte le affezioni e di tutti i pensieri, che sono le mutazioni e variazioni di stato di quelle forme e sostanze; per­ciocché le fibre, uscendo da quelle forme o sostanze, sono, per com­parazione, come le atmosfere procedenti dal Sole spirituale, che sono i contenenti del calore e della luce; e gli atti procedenti dal corpo sono come le cose che vengono prodotte dalle terre per le atmosfere, e di cui i piaceri degli usi ritornano all’origine donde procedono. Ma che vi sia una tale progressione di queste cose, e che in questa pro­gressione vi sia un’immagine della creazione, difficilmente può esser compreso con pieno intelletto, e ciò perché le migliaia e le miriadi di forze che operano nell’atto appaiono, come uno, e perché i pia­ceri degli usi non presentano idee nel pensiero, ma affettano sola­mente, senza una distinta percezione. Vedasi sopra questo soggetto quel che si è detto e dimostrato precedentemente, per esempio: che gli usi di tutte le cose che sono state create ascendono per i gradi di altezza fino all’uomo, e per l’uomo fino a Dio Creatore a quo (da Cui tutto procede), n. 65 a 68; e che negli ultimi esistono i fini della creazione, che è, che tutte le cose ritornino al Creatore e che vi sia congiunzione, n. 167 a 172. Ma questo si presenterà in una luce più chiara nella Parte seguente, dove si tratterà della rispondenza della volontà e dell’intelletto col cuore e col polmone.

317. III. In tutte le forme degli usi vi è qualche immagine del­l’uomo. — Questo si è dimostrato più sopra, n. 61 a 64. Che tutti gli usi, dai primi agli ultimi e dagli ultimi ai primi, abbiano relazione a tutte le cose dell’uomo e rispondenza con esse, e quindi che l’uomo sia un universo in una certa immagine, e che reciprocamente l’uni­verso, considerato in quanto agli usi, sia un uomo in immagine, si vedrà nel seguente Articolo.

318. IV. In tutte le forme degli usi vi è qualche immagine del­l’Infinito e dell’Eterno. — L’immagine dell’infinito in quelle forme si manifesta chiaramente dallo sforzo e la potenza d’empire gli spazi di tutto il globo e di più globi, all’infinito; infatti da un seme vien prodotto un albero, un arbusto od una pianta, che riempie il suo spa­zio; da ogni albero, arbusto o pianta vengono prodotti dei semi, da alcuni a migliaia, che, seminati e germinati, empiono il loro spazio; e se da ognuno dei loro semi uscissero altrettanti nuovi prodotti, che si riproducessero di nuovo e di nuovo, in un certo numero di anni il globo intiero ne sarebbe ripieno, e se le produzioni continuassero ancora se ne empirebbero più globi, e ciò all’Infinito; conta da un sol seme migliaia di semi, e moltiplica le migliaia per le migliaia, dieci volte, venti volte, cento volte, e tu vedrai. L’immagine dell’Eterno è parimenti ancora in quelle forme; i semi si propagano d’anno in anno, e le propagazioni non cessano mai; esse non sono mai cessate dalla creazione del Mondo fino ad ora, e neppure cesseranno durante l’eternità. Queste due cose sono indizi eminenti e segni certi attestanti che tutto l’Uni­verso è stato creato da un Dio Infinito ed Eterno. Oltre queste im­magini dell’infinito e dell’Eterno, vi è ancora un’immagine dell’infinito e dell’Eterno nelle varietà, da che non è mai possibile che nell’Universo creato vi sia una sostanza, uno stato o un oggetto che sia il medesimo che un altro o identico con un altro, non nelle atmosfere, non nelle terre, non nelle forme che ne derivano la loro origine, né per conseguenza fra tutti gli oggetti che empiono l’universo può esser prodotto durante l’eternità una cosa che sia la medesima che un’altra. Ciò si vede chiarissimamente nella varietà delle facce di tutti gli uomini, da che non ve ne è pur una sopra tutta la terra, e da che durante l’eternità non ve ne può esser neppur una che sia la mede­sima che un’altra, né per conseguenza un animo, il cui tipo è la fac­cia, che sia il medesimo che un altro.

 

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63. TUTTE LE COSE DELL’UNIVERSO CREATO, CONSIDERATE DAGLI USI,

RAPPRESENTANO IN IMMAGINE L’UOMO; E CIÒ ATTE­STA CHE DIO È UOMO

 

319. L’uomo fu dagli antichi chiamato Microcosmo, perché esso rappresenta il Macrocosmo, che è l’Universo in tutto il complesso: ma oggi non si sa perché l’uomo fu chiamato così dagli antichi, essendo che tutto quel che dell’ Universo appare in lui è solamente che dal Regno animale e dal Regno vegetale di esso universo egli si nutrisce e vive in quanto al corpo; che dal suo calore è tenuto in istato di vivere, che per la sua luce egli vede, e che per le sue atmo­sfere ode e respira: ma questo non fa che l’uomo sia un Microcosmo, come l'universo con tutto quel che lo costituisce è il Macrocosmo. Se gli antichi chiamarono l’uomo Microcosmo o piccolo Universo, essi attinsero ciò dalla Scienza delle rispondenze, in cui furono gli an­tichissimi, e dalla comunicazione cogli angeli del Cielo; avvenga che dagli oggetti visibili intorno a loro gli angeli del Cielo sanno che tutte le cose dell’Universo, considerate in quanto agli usi, rappresentano in immagine l'uomo.

320. Ma che l’uomo sia un Microcosmo o piccolo universo, per ciò che 1’ Universo creato, considerato in quanto agli usi, è in immagine l’Uomo, non può venire nel pensiero, né quindi nella scienza di nes­suno, dietro l’idea dell’universo considerato nel Mondo naturale; laonde ciò non può esser confermato che dall’angelo che è nel Mondo spiri­tuale, o da qualcuno cui sia dato d’essere in quel Mondo e di vedere le cose che vi sono; ciò essendomi stato dato, io posso rivelar que­sto arcano da quel che vi ho veduto.

321. Bisogna sapere che il Mondo spirituale all’apparenza esterna è affatto simile al Mondo naturale; vi appaiono terre, monti, colli, valli, pianure, campi, laghi, fiumi, fontane, come nel Mondo naturale, così tutte le cose che appartengono al Regno minerale: vi appaiono ancora paradisi, giardini, boschi, foreste, in cui sono alberi ed arbu­sti d’ogni genere con frutti e semi, come pure piante, fiori, erbe e luoghi erbosi, così tutte le cose che sono del Regno vegetale : vi appaiono animali, volatili e pesci d’ogni genere, così tutte le cose che sono del Regno animale: l’uomo vi è angelo e Spirito. Questo si è premesso, affinché si sappia che l’Universo del Mondo spirituale è del tutto simile all’ Universo del Mondo naturale, con la sola differenza che le cose che sono là non sono né fisse, né stabili, come quelle che sono nel Mondo naturale, perché là nulla è naturale, ma tutto è spi­rituale.

322. Che l’Universo del Mondo spirituale rappresenti in immagine l'uomo, si può vedere chiaramente da questo, che tutte le cose di cui si è parlato testé, n. 321, appaiono al vivo ed esistono intorno all’angelo e intorno alle società angeliche, come prodotte o create da essi, e rimangono intorno ad essi e non se ne allontanano: che esse siano come prodotte o create da essi, si vede da questo che, quando l’angelo se ne va, o quando la società passa altrove, esso non appaiono più; ed anche da questo che, quando altri angeli vengono al loro posto, la faccia di tutte le cose intorno ad essi si muta; si mutano i giardini paradisiaci in quanto agli alberi e ai frutti, le aiuole di fiori, quanto alle rose ed ai semi, la campagna, quanto alle erbe ed alle gramigne; e si mutano ancora le specie di animali e di volatili. Se tali cose esistono e variano così, si è perché tutte quelle cose esistono secondo le affezioni e quindi secondo i pensieri degli angeli poiché sono corrispondenze, e poiché le cose che corrispondono fanno una stessa cosa con quello a cui corrispondono, perciò ne sono un’im­magine rappresentativa. L’immagine stessa non appare quando tutte quelle cose si considerano nelle loro forme, ma appare quando si con­siderano negli usi. Mi è stato dato di vedere che gli angeli, quando i ' loro occhi erano aperti dal Signore ed essi vedevano quelle cose dalla corrispondenza degli usi, riconoscevano e vedevano se medesimi in esse.

323. Ora, poiché le cose che esistono intorno agli angeli secondo le loro affezioni e i loro pensieri rappresentano una specie d’Universo, da che esse sono terre, vegetabili ed animali, e fanno un’immagine rappresentativa dell’angelo, si vede chiaro perché gli Antichi chiama­rono l’uomo Microcosmo.

324. Che sia così, è stato confermato in molti luoghi negli Arcani Celesti, ed ancora nel Trattato del Cielo e Dell’inferno, ed altresì in varii luoghi in quel che precede, dove si è trattato delle Corri­spondenze: ivi eziandio si è mostrato che non vi è nulla nell’universo creato che non abbia rispondenza con qualcosa dell’uomo, non solamente con le sue affezioni e quindi co’suoi pensieri, ma anche cogli organi e coi visceri del suo corpo, non con essi come sostanze, ma con essi come usi. Indi è che nella Parola, quando si tratta della Chiesa e dell’uomo della Chiesa, si fa tante volte menzione di alberi, come di olivi, viti e cedri, nonché di giardini, di boschi e di foreste, ed altresì di animali della terra, d’uccelli del cielo e di pesci del mare: vi si fa menzione di queste cose perché corrispondono, e perché fanno uno per rispondenza, come si è detto; si è anche perciò che, quando tali cose si leggono dall’uomo nella Parola, gli angeli non le percepiscono, ma in luogo di quelle percepiscono la Chiesa, o gli uomini della Chiesa, quanto ai loro stati.

325. Siccome tutte le cose dell’universo rappresentano in immagine l’uomo, Adamo quanto alla sapienza e all’intelligenza è descritto per il giardino di Eden, dove erano alberi d’ogni genere, ed anche dei fiumi, la pietra preziosa e l’oro, nonché degli animali, a cui egli dette i nomi; per tutte queste cose s’intendono quelle che erano appo lui e facevano quel che si chiama uomo. In Ezechiel, — XXXI, 3 a 9 — si dicono cose quasi simili di Assirio, per il quale vien significata la Chiesa in quanto alla intelligenza; e di Tiro, per cui vien signifi­cata la Chiesa in quanto alle conoscenze del bene e del vero. — Ezechiel XXVIII, 12, 13.

326. Da queste spiegazioni si può vedere che tutte le cose dell’Uni­verso, considerate dagli usi, rappresentano in immagine l’uomo, e ciò attesta che Dio è Uomo; essendo che le cose testé menzionate esistono intorno all’uomo-angelo, non dall’angelo ma dal Signore per l’angelo; infatti esse esistono in virtù dell’influsso del Divino Amore e della Divina Sapienza del Signore nell’angelo, che n’è il recipiente, e dinanzi ai suoi occhi si produce come una creazione dell’universo; da questo gli angeli conoscono che Dio è Uomo e che l’Universo creato è in quanto agli usi l’immagine di Dio.

 

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64. TUTTE LE COSE CHE SONO STATE CREATE DAL SIGNORE SONO USI;

ED ESSE SONO USI IN QUELL’ORDINE, GRADO E RISPETTO SECONDO CHE

SI RIFERISCONO ALL’UOMO, E PER L’UOMO AL SIGNORE a quo

 

327. Si è detto più sopra intorno a questo soggetto che da Dio Creatore non può esistere altro che l’uso, n. 308; che gli usi di tutte le cose che sono state create ascendono per gradi dagli ultimi sino all’Uomo, e dall’uomo sino a Dio Creatore a quo (da cui tutto pro­cede) n. 65 a 68; che negli ultimi esiste il fine della Creazione, che è che tutte le cose ritornino a Dio Creatore, e che vi sia congiun­zione, n. 167 a 172; che le cose sono usi in quanto riguardano Dio Creatore, n. 307; che il Divino non può altrimenti che essere ed esistere in altri creati da Esso, n. 47 a 51, che tutte le cose del­l’universo sono recipienti secondo gli usi, e ciò secondo i gradi, n. 58; che l’universo considerato dagli usi è l’immagine di Dio, n. 59; oltre più altre cose, donde risulta evidentemente questa verità, che tutte le cose che sono state create dal Signore sono usi, e che esse sono usi in quell’ordine, grado e rispetto secondo che si riferiscono all’uomo, e per l’uomo al Signore a quo. Rimane qui a dire qualcosa in par­ticolare intorno agli usi.

328. Per l’uomo a cui si riferiscono gli usi s’intende, non solamente l’uomo ma anche una radunanza d’uomini, una società più piccola, una società più grande, come una repubblica, un regno, un impero, ed altresì la grandissima Società che è il mondo intero; questi e quelle sono un Uomo: la medesima cosa è nei Cieli; tutto il Cielo al cospetto del Signore è come un sol uomo, parimenti ogni società del Cielo, donde risulta che ogni angelo è uomo; che sia così, si vede nel trattato del Cielo e Dell’inferno, n. 68 a 103. Donde chiaro emerge quel che s’intende per l’uomo in quel che segue.

329. Dal fine della Creazione dell’universo si può vedere che cosa sono gli usi: Il fine della creazione dell’universo è che esista il Cielo angelico; e poiché il Cielo angelico è il fine, l’uomo o il Genere Umano lo è parimenti, avvenga che di esso si compone il Cielo; indi segue che tutte le cose che sono state create sono fini medi, e che questi fini sono usi in quell’ordine, grado e rapporto secondo che si riferiscono all’uomo e per l’uomo al Signore.

330. Poiché il fine della creazione è il Cielo angelico composto del Genere Umano, per conseguenza il Genere Umano, perciò i fini medi sono tutte le altre cose che sono state create, le quali, referendosi all’uomo, riguardano queste tre cose di lui, il suo Corpo, il suo Ra­zionale ed il suo Spirituale per la congiunzione col Signore: infatti l’uomo non si può congiungere al Signore se egli non è spirituale; ed egli non può essere spirituale se non è razionale; e non può essere razionale se il corpo non è in uno stato sano; queste tre cose sono come una casa, il Corpo è come il fondamento, il Razionale è come la casa costruitavi sopra, lo Spirituale è come le cose che sono nella casa, la congiunzione col Signore è come l'abitazione. Quindi chiaro appare in qual ordine, grado e rispetto gli Usi, che sono i fini medi della Creazione, si riferiscono all’uomo, cioè, per sostenere il suo Corpo, per perfezionare il suo Razionale, e per ricevere dal Signore lo Spi­rituale.

331. Gli Usi per sostenere il corpo si riferiscono al suo nutrimento e vestimento, alla sua abitazione e ricreazione, al suo divertimento, alla sua difesa e conservazione dello stato. Gli Usi creati per il nu­trimento del corpo sono tutte le cose del Regno vegetale che concer­nono il mangiare e il bere, come frutti, uve, semi, legumi ed erbe; e tutte quelle del Regno animale che si mangiano, come buoi, vacche, vitelli, cervi, pecore, capretti, capre, agnelli, ed il latte che se ne ri­trae; come pure uccelli e pesci di molte specie. Gli usi creati per il vestimento del corpo sono parimenti molte cose di questi due Regni; similmente gli usi per l’abitazione, ed anche per la ricreazione ed il divertimento, la difesa e la conservazione dello stato; le quali cose non si enumerano, perché sono conosciute, e quindi la loro enumera­zione empirebbe solamente delle pagine. Vi sono molte cose, è vero, che non sono utili all’uomo; tuttavia però le cose superflue non tol­gono l’uso, ma fanno che gli usi persistano. Vi è anche l’abuso degli usi, ma l’abuso non toglie l’uso, come la falsificazione del vero non toglie il vero, eccetto solamente presso coloro che fanno la falsifi­cazione.

332. Gli Usi per perfezionare il Razionale sono tutte le cose che insegnano quello di cui si è testé parlato, e che si chiamano scienze e studi, i quali si riferiscono alle cose naturali, economiche, civili e morali, che si attingono, sia dai genitori e dai maestri, sia dai libri, sia dal commercio cogli altri, sia da se stesso per mezzo di riflessioni. Queste cose perfezionano il razionale in quanto sono usi in un grado superiore, e rimangono in quanto vengono applicate alla vita. Enu­merare questi usi sarebbe inutile, tanto per cagion del loro gran numero, quanto per il loro vario rapporto al bene comune.

333. Gli Usi per ricevere dal Signore lo Spirituale, sono tutte le cose che pertengono alla Religione e quindi al culto, cosi quelle che insegnano la riconoscenza e la conoscenza di Dio, la conoscenza e la riconoscenza del bene e del vero, e per conseguenza la vita eterna; queste cose, al pari dell’istruzioni, si attingono dai genitori, dai mae­stri, dalle predicazioni e dai libri, e principalmente per lo studio di conformarvi la propria vita; nel Mondo Cristiano s’imparano per le dottrine e le predicazioni desunte dalla Parola, e per mezzo della Parola dal Signore. Questi usi nella loro estensione possono essere descritti per le medesime cose con le quali lo sono stati gli usi del corpo; come per il nutrimento, il vestimento, l’abitazione, la ricrea­zione e il divertimento, la difesa e la conservazione dello stato, purché siano applicate all’anima; il nutrimento ai beni dell’amore, il vesti­mento al veri della sapienza, l’abitazione al cielo, la ricreazione e il divertimento alla felicità della vita ed al gaudio celeste, la difesa ai mali che infestano, e la conservazione dello stato alla vita eterna. Tutte queste cose vengono date dal Signore, secondo che si riconosce che tutte quelle che s’attengono al corpo vengono parimenti dal Si­gnore, e che l’uomo è solamente come un servo o un ministro eco­nomo costituito sopra i beni del suo Signore.

334. Che queste cose siano date all’uomo per usufruirne, e che siano doni gratuiti, è manifestamente evidente dallo stato degli angeli nei Cieli; gli angeli hanno un corpo, un razionale e uno spiri­tuale, come gli uomini della terra; essi sono nutriti gratuitamente, essendo che ogni giorno vien loro dato del cibo; sono vestiti gratuita­mente, perocché gli vengon dati dei vestimenti; hanno l’abitazione gratis, perché vengono date loro delle case; essi neppure hanno alcuna sollecitudine per tutte queste cose, e per quanto sono razionali-spirituali, tanto essi, hanno diletto, difesa e conservazione dello stato. La differenza è che gli angeli vedono che quelle cose vengono dal Si­gnore, perché vengono create secondo lo stato del loro amore e della loro sapienza, come si è dimostrato nel precedente Articolo, n. 322, e che gli uomini non lo vedono, perché esse ritornano ogni anno, ed esistono, non secondo lo stato del loro amore e della loro sapienza ma secondo le loro cure.

335. Sebbene si dica che (le predette cose) sono usi, perché per l’uomo si riferiscono al Signore, tuttavia non si può dire che gli usi vengono dall’uomo per il Signore, ma essi vengono dal Signore per l’uomo, perché tutti gli usi sono infinitamente uno nel Signore, e non ve n’è alcuno nell’uomo se non dal Signore; infatti l’uomo non può fare il bene da se stesso, ma bensì in virtù del Signore; il bene è quel che si chiama uso. L’essenza dell’amore spirituale è di far del bene agli altri, non per sé ma per loro; infinitamente più l’essenza del Divino Amore. Questo è simile all’amore dei genitori verso i figli, da che per amore essi fanno loro del bene, non per se stessi ma per loro; ciò si manifesta chiaramente nell’amore d’una madre verso i suoi figli. Si crede che il Signore, perché si deve adorare, rendergli un culto e glorificarlo, ami l’adorazione, il culto e la gloria per sé; ma Egli l’Ama per l’uomo, perché l’uomo per questo viene in uno stato in cui il Divino può influire ed essere percepito, essendo che per questo l’uomo allontana il proprio che impedisce l’influsso e la ricezione; in­fatti il proprio, che è l’amore di sé, indurisce il cuore e lo chiude; ciò vien rimosso per la riconoscenza che da se stesso non si fa altro che il male, e che dal Signore non si la che il bene; quindi l’intenerimento del cuore e l’umiliazione, da cui deriva l’adorazione e il culto. Da queste spiegazioni segue che gli usi che il Signore fa a Sé Medesimo per l’uomo, sono affine che l’uomo dall’amore possa fare il bene, e poiché questo è l’amore del Signore, la ricezione è il piacere del Suo Amore. Non si creda adunque che il Signore sia presso coloro che L’adorano solamente, ma si creda che Egli è presso quelli che fanno i suoi comandamenti, per conseguenza gli usi; presso questi Egli fa la sua di­mora, ma non presso quelli. — Vedasi anche quel che si è detto intorno a questo soggetto più sopra, n; 47, 48, 49.

 

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65. I CATTIVI USI NON SONO STATI CREATI DAL SIGNORE
MA SONO NATI IN UNO CON L’INFERNO

 

336. Tutti i beni che esistono in atto si chiamano Usi, e tutti i mali che esistono in atto si chiamano anche Usi, ma questi si chiamano Usi cattivi, e quelli Usi buoni Ora poiché tutti i beni vengono dal Signore, e tutti i mali dall'inferno, ne segue che non vi sono che i buoni usi che siano stati creati dal Signore, e che gli usi cattivi sono nati dall’inferno. Per gli usi, di cui si tratta specialmente in que­sto Articolo, s’intendono tutte le cose che appaiono sulla terra, come gli animali d’ogni genere, e i vegetabili d’ogni genere; gli ani­mali e i vegetabili che fanno un uso per l’uomo vengono dal Signore, e quelli che recano danno all’uomo vengono dall’inferno. Parimenti per gli usi che vengono dal Signore s’intendono tutte le cose che perfe­zionano il Razionale dell’uomo, e che fanno che l’uomo riceva lo Spi­rituale dal Signore; ma per gli usi cattivi s’intendono tutte quelle che distruggono il Razionale e fanno che l’uomo non possa divenire spiri­tuale. Se le cose che recano danno all’uomo si chiamano usi, si è perché esse sono utili ai malvagi per malfare, e contribuiscono anche ad assorbire le malignità, per conseguenza ancora sono come rimedi: si dice uso nell’uno e nell’altro senso, come si dice amore; per esempio, amore buono e amore cattivo, e l’amore chiama uso tutto quel che si fa da lui.

337. Che i buoni usi vengano dal Signore, e che i cattivi usi ven­gano dall’inferno, sarà dimostrato in quest’ordine: I. Quel che s’intende sulla terra per gli usi cattivi. II. Tutte le cose che sono usi cattivi sono nell’inferno, e tutte quelle che sono usi buoni sono nel Cielo. III. Vi è un influsso continuo dal Mondo spirituale nel Mondo natu­rale. IV. L’influsso dell’inferno opera le cose che sono usi cattivi nei luoghi dove sono le cose che corrispondono. V. L’ultimo Spirituale se­parato dal suo superiore opera ciò. VI. Vi sono due forme nelle quali si fa l’operazione per influsso, la forma vegetale e la forma animale. VII. L’una e l’altra forma riceve la facoltà di propagare la sua spe­cie e i mezzi di propagazione.

338. I. Quel che sintende sulla terra per gli usi cattivi. — Per i cattivi usi sulla terra s’intendono tutte le cose nocive nell’uno e nell’altro Regno, l’animale e il vegetale, ed altresì le cose nocive nel Re­gno minerale. È inutile di enumerare tutte le cose nocive in questi Regni, perocché questo sarebbe accozzare dei nomi, e accozzare dei nomi senza indicare i danni che produce ciascuna specie, non compi­rebbe quell’uso che quest’Opera ha per iscopo. Basta per la Scienza di nominarne qui qualcheduno. Tali sono nel Regno animale i ser­penti velenosi, gli scorpioni, i coccodrilli, i dragoni, i barbagianni, le civette, i sorci, le locuste, le rane, i ragni; ed anche le mosche, i calabroni, le blatte, i pidocchi, gli acari, in una parola, gl’insetti che consumano l’erbe, le foglie, i frutti, i semi, i cibi e le bevande, e nuocono alle bestie ed agli uomini. Nel Regno vegetale sono tutte le erbe cattive, virulenti e attossicate, e i legumi e gli arbusti che hanno queste cattive qualità. Nel Regno minerale sono tutte le terre velenose. Da queste poche spiegazioni si può vedere quel che s’intende per gli usi cattivi sulla terra: infatti gli usi cattivi sono tutte le cose che sono opposte ai buoni usi, di cui si è testò parlato nel precedente Articolo.

339. II. Tutte le cose che sono usi cattivi sono nell'inferno, e tutte quelle che sono usi buoni sono nel Cielo. — Prima che si possa ve­dere che tutti gli usi cattivi che esistono sulla terra vengono, non dal Si­gnore ma dall’inferno, bisogna premettere qualche nozione del Cielo e dell’inferno; perocché senza questa conoscenza si potrebbero attri­buire al Signore gli usi cattivi come gli usi buoni, e credere che essi siano insieme dalla creazione, o attribuirli alla natura, e credere che la loro origine venga dal suo sole; l’uomo non può essere distolto da questi due errori, se egli non sa che nulla esiste nel Mondo naturale che non abbia la sua causa nel Mondo spirituale, e quindi tragga la sua origine da quel mondo, e che dal Signore viene il bene, e dal diavolo, vale a dire, dall’inferno, il male. Per il Mondo spirituale s’in­tende il Cielo e l’inferno. Nel Cielo appaiono tutte le cose che sono i buoni usi, di cui si è parlato nel precedente Articolo; e nell’inferno appaiono tutte le cose che sono i cattivi usi, di cui si è discorso testò al n. 338, dove sono stati enumerati: essi sono le bestie feroci d’ogni genere, come serpenti, scorpioni, dragoni, coccodrilli, tigri, lupi, volpi, porci, barbagianni, civette, allocchi, pipistrelli, sorci piccoli e grandi, rane, locuste, ragni ed insetti nocivi di molte specie: vi appaiono ancora veleni e cicute d’ogni genere, ed aconiti tanto nelle erbe quanto nelle terre; in una parola, tutte le cose che recano danno e uccidono gli uomini: tali cose appaiono nell’inferno così al vivo, come quelle che esistono sulle terre e nelle terre. Si dice che vi appaiono, ma nondimeno non vi sono come sono sulle terre, imper­ciocché sono mere corrispondenze delle cupidità, che scaturiscono dai cattivi amori degl’infernali e che si presentano sotto tali forme dinanzi agli altri. Poiché tali cose sono negli inferni, perciò ancora si esalano in essi fetidi odori, come quello dei cadaveri, dello sterco, dell’urina, di cose putride, di cui gli spiriti diabolici si dilettano, come gli animali si dilettano in quelle cose in cui c’è un virus. Da queste spie­gazioni si può vedere che le cose simili nel Mondo naturale non hanno avuto la loro origine dal Signore, che non sono state create dal prin­cipio, e che non sono originate dalla natura per il suo sole, ma che esse vengono dall’inferno: che esse non vengano dalla natura per mezzo del suo sole, è manifestamente evidente da questo, che lo spirituale  influisce nel naturale, e non viceversa: e che non vengano dal Signore, si vede chiaramente da questo, che gli inferni non provengono da Esso, né per conseguenza nulla di quel che nell’inferno corrisponde ai mali degl’infernali.

340. III. Vi è un influsso continuo dal Mondo spirituale nel Mondo naturale. — Chi non sa che vi è un Mondo spirituale, e che esso è distinto dal Mondo naturale come l’anteriore e il posteriore, o come la causa e il prodotto della causa, non può saper nulla di questo in­flusso: si è perciò che coloro che hanno scritto sull’origine dei vege­tabili e degli animali non hanno potuto fare altrimenti che dedurla dalla natura; e se l’hanno dedotta da Dio, si è col dire che Dio dal principio ha messo nella natura la forza di produrre tali cose: così essi non sanno che nessuna forza è stata messa nella natura, poiché in se stessa la natura è morta, e non contribuisce a produrre quelle cose più di quel che contribuisce l’istrumento nell’opera dell’arte­fice, il quale affinché agisca deve essere messo continuamente in moto: si è lo spirituale, che deriva la sua origine dal Sole dove è il Signore e procede fino agli ultimi della natura, che produce le forme dei ve­getabili e degli animali, e presenta le meraviglie esistenti negli uni e negli altri, e riempie quelle forme di materie prese dalla terra, ac­ciocché siano fisse e costanti. Ora, essendo noto che vi è un Mondo spirituale; che lo Spirituale deriva dal Sole dove è il Signore, perché esso Sole procede dal Signore; che questo Spirituale muove la natura ad agire, come il vivo muove il morto; e che nel Mondo spirituale vi sono cose simili a quelle nel Mondo naturale, si può vedere che i ve­getabili e gli animali non hanno avuto la loro esistenza che dal Si­gnore per il Mondo spirituale, e che esistono perpetuamente per esso Mondo: e per conseguenza che vi è un influsso continuo dal Mondo spirituale nel Mondo naturale. Che sia così, sarà confermato con più esempi nel seguente articolo. Se le cose nocive vengono prodotte sulla terra per influsso dall’inferno, si è per la medesima legge di permissione per cui gli stessi mali influiscono presso gli uomini dal­l’inferno; nella Sapienza angelica sulla Divina Providenza si par­lerà di questa legge.

341. IV. L’influsso dell’inferno opera le cose che sono usi cattivi, nei luoghi dove sono le cose che corrispondono a questi usi. — Le cose che corrispondono agli usi cattivi, vale a dire alle erbe cattive ed agli animali nocevoli, sono le materie cadaveriche, putride, escrementi­zie e stercorali, rancide, urinose; perciò nei luoghi dove sono queste materie, ivi esistono quelle erbe e quei minuscoli animali che sono stati menzionati più sopra; e nelle zone torride simili animali più grandi, come serpenti, basilischi, coccodrilli, scorpioni, sorci ed altri. Ognun sa che le paludi e gli stagni, i letamai, le terre putride sono piene di simili cose; che volatili nocivi empiono come nuvoli le atmosfere; e che vermini distruttori coprono come eserciti la terra e consumano le erbe fino alle radici. Una volta nel mio giardino osservai che nello spazio di un’auna quasi tutta la polvere si era convertita in piccolis­simi volatili, poiché avendola smossa con un bastone, essi si ele­varono come nuvoli. Che le materie cadaveriche e puzzolenti concor­dino con questi minuscoli animali nocivi ed inutili, e siano loro omogenee, è manifesto dalla sola esperienza; lo si può vedere chiaramente dietro la causa, la quale è che simili fetori e nidori sono nell’inferno, dove tali minuscoli animali appaiono anche; per la qual cosa quegli inferni pren­dono da qui il loro nome, ed alcuni si chiamano cadaverini, altri ster­corali, altri urinosi, e così via dicendo; ma tutti quegli inferni sono coperti, affinché non n’emanino quelle esalazioni; stante che quando sono qualche poco aperti, il che avviene quando vi entrano i diavoli novizi, esse eccitano il vomito, e dànno pesantezza di capo, e quelle che sono in pari tempo velenose cagionano degli svenimenti; la pol­vere stessa vi è anche tale, onde là si chiama polvere dannata: da ciò è evidente che là dove sono tali fetori, ivi sono tali cose nocive, perché corrispondono.

342. Quegl’insetti traggono essi la loro esistenza da ovi trasportati là, sia dall'aria, sia dalla pioggia, sia dalle correnti di acqua, o la trag­gono dalle umidità stesse e dagli stessi fetori che sono là? Questa è la questione che ora si vuole esaminare: Che tali minuscoli animali ed insetti nocivi che sono stati menzionati più sopra, sortano da ovi là traspor­tati, o siano stati rinchiusi da ogni parte nella terra fin dalla crea­zione, l’è una opinione a cui ogni esperienza non è favorevole; dap­poiché esistono dei vermi nei più piccoli semi, nei noccioli, nei legni, nei sassi, ed anche dalle foglie; come pure sulle erbe e nelle erbe vi sono pidocchi e tignuole che concordano con esse; ed ancora dalle mosche, che nelle case, nelle campagne e nei boschi, durante l’estate, non appaiono essere sortite in così gran quantità da alcuna mate­ria oviforme; parimenti quegl’insetti che rodono i prati ed i verzieri, e che in certi luoghi caldi empiono l’aria e dànno fastidio, oltre quelli che nelle acque fetide, nei vini inaciditi e nell’aria pestifera nuotano e volano invisibilmente: Queste esperienze sono in favore di coloro che dicono che gli odori stessi, i nidori e le esalazioni che emanano dall’erbe, dalle terre e dagli stagni dànno ancora origine a tali insetti. Che poi, quando sono stati prodotti, essi si propaghino sia per ovi, sia per egestioni, ciò non toglie le loro origini immediate; poiché ogni animale riceve coi suoi visceri anche gli organi della generazione e i mezzi di propagazione. — Vedasi in proposito più appresso, n. 347. — A queste osservazioni si aggiunge l’esperienza, non prima cono­sciuta, che vi sono simili insetti negli inferni.

343. Che gli inferni sopra nominati abbiano non solamente comuni­cazione ma anche congiunzione con tali cose nelle terre, si può infe­rire da ciò che gli inferni non sono lontani dagli uomini, ma sono in­torno di essi, anzi in coloro che sono malvagi ; così sono contigui alle terre; infatti l’uomo in quanto alle sue affezioni ed alle sue cupidigie, e quindi in quanto ai suoi pensieri, e dietro quelle e questi quanto ai suoi atti, che sono buoni o cattivi usi, è o in mezzo agli angeli del Cielo, o in mezzo agli Spiriti dell’inferno; e siccome le cose che sono sulle terre sono anche nei Cieli e negli inferni, ne segue che l’influsso che indi proviene produce immediatamente tali cose, quando la tem­peratura è favorevole; poiché tutte le cose che appaiono nel Mondo spirituale, tanto nel Cielo quanto nell’inferno, sono corrispon­denze di affezioni e di cupidità, essendo che esse vi esistono secondo quelle corrispondenze; laonde quando le affezioni e le cupidità, che in sé sono spirituali, incontrano degli omogenei o dei corrispondenti nelle terre, lo spirituale che dà l’anima, e il materiale che dà il corpo sono presenti: vi è anche in ogni spirituale uno sforzo per vestirsi d’un corpo. Che gli inferni siano intorno dell’uomo, e quindi contigui alle terre, si è perché il Mondo spirituale non è nello spazio, ma è dove si trova l’affezione corrispondente.

344. Udii due Presidenti della Società Anglicana, Sloane e Folkes, nel Mondo spirituale, parlare fra loro sull’esistenza dei semi e degli uovi, e sulle produzioni che ne risultano nelle terre; il primo le at­tribuiva alla natura, e diceva che dalla creazione erano state messe in essa la potenza e la forza di produrre tali cose mediante il calore del sole; il secondo disse che quella forza veniva continuamente da Dio Creatore nella natura: onde sciogliere questa questione, fu visto da Sloane un bell’uccello, e gli fu detto di esaminarlo se mai diffe­risse nella minima cosa da un simile uccello sulla terra; egli lo prese nella sua mano, l’esaminò e disse che non v’era differenza; egli sa­peva infatti che quell’uccello non era altro che l'affezione d’un angelo, rappresentata fuori di lui come uccello, e che esso svanirebbe o cesse­rebbe d’essere coll’affezione dell’angelo, il che anche avvenne. Sloane da questa esperienza fu convinto che la natura non contribuisce per niente affatto alle produzioni dei vegetabili e degli animali, ma solamente quel che influisce dal Mondo spirituale nel Mondo naturale; egli disse che se quell’uccello nelle sue minime parti fosse empito di materie corrispondenti tratte dalla terra, e così fissato, che sarebbe un uccello durevole, come sono gli uccelli sulla terra; e che è il medesimo delle cose che provengono dall’inferno. Aggiunse che se egli avesse cono­sciuto quel che ora conosce del Mondo spirituale, non avrebbe attri­buito alla natura più di quel che deve servire allo spirituale, che viene da Dio, per fissare le cose che influiscono continuamente nella natura.

345. V. L'ultimo Spirituale, separato dal suo superiore, opera ciò. — Si è dimostrato nella Terza Parte che lo Spirituale procede dal suo Sole fino agli ultimi della natura per tre gradi, e che questi gradi si denominano Celeste, Spirituale e Naturale; che questi tre gradi sono nell’uomo dalla creazione e quindi dalla nascita, e che s’aprono secondo la sua vita; che se si apre il grado celeste, che è il supremo e l’intimo, l’uomo diviene celeste; che se si apre il grado spirituale, che è il medio, l’uomo diviene spirituale; e che se si apre solamente il grado naturale, che è l’infimo e l’estremo, l’uomo diviene naturale; che se diviene solamente naturale, egli non ama che le cose che apparten­gono al corpo ed al mondo, e che per quanto ama queste cose, tanto non ama i celesti e gli spirituali, e non riguarda a Dio, e diviene malva­gio: da questa esposizione è evidente che l’ultimo spirituale, che si chiama Spirituale-naturale, può essere separato dai suoi superiori, e che esso è separato appo gli uomini di cui è composto l’inferno: l’ul­timo spirituale non si può per sé separare dai suoi superiori, né appo le bestie, né nelle terre e volgersi verso l’inferno, se non solamente appo gli uomini. Da qui segue che l’ultimo spirituale, separato dal suo superiore, quale esso è appo coloro che sono nell’inferno, opera sulla terra quei cattivi usi, di cui si è parlato più sopra. Che le cose no­cive sulla terra derivino la loro origine dall’uomo, e così dall’inferno, può essere confermato dallo stato della terra di Canaan, del quale si dice nella Parola, che quando i figli d'Israele vivevano secondo i pre­cetti, le terre davano i loro prodotti, parimenti le gregge e gli ar­menti; e che quando vivevano contro i precetti, le terre erano ste­rili, e, come si dice, maledette; che invece delle messi davano spine e rovi; che le gregge e gli armenti abortivano e le fiere facevano ir­ruzione. Una simile confermazione si può dedurre dalle locuste, dalle rane e dai moscioni nell’Egitto.

346. VI. Vi sono due forme in cui si fa l’operazione per influsso, la forma vegetale e la forma animale. — È noto dai due Regni della natura, che si chiamano Regno animale e Regno vegetale, che non vi sono che due forme universali che siano prodotte dalla terra; e che tutti i soggetti d’un Regno hanno molte cose comuni; così, per il Regno animale, vi sono nei suoi soggetti gli organi dei sensi e gli organi del moto, nonché le membra ed i visceri che vengono messi in attività dai cervelli, dai cuori e dai polmoni; e, per il Regno ve­getale, i suoi soggetti mettono una radice nella terra, producono uno stelo, dei rami, delle foglie, dei fiori, dei frutti, dei semi. Ambedue i Regni, l’animale come il vegetale, quanto alle produzioni nelle loro forme, derivano la loro origine dall’ influsso e dalle operazioni spirituali provenienti dal Sole del Cielo, dove è il Signore, e non dall’influsso e dall’operazione della natura provenienti dal Sole di essa, eccetto la loro fissazione, come si è detto più sopra. Tutti gli animali, grandi e piccoli, traggono la loro origine dallo spirituale nell'ultimo grado, che chiamasi naturale; l’uomo solo trae la sua da tutti i gradi, che sono tre e si chiamano celeste, spirituale e naturale. Siccome ogni grado di altezza o discreto decresce dal suo perfetto al suo imperfetto, come la luce decresce fino all’ombra, per continuità, cosi parimenti gli ani­mali; perciò fra loro ve ne sono dei perfetti, dei meno perfetti e de­gl’imperfetti. Gli animali perfetti sono gli elefanti, i cammelli, i ca­valli, i muli, i buoi, le pecore, le capre, e tutti gli altri che appar­tengono sia al grosso, sia al minuto bestiame; i meno perfetti sono i volatili; e gl’imperfetti sono i pesci, le conchiglie, che, essendo gl’in­fimi di questo grado, sonò come nell’ombra, mentre gli altri sono nella luce. Ma però, siccome gli animali vivono solamente dall’ultimo grado spirituale, che chiamasi naturale, essi non possono riguardare altrove che alla terra, alla pastura che vi trovano, ed ai loro simili per la propagazione; l’anima di essi tutti è un’affezione naturale e un appe­tito. La medesima cosa è dei soggetti del Regno vegetale, da che ve ne sono dei perfetti, dei meno perfetti e degl’imperfetti; i perfetti sono gli alberi fruttiferi, i meno perfetti sono le viti delle vigne e gli arbusti, e gl’imperfetti sono l'erbe; ma i vegetabili hanno dallo spi­rituale, donde procedono, d’essere usi; e gli animali hanno dallo spi­rituale, donde procedono, d’essere affezioni ed appetiti, come si è detto.

347. VII. L’una e l'altra forma, quando esiste, riceve i mezzi di propagazione, — Che in tutte le cose prodotte dalla terra, le quali, come si è detto, appartengono sia al Regno vegetale, sia al Regno animale, vi sia qualche immagine della creazione e qualche immagine dell’uomo, ed anche qualche immagine dell’infinito e dell’Eterno, si è dimostrato più sopra, n. 313 a 318; si è eziandio dimostrato che l’immagine dell’Infinito e dell’Eterno risplende da questo, che esse si possono propagare all’infinito ed in eterno; si è perciò che esse tutte ricevono i mezzi di propagazione; i soggetti del Regno animale per mezzo di semi in un ovo, o in un utero, o per egestione; e i soggetti del Regno vegetale per mezzi di semi nelle terre. Da ciò si può ve­dere che, sebbene gli animali e i vegetabili più imperfetti e nocivi derivino la loro origine dall’inferno per un influsso immediato, pur tuttavia poi si propagano mediatamente per semenze, per ovi o per barbatelle: perciò l’ammissione d’uno di questi due modi non contra­dice l'altro.

348. Che tutti gli usi, tanto buoni quanto cattivi, siano d’origine spirituale, per conseguenza procedenti dal Sole ove è il Signore, si può illustrare per questa esperienza: Io udii dire che dei beni e dei veri erano stati mandati dal Signore a traverso i Cieli negli inferni, e che quei medesimi beni e veri, ricevuti per gradi sino al profondo, erano là stati volti in mali e falsi opposti ai beni e veri mandati: se av­venne così, si fu perché i soggetti recipienti volgono tutte le cose che influiscono in cose che convengono alle loro forme, appunto come la luce risplendente del Sole si volge in colori tetri ed in nero negli og­getti le cui sostanze sono interiormente in una tal forma, che esse soffocano ed estinguono la luce; e come le acque stagnanti, i letamai e i cadaveri volgono in fetori il calori del Sole. Quindi si può vedere che anche i cattivi usi vengono dal Sole spirituale, ma per ciò che i buoni usi vengono convertiti nell’inferno in usi cattivi. Indi è evidente che il Signore non ha creato e non crea che i buoni usi, ma che l’inferno produce i cattivi.

 

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66. LE COSE VISIBILI NELL’UNIVERSO CREATO ATTESTANO CHE LA NATURA NON HA PRODOTTO

 NULLA E NON PRODUCE NULLA, MA CHE IL DIVINO HA PRODOTTO E PRODUCE

TUTTE LE COSE DA SÉ MEDESIMO, E PER IL MONDO SPIRITUALE

 

349. La maggior parte degli uomini nel Mondo dicono, dietro l’ap­parenza, che il Sole per il calore e la luce produce quel che si vede nella campagna, nei campi, nei giardini e nei boschi; e che per il suo calore il Sole fa schiudere i bruchi dagli ovi, che fa prolificare le bestie della terra e gli uccelli del cielo, ed anche che vivifica l’uomo: coloro che parlano così solamente dietro l’apparenza, possono parlare così, ma tuttavia essi non attribuiscono quegli effetti alla natura, essendo che non pensano a ciò: è come quelli che dicono del Sole che sorge e che tramonta, che fa i giorni e gli anni, e che ora è a tale o tale altezza; costoro parimenti parlano dietro l’apparenza, e possono parlare così, e nonostante essi non attribuiscono quegli effetti al Sole poiché non pensano allo stato stazionario del Sole, né al movimento circolare della terra. Ma coloro che si confermano sopra questo punto, che il Sole per il calore e la luce produce le cose che appaiono sulla terra, attribuiscono finalmente ogni cosa alla natura, ed anche la creazione dell’Universo, e divengono naturalisti ed alla fine atei: questi, è vero, possono poi dire che Dio ha creato la natura, ed ha messo in essa la potenza di produrre tali cose; ma essi dicono ciò dal timore di perdere la loro riputazione; e nondimeno per Dio Creatore essi intendono la natura, e taluni l’intimo di essa, ed allora non fanno alcun conto dei Divini che insegna la Chiesa.

350. Veramente alcuni sono da scusare d’avere attribuito alla na­tura certe cose visibili, e ciò per due ragioni; la Prima si è che non hanno saputo nulla del Sole del Cielo, ove è il Signore, né del­l’influsso che ne procede, né alcuna cosa del Mondo spirituale e del suo stato, anzi neppure della sua presenza appo l’uomo; e quindi non hanno potuto pensare altrimenti, se non che lo spirituale fosse un naturale più puro; che cosi gli angeli fossero o nell’etere, o nelle stelle; che quanto al diavolo, egli fosse o il male dell’uomo, o che se mai esistesse effettivamente, fosse o nell’aria, o nei luoghi profondi; che le anime degli uomini, dopo la morte, fossero o nell’intimo della terra, o in un qualche non so dove, fino al giorno del giudizio; ed altre cose simili, che la fantasia ha introdotto dall’ignoranza del Mondo spirituale e del suo Sole. La Seconda ragione che li rende scusabili si è, che non hanno potuto sapere come il Divino producesse tutte le cose che appaiono sulla terra, dove ve ne sono tanto delle buone, quanto delle cattive, temendo di confermare ciò appo sé, chè talora non avessero ad attribuire a Dio anche le cattive, concepire di Dio un’idea materiale e fare di Dio e della natura una medesima cosa, e cosi confonderli. Sono queste due ragioni che rendono scusa­bili coloro che hanno creduto che la natura produca le cose visibili in virtù d’un insito fin dalla creazione: ma non pertanto coloro che a forza di confermazioni per la Natura si sono fatti atei non sono scusabili, perché avrebbero potuto confermarsi per il Divino: è vero, l’ignoranza scusa, ma essa non toglie il falso confermato, perocché questo falso è coerente al male, per conseguenza all’inferno: perciò quei medesimi che si sono confirmati per la natura sino a separare il Divino da essa, non riputano nessuna cosa per peccato, perché ogni peccato è contro il Divino, che essi hanno separato e per conseguenza rigettato; e coloro che in ispirito non reputano nulla per peccato, dopo la morte, quando divengono spiriti, essendo legati all’inferno, si pre­cipitano in nefandezze secondo le cupidità a cui lasciarono i freni.

351. Coloro che credono alla Divina operazione nelle singole cose della natura possono da moltissimi fotti che vedono nella natura confermarsi per il Divino, altrettanto ed anche più di coloro che si con­fermano per la natura; quelli infatti che si confermano per il Divino prestano attenzione alle meraviglie che si vedono tanto nelle produzioni dei vegetabili, quanto in quelle degli animali. Nella produzione dei vegetabili; dacché da un piccolissimo seme gettato in terra esce una radice, per la radice uno stelo, e successivamente dei rami, delle foglie, dei fiori, dei frutti, fino ai nuovi semi, a dirittura come se il seme sapesse l’ordine di successione o il processo per mezzo del quale deve rinnovarsi; qual uomo razionale può pensare che il Sole, che è puro fuoco, sappia ciò o possa insinuare al suo calore e alla sua luce di effettuare tali cose, formarvi quelle meraviglie ed aver per iscopo l’uso ? Quando l’uomo, il cui razionale è elevato, vede quelle meraviglie e l’esamina, egli non può fare altrimenti che pensare che esse vengono da Colui la cui sapienza è infinita, per conseguenza da Dio: coloro che riconoscono il Divino vedono ancora questo e lo pensano, ma coloro che non Lo riconoscono non lo vedono e non lo pen­sano, perché non lo vogliono, e cosi immergono il loro razionale nel sensuale, che trae tutte le sue idee dal lume in cui sono i sensi del corpo, e conferma le illusioni dei sensi, dicendo: Non si vede forse il Sole operare queste cose per il suo calore e la sua luce? Quel che non si vede che cosa è? È forse qualcosa? Coloro che si confer­mano per il Divino prestano attenzione alle meraviglie che vedono nelle Produzioni degli animali; e per non parlare qui che di quelle che sono nelle uova, vi si vede il pulcino nascosto nel suo germe o inizio con tutto quel che è necessario, fino alla nascita, ed ancora con tutto quel che concerne la progressione dopo la nascita, fino a che diviene uccello o volatile nella forma del genitore; e se si presta attenzione alla forma, essa è tale che non si può, se si pensa profondamente, non essere sorpreso, scoprendo che nei più piccoli dei volatili, come nei più grandi, anzi in quelli che sono invisibili, come in quelli che sono visibili, vi sono gli organi dei sensi, che sono la vista, l’udito, l’odorato, il gusto, il tatto; e gli organi dei movimenti, che sono i muscoli, perocché essi volano e camminano; come pure i visceri intorno del cuore e dei polmoni, che sono messi in attività dai cervelli che i vili insetti godano anche queste cose, è noto dalla loro anatomia descritta da parecchi dotti, principalmente da Swam­merdam nelle sue Bibbie della natura. Coloro che tutto attribuiscono alla natura vedono sicuramente tali cose, ma essi pensano solamente che sono, e dicono che la natura le produce; ed essi dicono ciò, perché hanno rivolte le loro menti da ogni pensiero sul Divino; e coloro che si sono rivolti da ogni pensiero sul Divino, quando vedono delle meraviglie nella natura non possono pensarvi razionalmente, e tanto meno spiritualmente, ma vi pensano sensualmente e materialmente, ed allora essi pensano nella natura dalla natura, e non al disopra di essa, me­desimamente come fanno coloro che sono nell’inferno, differendo sola­mente dalle bestie in questo, che essi sono dotati di razionalità, val quanto dire, che possono intendere e per conseguenza pensare altri­menti, se lo vogliono.

352. Quando coloro che si sono rivoltati da ogni pensiero sul Di­vino — e perciò divengono sensuali, — vedono delle meraviglie nella natura, essi non pensano che la vista dell’occhio è così grossolana che essa vede molti piccoli insetti come una sola cosa oscura, e che ciò non ostante ogni piccolo insetto è organizzato per sentire e muo­versi, e che per conseguenza è dotato di fibre e di vasi, ed altresì di piccoli cuori, di canali polmonari, di piccoli visceri e di cervelli, e che questi organi sono tessuti delle più pure sostanze che sono nella Na­tura, e che quei tessuti corrispondono a qualcosa della vita, dalla quale le loro minutissime parti sono messe distintamente in azione. Poiché la vista dell’occhio è tanto grossolana che molti di tali insetti, con le parti innumerevoli che sono in ognuno, appaiono come un sol punto scuro, e tuttavia coloro che sono sensuali pensano e giudi­cano da questa vista, si vede chiaro quanto la loro mente è divenuta crassa, e quindi in quale oscurità essi sono sulle cose spirituali.

353. Ognuno dalle cose visibili nella natura si può confermare per il Divino, se lo vuole; — ed anche si confirma colui che pensa a Dio dalla vita; — per esempio, quando vede i volatili del cielo; ciascuna specie conosce i suoi alimenti e sa dove sono, conosce i suoi simili dal suono e dalla vista, e fra gli altri quelli che sono amici e quelli che sono nemici; essi formano dei connubi, sanno il luogo dell’accop­piamento, costruiscono con arte i nidi, vi depongono delle uova, le covano, sanno il tempo dell’incubazione, trascorso il quale fanno schiu­dere i loro pulcini, che amano con gran tenerezza, essi li riscaldono sotto le loro ali, preparano il cibo e loro danno la beccata, e ciò fino a che sono in istato di agire da sé, e che possono fare come essi e procreare una famiglia per perpetuare la loro specie. Chiunque vuol pensare all’influsso Divino per il Mondo spirituale nel Mondo naturale può vedere quell’influsso in queste scienze; egli può anche, se lo vuole, dire nel suo cuore: Tali scienze non possono influire in questi volatili dal Sole per i raggi della sua luce; poiché il Sole, da cui la natura deriva la sua origine ed essenza, è un puro fuoco, e quindi i raggi della sua luce sono affatto morti; e così possono inferire che tali cose ven­gono dall'influsso della Divina Sapienza negli ultimi della natura.

354. Ognuno dalle cose visibili nella natura si può confermare per il Divino, quando vede i baghi, che da un piacere d’un certo amore sono portati ed aspirano a mutare il loro stato terrestre in uno stato che è l’analogo dello stato celeste, e per ciò rampicano in luoghi convenienti, e si mettono come in un utero affine di rinascere, e là divengono crisalidi, aurelie, bruchi, ninfe, e finalmente farfalle; e dopoché hanno subito que­sta metamorfosi e sono state, secondo la loro specie, ornate di belle ali, volano nell’aria come nel loro cielo, vi giuocano allegramente, formano connubi, depongono dell’uova e provvedono alla loro posterità; ed in que­sto frattempo si nutriscono d’un alimento soave e dolce che estraggono dai fiori. Fra coloro che si confermano per il Divino dalle cose visi­bili della natura chi è che non vede in quegli esseri, come vermi, una qualche immagine dello stato terrestre dell’uomo, ed in essi, come farfalle, una qualche immagine dello stato celeste? Coloro invece che si confermano per la natura, vedono bensì queste meraviglie, ma siccome hanno rigettato lungi da loro lo stato celeste dell’uomo, essi le chiamano mere istinti della natura.

355. Ognuno dalle cose visibili nella natura può confermarsi per il Divino, quando presta attenzione a quelle cose che si conoscono delle Api. Esse sanno dalle erbe e dai fiori raccogliere la cera, suggerne il miele, costruir delle celle come casette e disporle in forma di città, con piazze per le quali entrano e sortono; esse odorano da lontano i fiori e le erbe, da cui raccolgono la cera per la casa, ed il miele per il vitto; e, quando ne sono cariche, rivolano secondo la piaga verso il loro alveare: così provvedono al loro vitto ed alla loro abitazione per il venturo inverno, come se lo prevedessero e lo sapessero: esse pon­gono a loro capo, come regina, una sovrana, da cui deve esser pro­pagata la posterità, e per la quale costruiscono una specie di palazzo al di sopra delle loro celle, con guardie (satellitis) tutto intorno; quando il tempo di far le ova è arrivato, la regina, accompagnata dai satelliti, va di cella in cella e depone le ova, che la moltitudine che la segue circonda d’un involucro, acciò non siano offese dall’aria; indi esse hanno una nuova razza: poi, quando questa generazione è per­venuta alla sua età per poter fare i medesimi lavori, essa viene espulsa dall’alveare; lo sciame espulso primieramente si riunisce, indi si forma in torma, affinché non si dissolva la consociazione, e se ne vola per cer­carsi un domicilio: verso l’autunno anche i fuchi inutili vengono espulsi e privati delle ali, acciocché non ritornino e non consumino gli alimenti, al provvedimento dei quali essi non prestarono opera alcuna: senza parlare di più altri fatti rimarchevoli: da ciò si può vedere che si è per cagione dell’uso che rendono al Genere Umano che esse ricevono dall’influsso proveniente dal Mondo spirituale una forma di governo, quale esiste presso gli uomini nelle terre, ed anche presso gli angeli nei Cieli: Qual è l’uomo provveduto di sana ragione che non vede che di tali cose presso quegl'insetti non vengono dal Mondo naturale? Che cosa il Sole, da cui proviene la natura, ha di comune con un go­verno uguale ed analogo al governo celeste? Da queste osservazioni, e da altre simili presso gli animali bruti, chi riconosce e adora la natura si conferma per la natura, laddove che chi riconosce e adora Dio si conferma per il Divino; poiché l’uomo spirituale vi vede delle cose spirituali, e l’uomo naturale vi vede delle cose naturali, così ognuno secondo che è egli stesso. Quanto a quel che mi concerne, tali osservazioni sono state per me testimonianze dell’influsso dello spiri­tuale nel naturale, o del Mondo spirituale nel Mondo naturale, per conseguenza procedente dalla Divina Sapienza del Signore. Che si esa­mini anche se, intorno a qualche forma di governo, o a qualche legge civile, o a qualche virtù morale, o a qualche virtù spirituale, sia mai possibile di pensare analiticamente, senza che il Divino dalla sua Divina Sapienza influisca per il Mondo spirituale; quanto a me, mi è stato e mi è impossibile; io ho infatti notato questo influsso in un modo per­cettibile e sensibile da diciannove anni continuamente; io ne parlo dun­que dietro una prova certa.

356. Può forse qualcosa di naturale aver per fine l’uso, e di­sporre gli usi negli ordini e nelle forme? Questo non lo può che la Sa­pienza; ed ordinare e formare così l’universo non lo può che Dio, la Cui Sapienza è infinita; chi altro o qual altra cosa può prevedere e provvedere per gli uomini tutto quel che è necessario al vitto ed al vestito, al vitto coi frutti della terra e cogli animali, ed al vestito, coi medesimi vegetabili ed animali? Non è egli nel numero delle meraviglie che quei vili insetti che si chiamano bachi da seta forniscano da vestirsi ed ornino con magnificenza e le donne e gli uomini, dalle regine e dai re sino alle fantesche ed ai servitori; e che quei vili insetti che si chiamano api forniscano la cera per i lumi, che riempiono di splendore i templi e i palazzi? Queste e più altre cose sono prove esistenti che il Signore opera da Sé Medesimo per il Mondo spirituale tutte le cose che esistono nella natura.

357. A ciò debbo aggiungere che nel Mondo spirituale io ho visto coloro che dalle cose visibili nel Mondo eransi confirmati per la na­tura fino a divenire atei; e che il loro intelletto nella luce spirituale mi apparve aperto da basso, ma chiuso dall’alto; e ciò perché coi pensieri essi riguardarono in giù verso la terra, e non in alto verso il Cielo; sopra del sensuale, che è l’infimo dell’intelletto, appariva come un velo, appo taluni sfolgorante dal fuoco infernale, appo altri nero come la fuliggine; e appo altri livido come un cadavere. Che ognuno si guardi dunque dalle confermazioni per la natura; si con­fermi per il Divino, i mezzi non mancano.

 

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LA SAPIENZA ANGELICA

SUL DIVINO AMORE

 

PARTE QUINTA

 

 

67. IL SIGNORE HA CREATO E FORMATO APPO L’UOMO DUE RICET­TACOLI E ABITACOLI DI SE STESSO, CHE SI CHIAMANO LA VOLONTÀ E L’INTELLETTO; LA VOLONTÀ PER IL SUO DIVINO AMORE,

E L’INTELLETTO PER LA SUA DIVINA SAPIENZA

 

358. Si è trattato del Divino Amore e della Divina Sapienza di Dio Creatore, che è il Signore ab aeterno, e della creazione dell’Uni­verso; ora vuolsi dire qualcosa della creazione dell’uomo. Si legge che l’uomo è stato creato ad immagine di Dio, secondo la somiglianza di Dio, — Gen. I. 26; — per l'immagine di Dio ivi s’intende la Di­vina Sapienza, e per la somiglianza di Dio il Divino Amore; poiché la sapienza non è altro che l’immagine dell’amore; infatti l’amore si fa vedere e conoscere nella sapienza, e poiché vi si vede e conosce, la sapienza è la sua immagine; l’Amore è anche l’Essere della vita, e la Sapienza è l’Esistere della vita dall’Essere. La somiglianza e l’im­magine di Dio appaiono manifestamente appo gli angeli; percioc­ché l’amore brilla dall’interiore nella loro faccia, e la sapienza nella loro bellezza, e la bellezza è la forma del loro amore: io l’ho visto e conosciuto.

359. L’uomo non può essere l’immagine di Dio secondo la somiglianza di Dio, se Dio non è in lui, e se non è la sua vita dall’intimo: che Dio sia nell’uomo e che dall’intimo sia la vita dell’uomo, risulta da quel che si è dimostrato più sopra, n. 4 a 6, cioè che Dio solo è la vita, e che gli uomini e gli angeli sono i recipienti della vita pro­cedente da Dio. È noto anche dalla Parola che Dio è nell’uomo e che Egli fa la sua dimora appo lui; e siccome è noto dalla Parola, è comune ai predicatori di dire ai loro uditori di prepararsi a ricevere Dio, affinché entri in loro, affinché sia nei loro cuori, affinché essi siano l’abitacolo di Dio; similmente parla il devoto nelle sue preghiere; così taluni più apertamente parlano dello Spirito Santo, che essi credono essere in loro, quando sono in un santo zelo, e quando da quel zelo pensano, par­lano e predicano: Che lo Spirito Santo sia il Signore, e non qualche Dio che costituisca una persona per sé, è stato dimostrato nella Dot­trina della Nuova Gerusalemme sul Signore, n. 51, 52, 53: in fatti il Signore dice: «In quel giorno voi conoscerete che voi siete in Me, ed Io in voi». — Gio. XIV 20 — parimenti al Cap. XV. 4, 5. XVII. 23.

360. Ora poiché il Signore è il Divino Amore e la Divina Sapienza, e queste due cose sono essenzialmente Esso Medesimo, è necessario, affinché Egli abiti nell’uomo e dia la vita all’uomo, che Egli abbia creato e formato nell’uomo dei ricettacoli e degli abitacoli di Se stesso, l’uno per l’Amore e l’altro per la Sapienza. Questi ricettacoli e abita­coli appo l’uomo si chiamano Volontà ed Intelletto; il ricettacolo ed abitacolo dell’Amore si chiama volontà; e il ricettacolo e abitacolo della sapienza, intelletto. Che queste due facoltà appartengano al Signore presso l’uomo, e che da queste due facoltà l’uomo abbia ogni vita, si vedrà in quel che segue.

361. Che ogni uomo abbia queste due facoltà, la Volontà e l’intelletto, e che esse siano fra loro distinte come l’amore e la sapienza sono di­stinti fra loro, nel Mondo si sa e non si sa; si sa dalla comun per­cezione, e non si sa dal pensiero, e tanto meno dal pensiero nella descrizione: in fatti chi non sa dalla comun percezione che la volontà e l’intelletto sono due cose distinte appo l’uomo? imperciocché ognuno lo percepisce quando l’ode dire, ed altresi può dire ad un altro: «Un tale vuole bene, ma non intende bene; e un tale intende bene, ma non vuole bene; io amo colui che intende bene e vuole bene, ma non amo colui che intende bene e vuole male». Tuttavia, quando si pensa alla volontà e all’intelletto non se ne fanno due cose e non si distinguono, ma si confondono; e ciò perché il pensiero comunica con la vista del corpo; si capisce ancor meno che la volontà e l’intelletto sono due cose distinte, quando si scrive; e ciò perché allora il pensiero comu­nica col sensuale, che è il proprio dell’uomo: da qui proviene che ta­luni possono pensar bene e parlar bene, ma tuttavia non possono scri­vere bene; ciò è comune presso il sesso femminile. Il medesimo è di molte altre cose. Chi non sa dalla comun percezione che l’uomo che vive bene si salva, e che colui che vive male si condanna? Ed inoltre che l’uomo che vive bene viene fra gli angeli, e là vede, ode e parla come un uomo; come pure che chi fa il giusto per amor del giusto, ed il retto per amor del retto ha una coscienza? Ma se si recede dalla comun percezione e si sottomettono queste cose al pensiero, al­lora non si sa che cosa sia la coscienza, né che l’anima possa vedere, udire e parlare come un uomo, né che vi sia un bene della vita, tranne quello che consiste nel dare ai poveri: e se dal pensiero tu scrivi queste cose, tu le confermi con apparenze ed illusioni, e con parole sonore e prive di senso: da qui proviene che parecchi eruditi, che hanno pensato molto, e più ancora coloro che hanno scritto, hanno indebolito ed offuscato, anzi distrutto la comun percezione appo se stessi; e che i semplici vedono che cosa è il bene e il vero più chiaramente di coloro che si credono più savii di loro. Questa comun percezione viene dal­l’influsso del Cielo e cade nel pensiero sino alla vista, ma il pensiero separato dalla comun percezione cade nell’immaginazione, dalla vista e dal proprio. Per assicurarti che la cosa è così, fa questa esperienza: Dì qualche vero a qualcuno che è nella comun percezione, ed egli lo vedrà; digli che noi siamo, viviamo e ci muoviamo da Dio ed in Dio, ed egli lo vedrà; digli che Dio abita nell’amore e nella Sapienza presso l’uomo, ed egli lo vedrà; digli inoltre che la volontà è il ricettacolo dell’amore, e l’intelletto il ricettacolo della sapienza, e dàgli alcune spiegazioni, ed egli lo vedrà; digli che Dio è l’Amore stesso e la Sa­pienza stessa, ed egli lo vedrà; domandagli che cosa è la coscienza, ed egli lo dirà: ma di le medesime cose a qualche erudito che ha pensato, non dalla comun percezione, ma dai principii o dalle idee prese per la vista proveniente dal Mondo; egli non le vedrà. Giudica poi quale fra i due è il più savio.

 

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68. LA VOLONTÀ E L’INTELLETTO, CHE SONO I RICETTACOLI DELL’AMORE E DELLA SAPIENZA,

SONO NEI CERVELLI NEL LORO TUTTO E IN CIASCUNA DELLE LORO PARTI,

E QUINDI NEL CORPO NEL SUO TUTTO E IN CIASCUNA DELLE SUE PARTI

 

362. Questo vuol essere dimostrato nel seguente ordine: I. L’Amore e la Sapienza, e quindi la Volontà e l’intelletto, fanno la vita stessa dell’uomo. II. La vita dell’uomo è nei suoi principi nei cervelli, e nei principiati nel corpo. III. Quale è la vita nei principi, tal essa è nel tutto ed in ciascuna parte. IV. La vita per questi principi è da cia­scuna parte nel tutto, e dal tutto in ciascuna parte. V. Quale è l’amore, tale è la sapienza e quindi tale è l'uomo.

363. I. L'Amore e la Sapienza, e quindi la Volontà e l'Intelletto, fanno la vita stessa dell’uomo. — Appena qualcuno sa che cosa è la vita; quando si pensa alla vita, pare che sia qualcosa di volatile, di cui non si ha idea: ciò pare così, perché s’ignora che Dio solo è la Vita, e che la vita di Dio è il Divino Amore e la Divina Sapienza; indi è evidente che la vita appo l’uomo non è altro, e che secondo il grado in cui egli riceve vi è la vita appo lui. È noto che dal Sole procedono il calore e la luce, e che tutte le cose dell’universo ne sono i recipienti, e che esse si scaldano e brillano secondo il grado in cui ricevono: così pure è del Sole in cui è il Signore, da cui pro­cedono un calore ed una luce; il calore che ne procede è l’Amore, e la luce che ne procede è la Sapienza, come si è dimostrato nella Seconda Parte. La vita adunque viene dall’Amore e dalla Sapienza che procedono dal Signore come Sole. Che l’Amore e la Sapienza procedenti dal Signore siano la vita, si può anche vedere da questo, che l’uomo intorpidisce secondo che l’amore si ritira da esso, e diviene stupido secondo che si ritira la sapienza, e se si ritirassero l’uno e l’altra interamente, egli sarebbe annientato. Vi sono parecchie cose dell’amore che hanno ricevuto altri nomi, perché sono derivazioni, come le affezioni, i desideri, gli appetiti, le loro voluttà e i loro piaceri: e vi sono parecchie cose della sapienza, come la percezione, la riflessione, il ricordo, il pensiero, l’attenzione; ed anche parecchie cose dell’uno e dell’altra, tanto dell’amore quanto della sapienza, come il consenso, la conclusione e la determinazione all’atto, senza parlare di altro: tutte queste cose, è vero, appartengono all’amore e alla sa­pienza, ma esse ricevono il loro nome da quello dei due che ha più potere ed è più vicino. Da questi due derivano in ultimo luogo le sensazioni che pertengono alla vista, all’udito, all’odorato, al gusto e al tatto, coi loro piaceri e diletti: dietro l’apparenza è l’occhio che vede, ma l’intelletto vede per l’occhio, per lo che vedere si dice anche dell’intelletto; havvi apparenza che l’orecchio oda, ma è l'in­telletto che ode per l’orecchio, perciò udire si dice anche dell’atten­zione e dell’ascoltazione, che sono dell’intelletto; havvi apparenza che le narici odorino e che la lingua gusti, ma è l’intelletto in virtù della sua percezione che odora e che altresì gusta, per la qual cosa odorare e gustare si dicono anche della percezione: e così del resto. La sorgente di tutte queste e di tutte quelle cose sono l’amore e la sapienza: donde si può vedere che l’amore e la sapienza fanno la vita dell’uomo.

364. Che l’intelletto sia il ricettacolo della sapienza, ognuno lo vede; ma che la volontà sia il ricettacolo dell’amore, lo vedono pochi; e ciò perché la volontà non fa nulla da se stessa, ma agisce per l’intel­letto; ed anche perché, quando l’amore della volontà passa nella sa­pienza dell’intelletto, esso va primieramente nell’affezione, e così passa, e l’affezione non si percepisce che per un certo piacere di pensare, parlare e fare, a cui non si presta attenzione: che nonostante ciò provenga di qui, si vede chiaro da questo, che ognuno vuole quel che ama, e che non vuole quel che non ama.

365. II. La vita dell'uomo è nei suoi principi nei cervelli, e nei principiati nel corpo. — Nei principi essa è nei suoi primi, e nei prin­cipiati è nelle cose prodotte e formate dai primi; e per la vita nei principi s’intende la volontà e l’intelletto. Sono queste due facoltà che nei loro principi sono nei cervelli, e nei loro principiati nel corpo. Che i principi o i primi della vita siano nei cervelli, si vede: 1° Dal senso stesso, da che, quando l’uomo applica la sua mente e pensa, egli percepisce che pensa nel cervello; ei ritrae, per. dir così, la vista dall’occhio e tiene la fronte tesa, e percepisce che interiormente vi è una contemplazione, massime dentro la fronte e alquanto più in alto. 2° Dalla formazione dell’uomo nell’utero, da che il cervello, o il capo, è il primo, e da che lungo tempo appresso il cervello è più grande del corpo. 3° Da che il capo è disopra e il corpo di sotto; ed è se­condo l’ordine che i superiori agiscano negl’inferiori, e non viceversa. 4° Da che quando il cervello è stato leso sia nell’utero, sia da ferita o da malattia, o da una troppo forte tensione, il pensiero diviene de­bole e talvolta la mente delira. 5° Da che tutti i sensi esterni del corpo, che sono la vista, l’udito, l’odorato, il gusto, in un col senso universale che è il tatto, nonché il linguaggio, sono nella parte an­teriore della testa, che chiamasi faccia, e comunicano immediatamente per le fibre coi cervelli, e ne traggono la loro vita sensitiva ed at­tiva. 6° Indi è che le affezioni che pertengono all’amore appaiono in una certa effigie sulla faccia, e che i pensieri che pertengono alla sapienza appaiono in una certa luce negli occhi. 7° Si sa dall’ana­tomia che tutte le fibre discendono dai cervelli per il collo nel corpo, e non ve n’è alcuna che salga dal corpo per il collo nei cervelli, e    dove sono le fibre nei loro principi e nei loro primi, quivi è la vita nei suoi principi e nei suoi primi: chi può negare che l’origine della vita sia là dove è l’origine delle fibre? Di’ a qualcuno che è nella comun percezione: Dove è il pensiero? ovvero: Dove pensi tu? ed egli risponderà che è nella testa: ma poi di’ a qualcuno che ha fissato la sede dell’anima o in una certa glandola, o nel cuore, o in un altro luogo: Dove l’affezione, e quindi il pensiero, sono nel loro primo? sono forse nel cervello? ed egli risponderà che no, o che non lo sa. Vedasi più sopra, n. 361.

366. III. Quale è la vita nei principi, tale è nel tutto ed in cia­scuna parte. — Affinché ciò si percepisca, bisogna dire dove sono que­sti principi nei cervelli e come sono derivati. Dove sono questi prin­cipi nei cervelli, l’Anatomia lo dimostra chiaramente; da essa si sa che vi sono due cervelli, e che essi sono continuati dalla testa nella spina dorsale; che essi consistono in due sostanze, che si chiamano sostanza corticale e sostanza midollare; e che la sostanza corticale consiste in innumerevoli quasi glandole, e la sostanza midollare in innumerevoli quasi fibre: ora siccome quelle glandole sono le teste delle fibrelle, esse ne sono anche i principi; perciocché le fibre co­minciano da esse, e quindi procedono e successivamente si riuniscono in nervi e, riunite e divenute nervi, discendono negli organi sensori nella faccia, e negli organi matori nel corpo, e li formano: consulta una persona pratica nella scienza anatomica, e ne sarai confermato. Quella sostanza corticale o glandolare fa la superficie del cervello, ed anche la superficie dei corpi striati di cui si compone la midolla al­lungata, ed essa fa il mezzo del cervelletto, ed altresì il mezzo della midolla spinale: quanto alla sostanza midollare o fibrellaria, essa co­mincia dappertutto e quindi procede e forma i nervi, di cui si com­pongono tutte le cose del corpo: che sia così, l’insegna l’autopsia. Coloro che sanno queste cose sia dalla scienza anatomica, sia dalla confermazione di quelli che posseggono questa scienza, possono vedere che i principi della vita non sono altrove che là dove sono i cominciamenti delle fibre, e che le fibre non si possono estendere da se stesse, ma si estendono in virtù di quei principi. Quei principi o cominciamenti, che appaiono come glandole, sono quasi innumere­voli; la loro moltitudine si può paragonare alla moltitudine delle stelle nell’universo; e la moltitudine delle fibre che ne sortono si può pa­ragonare alla moltitudine dei raggi che emanano dalle stelle, e por­tano il loro calore e la loro luce nelle terre. La moltitudine di que­ste glandole si può anche paragonare alla moltitudine delle società angeliche nei Cieli, le quali eziandio sono innumerevoli e in un or­dine simile, come mi è stato detto; e la moltitudine delle fibre che escono da quelle glandole si può paragonare ai veri ed ai beni spiri­tuali, che parimenti derivano da quelle società come raggi. Indi è che l’uomo è come un Universo, e come un Cielo in minima forma, se­condo che in più luoghi si è detto e dimostrato. Da queste spiega­zioni si può vedere che, quale è la vita nei principi, tale essa è nei principiati; o che, quale è la vita nei suoi primi nei cervelli, tale essa è nelle cose che ne derivano nel corpo.

367. IV. La vita per quei principi è da ciascuna parte nel tutto, e dal tutto in ciascuna parte, — Si è perché il tutto, che è il cervello e in pari tempo il corpo, non consiste originariamente che di fibre, che procedono dai loro principi nei cervelli; non vi è altra origine, come si vede chiaro da quel che si è testé dianzi dimostrato, n. 366; indi, da ciascuna parte è il tutto: che la vita per quei principi sia anche dal tutto in ciascuna parte, si è perché il tutto fornisce a cia­scuna parte il suo compito e il suo necessario, e per ciò fa che la parte sia nel tutto; in una parola, il tutto esiste dalle parti, e le parti sussistono dal tutto: che vi sia una tal comunione reciproca e per essa la congiunzione, si vede da molte cose nel corpo. Infatti quel che in esso avviene è simile a quel che avviene in una città, in una repubblica e in un regno, cioè che il comune esiste dagli uo­mini, che sono le parti, e le parti o gli uomini sussistono dal comune. Il medesimo è d’ogni cosa che è in qualche forma; massimamente nel­l’uomo.

368. V. Quale è l'amore, tal'è la sapienza, e quindi tal'è l'uomo. — Infatti, quali sono l’amore e la sapienza, tali sono la volontà e l’in­telletto, poiché la volontà è il ricettacolo dell’amore, e l’intelletto è il ricettacolo della sapienza, come si è dimostrato più sopra, e queste due cose costituiscono l’uomo e la sua qualità. L’amore è moltiplice, e tanto moltiplice che le sue varietà sono indefinite, come si può vedere dal Genere umano sulle Terre e nei Cieli; non vi è un sol uomo, né un sol angelo così simile ad un altro che non vi sia alcuna distinzione; l’amore è che distingue, stante che ognuno è il suo amore: si pensa che la sapienza distingue, ma la sapienza viene dall’amore, essa ne è la forma; poiché l’amore è l’essere della vita, e la sapienza è l’esistere della vita da quell’essere. Si crede nel Mondo che l’intelletto faccia l’uomo; ma questo si crede perché l’in­telletto si può elevare nella luce del Cielo, come si è dimostrato più sopra, e così l’uomo può apparire come savio, ma tuttavia quella cosa dell’intelletto che trascende, cioè, che non appartiene all’amore, appare che appartenga all’uomo, per conseguenza che l’uomo sia tale, ma è un’apparenza; infatti, quella cosa dell’intelletto che trascende appartiene, è vero, all’amore di sapere e d'esser savio, ma non ap­partiene in pari tempo all’amore di applicare alla vita quel che si sa e quel che pare savio; perciò quella cosa nel Mondo, o si ritira col tempo, o rimane come caduca nell’estremità, fuori delle cose della me­moria; per lo che dopo la morte si separa, e non rimane altro che quel che concorda coll’amore proprio dello spirito. Poiché l’amore fa la vita dell’uomo, e per conseguenza l’uomo stesso, perciò tutte le società del Cielo, e tutti gli angeli nelle società, sono disposti in ordine secondo le affezioni che appartengono all’amore, e nessuna società, ed in ogni società nessun angelo è disposto in ordine secondo qualcosa dell’intelletto separato dal suo amore: il medesimo è negli inferni e nelle loro società, ma secondo gli amori opposti agli amori celesti. Da que­ste spiegazioni si può vedere che quale è l’amore, tale è la sapienza, e che quindi tale è l’uomo.

369. Per verità si riconosce che l’uomo è tale, quale è il suo amore regnante, ma solamente tale in quanto alla mente ed all’animo, e non in quanto al corpo, così non tale tutto quanto: ma da parecchie espe­rienze nel Mondo spirituale io ho conosciuto che l’uomo, dalla testa al piede, o dalle prime cose nel capo fino alle ultime nel corpo è tale, quale è il suo amore: infatti tutti in quel Mondo sono le forme del loro amore; gli angeli sono le forme dell’amore celeste, e i diavoli le forme dell’amore infernale; questi sono deformi di faccia e di corpo, e quelli sono belli di faccia e di corpo; e quando si combatte il loro amore, le loro facce mutano, e se si combatte molto, essi spariscono intieramente; questo è speciale in quel Mondo; avviene così, perché il loro corpo fa una medesima cosa con la loro mente. La causa è evidente da quel che si è detto dianzi, che tutte le cose del corpo sono principiati, cioè tessute per fibre provenienti dai principi, che sono i ricettacoli dell’amore e della sapienza; e quando i principi sono tali, i principiati non possono essere altri, perciò dove vanno i principi, i principiati li seguono; essi non possono essere separati. Indi è che chi eleva la sua mente al Signore, quegli è elevato tutto quanto al Signore; e che chi abbassa la sua mente all’inferno, que­gli è abbassato tutto quanto all’inferno: perciò tutto quanto l’uomo, secondo l’amore di sua vita, viene o nel Cielo o nell’inferno. È un punto della sapienza angelica che la mente dell’uomo è l’uomo, perché Dio è Uomo, e perché il corpo è l’esterno della mente che sente ed agisce, e che così sono uno e non due.

370. Si deve osservare che le forme stesse delle membra, degli organi e dei visceri dell’uomo, quanto alle stesse contesture, vengono dalle fibre che originano dai loro principi nei cervelli, ma che esse forme si fissano con sostanze e materie quali sono nelle terre, e dalle terre nell’aria e nell'etere, il che si fa per mezzo del sangue; perciò, affinché tutte le cose del corpo sussistano nella loro formazione, e così rimangano nelle loro funzioni, l’uomo si deve nutrire d’un cibo materiale, e si deve rinnovare continuamente.

 

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69. VI È CORRISPONDENZA DELLA VOLONTÀ COL CUORE
E DELL’INTELLETTO COL POLMONE

 

371. Questo vuol esser dimostrato in questa serie: I. Tutte le cose della Mente si riferiscono alla Volontà e all’Intelletto, e tutte quelle del corpo si riferiscono al Cuore ed al Polmone. II. Vi è corrispon­denza della volontà e dell’intelletto col cuore e col polmone, e quindi rispondenza di tutte le cose della mente con tutte quelle del corpo. III. La volontà corrisponde al cuore. IV. L’intelletto corrisponde al polmone. V. Per questa rispondenza si possono scoprire molti ar­cani circa la volontà e l’intelletto, per conseguenza ancora circa l’amore e la sapienza. VI. La mente dell’uomo è il suo spirito e lo spirito è l’uomo, e il corpo è l’esterno per cui la mente o lo spirito sente e agisce nel Mondo. VII. Vi è congiunzione dello spirito dell’uomo col corpo per la corrispondenza della sua volontà e del suo intelletto col suo cuore e col suo polmone, e vi è disgiunzione per la non rispondenza.

372. I. Tutte le cose della Mente si riferiscono alla Volontà e all’Intelletto, e tutte quelle del corpo si riferiscono al cuore ed al polmone. — Per la mente non s’intende altro che la volontà e l’in­telletto, che, nel loro complesso, sono tutte le cose che affettano l’uomo, e tutte quelle che l’uomo pensa, così tutte quelle che appartengono all’affezione ed al pensiero dell’uomo; quelle che affettano l’uomo spet­tano alla sua volontà, e quelle che l’uomo pensa appartengano al suo intelletto. Che tutte le cose del pensiero dell’uomo appartengano al suo intelletto, questo si sa, giacché l’uomo pensa in virtù del suo in­telletto; ma che tutte quelle dell’affezione dell’uomo appartengano alla sua volontà, non si sa egualmente; se non si sa egualmente, si è perché quando l’uomo pensa, egli non presta attenzione all’affezione, ma solamente alle cose che pensa; per esempio, quando ode parlare, egli non presta attenzione al suono ma al linguaggio stesso, dovechè tut­tavia l’affezione è nel pensiero addirittura come il suono è nel linguag­gio; laonde dal suono di chi parla si conosce la sua affezione, e dal linguaggio il suo pensiero. Che l’affezione appartenga alla volontà; si è perché ogni affezione appartiene all’amore, e il ricettacolo dell’amore è la volontà, come si è dimostrato più sopra. Chi non sa che l’affe­zione appartiene alla volontà confonde l’affezione coll’intelletto, perocché egli dice che essa è una col pensiero, e pur non ostante non sono uno, ma agiscono come uno. Che si confondano, è evidente dal linguaggio comune, quando si dice: Penso di fare questo, vale a dire, voglio far questo; che ciò nondimeno essi siano due, é ancora evidente dal linguag­gio comune, quando si dice: Voglio pensare a questa cosa; e quando vi si pensa, l’affezione della volontà è nel pensiero dell’intelletto, come il suono è nel linguaggio, secondo che si è detto. Che tutte le cose del corpo si riferiscano al cuore e al polmone, questo è conosciuto; ma che vi sia corrispondenza del cuore e del polmone con la volontà e coll'intelletto, questo non è conosciuto; perciò se ne tratterà in quel che segue.

373. Poiché la Volontà e l’intelletto sono i ricettacoli dell’amore e della sapienza, essi per conseguenza sono ambedue forme organiche, o forme organizzate con purissime sostanze. Conseguentemente, affinché siano ricettacoli, debbono essere tali. Non importa che la loro organiz­zazione non si manifesti dinanzi all’occhio, essa è per l’interiore della sua vista, anche quando l’occhio è aiutato da forti microscopi: per l’interiore della vista sono pure gli insetti piccolissimi, nei quali vi sono anche gli organi sensori e motori, poiché essi sentono e cammi­nano e volano; che essi abbiano parimenti cervelli, cuori, canali pol­monari, visceri, ecc., è stato scoperto da abili anatomisti coll’aiuto dei microscopi: poiché dunque questi piccolissimi insetti non si manife­stano dinanzi alla vista, e meno ancora i piccolissimi visceri di cui sono composti, e non si nega che quei piccolissimi visceri, fino alle singole cose che li compongono, siano organizzati, come allora si può dire che i due ricettacoli dell’amore e della sapienza, che si chiamano volontà ed intelletto, non sono forme organiche? Come l’amore e la sapienza, che sono la vita procedente dal Signore, possono agire in un soggetto, o in qualcosa che non esiste sostanzialmente? Come il pensiero può altrimenti essere inerente, e come qualcuno può par­lare da un pensiero che non è inerente? Il cervello, ove esiste il pen­siero, non è forse pieno, e tutto quel che contiene non è desso or­ganizzato? Le stesse forme organiche vi appaiono anche davanti all’occhio nudo, e in un modo rilevante nella sostanza corticale i ri­cettacoli della volontà e dell’intelletto nei loro principi, dove si vedono come piccole grandole; — In proposito vedasi più sopra, n. 366. Non pensare, ti prego, sopra queste cose dietro l’idea del vuoto; il vuoto è il nulla; e nel nulla non si fa nulla, e dal nulla non esiste nulla; — intorno all’idea del vuoto vedasi più sopra, n. 82.

374. II. Vi è corrispondenza della volontà e dell'intelletto col cuore e col polmone, e quindi rispondenza di tutte le cose della mente con tutte quelle del corpo. — Questo è nuovo, perocché non era noto fin qui, per la ragione che si è ignorato quel che è lo spirituale e in che differisce dal naturale, e quindi non si è saputo che cosa è la rispondenza; conciossiachè vi è corrispondenza degli spirituali coi naturali, e per questa rispondenza si effettua la loro congiunzione. Si è detto che si è ignorato fin qui quel che è lo spirituale, e quale è la sua rispondenza col naturale, e quindi che cosa è la rispon­denza; ma nonostante si avrebbe potuto conoscere l’uno e l’altra. Chi non sa che l’affezione e il pensiero sono spirituali, e che quindi tutte le cose di quella e di questo sono spirituali? Chi non sa che l’azione e il linguaggio sono naturali, e che quindi tutte le cose che pertengono all’azione e al linguaggio sono naturali? Chi non sa che l’affe­zione e il pensiero, che sono spirituali, fanno che l’uomo agisca e parli? Chi dunque non può sapere che cos’è la rispondenza degli spirituali coi naturali? Forse che non fa il pensiero che la lingua parli, e l’affezione in un col pensiero che il corpo agisca? Sono due cose distinte: io posso pensare e non parlare, posso volere e non agire; e si sa che il corpo non pensa e non vuole, ma che il pensiero cade nel linguaggio, e la volontà nell’azione. L’affezione non brilla forse in sulla faccia, e non vi presenta il tipo di se stessa? Questo lo sa ognuno. L’affezione considerata in sé non è forse spirituale, e i cambiamenti della faccia, che si chiamano anche arie del volto, non sono forse naturali? Chi per conseguenza non ha potuto da ciò inferire che vi è corrispondenza, e che quindi vi è rispondenza di tutte le cose della mente con tutte quelle del corpo; e che, siccome tutte le cose della mente si riferiscono all’affezione e al pensiero, o, quel che torna il medesimo, alla volontà e all’intelletto, e tutte quelle del corpo al cuore e al polmone, che vi è corrispondenza della volontà col cuore, e dell’intelletto col polmone? Se tali cose non sono state ancora co­nosciute, sebbene avrebbero potuto esserlo, si è perché l’uomo è dive­nuto talmente esterno, che egli non ha voluto riconoscere altro che il naturale; questo è stato il piacere del suo amore, e quindi è stato il piacere del suo intelletto; per il fatto che elevare il pensiero sopra il naturale, a qualche spirituale separato dal naturale, era un dispiacere per lui; perciò dal suo amore naturale e dal piacere di questo amore egli non ha potuto pensare altrimenti se non che lo spirituale fosse un naturale più puro, e che la rispondenza fosse qualcosa che influisce per continuità. Ed anche l’uomo meramente naturale non può pensare a qualcosa separata dal naturale; ciò per lui è niente. Se queste cose non sono state viste, e quindi non sono state conosciute fin qui, si è ancora perché tutte le cose della religione, che si chiamano spirituali, sono state allontanate dalla vista dell’uomo, per quel dogma ammesso in tutto il Mondo cristiano, cioè che i teologici, che sono gli spirituali, che i Concili ed alcuni Capi hanno stabilito, si debbono credere ciecamente, perché, come si dice, essi trascendono l’intelletto. Indi, taluni hanno creduto che lo spirituale fosse come un uccello che vola al di sopra dell’aria nell’etere, dove non arriva la vista dell’occhio; laddove che lo spirituale è come un uccello del para­diso, che vola presso dell’occhio, ne tocca con le sue belle ali la pupilla e vuol esser visto; per la vista dell’occhio s’intende la vista intel­lettuale.

375. La rispondenza della volontà e dell’intelletto col cuore e col polmone non si può confermare nudamente, vale a dire, solamente con dei (ragionamenti) razionali, ma la si può con degli effetti. Egli è di ciò come delle cause delle cose; cause queste, è vero, che si possono vedere razionalmente, ma non chiaramente, se non per gli effetti; stante che le cause sono in essi, e per essi si fanno vedere. La mente neppure si conferma prima sulle cause; gli effetti di questa rispondenza saranno presentati in quel che segue. Ma circa questa rispondenza, affinché non si cada in idee tratte da ipotesi sull’anima, si rilegga prima con attenzione quel che si è dimostrato nel precedente articolo, cioè: Che l'amore e la sapienza, e quindi la volontà e l’intelletto, fanno la vita stessa dell’uomo, n. 363, 364; che la vita dell’uomo nei suoi principi è nei cervelli, e nei principiati nel corpo, n. 365; che quale è la vita nei principi, tale essa è nel tutto ed in ciascuna parte, n. 366; che la vita per quei principi è da ciascuna parte nel tutto, e dal tutto in ciascuna parte, n. 367; che quale è l’amore, tale è la sapienza, e quindi tale è l’uomo, n. 368.

376. Qui per confermazione convien riportare una rappresentazione della corrispondenza della volontà e dell’intelletto col cuore e col pol­mone, che io ho visto nel Cielo presso gli angeli. Questi, per un am­mirabile ed inesprimibile flussione in giro (fluxionem in gyros) for­mavano una somiglianza di cuore e una somiglianza di polmone con tutte le contesture interiori che vi sono, e allora essi seguivano il flusso del Cielo. Per il fatto che il Cielo è nello sforzo per tali forme dall’influsso dell’amore e della sapienza che procedono dal Signore, e così essi rap­presentavano la congiunzione del cuore e del polmone, e in pari tempo la loro rispondenza con l’amore della volontà e con la sapienza dell’intelletto. Essi chiamavano questa corrispondenza ed unione, connubio celeste, dicendo che è la medesima cosa in tutto il corpo e in cia­scuno dei suoi membri, organi e visceri, con le cose che ivi appar­tengono al cuore e al polmone; e che là dove il cuore ed il polmone non agiscono, e dove ognuno di essi non ha le sue alternative, non vi può essere alcun moto di vita da nessun principio volontario, né alcun senso di vita da nessun principio intellettuale.

377. Siccome in quel che ora seguirà si tratta della corrispondenza del Cuore e del Polmone colla Volontà e coll’intelletto, e sopra questa corrispondenza è fondata quella di tutte le cose del corpo, che si chia­mano membra del tutto, organi dei sensi e visceri del corpo; e sic­come la rispondenza dei naturali con gli spirituali è stata ignorata sin qui, e nondimeno essa è stata ampiamente messa in evidenza in due Opere, di cui l’una tratta Del Cielo e Dell’inferno, e l’altra del senso spirituale della Parola nella Genesi e nell’Esodo, sotto il titolo di Arcani Celesti, voglio indicare qui quel che è stato scritto e dimostrato sulla corrispondenza in quelle due Opere. — Nell’Opera Del Cielo e Dell’inferno: Della Corrispondenza di tutte le cose del Cielo con tutte quelle dell’uomo, n. 87 a 102. Della Corrispondenza di tutte le cose del Cielo con tutte quelle della terra, n. 113a 115. — Nell’Opera sul senso spirituale della Parola nella Genesi e nell’Esodo, sotto il titolo di Arcani Celesti: — Della Corrispondenza della fac­cia e dei suoi aspetti colle affezioni della Mente, n. 1568, 2988, 2989, 3631, 4796, 4797, 4800, 5165, 5168, 5695, 9306. Della Corri­spondenza del Corpo in quanto ai suoi gesti ed alle sue azioni cogli intellettuali e coi volontari, n. 2988, 3632, 4215. Della Corrispondenza dei sensi nel comune, n. 4318 a 4330. Della Corrispondenza degli occhi e della loro vista, n. 4403 a 4420. Della Corrispondenza delle nari e dell’odore, n. 4624 a 4634. Della Corrispondenza delle orec­chie e dell’udito, n. 4652 a 4660. Della Corrispondenza della lingua e del gusto, n. 4791 a 4805. Della Corrispondenza delle mani, delle braccia, delle spalle e dei piedi, n. 4931 a 4953. Della Corrispon­denza dei lombi e dei membri della generazione, n. 5050 a 5062. Della Corrispondenza dei visceri interiori del corpo, specialmente dello stomaco, del timo, della cisterna e dei condotti del chilo, del mesenterio, n. 5171 a 5180, 5181. Della Corrispondenza della milza, n. 9698. Della Corrispondenza del peritoneo, delle reni e della ve­scica, n. 5377 a 5396. Della Corrispondenza del fegato e dei con­dotti epatici, cistici e pancreatici, n. 5183 a 5185. Della Corrispon­denza degl’intestini, n. 5392 a 5395, 5379. Della Corrispondenza delle ossa, n. 5560 a 5564. Della Corrispondenza della pelle, n. 5552 a 5573. Della Corrispondenza del Cielo coll’uomo, n. 911, 1900, 1982, 2996, 2998, 3624 a 3649, 3741 a 3745, 3884, 4051, 4279, 4423, 4524, 4525, 6013, 6057, 9279, 9632. Che tutte le cose che sono nel Mondo naturale e nei suoi tre Regni corrispondano a tutte quelle che appaiono nel Mondo spirituale, n. 1632, 1881, 2758, 2990 a 2993, 2997 a 3003, 3213 a 3227, 3483, 3624 a 3649, 4044, 4053, 4116, 4366, 4939, 5116, 5377, 5428, 5477, 8211, 9280. Che tutte le cose che appaiono nei Cieli siano corrispondenze n. 1521, 1532, 1619 a 1625, 1807, 1808, 1971, 1974, 1977, 1980, 1981, 2299, 2601, 3213 a 3226, 3349, 3350, 3475, 3485, 3748, 9481, 9570, 9576, 9577. Della Corrispondenza del senso della lettera della Pa­rola e del suo senso spirituale se ne è parlato dappertutto in Quel­l’Opera; Vedasi pure intorno a questa corrispondenza nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sulla Sacra Scrittura, i n. 5 a 26, 27 a 60.

378. III. La Volontà corrisponde al Cuore. — Non si può a parte vederlo così chiaramente, come quando la volontà viene esaminata negli effetti, come si è detto più sopra: a parte si può vederlo da questo, che tutte le affezioni che appartengono all'amore introducono nel cuore delle mutazioni quanto ai suoi battiti, come è evidente dal polso delle arterie, che agiscono in un modo sincrone col cuore; i cambiamenti e i battiti del cuore secondo le affezioni dell’amore sono innumerevoli; quelli che si sentono col dito consistono solamente in ciò, che il cuore batte len­tamente o con celerità, fortemente o debolmente, mollemente o dura­mente, egualmente o inegualmente, ecc., così nell’allegrezza altrimenti che nella tristezza, nella tranquillità d’animo altrimenti che nella col­lera, nell’intrepidità altrimenti che nel timore, nelle malattie calde altrimenti che nelle fredde, ecc. Poiché i moti del cuore, che si chia­mano sistole e diastole, mutano e variano così secondo le affezioni di ciascun amore, perciò parecchi fra gli antichi, e dietro di loro alcuni moderni, hanno attribuito le affezioni al cuore, e vi hanno ancora fis­sato la loro sede: indi sono venute quell’espressioni nel parlare comune: cuor magnanimo e cuor timido, cuore allegro e cuore triste, cuore molle e cuor duro, cuore grande e cuore pusillanime, cuore intero e cuor contrito, cuore di carne e cuore di pietra; pingue, molle, mite di cuore; dare il cuore a fare, dare un medesimo cuore, dare un cuor nuovo, rimettere di cuore, ricevere di cuore, non viene sul cuore, astenersi di cuore, amico di cuore; indi i vocaboli concordia, discordia, vecordia, e più altri simili, che appartengono all’amore ed alle sue affezioni. La Parola parla nel medesimo modo, e ciò perché la Parola è scritta per corrispondenze. Sia che si dica l’amore o la volontà è il medesimo, poiché il ricettacolo dell’amore è la volontà, come si è detto più sopra.

379. Si sa che nell’uomo ed in ogni animale vi è un calore vitale; ma quale è la sua origine non si sa; ognuno ne parla per congettura; laonde coloro che non hanno saputo nulla della Corrispondenza dei naturali cogli spirituali, ne hanno attribuito l’origine al calore del sole, certuni all’attività delle parti, altri alla vita stessa, ma siccome essi ignoravano quel che è la vita, dicendo ciò non andavano più oltre. Al contrario, chi sa che vi è una corrispondenza dell’amore e delle sue affezioni col cuore e le sue derivazioni, può sapere che l’amore è l’ori­gine del calore vitale; l’amore infatti procede, come calore, dal Sole spirituale, dove è il Signore, ed è sentito ancora dagli angeli come calore; questo calore spirituale, che nella sua essenza è l’amore, è quello che per corrispondenza influisce nel cuore e nel suo sangue, e v’intro­duce il calore e in pari tempo lo vivifica: è noto che l’uomo secondo il suo amore e il grado di esso si scalda e quasi arde, e che secondo la decrescenza dell’amore intorpidisce e si raffredda, dappoiché ciò si sente e si vede, si sente dal calore di tutto il corpo, e si vede dal ros­sore del volto; e viceversa, l’estinzione dell’amore si sente dal freddo del corpo, e si vede dal pallore della faccia. Essendo l’amore la vita dell’uomo, il cuore perciò è il primo e l’ultimo di sua vita; e poiché l’amore è la vita dell’uomo, e l’anima dirige la sua vita nel corpo per il sangue, perciò il sangue nella Parola si chiama anima. — Gen. IX. 4. Levit. XVII. 14. — In seguito si dirà quel che s’intende per anima in varii sensi.

380. Se il sangue è rosso, gli è parimenti dalla corrispondenza del cuore e del sangue coll’amore e le sue affezioni: infatti nel Mondo spirituale vi sono colori d’ogni specie; i colori rosso e bianco sono i colori fondamentali, e tutti gli altri derivano le loro varietà da que­sti due colori e dai colori opposti, che sono il fulvo e il nero; il colore rosso ivi corrisponde all’amore, e il colore bianco alla sapienza. Se il colore rosso corrisponde all'amore, si è perché esso trae la sua. origine dal fuoco del Sole spirituale; e se il colore bianco corrisponde alla sapienza, è perché esso deriva la sua origine dalla luce di quel Sole; e siccome vi è corrispondenza dell’amore col cuore, perciò il sangue non può non essere rosso e indicare la sua origine. Da qui proviene che nei Cieli dove regna l’amore verso il Signore, la luce è infiammata, e là gli angeli sono vestiti di vestimenti di porpora; e nei Cieli dove regna la sapienza, la luce è d’una risplendente bian­chezza, e gli angeli là sono vestiti di bianche vesti di bisso.

381. I Cieli sono distinti in due Regni, di cui l’uno si chiama Ce­leste, e l’altro Spirituale; nel Regno Celeste regna l’amore verso il Signore, e nel Regno Spirituale regna la sapienza proveniente da que­sto amore; il Regno dove regna l’amore si denomina Cardiaco del Cielo; ed il Regno dove regna la sapienza si chiama Polmonare del Cielo. Bisogna sapere che tutto il Cielo angelico nel suo complesso rappresenta un sol Uomo, e al cospetto del Signore appare come un sol Uomo; per questo, il suo Cuore costituisce un Regno, e il suo Polmone costituisce l’altro, poiché vi è un movimento cardiaco e un movimento polmonare in comune in tutto il Cielo, e quindi in particolare in ogni angelo; e i movimenti comuni, cardiaco e polmo­nare, vengono dal Signore Solo, perché da Lui Solo vengono l’amore e la sapienza: infatti nel Sole, dove è il Signore, e che procede dal Signore, vi sono quei due movimenti, e quindi essi sono nel Cielo angelico e nell’Universo: fa astrazione dagli spazi, e pensa all’Onni­presenza, e tu sarai confermato che è così. Che i Cieli siano distinti in due Regni, il Celeste e lo Spirituale, si vede nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno, n. 26, 27, e 28; e che tutto il Cielo ange­lico in complesso rappresenti un sol Uomo, si vede nel medesimo Trattato, n. 59 a 87.

382. IV. L'Intelletto corrisponde al Polmone. — È una conse­guenza di quel che si è detto sulla corrispondenza della volontà col cuore; imperciocché vi sono due cose che regnano nell’uomo spiri­tuale, o nella mente, la Volontà e l’Intelletto, e due cose che regnano nell’uomo naturale o nel corpo, il Cuore e il Polmone; e vi è cor­rispondenza di tutte le cose della mente con tutte quelle del corpo, come si è detto più sopra; donde risulta che mentre la volontà cor­risponde al cuore, l’intelletto corrisponde al polmone. Ognuno può eziandio osservare in sé medesimo che l’Intelletto corrisponde al Polmone, non solamente dal suo pensiero, ma anche dal suo parlare: Dal suo pensiero: Nessuno può pensare senza il concorso e l’accordo del soffio polmonare; perciò se si pensa tacitamente, si respira taci­tamente; se si pensa profondamente, si respira profondamente; il pol­mone si ritrae e si rilassa, si comprime e si eleva secondo il pen­siero, per conseguenza secondo l’influsso dell’affezione procedente dall’amore, lentamente, rapidamente, vivamente, dolcemente attenta­mente; anzi se si ritiene interamente il soffio, non si può pensare fuorché nel suo spirito dietro la respirazione di esso, il che non si percepisce in un modo manifesto. Dal parlare: infatti non esce dalla bocca la minima voce senza il soccorso del polmone, stante che il suono che si articola in voce viene tutto quanto dal polmone per la trachea e l’epiglotta; perciò secondo il gonfiamento di questo fischietto e l’apertura del suo passaggio la loquela si eleva fino al grido, e se­condo la contrazione diminuisce; e se il passaggio è chiuso, la loquela cessa col pensiero.

383. Poiché l’intelletto corrisponde al Polmone, e quindi il pen­siero corrisponde alla respirazione del polmone, perciò nella Parola per l’Anima e per lo Spirito è significato l’Intelletto; così si dice: «Tu amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo Cuore, e con tutta l’Anima tua.» — Matt. XXH. 37 — «Dio darà un Cuore nuovo ed uno Spirito nuovo» — Ezech. XXXVI. 2G. Sal. LI. 12, 13; — che il cuore significhi l’amore della volontà, si è già dimostrato; quindi per l’Anima e per lo Spirito è significata la sapienza dell’in­telletto. Che per lo Spirito di Dio, che chiamasi anche Spirito Santo, s’intenda la Divina Sapienza, e quindi la Divina Verità per la quale si fa l’illustrazione appo l’uomo, si vede nella Dottrina della Nuova Gerusalemme sul Signore, n. 50, 51. Egli è per ciò che «il Si­gnore soffiò sopra i discepoli, e disse: Ricevete lo Spirito Santo.» — Gio. XX. 22. — Si è anche per ciò che si dice che «Jehovah-Dio soffiò nelle nari di Adamo un'Anima di vite, ed ei fu fatto in Anima vivente.» Gen. II, 7; — e che fu detto al Profeta: «Pro­fetizza sullo Spirito, e di’ al vento: Vieni, o Spirito dai quattro venti, e soffia in questi uccisi, affinché vivano.» Ezech. XXXVII. 9; — parimenti altrove: indi è che il Signore si chiama Spirito delle Nari, ed anche Soffio di Vita. Siccome la respirazione passa per le nari, perciò essa significa la percezione; e si dice dell’intelligente che egli ha il naso fino, e del non intelligente che egli ha il naso ottuso. Da qui proviene anche che nella Lingua Ebraica, ed in alcune altre lingue, lo spirito e il vento sono un sol vocabolo: in fatti il vocabolo Spirito deriva la sua origine dall’animazione; perciò quando l’uomo muore si dice anche che rende l’anima. Da qui viene ancora che l’uomo crede che lo spirito sia un vento, o qualcosa di aereo, quale è l’alito espirato dal polmone, e che il medesimo sia dell’anima. Donde si può vedere che, per amar Dio con tutto il Cuore e con tutta l’Anima s’intende di amarlo con tutto l’amore e con tutto l’in­telletto; e che per dare un Cuor nuovo e un nuovo Spirito s’intende dare una nuova volontà ed un nuovo intelletto. Poiché lo spirito si­gnifica l’intelletto, perciò si dice di Bezaleel, che egli fu ripieno dello Spirito di sapienza, d’intelligenza e di scienza, — Esod. XXXI, 3; e di Giosuè, che fu ripieno dello Spirito di sapienza. — Deut. XXXIV. 9; —  e di Daniel, per la bocca di Nebuchadnezar, che vi era in lui uno Spirito eccellente di scienza, d'intelligenza e di sa­pienza, — Dan. V. 11, 12, 14; — ed in Isaia «I traviati di Spi­rito conoscano l'intelligenza!» — XXIX. 24. — Similmente in molti altri luoghi

384. Siccome tutte le cose della Mente si riferiscono alla Volontà e all’Intelletto, e tutte quelle del corpo al Cuore ed al Polmone, perciò nella Testa vi sono due cervelli, ed essi sono distinti fra loro come lo sono fra loro la volontà e l’intelletto; il Cervelletto è principal­mente per la Volontà, e il Cervello principalmente per l’Intelletto: Similmente il Cuore ed il Polmone nel corpo sono distinti dalle altre parti che vi sono; sono distinti per il diaframma, e sono circondati d’un proprio involucro che si denomina pleura, e costituiscono quella parte del corpo che si chiama Petto. Nelle altre parti del corpo, che si chiamano membra, organi, visceri, quei due sono congiunti, perciò ancora questo parti sono per paia; per esempio, le braccia e le mani, i lombi e i piedi, gli occhi e le nari; nel Corpo i reni, gli ureteri, i testicoli; e i visceri che non sono per paia sono divisi in destro e sinistro; inoltre il Cervello stesso è diviso in due emisferi, lo stesso Cuore in due ventricoli, e lo stesso Polmone in due lobi; la loro parte destra si riferisce al bene del vero, e la sinistra al vero del bene; o quel che toma il medesimo, la destra si riferisce al bene dell’amore, donde procede il vero della sapienza, e la sinistra al vero della sa­pienza procedente dal bene dell’amore: e siccome la congiunzione del bene e del vero è reciproca, e per questa congiunzione avviene che sono come un solo, perciò anche nell’uomo quelle paia agiscono in­sieme e congiuntamente nelle funzioni, nei movimenti e nei sensi.

385. V. Per questa Corrispondenza si possono scoprire molti ar­cani sulla volontà e l'intelletto, e per conseguenza anche sull'amore e la sapienza, — Nel Mondo si sa appena quel che è la volontà e quel che è l’amore, perché l’uomo non può da se stesso amare e dall’amore volere, siccome può come da se stesso intendere e pensare; parimenti egli non può da se stesso spingere il suo cuore a muoversi, come può da sé spingere il suo polmone a respirare. Ora, poiché nel Mondo appena si sa quel che sono la volontà e l’amore, e nondimeno si sa quel che sono il cuore e il polmone, poiché questi due si presentano dinanzi agli occhi e si possono esaminare, ed altresì sono stati esaminati e descritti dagli Anatomisti, mentre la volontà e l’in­telletto non si presentano dinanzi agli occhi e non si possono esaminare, perciò, quando si sa che corrispondono e per la corrispondenza agiscono come uno, si possono scoprire intorno alla volontà e all’intelletto molti arcani, che in altro modo non si possono scoprire ; per esempio, sulla congiunzione della volontà coll’intelletto, e sulla congiunzione reciproca dell’intelletto con la volontà; o sulla con giunzione dell’amore con la sapienza, e sulla congiunzione reciproca della sapienza con l’amore; come pure sulla derivazione dell’amore nelle affezioni, e sulle conso­ciazioni delle affezioni, e sul loro influsso nelle percezioni e nei pen­sieri, e finalmente, secondo la corrispondenza, negli atti e nei sensi del corpo. Questi e molti altri arcani si possono e scoprire e dimostrare dalla congiunzione del cuore e del polmone, e dall’influsso del sangue che va dal cuore nel polmone, e reciprocamente dal polmone nel cuore, e quindi per le arterie in tutti i membri, organi e visceri del corpo.

386. VI. La Mente dell'uomo è il suo spirito, e lo spirito è l'uo­mo, e il corpo è l'esterno mediante il quale la mente o lo spirito sente e agisce nel mondo. — Che la Mente dell’uomo sia il suo spi­rito, e che lo spirito sia l’uomo, questo difficilmente può esser rice­vuto con fede da coloro che hanno pensato che lo spirito sia un vento e che l’anima sia come un non so che d’etereo, quale è il soffio espi­rato dal polmone, poiché essi dicono: “Come può lo spirito, essere l'uomo, quando è spirito? E come può l’anima, essere uomo, perché è anima?” Essi parlano nel medesimo modo relativamente a Dio, perché si chiama Spirito. Questa idea sullo spirito e sull’anima essi l’hanno tratta da questo, che in alcune lingue lo spirito e il vento sono un sol vocabolo; ed anche da questo, che quando l’uomo muore si dice che rende lo spirito o l’anima, e che la vita ritorna, quando lo spirito o 1’anima (soffio) del polmone ritorna appo i soffocati, o appo quelli che son caduti in deliquio ; e siccome allora non scorgono che del vento e dell’aria, hanno giudicato dall’occhio e dal senso del corpo che lo spirito o l’anima dell’uomo, dopo la morte, non è l’uomo. Da questo giudizio corporale sullo spirito e sull’anima sono derivate varie ipotesi, e da esse è nata la fede che l’uomo non diviene uomo che nel giorno dell'ultimo Giudizio, e che frattanto egli dimori in qualche luogo ed aspetti la riunione, secondo quel che è stato detto nella Continua­zione Sull’Ultimo Giudizio, n. 32 a 38. Poiché la Mente dell’uomo è il suo spirito, perciò gli angeli, che sono anche spiriti, si chiamano Menti.

387. Che la Mente dell’uomo sia il suo spirito, e che lo spirito sia l’uomo, si è perché per la Mente s’intendono tutte le cose della vo­lontà e dell’intelletto dell’uomo, e queste cose sono nei principi nei cervelli, e nei principiati nel corpo, per conseguenza sono tutte le cose dell’uomo, in quanto alle loro forme; e poiché è così, perciò la Mente, vale a dire la Volontà e l’intelletto, muove a suo beneplacito il corpo e tutte le sue parti; forsechè il corpo non fa tutto quel che la Mente pensa e vuole? La Mente dirizza l’orecchio per udire e dispone l’oc­chio per vedere, la Mente muove la lingua e le labbra per parlare, muove le mani e le dita per fare quel che gli piace, e i piedi per andare dove vuole; così il corpo è forse altro che un’obbedienza alla sua Mente? e forsechè il corpo può esser tale, se la Mente nei suoi principiati non è nel corpo? È egli conforme alla ragione di pensare che il corpo agisca per obbedienza, perché la Mente vuole così? In questa guisa sarebbero due, l’uno di sopra e l’altro di sotto, l’uno co­manderebbe e l’altro obbedirebbe; ciò non essendo affatto conforme alla ragione, ne segue che la vita dell’uomo è nei principi nei cer­velli, e nei principiati nel corpo, secondo quel che si è detto più so­pra, n. 365; ed anche che, quale è la vita nei principi, tal’essa è nel tutto ed in ciascuna parte, n. 366; e che la vita per quei principi è da ciascuna parte nel tutto, e dal tutto in ciascuna parte, 367. Che tutte le cose della Mente si riferiscano alla Volontà e all’Intelletto, e che la Volontà e l’Intelletto siano i ricettacoli dell’amore e della sapienza procedenti dal Signore, e che l’amore e la sapienza facciano la vita dell’uomo, si è dimostrato negli Articoli precedenti.

388. Dal fin qui detto si può vedere che la Mente dell’uomo è l’uomo stesso; essendo che i primi rudimenti della forma umana, o la stessa forma umana con tutte e le singole sue parti, viene dai principi conti­nuati dal cervello a traverso i nervi, secondo quel che si è dimostrato più sopra. Questa forma è quella in cui viene l’uomo dopo la morte, il quale allora si chiama Spirito e angelo, ed egli è uomo in ogni perfezione, ma uomo spirituale: la forma materiale, che è aggiunta e sopravvestita nel Mondo, non è una forma umana da sé, ma l’è da quella; essa è aggiunta e sopravvestita, affinché l’uomo possa fare gli usi nel Mondo naturale, e ancora portare con sé, per contenente de­gli spirituali, qualcosa di fisso tratto dalle più pure sostanze del mondo, e così continuare a perpetuare la vita. È un punto della Sa­pienza angelica che la mente dell'uomo, non solo in comune ma an­che in ogni particolare, è in un perpetuo sforzo per la forma umana, perché Dio è Uomo.

389. Affinché un uomo sia uomo, non gli deve mancare né nella Te­sta, né nel Corpo nessuna delle parti che esistono in un uomo per­fetto, poiché là non vi è nulla che non entri in quella forma e la costituisca; infatti essa è la forma dell’amore e della sapienza, forma che, considerata in se stessa, è Divina; vi sono in essa tutte le de­terminazioni dell’Amore e della Sapienza, che sono infinite in Dio-Uomo, ma finite nella Sua immagine, che è l’uomo, l’angelo e lo spirito: se mancasse qualcuna delle parti che esistono nell’uomo, man­cherebbe, corrispondente a questa parte, qualcosa d’una determi­nazione proveniente dall’amore e dalla sapienza per cui il Signore potesse essere presso l’uomo dai primi negli ultimi, e dal suo Divino amore per la sua Divina sapienza provvedere agli usi nel Mondo creato.

390. VII. Vi è congiunzione dello spirito dell’uomo col corpo per la corrispondenza della sua volontà e del suo intelletto col suo cuore e col suo polmone, e vi è disgiunzione per la non corrispondenza. — Essendo stato fin qui ignorato che la Mente dell’uomo, per la quale s’intende la volontà e l’intelletto, è il suo spirito, e che lo spirito è l’uomo, ed essendo stato ignorato che lo spirito dell’uomo ha un polso e una respirazione come il corpo, non si è potuto sapere che il polso e la respirazione dello spirito nell'uomo influiscono nel polso e nella respirazione del suo corpo e li producono. Godendo pertanto lo spirito dell’uomo di un polso e di una respirazione come il corpo, ne consegue che vi è una corrispondenza simile del polso e della respirazione dello spirito dell’uomo col polso e con la respirazione del suo corpo, poiché la Mente, come si è detto, è lo spirito dell’uomo; laonde, quando la corrispondenza di questi due movimenti cessa, avviene la separa­zione, che è la morte. La separazione o la morte avviene quando il corpo per qualche malattia o accidente viene in quello stato da non potere agire come uno col suo spirito, essendo che così perisce la cor­rispondenza e con la corrispondenza la congiunzione; non già quando cessa la respirazione sola, ma quando cessa il polso del cuore; poiché, finché il cuore batte, l’amore col suo calore vitale rimane e conserva la vita, come è evidente dagli svenimenti e dalle soffocazioni, ed anche dallo stato dell’embrione nell’utero. In una parola, la vita del corpo dell’uomo dipende dalla corrispondenza del suo polso e dalla sua respirazione col polso e la respirazione del suo spirito, e quando cessa questa corrispondenza, cessa anche la vita del corpo, ed il suo spirito se ne va, e continua nel Mondo spirituale la sua vita, la quale è tanto simile alla sua vita nel Mondo naturale, che egli non sa di aver lasciato questo mondo. La maggior parte sono nel Mondo spiri­tuale due giorni dopo di aver lasciato il corpo; infatti io ho conver­sato con alcuni due giorni dopo.

391. Che lo spirito goda il polso e la respirazione come l’uomo del mondo nel corpo, non può essere d’altra parte confermato fuorché da­gli stessi spiriti e dagli angeli, quando è data la permissione di con­versare con loro; questa permissione mi è stata data; perciò, aven­doli interrogati sopra questo soggetto, mi hanno detto che essi sono uomini come gli uomini nel mondo; che essi godono egualmente un corpo, ma spirituale, e che sentono nel petto il polso del cuore, e quello delle arterie al disopra della mano, come quelli che sono uo­mini nel mondo naturale; in proposito ne ho interrogati molti, ed essi mi hanno detto la medesima cosa. Che lo spirito dell’uomo respiri nel suo corpo, mi è stato dato di saperlo dalla mia propria esperienza: Una volta fu data permissione agli angeli di dirigere la mia respira­zione, e di diminuirla a loro piacimento, e finalmente di ritirarla, fin­ché non rimanesse che la sola respirazione del mio spirito, che io allora percepii coi sensi: che una cosa simile mi sia successa, quando mi fu dato di conoscere lo stato dei moribondi, si vede nel Trat­tato Del Cielo e Dell’inferno, n. 449. Alcune volte anche fui ridotto alla sola respirazione del mio spirito, che allora percepii coi sensi essere concordante con la respirazione comune del Cielo: Molte volte ancora sono stato in uno stato simile cogli angeli ed elevato anche ad essi nel Cielo, ed allora in ispirito fuori del corpo, ed ho parlato con loro, respirando come nel mondo. Da queste e da altre vive esperienze io ho visto chiaramente che lo spirito dell’uomo respira, non solamente nel corpo, ma anche dopo che ha lasciato il corpo; e che la respirazione dello spirito è tanto tacita, che essa non si per­cepisce dall’uomo; e che essa influisce nella respirazione manifesta del corpo, presso a poco come la causa nell’effetto, e come il pensiero nel polmone e per il polmone nel linguaggio. Da qui è ancora evidente che vi è congiunzione dello spirito e del corpo appo l’uomo per la corrispondenza del movimento cardiaco e del movimento polmonare di entrambi.

392. Se questi due movimenti, il cardiaco e il polmonare, esistono e persistono, si è perché tutto il Cielo angelico, tanto in comune quanto in particolare, è in questi due movimenti della vita; che tutto il Cielo angelico sia in questi due movimenti, è perché il Signore dal Sole, dove Egli è,e il quale procede da Esso, ve l'introduce; poiché quel Sole opera dal Signore quei due movimenti, e sic­come tutte le cose del Cielo e del Mondo dipendono dal Signore per mezzo di quel Sole in tal nesso e dietro le loro forme, come un’opera concatenata dai primi agli ultimi, e siccome la vita dell’amore e della sapienza procede dal Signore, e tutte le forze dell’universo vengono dalla vita, è evidente che l’origine non viene d’altra parte. Segue da ciò che la loro variazione è secondo la ricezione dell’amore e della sapienza.

393. In seguito si dirà di più sulla Corrispondenza di questi movi­menti; per esempio, quale è questa corrispondenza appo quelli che re­spirano col Cielo, e qual’è appo coloro che respirano coll’inferno; ed anche quale essa è appo coloro che parlano col Cielo e pensano col­l’inferno, per conseguenza appo gl’ipocriti, gli adulatori, i furbi ed altri.

 

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70. DALLA CORRISPONDENZA DEL CUORE CON LA VOLONTÀ E DELL’INTELLETTO

COL POLMONE SI POSSONO SAPERE TUTTE LE COSE CHE È POSSIBILE DI SAPERE

SULLA VOLONTÀ E SULL’INTELLETTO, O SULL’AMORE E SULLA SAPIENZA,

PER CONSEGUENZA SULL’ANIMA DELL’UOMO

 

394. Nel Mondo erudito molti hanno sudato intorno alla ricerca dell'Anima; ma siccome non sapevano nulla del Mondo spirituale, né dello stato dell’uomo dopo la morte, non hanno potuto altrimenti che fabbricar delle ipotesi, non sopra quel che è l’Anima ma intorno alla sua operazione nel corpo: circa la qualità dell’anima non hanno potuto avere altra idea che quella che essi hanno di un non so che di puris­simo nell’etere, e circa il contenente dell’anima non altra idea che come dell’etere; tuttavia però sopra questo soggetto essi non hanno osato pubblicare che poco, per timore di attribuire all’Anima qualche naturale, sapendo che l’Anima è spirituale. Ora poiché essi hanno così concepito l’Anima, e nonostante era ad essi noto che l’Anima opera nel Corpo, e vi produce tutte le cose che si riferiscono al senso ed al moto, perciò hanno sudato, come si è detto, nella ricerca dell’opera­zione dell’Anima nel corpo, che taluni hanno detto aver luogo per influsso; altri per armonia: ma siccome in questa guisa non si è sco­perto nulla a cui possa acquietarsi una Mente che vuol vedere se la cosa è così, perciò mi è stato dato di conversare cogli angeli, e d’es­sere illustrato sopra questo soggetto per la loro sapienza; da questa sapienza io ho saputo che 1'Anima dell’uomo, la quale vive dopo la morte, è lo spirito di lui, che questo spirito è uomo in una forma perfetta, che l’anima dello spirito è la volontà e l’intelletto, che l’anima della volontà e dell’intelletto è l’amore e la sapienza che procedono dal Signore, che questo amore e questa sapienza fanno la vita del­l’uomo, la quale viene dal Signore solo, e che il Signore, affine d’es­sere ricevuto dall’uomo, fa sì che la vita apparisca come appartenente all’uomo; ma affinché l’uomo non si attribuisca la vita come sua, e così non si sottragga alla ricezione del Signore, il Signore ha eziandio insegnato che tutto quel che spetta all’amore, che chiamasi bene, e tutto quel che si attiene alla sapienza, che si chiama vero, procedono da Lui, e che nulla del bene e del vero viene dall’uomo; e che siccome questi due (il bene e il vero) sono la vita, tutto quel che appartiene alla vita, che è vita, procede da Lui.

395. Poiché l'Anima in quanto al suo stesso essere è l’amore e la sapienza, è l’amore e la sapienza sono dal Signore appo l’uomo, perciò sono stati creati appo l’uomo due ricettacoli, che sono anche gli abitacoli del Signore presso l’uomo, l’uno per l’amore, e l’altro per la sapienza ; quello che è per l’amore chiamasi Volontà, e quello che è per la sa­pienza si chiama Intelletto: ora siccome l'Amore e la Sapienza nel Signore sono distintamente uno, — vedasi più sopra n. 17 a 22 — ; e il Divino Amore del Signore appartiene alla sua Divina Sapienza, e la sua Divina Sapienza al suo Divino Amore, — n. 34 a 39 — ; ed essi procedono parimenti da Dio-Uomo, vale a dire dal Signore, perciò nell’uomo quei due ricettacoli ed abitacoli, che si chiamano Volontà ed Intelletto, sono stati creati dal Signore in guisa che siano distinti in due, ma nondimeno facciano come uno in ogni operazione ed in ogni sensazione; infatti la volontà e l’intelletto non si possono separare nell’operazione e nella sensazione. Ma affinché l’uomo possa divenire ricettacolo ed abitacolo, è stato stabilito, dalla necessità del fine, che l’intelletto dell’uomo si possa elevare al disopra del suo proprio amore in qualche luce della sapienza, nell’amore della quale egli non è, e per questo vedere e imparare come deve vivere per divenire anche in quell’amore, e cosi godere la beatitudine in eterno. Ora avendo l'uomo abusato della facoltà d’elevare l’intelletto al disopra del suo proprio amore, egli ha per conseguenza distrutto appo sé quel che poteva essere il ricettacolo e l’abitacolo del Signore, cioè dell’amore e della sapienza procedente dal Signore, facendo la volontà abitacolo dell’amore di sé e dell’amore del mondo, e l’intelletto abitacolo delle confermazioni di questi amori. Questa è l'origine da cui quei due abitacoli, la volontà e l’intelletto, sono divenuti gli abitacoli dell’amore infernale, e a forza di confermazioni per quest’amore, gli abitacoli del pensiero infernale, che è reputato sapienza nell’inferno.

396. Se l’amore di sé e l’amore del mondo sono amori infernali, e se l’uomo ha potuto venire in questi amori, e così distruggere la vo­lontà e l'intelletto appo se stesso, si è perché l’amore di sé e l’amore del mondo sono celesti dalla creazione; conciossiachè sono gli amori dell’uomo naturale, che servono agli amori spirituali, come i fonda­menti servono alle case; infatti dall’amore di sé e dall’amore del mondo l’uomo vuol bene al suo corpo, egli vuol nutrirsi, vestirsi, avere una abitazione, provvedere alla sua casa, cercare impieghi per cagion degli usi, ed anche, secondo la dignità della carica che amministra, vuole essere onorato a motivo dell’obbedienza; egli vuole ancora dai piaceri del inondo dilettarsi e ricrearsi; ma vuole tutte queste cose per un fine, che deve essere l’uso; essendo che per esse egli è in istato di servire il Signore e di servire il prossimo; ma quando l’amore di ser­vire il Signore e di servire il prossimo è nullo, e non vi è che l’amore di servire se stesso dal mondo, allora l’amore da celeste diviene in­fernale, poiché esso fa che l’uomo immerga la sua mente ed il suo animo nel suo proprio, che in sé è ogni male.

397. Ora, affinché l’uomo non sia per l’intelletto nel Cielo, come lo può, e per la volontà nell’inferno, e così non abbia una mente di­visa, tutte le cose del suo intelletto, che sono sopra del suo proprio amore, vengono perciò rimosse dopo la morte; donde avviene che la volontà e l’intelletto appo tutti agiscono finalmente come uno; appo coloro che sono nel Cielo la volontà ama il bene, e l’intelletto pensa il vero, ma appo coloro che sono nell’inferno la volontà ama il male e l’intelletto pensa il falso. Similmente fa l’uomo nel mondo quando pensa dal suo spirito, il che avviene quando egli è solo, sebbene molti pensino altrimenti quando sono nel corpo, ciò che avviene quando non sono soli; se allora pensano altrimenti, è perché essi elevano il loro intelletto al disopra del proprio della loro volontà, o al disopra del­l’amore del loro spirito. Questi schiarimenti sono dati, affinché si sappia che la Volontà e l’intelletto sono due cose distinte, e che nonostante sono state create per agire come uno, e che esse sono condotte ad agire come uno, se non prima, almeno dopo la morte.

398. Ora essendo l’Amore e la Sapienza, e quindi la volontà e l’in­telletto, quel che si chiama Anima, e dovendosi dire in quel che segue come l’Anima agisce nel corpo e vi opera ogni cosa, e questo si può sapere dalla corrispondenza del Cuore con la Volontà, e del Polmone coll’intelletto, per questa corrispondenza sono per conseguenza disvelate le cose che seguono: I. L’Amore o la Volontà è la vita stessa dell’uomo. II. L’Amore o la Volontà è continuamente in isforzo per la forma umana, e per tutto quel che s’attiene alla forma umana. III. L’Amore o la Volontà non può per la sua forma umana fare alcuna cosa senza un connubio colla Sapienza o l’Intelletto. IV. L’Amore o la Volontà prepara la casa o il talamo per la sua futura coniuge, che è la Sapienza o l’Intelletto. V. L’Amore o la Volontà prepara anche tutto nella sua forma umana, affine di potere agire congiuntamente con la Sapienza o l’intelletto. VI. Quando le nozze sono fatte, la prima congiunzione esiste per l’affezione di sapere, da cui risulta l’affezione del vero. VII. La seconda congiunzione esiste per l’affezione di comprendere, da cui risulta la percezione del vero. VIII. La terza congiunzione esiste per l’affezione di vedere il vero, da cui risulta il pensiero. IX. L’Amore o la Volontà per queste tre congiunzioni è nella sua vita sensitiva e nella sua vita attiva. X. L’Amore o la Volontà introduce la Sapienza o l’Intelletto in tutte le parti di sua casa. XI. L’Amore o la Volontà non fa nulla se non in congiunzione con la Sapienza o l’Intelletto. XII. L’Amore o la Volontà si congiunge alla Sapienza o all’intelletto e fa sì che la Sapienza o l’Intelletto sia reciprocamente congiunto. XIII. La Sapienza o l’Intelletto, dalla potenza che gli dà l’Amore o la Volontà, si può elevare e ricevere le cose che sono della luce pro­cedente dal Cielo, e percepirle. XIV. L’Amore o la Volontà si può parimenti elevare e percepire le cose che sono del calore procedente dal Cielo, se ama la Sapienza, sua coniuge, in questo grado. XV. Altri­menti l’Amore o la Volontà ritira dalla sua elevazione la Sapienza o l’Intelletto, affinché agisca come uno con esso. XVI. L’Amore o la Vo­lontà vien purificato dalla Sapienza nell’intelletto, se si elevano insieme. XVIL L’Amore o la Volontà vien contaminato nell’intelletto e dall’intel­letto, se non si elevano insieme. XVIII. L’Amore purificato dalla Sa­pienza nell’intelletto diviene spirituale e celeste. XIX. L’Amore con­taminato nell’intelletto e dall’intelletto diviene naturale e sensuale. XX. Ciò nonostante rimane la facoltà di comprendere, che si chiama Razionalità, e la facoltà di agire che chiamasi Libertà. XXI. L’Amore spirituale e celeste è l’amore verso il prossimo e l’amore verso Dio; e l’Amore naturale e sensuale è l’amore del mondo e l’amore di sé. XXII. È la medesima cosa della carità e della fede, e della loro con­giunzione, come della volontà e dell’intelletto, e della loro congiun­zione.

399. I. L'Amore o la Volontà è la vita stessa dell'uomo. — É una conseguenza della corrispondenza del cuore con la volontà, di cui si è parlato più sopra, n. 378 a 381; poiché, come il cuore agisce nel corpo, così la volontà agisce nella mente; e siccome tutte le cose del corpo dipendono dal cuore in quanto all’esistenza e al movimento, così tutte le cose della mente dipendono dalla volontà in quanta al­l’esistenza e alla vita; si dice dalla volontà, ma s’intende dall’amore, perché la volontà è il ricettacolo dell’amore, e l’amore è la vita stessa, — vedasi più sopra, n. 1, 2, 3; — e l’amore che è la vita stessa viene dal Signore Solo. Che dal cuore e dalla sua espansione nel corpo per le arterie e le vene si possa sapere che l’amore o la volontà è la vita dell’uomo, si è perché le cose che si corrispondono agiscono nel medesimo modo, con la differenza che l’una è naturale e l’altra è spi­rituale. Come il cuore agisce nel corpo si vede chiaro dall’Anatomia, per esempio, da che tutto vive o è sommesso alla vita, là dove il cuore agisce per i vasi che sortono da esso, e da che nulla vive, là dove il cuore non agisce per i suoi vasi: ed inoltre, il cuore è il primo e l’ultimo che agisce nel corpo; che sia il primo, è manifesto dagli embrioni; che sia l’ultimo, si vede dai moribondi, e che esso agisca senza la cooperazione del polmone, si vede dai soffocati e da quelli che cadono in deliquio. Donde emerge ad evidenza che siccome la vita del corpo, vita secondaria (succenturiata), dipende dal cuore solo, così del pari la vita della mente dipende dalla sola volontà, e che la vo­lontà vive quando cessa il pensiero, come il cuore vive quando cessa la respirazione, come pure si vede chiaramente dai moribondi, dai soffocati e da quelli che sono in deliquio. Da tutto ciò risulta che l’amore o la volontà è la vita stessa dell’uomo.

400. II. L'Amore o la Volontà è continuamente in isforzo per la forma umana, e per tutto quel che s'attiene alla forma umana. — Questo è evidente dalla corrispondenza del cuore con la volontà; in­fatti si sa che tutte le cose del corpo si formano nell’utero, e che si formano per mezzo delle fibre provenienti dal cervello, e per mezzo dei vasi sanguigni provenienti dal cuore, e che le contesture di tutti gli organi e di tutti i visceri si fanno da quelle fibre e da quei vasi; donde emerge ad evidenza che tutte le cose dell’uomo, dalla vita della volontà, che è l’amore, derivano la loro esistenza dai loro principi procedenti dai cervelli per le fibre, e che tutte quelle del suo corpo derivano la loro esistenza dal cuore per le arterie e le vene. Da ciò si vede chiaramente che la vita, che è l’amore e quindi la volontà, è continuamente in isforzo per la forma umana; e siccome la forma umana si compone di tutte quelle cose che sono nell’uomo, ne segue che l’amore o la volontà è in un continuo sforzo e in una continua tendenza per formare tutte quelle cose: se lo sforzo e la. tendenza sono per la forma umana, si è perché Dio è Uomo, e il Divino Amore e la Divina Sapienza sono la Sua Vita, da cui procede tutto quel che appartiene alla vita. Ognuno può vedere che se la Vita, che è l’Uomo stesso, non agisse in quel che in sé non è la vita, non si sarebbe potuto formare qualcosa di tale, qual è nell’uomo, in cui sono mi­gliaia di migliaia di parti che fanno uno, e tendono unanimemente alla immagine della Vita da cui procedono, affinché l’uomo ne possa di­venire il ricettacolo e l’abitacolo. Donde si può vedere che l’Amore, e dall’Amore la Volontà, e dalla Volontà il Cuore, sono continuamente in isforzo per la forma umana.

401. III. L'Amore o la Volontà non può per la sua forma umana fare alcuna cosa, senza un connubio con la Sapienza o l'Intelletto. — Questo è anche evidente dalla corrispondenza del Cuore con la Vo­lontà. L’uomo embrione vive col cuore, ma non col polmone; allora il sangue non scorre dal cuore nel polmone e gli dà la facoltà di respirare, ma scorre per un foro nel ventricolo sinistro del cuore; perciò l’embrione non può allora muovere nessuna parte del corpo, infatti esso giace fasciato, e non può sentir nulla, essendo che gli organi dei sensi sono chiusi. La medesima cosa è dell’amore o della volontà, dalla quale nonostante egli vive, ma nell’oscuro, cioè senza il senso e l’azione: ma tostochè s’apre il Polmone, il che av­viene dopo il parto, allora comincia a sentire ed agire, e parimenti a volere e pensare. Da ciò si può vedere che l’Amore o la Volontà non può per la sua forma umana fare alcuna cosa, senza un connubio con la Sapienza o l’intelletto.

402. IV. L'Amore o la Volontà prepara la casa o il talamo per la sua futura coniuge, che è la Sapienza o l'Intelletto. — Nell’Uni­verso creato e nelle singole sue parti vi è il connubio del bene e del vero, e ciò viene da che il bene appartiene all’amore, e il vero alla sapienza, e da che l'amore e la sapienza sono nel Signore, da Cui sono state create tutte le cose. Il modo onde questo connubio esiste nel­l’uomo si può vedere come in uno specchio nella congiunzione del Cuore col Polmone, poiché il cuore corrisponde all’amore o al bene, e il polmone alla sapienza o al vero, come si è detto più sopra, n. 378 a 381, 382 a 384. Da questa congiunzione si può vedere come l’amore o la volontà si fidanza con la sapienza o l’intelletto, e come poi la sposa o fa quasi un matrimonio con lei: esso si fidanza con lei per ciò che prepara per essa la casa o il talamo, e la sposa per ciò che se la congiunge per le affezioni, e poi agisce saviamente con lei in quella casa. Che sia così, non può essere pienamente descritto che con la lingua spirituale, perché l’amore e la sapienza, e quindi la vo­lontà e l’intelletto, sono cose spirituali, che si possono bensì esprimere con la lingua naturale, ma solamente fino ad una percezione che è oscura, a motivo dell’ignoranza di quel che è l’amore, di quel che è la sapienza, ed anche di quel che sono le affezioni del bene e le affe­zioni della sapienza, che sono le affezioni del vero. Ma nonostante si può vedere quali sono gli sponsali, e quale è il connubio dell’amore con la sapienza, o della volontà coll’intelletto, per il parallelismo che si dà per la loro corrispondenza col cuore e col polmone; essendo che è il medesimo di questi come di quelli, talmente il medesimo, che non vi è addirittura veruna differenza, eccettuato che gli uni sono spirituali e gli altri naturali. Dal Cuore pertanto e dal Polmone si vede che il Cuore primieramente forma il Polmone, e poi si congiunge con lui; esso forma il polmone nell’embrione, e si congiunge con lui dopo il parto; il Cuore fa ciò nella sua casa, che chiamasi Petto, dove è la loro camera nuziale separata dalle altre parti del corpo per una chiusura che nomasi diaframma, e per un involucro che si chiama pleura. La medesima cosa è dell’amore e della sapienza, o della vo­lontà e dell’intelletto.

403. V. L'Amore o la Volontà prepara anche tutto nella sua forma umana, affine di potere agire congiuntamente con la Sapienza o l'Intelletto. — Si dice la Volontà e l’intelletto, ma bisogna che si sappia bene che la Volontà è tutto l’uomo, poiché la volontà con l’intelletto è nei principi nei cervelli, e nei principiati nel corpo, e quindi nel tutto ed in ciascuna parte, come si è dimostrato più sopra, n. 365, 366, 367; indi si può vedere che la Volontà è tutto l’uomo in quanto alla forma stessa, tanto la forma comune quanto la forma di ciascuna parte, e che l’Intelletto è la sua compagna, come il Pol­mone è quella del Cuore. Che ognuno si guardi dal farsi della Volontà l’idea come d’una cosa separata dalla forma umana, essendo che essa è la medesima forma. Da qui si può vedere non solamente come la Volontà prepara il talamo per l’Intelletto, ma anche come essa pre­para tutto nella sua casa, che è il Corpo intero, affine di potere agire congiuntamente coll’Intelletto: questo essa lo prepara in tal guisa, che tutte e le singole cose del corpo siano congiunte all’Intelletto come esse lo sono alla Volontà, o che tutte e le singole parti del corpo siano sotto la dipendenza dell’intelletto, come esse sono sotto la di­pendenza della Volontà. In qual modo tutte e le singole parti del corpo sono preparate alla congiunzione coll’intelletto medesimamente che colla volontà, non si può vedere se non come in uno specchio o in una immagine per la scienza anatomica nel corpo; per essa si sa qual­mente tutte le cose nel corpo sono connesse, in guisa che quando il polmone respira, tutte ed ogni singola parte vengono messe in mo­vimento in tutto il corpo per la respirazione del polmone, mentre lo sono anche dal polso del cuore: dall’Anatomia si sa che il cuore è congiunto al polmone per mezzo delle orecchiette, e che queste sono continuate negl’ interiori dei polmoni ; ed inoltre che tutti i visceri del corpo sono cogiunti per i legamenti con la camera del petto, ed essi sono siffattamente congiunti che, quando il polmone respira, tutto ed ognuna delle parti, in comune ed in particolare, ricevono qualcosa del movimento respiratorio; infatti, quando il polmone si gonfia, le coste allargono il torace, la pleura si dilata, e il diaframma si di­stende; e con essi tutte le parti inferiori del corpo, che sono connesse per mezzo dei legamenti provenienti da essi, ricevono qualche azione per le azioni polmonari. Non ne dirò di più per timore che coloro che non sono versati nella scienza anatomica non cadano nell’oscurità sopra questo soggetto, per ignoranza dei termini di questa scienza: Consulta solamente degli Anatomisti istruiti ed abili ; domando loro se tutte le parti nel corpo intero, dal petto fino alla parte più bassa, non siano siffattamente legate insieme, che quando il polmone si gonfia per la respirazione, tutte ed ogni singola parte vengono spinte ad un’azione sincrona all’azione polmonare. Da qui dunque si vede chiaramente quale congiunzione dell’intelletto è preparata dalla Volontà con tutte e le singole parti della forma umana; cerca solo con diligenza le con­nessioni, esaminale con occhio da anatomista, e poi secondo le connes­sioni considera la loro cooperazione col Polmone respirante e col Cuore, e finalmente invece del Polmone supponi l'Intelletto, e invece del Cuore la Volontà, e tu vedrai.

404. VI. Quando le nozze sono fatte, la prima congiunzione esi­ste per l’affezione di sapere, donde risulta l’affezione del vero. — Per le nozze s’intende lo stato dell’uomo dopo il parto, dallo stato d’ignoranza fino allo stato d’intelligenza, e da questo sino allo stato di sapienza; il primo stato, che è di mera ignoranza, non s’intende qui per le nozze, perché allora non esiste alcun pensiero dell’intel­letto, ma vi è solamente un’affezione oscura, che appartiene all’amore o alla volontà; questo stato è uno iniziamento alle nozze: che nel secondo stato, che è quello dell’uomo nella puerizia, vi sia l’affezione di sapere, questo è noto; per questa affezione il fanciullo impara a parlare, e impara a leggere, e poi impara successivamente delle cose che pertengono all’intelletto. Che l’amore che s’attiene alla volontà operi ciò, non può esser revocato in dubbio; stantechè se l’amore o la volontà non l’operasse, ciò non si farebbe. Che ogni uomo dopo la nascita abbia l’affezione di sapere, e che per essa egli impari delle cose, dalle quali per gradi l’intelletto si forma, cresce e si perfeziona, ognuno lo riconosce, purché in virtù della ragione consulti l’esperienza. Che indi provenga l’affezione del vero, è anche evidente; poiché quando l’uomo dall’affezione di sapere è divenuto intelligente, egli non è così portato dall’affezione a sapere, come lo è dall’affezione a ra­gionare e a concludere le cose che pertengono al suo amore, vuoi che siano economiche, o civili, o morali; quando questa affezione si eleva fino alle cose spirituali, essa diviene affezione del vero spiri­tuale: che il suo primo o il suo iniziamento fosse l’affezione di sa­pere, si può vedere da questo, che l’affezione del vero è un’affezione elevata di sapere; stantechè essere affetto dei veri si è volerli sa­pere dall’affezione, e quando si trovano, attignerli dal piacere dell’af­fezione. — VII. La seconda congiunzione esiste per l’affezione di comprendere, donde risulta la percezione del vero. — Questo è evi­dente per chiunque vuole esaminarlo da una intuizione razionale. Dall’intuizione razionale è evidente che l’affezione del vero e la perce­zione del vero sono due facoltà dell’intelletto, che appo certuni si riuniscono in uno, e appo altri no; si riuniscono in uno appo coloro che vogliono coll’intelletto percepire i veri, e non si riuniscono in uno appo quelli che vogliono solamente sapere i veri; è anche evidente che, tanto alcuno è nella percezione del vero, per quanto è nell’affezione di comprendere; infatti, togli l’affezione di comprendere il vero, e non vi sarà nessuna percezione del vero; ma dà l’affezione di comprendere il vero, e vi sarà percezione del vero secondo il grado dell’affezione di esso; poiché all’uomo che ha una sana ragione non manca mai la percezione del vero, purché abbia l’affezione di comprendere il vero; che la facoltà di comprendere il vero, che si chiama razionalità, sia appo ogni uomo, si è dimostrato più sopra. — VIII. La terza con­giunzione esiste per l’affezione di vedere il vero, donde risulta il pensiero. — Che altro sia l’affezione di sapere, altro l’affezione di comprendere, ed altro l’affezione di vedere quel che si sa e si com­prende; ovvero che altro sia l’affezione del vero, altro la percezione del vero, e altro il pensiero, questo non si manifesta se non oscura­mente appo coloro che non possono percepire distintamente le opera­zioni della mente, ma si manifesta chiaramente appo coloro che possono percepirle distintamente; se questo non si manifesta che oscuramente appo coloro che non possono percepire distintamente le operazioni della mente, si è perché queste operazioni sono insieme nel pensiero di quelli che sono nell’affezione del vero e nella percezione del vero, e quando sono insieme non si possono distinguere: l’uomo è in un pensiero manifesto, quando il suo spirito pensa nel corpo, quel che avviene principalmente quando è in compagnia cogli altri ; ma quando è nell’affezione di comprendere, e per essa viene nella percezione del vero, allora egli è nel pensiero del suo spirito, che è la meditazione, la quale cade bensì nel pensiero del corpo, ma nel pensiero tacito, perocché essa è al disopra di questo, ed essa intuisce come sotto di sé le cose che pertengono al pensiero proveniente dalla memoria, essendo che da quelle cose essa o conclude o conferma; ma la stessa affezione del vero non vien percepita se non come uno sforzo della volontà dietro un certo piacere, che è interiormente nella meditazione come sua vita, a cui non si presta attenzione. Da queste spiegazioni ora si può vedere che queste tre cose, l’affezione del vero, la perce­zione del vero ed il pensiero, si seguono in ordine dall’amore, e che esse non esistono altrove che nell'Intelletto; infatti, quando l’amore entra nell’intelletto, il che avviene quando la congiunzione è fatta, esso produce primieramente l’affezione del vero, poi l’affezione di com­prendere quel che si sa, e finalmente l’affezione di vedere nel pen­siero del corpo quel che si comprende, poiché il pensiero non è altro che la vista interna. Il pensiero, è vero, esiste in primo luogo, perché esso appartiene alla mente naturale, ma il pensiero dietro la percezione del vero, che procede dall’affezione del vero, esiste in ultimo luogo; questo pensiero è il pensiero della sapienza, ma quello è il pensiero proveniente dalla memoria per la vista della mente naturale. Tutte le operazioni dell’amore o della volontà fuori dell’in­telletto si riferiscono, non all’affezione del vero ma all’effezione del bene.

405. Che queste tre cose procedenti dall’amore che appartiene alla volontà si seguano in ordine nell’intelletto, si può bensì comprendere dall’uomo razionale, ma tuttavia non si può vedere chiaramente, né per conseguenza confermare fino a piena credenza; ora poiché l’amore che appartiene alla volontà agisce per corrispondenza come uno col cuore, e la sapienza che appartiene all’intelletto agisce come uno col polmone, come si è dimostrato più sopra, perciò quel che si è detto dianzi, n. 404, sull'affezione del vero, sulla percezione del vero e sul pensiero, non si può vedere e confermare più chiaramente altrove che nel Polmone e nella sua struttura, laonde questa vuol’essere descritta in poche parole. Dopo il parto, il Cuore manda dal suo ventricolo destro il sangue nel Polmone; e dopo il passaggio ve lo fa sortire nel suo ventricolo sinistro, così apre il polmone; il cuore fa ciò per le arterie e le vene polmonari: Vi sono nei Polmoni dei bronchi che si ramificano, e finalmente si terminano in vescichette, nelle quali il Polmone ammette l’aria e così respira: intorno ai bronchi e alle loro ramificazioni vi sono anche delle arterie e delle vene, che si deno­minano bronchiali, oriunde dall’azigos o dalla vena cava e dall’aorta: queste arterie e vene sono distinte dalle arterie e dalle vene polmo­nari: da questi schiarimenti è evidente che il sangue influisce nel polmone per due vie, e n’effluisce per due vie; indi è che il Pol­mone può respirare in un modo non sincrone col Cuore; che i moti alternativi del cuore, e i moti alternativi del polmone non agiscano come uno, è noto. Ora poiché vi è corrispondenza del cuore e del polmone con la volontà e l’intelletto, come si è dimostrato, e la con­giunzione por la corrispondenza è tale che come l’uno agisce così agisce l’altro, si può vedere dall’influsso del sangue dal cuore nel polmone come la volontà influisce nell’intelletto e produce quel che si è detto dianzi, n. 404, sull’affezione e la percezione del vero e sul pensiero; la corrispondenza mi ha scoperto queste ed ancora, sopra questo soggetto, più altro cose, che non si possono descrivere in poche parole. Poiché l'amore o la volontà corrisponde al cuore, e la sa­pienza o l’intelletto corrisponde al polmone, ne segue che i vasi san­guigni del cuore nel polmone corrispondono alle affezioni del vero, e che le ramificazioni dei bronchi del polmone corrispondono alle percezioni ed ai pensieri provenienti da quelle affezioni: chi esamina di­ligentemente tutte le tessiture del polmone da queste origini, e fa un parallelismo con l’amore della volontà e con la sapienza dell’intel­letto, può vedere come in una certa immagine quel che si è detto più sopra, n. 404, e così essere confermato fino a piena credenza. Ma poiché quel che concerne la scienza anatomica del Cuore e del Polmone è conosciuto da pochi, e confermare un soggetto per cose ignote si è gettare nell’oscurità, perciò m’astengo dal dimostrare ul­teriormente il parallelismo.

406. IX. L'Amore o la Volontà per queste tre congiunzioni è nella sua vita sensitiva e nella sua vita attiva. — Che l'amore senza l’intelletto, o l’affezione che appartiene all’amore, senza il pen­siero che spetta all’intelletto, non possa nel corpo né sentire, né agire, si è perché l’amore senza l’intelletto è come cieco, o l’affezione senza il pensiero è come nell’oscurità, poiché l’intelletto è la luce da cui l’amore vede. La sapienza dell’intelletto viene anche dalla luce che procede dal Signore come Sole, poiché dunque l’amore della volontà, senza la luce dell’intelletto non vede nulla ed è cieco, ne segue che senza la luce dell’intelletto i sensi del corpo sarebbero anche nella cecità e nell’obesità, non solamente la vista e l’udito, ma anche gli altri sensi: vi sarebbero anche gli altri sensi, perché ogni percezione del vero spetta all’amore nell’intelletto, come si è dimo­strato più sopra, e tutti i sensi del corpo derivano la loro percezione dalla percezione della loro mente. La medesima cosa è di ogni atto del corpo; infatti l’atto in forza dell’amore senza l’intelletto è come l’atto dell’uomo nella notte, poiché allora l’uomo non sa quel che fa; quindi non vi sarebbe nell’atto nulla dell’intelligenza e della sa­pienza; un tale atto non si potrebbe chiamare atto vivo; l’atto trae anche dall’amore il suo essere, e dall’intelligenza la sua qualità. Inoltre ogni potenza del bene è dal vero, per la qual cosa il bene è nel vero e così agisce per esso, e il bene appartiene all’amore, e il vero all’intelletto. Da queste spiegazioni si può vedere che l’amore o la volontà per quelle tre congiunzioni, di cui si è parlato più sopra, n. 404, è nella sua vita sensitiva e nella sua vita attiva.

407. Che sia così, si può confermare al vivo per la congiunzione del cuore col polmone, dappoiché fra la volontà e il cuore, e fra l’in­telletto e il polmone vi è una tale corrispondenza, che, come l’amore coll’intelletto agisce spiritualmente, così il cuore col polmone agisce naturalmente; indi quel che si è detto più sopra si può vedere come in una immagine offerta all’occhio. Che l'uomo non sia in nessuna vita sensitiva, né in nessuna vita attiva, quando il cuore ed il polmone non agiscono insieme, si vede dallo stato dell’embrione o del bambino nell’utero, e dal suo stato dopo il parto; finché l’uomo è embrione o nell’utero, i polmoni sono chiusi, indi egli non ha alcun senso, né al­cun atto; gli organi sensori sono chiusi, le mani sono legate, parimenti i piedi; ma dopo il parto i polmoni si aprono, e secondo che si aprono l’uomo sente e agisce; i polmoni si aprono per il sangue che vi manda il cuore. Che l’uomo non sia in nessuna vita sensitiva, né in nessuna vita attiva senza la cooperazione del cuore e del pol­mone, si vede manifestamente ancora da quelli che sono in deliquio; in essi il cuore solamente agisce e non il polmone, essendo che allora la respirazione è tolta; che in essi non vi sia alcuna sensazione, né alcuna azione, questo è noto. La medesima cosa è dell’uomo che è asfissiato, sia per l’acqua, sia per qualcosa che ostruisce la la­ringe e chiude la via per la respirazione del polmone; si sa che al­lora l’uomo pare come morto, non sente niente e non agisce, e che, nonostante, egli vive per il cuore, poiché egli riviene nell’una e nell’altra vita, la sensitiva e l’attiva, tostochè le cause dell’inazione del polmone sono rimosse. Durante l’asfissia il sangue circola bensì a traverso i polmoni, ma per le arterie e le vene polmonari, e non per le arterie e le vene bronchiali, e sono queste che dànno all’uomo la facoltà di respirare. La medesima cosa è dell’influsso dell’amore nell’intelletto.

408. X. L'Amore o la Volontà introduce la sapienza o l'intelletto in tutte le parti di sua casa. — Per la casa dell’amore o della vo­lontà s’intende tutto l’uomo, in quanto a tutte le cose che s’atten­gono alla sua mente; e siccome queste cose corrispondono a tutte quelle del corpo, come si è dimostrato più sopra, per la casa s’intende anche tutto l’uomo in quanto a tutte le cose che appartengono al suo corpo, le quali si chiamano membra, organi e visceri; che il polmone s’introduca in tutte queste cose, come l’intelletto in tutte quelle della mente, si può vedere da quel che si è detto più sopra; per esempio: che 1'Amore o la Volontà prepara la casa o il talamo per la sua futura coniuge, che è la sapienza o l’intelletto, n. 402 ; e che l'Amore re o la Volontà prepara tutto nella sua forma umana o nella sua casa, affine di potere agire congiuntamente con la sapienza o l’intelletto, n. 403; da quel che ivi si è detto è evidente che nel corpo intero tutte ed ogni singola cosa sono siffattamente connesse coi legamenti che partono dalle coste, dalle vertebre, dallo sterno, dal diaframma, dal peritoneo che ne dipende, che, quando il polmone re­spira, esse sono attratte e portate similmente in atti alternativi. Che gli alternativi della respirazione entrino eziandio negli stessi visceri fino ai loro intimi recessi, si può vedere dall’anatomia, poiché i legamenti sopra menzionati sono coerenti agl’involucri dei visceri, e gl’involucri entrano per mezzo di figli (exsertiones) fino ai loro intimi, come parimenti fanno le arterie e le vene per le ramificazioni; indi si può vedere che la respirazione del polmone è in perfetta congiun­zione col cuore in tutte e nelle singole cose del corpo; ed affinché vi sia congiunzione in tutti i modi, il cuore stesso è anche nel mo­vimento polmonare, poiché esso giace nel seno del polmone, e gli è coerente per le orecchiette, ed è coricato sul diaframma, donde le sue arterie partecipano anche del movimento polmonare. Inoltre lo stomaco è in una simile congiunzione per la coerenza del suo eso­fago con la trachea. Questi dettagli anatomici si sono addotti, affinché si veda quale è la congiunzione dell’amore o della volontà con la sa­pienza o l’intelletto, e di tutti i due di concerto con tutte le cose della mente, perocché essa è simile.

409. XI. L’Amore o la Volontà non fa nulla se non in congiun­zione con la sapienza o l’intelletto. — Infatti, poiché l’amore senza l’intelletto, non ha alcuna vita sensitiva, né alcuna vita attiva, e poiché l’amore introduce l’intelletto in tutte le cose della mente, come si è dimostrato più sopra, n. 407, 408, ne consegue che l’amore o la volontà non fa nulla se non in congiunzione con l’intelletto; difatti, che cos’è l’agire dall’amore senza l’intelletto? Questo non si può chiamare altrimenti che irrazionale; poiché l’intelletto insegna quel che si deve fare e come si deve fare, questo, l’amore, non lo sa senza l’in­telletto; laonde, tra l’amore e l’intelletto vi è un tal connubio, che sebbene siano due, tuttavia agiscono come uno. Vi è un simile con­nubio fra il bene e il vero, poiché il bene appartiene all’amore e il vero all’intelletto. Un tal connubio esiste in tutte le cose dell’universo che sono state create dal Signore; il loro uso si riferisce al bene, e la forma dell’uso si riferisce al vero. Si è da questo con­nubio che in tutte e nelle singole cose del corpo vi è una destra e una sinistra, e la destra si riferisce al bene donde procede il vero, e la sinistra al vero procedente dal bene, per conseguenza alla congiun­zione: da qui proviene che le cose nell’uomo sono pari; vi sono due cervelli, due emisferi del cervello, due ventricoli del cuore, due lobi del polmone, due occhi, due orecchie, due nari, due braccia, due mani, due lombi, due piedi, due reni, due testicoli, ecc., e dove non sono pari, vi è una destra e una sinistra: tutto ciò è così, perché il bene riguarda il vero affinché esista, ed il vero riguarda il bene affinché sia. La medesima cosa è nei Cieli angelici ed in ognuna delle loro società. Sopra questo soggetto si vegga quel che di più si è detto precedentemente, n. 401, dove si è dimostrato che l’Amore o la Vo­lontà non può per la sua forma umana fare alcuna cosa, senza un connubio con la sapienza o l’intelletto. Della congiunzione del male e del falso, che è opposta alla congiunzione del bene e del vero, si parlerà altrove.

410. XII. L’Amore o la Volontà si congiunge alla Sapienza o all’intelletto, e fa sì che la sapienza o l’intelletto sia reciproca­mente congiunto. — Che l’Amore o la Volontà si congiunga alla Sapienza o all’intelletto, è manifesto dalla loro corrispondenza col Cuore e col Polmone. L’esperienza anatomica insegna che il cuore è nel moto di sua vita, quando il polmone non vi è ancora: questo insegna l’esperienza da quelli che sono in deliquio e da quelli che sono soffocati; ed anche dagli embrioni negli uteri, e dai pulcini negli ovi. L’espe­rienza anatomica insegna ancora che il cuore, mentre agisce solo, forma il polmone e lo dispone, onde potervi operare la respirazione, e che esso forma eziandio gli altri visceri ed organi, affine di potervi fare vari usi, gli organi della faccia per poter sentire, gli organi del moto per potere agire, e le altre cose nel corpo, affine di poter pro­durre gli usi corrispondenti alle affezioni dell’amore. Da ciò si vede primieramente che, come il cuore produce queste cose a motivo delle varie funzioni che egli ha da compiere nel corpo, così l’amore ne produce delle simili nel suo ricettacolo che nomasi Volontà, a motivo delle varie affezioni che fanno la sua forma, che, come si è dimo­strato più sopra, è la forma umana. Ora siccome le prime e pros­sime affezioni dell’amore sono l’affezione di sapere, l’affezione d’intendere e l’affezione di vedere quel che si sa e s’intende, ne segue che l’amore forma l’intelletto per queste affezioni, e che egli viene in at­tualità in esse, tosto che comincia a sentire e ad agire, e quando comincia a pensare. Che l’intelletto non contribuisca nulla a ciò, si vede dal parallelismo del cuore e del polmone, di cui si è parlato più sopra. Da queste spiegazioni si può vedere che l’amore o la vo­lontà si congiunge alla sapienza o all’intelletto, e che non è la sa­pienza o l’intelletto che si congiunge all’amore o alla volontà; e quindi si vede ancora che la scienza, che l’amore si acquista dall’affezione di sapere, e la percezione del vero che esso si acquista dall’affezione d’intendere, ed il pensiero che si acquista dall’affezione di vedere quel che sa ed intende, non appartengono all’intelletto ma bensì all’amore. I pensieri, le percezioni e quindi le scienze influiscono, è vero, dal Mondo spirituale, tuttavia però esse sono ricevute, non dall’intelletto ma dall’amore secondo le sue affezioni nell’intelletto. Pare che sia l’intelletto che le riceve, e non già l’amore o la volontà, ma è una illusione: pare anche che sia l’intelletto che si congiunge all’amore o alla volontà, ma è parimenti un’illusione; l’amore o la volontà si congiunge all’intelletto e fa sì che esso sia reciprocamente congiunto: se esso si congiunge reciprocamente, si è dal connubio dell’amore con la sapienza, indi si fa una congiunzione come reciproca dalla vita, e quindi dalla potenza dell’amore. La medesima cosa è del connubio del bene e del vero, poiché il bene appartiene all’amore, e il vero all’intelletto; il bene fa tutto, ed esso riceve il vero nella sua casa, e si congiunge con esso in quanto concorda; il bene può anche am­mettere i veri che non concordano, ma egli fa ciò dall’affezione di sapere, di comprendere e di pensare delle cose sue, mentre non si è ancora determinato per gli usi, che sono i suoi fini e si chiamano suoi beni. La congiunzione reciproca, ossia del vero col bene, è asso­lutamente nulla; se il vero si congiunge reciprocamente, si è dalla vita del bene. Da qui viene che ogni uomo, ogni spirito ed ogni angelo è riguardato dal Signore secondo il suo amore o il suo bene, e nessuno è riguardato secondo il suo intelletto o il vero separato dal­l’amore o dal bene: infatti la vita dell’uomo è il suo amore, come si è dimostrato più sopra, e la sua vita è secondo che egli ha elevato le sue affezioni mediante i veri, cioè secondo che egli ha dalla sa­pienza perfezionato le affezioni, poiché le affezioni dell’amore si elevano e si perfezionano per i veri, così per la sapienza: e allora l’amore agisce congiuntamente con essa, come da essa, ma egli agisce da sé per mezzo di essa, come per la sua forma, che non trae af­fatto nulla dall’intelletto, ma tutto deriva da una determinazione del­l’amore che si chiama affezione.

411. L’Amore chiama suoi beni tutte le cose che lo favoriscono, e chiama suoi veri tutte quelle che come mezzi conducono ai beni; e siccome sono mezzi, esse sono amate e divengono cose di sua affe­zione, e così divengono affezioni in una forma, perciò il vero non è    altro che la forma dell’affezione che appartiene all’amore; la forma umana non è altro che la forma di tutte le affezioni dell’amore; la bellezza è la sua intelligenza, che l’amore si acquista per i veri, che riceve o per la vista o per l’udito esterni ed interni; sono queste le cose che l’amore dispone nelle forme delle sue affezioni, le quali forme sono d’una gran varietà, ma tutte traggono una somiglianza dalla lor forma comune, che è la forma umana: tutte queste forme sono all’amore belle ed amabili, ma tutte le altre sono per esso brutte e non amabili. Da ciò si vede ancora che l’amore si congiunge all’in­telletto, e non viceversa, e che la congiunzione reciproca viene anche dall’amore: questo è che s’intende per questa proposizione: «L’Amore o la Volontà fa sì che la sapienza o l’intelletto sia reciprocamente congiunto».

412. Quel che si è detto ora si può vedere in una certa immagine e per conseguenza confermare dalla corrispondenza del cuore con l’amore, e del polmone coll’intelletto, di cui si è parlato più sopra, poiché, siccome il cuore corrisponde all’amore, le cose che ne derivano, cioè le arterie e le vene, corrispondono alle affezioni, e nel polmone alle affezioni del vero: e poiché nel polmone vi sono ancora altri vasi, che si denomi­nano aeriferi, per i quali si fa la respirazione, questi vasi perciò corri­spondono alle percezioni. Bisogna sapere bene che le arterie e le vene nel polmone non sono le affezioni, e che le respirazioni non sono le per­cezioni, né i pensieri, ma che esse sono corrispondenze, perocché esse agiscono in un modo corrispondente o sincrone; la medesima cosa è del cuore e del polmone, i quali non sono né l’amore, né l’intelletto, ma sono corrispondenze; ed essendo corrispondenze, l’uno si può vedere nell’altro. Se, chi conosce dall’Anatomia la struttura del polmone, la compara con l’intelletto, può vedere chiaramente che l’intelletto non fa nulla da sé, non percepisce e non pensa nulla da sé, ma fa tutto dalle affezioni pertinenti all’amore, le quali nell’intelletto si chiamano affezione di sapere, affezione d’intendere e affezione di vedere quel che si sa e s’intende, delle quali si è trattato più sopra. Infatti, tutti gli stati del polmone dipendono dal sangue che viene dal cuore, dalla vena cava e dall’aorta, e le respirazioni che si fanno nelle ra­mificazioni bronchiali esistono secondo lo stato di esse ramificazioni, poiché, cessante l’influsso del sangue, cessa la respirazione. Si possono scoprire ancora molte altre cose dalla struttura del Polmone comparata coll’intelletto, a cui corrisponde; ma siccome la scienza ana­tomica è conosciuta da pochi, e dimostrare o confermare un soggetto per cose ignote si è metterlo nell’oscurità, perciò non conviene dire di più sopra questo punto. La conoscenza che io ho della struttura del polmone mi ha pienamente convinto che l’amore per le sue affe­zioni si congiunge all’intelletto, e che l’intelletto non si congiunge ad alcuna affezione dell’amore, ma che esso vien congiunto reciprocamente dall’amore, affinché l’amore abbia una vita sensitiva e una vita attiva. Ma bisogna assolutamente sapere che l’uomo ha una doppia respira­zione, l’una dello spirito e l’altra del corpo, e che la respirazione dello spirito dipende dalle fibre che discendono dal cervello, e la re­spirazione del corpo dai vasi sanguigni procedenti dal cuore, dalla vena cava e dall’aorta. Inoltre è evidente che il pensiero produce la respirazione, ed è ancora evidente che l’affezione che appartiene all’amore produce il pensiero, dopodiché il pensiero senza l’affezione è addirit­tura come la respirazione senza il cuore, la quale non è possibile. Da qui è chiaro che se si scorge che l’affezione che appartiene all’amore si congiunge al pensiero che s’attiene all’intelletto, come si è detto più sopra; similmente come il cuore nel polmone.

413. XIII. La Sapienza o l'Intelletto, dalla potenza che gli dà   l'Amore o la Volontà, si può elevare e ricevere le cose che sono della luce procedente dal Cielo e percepirle. — Che l’uomo possa percepire gli arcani della sapienza, quando ne ode parlare, si è dimo­strato più sopra in vari luoghi ; questa facoltà dell’uomo è quella che chiamasi Razionalità, la quale ha ogni uomo dalla creazione; per que­sta facoltà, che è la facoltà di comprendere le cose interiormente, e d’inferire sul giusto e l’equo, nonché sul bene e il vero, l’uomo si distingue dalle bestie; si è dunque questo quel che s'intende per quelle parole: «L’intelletto si può elevare e ricevere le cose che sono della luce procedente dal cielo, e percepirle». Che sia così, si può an­cora vedere in una certa immagine nel Polmone, perché il Polmone corrisponde all'Intelletto: si può vedere nel Polmone dalla sua so­stanza cellulosa, che consiste in bronchi continuati sino ai minimi fol­licoli, che sono le ricezioni dell’aria nelle respirazioni; queste sono le cose colle quali i pensieri agiscono come uno per corrispondenza; quella sostanza follicolare è tale, che essa si può estendere e contrarre in un duplice stato, in uno stato col cuore, ed in un altro stato quasi separato dal cuore; nello stato col cuore, per le arterie e le vene polmonari, che vengono dal cuore solo ; nello stato quasi separato dal cuore, per le arterie e le vene bronchiali, che vengono dalla vena cava e dall’aorta; questi vasi sono fuori del cuore: questo si fa nel Polmone; perché l’intelletto si può elevare al disopra del proprio amore che corrisponde al cuore, e ricevere la luce procedente dal Cielo: ma non pertanto, quando l’Intelletto si eleva al disopra del proprio amore, non recede da esso ma trae da esso quel che si chiama l’affezione di sapere e di comprendere a motivo di qualcosa concernente l’onore, la gloria o il guadagno nel Mondo; questa qualcosa è aderente ad ogni amore come una superficie, donde avviene che l’amore brilla sino alla superficie, ma appo i savi esso è diafano. Queste particolarità sul Polmone si sono addotte, affinché sia confermato che l’Intelletto si può elevare e ricevere le cose che appartengono alla luce del Cielo e percepirle, imperocchè vi è una piena corrispondenza; vedere dalla corrispondenza si è vedere dall’in­telletto il polmone, dal Polmone l’intelletto, e così dall’uno e dall’altro insieme la confermazione.

414. XIV. L’Amore o la Volontà si può parimenti elevare e ri­cevere le cose che sono del calore procedente dal Cielo, se ama la Sapienza, sua coniuge, in questo grado. — Che l’Intelletto si possa elevare nella luce del Cielo ed attingere la sapienza da quella luce, si è dimostrato nel precedente Articolo, e qua e là più sopra: si è altresì qua e là dimostrato che l’Amore o la Volontà si può egualmente ele­vare, se ama le cose che appartengono alla luce del Cielo, o che ap­partengono alla sapienza; ma l’amore o la volontà si eleva, non per qualcosa dell’onore, della gloria o del guadagno come fine, ma per l’amore dell’uso, così non per cagione di sé ma per cagion del pros­simo, e siccome questo amore non è dato fuorché dal Cielo dal Si­gnore, ed è dato dal Signore, quando l’uomo fogge i mali come peccati, ne resulta che per questi mezzi l’amore o la volontà si può anche elevare, e senza questi mezzi non lo può: tuttavia l’amore o la vo­lontà si eleva nel calore del Cielo, ma l’intelletto nella luce del Cielo, e se si elevano l’uno e l’altro si fa là fra loro un connubio, che chia­masi connubio celeste, perché è il connubio dell’amore celeste e della sapienza: perciò si dice che l’amore si eleva anche se ama la sapienza, sua coniuge, in questo grado: l’amore verso il prossimo procedente dal Signore è l’amore della sapienza, o l’amore genuino dell’Intelletto umano. Ciò è simile alla luce ed al calore nel Mondo, vi è la luce senza il calore, e vi è il calore con la luce; senza il calore nella sta­gione d’inverno, e col calore nella stagione di estate, e quando il ca­lore è con la luce, allora fiorisce tutto; appo l’uomo la luce che corrisponde alla luce d’inverno è la sapienza senza il suo amore, e la luce che appo l’uomo corrisponde alla luce d’estate, è la sapienza col suo amore.

415. Questa congiunzione e questa disgiunzione della sapienza e dell’amore si possono vedere come effigiate nella congiunzione del polmone col cuore, poiché il cuore può essere congiunto alle vescichette ramuscolose dei bronchi dal sangue che vi manda; e lo può dal sangue che sorte non da esso, ma dalla vena cava e dall’aorta; per questo la respirazione del corpo può essere separata dalla respirazione dello spirito; ma quando il sangue agisce solamente in forza del cuore, le respirazioni non possono essere separate; ora siccome i pensieri agi­scono come uno con le respirazioni per corrispondenza, è anche evidente dal duplice stato del polmone in quanto alla respirazione, che l’uomo può pensare e dal pensiero parlare ed agire in un modo, quando egli è in compagnia cogli altri, e pensare e dal pensiero parlare ed agire in un altro modo, quando non è in compagnia, cioè quando non teme menomamente di perdere la sua riputazione; conciossiachè allora egli può pensare e parlare contro Dio, il prossimo, le cose spirituali della Chiesa, e contro le cose morali e civili, ed ancora agire contro di esse, ru­bando, vendicandosi, bestemmiando e commettendo adulterii; mentre nelle società, dove teme di perdere la sua riputazione, egli può parlare, predicare ed agire addirittura come un uomo spirituale, mo­rale e civile. Da ciò si può vedere che l’amore o la volontà può, al pari dell’intelletto, elevarsi e ricevere le cose che appartengono al ca­lore o all’amore del Cielo, purché ami la sapienza in questo grado; e che, se non l’ama, egli può essere come separato.

416. XV. Altrimenti l’Amore o la Volontà ritira la sapienza o l'intelletto dalla sua elevazione, affinché agisca come uno con esso. — Vi è un amore naturale e vi è un amore spirituale; l’uomo che è nell’amore naturale e in pari tempo nell’amore spirituale, è uomo razionale; tuttavia chi è nel solo amore naturale può pensare razionalmente a dirittura come l’uomo spirituale, ma con tutto questo egli non è uomo razionale; infatti egli eleva il suo intelletto fino alla luce del Cielo, così fino alla sapienza, tuttavia però le cose che sono della sa­pienza o della luce del Cielo non sono del suo amore: il suo amore eleva bensì l’intelletto, ma si è dall’affezione dell’onore, della gloria e del guadagno; ora, quando percepisce che egli non riceve da quella elevazione nulla di tale, il che avviene quando pensa in sé dal suo amore naturale, allora egli non ama le cose che appartengono alla luce del Cielo o alla sapienza; laonde egli ritira allora l'intelletto dalla sua elevazione, affinché agisca come uno con esso; per esempio, quando l’intelletto in virtù dell’elevazione è nella sapienza, allora l’amore vede quel che è la giustizia, quel che è la sincerità, quel che è la ca­stità, anzi quel che è l’amore genuino; questo, l’amore naturale lo può vedere per la sua facoltà di comprendere e intuire le cose nella luce del Cielo, egli può anche parlarle, predicarle e descriverle come virtù morali e in pari tempo spirituali: ma quando l’intelletto non è nel­l’elevazione, allora l’amore, se è interamente naturale, non vede quelle virtù, ma invece della giustizia vede l’ingiustizia, invece della since­rità le frodi, invece della castità la lascivia, e così via dicendo; se allora egli pensa alle cose di cui parlava, quando il suo intelletto era nel­l’elevazione, egli ne può ridere, e pensare solamente che queste cose gli servono per cattivarsi gli animi. Da queste spiegazioni si può ve­dere come si deve intendere che se l’amore non ama la sapienza, sua coniuge, in questo grado, egli la ritira dalla sua elevazione, affinché agisca come uno con esso. Che l’amore si possa elevare, se ama la sapienza in questo grado, si vede più sopra, n. 414.

417. Ora poiché l’amore corrisponde al cuore e l’intelletto al pol­mone, quel che si è detto dianzi si può confermare per la loro corri­spondenza, così in qual modo l’intelletto si può elevare al disopra del proprio amore fin nella sapienza, ed in qual modo l’intelletto vien ri­tirato dalla sua elevazione da questo amore, se esso è meramente na­turale. L’uomo ha una doppia respirazione, l’una del corpo e l’altra dello spirito; queste due respirazioni possono essere separate, e possono essere congiunte; presso gli uomini meramente naturali, princi­palmente appo gl’ipocriti, esse sono separate; ma appo gli uomini spi­rituali e sinceri esse lo sono di rado; perciò l'uomo meramente natu­rale e ipocrita, appo cui l’intelletto è elevato, e quindi molte cose che appo il quale appartengono alla sapienza rimangono nella memoria, può in società parlare saviamente dal pensiero proveniente dalla me­moria; ma quando non è in società egli pensa, non dalla memoria ma dal suo spirito, così dal suo amore; egli respira anche similmente, giacché il pensiero e la respirazione agiscono in un modo corrispondente. Che la struttura del polmone sia tale, che esso può respirare dal san­gue proveniente dal cuore, e dal sangue fuori del cuore, si è dimo­strato più sopra.

418. L’opinione comune è che la sapienza faccia l’uomo, laonde quando si ode alcuno parlare o insegnare con sapienza, si crede che egli sia savio, anzi egli medesimo allora si crede tale, perché quando parla e insegna in società egli pensa dalla memoria, e se è meramente naturale, egli pensa dalla superficie del suo amore, che è l’affezione dell’onore, della gloria e del guadagno; ma quando è solo, egli pensa dall’amore interiore del suo spirito, ed allora non da savio, ma qualche volta da insano. Da ciò si può vedere che nessuno dev’essere giudicato dal savio parlare, ma dalla sua vita, cioè non dal savio parlare sepa­rato dalla vita, ma dal savio parlare congiunto alla vita; per la vita s’intende l’amore; che l’amore sia la vita, si è dimostrata più sopra.

419. XVI. L'Amore o la Volontà si purifica nell'Intelletto se si elevano insieme. — L’uomo dalla nascita non ama che se stesso e il mondo, poiché non altro si presenta dinanzi agli occhi suoi, e quindi egli non si occupa di altro; e questo amore è naturale-corpo­rale, e si può chiamare materiale; ed inoltre questo amore è divenuto impuro dalla separazione dell’amore celeste da esso appo i genitori. Questo amore non si può separare dalla sua impurità, se l’uomo non ha la facoltà d’elevare l’intelletto nella luce del cielo, e di vedere come deve vivere, affinché il suo amore in un coll’intelletto si possa elevare nella sapienza; per l’intelletto vede l’amore, cioè l’uomo, quali sono i mali che contaminano e corrompono l’amore, ed egli vede altresì che se fugge ed aborre quei mali come peccati, egli ama le cose che sono opposte a quei mali, le quali tutte sono celesti; poi egli vede anche i mezzi per i quali può fuggire ed aborrire quei mali come peccati; tutto ciò l’amore, cioè l’uomo, vede per l’uso della facoltà di elevare il suo intelletto nella luce del Cielo, donde gli viene la sapienza: al­lora, per quanto l’amore pone in primo luogo il Cielo ed in secondo luogo il Mondo, e in pari tempo per quanto pone il Signore in primo luogo, ed in secondo luogo se stesso, tanto l’amore si depura dalle sue brutture e si purifica, vale a dire tanto si eleva nel calore del Cielo e si congiunge alla luce del Cielo, nella quale è l’intelletto, ed allora si fa il connubio, che si denomina connubio del bene e del vero, cioè dell’amore e della sapienza. Ognuno può comprendere coll’intelletto e vedere razionalmente che, per quanto alcuno fugge ed aborre i furti e le frodi, tanto egli ama la sincerità, la rettitudine e la giustizia; che, per quanto alcuno fugge ed aborre le vendette e gli odi, tanto ama il pros­simo; che, per quanto alcuno fugge ed aborre gli adulteri, tanto ama la ca­stità, e così del resto. Anzi appena qualcuno conosce quel che vi è del Ciclo e quel che vi è del Signore nella sincerità, nella rettitudine, nella giu­stizia, nell’amore verso il prossimo, nella castità, e nelle altre affe­zioni dell’amore celeste, prima di aver rimosso quel che è opposto a queste affezioni; quando ha rimosso quel che è opposto, egli allora è in esse, e da esse le conosce e le vede: prima di ciò vi è come un velo interposto, che trasmette bensì la luce del Cielo all’amore, ma siccome l’amore non ama la sapienza, sua coniuge, in questo grado, non la riceve, anzi la redarguisce fortemente e la biasima, fino a che ritorna dalla sua elevazione, ma non pertanto la blandisce, perché la sapienza col suo intelletto può servire di mezzo per l’onore, la gloria o il guadagno; ma allora egli pone se stesso e il Mondo in primo luogo, e il Signore e il Cielo in secondo luogo, e quel che si pone in secondo luogo si ama secondo che serve, e se non serve, si abbandona e si rigetta, se non prima, almeno dopo la morte. Da qui ora emerge questa verità, che l’amore o la volontà si purifica nell’intelletto, se si elevano insieme.

420. La medesima cosa è effigiata nel Polmone, di cui le arterie e le vene corrispondono alle affezioni che appartengono all’amore, e di cui le respirazioni corrispondono alle percezioni ed ai pensieri che appartengono all’intelletto, come si è già detto. Che il sangue del cuore si purifichi nel polmone dalle cose indigeste, e che dall’aria at­tirata esso si nutrisca di cose che gli convengono, si vede da molte esperienze: — Che il sangue si purifichi nel polmone dalle cose in­digeste. Si vede non solamente dal sangue che vi affluisce, il quale è venoso, e quindi pieno di chilo proveniente dai cibi e dalle bevande, ma eziandio dalle espirazioni che sono umide, e da quelle che colpi­scono l’odorato degli altri, come pure dalla minima quantità di san­gue che rifluisce nel ventricolo sinistro del cuore. — Che il sangue dall’aria attirata si nutrisca di cose che gli convengono, si vede dall’immensa quantità di odori e di esalazioni che effluiscono conti­nuamente dai verzai, dai prati e dagli arboreti; e dall’immensa quan­tità di sali di varie specie, che con le acque evaporano dalle terre, dai fiumi e dagli stagni; e dall’immensa quantità di aliti e di effluvi che si esalano dagli uomini e dagli animali, e di cui l’aria è impre­gnata; che queste cose s’introducano nel polmone coll’aria attirata, non si può negare; e poiché non si può negare, neppure si può ne­gare che il sangue attiri fra esse quelle che gli convengono, e quelle che gli convengono sono quelle che corrispondono alle affezioni del suo amore: indi è che nelle vescichette o negl’intimi del polmone vi sono in gran quantità delle piccole vene con delle boccucce, che assorbiscono quelle cose; ed altresì che il sangue refluente nel ventricolo sinistro del cuore si cambia in sangue arterioso, e diviene risplendente: tutto ciò conferma che il sangue si purifica dalle parti eterogenee, e si nutrisce delle omogenee. Non si sa ancora che il sangue nel Polmone si purifica e si nutrisce in un modo corrispondente alle affezioni del­l’animo, ma questo è notissimo nel Mondo spirituale; infatti, gli angeli che sono nei Cieli si dilettano unicamente degli odori che corri­spondono all’amore della loro sapienza, laddovechè gli Spiriti nell’in­ferno si dilettano unicamente degli odori che corrispondono all’amore opposto alla sapienza; questi ultimi odori sono fetori, ma gli odori precedenti sono fragranze. Che gli uomini nel Mondo impregnino il loro sangue di cose simili secondo la corrispondenza con le affezioni del loro amore, ne è una conseguenza; essendo che quel che lo spirito dell’uomo ama, il sangue secondo la corrispondenza lo appetisce, e colla respirazione lo attrae. Da questa corrispondenza risulta che in quanto al suo amore l’uomo si purifica se ama la sapienza, e che egli si contamina se non l’ama: ed anche ogni purificazione dell’uomo si fa per i veri che appartengono alla sapienza, ed ogni contamina­zione dell’uomo si fa per i falsi opposti ai veri della sapienza.

421. XVII. L’Amore o la Volontà si contamina nell'Intelletto e dall'Intelletto, se non si elevano insieme. — Si è perché se l’amore non si eleva, rimane impuro, come si è detto dianzi, n. 419, 420; e quando rimane impuro, egli ama le cose impure, come le vendette, gli odi, le frodi, le bestemmie, gli adulteri, conciossiachè allora sono queste le sue affezioni che si denominano concupiscenze, ed egli ri­getta le cose che appartengono alla carità, alla giustizia, alla since­rità, alla verità e alla castità. Si è detto che l’amore si contamina nell’intelletto e dall’intelletto; nell'intelletto, mentre l’amore è affetto da quelle cose impure; dall’intelletto, mentre l’amore fa sì che quelle cose che pertengono alla sapienza divengano sue schiave, e maggior­mente quando le pervertisce, le falsifica e le adultera. Sullo stato del cuore, o del suo sangue nel polmone, corrispondente a queste cose, non occorre dirne di più di quel che se n’è già detto dianzi, n. 420; solamente invece della purificazione del sangue se ne fa una corru­zione; e invece della nutrizione del sangue dalle fragranti emanazioni, se ne fa una nutrizione dai cattivi odori, a dirittura come avviene nel Cielo e nell’inferno.

422. XVIII. L’Amore purificato dalla sapienza nell’Intelletto di­viene spirituale e celeste. — L’uomo nasce naturale, ma secondo l’in­telletto elevato nella luce del Cielo, e secondo l’amore elevato in pari tempo nel calore del Cielo, egli diviene spirituale e celeste; egli di­viene allora come il giardino di Eden, che è nella luce di primavera ed in pari tempo nel calore di primavera. Non è già l’intelletto che diviene spirituale e celeste, ma è l’amore, e quando l’amore lo di­viene, esso rende spirituale e celeste anche l’intelletto, suo coniuge. L’amore diviene spirituale e celeste dalla vita secondo i veri della sapienza, che l’intelletto insegna e mostra; l’amore attinge quei veri per il suo intelletto, e non da sé, stantechè l’amore non può elevarsi se non sa i veri, ed egli non può saperli che per l’intelletto elevato e illustrato. E allora, per quanto ama i veri, facendoli, tanto si eleva, poiché altro è intendere, e altro è volere, o altro è parlare, e altro è fare. Vi sono di quelli che intendono ed enunciano i veri della sapienza, ma tuttavia non li vogliono e non li fanno: quando dunque l’amore fa i veri della luce che egli intende ed enuncia, allora egli si eleva. Che sia così, l’uomo lo può vedere dalla sola ragione; avvenga ­che cosa è l’uomo che intende ed enuncia i veri della sapienza, mentre vive contro di essi, cioè mentre contro di essi vuole e fa? Se l'amore purificato dalla sapienza diviene spirituale e celeste, si è perché l’uomo ha tre gradi della vita, che si denominano naturale, spirituale e celeste, di cui si è trattato nella Terza Parte di que­st’Opera, e perché l’uomo si può elevare dall’uno di questi gradi nel­l’altro; ma egli si eleva, non per la sola sapienza ma per la vita secondo la sapienza, essendochè la vita dell’uomo è il suo amore; laonde, tanto egli vive secondo la sapienza, altrettanto l’ama; ed egli vive secondo la sapienza per quanto si purifica dalle impurità, che sono i peccati, e tanto fa questo, altrettanto ama la sapienza.

423. Che l’amore purificato dalla sapienza nell’intelletto, divenga spirituale e celeste, non si può del pari vedere per la rispondenza col Cuore e col Polmone, perché nessuno può vedere quale è il san­gue per il quale il Polmone è tenuto in istato di sua respirazione; il sangue può esser pieno d’impurità, e ciò nondimeno esso non si distingue da un sangue puro. E anche la respirazione dell’uomo me­ramente naturale appare simile alla respirazione dell’uomo spirituale; ma nel Cielo si distingue perfettamente, poiché là ognuno respira secondo il connubio dell’amore e della sapienza. Perciò, siccome gli angeli si conoscono da questo connubio, si conoscono anche dalla re­spirazione; il che fa sì che, quando alcuno che non è in quel connubio viene nel Cielo, egli è preso da una oppressione di petto, e il soffio della sua respirazione lotta come appo quelli che sono nell’agonia Sella morte; laonde siffatti spiriti si slanciano precipitosamente fuori del Cielo, e non si riposano se non quando sono presso coloro che hanno una simile respirazione, essendo che allora essi sono per corrispondenza in una affezione simile e quindi in un pensiero simile. Da questo si può vedere che appo chi è spirituale il suo sangue più puro — il quale chiamasi da taluno spirito animale — è il sangue che si è purificato, e che esso è tanto purificato, per quanto l’uomo è nel connubio dell’amore e della sapienza: si è questo sangue più puro che corrisponde più da vicino a quel connubio; e siccome esso influisce nel sangue del corpo, ne segue che anche questo vien purificato da esso: è il contrario presso coloro appo i quali l’amore è contaminato nell’intelletto. Ma, come si è detto, nessuno può per esperienza esplo­rare ciò dal sangue, tuttavia lo si può dalle affezioni dell'amore, perché queste affezioni corrispondono al sangue.

424. XIX. L'Amore contaminato nell’Intelletto e dall’Intelletto di­viene naturale, sensuale e corporale. — L’amore naturale, separato dall’amore spirituale, è opposto all’amore spirituale; questo proviene da che l’amore naturale è l’amore di sé e l’amore del mondo, e l’amore spirituale è l’amore del Signore e l’amore del prossimo: ora l’amore di sé e del mondo riguarda in giù e fuori; e l’amore del Signore riguarda in su e dentro; perciò, quando l’amore naturale è separato dall’amore spirituale, esso non si può elevare fuori del proprio del­l’uomo, ma vi dimora immerso, e per quanto l’ama, tanto vi è ag­glutinato; ed allora se l’intelletto sale e vede dalla luce del Cielo le cose che appartengono alla sapienza, questo amore lo ritrae e lo congiunge con sé nel suo proprio, e là, o rigetta le cose che pertengono alla sapienza, o le falsifica, o le pone intorno di sé, affine di enunciarle a motivo della riputazione. Come l’amore naturale può per gradi salire e divenire spirituale e celeste, così parimenti può discendere per gradi e divenire sensuale e corporale; ed esso tanto discende per quanto ama la dominazione, non da un amore dell’uso, ma dal solo amore di sé; si è questo amore che chiamasi diavolo. Coloro che sono in questo amore possono parlare ed agire nel me­desimo modo, come quelli che sono nell’amore spirituale; ma allora è, o dalla memoria, o dall’intelletto elevatosi da sé nella luce del Cielo; ciò non ostante le cose che dicono e fanno sono, per comparazione, come i frutti che appaiono belli alla superficie e dentro sono intera­mente marci; o come delle mandorle che alla cocchia paiono sane, ma interiormente sono pienamente rose dai vermi : questi esteriori nel Mondo spirituale si chiamano fantasie, per le quali le meretrici, che là si chiamano Sirene, si rivestono di bellezze e si adornano con ve­stimenti decenti, ma nondimeno, tosto che la fantasia è rimossa, esse appaiono come spettri; e sono come i diavoli che si fanno angeli di luce; infatti, quando quell’amore corporale ritira dall’elevazione il suo intelletto, il che avviene quando è solo e quando pensa dal suo amore, allora egli pensa contro Dio per la Natura, contro il Cielo per il Mondo, e contro i veri e i beni della Chiesa per i falsi e i mali dell’inferno, per conseguenza contro la sapienza. Da queste spie­gazioni si può vedere quali sono coloro che si chiamano uomini cor­porali, poiché essi non sono corporali in quanto all’intelletto, ma sono corporali in quanto all’amore, vale a dire che essi non sono corporali in quanto all’intelletto, quando parlano in società, ma lo sono quando parlano fra se stessi in ispirito; e poiché nello spirito sono tali, perciò dopo la morte essi divengono quanto all’amore e quanto all'intelletto spiriti che si chiamano spiriti corporali: allora coloro che nel Mondo furono in un grandissimo amore di dominare dall’amore di sé, e in pari tempo nell’elevazione dell’intelletto al di­sopra degli altri, appaiono, in quanto al corpo, come mumie egi­ziane, e quanto alla mente, grossolani e fatui. Chi sa oggidì nel Mondo che quest’amore in sé è tale? Nondimeno vi è un amore di dominare dall’amore dell’uso, ma dall’amore dell’uso non per sé, bensì per il bene comune: l’uomo difficilmente può distinguere l’uno dal­l’altro, ma nonostante vi è fra loro una differenza come fra il Cielo e l’inferno. Circa le differenze fra questi due amori di dominare, vedasi nel Trattato Del Cielo e Dell’inferno in. 551 a 565.

425. XX. Nondimeno rimane la facoltà di comprendere, che chia­masi Razionalità, e la facoltà di agire, che si chiama Libertà. — Di queste due facoltà che l’uomo possiede si è trattato più sopra, n. 264 a 267. L’uomo ha queste due facoltà affinché da naturale possa divenire spirituale, il che è essere rigenerato, poiché, come si è già detto, è l’amore dell’uomo che diviene spirituale ed è rige­nerato, e questo amore non può divenire spirituale o rigenerarsi, se non sa per il suo intelletto quel che è il male e quel che è il bene, e quindi quel che è il vero e quel che è il falso; quando egli sa ciò, può scegliere l’uno o l’altro; e se sceglie il bene, egli può per il suo intelletto essere informato intorno ai mezzi per i quali può venire al bene; tutti i mezzi per i quali l’uomo può venire al bene sono provveduti: sapere e intendere questi mezzi viene dalla Razionalità, e volerli e farli viene dalla Libertà; la Libertà è anche di voler sa­perli, intenderli e pensarli. Di queste due facoltà, che si chiamano Razionalità e Libertà, non sanno nulla coloro che credono, dalla dot­trina della Chiesa, che gli Spirituali o i Teologici trascendono l’in­telletto, e che perciò si debbano credere senza l’intelletto; costoro non possono altrimenti che negare la facoltà che si chiama Raziona­lità: e coloro che credono dalla dottrina della Chiesa che nessuno può fare il bene da se stesso, e che per conseguenza il bene non deve esser fatto da qualche volontà a motivo della salute; costoro non possono altrimenti che negare per principio di religione queste due facoltà che l’uomo possiede: egli è anche perciò che coloro che si sono confirmati in questi principi sono, dopo la morte, secondo la loro fede, privati dell’una e dell’altra facoltà, e invece di essere nella Libertà celeste, come avrebbero potuto, sono nella Libertà infernale, e invece di essere, come avrebbero potuto, nella Sapienza angelica, sono nell'Insania infernale: e quel che è meraviglioso, essi riconoscono che queste due facoltà esistono, facendo i mali e pensando i falsi; non sapendo che la libertà nel fare i mali è la schiavitù, e che la razionalità nel pensare i falsi è l’irrazionalità. Ma bisogna sapere bene che queste due facoltà, la Libertà e la Razionalità, appartengono, non all’uomo ma al Signore presso l’uomo, e che esse non possono essere appropriate all'uomo come sue, né essere date all’uomo come sue, ma che esse appartengono continuamente al Signore appo lui ; e che tut­tavia esse non sono mai tolte all’uomo, e ciò perché senza di esse l’uomo non si può salvare, stantechè senza di esse egli non si può rigenerare, come si è già detto; perciò l’uomo della Chiesa viene istruito che egli non può pensare il vero da se stesso, né fare il bene da se stesso. Ma siccome l’uomo non percepisce altrimenti se non che egli pensa il vero da se stesso e fa il bene da se stesso, è chiara­mente evidente che egli deve credere che pensa il vero come da sé, e che fa il bene come da sé, poiché se non crede questo, allora o non pensa il vero e non fa il bene, e così non ha nessuna religione; o egli pensa il vero e fa il bene da se stesso, e allora si attribuisce quel che è Divino. Che l’uomo debba pensare il vero e fare il bene come da sé, si vede nella Dottrina di vita per la nuova Gerusalemme, dal principio alla, fine.

426. XXI. L'Amore spirituale e celeste è l'Amore verso il pros­simo e l'Amore verso il Signore; e l'amore naturale e sensuale è l'amore del mondo e l'amore di sé. — Per l’amore verso il pros­simo s’intende l’amore degli usi, e per l’amore verso il Signore s’in­tende l’amore di fare degli usi, come si è dimostrato precedentemente. La ragione per cui questi amori sono spirituali e celesti si è, perché amare gli usi e farli dall’amore degli usi è separato dall’amore proprio dell’uomo, poiché chi ama gli usi spiritualmente non ri­guarda sé medesimo, ma riguarda fuori di sé gli altri, del bene dei quali egli è affetto. A questi amori sono opposti gli amori di sé e del mondo, essendo che questi ultimi amori riguardano gli usi, non per gli altri ma per se stessi, e coloro che fanno ciò invertono l’ordine Divino, e si pongono in luogo del Signore, e pongono il Mondo in luogo del Cielo; donde risulta che essi riguardano in dietro dal Signore e dal Cielo, e riguardare in dietro dal Signore e dal Cielo si è riguardare verso l'inferno; intorno a questi amori si vedano più ampie spiegazioni di sopra, n. 424. Ma l’uomo non sente e non per­cepisce l’amore di fare degli usi a motivo degli usi, come l’amore di fare degli usi a motivo di sé; quindi anche egli ignora, quando fa degli usi, se li fa a motivo degli usi o a motivo di sé; ma che sappia che, tanto fa gli usi a motivo degli usi, per quanto fugge i mali; poiché, per quanto fugge i mali, tanto egli fa gli usi, non da sé ma dal Signore; infatti il male e il bene sono opposti, laonde per quanto alcuno non è nel male, tanto è nel bene; nessuno può essere nel medesimo tempo nel male e nel bene, perché nessuno può servire nel medesimo tempo due padroni. Questo si è detto, affinché si sappia che, sebbene l’uomo non percepisca sensibilmente se gli usi che egli fa sono per cagion degli usi, o se sono per cagion di sé, vale a dire, se gli usi sono spirituali, o se sono meramente naturali, pur tuttavia lo può sapere da questo: Pensa egli che i mali sono peccati, o no? Se egli pensa che sono peccati, e per questo motivo non li fa, allora gli usi che fa sono spirituali; e quando per avver­sione fugge i peccati, allora altresì comincia a percepire sensibilmente l’amore degli usi per cagion degli usi, e ciò dal piacere spirituale che è in essi.

427. XXII. È la medesima cosa della carità e della fede e della loro congiunzione, come è della volontà e dell'intelletto e della loro congiunzione. — Vi sono due amori secondo i quali i Cieli sono distinti, l’Amore celeste e l’Amore spirituale; l’Amore celeste è l’amore verso il Signore, e l’Amore spirituale è l’amore verso il prossimo: questi amori si distinguono per ciò che l’Amore celeste è l’amore del bene, e l’Amore spirituale è l’amore del vero; essendo che coloro che sono nell’Amore celeste fanno gli usi dall’amore del bene, e quelli che sono nell’Amore spirituale fanno gli usi dall’amore del vero. Il connubio dell’Amore celeste è con la sapienza, e il connubio dell’Amore spiri­tuale è con l’intelligenza; poiché è della sapienza di fare il bene dal bene, ed è dell’intelligenza di fare il bene dal vero; per la qual cosa l’Amore celeste fa il bene, e l’Amore spirituale fa il vero. La differenza fra questi due amori non si può descrivere se non per questa distinzione. Coloro che sono nell’Amore celeste hanno la sa­pienza inscritta nella loro vita, e non nella memoria; ragione per cui essi non parlano dei Divini veri, ma li fanno. Al contrario coloro che sono nell’Amore spirituale hanno la sapienza inscritta nella loro me­moria, laonde essi parlano dei Divini veri e li fanno dai principi nella memoria. Poiché coloro che sono nell’Amore celeste hanno la sapienza inscritta nella loro vita, perciò tutto quel che odono, essi percepiscono all’istante se è vero o no, e quando loro si domanda se è vero, ri­spondono semplicemente, o che lo è, o che non lo è; sono questi che sono intesi per quelle parole del Signore: «Il vostro parlare sia: sì, sì; no, no». — Matt. V. 37; — ed essendo tali, essi non vogliono udir nulla della fede, dicendo: Che cosa è la fede? Non è forse la sa­pienza? E che cosa è la carità? Forsechè non è fare? E quando alcuno loro dice che la fede è credere quel che non si comprende, essi si rivoltano, dicendo: costui delira. Sono questi che abitano nel Terzo Cielo, e che sono i più savii di tutti. Tali sono divenuti coloro che nel Mondo applicarono subito alla loro vita i Divini che udirono, aborrendo i mali come infernali e adorando il Signore solo. Questi, essendo nell’innocenza, appaiono agli altri come fanciulli; e poiché essi non parlano menomamente dei veri della sapienza, e nel loro discorso non vi è nulla di fastoso, essi appaiono anche semplici; ma nondimeno quando odono qualcuno parlare, essi percepiscono dal suono tutte le cose del suo amore, e dalla loquela tutte le cose della sua intelligenza. Sono questi che sono dal Signore nel Connubio dell’amore e della sapienza, e che rappresentano il Cardiaco del Cielo, di cui si è par­lato precedentemente.

428. Ma coloro che sono nell’Amore spirituale, che è l’amore verso il prossimo, non hanno la sapienza inscritta nella loro vita, ma hanno l’intelligenza, poiché è della sapienza di fare il bene dall’affezione del bene, ma è dell’intelligenza di fare il bene dall’affezione del vero, come si è detto dianzi: questi neppure sanno che cosa è la fede; se si nomina la fede, essi intendono la verità; e quando si nomina la ca­rità, intendono fare la verità; e quando loro si dice che bisogna cre­dere, dicono che questa è una locuzione vana, ed aggiungono: chi è che non crede il vero? Essi parlano così, perché vedono il vero nella luce del Cielo; perciò credere quel che non si vede, essi lo chiamano o semplicità, o stupidità. Sono questi che formano il Polmonare del Cielo, di cui anche si è parlato più sopra.

429. Quanto a coloro che sono nell’Amore naturale-spirituale, essi non hanno la sapienza, né l’intelligenza scritte nella loro vita, ma hanno qualcosa della fede dalla Parola, in quanto ciò è congiunto alla carità. Siccome costoro non sanno che cosa è la carità, né se la fede è la verità, non possono essere nei Cieli fra coloro che sono nella sapienza e nell’intelligenza, ma possono essere fra coloro che sono nella sola scienza. Tuttavia, quelli che fuggirono i mali come peccati sono nell’ultimo Cielo, ed ivi in una luce simile alla luce notturna della luna. Quelli però che non si confirmarono nella fede dell’ignoto, e furono in pari tempo in qualche affezione del vero, dopo essere stati istruiti dagli angeli, secondo la ricezione delle verità e secondo la vita conforme ad esse, vengono elevati nelle Società di coloro che sono nell’amore spirituale e quindi nell’intelligenza; questi divengono spiri­tuali, gli altri rimangono naturali-spirituali. Coloro poi che vissero nella fede separata dalla carità vengono rimossi e rilegati nei deserti, perché essi non sono in alcun bene, né per conseguenza in nessun connubio del bene e del vero, nel quale sono tutti quelli che vivono nei Cieli.

430. Tutto quel che in questa Parte si è detto dell’Amore e della Sapienza, si può dire della Carità e della Fede, purché invece della Carità s’intenda l’Amore spirituale, e invece della Fede s’intenda la Verità per la quale esiste l’intelligenza. Torna il medesimo se si dice la Volontà e l’intelletto, o se si dice l’Amore e l’intelligenza, dap­poiché la Volontà è il ricettacolo dell’amore, e l’Intelletto è il ricet­tacolo dell’intelligenza.

431. A ciò aggiungerò questo memorabile; Nel Cielo tutti coloro che fanno gli usi dall’affezione degli usi, derivano dalla comunione, nella quale sono, d’essere più savii e più felici degli altri; e là per essi fare gli usi, si è agire con sincerità, rettitudine, giustizia e fe­deltà nell’opera che spetta al loro ufficio; questo essi lo chiamano ca­rità; le adorazioni appartenenti al culto le chiamano segni della carità; e tutte le altre cose le chiamano debiti e benefizi; essi dicono che quando alcuno fa l’opera che appartiene al suo ufficio sinceramente, rettamente, giustamente e fedelmente, il Comune sussiste e persiste nel suo bene, e che si è questo essere nel Signore, giacché tutto quel che influisce dal Signore è uso, ed influisce dalle parti nel comune, e dal comune alle parti; là le parti sono gli angeli, ed il comune sono le loro Società.

 

[indice]

 

71. QUALE È L’INIZIO DELL'UOMO A PARTIRE DALLA CONCEZIONE

 

432. Quale è l’inizio o il primitivo dell’uomo nell’utero dopo la concezione, nessuno lo può sapere, perché ciò non si può ve­dere; ed ancora perché ciò viene da una sostanza spirituale, che non cade sotto la vista per la luce naturale. Ora siccome taluni nel Mondo sono d’una tal natura che volgono la mente in investigazioni anche sul Primitivo dell’uomo, il qual primitivo è il seme del padre, da cui si fa la concezione; e siccome molti fra loro sono caduti in questo errore, che l’uomo è nel suo pieno fin dal suo primo, che è il suo inizio, e che poi si perfeziona crescendo, mi è stato scoperto qual è nella sua forma questo inizio o questo primo: ciò mi è stato scoperto dagli angeli, ai quali il Signore l’aveva rivelato; questi, avendone fatto un punto della loro sapienza, ed il piacere della loro sapienza essendo di comunicare agli altri quel che sanno, dietro per­missione, essi hanno per conseguenza presentato dinanzi ai miei occhi, nella luce del Cielo, la forma iniziale dell’uomo in un tipo; ecco quale era questa forma : Essa fu vista da me come una piccolissima imma­gine del cervello con una sottile delineazione davanti d’una specie di faccia, senza appendice. Questo primitivo nella parte superiore pro­minente era un insieme di globuli o di piccole sfere contigue, ed ogni piccola sfera era composta di sfere ancora più minute, ed ognuna di quelle sfere l’era di sfere minutissime; così era di tre gradi; più da­vanti, nella parte piatta, invece della faccia appariva alcunché di ab­bozzato. La parte convessa era circondata da una sottilissima mem­brana o meninge, la quale era trasparente: la parte prominente, che era il tipo del cervello nei minimi, era anche divisa quasi in due letti, come il Cervello nei massimi è diviso in due emisferi; e mi fu detto che il letto destro era il ricettacolo dell’amore, ed il letto sini­stro il ricettacolo della sapienza, e che per ammirabili allacciamenti essi erano come consorti e compagni. Inoltre, nella luce del Cielo, che risplendeva, mi fu mostrato che l’insieme di quel piccolo cervello era interiormente, quanto al sito ed alla flussione, nell’ordine e nella forma del Cielo, e che il suo insieme esteriore era in opposizione con quel­l’ordine e quella forma. Dopo che io ebbi visto ed esaminato queste cose, gli angeli mi dissero che i due gradi interiori, che erano nel­l’ordine e nella forma del Cielo, erano i ricettacoli dell’ amore e della sapienza procedenti dal Signore; e che il grado esteriore, che era in opposizione coll’ordine e con la forma del Cielo, era il ricettacolo del­l’amore e dell’insania infernali, e ciò perché l’uomo dalla macchia ereditaria nasce in mali d’ogni genere, e che questi mali riseggono là negli estremi; e che questa macchia non è rimossa, se non si aprono i gradi superiori, che, come si è detto, sono i ricettacoli del­l’amore e della sapienza del Signore: e siccome l’Amore e la Sapienza sono l’Uomo stesso, — poiché l’Amore e la Sapienza nella loro essenza sono il Signore, — e questo primitivo dell’uomo n’è un ricet­tacolo, ne risulta che indi vi è in questo primitivo uno sforzo continuo alla forma umana, la quale anche veste successivamente.

 

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INDICE

 

 

 

PARTE PRIMA: DI DIO

n. 1

Che l’Amore sia la vita dell’uomo

n. 2

Che Dio solo, così il Signore, sia l’Amore stesso, perché Egli è la Vita stessa, e che gli angeli e gli uomini siano i recipienti della vita

n. 3

Il Divino non è nello spazio

n. 4

Che Dio sia l’Uomo stesso

n. 5

L’Essere e l’Esistere in Dio sono distintamente uno

n. 6

In Dio-Uomo gl’Infiniti sono distintamente uno

n. 7

Vi è un solo Dio-Uomo da Cui procedono tutte le cose

n. 8

La stessa Divina Essenza è l’Amore e la Sapienza

n. 9

Il Divino Amore appartiene alla Divina Sapienza, e la Divina Sapienza appartiene al Divino Amore

n. 10

Il Divino Amore e la Divina Sapienza sono una Sostanza e una Forma

n. 11

Il Divino Amore e la Divina Sapienza sono la Sostanza in sé e la Forma in sé, così Lo stesso e l'Unico

n. 12

Il Divino Amore e la Divina Sapienza non possono altrimenti che essere ed esistere in altri creati da essi

n. 13

Tutte le cose nell’Universo sono state create dal Divino Amore e dalla Divina Sapienza di Dio-Uomo

n. 14

Tutte le cose nell’Universo creato sono recipienti del Divino Amore e della Divina Sapienza di Dio-Uomo

n. 15

Tutte le cose che sono state create rappresentano l’uomo in una certa immagine

n. 16

Gli usi di tutte le cose che sono state create ascendono per gradi dagli ultimi fino all’uomo, e dall’uomo fino a Dio, a quo (da cui tutto procede)

n. 17

Il Divino riempie tutti gli spazi dell’Universo senza spazio

n. 18

Che il Divino sia in ogni tempo senza tempo

n. 19

Il Divino è il medesimo nei massimi e nei minimi

 

 

 

PARTE SECONDA: DEL SOLE SPIRITUALE

n. 20

Il Divino Amore e la Divina Sapienza appaiono come Sole nel Mondo Spirituale

n. 21

Dal Sole che esiste in virtù del Divino Amore e della Divina Sapienza procedono un calore ed una luce

n. 22

Quel Sole non è Dio, ma è il Procedente del Divino Amore e della Divina Sapienza di Dio-Uomo: similmente è del calore e della luce di quel Sole

n. 23

Il Calore spirituale e la luce spirituale, procedendo dal Signore come Sole, fanno uno, come il Suo Divino Amore e la Sua Divina Sapienza fanno uno

n. 24

Il Sole del Mondo spirituale appare ad un’altezza media, distante dagli angeli, come il Sole del Mondo naturale appare distante dagli uomini

n. 25

La distanza fra il Sole e gli angeli nel Mondo spiri­tuale è un’apparenza secondo la ricezione da essi del Divino Amore e della Divina Sapienza

n. 26

Gli angeli sono nel Signore ed il Signore è in essi; e siccome gli angeli sono recipienti, il Signore solo è il Cielo

n. 27

Nel Mondo spirituale l’Oriente è dove appare il Signore come Sole, e da esso dipendono le altre plaghe

n. 28

Le plaghe nel Mondo spirituale non provengono dal Signore come Sole, ma dagli angeli secondo la ricezione

n. 29

Gli angeli volgono continuamente la loro faccia verso il Signore come Sole, ed hanno così il mezzogiorno a destra, il settentrione a sinistra e l'occidente a tergo

n. 30

Tutti gl’interiori tanto della mente quanto del corpo degli angeli sono rivolti verso il Signore come Sole

n. 31

Ogni spirito, qualunque si sia, si volge parimenti al suo amore dominante

n. 32

Il Divino Amore e la Divina Sapienza, che procedono dal Signore come Sole e fanno il calore e la luce nel Cielo, sono il Divino Procedente, che è lo Spirito Santo

n. 33

Il Signore ha creato l’Universo e tutte le cose dell’Universo per mezzo del Sole, che è il Primo Pro­cedente del Divino Amore e della Divina Sapienza

n. 34

Il Sole del Mondo naturale è puro fuoco, e per con­seguenza morto; e siccome la Natura deriva la sua origine da questo Sole, essa è morta

n. 35

Senza due Soli, l’uno vivo e l’altro morto, non vi è creazione

n. 36

Negli ultimi esiste il fine della creazione, il quale è che tutte le cose ritornino al Creatore e che vi sia congiunzione

 

 

 

PARTE TERZA: DEI GRADI

n. 37

Nel Mondo spirituale vi sono atmosfere, acque e terre, come nel Mondo naturale; ma esse sono spirituali, mentre nel Mondo naturale sono naturali

n. 38

Vi sono dei gradi dell’Amore e della Sapienza, e quindi vi sono dei gradi del Calore e della Luce, ed anche dei gradi delle Atmosfere

n. 39

Vi sono gradi di due generi, gradi di altezza e gradi di larghezza

n. 40

I gradi di altezza sono omogenei, e derivano l’uno dall’altro in serie, come il fine, la causa e l’ef­fetto

n. 41

Il primo grado è tutto in tutte le cose dei gradi seguenti

n. 42

Tutte le perfezioni crescono ed ascendono coi gradi e secondo i gradi

n. 43

Nell’ordine successivo il primo grado fa il supremo, ed il terzo fa l’infimo; ma nell’ordine simultaneo il primo grado fa l’intimo, ed il terzo l’esteriore (extimum).

n. 44

L’ultimo grado è il complesso, il contenente e la base dei gradi anteriori.

n. 45

I gradi di altezza nel loro ultimo sono nel pieno e nella potenza.

n. 46

I gradi dell’uno e dell’altro genere sono nei mas­simi e nei minimi di tutte le cose che sono state create

n. 47

I tre gradi di altezza sono infiniti ed increati nel Signore, e questi medesimi gradi sono finiti e creati nell’uomo

n. 48

Questi tre gradi di altezza sono in ogni uomo dalla nascita e si possono aprire successivamente, e se­condo che si aprono l’uomo è nel Signore, e il Si­gnore nell’uomo

n. 49

La luce spirituale influisce per i tre gradi appo l’uomo, ma non il calore spirituale, se non in quanto l’uomo fugge i mali come peccati e si rivolge al signore

n. 50

L’Uomo diviene naturale e sensuale se presso di lui il grado superiore, che è spirituale, non si apre

n. 51

Il grado naturale della Mente umana considerato in sé è continuo; ma per la corrispondenza coi due gradi Superiori, quando è elevato, appare come discreto

n. 52

La Mente naturale, essendo l’involucro e il conte­nente dei gradi Superiori della Mente umana, è rea­gente, e se i gradi Superiori non si aprono essa agi­sce contro di essi, ma se si aprono agisce con essi

n. 53

L’Origine del male viene dall’abuso delle facoltà che sono proprie dell’uomo, e si chiamano Razionalità e Libertà

n. 54

I mali e i falsi in ogni opposto sono contro i Beni e i Veri, perché i mali e i falsi sono diabolici ed infernali, e i Beni e i Veri sono Divini e Celesti

n. 55

Tutte le cose che si attengono ai tre gradi della Mente naturale sono incluse nelle opere che si fanno per gli atti del corpo

 

 

 

PARTE QUARTA : DELLA CREAZIONE DELL’UNIVERSO

n. 56

Il Signore ab aeterno, che è Jehovah, ha creato da Sé Medesimo, e non dal nulla, l’Universo e tutte le cose dell’Universo

n. 57

Il Signore ab aeterno, o Jehovah, non avrebbe potuto creare l’Universo e tutte le cose dell’Universo, se non fosse Uomo

n. 58

Il Signore ab aeterno o Jehovah ha prodotto da Sé Me­desimo il Sole del Mondo spirituale, e da quel Sole ha creato l’Universo e tutte le cose dell’Universo

n. 59

Nel Signore vi sono tre cose che sono il Signore, il Di­vino dell’Amore, il Divino della Sapienza, e il Divino dell’Uso, e queste tre si presentano in apparenza fuori del Sole del Mondo spirituale; il Divino del­l’Amore per il calore, il Divino della Sapienza per la luce, e il Divino dell’Uso per l’atmosfera, che è il contenente

n. 60

Le atmosfere, che sono tre nell’uno e nell’altro Mondo, spirituale e naturale, finiscono nei loro ultimi in sostanze e in materie, quali sono nelle terre

n. 61

Nelle sostanze e nelle materie, da cui provengono le terre, non vi è nulla del Divino in Sé, ma nonostante esse procedono dal Divino in Sé

n. 62

Tutti gli usi, che sono i fini della creazione, sono in forme, ed essi ricevono le forme dalle so­stanze e dalle materie quali sono nelle terre

n. 63

Tutte le cose dell’universo creato, considerate dagli usi, rappresentano in immagine l’uomo; e ciò atte­sta che Dio è Uomo.

n. 64

Tutte le cose che sono state create dal Signore sono usi; ed esse sono usi in quell’ordine, grado e rispetto secondo che si riferiscono all’uomo, e per l’uomo al Signore a quo

n. 65

I cattivi usi non sono stati creati dal Signore ma sono nati in uno con l’inferno

n. 66

Le cose visibili nell’Universo creato attestano che la natura non ha prodotto nulla e non produce nulla, ma che il Divino ha prodotto e produce tutte le cose da Sé Medesimo, e per il Mondo spirituale

 

 

 

PARTE QUINTA: DELLA CREAZIONE DELL’UOMO

n. 67

Il Signore ha creato e formato appo l’uomo due ricet­tacoli e abitacoli di Se stesso, che si chiamano la Volontà e l’Intelletto; la Volontà per il Suo Divino Amore, e l’Intelletto per la Sua Divina Sapienza

n. 68

La Volontà e l’Intelletto, che sono i ricettacoli dell’Amore e della Sapienza, sono nei cervelli nel loro tutto e in ciascuna delle loro parti, e quindi nel corpo nel suo tutto e in ciascuna delle sue parti

n. 69

Vi è corrispondenza della Volontà col Cuore e dell’Intelletto col Polmone

n. 70

Dalla corrispondenza del Cuore con la Volontà e dell’Intelletto col Polmone si possono sapere tutte le cose che è possibile di sapere sulla Volontà e sull’Intelletto, o sull’Amore e sulla Sapienza, per conseguenza sull’Anima dell’uomo

n. 71

Quale è l’inizio dell'uomo a partire dalla concezione

 

 

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[I] La Continuazione sull’Ultimo Giudizio, n. 74; pubblicato dal nostro Autore nel medesimo anno, 1763, in Amsterdam. (Nota del Traduttore)