Panoramica riassuntiva

sulla vita di Georg

 

( I )

 

«Così si saranno svolte le riunioni dei primi cristiani», riferiva l’8 giugno 1937 l’Elbe-Zeitung, un autorevole quotidiano della Boemia su una meditazione domenicale che Georg Riehle di Dresda, chiamato "fratello Georg", aveva tenuto a cielo aperto a Politz sull’Elba, su invito dei suoi amici. «A Politz», così continuava la pagina, «si sono ritrovati nuovamente più di cento fedeli. Accanto ad anziane sedevano giovani donne e fanciulle, anche uomini di tutte le età, ed hanno ascoltato con orecchio teso le parole del fratello Georg. (…) I credenti si sono schierati intorno a un uomo che non ha voluto far altro che fissare profondamente in ogni cuore il vecchio insegnamento di 2000 anni fa: “Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso”».

Chi è questo ‘fratello Georg’? – Nato il 30 dicembre 1872 a Dresda-Löbtau, quale figlio di un mastro falegname, crebbe in condizioni modeste. Egli fu il quarto di diciassette figli e già presto dovette aiutare la madre sovraccarica nell’assistenza dei fratelli più giovani. Per mezzo di ciò, secondo le sue stesse parole, fu guidato “già dalla gioventù ad essere umile”. Dopo l’apprendistato presso suo padre e dopo il periodo per la messa in pratica del mestiere svolto come falegname ambulante, a quel tempo usuale, lavorò nella bottega paterna che continuò a condurre insieme a un fratello anche dopo la morte del padre, ma più tardi continuò da solo finché lo permisero le sue forze fisiche. Morì a Dresda il 30 dicembre 1962 il giorno del suo novantesimo compleanno.

Il ragazzo fu educato in maniera rigorosa secondo i dettami della fede protestante, e profonde esperienze di vita improntarono il suo sviluppo religioso. Un giorno nella libreria di sua nonna il dodicenne trovò il libro "L’infanzia di Gesù" dell’uomo di Dio Jakob Lorber di Graz, che chiamava se stesso "un servitore scrivano di Dio". Il libro lo colpì talmente che cominciò a leggerlo continuamente, poiché colmava il suo cuore con il più intimo amore per il fanciullo Gesù.

Dalla sua peregrinazione in giro per il paese come falegname apprendista, ritornò nella casa paterna da diciannovenne, ma mortalmente malato. Per giorni soffrì dolori insopportabili, alla fine peggiorò e si mandò a chiamare il sacerdote poiché sembrava prossimo alla sua fine. Lui dopo riferì di quei momenti: "In quello stato sperimentai l’eternità. Compresi che ero stato un semplice cristiano, e così pregai intimamente il mio Dio di donarmi ancora una volta la mia vita ancora per tre giorni. Allora successe il miracolo: mi svegliai ed ero guarito!". E da allora il riacquistante la salute promise solennemente, in santa serietà, di consacrare questa sua vita ridonata, completamente a Lui, al suo Salvatore. Riuscì a trovare il suo stesso bisogno di approfondimento della ‘parola’, proprio nella famiglia che possedeva l’intera opera di Jakob Lorber. Dai suoi ricordi riferì spesso: "C’incontravamo quasi ogni ora libera, leggevamo, discutevamo, pregavamo e ci sforzavamo di vivere quanto si leggeva". A quel tempo la sua vita si svolse nel silenzio e nel ritiro, ma molto della sua vita doveva cambiare, come riferì più tardi.

 

( II )

 

"Capitò diversamente; la nuova vita che si agitava in me attrasse il mio prossimo, e il mio compito non consistette più nel leggere ma divenne un altro, vale a dire: mostrare al mio prossimo la via".

A Georg fu data una particolare preparazione per questo nuovo compito: cominciò a sentire in sé una chiara voce che lo fortificava nell’approfondimento del suo amore per Dio e per tutto il suo prossimo, ma innanzitutto a lui stava a cuore il necessario comportamento nell’umiltà. Così una volta, in lui, sentì: «Sii valoroso! Non preoccuparti di nient’altro che del Mio Amore. Alleggerisciti la tua esistenza terrena, retrocedendo ovunque. Lascia che in tutte le situazioni della vita rimanga per te la parte più modesta; solo l’umiltà ti nobiliterà come figlio del Padre tuo Celeste».

In un primo momento furono solo dei singoli che andavano da lui: prima un giovane amico, poi i suoi colleghi di lavoro. Presto però la stretta cameretta non poté più accogliere la cerchia degli amici. Ci si riuniva a turno nelle famiglie amiche, poi non bastò più nemmeno questo. Si dovette cercare una sala. La città ne mise a disposizione una per le regolari riunioni, poiché i motivi per cui si riunivano furono trovati ineccepibili, in quanto riguardavano ciò che insegnava la Chiesa.

Il servizio bellico della prima guerra mondiale del 1914/1918 interruppe l’attività di Georg Riehle in patria, ma dopo la guerra fu subito ripresa. Egli, per gli incontri, riuscì ad affittare – di regola ogni primo martedì del mese – la sala delle adunanze nella casa comunale di Dresda-Löbtau che poteva accogliere cinquecento persone, e spesso era piena. Specialmente la domenica, sempre più frequentemente Georg veniva chiamato anche fuori città, a Erzgebirg, dove la gente era molto aperta sulle questioni religiose, ma anche a Chemnitz, a Zwickau, a Lipsia, a Liegnitz e a Berlino. Dalla fine degli anni venti si formarono gruppi di amici anche a Reutlingen, a Esslingen e a Monaco di Baviera, che fratello Georg visitava regolarmente ogni anno. In tali occasioni andava personalmente anche a Bietigheim presso la casa editrice Lorber, la culla degli scritti di Jakob Lorber. Poi vennero i tempi della prova.

Nell’estate del 1937, in relazione a un divieto sulla diffusione degli scritti di Lorber, attraverso il nazionalsocialista ministero degli interni del Reich, anche per Georg Riehle fu decretato il divieto di riunirsi, e poiché egli di frequente pur contro questo divieto parlava coi suoi amici, dovette presentarsi più volte davanti al reparto di polizia e del partito. Una volta fu convocato a un interrogatorio di diverse ore dalla ‘Gestapo’ (la polizia segreta di Stato) di Dresda, ma anche qui Georg Riehle, guidato dallo Spirito, seppe soddisfare i suoi molesti interrogatori con la sua calma e fermezza interiore. Non fu arrestato, ma solo avvertito, e poi rilasciato.

Anche gli stravolgenti cambiamenti politici dopo la seconda guerra mondiale non misero fine al suo operare. Nella sua patria non poterono più effettivamente aver luogo gli incontri con centinaia di ascoltatori, ma nella cerchia fidata restò curata ulteriormente la vita interiore. Fu durante i suoi viaggi annuali che l’ultra ottantenne parlò ai suoi amici a Berlino, a Reutlingen e a Esslingen, in un caduco e spesso sovraccarico corpo, ma con il fuoco di un giovane con una dominante sovranità del suo spirito.

 

( III )

 

Che cosa comunicò allora questo ‘fratello Georg’ alle migliaia di uomini che, nel corso di un operare di quasi settant’anni, furono suoi ascoltatori, in particolare della vita religiosa? A dire il vero, ciò che fuoriusciva da lui, di cui non faceva mai annotazioni di suo, non è facile riferirlo con le parole.

Un motivo predominante è che Dio, quale Amore tutto abbracciante, ha creato l’uomo per diventare un figlio di Dio. Egli diceva: "Dio non vuole essere solo il Creatore, ma il Padre, anzi, amante e amato da coloro che Egli ha creato". La connessione tra noi e Lui è la parola di Gesù del Regno di Dio che è dentro l’uomo stesso, dentro l’uomo poiché si presuppone che Dio abbia posto nel petto dell’uomo un germoglio della Sua stessa Essenza divina più interiore: la Scintilla di Dio! Da questa, tramite sviluppo, crescita e maturazione, deve venir fuori un figlio di Dio. Questo non avviene senza lotta di vita, poiché l’uomo non è solo ‘Scintilla di Dio’ ma, come parte della Creazione materiale, porta in sé anche le forze negative’, che però queste ultime, opponendosi, non vogliono essere liberate. Così l’uomo è posto nel conflitto, conflitto che da se stesso non può risolvere con la propria forza. Georg insegnava così: "Nessun uomo ha trovato la misura dell’abnegazione attraverso la quale la Scintilla di Dio potrebbe raggiungere una piena parte nell’uomo, perciò Dio stesso doveva diventare Uomo. Egli è venuto nell’abisso della più grande lontananza dell’uomo da Dio!". – E anche: "Con santa abnegazione del Suo grande nome, Egli si mette al pari del figlio, per trovarlo e guidarlo poi fuori dai luoghi del carcere in cui si trova, con la Sua umiltà e col Suo Amore, obbediente fino alla morte sulla croce".

Era però desiderio di Georg che l’uomo, affinché potesse maturare a figlio di Dio, non dovesse restare inattivo di fronte al Suo Atto redentivo. Diceva pure questo: "Anche Gesù nella Sua divina chiarezza era la Via e chiamava Se stesso ‘la Via’. Ogni uomo può trovare tale via attraverso la vita di Gesù, ma solo vivendo quella Sua vita, fino in fondo, nella propria". – E anche: “Se gli effetti dovessero uscire solo da quest’Uomo Gesù senza la nostra stessa crescita interiore, noi perderemmo la figliolanza ed Egli la caratteristica di Padre. Perciò l’Opera redentiva è compiuta tramite Lui solo in linea di principio. Il Suo principio deve a sua volta diventare carne su questa Terra". Su quale via deve accadere questo, diventò già visibile nella sua vita fino in fondo.

Georg, oltre alla semplice fede, chiede di imitare Gesù. "Non con la mia vita posso accogliere il Divino, no, solo se rinnego la mia vita come lo ha fatto Gesù Cristo, quando la sottometto all’Amore". Perciò l’uomo viene curato da Dio: "Da Amore a amore, dall’amore per l’ambiente più vicino, al padre e alla madre, fino in ultimo, all’amore per il nemico". – Oppure, diceva anche: "Se vediamo un uomo che ci respinge, allora vogliamo vederlo con gli occhi di Gesù. Egli porta la forma che ha portato Dio come Gesù". – E anche: "Un uomo veramente amorevole non conosce nemici. Un uomo amorevole sa che l’unico nemico è il proprio corso di vita nella sua anima che non si può ancora unire con la vita del suo Salvatore". – Come pure: "La premessa per tale vita, la più difficile, è l’umiltà".

In quale modo l’uomo può raggiungere tale meta, Georg lo esprimeva così: "Se l’uomo sottomette tutta la sua vita all’amore, se con questo egli diventa una cosa sola con il sentimento di Gesù, allora la Scintilla di Dio nell’uomo non resta più una piccola Scintilla, ma tale Scintilla di Dio diventa un uomo nuovo, l’uomo-dio". Allora la sua missione non è più una beatitudine riferita a se stesso. Per lui deve valere il motto: "Non esiste un Regno dei Cieli più meraviglioso che impiegare le proprie forze vitali al servizio dell’amore per il prossimo. E non esiste un Cielo più alto che aver vissuto per l’amore. Questo sazia completamente l’anima!".

Se nella vita divengono questi gli obiettivi, per Georgla via’ e ‘la meta’ dell’esistenza umana confluiscono in una cosa sola: "Qui sulla Terra è eretta la scala del Cielo. I suoi gradini si estendono dal gradino più basso della vita creata fino all’ultimo gradino della fusione con la vita del nostro Creatore". Nonostante questa alta destinazione, Georg distoglie i suoi ascoltatori da ogni presunzione: "Ci avvolge ancora la veste terrena. A noi non si può ancora dischiudere tutto il Cielo. Qui siamo eternamente ricercatori". Il suo sguardo va anche in un futuro che si estende molto lontano: "La nostra crescita si svolge negli sviluppi dell’eternità", poiché: "L’uomo che ci avvolge deve anche essere portato con sé con tutta la sua vita". E nell’ultimo orientamento verso la meta, Georg non intende sempre il perfezionamento dell’uomo, bensì la glorificazione dell’Amore di Dio. Si tratta quindi che l’uomo riporti al suo Creatore e Padre una parte, per quanto piccola possa anche essere, dell’amore con il quale Dio ama l’uomo e lo ha amato da sempre.

Egli non ha dato l’Amore senza un fine, ma ce lo ha dato perché siamo figli Suoi. E il figlio deve usare questo amore per abbracciare ogni vita, per santificarla, come ci ha santificato il Suo Amore, così che diventiamo maturi per ritornare al cuore del Padre".

Ancora due massime riconosciute nelle sue conferenze: "Ciò che l’intera Creazione dell’eterno Amore non può portare, lo porta un amorevole uomo di Dio". – "L’uomo simile a Dio è poi l’ardente desiderio adempiuto dall’eterno Amore, ovvero: la sposa per l’eterno Amore".

 

( IV )

 

La convinzione di fede di Georg Riehle, che l’uomo è chiamato alla figliolanza di Dio, è chiamato a partecipare all’Amore di Dio, determina la sua condizione in tutti i campi della vita.

Il suo rapporto verso la Chiesa lo riferì egli stesso durante l’interrogatorio davanti alla Gestapo come segue: "Io paragono la Chiesa a un seminatore che semina della buona semenza. La semenza è la parola di Dio; il frutto è la vita di Dio. Dove germoglia la semenza, là cresce un salvatore. Perciò la cosa più alta è curare le semenze della Chiesa".

Nel frattempo, il figlio di Dio porta la responsabilità non solo verso il suo prossimo, ma verso tutto ciò che è creato: "Non è forse l’uomo, il sunto dell’intera Creazione? Perciò egli per la Creazione è anche la via al cuore del Padre, così come il nostro caro Salvatore Gesù Cristo era la Via per noi al cuore del Padre". – "Se l’uomo come microcosmo è in ordine, anche il macrocosmo orbiterà nell’eterno Ordine". Le prospettive da lui sviluppate – estese fino al convincimento del riporto di ogni vita creata – sono poderose, ma non possono essere presentate nei particolari in questa breve panoramica riassuntiva.

 

( V )

 

Attraverso la citazione di ripetute asserzioni verbali delle interpretazioni di Georg, qui sopra si è tentato di rendere chiaramente visibile il suo particolare desiderio religioso. In tali riferimenti verbali vale certamente la riserva che Georg stesso ha sempre sostenuto con grande insistenza, quando si trattava di rivestire la Verità divina con parole umane. "Non trattenete le parole, ma lo Spirito", esclamava a coloro che volevano scrivere sotto dettatura le sue parole. Egli disse a un amico: "Come uomo, spesso è difficile trovare le parole per esprimere il contenuto spirituale, per questo la parola umana è troppo imperfetta".

Georg Riehle non entrò mai nella medianità (in trance). Da questa egli si distanziò energicamente: "Nella medianità può essere posta pure una trappola ai figli di Dio". Per se stesso riferì: "Io non sto sotto l’influenza di una vita estranea, poiché ciò che comunico è la mia stessa vita". Questo vale anche per la ‘Parola interiore’ che a lui affluiva spesso nei suoi discorsi, nella quale si esprimeva lo Spirito nella forma dell’Io con un elevato linguaggio.

Così riferiva: "Le parole che io dico sono parole mie, sono parole provenienti da me, ma nello spirito sono di Lui". – È in questa forma elevata, come nei suoi colloqui e nei discorsi semplici, che ‘fratello Georg’ ci comunicò un’abbondanza di visioni nei rapporti divino-umani e nei doveri di un’attiva vita cristiana proveniente dal suo sguardo d’insieme. Accanto a questi, egli possedeva un’eccezionale forza d’irradiazione. Di questa ce lo riferirono sempre quei suoi amici che l’hanno sperimentata personalmente. Essa risultava dall’esperienza dell’impressione generale: "In quest’uomo, parlare e vivere sono una cosa sola. Qui è cresciuta, conquistata lottando, un’intima unione con Dio di un uomo semplice, attraverso la fedele obbedienza nell’adempimento dei Comandamenti di Gesù". Egli non tollerò mai che si ponesse in primo piano la sua persona, infatti, riferì che fin dalla casa paterna era stato un uomo timido, dotato di povere facoltà. A volte stava così abbattuto e senza forza da ottenere conforto solo guardando la Croce. Lui ci assicurava, già ottantaquattrenne: "Ogni qual volta sono chiamato, brucia così tanto nel mio cuore che mi afferra lo spirito".

 

( VI )

 

Quale eredità ci ha lasciato oggi colui che nel 1962 è stato richiamato dalla sua vita terrena? Una nuova setta? Un movimento? – Un uomo con la sua predisposizione di vita e la sua profondità religiosa non avrebbe potuto servire una setta, meno ancora fondarne una. Certamente la forza delle rivelazioni lorberiane possono aver agito fortemente nella vita di Riehle, ma non lo si può associare semplicemente come membro del movimento religioso che si è formato nell’ambito degli scritti di Jakob Lorber e che, già da parte loro, respingono con buoni motivi di essere una setta. Intorno a Riehle, come conseguenza del suo operare al tempo della sua vita, sorse un movimento religioso autonomo che aveva un forte carattere ecumenico. In questo si ritrovavano cristiani di tutte le confessioni, ma egli non ebbe mai la volontà di organizzare questo movimento, ben sapendo che il meglio che aveva da dare non si poteva ottenere né curare oltre sulla via dell’organizzazione. Perciò lo spirito di Georg Riehle continua a vivere ancora oggi soltanto in piccoli gruppi e circoli spirituali, nel rispettivo silenzio. Essi si trovano tuttavia prevalentemente in tutti i paesi di lingua tedesca, e si estendono fin negli Stati Uniti.

Ciò che di lui rimane vivente, inconfondibile e, nello stesso tempo, scuote, è l’immagine di un seguace di Cristo che, annunciando la Parola e donando se stesso, ha vissuto d’esempio ed ha chiamato a questa i suoi fratelli e sorelle.

Ciò che rimane è la stessa impressione che nell’anno 1937 costrinse il corrispondente dell’Elbe-Zeitung a paragonare le ore di raccoglimento in Politz a un’assemblea dei primi cristiani. Chi si approfondisce nel tesoro spirituale che Georg ci ha lasciato, comprende inoltre che la sua completa dedizione della vita lo ha anche introdotto ad intendimenti straordinariamente profondi e ad una grande visione complessiva della vita. Non volle certamente mai essere un maestro di sapienza; egli ammoniva a tendere ad aver più sapienza di quanto ognuno necessiti per il proprio servizio verso il prossimo. Spesso ripeteva: "Lo Spirito può essere compreso solo dallo spirito, e la vita solo da quella vita che sta sullo stesso gradino".

K. Lillich

 

 

* * *

 

Ancora oggi, a distanza di più di mezzo secolo, è molto facile comprendere il calore e l’amore di Georg per il Signore, così come si deduce dal suo appello: "Questo Gesù, questo meraviglioso Uomo, questo sommo Amore, non ci abbandona mai, e noi, nel nostro tempo attuale dove è rigettato da tanti, possiamo essere un baluardo per il Suo santo Amore!"

L’editore

 

 

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