Rivelazioni
rivelato nuovamente per locuzione nel 1843/1844 a
Jakob Lorber
La vita di Gesù dalla nascita e durante
INFANZIA DI GESÙ
O
Vangelo di Giacomo
Sulla
giovinezza di Gesù
Parte I
(cap. 101 – 200)
Traduzione dall’originale tedesco “Die Jugend Jesù” (Das Jakobus-Evangelium)
Casa Editrice: Lorber-Verlag - Bietigheim - Germania
Copyright © by Lorber Verlag
Copyright © by Associazione Jakob Lorber
Casa editrice “GESÙ la Nuova Rivelazione” (BG)
Traduzione di Maria Colombo (2006)
PROLOGO
Dato dal Signore stesso, tra il 22 luglio 1843 e il 9 maggio 1851,
come introduzione alla storia della Sua giovinezza, per mezzo della stessa
bocca che scelse come organo di quest’opera.
1.
Io vissi il noto periodo fino ai trent’anni precisamente come vive
ogni ragazzo ben educato, poi giovane e poi uomo, e soltanto per mezzo di una
condotta di vita conforme alla Legge di Mosè dovetti risvegliare in Me
Io stesso, altrettanto come qualsiasi altra retta persona, ho
dovuto dapprima cominciare a credere in un Dio, e ho dovuto poi anche avvincerLo sempre di più con amore sempre più potente, con ogni
immaginabile abnegazione, e solo così a poco a poco renderMi
Così Io, il Signore stesso, fui un esempio vivente per ogni uomo,
e così ora qualunque uomo può dunque anche rivestirsi di Me, proprio come Io
stesso Mi sono rivestito della Divinità in Me; e qualunque uomo singolarmente
può diventare completamente uno con Me, per amore e per fede, altrettanto come
Io stesso, Uomo-Dio, in tutta la sconfinata pienezza sono perfettamente Uno con
2.
Alla domanda, quale relazione i miracoli del Bambino Gesù e
In primavera l’albero fiorisce meravigliosamente, e una grande
attività lo domina. Dopo la caduta dei fiori, l’albero diventa di nuovo come se
fosse inattivo. Ma verso l’autunno l’albero appare nuovamente nella sua massima
attività: i frutti, sicuramente meravigliosi, diventano saporiti, colorati –
più belli che non prima i fiori – e dunque maturi, e la benedizione loro
impartita si scioglie dai suoi legami, e come tale cade nel grembo del piccino
affamato.
Con l'occhio del cuore si sarà in grado di capire
questa immagine, mai però con gli occhi dell’intelligenza mondana. I punti
interrogativi – senza accostarsi alla Divinità di Gesù, però tenendola fissa
nella fede del cuore, che è una luce dell’amore a Dio – si lasciano chiarire
molto facilmente non appena scaturisca dal cuore la chiarezza, che la totale
unificazione della Pienezza della Divinità con l’Uomo Gesù non è avvenuta in una
sola volta, come di colpo, bensì – come tutto sotto la direzione di Dio – solo
a poco a poco, così come il graduale ridestarsi dello Spirito divino nel cuore
dell’uomo. E questa unificazione è avvenuta completamente solo per mezzo della
morte in Croce, sebbene
3.
La morte corporale di Gesù è l’abbassarsi più profondo della
Divinità nel giudizio di tutta la materia, e con ciò la creazione di rapporti
totalmente nuovi, proprio da questo resa possibile, tra Creatore e creatura.
Solo con la morte di Gesù, Dio stesso diventa perfettamente Uomo,
e l’uomo creato un figlio di Dio, generato nuovo da tale altissima Grazia
divina, dunque un dio, e solo così può stare di fronte a Dio come creatura di
fronte al suo Creatore, quale Sua compiuta immagine e somiglianza, e vederLo, parlarGli e riconoscerLo come il proprio Dio, Creatore e Padre, e amarLo sopra ogni cosa; e solo così ottenere la vita eterna
completa, indistruttibile in Dio, da Dio e accanto a Dio. In questo modo è però
anche spezzato il potere (o meglio: la volontà) di Satana, al punto che egli
non può più impedire il più completo avvicinamento della Divinità all’uomo, e
ugualmente, viceversa, di questi alla Divinità.
Detto ancora più brevemente: per mezzo della morte di Gesù ora
l’uomo può affratellarsi nel modo più completo con Dio, e a Satana non è più
possibile porsi di mezzo. Ecco anche perché è detto nella Parola, alle donne
che vanno a visitare la tomba: “Andate e dite ai Miei fratelli!”.
L’agire di Satana nella forma esteriore può bensì ancor sempre evidenziarsi, ma
egli non può più in eterno erigere la cortina tra
Da questo breve esame della questione, ciascun uomo che pensi e
veda col cuore può ora scorgere, in modo molto facile e chiaro, l’infinita
utilità della morte corporale di Gesù. - Amen.
Vangelo biografico del Signore
a cominciare dal tempo in cui Giuseppe prese con sé
Maria
22 luglio 1843
Giacomo,
uno dei figli di Giuseppe, ha scritto tutte queste cose, ma col tempo sono
state alterate a tal punto, che non poteva essere permesso che fossero accolte
come autentiche nella S. Scrittura. Io però voglio darti l’autentico Vangelo di
Giacomo, ma solo a cominciare dal suddetto periodo; infatti Giacomo vi aveva
compreso anche la biografia di Maria dalla sua nascita, così come quella di
Giuseppe. - E così dunque scrivi come primo capitolo:
Giuseppe il carpentiere. Il sorteggio per Maria nel
Tempio.
Testimonianza di Dio su Giuseppe. Maria in casa di
Giuseppe.
1. Ora
Giuseppe era occupato nella costruzione di una casa nella zona fra Nazareth e
Gerusalemme.
2.
Questa casa veniva fatta costruire da un notabile cittadino di Gerusalemme come
locanda, poiché i Nazareni non avevano altro ricovero fino a Gerusalemme.
3.
Maria invece, che era stata allevata nel Tempio, era frattanto cresciuta, e
secondo
4.
Perciò furono inviati messaggeri in tutta
5.
Quando la notizia giunse anche agli orecchi di Giuseppe, egli subito mise via
la sua ascia e si affrettò a Gerusalemme, nel Tempio dove era stabilito il
luogo della riunione e del Consiglio.
6. Ma
quando, trascorsi tre giorni, coloro che si erano presentati si furono radunati
nuovamente nel luogo stabilito, e ciascuno di coloro che aspiravano ad avere
Maria ebbe consegnato al sacerdote, come stabilito, un fresco stelo di giglio,
allora il sacerdote andò subito con gli steli all’interno del Tempio, e là
pregò.
7. Ma
dopo che ebbe finito la sua preghiera, uscì di nuovo con gli steli, e a
ciascuno restituì il proprio stelo.
8.
Tutti gli steli però si appassirono subito; solo quello dato per ultimo a
Giuseppe rimase fresco e immacolato.
9.
Alcuni però trovarono a ridire su questo e dichiararono questa prova parziale e
perciò non valida, e pretesero un’altra prova che non si prestasse ad alcun
imbroglio.
10. Il sacerdote, un po’ irritato per questo,
fece chiamare subito Maria, le mise nelle mani una colomba e la fece stare al
centro rispetto agli aspiranti, affinché da lì lasciasse volare libera la
colomba;
11. e
ancor prima che la colomba fosse lasciata libera, disse agli aspiranti:
“Vedete, voi falsi interpreti dei segni di Jehova!
Questa colomba è un animale innocente e puro e non intende le nostre
discussioni,
12. -
bensì vive soltanto nella Volontà del Signore e comprende soltanto
l’onnipotente linguaggio di Dio!
13.
Tenete in alto i vostri steli! - Quando la fanciulla la lascerà andare, colui
sul cui stelo la colomba si poserà e sul cui capo si metterà, costui dovrà
prendere Maria!”
14.
Ora gli aspiranti[1]
ne furono contenti e dissero: “Sì, questo sarà un segno inconfondibile!”
15. Ma
come Maria, al comando del sacerdote, lasciò libera la colomba, ecco che questa
volò subito verso Giuseppe, si posò sul suo stelo e da questo volò poi
immediatamente sul capo di Giuseppe.
16. E il
sacerdote disse: “Così ha voluto il Signore! A te, pio artigiano, è toccata
la sorte inconfondibile di ricevere la vergine del Signore! Prendila dunque,
nel nome del Signore, nella tua casa pura per custodirla ulteriormente! Amen”.
24 luglio 1843
17. Ma
quando Giuseppe ebbe udito questo, rispose al sacerdote e disse. “Vedi,
o ministro del Signore consacrato secondo
18.
Cambia dunque un’altra volta la prova e lasciami fuori, in modo che io non
venga contato fra gli aspiranti!”
19. Ma
il sacerdote alzò la mano e disse a Giuseppe: “Giuseppe! Temi Dio, il
Signore! Non sai quello che Egli ha fatto a Dathan, a
Korah e ad Abiram?
20.
Vedi, la terra si aprì e li inghiottì tutti a causa della loro ribellione!
Pensi che Egli non potrebbe fare altrettanto con te?
21. Io ti dico: poiché hai visto e osservato
inconfondibilmente il segno di Jehova, così obbedisci
anche al Signore, che è onnipotente e giusto, e sempre punisce i ribelli e gli
infedeli alla Sua Volontà!
22.
Altrimenti tema potentemente la tua casa, che il Signore non faccia anche alla
tua casa ciò che ha fatto a Dathan, Korah ed Abiram!”
23.
Allora Giuseppe ebbe gran timore e disse con grande paura al sacerdote:
“Prega dunque per me, perché il Signore voglia essermi di nuovo clemente e
misericordioso, e dopo dammi la vergine del Signore secondo
24. E
il sacerdote entrò e pregò per Giuseppe davanti al Santo dei santi e il
Signore parlò al sacerdote che là pregava:
25.
«Non turbarMi l’uomo che Io ho scelto; poiché più
giusto di lui non c’è nessuno in Israele, e nessuno su tutta
26.
Esci dunque e consegna la vergine, che Io stesso ho educato, al più giusto
degli uomini della Terra!»”
27.
Qui il sacerdote si batté il petto e disse: “O Signore, Tu unico, onnipotente
Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, sii misericordioso con me peccatore
davanti a Te; poiché ora riconosco che vuoi visitare il Tuo popolo!”
28.
Poi il sacerdote si alzò, andò fuori e, benedicendo, nel nome del
Signore consegnò la fanciulla all’impaurito Giuseppe
29. e
gli disse: “Giuseppe, giusto tu sei davanti al Signore, per questo Egli ti ha
scelto fra molte migliaia! E così puoi andare in pace! Amen”.
26 luglio 1843
30. E Giuseppe prese Maria e disse: “Così avvenga
dunque sempre
31. Ma
quando Giuseppe ebbe pronunciato questo davanti al Signore, allora fu
rinvigorito nel suo cuore, poi con Maria uscì dal Tempio e la condusse quindi
nei pressi di Nazareth, e là nella sua povera abitazione.
32. Ma il necessario lavoro attendeva Giuseppe;
perciò questa volta egli neanche indugiò nella sua abitazione e disse dunque a
Maria:
33.
“Maria, vedi, ti ho presa con me secondo
34. Ma
vedi, non per questo dovrai essere sola in casa! Abita da me una parente
prossima che è pia e giusta; lei starà con te, e il mio figlio più giovane, e
35. Ma
fra non molto ritornerò a casa da te con i miei quattro figli, e ti farò da
guida sui sentieri del Signore! Il Signore Dio però veglierà ora su di te e
sulla mia casa, amen”.
La
nuova cortina nel Tempio. Maria lavora alla cortina.
1. Ma a
quel tempo si rese necessaria un’ulteriore cortina nel Tempio, essendo la
vecchia già molto logorata qua e là, per coprire quella logora.
2. Fu
dunque tenuto dai sacerdoti un consiglio, ed essi dissero: “Facciamoci
fare una cortina nel Tempio del Signore, per coprire quella logora.
3.
Infatti anche oggi o domani potrebbe venire il Signore, come sta scritto; come
resteremmo allora davanti a Lui, se trovasse il Tempio da noi così
trascurato?!”
4. Ma Il
sommo sacerdote disse: “Non siate dunque così ciechi nel giudicare, come se
il Signore, il cui Santuario è nel Tempio, non sapesse in che condizioni è ora
il Tempio!
5.
Chiamatemi tuttavia sette vergini immacolate della stirpe di Davide, e vogliamo
poi fare un sorteggio su come il lavoro debba essere ripartito!”
6. Ora
i servitori uscirono a cercare le vergini della stirpe di Davide, e a mala pena
ne trovarono sei e indicarono questo al sommo sacerdote.
7. Ma
il sommo sacerdote si ricordò che Maria, quella affidata in custodia poche
settimane prima a Giuseppe, fosse lei pure della stirpe di Davide, e ne informò
subito i servitori.
8. E
subito i servitori uscirono, esposero la cosa a Giuseppe, ed egli andò e portò
Maria nuovamente nel Tempio, accompagnato dai servitori del Tempio.
27 luglio 1843
9. Ma quando le vergini furono radunate nel vestibolo,
arrivò subito il sommo sacerdote e le condusse tutte nel Tempio del Signore.
10. E
quando poi furono radunate nel Tempio del Signore, subito allora il sommo
sacerdote parlò e disse:
11.
“Udite, vergini della stirpe di Davide, il quale ha prescritto secondo
12. e
il vario lavoro come da suo testamento debba essere distribuito con sorteggio,
e ciascuna vergine debba poi approntare il lavoro assegnatole nel modo migliore
secondo la propria abilità!
13.
Vedete, ecco davanti a voi la cortina logora, e qui sulla tavola d’oro è già
pronto per la lavorazione lo svariato materiale grezzo!
14.
Vedete come questo lavoro è necessario; perciò fatemi subito il sorteggio,
perché ne risulti chi di voi debba filare il filo d’oro, l’amianto[2]
e il filo di cotone,
15. il
filo di seta, poi quello color giacinto, lo scarlatto e la vera porpora!”
16. E
le vergini timidamente tirarono a sorte, mentre il sommo sacerdote pregava su
di loro, e quando ebbero sorteggiato secondo l’ordinamento prescritto, ne
risultò come il lavoro dovesse essere suddiviso.
17. E
alla vergine Maria, la figlia di Anna e di Gioacchino, toccarono in sorte lo
scarlatto e la vera porpora.
18. Ma la vergine ringraziò Dio per tale benigna attribuzione
e per l’assegnazione di un lavoro tanto pregevole a suo onore, prese il lavoro
e con esso, accompagnata da Giuseppe, si recò di nuovo a casa.
19.
Giunta a casa, Maria si mise immediatamente all’opera con animo lieto; Giuseppe
le raccomandò ogni diligenza, la benedisse, e si recò poi subito di nuovo alla
sua costruzione.
20.
Questo però avvenne in quello stesso periodo in cui Zaccaria, mentre offriva
l’incenso nel Tempio, era diventato muto in conseguenza della sua piccola
mancanza di fede, ragion per cui era stato scelto un suo sostituto, sotto il
quale fu sorteggiato questo lavoro.
21.
Maria era però imparentata sia con Zaccaria, sia col suo sostituto, per cui
dunque aumentò del doppio la sua diligenza in modo da finire prestissimo,
possibilmente anche per prima, il suo lavoro.
22.
Ella però non raddoppiò la sua diligenza per una qualche brama di onore, bensì
soltanto perché riteneva di dare al Signore Dio una grandissima gioia, portando
a termine il suo lavoro nel modo più rapido e migliore possibile.
23.
Per primo venne il lavoro allo scarlatto, il quale doveva essere filato con
grande attenzione, per non rendere il filo qua e là più grosso o più sottile.
24.
Con grande maestria fu filato da Maria il filo scarlatto, cosicché tutti quelli
che capitavano in casa di Giuseppe, si meravigliavano sommamente per la
straordinaria abilità di Maria.
25.
Nel breve giro di tre giorni Maria ebbe finito con lo scarlatto e si accinse
poi subito al porpora; ma poiché doveva sempre inumidirlo, così durante il lavoro
doveva spesso prendere l’anfora ed uscire a procurarsi l’acqua.
L’annuncio
della nascita del Signore per mezzo di un angelo.
L’umile abbandono a Dio di Maria.
28 luglio 1843
1. Ma in una mattina di venerdì Maria prese ancora una
volta la brocca dell’acqua, e uscì a riempirla d’acqua, e odi - una voce le
disse:
2. “Ti
saluto, o ricca della Grazia del Signore! Il Signore è con te, tu benedetta fra
le donne!”
3. Ma Maria si spaventò moltissimo per questa voce,
perché non sapeva da dove venisse, e perciò si guardava attorno tremante a
destra e a sinistra; ma non riuscì a vedere nessuno che avesse parlato.
4.
Perciò fu ancora più colma di penosa angoscia, prese in gran fretta la brocca
piena d’acqua, e se ne andò in fretta a casa.
5. Quando vi giunse tremante, mise subito da parte la
brocca dell’acqua, prese di nuovo in mano la porpora, sedette alla sua sedia da
lavoro, e cominciò di nuovo molto alacremente a filare la porpora.
6. Ma
si era appena riconcentrata per bene nel suo lavoro, vedi, ecco che già
l’angelo del Signore stava davanti alla solerte Vergine e le disse:
7. “Non
temere, Maria, poiché tu hai trovato una grazia infinitamente grande al
cospetto del Signore; vedi, sarai incinta della Parola di Dio!”
8. Ma
quando Maria ebbe udito questo, cominciò a ponderare su e giù queste parole, e
non riuscì a comprendere il loro senso; perciò disse dunque all’angelo:
9. “Come
può accadere questo? Sono ben lungi ancora dall’essere la moglie di un uomo, e
ancora non ho mai fatto conoscenza con un uomo perché mi prenda subito per
moglie, per diventare incinta come le altre donne e partorire come loro!”
10. Ma
l’angelo disse a Maria: “Ascolta, eletta Vergine di Dio! Non così accadrà,
ma
11. Perciò
il Santo che nascerà da te, sarà anche chiamato ‘Figlio dell’Onnipotente’!
12. Ma
quando nascerà da te, dovrai darGli il nome ‘Gesù’;
Egli infatti libererà il Suo popolo da tutti i peccati, dal giudizio e dalla
morte eterna”.
13. Ma
Maria si prostrò davanti all’angelo e disse: “Vedi, io sono soltanto
un’ancella del Signore; perciò mi accada come dicono le tue parole, secondo
Maria
parla con Dio nella sua infantile innocenza.
La
risposta dall’Alto.
1 agosto 1843
1. Ma
quando subito dopo l’angelo fu di nuovo scomparso, allora Maria lodò ed
esaltò il Signore Dio, e disse così tra sé nel suo cuore:
2.
“Oh, che mai sono io, Signore, davanti a Te, che Tu mi possa concedere una tale
grazia?!
3.
Dovrei diventare incinta, senza mai aver conosciuto un uomo; poiché io non so
neppure che differenza c’è tra me e un uomo!
4. So
io dunque che cos’è in verità questa cosa: essere incinta? - O Signore, vedi,
non lo so neppure!
5. So
dunque quello che è, quando si dice: ‘Vedi, una donna partorisce!’? - O
Signore, guarda benigno a me; sono pur solo una ragazza di quattordici anni e di
quello ho solo sentito parlare - e perciò in effetti non ne so nulla!
6. Ah,
come andrà a me poverina, quando diventerò incinta - e non so com’è un tale
stato!
7. Che
ne dirà il padre Giuseppe, quando gli dirò, oppure forse lo noterà, che sono
incinta?!
8.
Essere incinta tuttavia non può essere una cosa cattiva, specialmente se una
ragazza, come un tempo Sara, viene scelta per questo dal Signore stesso?!
9.
Infatti ho pur già sentito spesso nel Tempio, quale grande gioia hanno le
donne, quando sono incinte!
10.
Dunque essere incinta deve certo essere qualcosa di molto buono e che colma di
felicità, e anch’io sicuramente mi rallegrerò, se mi sarà dato da Dio questo,
che diventi incinta!
11. Ma
quando, quando accadrà questo, e come? Oppure è già successo? Sono già incinta,
oppure lo diventerò dopo?
12. O
Signore! Tu eterno Santo d’Israele, dammi dunque un segno, alla Tua povera ancella,
su quando una tal cosa dovrà accadere, perché per questo io possa lodarTi ed esaltarTi!”
14.
«Maria, non preoccuparti inutilmente; tu hai concepito, e il Signore è con te!
Mettiti al lavoro e portalo a termine, poiché in futuro non se ne farà più di
questo genere per il Tempio!»
15.
Qui Maria s’inchinò a terra, pregò Dio e Lo lodò ed esaltò per una tale grazia.
- Ma dopo che ebbe offerto al Signore la sua lode, si alzò e prese in mano il
lavoro.
Maria
consegna al Tempio il lavoro finito. Maria e il sommo sacerdote.
Il viaggio
di Maria per visitare la cugina Elisabetta.
2 agosto 1843
2.
Dopo di che ringraziò il Signore per la grazia di averle fatto compiere il
lavoro così bene, poi avvolse il filato in puri lini e con esso si mise in
cammino verso Gerusalemme.
3.
Fino alla costruzione dove lavorava Giuseppe, ella andò sola; ma da là in poi
l’accompagnò di nuovo Giuseppe a Gerusalemme e qui fino al Tempio.
4.
Giuntavi, consegnò subito il lavoro al sommo sacerdote.
5.
Questi esaminò per bene lo scarlatto e la porpora, trovò il lavoro
eccezionalmente buono, e per questo elogiò e salutò Maria con le seguenti
parole:
6.
“Maria, una tale abilità non dimora in te naturalmente, bensì è il Signore che
ha agito con la tua mano!
7.
Grande perciò ti ha resa il Signore; tu sarai benedetta fra tutte le donne
della Terra da Dio, il Signore, poiché fosti la prima che ha portato qui nel
Tempio il suo lavoro al Signore!”
8. Maria
però, piena di umiltà e gioia nel suo cuore, disse al sommo sacerdote:
9. “Degno servitore del Signore nel Suo Santuario! Oh, non
lodarmi troppo, e non mi elevare sopra le altre; questo lavoro infatti non è
certo merito mio, ma solo del Signore, che mi ci ha guidato la mano!
10.
Perciò a Lui solo sia eternamente ogni lode, ogni onore, ogni esaltazione, e
tutto il mio amore e tutta la mia adorazione incessantemente!”
11. E
il sommo sacerdote disse: “Amen, Maria, tu pura vergine del Signore, tu hai
parlato bene davanti al Signore! Ora dunque ritornatene in pace; il Signore sia
con te!”
12.
Dopo di che Maria si alzò e ritornò con Giuseppe al cantiere, dove si ristorò
un poco con pane e latte e acqua.
13. Ma
alla distanza di una mezza giornata di viaggio dal luogo della costruzione
abitava, oltre un monticello, una cugina di Maria, di nome Elisabetta. Maria
desiderava visitarla e ne chiese il permesso a Giuseppe.
14. Ma
Giuseppe le diede immediatamente il permesso di fare questo, e come aiuto le
diede anche per guida il figlio maggiore, il quale doveva accompagnarla fino a
quando ella non avesse scorto la casa di Elisabetta.
La meravigliosa accoglienza di Maria in casa di
Elisabetta.
Umiltà e sapienza di Maria. Un Vangelo per le donne.
Il ritorno di Maria da Giuseppe. La visita di Maria a
Elisabetta.
3 agosto 1843
1.
Giunta da Elisabetta, ossia nella sua casa, immediatamente ella con animo
timoroso bussò alla porta, secondo l’usanza degli Ebrei.
2. Ma
come Elisabetta ebbe sentito il timido bussare, pensò tra sé: “Chi è mai
che bussa così insolitamente piano?
3.
Sarà un figlio del mio vicino; infatti non può essere mio marito, che è ancora
là nel Tempio, muto, e aspetta la liberazione!
4. Il
mio lavoro però è importante; dovrei forse metterlo da parte per il figlio
maleducato del mio vicino?
5. No, non voglio farlo, poiché è un lavoro per il
Tempio, e conta di più che la maleducazione di un bimbo, il quale sicuramente
non vuole di nuovo nient’altro che punzecchiarmi e canzonarmi nel solito modo!
6.
Perciò farò bene a starmene seduta al mio lavoro e a lasciare che il bambino
bussi a lungo come vuole.
7. Ma
Maria bussò ancora una volta, e il bambino nel grembo di Elisabetta cominciò a
saltare dalla gioia, e la madre sentì una voce lieve, dalla parte del
bambino che saltava in lei, e la voce diceva:
8. “Madre, va’, va’ prestissimo; poiché è la madre del
mio e tuo Signore, del mio e tuo Dio, che bussa qui alla porta e ti visita in
pace!”
9. Ma Elisabetta
come ebbe udito questo gettò subito via tutto quello che aveva in mano, e corse
e aprì la porta a Maria.
10.
Subito poi le diede la benedizione secondo l’usanza, poi spalancando le braccia
la cinse e le disse:
11. “O
Maria, tu benedetta fra le donne! Tu sei benedetta fra tutte le donne, e
benedetto è il frutto del tuo grembo!
12. O
Maria, tu purissima vergine di Dio! Da dove mai mi viene l’alta grazia, che la
madre del mio Signore, del mio Dio, mi faccia visita?!”
13. Maria
però, che non capiva nulla di tutti questi misteri, disse a Elisabetta:
14.
“Ah, cara cugina, è soltanto per una visita amichevole che sono venuta da te; quali
cose dici mai su di me, che io non capisco? Sono dunque già sul serio incinta,
che mi dici madre?”
15. Ma
Elisabetta rispose a Maria: “Vedi, quando tu bussasti per la seconda
volta alla porta, ecco che subito il piccino che porto sotto il mio cuore saltò
dalla gioia e mi annunciò questo, e già in anticipo in me ti salutò!”
16.
Allora Maria alzò lo sguardo al cielo e si ricordò di quello che le
aveva detto l’arcangelo Gabriele, sebbene di tutto questo non capisse ancora
nulla, e disse:
17. “O
grande Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che dunque hai fatto di me? Che
sono mai io, che tutte le generazioni della Terra mi debbano proclamare beata?”
18. Ma
Elisabetta disse: “O Maria, eletta di Dio, entra nella mia casa e
ristorati; là vogliamo conversare, e insieme lodare e glorificare Dio con tutte
le nostre forze!”.
4 agosto 1843
19. E
Maria subito seguì Elisabetta nella sua casa, e mangiò e bevve, e si ristorò e
divenne tutta contenta.
20. Ma
Elisabetta interrogò Maria su molte cose: su tutto quello che ella aveva saputo
nel Tempio mentre vi si trovava come bimba allevata dal Signore, e su come le
era sembrato tutto ciò.
21. Ma
Maria disse: “Cugina cara, tu pure benedetta tantissimo dal Signore!
Penso che queste cose siano troppo alte per noi, e noi donne non è prudente che
ci consultiamo su cose, alle quali il Signore ha preposto i figli di Aronne.
22.
Perciò io sono del parere che noi donne dobbiamo lasciare le cose divine a Dio,
e a coloro che egli ha stabilito su queste, e non dobbiamo troppo ragionarci
sopra.
23. Se
solo amiamo Dio più che ogni cosa e osserviamo i Suoi santi Comandamenti, ecco
che viviamo pienamente conforme al nostro stato; ciò che è di più, spetta agli
uomini che il Signore chiama e sceglie.
24.
Penso, cugina cara, che ciò sia giusto; quindi risparmiami le chiacchiere sul
Tempio, - infatti con ciò esso non diventa né migliore né peggiore! Ma quando
sarà giusto per il Signore, allora Egli castigherà già il Tempio e lo trasformerà
al momento giusto”.
25. Ma
Elisabetta riconobbe in queste parole la profonda umiltà e modestia di
Maria, e le disse:
26.
“Sì, o vergine piena della grazia di Dio! È certo con tali sentimenti che si
può anche trovare somma grazia davanti a Dio!
27. Poiché
come parli tu, può parlare solo la purissima, somma innocenza; e chi così vive,
vive sicuramente come giusto davanti a Dio e a tutto il mondo!”
28. Ma
Maria disse: “La vita giusta non è nostra, ma del Signore, ed è una
grazia!
29.
Chi crede di vivere come giusto da se stesso, sicuramente è colui che vive meno
da giusto davanti a Dio; chi invece riconosce sempre davanti a Dio la sua
colpa, questo è colui che davanti a Dio vive da giusto!
30. Io
però non so come vivo, la mia vita è una pura grazia del Signore; perciò non
posso anche fare nient’altro che sempre amarLo, lodarLo ed esaltarLo con tutte le
mie forze! Se la tua vita è come la mia, fa’ la stessa cosa, e il Signore se ne
compiacerà di più, che non se volessimo così tanto chiacchierare fra noi sulla
situazione del Tempio!”
31. Ma
Elisabetta riconobbe molto bene che da Maria spirava uno Spirito divino, cessò
quindi le sue domande sul Tempio e si rimise, lodando ed esaltando Dio, alla
Sua Volontà.
5 agosto 1843
32. Ma così Maria trascorse ancora tre mesi interi presso
Elisabetta, e l’aiutò come un’ancella a sbrigare tutto il lavoro domestico.
33.
Nel frattempo però anche il nostro Giuseppe aveva terminato la sua costruzione,
e si trovava con i suoi figli di nuovo a casa, dove lavorava al suo piccolo
podere, ovviamente solo affittato.
34. Ma
una sera egli (Giuseppe) disse al figlio maggiore: “Gioèle,
va’ a prepararmi per domani mattina il mio somaro, poiché devo andare a
prendere Maria!
35. La
ragazza sono già circa tre mesi che è lontana dalla mia casa, e non so che cosa
ne è di lei.
36.
Sebbene sia presso la moglie del sommo sacerdote che è diventato muto, tuttavia
non si può mai sapere, se questa casa è priva di ogni tentazione di colui che aveva
sedotto Eva!
37.
Voglio dunque andarvi domani a riprendermi la ragazza, perché i figli d’Israele
non abbiano col tempo magari a sparlare, e il Signore non mi punisca per la mia
tiepidezza nel prendermi cura della ragazza”.
38. E Gioèle andò e fece secondo le parole di Giuseppe; ma non
appena Gioèle ebbe finito il suo lavoro, ecco che Maria
già stava davanti all’ingresso di casa, e salutò Giuseppe, e lo pregò di
riaccoglierla nella sua casa.
39. Giuseppe,
tutto sorpreso per questa comparsa di Maria, le domandò subito: “Sei tu dunque,
tu infedele alla mia casa?”
40. E Maria
disse: “Sì, sono io, - ma non infedele alla tua casa; poiché io sarei
tornata volentieri già da molto tempo, però non mi sono fidata a passare da
sola sulla montagna in mezzo al bosco - e tu pure non mandasti un incaricato
per me! Dunque sono stata costretta a restare via tanto tempo!
41.
Ora però tre leviti visitarono la moglie di Zaccaria, e ritornando a casa verso
Gerusalemme, mi presero con loro, mi portarono al confine del tuo podere, poi
benedissero me e la tua casa, e proseguirono poi per la loro strada, e io mi
affrettai a ritornare qui da te, mio caro padre Giuseppe!”
42.
Sebbene Giuseppe avrebbe volentieri sgridato un po’ Maria per la sua lunga
assenza, tuttavia non ebbe cuore di farlo; infatti come prima cosa la voce di
Maria aveva troppo commosso il suo nobilissimo cuore, e come seconda cosa si
vedeva lui stesso colpevole, poiché per così tanto tempo non aveva mandato a
prendere Maria tramite un incaricato.
43.
Egli perciò fece venire a sé la fanciulla per benedirla, e la fanciulla si
slanciò su Giuseppe e lo accarezzò, così come i bimbi più innocenti sono soliti
accarezzare i loro genitori e altri benefattori.
44. Ma
Giuseppe ne fu tutto commosso e divenne colmo di grande gioia e disse:
“Vedi, io sono un uomo povero e sono già avanzato negli anni; ma il tuo amore
filiale mi fa dimenticare la mia povertà e la mia età! Il Signore mi ha dato te
per una gioia grande; perciò voglio anche andare a lavorare con gioia, piccina
mia, per procurarti un buon pezzetto di pane!”
45.
Con queste parole scesero al buon vecchio le lacrime dagli occhi. Ma Maria gli
asciugò svelta le umide guance e ringraziò Dio, che le aveva dato un padre
adottivo così buono. -
46. Ma
in quel momento Giuseppe sentì improvvisamente, come se dei salmi
venissero cantati davanti alla sua casa.
Presentimenti
e profezie di Giuseppe. Consolazione di Maria.
La
cena benedetta. La gravidanza di Maria si rende visibile.
7 agosto 1843
1. Ma Giuseppe
fu colmo di alti presentimenti e disse a Maria: “Bambina del Signore! Grande
gioia è data alla mia casa in te, la mia anima è colma di alti presentimenti!
2. Ma
io so anche che coloro a cui il Signore vuol bene, li visita sempre dolorosamente;
perciò vogliamo pregarLo sempre, che Egli voglia
essere con noi tutti sempre clemente e misericordioso!
3. È persino
possibile, che Egli con te e con me vorrà avere rinnovata l’antica arca
dell’alleanza, che è già divenuta marcia?!
4. Ma
se stesse per accadere una cosa simile, allora guai a me e a te; avremo allora
un lavoro durissimo da passare! - Ma ora non parliamone più!
5. Ciò
che deve avvenire, avverrà anche sicuramente, e noi non saremo in grado di
impedirlo, ma quando avverrà, ci afferrerà con mano onnipotente, e noi
tremeremo davanti alla Volontà, di Colui che ha posto le fondamenta della
Terra!”
6. Maria
però non capiva nulla di tutto questo e consolò quindi Giuseppe, che sembrava
molto preoccupato, con queste parole:
7.
“Caro Padre Giuseppe! Non diventare afflitto, a motivo della Volontà del
Signore; poiché noi lo sappiamo bene, che Egli per i Suoi figli vuole sempre e
soltanto la cosa migliore! Se il Signore è con noi, come lo fu con Abramo,
Isacco e Giacobbe, e come ancora fu sempre con coloro che Lo amavano, che cosa
mai potrebbe capitarci di cattivo e di male?!”
8. Ma Giuseppe
fu contento di queste parole di conforto, e ringraziò il Signore nel suo
cuore con tutte le sue forze, di avergli dato in Maria un tale angelo
consolatore, e disse allora:
9.
“Figli, si è già fatto tardi stasera; perciò intoniamo il canto di lode, poi
consumiamo la nostra cena benedetta e poi andiamo a riposare!”
10.
Ciò avvenne, e Maria allora si affrettò e portò lì il pane, e Giuseppe lo
spartì; tutti però furono presi da meraviglia, che il pane stavolta fosse di
così ottimo sapore.
11. Ma
Giuseppe disse: “Al Signore tutta la lode! Quello che Egli benedice,
piace sempre e ha il miglior sapore!”
12. E Maria
però osservò poi a Giuseppe con amorevolissima sapienza: “Vedi, caro padre,
quindi non devi neanche temere le visite del Signore; poiché esse sono anche
appunto le Sue preziosissime benedizioni!”
13. E Giuseppe
disse: “Sì, sì, pura figlia del Signore, tu hai ragione! Voglio dunque
portare con ogni pazienza qualunque carico il Signore mi imporrà; infatti non
mi renderà certo il suo carico troppo pesante, né il suo giogo troppo duro,
poiché Egli è certo un Padre pieno di bontà e di misericordia - anche nel Suo
zelo! E così dunque avvenga sempre
14.
Dopo di che la pia famiglia andò a riposare e nei giorni seguenti lavorò a
casa. -
15. Ma
il corpo di Maria diveniva di giorno in giorno più pieno; poiché ella notava
bene questo, cercava di nascondere la sua gravidanza agli occhi di Giuseppe e
dei suoi figli, quanto meglio le fosse possibile.
16. Ma
dopo un periodo di due mesi, il suo nascondere non giovò più a nulla, e
Giuseppe cominciò ad avere dei sospetti, e si consigliò segretamente con un suo
amico di Nazareth, sullo strano stato di Maria.
L’opinione
del medico. Giuseppe interroga Maria.
Spiegazione
di Maria.
9 agosto 1843
1. Ma
l’amico di Giuseppe era un esperto; infatti egli era un medico, che
conosceva le erbe e non raramente assisteva le levatrici nei parti difficili.
2.
Costui andò con Giuseppe e osservò Maria senza darlo a vedere; dopo che l’ebbe
esaminata, disse a Giuseppe:
3.
“Ascoltami, fratello in Abramo, Isacco e Giacobbe! Alla tua casa è capitata una
grande sciagura; poiché vedi, la ragazza è in avanzata gravidanza!
4. Tu stesso
però ne hai anche la colpa! Poiché vedi, è ormai la sesta luna che tu sei fuori
per la tua costruzione! Dimmi, chi dunque avrebbe dovuto badare alla ragazza?”
5. Ma Giuseppe
rispose: “Vedi, in questo tempo Maria rimase a casa solo per tre settimane consecutive,
e ciò all’inizio, quando venne nella mia casa; dopo ella trascorse tre mesi
interi presso la sua cugina Elisabetta!
6. Ora
però sono già anche trascorse due lune, che si trova sotto la mia costante
sorveglianza, e io qui non ho visto mai nessuno che sia andato da lei
apertamente o segretamente!
7. E
nel tempo della mia assenza era però comunque in ottime mani. Mio figlio, che
l’aveva accompagnata da Elisabetta, mi fece prima il più solenne giuramento
che, salvo in caso di necessità, non intendeva toccarle neanche il vestito per
tutto il cammino.
8. E
così so con grande certezza che da parte della mia casa Maria deve essere
senz’altro completamente pura; se ciò si possa dire però anche per la casa
di Zaccaria, è tutta un’altra questione!
9.
Dovrebbe esserle capitato magari nel Tempio, da parte di un suo ministro? Il
Signore me ne guardi, che io voglia essere di una tale opinione; infatti una
cosa simile il Signore l’avrebbe resa da lungo tempo manifesta per mezzo della
perenne sapienza del sommo sacerdote!
10. Ma
io ora so quello che farò per arrivare alle giuste tracce della verità di
questa faccenda! - Tu, amico, puoi ora ritornartene in pace, e io sottoporrò la
mia casa a un rigoroso esame!”
11.
L’amico di Giuseppe non indugiò e uscì subito dalla casa di Giuseppe; Giuseppe
invece si rivolse subito a Maria e le disse:
12.
“Bambina, come potrò ora alzare la fronte al mio Dio? Che posso dire ora di te?
13.
Non ti ho ricevuta dal Tempio come una pura vergine, e non ti ho custodita
fedelmente con la mia quotidiana preghiera e con le persone fidate che sono
nella mia casa?!
14. Ti scongiuro perciò che tu mi dica chi è che ha osato
ingannarmi e trascendere così scandalosamente contro di me, un figlio di
Davide, e contro di te, che tu pure discendi dalla stessa casa!
15.
Chi ha sedotto e disonorato te, una vergine del Signore?! Chi ha potuto
offuscare così i tuoi purissimi sentimenti, - e chi, chi fare di te una seconda
Eva?!
16.
Poiché così si ripete per me personalmente l’antica storia di Adamo, perché è
evidente che, come Eva, un serpente ti ha ingannata!
17.
Dunque rispondi alla mia domanda! Suvvia, calmati; perché non ti riuscirà
d’imbrogliarmi!”. - Qui Giuseppe per l’angoscia si gettò col volto chino sopra
un sacco pieno di cenere e pianse.
18. Ma Maria che tremava per la grande paura,
cominciò a piangere e a singhiozzare, e non riuscì a parlare per la grande
paura e tristezza.
19. Giuseppe
si rialzò dal sacco e parlò a Maria con una voce un po’ più moderata:
20.
“Maria, figliola di Dio, che Egli stesso ha preso sotto
21.
Come potesti fare una tal cosa, tu che fosti allevata nel Santo dei santi e hai
ricevuto il cibo dalla mano degli angeli, e questi splendenti servitori di Dio
li hai avuti sempre come compagni di gioco?! Oh, parla, e non tacere davanti a
me!”
22.
Qui Maria si fece coraggio e disse: “Padre Giuseppe, tu uomo giustamente
severo! Io ti dico: com’è vero che vive un Dio, così è anche vero che io sono
pura e innocente, e fino a questo momento non so niente di nessun uomo!”
23. Giuseppe
domandò: “Da dove viene allora ciò che tu porti sotto il tuo cuore?”
24. E Maria
rispose: “Vedi, io sono ancora una bambina e non comprendo i segreti di Dio!
Però ascoltami, voglio dirtelo quello che mi è successo! - Anche questo però è
così vero, come vive un Dio giusto sopra di noi!”.
Racconto
di Maria sui misteriosi santi eventi.
Affanno
e preoccupazione di Giuseppe e decisione di allontanare Maria.
Avvertimento
del Signore a Giuseppe in sogno. Maria rimane a casa di Giuseppe.
10 agosto 1843
1. Maria
raccontò a Giuseppe tutto quello che le era successo quando ancora lavorava
alla porpora, e concluse poi il suo racconto con questa solenne affermazione:
2. “Perciò, padre, ti dico ancora una volta: com’è vero
che vive Dio, il Signore del Cielo e della Terra, così è anche vero che sono
pura, e non so di alcun uomo, e tanto meno poi conosco il segreto di Dio, che
ora devo portare sotto il mio cuore per mia propria grande pena!”
3. Qui
Giuseppe ammutolì davanti a Maria e fu colto da grande spavento; infatti
le parole di Maria penetrarono profondamente nella sua anima affannata, ed egli
tremando trovò conferma alla sua segreta intuizione.
4. E
allora cominciò a pensare e a ripensare nella propria mente sul da farsi, e
parlò così tra sé, nel suo cuore:
5. “Se
così com’è adesso, io nascondo quello che davanti al mondo è incontestabilmente
il suo peccato, per il motivo che io non lo riconosco più come tale, allora
sarò considerato sacrilego contro
6. Ma
se contro la mia intima convinzione la presento pubblicamente ai figli di
Israele come una peccatrice corrotta, benché ciò che ella porta sotto il suo
cuore - secondo la sua inequivocabile affermazione - proviene solo da un
angelo,
7.
allora sarò considerato dal Signore Dio come uno che ha consegnato un sangue
innocente al Giudizio della morte?!
8. Che
cosa devo dunque fare con lei? - Devo abbandonarla segretamente, ossia devo
mandarla segretamente lontano da me, e nasconderla in qualche posto in
montagna, vicino al confine dei Greci? Oppure devo aspettare il giorno del
Signore, perché in quel giorno Egli mi manifesti quello che devo fare?
9. Ma
se domani o dopodomani qualcuno viene da me da Gerusalemme e riconosce Maria,
che succede allora? Sì, sarà ben meglio che io l’allontani di nascosto e
provveda a lei in segreto, senza che nessuno ne sappia nulla a parte i miei
figli!
10. Il
Signore col tempo sicuramente renderà manifesta la sua innocenza, e allora
tutto sarà salvo e a posto, e così avvenga dunque, nel nome del Signore!”
11. Poi Giuseppe in tutta segretezza ne informò Maria, ed
ella si adattò preparandosi ad obbedire al progetto secondo la buona volontà di
Giuseppe, e poi, essendo la sera già inoltrata, si recò a riposare.
12. Ma
anche Giuseppe durante i suoi molteplici pensieri fu sommerso dal sonno, e
vedi, un angelo del Signore gli apparve in sogno e gli disse:
13. “Giuseppe, non stare in ansia per Maria, la purissima
vergine del Signore! Poiché quello che ella porta sotto il cuore, è generato
dal santo Spirito di Dio, e quando sarà nato Lo dovrai chiamare Gesù!”
14.
Qui Giuseppe si destò dal sonno e lodò il Signore Dio, che gli aveva concesso
una tale grazia.
15. Ma
poiché era già mattina, ecco che Maria già veniva da Giuseppe pronta per il
progettato viaggio, e accennò che già doveva essere tempo.
16. Ma
Giuseppe abbracciò la fanciulla, la strinse al suo petto e le disse:
“Maria, tu pura, tu resti con me; oggi infatti il Signore mi ha dato un segno
potente su di te, poiché chi nascerà da te dovrà chiamarsi Gesù!”
17.
Qui subito Maria riconobbe che il Signore aveva parlato con Giuseppe, poiché
udì lo stesso nome che le aveva indicato l’angelo, sebbene ella a Giuseppe non
ne avesse detto nulla prima!
18. E
Giuseppe poi custodì con ogni riguardo la fanciulla, e non le lasciò mancare
nulla di quanto conveniva al suo stato.
Il
censimento romano. Giuseppe impedito a partecipare
al
Consiglio in Gerusalemme. Lo scriba Annas.
11 agosto 1843
1. Ma alla
distanza di due settimane da questo avvenimento, fu tenuto a Gerusalemme un
gran Consiglio, e precisamente per il motivo che si era sentito da alcuni
romani, abitanti in Gerusalemme, che l’imperatore avrebbe fatto contare e
registrare tutto il popolo ebraico.
2.
Tale notizia aveva prodotto un grande sgomento tra gli Ebrei, ai quali era
proibito di contare le persone.
3. Per
cui il sommo sacerdote convocò al proposito una grande adunanza, alla quale
dovevano presentarsi tutti gli anziani e gli artigiani, e anche Giuseppe era
uno di questi.
4. Ma
Giuseppe aveva appena intrapreso un piccolo viaggio in montagna per la legna da
costruzione, e rimase assente alcuni giorni.
5. Ma il
messo da Gerusalemme arrivò nel frattempo da Giuseppe a portargli l’invito
alla grande adunanza. Non trovando Giuseppe, egli diede incarico a uno dei suoi
figli maggiori di informarne immediatamente e urgentemente Giuseppe, non appena
questi fosse arrivato a casa!
6. Ma
Giuseppe ritornò a casa già la mattina successiva. Il figlio Joses lo informò subito di ciò che era
arrivato da Gerusalemme.
7. Ma Giuseppe disse: “Ora sono salito per cinque
giorni in montagna e perciò mi sono stancato moltissimo, e i miei piedi non mi
sosterrebbero più se prima non mi riposassi un paio di giorni; perciò questa
volta sono obbligato a non seguire il richiamo di Gerusalemme!
8. Del
resto tutta questa adunanza non vale una noce vuota; poiché il potente
imperatore di Roma, che ora stende già il suo scettro perfino sui paesi degli
Sciti, terrà poco conto del nostro Consiglio, e farà quello che vuole! Perciò
me ne rimango per bene a casa!”
9. Ma
dopo tre giorni arrivò da Giuseppe un certo Annas
da Gerusalemme, il quale era un grande scriba, e gli disse:
10.
“Giuseppe, tu che sei un uomo della stirpe di Davide, sei un abile artigiano e
conosci
11. Ma
Giuseppe si rivolse ad Annas e disse: “Vedi,
sono stato per cinque giorni in montagna, e non sapevo che ero chiamato!
12. Ma
come arrivai a casa ed ebbi la notizia da mio figlio Joses,
ero troppo stanco e debole, perché mi fosse stato possibile il mettermi subito
in piedi per Gerusalemme! Inoltre però scorsi anche subito comunque a prima
vista, che tutta questa grande adunanza non sarebbe servita a nulla”.
13.
Mentre però Giuseppe aveva pronunciato questo, Annas
si era guardato attorno e scoprì sfortunatamente la vergine in stato di
avanzata gravidanza.
14.
Perciò dunque egli, come completamente muto, lasciò Giuseppe e corse più in
fretta che poteva a Gerusalemme.
15.
Giuntovi completamente senza fiato, si affrettò subito dal sommo sacerdote e
gli disse:
16. (Annas:) “Ascoltami, e non domandarmi perché il
figlio di Davide non è venuto all’adunanza; poiché ho scoperto inauditi
misfatti nella sua casa!
17.
Vedi, Giuseppe, al quale Dio e tu deste testimonianza, col fatto che tu gli hai
affidato la vergine, ha sbagliato in un modo così indescrivibilmente infimo e
brutale davanti a Dio e davanti a te!”
18. Ma
il sommo sacerdote fu tutto scandalizzato per la notizia di Annas e domandò molto brevemente: “Come, come mai? Dimmi
tutta la verità, od oggi stesso sei morto!”
19. E Annas disse: “Vedi, la vergine Maria, che
egli ricevette in custodia da questo Tempio, secondo la testimonianza di Dio,
egli l’ha completamente disonorata; infatti la sua gravidanza già avanzata ne è
una testimonianza vivente!”
20. Ma
il sommo sacerdote disse: “No, mai più Giuseppe ha fatto questo! - Può
anche Dio dare una falsa testimonianza?!”
21. Ma
Annas disse: “Manda là dunque i tuoi
servitori più fidati, e ti convincerai che la vergine proprio sul serio è in
avanzata gravidanza; se però non lo è, voglio essere lapidato qui!”
Perplessità
del sommo sacerdote sulle condizioni di Maria. L’arresto e l’interrogatorio di
Maria e Giuseppe.
Lamentela
e disputa di Giuseppe con Dio.
Condanna
a morte di Giuseppe e Maria e loro discolpa per mezzo del “giudizio di Dio”.
Maria
moglie di Giuseppe.
16 agosto 1843
1. Ma
il sommo sacerdote rifletté per un certo tempo e disse così fra sé: “Che devo
fare? Annas è pieno di gelosia dal sorteggio della
vergine, e non si deve mai agire su consiglio di un geloso.
2. Ma
se le cose stessero proprio così riguardo a Maria, e io avessi trattato la
faccenda con indifferenza, che cosa diranno poi i figli di Israele e in qual
modo me ne chiederanno conto?
3. Voglio perciò inviare tuttavia in segreto dei
servitori da Giuseppe; costoro, nel caso si dovesse confermare la brutta
faccenda, dovranno condurre subito qui la vergine insieme a Giuseppe!”
4. Così fu pensato e deciso. Il sommo sacerdote convocò
segretamente dei servitori fidati e li informò di ciò che era accaduto nella
casa di Giuseppe, e poi li mandò subito da Giuseppe con le disposizioni su come
dovessero agire nel caso la faccenda risultasse confermata.
5. E i
servitori si recarono in gran fretta da Giuseppe, e trovarono tutto così
come il sommo sacerdote aveva loro indicato.
6. E
il più anziano fra loro disse a Giuseppe: “Vedi, per questo motivo siamo stati
mandati qui dal Tempio, perché potessimo persuaderci sullo stato della vergine,
poiché su di lei sono giunte male voci alle orecchie del sommo sacerdote!
7. Ma
noi purtroppo trovammo confermata la triste supposizione; perciò non far sì che
ti facciamo violenza e seguici con Maria al Tempio, là dovrai apprendere dalla
bocca del sommo sacerdote la giusta sentenza!”
8. E
Giuseppe senza ribattere seguì subito con Maria i servitori, davanti al
tribunale nel Tempio.
9.
Quando egli fu giunto là davanti al sommo sacerdote, il sommo sacerdote stupefatto
interrogò subito Maria, parlando in tono serio:
10.
“Maria! Perché ci hai fatto questo, e hai potuto abbassare così enormemente la
tua anima?
11.
Dimenticata ti sei del Signore, del tuo Dio, tu, che fosti allevata nel Santo
dei santi e hai ricevuto il cibo giornalmente dalla mano dell’angelo,
12. e
hai udito sempre i suoi canti di lode, e ti sei rallegrata, hai suonato e
danzato al cospetto di Dio! - Parla, perché ci hai fatto una cosa simile?”
13. Ma
Maria cominciò a piangere amaramente, e disse fra violenti singhiozzi e
lacrime: “Com’è vero che vive Dio, il Signore d’Israele, altrettanto è vero che
io sono pura e non ho mai conosciuto un uomo! - Interroga Giuseppe, il
prescelto da Dio!”
14. E il
sommo sacerdote si rivolse allora a Giuseppe e lo interrogò: “Giuseppe, ti
scongiuro nel nome dell’eterno Dio vivente, dimmelo apertamente, com’è accaduto
questo? Hai fatto tu una cosa simile?”
15. E Giuseppe
disse: “Io ti dico, per tutto ciò che è santo a te e a me, quant’è vero che
vive il Signore, il mio Dio, altrettanto è vero che io sono puro di fronte a
questa vergine, come di fronte a te e di fronte a Dio!”
16. E il
sommo sacerdote rispose: “Non dire una falsa testimonianza, ma davanti a
Dio dì la verità! Io però ti dico: tu ti sei preso furtivamente le nozze, non
ne hai dato notizia al Tempio, e non hai prima chinato il capo sotto la mano
dell’eterno Possente, affinché benedicesse il tuo seme! Perciò dì la verità!”.
18 agosto 1843
17. Ma
Giuseppe divenne muto a un tal discorso del sommo sacerdote, e non riuscì a
rispondere la più piccola parola; poiché troppo amaramente ingiusta era
l’accusa del sommo sacerdote.
18. Ma
poiché Giuseppe se ne stava in profondo silenzio davanti al sommo sacerdote e
non riusciva a parlare, allora il sommo sacerdote presto aprì di nuovo
la bocca e disse:
19.
“Restituiscici la vergine come l’hai ricevuta dal Tempio del Signore, quando
era pura come un sole nascente nel più terso mattino!”
20.
Sciolto in lacrime se ne stava Giuseppe, e disse dopo un profondo
sospiro:
21.
“Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che cosa ho mai fatto di male
davanti a Te, io povero vecchio, perché tu ora mi colpisca così aspramente?!
22.
Toglimi dal mondo; poiché è troppo duro per chi fu sempre giusto davanti a Te e
a tutto il mondo, subire una tale onta!
23. Il
padre mio Davide tu lo hai castigato perché aveva peccato verso Uria.
24. Io
però non mi sono mai reso colpevole verso una persona, e non ho mai messo le
mani su una cosa di qualcun altro né su un animale [altrui], e ho sempre
osservato
25.
Oh, mostrami un peccato davanti a Te, e sopporterò volentieri la pena del
fuoco! Ma se ho peccato davanti a Te, allora sia maledetto il giorno e l’ora in
cui sono nato!”
26. Ma
il sommo sacerdote fu esasperato da questo discorso di Giuseppe e disse
nella grande eccitazione del suo animo:
27.
“Bene, dunque, poiché disputi la tua palese colpa davanti a Dio, voglio far
bere a entrambi l’acqua della maledizione di Dio, e saranno manifesti i vostri
peccati ai vostri occhi e davanti agli occhi di tutto il popolo!”
28. E
subito il sommo sacerdote prese l’acqua della maledizione e ne fece bere a
Giuseppe, e poi lo mandò secondo
29. E
altrettanto diede da bere tale acqua anche alla vergine, e la mandò poi
ugualmente sulla montagna.
30. Ma
dopo tre giorni entrambi tornarono indietro illesi, e tutto il popolo si
meravigliò che in essi non si fosse rivelato alcun peccato.
31. Ma il sommo sacerdote, egli stesso stupito oltre
misura, disse allora ad essi: “Se il Signore Dio non ha voluto che si rivelasse
il vostro peccato, anch’io non voglio giudicarvi, ma vi dichiaro innocenti e
liberi!
32. Ma
poiché la vergine è già gravida, ella deve diventare tua moglie, come punizione
per essere diventata gravida a mia insaputa, e in futuro non dovrà mai più
avere un altro uomo, quand’anche restasse una giovane vedova! Così sia! - Ed
ora ritornatevene da qui in pace!”
33. Or
dunque Giuseppe prese Maria e andò con lei nel suo paese, ed era pieno di
gioia, e lodava ed esaltava il suo Dio. E adesso la sua gioia era tanto più
grande, perché ora Maria era divenuta la sua legittima moglie.
L’ordine di Augusto per tassare e contare tutti gli
abitanti del Paese.
Nuovo
affanno e consolazione.
19 agosto 1843
1. E
Giuseppe trascorse così altri due mesi nella sua casa in perfetta pace, con
Maria che ora era sua moglie, e lavorava per il mantenimento di Maria.
2. Ma
quando questo tempo fu trascorso e Maria fu vicina al periodo del parto, ecco
arrivare un nuovo colpo, che mise il nostro Giuseppe in grande inquietudine.
3.
L’imperatore romano Augusto fece infatti diramare un editto in tutti i suoi
territori, in base al quale tutte le popolazioni dell’impero dovevano essere
registrate e censite, e classificate per le tasse e per la coscrizione.
4. E
così i Nazareni non erano esclusi da questo comando, e Giuseppe fu obbligato a
recarsi anche lui a Betlemme, la città di Davide, nella quale era installata la
commissione romana per la registrazione.
5. Ma
quando egli apprese questo comando, a motivo del quale era già stato comunque
chiamato a Gerusalemme per un’adunanza, egli disse tra sé:
6. (Giuseppe:)
“Mio Dio e mio Signore, questo è un duro colpo per me, proprio in questo
periodo che Maria è così vicina al parto!
7. Che
devo fare ora? - Devo bensì far registrare i miei figli, poiché questi
purtroppo sono in dovere di prestare il servizio militare all’imperatore: ma
per amore del Tuo Nome, o Signore, che cosa devo fare con Maria?
9. Ma
se la prendo con me, chi mi garantisce che il suo tempo non la coglie già per
strada, e io poi non saprò che si dovrà fare per lei, dato che tuttavia è
ancora più una bambina che una donna fatta?
10. E
se anche con grande difficoltà riesco a condurla davanti ai funzionari di Roma,
come devo farla registrare?
11. Forse
come mia moglie, - della qual cosa però nessuno sa ancora nulla fin adesso,
eccetto me e il sommo sacerdote?!
12.
Per la verità, di questo mi vergogno quasi davanti ai figli d’Israele; poiché
essi lo sanno, che sono un vecchio di oltre settant’anni! Che cosa diranno se
faccio registrare come mia legittima moglie una bambina di appena quindici anni
- e per di più in stato di avanzata gravidanza?!
13.
Oppure devo farla iscrivere come mia figlia? - Ma i figli d’Israele lo sanno di
dov’è Maria, e che mai più è mia figlia!
14. Se
la faccio iscrivere come vergine affidatami dal Signore, che cosa mi potrebbero
dire certuni, non potendo ancora sapere che mi sono giustificato nel Tempio,
quando vedessero Maria in avanzata gravidanza?
15.
Sì, so quello che ora voglio di nuovo fare; voglio aspettare il giorno del
Signore! In quello il Signore, mio Dio, farà ciò che vorrà, e sarà anche la
cosa migliore! E così avvenga dunque!”.
Un vecchio amico
conforta Giuseppe. Giuseppe dà disposizioni per il viaggio ai suoi cinque
figli.
La consolante
testimonianza dall’Alto. La lieta partenza.
21 agosto 1843
1. Ma in quello stesso giorno venne da Giuseppe un vecchio
saggio amico di Nazareth, e gli disse:
2. “Fratello, vedi, è così che il Signore conduce il Suo
popolo su deserti e steppe di ogni genere! Ma coloro che seguono
volonterosamente fin dove Egli li guida, arrivano al giusto traguardo!
3. Noi languivamo in Egitto e piangevamo sotto le catene
di Babele, pur tuttavia il Signore ci ha di nuovo liberati!
4. Ora i Romani hanno inviato sopra di noi le loro aquile;
è
5. Ma Giuseppe comprese bene quello che l’amico gli aveva
detto, e quando l’amico lo benedisse e lo lasciò di nuovo, Giuseppe disse
ai suoi figli:
6. “Ascoltatemi! Il Signore vuole che noi tutti dobbiamo
andare a Betlemme; dunque vogliamo anche farci piacere
7. Tu, Gioèle, sella l’asina per
Maria e prendi la sella con lo schienale; e tu, Joses,
imbriglia invece il bue e attaccalo al carro, in cui vogliamo portare i viveri.
8. Poi però voi, Samuele, Simeone e Giacomo, preparate il
carro con frutta che duri, pane, miele e formaggio, e prendetene tanto da
esserne provvisti per quattordici giorni; poiché non sappiamo quando sarà il
nostro turno e quando saremo liberi, e che cosa può accadere a Maria per la
strada! Perciò mettete anche sul carro dei panni puliti e delle fasce!”
9. Ma i figli andarono a sistemare tutto come Giuseppe
aveva loro raccomandato.
10. Ma quando ebbero sistemato tutto secondo la volontà di
Giuseppe, ritornarono e lo comunicarono a Giuseppe.
11. E Giuseppe si mise in ginocchio con tutta la sua casa,
pregò, e raccomandò se stesso e tutti i suoi nelle mani del Signore.
12. Ma quando fu al termine di questa preghiera, lode e
glorificazione, ecco che sentì una Voce come da fuori della casa, la
quale diceva così:
13. “Giuseppe, fedele figlio di Davide, il quale era un
uomo secondo il Cuore di Dio!
14. Quando Davide uscì a combattere col gigante, con lui
era la mano dell’angelo che il Signore gli mise al fianco, e vedi, tuo padre
divenne un potente vincitore!
15. Ma con te ora è Quello stesso, che eternamente fu, che
ha creato Cielo e Terra, che ai tempi di Noè fece piovere quaranta giorni e
notti, e fece affogare ogni creatura a Lui contraria,
16. che ad Abramo diede Isacco, che condusse il tuo popolo
fuori dall’Egitto e parlò con Mosè sul Sinai fra molto spavento!
17. Vedi, Costui è ora corporeamente nella tua casa, e
verrà anche con te a Betlemme; perciò sta’ senza paura poiché Egli non
permetterà che ti venga torto neanche un capello!”
18. Ma come Giuseppe ebbe sentito queste parole, divenne
allegro, ringraziò il Signore per questa grazia, e fece poi subito preparare
tutti per il viaggio.
19. Prese Maria e la mise a sedere sul somaro nella
maniera più morbida e comoda che fosse possibile, e prese poi in mano le redini
e condusse l’asina.
20. I figli invece si misero attorno al carro caricato e
seguirono con questo il trotto dell’asina.
21. Ma dopo qualche tempo Giuseppe passò le redini al
figlio maggiore; egli invece andò a fianco di Maria, poiché questa talvolta diveniva
debole e non era in grado di tenersi in sella da sola.
Apparenti
cambiamenti d’umore di Maria durante il viaggio.
Arrivo
delle doglie. Rifugio di Maria in una vicina grotta.
23 agosto 1843
1.
Così la nostra piissima compagnia arrivò alla distanza di circa sei ore da
Betlemme, e fece là una sosta all’aperto.
2. Ma Giuseppe
guardò verso Maria e trovò che doveva essere piena di dolore; perciò pensò
tutto imbarazzato tra sé:
3.
“Che cosa può essere? Il volto di Maria è pieno di dolore e i suoi occhi sono
pieni di lacrime! - Forse il suo tempo la incalza?”
4. Per
cui Giuseppe osservava ancora meglio Maria; e vedi, ecco che con grande suo
stupore la trovò che rideva!
5. Per
cui subito anche le domandò: “Maria, dimmi, che mai avviene in te? Poiché il
tuo viso ora lo vedo pieno di dolore, ora invece di nuovo ridente e splendente
di grande gioia!”
6. Ma Maria
disse allora a Giuseppe: “Vedi, io vidi ora due popoli davanti a me! Uno
piangeva, e allora per forza piangevo anch’io.
7.
L’altro invece camminava ridendo davanti a me, e io divenni piena di gioia e di
allegria, e dovetti ridere anch’io e passare alla sua gioia! - Questo è tutto
quello che fece uscire dal mio volto dolore e gioia”.
8.
Quando Giuseppe ebbe sentito questo, fu di nuovo tranquillo, poiché sapeva che
Maria aveva spesso visioni; perciò fece poi anche di nuovo riprendere il
viaggio, e salì verso Betlemme.
9. Ma
quando arrivarono in vicinanza di Betlemme, Maria disse d’un tratto a
Giuseppe:
10.
“Ascoltami, Giuseppe! Quello che è in me, comincia a incalzarmi molto
fortemente; fa’ quindi fermare!”
11.
Giuseppe fu pieno di spavento per questo improvviso grido di Maria; egli vedeva
infatti che era arrivato proprio quello che aveva temuto di più.
12.
Perciò fece anche fermare d’improvviso; ma Maria disse poi subito di
nuovo a Giuseppe:
13.
“Levami giù dall’asina; poiché quello che è in me m’incalza possentemente e
vuole uscire da me! E non posso più resistere alla pressione!”
14. Ma
Giuseppe disse: “Ma per l’amore del Signore! Vedi bene che qui non c’è
un albergo da nessuna parte; dove posso portarti dunque?”
15. Ma
Maria disse: “Vedi, là dentro alla montagna c’è una grotta, saranno
neanche cento passi fin là! Portatemi là; andare avanti mi è impossibile!”
16. E
Giuseppe subito vi diresse l’asina e il carro, e per grandissima fortuna trovò
in questa grotta, che serviva come stalla d’emergenza ai pastori, un po’ di
fieno e di paglia, con cui subito fece preparare per Maria un precario
giaciglio.
Maria nella grotta.
Giuseppe alla ricerca di una levatrice a Betlemme.
La testimonianza della
natura. Incontro di Giuseppe con la levatrice.
24 agosto 1843
1. Ma
quando il giaciglio fu pronto, subito Giuseppe portò Maria nella grotta, ed
ella si coricò sul giaciglio e trovò sollievo in questa posizione.
2. Ma
quando Maria si trovò così alleviata nel giaciglio, allora Giuseppe
disse ai suoi figli:
3.
“Voi due maggiori custodite Maria, e in caso di urgente necessità prestatele
l’opportuno soccorso specialmente tu, Gioèle, che
frequentando il mio amico di Nazareth hai acquisito qualche conoscenza in
questa materia!”
4.
Agli altri tre invece egli ordinò di provvedere all’asino e al bue, e di
mettere in qualche modo anche il carro nella grotta, che era piuttosto
spaziosa.
5. Ma
dopo che Giuseppe ebbe disposto per bene tutto questo, disse a Maria:
“Ora però voglio salire sul monte, e nella città di mio padre voglio cercarmi
in gran fretta una levatrice e voglio portarla qui, per l’aiuto che ti
occorre!”
6.
Dopo queste parole Giuseppe uscì subito dalla grotta, poiché la sera era già
piuttosto inoltrata e si potevano già scorgere molto bene le stelle in cielo.
7. Ma
tutto ciò che Giuseppe ebbe di meravigliose esperienze in questa uscita dalla
grotta, vogliamo riportarlo con le sue stesse parole, che egli disse ai suoi
figli quando ritornò con la levatrice nella grotta, e Maria aveva già
partorito.
8. Ma
le parole di Giuseppe suonarono così: “Figli, siamo prossimi a cose
grandi! Ora capisco oscuramente quello che mi ha detto la voce la sera prima del
nostro viaggio fin qui; in verità, se il Signore non fosse presente fra noi -
sebbene invisibilmente - non sarebbero mai potute accadere tali meraviglie,
come le ho viste adesso!
9.
Uditemi! - Quando uscii fuori e m’incamminai, allora fu per me come se andassi
e come se non andassi! E io vidi la luna piena che stava sorgendo, e le stelle
ad oriente come ad occidente, e vedi, tutto stava fermo, e la luna non
abbandonava il bordo della terra, e le stelle al bordo dell’occidente non
volevano più abbassarsi.
10.
Poi vidi schiere e schiere di uccellini posati sui rami degli alberi; tutti
avevano lo sguardo rivolto qui, e tremavano come nel tempo in cui sono
imminenti grandi terremoti, e non era possibile scostarli dalle loro posizioni,
né con grida, né gettando delle pietre.
11. E
mi guardai di nuovo attorno giù sulla Terra, e vidi non lontano da me un numero
di lavoratori che sedevano intorno a un vassoio pieno di cibo. Alcuni tenevano
le mani immobili nel vassoio e non potevano alzare il cibo dal vassoio.
12. Ma
quelli che in precedenza già avevano levato dal vassoio un pezzo di cibo, lo
tenevano alla bocca, e non potevano aprire la bocca per mangiare il boccone; ma
i volti di tutti erano rivolti in alto, come se vedessero grandi cose in cielo.
13.
Poi vidi delle pecore che erano condotte dai pastori; ma le pecore stavano là
immobili, e la mano del pastore, che egli aveva alzata per colpire le pecore
ferme, rimaneva come pietrificata nell’aria, ed egli non poteva muoverla.
14. Di
nuovo vidi un’intera mandria di arieti, che tenevano il muso sopra l’acqua e
tuttavia non riuscivano a bere, poiché erano tutti come completamente
paralizzati.
15.
Così vidi anche un ruscelletto che aveva una forte cascata giù dalla montagna,
e vedi, l’acqua stava ferma e non scorreva giù nella valle! - E così tutto sul
suolo della Terra sembrava che non avesse vita né movimento.
16. Ma
mentre così stavo o andavo, e non sapevo se stavo o andavo, vedi, ecco che
finalmente scorsi di nuovo una vita!
17.
Una donna infatti, scendendo lungo il monte, venne proprio da me e mi domandò,
quando si fu avvicinata del tutto: ‘Uomo, dove vuoi andare così tardi?’
18. E
io dissi a lei: ‘Una levatrice cerco; poiché là in quella grotta c’è una che
vuol partorire!’
19. Ma
la donna rispose e disse: ‘È di Israele?’ - E io le risposi: ‘Sì, signora, io e
lei siamo di Israele; Davide è nostro padre!’
20. Ma
la donna continuò a parlare e domandò: ‘Chi è colei che vuol partorire là nella
grotta? È tua moglie, o una parente, o una domestica?’
21. E
io le risposi: ‘Solo da poco tempo - unicamente davanti a Dio e al sommo
sacerdote - è mia moglie. Quando però rimase incinta, non era ancora mia
moglie, ma mi era stata affidata in custodia nella mia casa da parte del
Tempio, su testimonianza di Dio, poiché in precedenza era stata allevata nel
Santo dei santi.
22. Ma non ti meravigliare della sua gravidanza; infatti
ciò che è in lei, è generato miracolosamente dal santo Spirito di Dio!’ - La
donna però si meravigliò di questo e mi disse: ‘Uomo, dimmi la verità!’ - Ma io
le dissi: ‘Vieni a vedere, e convinciti con i tuoi occhi!’”.
Segni presso la grotta.
La visione della levatrice nel sonno e le sue parole profetiche.
La levatrice presso
Maria e il Bambino.
Il dubbio di Salomè,
sorella della levatrice, sulla verginità di Maria.
25 agosto 1843
1. E la donna acconsentì e seguì Giuseppe fino alla
grotta; ma come essi arrivarono alla grotta, questa si
celò improvvisamente in una densa nuvola bianca, così che non riuscirono a
trovarne l’entrata.
2. Per
questo fenomeno la levatrice cominciò altamente a meravigliarsi e disse
a Giuseppe:
3.
“Qualcosa di grande è capitato in questo giorno alla mia anima! Questa mattina
ho avuto una visione grande e straordinaria, in cui tutto si presentava così
come l’ho visto adesso nella realtà, lo vedo ancora e lo vedrò ancora di più!
4. Tu
sei quello stesso uomo che mi venne incontro nella visione; così pure vidi
anche, prima, tutto il mondo fermarsi in mezzo a quello che stava facendo, e
vidi la grotta, e vidi come una nuvola la ricoprì, e ho parlato con te come ho
parlato ora.
5. E
vidi altro ancora più che meraviglioso nella grotta, quando mi raggiunse mia
sorella Salomè, alla quale soltanto, al mattino, confidai la mia visione.
6. È
perciò che ora anche dico davanti a te e davanti a Dio, mio Signore: un gran
bene è toccato ad Israele! È venuto un Salvatore, mandato dall’Alto, al tempo
della nostra grande miseria!”
7.
Dopo queste parole della levatrice la nuvola subito si ritirò dalla grotta, e
una luce possente scaturì dalla grotta verso la levatrice e Giuseppe, così che
gli occhi non erano in grado di sopportarla, e la levatrice disse:
“Dunque è tutto vero ciò che ho veduto nella visione! O uomo, tu felice, qui
c’è più che Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè ed Elia!”
8.
Dopo queste parole però l’intensa luce cominciò a poco a poco a divenire più
sopportabile, e il Bambinello divenne visibile, come proprio per la prima volta
prendeva il petto della Madre.
9. Ma la
levatrice entrò ora con Giuseppe nella grotta, esaminò il Piccino e Sua
Madre, e quando ebbe trovato tutto risolto nel modo più splendido, disse:
10.
“In verità, in verità, ecco il Redentore cantato da tutti i profeti, che già
nel grembo materno sarà libero, senza legame, per significare che scioglierà
tutti i duri vincoli della Legge!
11.
Quando mai qualcuno ha visto che un bambino appena nato abbia già cercato il
petto della madre?!
12.
Ciò attesta con la massima evidenza, che questo Bambino un giorno, da Uomo,
giudicherà il mondo in base all’Amore, e non in base alla Legge!
13.
Ascolta, fortunatissimo marito di questa Vergine! È tutto in ordine
grandissimo, perciò fammi uscire dalla grotta poiché ora ho un peso nel petto,
sento infatti che non sono pura abbastanza per sopportare la vicinanza troppo
santa del mio e tuo Dio e Signore!”
14. Giuseppe
si spaventò del tutto a queste parole della levatrice; ma ella si affrettò a
uscire dalla grotta all’aperto.
15. Ma
come uscì dalla grotta, incontrò fuori sua sorella Salomè, la quale l’aveva
seguita a causa della nota visione, e subito disse a costei:
16.
“Salomè, Salomè, vieni a vedere confermata nella realtà la mia visione
mattutina!
17. Ma
Salomè disse: “Com’è vero che Dio vive, non posso credere che una
vergine abbia partorito, finché non l’abbia visitata con la mia mano!”.
Richiesta di Salomè a Maria. Benevolenza di Maria.
Accertamento, punizione e pentimento di Salomè. Indicazione dell’angelo a Salomè.
Guarigione di Salomè. Un avvertimento dall’Alto.
26 agosto 1843
1. Ma Salomè,
dopo aver detto questo, subito entrò nella grotta e disse:
2.
“Maria, una lotta non indifferente agita la mia anima; perciò ti prego di
prepararti affinché io ti visiti con la mia mano molto esperta e ne ricavi come
si presenta la tua verginità!”
3. Ma
Maria aderì volonterosa alla richiesta dell’incredula Salomè, si preparò e si
lasciò visitare.
4. Ma
come Salomè toccò il corpo di Maria con la sua esperta mano, subito levò
un urlo possente e gridò a gran voce:
5.
“Guai, guai a me per la mia empietà e a causa della mia grande incredulità,
perché ho voluto tentare il Dio eternamente vivo! Poiché vedete, vedete qui, -
la mia mano brucia nel fuoco dell’ira divina, su me misera!!!”
6. Ma dopo queste
parole ella subito si prostrò in ginocchio davanti al Piccino e disse:
7. “O
Dio dei miei Padri! Tu onnipotente Signore di ogni gloria! Ricordati di me, che
anch’io sono un seme di Abramo, Isacco e Giacobbe!
8. Non
fare di me uno zimbello per i figli di Israele, ma rendimi in dono i miei arti
sani!”
9. E
vedi, subito un angelo del Signore stette accanto a Salomè e le disse:
“Il Signore Dio ha ascoltato la tua supplica; avvicinati al Piccino e prendilo
in braccio, e con ciò ti capiterà un gran bene!”
10. E
quando Salomè ebbe sentito questo, camminando in ginocchio andò davanti a Maria
e la pregò di darle il Piccino.
11. Ma
Maria volentieri le diede il Piccino e le disse: “Possa venirtene il bene
secondo il detto dell’angelo del Signore; il Signore abbia misericordia di te”.
12. E Salomè
prese il Piccino fra le sue braccia e lo tenne stando in ginocchio e disse, non
appena ebbe in braccio il Piccino:
13. “O Dio, Tu onnipotente Signore d’Israele, che governi
e regni dall’eternità! -In tutta, tutta la pienezza della verità è nato qui a
Israele un Re dei re, che sarà più potente di quanto lo fu Davide, l’uomo
secondo il cuore di Dio! Lodato ed esaltato sii Tu da me in eterno!”
14.
Dopo queste parole Salomè fu di nuovo completamente guarita, restituì poi il
Piccino a Maria col cuore contrito e pieno di gratitudine, e così giustificata
uscì di nuovo fuori dalla grotta.
15. Ma
quando fu fuori, voleva subito cominciare a gridare forte del grande prodigio
di tutti i prodigi, e aveva anche cominciato immediatamente a raccontare a sua
sorella quello che le era capitato.
16. Ma
subito si fece sentire una voce dell’alto e disse a Salomè: “Salomè,
Salomè, non annunciare a nessuno la cosa straordinaria che ti è capitata!
Poiché ha ancora da venire il tempo in cui il Signore darà testimonianza di Se
stesso con parole e azioni!”
17. Qui subito ammutolì Salomè, e
Giuseppe uscì fuori e pregò le due sorelle di ritornare ora di nuovo nella
grotta, secondo il desiderio di Maria, affinché nessuno potesse magari notare
ciò che di ultraprodigioso era appena accaduto in
quella grotta. Ed entrambe entrarono di nuovo umilmente nella grotta.
La quieta notte della
santa Famiglia nella grotta.
I canti di lode degli
angeli al mattino. L’adorazione dei pastori.
Chiarimenti dell’angelo
a Giuseppe.
28 agosto 1843
1. Ma
quando tutti furono così radunati nella grotta, i figli di Giuseppe
chiesero al loro padre (cioè a Giuseppe):
2. “Padre,
che dobbiamo fare ora? È tutto a posto per bene! Il viaggio ha stancato le
nostre membra; non possiamo dunque metterci a riposare?”
3. E Giuseppe
disse: “Figli, vedete bene quale infinita grazia è capitata a noi tutti
dall’Alto; perciò dovreste vegliare e lodare Dio con me!
4.
Avete dunque pur visto quello che è successo a Salomè nella grotta, quando fu
incredula; perciò anche noi non dobbiamo sonnecchiare quando il Signore viene a
visitarci!
5.
Andate piuttosto da Maria e toccate il Piccino! Chi sa che le vostre palpebre
non si rinvigoriscano subito, come se aveste dormito profondamente per
parecchie ore!”
6. E i
figli di Giuseppe andarono a toccare il Piccino; ma il Piccino sorrise loro e
tese verso di loro le sue manine, come se li avesse riconosciuti come fratelli.
7. Per
cui tutti si meravigliarono e dissero: “Per davvero, non è un bambino
normale. Infatti chi ha mai vissuto una cosa simile, che uno sia stato salutato
in una maniera così divinamente beata da un bambino appena nato?!
8.
Inoltre ora siamo anche improvvisamente, sul serio, per di più così rinvigoriti
in tutte le nostre membra, come se non avessimo mai fatto alcun viaggio, e ci
trovassimo a casa di mattina, col corpo perfettamente riposato!”
9. E Giuseppe
aggiunse: “Vedete, dunque il mio consiglio è stato buono! Adesso però mi
accorgo che comincia a far molto freddo; perciò portate qui l’asino e il bue!
Questi animali staranno attorno a noi e col loro fiato e il loro corpo
produrranno un certo calore; e noi stessi vogliamo perciò anche metterci
attorno a Maria!”
10. E
i figli fecero così. E quando essi condussero i due animali vicino a Maria,
ecco che questi si misero subito dalla parte del capo del giaciglio di Maria, e
alitavano diligentemente su Maria e il Piccino, e così riscaldavano proprio
bene.
11. E la
levatrice disse: “Per davvero, non può essere una cosa piccola davanti a
Dio, ciò che perfino gli animali servono come se avessero intelligenza e ragione!”
12. Ma
Salomè disse: “O sorella, qui gli animali sembrano vedere più di noi!
Mentre noi ancora a mala pena osiamo pensarci, ecco che gli animali già adorano
Colui che li ha creati!”
13.
Credimi, sorella, com’è vero che Dio vive, così è anche vero che qui davanti a
noi c’è il promesso Messia; infatti lo sappiamo bene che perfino alla nascita
del profeta più grande, mai sono accaduti tali prodigi!”
14. Ma
Maria disse a Salomè: “Il Signore Dio ti ha concesso una grazia grande,
nel farti vedere una cosa simile, davanti a cui perfino la mia anima trema.
15.
Però non parlarne, come prima ti ha comandato l’angelo del Signore; poiché
altrimenti potresti procurarci un’amara sorte!”
16. Ma
Salomè promise a Maria di tacere per tutta la sua vita, e la levatrice
seguì l’esempio della sorella.
17. E
così ora tutto fu quieto nella grotta. Ma nell’ora che precede il levar del
sole tutti sentirono fortissimi canti di lode all’esterno, davanti alla grotta.
18. E
Giuseppe subito mandò il suo figlio maggiore a vedere ciò che fosse, e chi
stesse cantando con tanta potenza all’aperto in onore di Dio.
19. E Gioèle andò fuori, e vide che tutti gli spazi del
firmamento erano riempiti dall’alto in basso da innumerevoli miriadi di angeli
splendenti. Ed egli stupefatto si affrettò a ritornare nella grotta, e raccontò
a tutti ciò che aveva visto.
29 agosto 1843
20. Ma
tutti erano altamente stupiti di questo racconto di Gioèle,
e andarono fuori, e si convinsero della verità di quanto Gioèle
affermava.
21. Ma
quando ebbero visto una tale gloria del Signore, ritornarono nella grotta e
diedero testimonianza anche a Maria. E Giuseppe disse a Maria:
22.
“Ascolta, purissima Vergine del Signore, il frutto del tuo corpo è veramente
generato dal santo Spirito di Dio; infatti tutti i cieli ora ne danno
testimonianza!
23. Ma
che ci succederà ora, se tutto il mondo è costretto a sapere quello che è
successo qui? Poiché che non solo noi, bensì anche tutti gli altri uomini ora
vedono, quale testimonianza per noi è irradiata da tutti i cieli; questo l’ho
visto ora in molti pastori, da come tenevano i loro volti rivolti verso l’alto,
24. e
cantavano ad una voce con i possenti cori degli angeli, i quali ora tutti
riempiono visibilmente tutti gli spazi dei cieli in alto e in basso, fin giù
sulla terra.
25. E
il loro canto suonava come quello degli angeli. ‘Scendete come rugiada, o
cieli, sui giusti! Pace sulla Terra agli uomini che sono di buona volontà! E
onore sia a Dio nell’Alto, in Colui che qui viene nel nome del Signore!’
26.
Vedi, o Maria, questo ora lo sente e lo vede il mondo intero; dunque verranno
anche qui e ci perseguiteranno, e noi saremo costretti a fuggire per monti e
per valli!
27.
Perciò io ritengo che dovremmo levarci di qui al più presto possibile, e non
appena sarò registrato - il che dovrà avvenire entro questa mattina - dovremmo
ritornare di nuovo a Nazareth, e da là passare dalla parte dei Greci, alcuni
dei quali li conosco bene. - Non sei del mio parere?”
28. Maria
però disse a Giuseppe: “Lo vedi però, che oggi non posso ancora lasciare questo
giaciglio; perciò rimettiamo tutto al Signore. Egli finora ci ha guidati e
protetti, così sicuramente continuerà ancora a guidarci e a proteggerci con
grande fedeltà!
29. Se
vuole rivelarci al mondo, dimmi: dove vorremo fuggire, che i Suoi Cieli non
possano scoprirci?!
30.
Perciò sia fatta
31. Questi
però rimane con noi, e così anche la grande Gloria di Dio non si allontanerà da
noi, e allora possiamo fuggire in qualunque posto vogliamo!”
32. Ma
Maria aveva appena finito di dire questo, quand’ecco, vedi, due angeli già
stavano davanti alla grotta, alla guida di una quantità di pastori, e
mostravano ai pastori che qui era nato Colui a Cui erano rivolti i loro canti
di lode.
33. E i
pastori entrarono nella grotta e si inginocchiarono davanti al Piccino e Lo
adorarono; ed anche gli angeli arrivarono a schiere e adorarono il Piccino.
34. Ma
Giuseppe guardava con i suoi figli tutto stupito verso Maria e il
Piccino, e diceva: “O Dio, che è mai questo? Hai dunque Tu stesso assunto la
carne in questo Bambino?
35.
Come sarebbe altrimenti possibile, che Egli venga adorato perfino dai Tuoi
santi angeli? Ma se Tu sei qui, o Signore, che ne è ora del Tempio e del
Santo dei santi?”
36. E un angelo si avvicinò a Giuseppe e gli disse:
“Non domandare, e non ti preoccupare; infatti il Signore ha scelto
37. Ma
ciò che avviene ora davanti ai tuoi occhi, avviene per volontà di Colui che è
Santo, santissimo”.
38.
Qui l’angelo lasciò Giuseppe e andò di nuovo ad adorare il Piccino, il quale
ora sorrideva a tutti gli oranti, con le braccine aperte.
39. Ma
come sorse il sole, gli angeli scomparvero; i pastori però rimasero e chiesero
notizie a Giuseppe, di come fosse mai possibile quanto accaduto.
40. Ma
Giuseppe disse: “Udite, nel modo miracoloso in cui l’erba cresce dalla
terra, nello stesso modo è accaduto anche questo miracolo! Ma chi lo sa, come
cresce l’erba? Altrettanto poco io posso darvi notizie su questo miracolo! Dio ha
voluto così; questo è tutto ciò che io vi posso dire!”.
Giuseppe preoccupato
per la registrazione. Relazione della levatrice al capitano Cornelio.
Visita del capitano
nella grotta. Giuseppe e Cornelio.
Pace e gioia di
Cornelio in vicinanza di Gesù Bambino.
30 agosto 1843
1. Ma
i pastori si accontentarono di questa risposta e non chiesero altro a Giuseppe,
e se ne andarono e portarono a Maria in offerta svariati cibi.
2. Ma
dopo che il sole già da un’ora si era levato sulla Terra, Giuseppe
chiese alla levatrice:
3-
“Ascoltami, mia amica e sorella in Abramo, Isacco e Giacobbe! Vedi, la
registrazione mi pesa enormemente, e non desidererei altro, che fosse già
finita.
4.
Però non so dove si tiene nella città; lascia perciò che Salomè stia qui con
Maria, e conduci me con i miei figli dal capitano romano che tiene la
registrazione!
5.
Forse saremo ricevuti subito, se saremo là sicuramente per primi?”
6. E la
levatrice disse a Giuseppe: “Uomo pieno di grazia, ascoltami! Il capitano
Cornelio di Roma abita nella mia casa, che è quasi una delle prime nella città,
7. e
là ha anche il suo ufficio. Egli è sì un pagano, ma per il resto è un uomo
buono e giusto; voglio andare e fargli sapere tutto, eccetto il miracolo, e
penso che la cosa sarà fatta”.
8.
Questa proposta piacque molto a Giuseppe, dato che egli aveva in generale una
grande soggezione dei Romani, e in particolare della registrazione; perciò
pregò anzi la levatrice di fare questo.
9. E la levatrice andò e trovò Cornelio ancora a letto,
poiché essendo egli ancora molto giovane dormiva volentieri a lungo la mattina,
e gli diede tutte le informazioni necessarie.
10. Ma Cornelio si alzò immediatamente, si avvolse
nella toga e disse alla sua padrona di casa: “Donna, ti credo tutto; tuttavia
voglio venire con te io stesso, perché sento un forte impulso a farlo!
11. Secondo il tuo racconto, non è molto distante da qui,
e così sarò già al tavolo di lavoro all’ora giusta! Portami dunque subito là!”
12. E la levatrice si rallegrò di questo e condusse là il
giovane capitano, che ella ben conosceva come uomo probo, e che davanti
alla grotta le confessò e disse: “O donna, quanto facilmente a Roma io vado dal
mio imperatore, e come mi viene difficile qui, entrare in questa grotta!
13. Questo deve essere qualcosa di particolare! Dimmi
dunque se ne sai una qualche ragione; so infatti che sei un’ebrea leale!”
14. Ma la levatrice disse: “Buon capitano del
grande imperatore! Aspetta solo un istante qui davanti alla grotta; voglio
entrare e voglio portarti la risposta!”
15. Ed ella entrò e lo disse a Giuseppe, che il buon
capitano aspettava egli stesso fuori davanti alla grotta, e che avrebbe voluto
entrare, ma che non ne aveva il coraggio per una ragione a lui inspiegabile.
16. Quando Giuseppe sentì questo, si commosse e
disse: “O Dio, come sei buono, ché trasformi davanti a me in gioia perfino
quello che più temevo! Perciò a Te solo sia ogni lode e ogni onore!”
17. Dopo queste parole subito si affrettò fuori dalla
grotta e cadde ai piedi di Cornelio, dicendo: “Rappresentante del grande
imperatore, abbi pietà di me, povero vecchio! Vedi, la mia giovane moglie,
toccatami in sorte nel Tempio, questa notte si è liberata qui del suo frutto, e
solo ieri sono arrivato qui, perciò non ho potuto subito farmi registrare da
te!”
18. E Cornelio disse, rialzando Giuseppe: “O uomo,
non ti preoccupare di questo, è già tutto a posto! Ma lasciami anche entrare a
vedere come sei accampato qui”.
19. E Giuseppe condusse Cornelio[4]
nella grotta. Ma quando questi scorse il Piccino, come sorrideva proprio verso di
lui, si stupì di tale contegno del Piccino e disse: “Per Zeus, è strano! Mi
sento come rinato, e mai finora ho provato in me una tale calma e gioia! - Per
davvero, oggi è vacanza e io rimango vostro ospite!”.
Domande di Cornelio sul
Messia. Imbarazzo di Giuseppe.
Domande del capitano a
Maria, a Salomè e alla levatrice.
Ammonimento dell’angelo
a non tradire il divino segreto.
Sacro presentimento di
Cornelio sulla Divinità di Gesù Bambino.
31 agosto 1843
1. Ma Giuseppe,
molto contento di questo, disse al capitano: “O autorevole incaricato del
grande imperatore, che cosa posso offrirti io, uomo povero, in cambio della tua
grande cordialità? Che cosa potrò servirti in quest’umida grotta?
2. Come
ospitarti in modo confacente al tuo alto rango? - Vedi, qui nel carro c’è tutto
il mio avere, in parte portato da Nazareth, in parte invece già regalato dai
pastori di questo luogo!
3. Se
ne puoi gustare qualcosa, ogni boccone che tu volessi portare alla bocca sia
mille volte benedetto!”
4. Ma Cornelio
disse: “Buon uomo, non ti preoccupare e non ti curare affatto di me; poiché
vedi, c'è qua la mia padrona di casa; essa si prenderà già cura della cucina, e
ne avremo tutti abbastanza per questo soldo lucente, decorato col capo
dell’imperatore!”
5. Qui
il capitano diede alla levatrice una moneta d’oro incaricandola di provvedere a
un buon pranzo e a una buona cena e, non appena fosse stato possibile per la
puerpera, anche a una migliore abitazione.
6. Ma Giuseppe
disse allora a Cornelio: “O meraviglioso amico! Ti prego, non procurarti dunque
spese e disturbi a causa nostra; noi infatti per i pochi giorni che ancora
trascorreremo qui, siamo comunque - ogni lode al Signore, Dio d’Israele! - ben
provvisti!”
7. Qui
disse il capitano: “Bene è bene, ma meglio è meglio! Perciò lascia pur
fare, e lascia che così anch’io porti al tuo Dio una lieta offerta; poiché
vedi, io onoro gli dèi di tutti i popoli!
8.
Dunque voglio onorare anche il tuo; infatti Egli mi piace da quando ho visto il
Suo Tempio a Gerusalemme! E deve essere un Dio di grande sapienza, dato che da
Lui avevate appreso un’arte così grande!”
9. Ma Giuseppe
disse: “O amico, se mi fosse possibile convincerti della sola e unica
realtà del nostro Dio, quanto volentieri lo farei per il tuo massimo eterno
bene!
10. Ma
io sono soltanto un debole uomo e non ho questo potere; ma procurati in qualche
modo i nostri Libri e leggili, dato che conosci così bene la nostra lingua, e
vi troverai cose che desteranno in te la più grande meraviglia!”
11. E Cornelio
disse: “Buon uomo, quello che ora mi hai consigliato tanto cordialmente,
già l’ho fatto, e veramente vi ho trovato cose meravigliose!
12.
Tra l’altro però ho scoperto anche una predizione, in cui è promesso agli Ebrei
un nuovo re per l’eternità; dimmi, se pur lo sai, secondo l’interpretazione di
questa predizione, quando questo re arriverà e da dove!”
13.
Qui Giuseppe divenne un po’ imbarazzato e disse dopo una pausa: “Questi
verrà dai Cieli come Figlio del Dio eternamente vivo! E il suo regno non sarà
di questo mondo, ma di quello dello Spirito e della Verità!”
14. E Cornelio
disse: “Bene, ti capisco; ma ho anche letto che questo re dovrà essere
partorito da una vergine, in una stalla presso questa città! Come si deve interpretare
questo?”
15. Ma Giuseppe disse: “O buon uomo, tu hai una
mente acuta! Non posso dirti altro che: va’ là, e guarda la giovinetta col Bimbo
appena nato. Là troverai ciò che vorresti trovare!”
1 settembre 1843
16. E Cornelio
andò e osservò
17.
Perciò domandò anche a Maria, in qual modo ella fosse rimasta incinta così
presto per la sua età.
18. Ma
Maria rispose: “Uomo giusto, com’è vero che il mio Dio vive, così è
anche vero che io non ho mai conosciuto un uomo!
19. Ma
accadde, tre quarti d’anno or sono, che un messaggero del Signore venne da me e
mi informò con poche parole, che sarei dovuta restare incinta dallo Spirito di
Dio.
20. E
così anche accadde infatti; senza mai aver conosciuto un uomo, io divenni
incinta, e vedi, qui davanti a te è il frutto della meravigliosa promessa! Dio
pero è mio testimone che tutto ciò è accaduto così”.
21.
Qui Cornelio si rivolse alle due sorelle e disse: “Che ne dite voi di questa
storia? È un sottile inganno di questo vecchio uomo, una buona scusa per un
popolo cieco e superstizioso, per sottrarsi in tali circostanze alla punizione
di legge?
22.
Poiché io so che per casi simili gli Ebrei hanno stabilito la pena di morte!
Oh, ci sarebbe sul serio qualcosa di vero, - il che sarebbe ancora peggio che
nel primo caso, perché allora dovrebbe trovare il più severo adempimento la
legge dell’imperatore, la quale vuole che qualsiasi agitatore venga soffocato
già al suo primo nascere?! Oh, dite la verità, perché io sappia che cosa fare
con questa singolare famiglia!”
23. Ma
Salomè disse: “Ascoltami, o Cornelio, io ti prego per i tuoi pieni
poteri imperiali! Non avere niente di serio o di legale da contestare a questa
povera, eppure infinitamente ricca famiglia!
24.
Poiché puoi credermi, e garantisco con la mia testa che è la verità: agli
ordini di questa famiglia stanno tutte le potenze dei cieli, come a te il tuo
proprio braccio, di questo ne ho avuto il più vivo convincimento”.
25.
Qui Cornelio si stupì ancora più possentemente e domandò a Salomè:
“Dunque anche i sacri dèi di Roma, gli eroi, le armi e la potenza invincibile
di Roma?! - O Salomè, che cosa dici?!”
26. Ma
Salomè disse: “Sì, come hai detto, così è! Ne sono vivissimamente convinta;
se però non vuoi credere, esci fuori e guarda il sole! Sono già quattro ore che
splende oggi, e vedi, è ancora all’est e non ardisce di proseguire!”
27. Cornelio
uscì fuori, guardò il sole, tornò subito indietro e disse tutto stupito: “Per
davvero, tu hai ragione; se la cosa è in rapporto a questa famiglia, allora a
questa famiglia ubbidisce perfino il dio Apollo!
28. Dunque qui deve esserci Zeus, il più potente di tutti
gli dèi, e pare rinnovarsi il tempo di Deucalione e
di Pirra; ma se si tratta di questo, allora devo
subito avvisare a Roma di questo avvenimento?!”
30. Qui Cornelio fu assalito da una grande paura.
I due angeli scomparvero; egli invece andò da Giuseppe e disse: “O uomo, qui vi
è infinitamente più che un futuro re degli Ebrei! Qui vi è Colui ai cui ordini
stanno tutti i cieli e tutti gli inferni! Perciò lasciami andar via da qui;
poiché io non sono degno di trovarmi in tale vicinanza di Dio!”.
Parole di Giuseppe
sulla libera volontà dell’uomo e suo consiglio
a Cornelio. Il
capitano si prende cura della sacra Famiglia.
2 settembre 1843
1. E Giuseppe,
egli stesso molto colpito da questa espressione di Cornelio, gli disse: “Quanto
è grande questo miracolo in sé, io stesso non te lo saprei dire!
2. Ma
che dietro vi si celino cose grandi e possenti, in ciò mi puoi credere; infatti
per cose di poco conto non si muoverebbero così tutte le potenze dei cieli
eterni di Dio!
3. Ciò
nonostante però nessun uomo è ostacolato nella sua libera volontà, e uno può
fare quello che vuole; questo infatti lo riconosco dall’ordine che ti hanno
dato i due angeli del Signore.
4.
Poiché vedi, il Signore potrebbe anche, in questa occasione, legare la nostra
volontà con
5. Ma
Egli non lo fa, e dà invece solo un semplice ordine dal quale possiamo scorgere
che liberamente, da parte nostra, possiamo volere e fare ciò che è
6.
Perciò anche tu non sei minimamente legato in nessuna fibra del tuo essere, e
puoi dunque fare ciò che vuoi! Se oggi vuoi essere mio ospite, allora rimani;
se però non vuoi o non osi, anche in tal caso la tua volontà è liberissima.
7. Se però
dovessi consigliarti, allora ovviamente ti consiglierei certo così e direi: o
amico, rimani; poiché ora difficilmente in qualsiasi altra parte del mondo
potresti essere custodito meglio che qui, sotto la visibile protezione di tutte
le potenze celesti!”
8. E Cornelio
disse: “Sì, o uomo giusto davanti agli dèi e davanti al tuo Dio, e davanti a
tutti gli uomini, il tuo consiglio è buono e voglio seguirlo, e voglio rimanere
con te fino a domani!
9. Ma
adesso mi allontanerò con la mia padrona di casa solo per breve tempo, quanto
basta a prendere provvedimenti perché voi tutti - sebbene qui, in questa grotta
- siate meglio alloggiati!”
10. E Giuseppe
disse: “Uomo buono, fa’ ciò che vuoi! Il Signore Dio un giorno te ne
ricompenserà!”
11. Qui il capitano andò in città con la levatrice e per
prima cosa fece annunciare, per tutte le vie, che per l’amministrazione era
giorno di vacanza, prese poi trenta militi, diede loro lenzuola e coperte,
tende e legna da ardere, e ordinò loro di portare tutto alla grotta.
12. La
levatrice prese con sé cibi e bevande in buona quantità, e altri ancora ne fece
portare.
13.
Giunti nella grotta, il capitano fece subito preparare tre tende: una ricca per
Maria, una per sé, Giuseppe e i suoi figli, e una per la levatrice e sua
sorella.
14. E
nella tenda di Maria fece preparare un letto pulito e sofficissimo, e munì
ancora la tenda di altri necessari arredi. E attrezzò pure adeguatamente anche
le altre tende, poi fece costruire dai soldati in tutta velocità un focolare,
vi mise egli stesso della legna e accese il fuoco per riscaldare la grotta,
nella quale altrimenti faceva piuttosto freddo in quella stagione.
Cornelio presso la
santa Famiglia nella grotta. I pastori e il capitano.
Il nuovo eterno Sole
spirituale. Commiato di Cornelio.
Giuseppe ammira la
bontà del capitano pagano.
4 settembre 1843
1.
Così il nostro Cornelio provvide alla pia Famiglia e rimase presso di loro
tutto il giorno e tutta la notte.
2. Ma
nel pomeriggio ritornarono anche i pastori ad adorare il Piccino, e
portarono ogni sorta di doni.
3.
Quando però essi scorsero nella capanna[5]
le tende e il capitano romano, volevano fuggire per la gran paura di lui;
4. infatti
fra essi ce n’erano parecchi sfuggiti alla registrazione, che temevano
moltissimo la punizione riservata a questi fuggitivi.
5. Ma il
capitano andò da loro e disse: “Non abbiate paura di me, poiché ora voglio
condonarvi ogni punizione; però riflettete a quello che deve essere fatto qui
secondo la volontà dell’imperatore e venite dunque domani, ed io vi registrerò
nella forma più leggera e mite possibile!”
6.
Avendo i pastori ora appreso che Cornelio era una persona tanto mite, persero
il loro timore, e tutti si fecero registrare il giorno seguente.
7. Ma
dopo aver parlato ai pastori, il capitano domandò a Giuseppe, se il sole quella
volta non avrebbe più lasciato l’oriente.
8. E Giuseppe
rispose: “Questo Sole, che oggi è sorto sulla Terra, mai più! Ma quello
naturale continuerà a percorrere la sua antica via secondo
9.
Questo però Giuseppe lo disse in profezia, ed egli stesso in fondo sapeva e
comprendeva a mala pena quello che aveva detto.
10. E il
capitano però domandò a Giuseppe: “Che cosa dici? Vedi, non ho afferrato il
senso delle tue parole; perciò parlami in modo più comprensibile!”
11. E Giuseppe
disse: “Verrà un tempo in cui ti riscalderai ai santi raggi di questo Sole e ti
bagnerai nei fiumi del suo Spirito!
12. Ma
di più non so dirti, e io stesso non capisco bene quello che ti ho detto ora;
ma quando io non ci sarò più, il tempo te lo rivelerà in tutta la pienezza
dell’eterna Verità!”
13. E
il capitano non chiese più nulla a Giuseppe, e serbò queste profonde parole nel
suo intimo.
14. Ma il giorno seguente il capitano salutò tutta
la famiglia, e diede loro assicurazione che avrebbe provveduto ad essi finché
si fossero fermati lì, e che nel suo cuore li avrebbe tenuti per tutta la vita.
15.
Dopo di che però si recò al suo ufficio, e diede di nuovo alla levatrice una
moneta per provvedere alla famiglia.
16. Ma Giuseppe disse ai suoi figli, quando il
capitano era già via: “Figli, com’è questa cosa, che un pagano è migliore di
parecchi ebrei? Forse si applicherebbero qui le parole di Isaia, dove dice:
17. ‘Vedi,
i Miei servi giubileranno per la letizia del cuore; voi invece griderete per il
dispiacere e urlerete per lo strazio!’?[6]
18. E
i figli di Giuseppe risposero: “Sì, padre, quel passo viene qui spiegato e
compreso nella sua pienezza!”
I sei giorni di permanenza nella grotta.
L’angelo invita Giuseppe
a recarsi a Gerusalemme per la presentazione al Tempio.
Il sogno di Maria. Gara
d’amore tra Giuseppe e Cornelio.
La guardia militare
davanti alla grotta.
5 settembre 1843
1. Così
Giuseppe trascorse sei giorni nella grotta, e ogni giorno era visitato da
Cornelio, il quale provvedeva con grandissima sollecitudine perché a questa
famiglia non mancasse mai nulla.
2. Ma
il sesto giorno, di prima mattina, un angelo venne da Giuseppe e disse:
“Procurati una coppia di tortore, e l’ottavo giorno recati da qui a
Gerusalemme!
3.
Maria offra le tortore secondo
4. Ma
dopo la circoncisione ritornate qui, e restate qui fino a quando vi indicherò
quando dovete partire da qui e per dove!
5. Tu,
Giuseppe, ti accingerai bensì a partire prima; però ti devo dire: non ti
muoverai da qui neanche un battito di polso, prima che ciò sia
6.
Dopo queste parole l’angelo scomparve, e Giuseppe andò da Maria e la
informò di questo.
7. Ma Maria
disse a Giuseppe: “Vedi, io sono sempre un’ancella del Signore, e così accada
di me secondo
8. Io
però ebbi oggi un sogno, e in questo sogno avveniva tutto quello che tu adesso
mi hai rivelato; perciò pensa ora solo per le tortore, e l’ottavo giorno verrò
con te tranquillamente alla città del Signore!”
9. Ma
poco dopo questo fatto, ritornò appunto anche il capitano per la visita
mattutina, e Giuseppe lo informò subito del motivo per cui l’ottavo giorno
sarebbe dovuto andare a Gerusalemme.
10. E il
capitano offrì subito a Giuseppe tutto il suo sostegno, e voleva farlo
condurre fino a Gerusalemme.
11. Ma
Giuseppe lo ringraziò per la squisita buona volontà e disse: “Vedi,
questa è
12. E
così voglio anche fare il viaggio, in modo che il Signore non mi castighi a
causa della mia disubbidienza.
13. Ma
se tu già in questa occasione mi vuoi fare qualcosa, procurami due tortore, che
sono da offrire nel Tempio, e custodiscimi l’abitazione!
14.
Infatti il nono giorno ritornerò qui, e mi ci fermerò fino a quando me lo
chiederà il Signore”.
15. E
Cornelio promise a Giuseppe di portare tutto quanto richiesto, e poi andò
subito via e portò a Giuseppe lui stesso un'intera colombaia piena di tortore,
tra le quali Giuseppe dovette scegliersi le più belle.
16.
Dopo di che però il capitano ritornò al suo lavoro, e lasciò la gabbia
(colombaia) frattanto fino alla sera nella grotta, dove poi egli stesso venne a
ritirarla.
17.
L’ottavo giorno però, quando Giuseppe fu partito per Gerusalemme, Cornelio fece
mettere una guardia davanti alla grotta, che non lasciava entrare e uscire
nessuno, eccetto i due figli maggiori di Giuseppe che egli aveva lasciati lì, e
Salomè che li provvedeva di cibi e bevande; infatti la levatrice era andata con
gli altri a Gerusalemme.
Circoncisione del
Piccino e purificazione di Maria.
Presentazione del
Bambino al Tempio da parte della Madre.
Il pio Simeone e Gesù
Bambino.
6 settembre 1843
1. Ma
l’ottavo giorno, di pomeriggio – secondo il computo attuale circa alla terza
ora – il Piccino fu circonciso nel Tempio e ricevette il nome Gesù, che
l’angelo aveva indicato prima ancora che il Piccino fosse concepito nel seno
materno.
2. Ma
poiché per il caso eccezionale di Maria, la cui verginità era stata dimostrata,
si poteva considerare valido anche il tempo per la sua purificazione, così
Maria fu anche subito purificata nel Tempio.
3.
Perciò Maria, subito dopo la circoncisione, prese il Piccino fra le braccia e
lo portò nel Tempio, per presentarLo al Signore
insieme a Giuseppe, secondo
4.
Così come anche sta scritto nella Legge di Dio: «Ogni primogenito sarà
consacrato al Signore,
5. e
per questo saranno offerte un paio di tortore o un paio di giovani colombe!»
6. E
Maria offrì un paio di tortore e le pose sul tavolo delle offerte; e il
sacerdote prese l’offerta e benedisse Maria.
7. Ma
c’era a Gerusalemme anche un uomo di nome Simeone, che era oltremodo pio e
timorato di Dio, e attendeva la consolazione d’Israele; infatti egli era pieno
dello Spirito di Dio.
9.
Perciò egli venne ora nel Tempio, per un impulso interiore, proprio quando
Giuseppe e Maria si trovavano ancora nel Tempio col Bambino, e stavano ancora
facendo tutto ciò che richiedeva
10. Ma
quando scorse il Piccino, egli andò subito dai genitori, e pregandoli chiese
che gli fosse concesso di tenerLo per breve tempo fra
le braccia.
11. I
piissimi genitori lo permisero volentieri al vecchio, piissimo uomo, che essi
conoscevano bene.
12. E Simeone
prese il Piccino fra le sue braccia, Lo accarezzò, lodando intanto Dio con
fervore, e disse infine:
13. “Signore,
ora lascia che il Tuo servo vada in pace, come hai detto;
14. poiché
ora i miei occhi hanno visto il Salvatore, che Tu hai promesso ai Padri e ai
Profeti!
15. Questi
è Colui che tu hai preparato davanti a tutti i popoli!
16. Una
Luce per illuminare i pagani, una Luce a lode del Tuo popolo Israele!”
17.
Giuseppe e Maria però si meravigliarono essi stessi per le parole di Simeone;
infatti essi non comprendevano ancora quello che egli aveva detto del Bambino.
18. Ma
Simeone diede ora il Piccino di nuovo a Maria, poi benedisse entrambi e
disse quindi a Maria:
19. “Vedi,
questi sarà posto per la caduta e per la risurrezione di molti in Israele, e
come un segno a cui si contraddirà!
20. Ma
una spada trapasserà la tua anima, affinché i cuori di molti si manifestino!”
21.
Maria però non comprese le parole di Simeone; ma ciò nonostante le serbò in
fondo al suo cuore.
22. La
stessa cosa fece anche Giuseppe, e lodò ed esaltò Dio per questo con grande
impeto nel suo cuore.
La profetessa
Hanna nel Tempio e la sua testimonianza su Gesù Bambino. Avvertimento di Hanna
a Maria.
Alloggio di fortuna
della santa Famiglia presso il ricco israelita avaro.
7 settembre 1843
1. Ma
c’era a quell’epoca anche una profetessa nel Tempio – Hanna era il suo
nome; – era una figlia di Fanuele della tribù di Aser.
2.
Ella era già in età avanzata ed era così pia che, quando nella sua giovinezza
andò sposa a un uomo, per sette anni non si scoprì davanti al marito, per amore
di Dio, e conservò in questo tempo la sua verginità.
3. Nel
suo ottantesimo anno divenne vedova, allora andò subito nel Tempio e non lo
lasciò più.
4. Qui
ella serviva solo ed esclusivamente Dio, il Signore, giorno e notte con la
preghiera e col digiuno, di proprio impulso.
5. Ma
in questa occasione ella si trovava così nel Tempio già da quattro anni, ed
anche ora vi giunse, esaltò il Signore Dio e disse quindi, a tutti coloro che
aspettavano a Gerusalemme il Liberatore, ciò che lo Spirito di Dio le dettava.
6. E
quando giunse alla fine delle sue parole profetiche, anch’ella chiese di tenere
il Piccino, lo accarezzò, esaltò e lodò Dio.
7.
Dopo di che però restituì il Piccino a Maria e le disse: “Felice e benedetta
sei tu, o Vergine, perché sei
8. Ma
non desiderare mai di farti esaltare per questo, poiché solo e unicamente Colui
che succhia qui al tuo petto è degno di essere da noi tutti lodato, esaltato e
adorato!”
9.
Dopo queste parole la profetessa tornò di nuovo indietro, e Giuseppe e Maria, dopo
aver trascorso circa tre ore nel Tempio, ne uscirono di nuovo e cercarono
alloggio presso un parente.
10. Ma
quando vi arrivarono, trovarono la casa chiusa; infatti questa volta anche il
parente si trovava proprio a Betlemme per la registrazione.
11. Giuseppe
però non sapeva che cosa fare; infatti prima di tutto era già notte fonda, come
suole accadere abitualmente nelle brevissime giornate di questa stagione, e
quasi più nessuna casa era ormai aperta a quest’ora, tanto più che era la
vigilia del sabato.
12.
Per pernottare completamente all’aperto faceva troppo freddo, essendoci la
brina nei campi, e inoltre spirava un freddo vento.
13.
Mentre Giuseppe pensava bene così e pregava il Signore che volesse aiutarlo in
questa necessità,
14.
vedi, ecco che d’un tratto un giovane aristocratico israelita avanzò
verso di lui e gli chiese: “Che fai dunque col tuo bagaglio così tardi per la
strada? Non sei anche tu un israelita – e non conosci l’usanza?”
15. Ma Giuseppe disse: “Vedi, io sono della tribù
di Davide! Sono stato però nel Tempio e ho sacrificato al Signore; ed ecco che
la notte precoce mi ha sorpreso, ed ora non posso trovare alcun alloggio e sono
in grande angoscia per mia moglie e il suo Bambino!”
16. E il
giovane israelita disse a Giuseppe: “Venite dunque con me, voglio
affittarvi un alloggio fino a domani, per un grosso[7]
o per il corrispondente valore!”
17. E
Giuseppe, con Maria che si trovava sull’asino e con i suoi tre figli, seguì
l’israelita in una sontuosissima casa, e vi prese alloggio in una camera più
modesta.
Il proprietario dell’alloggio, Nicodemo, critica Giuseppe. Giuseppe si giustifica.
Testimonianza della levatrice. Per grazia, Nicodemo riconosce il Signore.
9 settembre 1843
1. Ma
al mattino, quando Giuseppe si era già predisposto a partire per Betlemme,
arrivò il giovane israelita, ed era intenzionato ad esigere il grosso di
pigione.
2. Ma
come entrò nella camera, subito lo colse una paura così possente, che non fu in
grado di emettere alcun suono dalle labbra.
3. Ma Giuseppe
si avvicinò a lui e disse: “Amico, vedi, che cosa ritieni di mio che valga un
grosso? - Prendi quello, poiché non ho denaro in mio possesso!”
4. Ora
l’israelita si riprese un po’ e disse con voce tremante: “Uomo di
Nazareth, soltanto adesso ti riconosco! Tu sei Giuseppe il carpentiere, e sei
lo stesso a cui, nove lune fa, è toccata per sorteggio dal Tempio la vergine
del Signore.
5.
Ecco la stessa vergine! Come l’hai custodita, dato che ora è madre a quindici
anni? Che cosa è successo?
7. Ma
tu hai dei figli adulti: puoi garantire per la loro innocenza? Li hai sempre
avuti sotto gli occhi e hai osservato ogni loro pensare, agire, fare e non
fare?”
8. Ma Giuseppe
rispose al giovane uomo e disse: “Ora anch’io ti ho riconosciuto; tu sei
Nicodemo, figlio di Beniamino della tribù di Levi! Come puoi farmi un
interrogatorio, dal momento che ciò non ti compete? Su questo però mi ha
esaminato il Signore nel Santuario e sul monte della maledizione, e mi ha
giustificato davanti all’Alto Consiglio; quale colpa vuoi ancora trovare in me
e nei miei figli?
9. Va’
invece nel Tempio e interroga l’Alto Consiglio, e su tutta la mia casa ti sarà
data una giusta testimonianza!”
10.
Queste parole penetrarono profondamente nel cuore al giovane uomo ricco, ed
egli (Nicodemo) disse: “Ma per amore del Signore, se è così, dimmi
dunque come è successo, che questa vergine abbia partorito così! È un miracolo,
o è una cosa naturale?”
11.
Qui la levatrice presente si avvicinò a Nicodemo e disse: “Uomo! Eccoti
il grosso di pigione per il miserrimo alloggio! Ma non trattenerci invano più a
lungo; poiché dobbiamo arrivare a Betlemme oggi stesso!
12.
Rifletti però su Chi è Colui che oggi è stato alloggiato miseramente nella tua
casa per un grosso! In verità, in verità, le tue stanze più splendide, che sono
adorne di oro e pietre preziose, sarebbero troppo brutte per tale gloria di Dio
che oggi è entrata in questa camera, che è adatta tutt’al più per dei
carcerati!
13. Ma
avvicinati e tocca il Piccino, affinché cada dai tuoi occhi la grossa benda e
tu veda Chi ti ha visitato! Io come levatrice ho l’antico diritto di
permetterti di toccare il Piccino”.
14.
Qui Nicodemo andò a toccare il Piccino; e quando l’ebbe toccato, gli fu
aperta per breve tempo la vista interiore, così che vide la gloria di Dio.
15.
Egli cadde subito a terra davanti al Bambino e Lo adorò e disse: “Quale grazia,
quale amore e quale misericordia deve esserci in Te, o Signore, perché visiti
così il Tuo popolo!
16. Ma
che capiterà ora alla mia casa, e che cosa a me, che ho così disconosciuto la
gloria di Dio?!”
17. Ma
la levatrice disse: “Resta in tutto come sei, ma taci assolutamente su
quello che hai visto, altrimenti soggiacerai al giudizio di Dio!” – Qui
Nicodemo restituì il grosso(), andò fuori piangendo, e in seguito fece
adornare quella camera con oro e pietre preziose. Giuseppe invece si mise
subito in viaggio.
Ritorno della sacra Famiglia a Betlemme.
Cordiale accoglienza nella grotta da parte di quelli che vi erano rimasti.
Una mangiatoia come lettuccio per il Bambinello. Buon riposo nella gelida notte.
11 settembre 1843
1. Di sera, già un’ora prima del calar del sole, gli
insigni viaggiatori raggiunsero di nuovo Betlemme ed entrarono nella già nota
grotta.
2. I
due figli che erano rimasti lì, Salomè e il capitano, andarono loro incontro
con le braccia aperte, e molto premurosamente chiesero ai rientrati come fosse
loro andato il viaggio.
3. E
Giuseppe raccontò tutto quello che era loro successo, in ultimo però confessò
anche che in quel giorno era ancora completamente a digiuno, così come tutti
quelli che avevano viaggiato con lui; infatti le scarsissime provviste erano
state a mala pena sufficienti per la debole Maria.
4.
Quando il capitano ebbe sentito questo da Giuseppe, andò subito in fondo
alla grotta e ne portò una quantità di cibi permessi agli Ebrei, e disse poi a
Giuseppe:
5.
“Ecco, li benedica il tuo Dio, e benedicili tu secondo la tua usanza, e con
questi rinvigoritevi e saziatevi tutti!”
6. E
Giuseppe ringraziò Dio e benedisse i cibi, e poi mangiò con animo tutto lieto
insieme a Maria e ai suoi figli, e alla levatrice.
7. Ma il
Piccino, portato per tutto il giorno, era intanto divenuto pesante per Maria,
per cui ella disse dunque a Giuseppe:
8.
“Giuseppe, vedi, se io avessi solo un posticino accanto a me per adagiarvi il
Piccino, per concedere un po’ di riposo alle mie braccia, allora avrei tutto
quello che occorre, e il Piccino stesso potrebbe ristorarsi più tranquillamente
nel sonno!”
9. Non
appena il capitano ebbe notato questo desiderio di Maria, saltò subito di nuovo
in fondo alla grotta e portò in fretta una piccola mangiatoia, che era
destinata alle pecore (e aveva l’aspetto dei contenitori per il foraggio che al
giorno d’oggi() si trovano in campagna
davanti alle trattorie).
10. Ma
Salomè prese subito la paglia più bella e del fieno fresco, ne imbottì la
piccola mangiatoia, vi mise poi sopra un telo pulito e fece così un morbido
lettuccio per il Piccino.
11. Ma
Maria avvolse il Piccino in panni puliti, Lo strinse poi al suo petto, Lo
baciò, e Lo diede poi a Giuseppe da baciare, e poi anche a tutti i presenti, e
Lo mise poi nel lettuccio, davvero molto misero per il Signore del Cielo e
della Terra.
12.
Molto tranquillamente dormì il Piccino, e Maria poté ora tranquillamente
mangiare e rinvigorirsi, col pasto che aveva loro preparato il capitano
dall’ottimo cuore.
13. Ma
dopo aver cenato, Maria disse di nuovo a Giuseppe: “Giuseppe, fammi
preparare il mio giaciglio, poiché sono enormemente stanca del viaggio e perciò
vorrei andare a riposare!”
14. Ma
Salomè disse: “O madre del mio Signore, vi si è già provveduto per il
meglio da molto tempo; vieni a vedere!”
15. E Maria si alzò, prese di nuovo il Piccino e si fece
portare anche la piccola mangiatoia nella sua tenda, e così andò a riposare, e
quella fu la prima notte completa di sonno per Maria dopo il parto.
16. Ma
il capitano fece mantenere un buon fuoco sul focolare e scaldare delle pietre
bianche, che fece mettere attorno alla tenda di Maria, perché col Piccino non
avesse proprio a patire alcun freddo; era quella infatti una fredda notte, in
cui l’acqua all’aperto diventava solido ghiaccio.
Giuseppe impaziente di
partire per Nazareth. Il capitano consiglia di aspettare.
Notizia della carovana
persiana e del progetto di Erode di impadronirsi del Bambino.
Significative parole
di conforto di Maria.
12 settembre 1843
1. Ma
il mattino del giorno seguente Giuseppe disse: “Perché dovremmo star qui
ancora più a lungo? Maria è di nuovo in forze, perciò vogliamo metterci in
cammino e recarci a Nazareth dove abbiamo poi un alloggio conveniente!”
2. Ma
mentre Giuseppe già cominciava a prepararsi per la partenza, ritornò di nuovo il
capitano, il quale aveva avuto qualcosa da sbrigare in città ancora prima
che si facesse giorno, e disse a Giuseppe:
3.
“Degno uomo di Dio! Tu vuoi andartene per tornare a casa; ma per oggi, domani e
dopodomani te lo sconsiglio!
4.
Poiché vedi, è appena giunta notizia alle mie orecchie, tramite i miei uomini
arrivati oggi prestissimo da Gerusalemme, che hanno fatto ingresso là a Gerusalemme
tre imponenti carovane persiane!
5. Tre
supremi capi con grande premura si sono informati da Erode, in qualità di
maghi, riguardo al neonato re degli Ebrei!
6.
Costui, essendo un principe mercenario dei Romani, di origine greca, e non
sapendo nulla della cosa, si rivolse ai sommi sacerdoti perché lo informassero
su dove dovesse nascere il neoconsacrato.
7. Ma
costoro lo informarono che ciò doveva accadere in Giudea, e precisamente a
Betlemme; infatti così stava scritto.
8.
Allora Erode accomiatò i sacerdoti e si recò con tutta la sua servitù di nuovo
dai tre capi, e li informò di ciò che aveva appreso dai sommi sacerdoti,
9. e
raccomandò poi ai tre, di cercare con la massima cura in Giudea il neoconsacrato degli Ebrei e, qualora lo avessero trovato,
di ritornare al più presto di nuovo da lui, affinché anch’egli poi venisse a
rendere omaggio al Bambino.
10.
Sai però, mio amatissimo amico Giuseppe, che io non mi fido né dei persiani, né
tanto meno di Erode, uomo avidissimo di potere?!
11. I persiani sarebbero maghi e avrebbero scoperto la
nascita per mezzo di una particolare stella! Questo non voglio affatto
contestarlo; infatti se alla nascita di questo Piccino si sono manifestati qui
dei prodigi così grandi, ciò è potuto accadere anche in Persia.
12. Ma
questo è anche il lato più increscioso della faccenda; infatti è chiaro che
riguarda questo Bambino! Se i persiani lo trovano, lo troverà anche Erode,
13. e
allora avremo molto da faticare per sottrarci alle unghie della vecchia volpe!
14.
Perciò, come ho detto, tu devi fermarti qui per lo meno ancora tre giorni, in
questo luogo appartato; entro questo tempo otterrò sicuramente una svolta
positiva riguardo agli investigatori inviati dal re; poiché vedi, io ho qui al
mio comando dodici legioni di soldati! – Non occorre che ti dica di più per la
tua tranquillità. Ora sai quello che è più necessario; perciò rimani! Io invece
ora me ne vado di nuovo e ritornerò da te verso mezzogiorno!”.
13 settembre 1843
15.
Giuseppe, completamente intimorito insieme alla sua famiglia da questa notizia,
rimase ad aspettare con ogni rassegnazione alla Volontà del Signore, ciò che
sarebbe derivato da questa singolare circostanza.
16. Ed
egli andò da Maria e le raccontò quello che aveva appena sentito dal capitano.
17. Ma
Maria disse: “Sia fatta la volontà del Signore! Quante amarezze abbiamo
finora incontrato, – e il Signore tutte le ha trasformate in miele!
18.
Sicuramente anche i persiani non ci faranno nulla di male, qualora dovessero
sul serio venire da noi, e se avessero l’intenzione di farci in qualsiasi modo
violenza, abbiamo pur dunque per grazia di Dio la protezione del capitano per
noi!”
19. E Giuseppe
disse: “Maria, è tutto a posto! I persiani, anch’io non li temo proprio così
tanto; ma il barbagrigia Erode, quella belva feroce
in sembianze umane, è lui che temo, e anche il capitano ha timore di lui!
20. Se
mai infatti gli sarà dimostrato tramite i persiani che questo nostro Piccino è
il neoconsacrato Re, allora non ci resterà altro che
una misera fuga!
21.
Poiché allora anche il nostro capitano per riguardo allo Stato romano sarà
costretto, per la propria salvezza, a divenirci nemico, e anziché salvarci,
dovrà invece perseguitarci, se non vuole essere considerato un ribelle e un
segreto traditore del suo imperatore!
22. E
questo, segretamente, di sicuro lo vede anche lui, dato che egli stesso a
proposito di Erode mi diede a conoscere non piccole preoccupazioni.
23. È
per questo, io ritengo, che ci fa aspettare qui ancora tre giorni! Se va bene,
allora rimane sicuramente nostro amico;
24. se
invece va male, allora però ci ha anche subito in mano per consegnarci alla
crudeltà di Erode, e così per di più otterrà dal suo imperatore un grande
riconoscimento, perché in maniera tanto sottile ha eliminato dal mondo un re
ebreo, che un giorno sarebbe potuto diventare pericoloso allo Stato!”
25. Ma
Maria rispose: “Giuseppe! Non impaurire te e me invano! Vedi, abbiamo
pur bevuto l’acqua della maledizione, e non ci è accaduto nulla! Perché ora
dovremmo dunque impaurirci, avendo già pur provato e visto così tanto della
gloria di Dio a causa di questo Bambino?!
26.
Vada come si vuole, io ti dico: il Signore è più potente dei persiani, di
Erode, dell’imperatore di Roma e del capitano insieme alle sue dodici legioni!
Perciò sii tranquillo, come vedi che io sono tranquilla!
27.
D’altronde però sono convinta che il capitano farà di tutto per non essere
costretto a diventare nostro nemico”.
28. Con
ciò il piissimo, buon Giuseppe fu di nuovo tranquillizzato e andò ad aspettare
il capitano, e fece riscaldare la grotta dai suoi figli, e cuocere alcuni
frutti per Maria e per sé e i figli.
Giuseppe angosciato
implora il Signore. La carovana persiana davanti alla grotta.
Lo stupore del
capitano. La buona testimonianza dei tre sapienti sul Bambino.
Ammonizione a
guardarsi da Erode.
14 settembre 1843
1. Il mezzogiorno
era arrivato; ma stavolta il capitano tardava, e Giuseppe contava gli istanti
in trepida attesa; ma il capitano non si fece vedere.
2.
Perciò Giuseppe si rivolse al Signore e disse: “Mio Signore e mio Dio,
io Ti prego che Tu non voglia lasciarmi impaurire così tanto; poiché vedi, io
sono vecchio e già piuttosto debole in tutte le mie giunture!
3.
Rinvigoriscimi dunque, col farmi sapere quello che io debbo fare per non essere
disonorato davanti a tutti i figli d’Israele!”
4.
Quando Giuseppe ebbe pregato così, vedi, ecco che arrivò il capitano
quasi senza fiato e disse a Giuseppe:
5.
“Uomo della mia massima stima! Torno adesso da una marcia, che io stesso ho
fatto con un’intera legione quasi fino a un terzo della strada per Gerusalemme,
per scoprire qualcosa dei persiani,
6. e
ho anche appostato ovunque delle spie, ma finora non ho potuto scoprire nulla!
Ma resta pure tranquillo; infatti se arrivano, devono incappare nelle
sentinelle da me predisposte!
7.
Allora però non sarà davvero troppo facile per loro di fare irruzione da
qualche parte e arrivare fino a qui, senza che prima io li abbia interrogati e
giudicati! Perciò ora me ne vado via subito e rafforzerò le guardie; a sera
sarò da te!”
8. Qui
il capitano se ne andò di nuovo in fretta, e Giuseppe lodò Dio e disse
ai suoi figli: “Ora mettete le vivande sul tavolo, e tu, Salomè, chiedi a Maria
se vuol mangiare a tavola con noi, oppure: dobbiamo portare le vivande al suo
giaciglio?”
9. Maria
però uscì fuori lei stessa dalla sua tenda col Piccino, con animo lietissimo, e
disse: “Poiché sono forte abbastanza, voglio mangiare a tavola con voi; portate
solo qui la piccola mangiatoia per il Piccino!”
10. Ma
Giuseppe ne fu pieno di gioia, e metteva davanti a Maria i pezzi migliori, ed
essi lodarono il Signore Dio e mangiarono e bevvero.
11. Ma
non appena ebbero finito di mangiare, vedi, ecco sorgere d’un tratto un forte
baccano davanti alla grotta. Giuseppe mandò Gioèle a
vedere che cosa ci fosse.
12. Ma
quando Gioèle guardò fuori dalla porta (poiché
la grotta verso l’uscita era riparata con assi di legno), vide allora un’intera
carovana di persiani con i cammelli carichi, e disse con voce impaurita:
13.
“Padre Giuseppe, per amore del Signore, siamo perduti! Vedi dunque, i famosi
persiani sono qui con molti cammelli e grande servitù!
14.
Piantano le loro tende e si accampano in un vasto cerchio, circondando
interamente la nostra grotta, e tre condottieri ornati di oro, argento e pietre
preziose, prendono dei sacchi d’oro e si accingono a venire dentro alla grotta!”
15. Questa notizia rese il nostro Giuseppe quasi incapace
di parlare; con grande sforzo tirò fuori queste parole: “Signore, sii misericordioso
con me, povero peccatore! Sì, adesso siamo perduti!”.
– Ma Maria prese il Piccino e con Lui corse nella
sua tenda e disse: “Solo quando sarò morta me lo strapperete!”
16. Ma
Giuseppe andò ora alla porta, accompagnato dai suoi figli, e guardò di
nascosto quello che facevano i persiani.
17. Ma
quando vide la grande carovana e le tende erette, gli prese doppia paura nel
suo cuore, tanto che cominciò ad implorare con fervore che il Signore volesse
salvarlo, almeno per quella volta, da così grande pericolo.
18. Ma
mentre così implorava, vedi, ecco arrivare il capitano in completo
assetto di guerra, accompagnato da mille guerrieri, e appostò i guerrieri ai
due lati della grotta.
19. Ma
egli stesso andò a interrogare i tre maghi, [e chiese] per iniziativa di chi e
in che modo – passando totalmente inosservati da lui – fossero giunti fin
là.
20. E
i tre a voce unanime dissero al capitano: “Non ritenerci dei nemici;
infatti vedi bene che non portiamo armi con noi, né apertamente né di nascosto!
21.
Siamo invece astronomi di Persia, e abbiamo un’antica profezia, in questa sta
scritto che in questo tempo nascerà agli Ebrei un Re dei re, e la sua nascita
sarà indicata da una stella.
22. E allora quelli che vedranno la stella dovranno
mettersi in viaggio e recarsi là dove l’enorme stella li condurrà; infatti
troveranno il Salvatore del mondo là dove la stella prenderà posizione!
23. Ma
vedi, sopra questa stalla è ferma la stella, sicuramente visibile a chiunque,
perfino in pieno giorno! Essa è stata la nostra guida fin qui; qui però si è
fermata sopra a questa stalla, e noi sicuramente abbiamo raggiunto senza alcun
ritardo il posto dove si trova, vivo, la meraviglia di tutte le meraviglie, un
Bambino appena nato, un Re dei re, un Signore dei signori dall’eternità!
24.
Questi noi dobbiamo vedere, adorare, e porgerGli il
sommo omaggio! Perciò non volerci sbarrare la strada; poiché sicuramente non è
una cattiva stella quella che ci ha condotto qui!”
25.
Qui il capitano guardò verso la stella e ne fu altamente meravigliato; infatti
in primo luogo essa stava molto bassa, e poi la sua luce era intensa quasi come
la luce naturale del sole.
26. Ma
quando il capitano si fu convinto di tutto ciò, disse allora ai tre:
“Bene, dalle vostre parole e dalla stella sono giunto ora alla convinzione, che
siete arrivati qui con intenzioni oneste; però ora non mi spiego che cosa
abbiate avuto da fare prima a Gerusalemme presso Erode! Anche quel cammino ve
lo ha indicato la stella?
27.
Perché mai la vostra prodigiosa guida non vi ha condotto subito qui, dal
momento che è sicuramente qui il luogo della vostra destinazione? – Su questo
pretendo ancora da voi una risposta, altrimenti non entrate nella grotta!”
28. Ma
i tre dissero: “Il grande Dio lo saprà! Deve essere di sicuro nei Suoi piani;
infatti nessuno di noi ha mai avuto in mente di avvicinarsi a Gerusalemme,
neppure da lontano!
29. E
puoi crederci pienamente, quelle persone a Gerusalemme non ci piacquero
affatto, meno di tutti poi il principe Erode! Ma essendo già là, e poiché l’attenzione
di tutta la città era su di noi, fummo dunque costretti a mostrare quale fosse
la nostra intenzione!
30. I
sacerdoti ci diedero informazione attraverso il principe, il quale ci pregò,
che gli dovessimo riportare a nostra volta informazione del re trovato,
affinché anche lui venisse a rendere al nuovo re il suo omaggio”.
31. Ma il capitano disse: “Questo non lo farete
mai; conosco infatti l’intenzione di questo principe! Piuttosto restate qui
come ostaggi! – Ma ora io vado dentro e voglio consultarmi su di voi col padre
del Bambino”.
La stella dei tre Sapienti (Magi) e l'antica profezia degli astronomi persiani.
I Sapienti adorano nel Bambino il Signore, Creatore dell'Infinità e dell'Eternità.
I loro nomi: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Gli spiriti che li accompagnano: Adamo, Caino e Abramo.
Magi rendono omaggio al Signore e Gli porgono doni.
16 settembre 1843
1.
Quando il buon Giuseppe ebbe udito tutto questo, il suo cuore angustiato si
sentì alleggerito, e avendo udito che il capitano sarebbe venuto da lui, si
preparò a riceverlo.
2. E il
capitano entrò, salutò Giuseppe e disse poi a lui: “Uomo che hai la mia
massima stima!
3.
Vedi, gli orientali che ora stanno aspettando fuori sono arrivati qui per
disposizione miracolosa; li ho esaminati severamente e non ho scoperto nulla di
male in loro!
4.
Essi desiderano porgere al Bambino secondo la promessa del loro Dio il loro
omaggio, io quindi sono del parere che tu possa farli entrare senza la minima
paura, quando lo ritieni opportuno”.
5. E Giuseppe
disse: “Se è così, voglio lodare ed esaltare il mio Dio; poiché Egli ha di
nuovo tolto una pietra rovente dal mio cuore!
6.
Però prima Maria si è un po’ spaventava, quando i persiani cominciavano ad
accamparsi attorno a questa grotta; perciò bisogna che io vada prima a vedere
in che stato si trova, perché, entrando questi ospiti senza che lei ne sia
preparata, non si spaventi ancor più di quanto non sia già stata spaventata
prima per loro”.
7. Ma
il capitano approvò questa precauzione di Giuseppe, e Giuseppe andò accanto a
Maria, e la informò di tutto ciò che aveva udito dal capitano.
8. E Maria,
tutta contenta, disse: “Pace sulla Terra a tutti gli uomini che sono di cuore
fedele e buono, e hanno una volontà che si lascia guidare da Dio!
9.
Questi vengano pure, quando lo Spirito del Signore lo indicherà loro, e mieteranno
la benedizione della loro fedeltà! Io infatti non ho la minima paura di loro!
10. Ma
quando entreranno devi stare però al mio fianco, molto vicino a me; poiché non
sta bene che io li riceva tutta sola in questa tenda!”
11. Ma
Giuseppe disse: “Maria, se ne hai la forza, alzati col Bambino, prendi
la piccola mangiatoia e mettiLo in quella, davanti a
te, e poi possono entrare gli ospiti e rendere onore al Bambino!”
12. E
Maria compì subito questa volontà di Giuseppe, e Giuseppe disse allora
al capitano:
13.
“Vedi, siamo pronti; se quei tre vogliono entrare, possiamo già indicare loro
che nella nostra povertà siamo del tutto pronti a riceverli!”
14. E
il capitano uscì e annunciò questo ai tre. – Ma i tre si prostrarono subito a
terra, lodarono Dio per questa concessione, presero poi i sacchi dorati, e
pieni di ogni venerazione si recarono nella grotta.
18 settembre 1843
15. Il
capitano aprì la porta, ed i tre entrarono nella grotta con la massima
venerazione; infatti nell’istante del loro ingresso una luce potente uscì dal
Bambino.
16.
Quando essi, e cioè i tre sapienti, si avvicinarono a due passi dalla piccola mangiatoia
in cui giaceva il Bambinello, subito caddero prostrati con la faccia a terra e
Lo adorarono.
17.
Per circa un’ora essi giacquero davanti al Bambino, curvati e compresi della
più alta venerazione; soltanto dopo si sollevarono lentamente e, in ginocchio,
alzarono i loro volti bagnati di lacrime e guardarono il Signore, il Creatore
dell’infinità e dell’eternità.
18. Ma
i nomi dei tre erano: Gaspare, Melchiorre e Baldassarre[8].
19. E il
primo, in compagnia dello spirito di Adamo, disse: “Date a Dio l’onore, la
lode, la gloria! Osanna, osanna a Dio, l’Unto e Trino dall’eternità per
l’eternità!”
20.
Qui egli prese il sacchetto intessuto d’oro, in cui erano trentatré libbre di
finissimo incenso, e lo diede a Maria col più grande rispetto, con le parole:
21.
“Prendi senza timore, o Madre, la piccola testimonianza di ciò che riempirà in
eterno tutto il mio essere! Accetta il meschino tributo esteriore, di cui ogni
creatura pensante è debitrice in eterno dal profondo del suo cuore al Suo
Creatore onnipotente!”
22.
Maria prese il pesante sacchetto e lo consegnò a Giuseppe, e il donatore si
alzò, si mise vicino alla porta e si chinò nuovamente a terra, e adorò il
Signore nel Bambino.
23. E
subito il secondo, che era un moro e aveva in sua compagnia lo spirito
di Caino, sollevò un sacchetto un po’ più piccolo, ma di peso uguale, pieno di
oro purissimo, e lo porse a Maria con le parole:
24.
“Ciò che al Re degli spiriti e degli uomini è dovuto sulla Terra, io lo
presento come minima offerta a Te, Signore della gloria in eterno! Accettalo, o
Madre, che hai partorito ciò che la lingua di tutti gli angeli non sarà mai in
grado di pronunciare in eterno!”
25.
Qui Maria prese il secondo sacchetto e lo consegnò a Giuseppe! E il sapiente
che aveva fatto l’offerta si alzò e andò accanto al primo, e fece come questi.
26. Si
alzò allora il terzo, prese il suo sacchetto, pieno di finissima aurea
mirra, una spezia allora preziosissima, e lo consegnò a Maria con le parole:
27.
“Lo spirito di Abramo è in mia compagnia e vede ora il giorno del Signore, del
quale si è così immensamente rallegrato!
28. Ma
io, Baldassarre, offro qui in un piccolo dono, ciò che è dovuto al Figlio dei
figli! Accettalo, o Madre di ogni grazia! Ma un dono migliore lo celo nel mio
petto: è il mio amore, – questo deve essere per questo Bambino l’offerta
più vera in eterno!”
29.
Qui Maria prese il sacchetto, che pesava ugualmente trentatré libbre, e lo
consegnò a Giuseppe. Poi però anche questo sapiente si alzò e andò accanto ai
due primi, adorò il Bambinello, e dopo aver terminato la preghiera uscì con i
primi due, là dove erano erette le loro tende.
Maria rileva
I tre doni benedetti
di Dio:
Nobilissima
testimonianza di Maria, del capitano e del Piccino su Giuseppe.
19 settembre 1843
1. Ma quando
i tre sapienti si furono allontanati e si furono recati a riposare nelle loro
tende, allora Maria disse a Giuseppe:
2.
“Vedi, vedi ora, uomo timoroso e pieno di preoccupazioni, com’è meraviglioso e
buono il Signore, nostro Dio, quanto paternamente provvede per noi!
3. Chi
di noi si sarebbe mai sognato che ci potesse capitare qualcosa di simile? Dalla
nostra grande angoscia ha fatto risultare una tale benedizione per noi, e tutta
la nostra paura e preoccupazione ha trasformato in una così grande gioia!
4. Da
quelli che temevamo volessero attentare alla vita del Bambino, proprio da loro
abbiamo visto tributarGli un onore, come quello di
cui siamo sempre debitori soltanto al Signore Dio!
5. E
in aggiunta a questo ci hanno così riccamente beneficato, che col valore dei
doni possiamo comprarci un amplissimo pezzo di terreno tutto nostro, e là
possiamo provvedere nel miglior modo, sicuramente secondo
6. O
Giuseppe! - Oggi più che mai voglio ringraziare l’amorevolissimo Signore, lodarLo ed esaltarLo per tutta la
notte; Egli infatti ora ha anche prevenuto a tal punto la nostra povertà, che
adesso possiamo passarcela molto comodamente! – Che ne dici tu, caro padre
Giuseppe?”
7. E Giuseppe
disse: “Sì, Maria, infinitamente buono è il Signore Dio, per coloro che Lo
amano sopra ogni cosa e pongono la loro sapienza in Lui soltanto; però ritengo
che i doni non siano per noi, ma per il Bambino, e perciò non abbiamo il
diritto di adoperarli secondo il nostro criterio.
8. Ma
il Bambino si chiama Gesù ed è Figlio dell’Altissimo, perciò dobbiamo chiedere
prima all’eminentissimo Padre, che ne deve essere di questi tesori!
9. E
quello che Egli ci prescriverà, quello anche faremo; ma senza
10. Ho
pur nutrito te e i miei figli fin adesso, col lavoro delle mie mani benedetto
dal Signore; così con l’aiuto del Signore potrò fare anche in seguito!
11.
Perciò non do importanza a questi regali, bensì soltanto alla Volontà del
Signore e alla sua Grazia e al Suo Amore.
12.
Ecco i tre più grandi doni di Dio, che sempre ci portano una possente
benedizione!
13.
Questi tre tesori possiamo adoperarli senza alcun timore a piene mani; ma
questo incenso, quest’oro e questa mirra, qui nei sacchi d’oro, non possiamo
toccarli senza i tre principali tesori, che fin adesso ci hanno pur sempre
fruttato i più ricchi interessi.
14. Così, cara Maria, vogliamo fare, e io so che il
Signore ci guarderà per questo con grande compiacimento; ma il Suo compiacimento
sia per noi il più grande di tutti i tesori!
15.
Che ne pensi, soavissima Maria, ho ragione o no? Non è questo il modo migliore
per trovare la giusta destinazione di questi tesori?”
16.
Qui Maria fu commossa fino alle lacrime e lodò la sapienza di Giuseppe. E il
capitano gettò le braccia al collo di Giuseppe e disse: “Sì, tu sei ancora
un vero uomo secondo
L’angelo consiglia i
tre sapienti. Partenza dei tre sapienti per l’Oriente.
Impazienza di
Giuseppe. Parole tranquillizzanti di Cornelio a Giuseppe.
Cenni di Giuseppe
sulla Potenza e Bontà di Dio.
20 settembre 1843
1. Ma i
tre sapienti si riunirono in una tenda a discutere ciò che ora si doveva
fare.
2.
Dovevano mantenere la parola data ad Erode, o qui per la prima volta dovevano
mancare di parola?
3. E
se dovevano prendere un’altra strada, la questione era, quale strada li avrebbe
riportati sicuri al loro Paese.
4. E
uno domandava all’altro: “La prodigiosa stella che ci ha condotti qui, ci
ricondurrà poi anche a casa per un’altra via?”
5. Ma
mentre così si consigliavano, vedi, ecco che ad un tratto un angelo
comparve fra loro e disse loro: “Non preoccupatevi invano, la via è già
tracciata!
6.
Com’è diritto il raggio del sole che cade sulla terra a mezzogiorno, così
altrettanto diritta è la via su cui domani sarete guidati al vostro Paese, per
una strada diversa da quella di Gerusalemme!”
7. Poi
l’angelo scomparve, e i tre andarono a riposare. E di primo mattino partirono
di là, e per la via più breve ritornarono presto nel loro Paese, dove
annunciarono a molti amici la grande gloria di Dio e li destarono nuovamente
alla giusta fede nell'unico Dio.
8. Ma
quella stessa mattina Giuseppe domandò al capitano, per quanto tempo
ancora sarebbe dovuto rimanere in quella grotta.
9. Ma il
capitano disse con tutta affabilità a Giuseppe: “Uomo della mia massima
stima! Credi dunque che io ti tenga qui come un prigioniero?!
10.
Oh, quale idea! In che modo io, un verme nella polvere di fronte alla potenza
del tuo Dio, potrei mai tenerti prigioniero?! Ma quello che il mio amore fa per
te, vedi, non è certo una prigionia!
11.
Rispetto al mio potere tu sei libero a qualunque ora, e puoi andare dove vuoi!
Ma non altrettanto libero tu sei rispetto al mio cuore; esso ovviamente
vorrebbe tenerti qui tutto il tempo, poiché ama te e il tuo Figlioletto con
potenza indescrivibile!
12.
Resta però tranquillo ancora un paio di giorni; voglio mandare subito
informatori a Gerusalemme, per apprendere là che cosa farà la volpe grigia, se
i persiani non gli avranno mantenuto la parola!
13.
Dopo però mi saprò certo orientare, e ti proteggerò contro qualsiasi persecuzione
di quel sanguinario.
14.
Poiché puoi credermi: questo Erode è il maggior nemico del mio cuore, e voglio
colpirlo come e quanto posso!
15.
Sono ovviamente soltanto un capitano e io stesso sono ancora sottoposto al
comandante supremo, che risiede a Sidone e Smirne, e ha il comando sopra dodici
legioni in Asia.
16.
Tuttavia non sono un comune centurione, bensì un patrizio, e partecipo dunque,
in base al mio titolo, al comando delle dodici legioni in Asia! Se voglio
servirmi dell’una o dell’altra, non occorre che io mandi prima qualcuno a
Smirne, ma come patrizio non ho che da comandare, e la legione deve ubbidirmi!
Puoi dunque ben contare su di me, se Erode dovesse farsi avanti!”
22 settembre 1843
17. Giuseppe
ringraziò il capitano per questa amabilissima sollecitudine, aggiunse però
qualcosa e disse:
18.
“Ora ascolta anche me, stimatissimo amico! Vedi, anche poco fa ti sei
preoccupato di allestire la massima sorveglianza a causa dei persiani; ma a che
è servito tutto ciò?
19. I persiani arrivarono inosservati da tutti i tuoi
mille occhi, e avevano già impiantato le loro tende molto prima che tu potessi
scoprire anche uno solo di loro.
20. Vedi, se allora il Signore, mio Dio, non mi avesse
protetto, dove sarei già ora col tuo aiuto?! Prima che tu ti facessi vedere, i
persiani avrebbero potuto trucidarmi da un bel pezzo, insieme alla mia
famiglia!
21. Perciò ti dico ora, come amico pienissimo dei più
calorosi ringraziamenti: l’aiuto umano non serve a nulla; poiché tutti gli
uomini sono un nulla davanti a Dio!
22. Se però il Signore Dio ci vuole aiutare, ed è anche il
solo che può aiutarci, allora non è affatto necessario che ci diamo molto da fare;
infatti nonostante tutto il nostro da fare succederà tutto come il Signore lo
vuole – mai invece come noi lo vogliamo!
23. Tralascia quindi le faticose e pericolose indagini a
Gerusalemme, con le quali, primo, potresti apprendere cose poco rilevanti, e
secondo, se fosse risaputo, potresti procurarti a causa mia un’amara sorte!
24. Ma in questa notte comunque il Signore mi indicherà
sicuramente ciò che farà Erode e ciò che io dovrò fare; perciò ora insieme a me
puoi essere completamente tranquillo, e lasciare che il Signore soltanto si
occupi di me e di te, e certo andrà tutto bene!”
25. Ma quando il capitano ebbe sentito un tale discorso di
Giuseppe, divenne molto agitato nel suo animo, e gli fece male, che Giuseppe
avesse rifiutato il suo aiuto.
26. Ma Giuseppe disse: “Buono e carissimo amico, tu
sei addolorato, perché ti ho sconsigliato di occuparti ancora oltre del mio
benessere.
27. Ma se consideri la cosa nella giusta luce, devi
necessariamente arrivare tu stesso alle medesime conclusioni!
28. Vedi, chi di noi ha mai portato il sole e la luna e
tutte le stelle sopra il firmamento?! Chi di noi ha mai comandato ai venti,
alle tempeste e ai lampi?!
29. Chi ha scavato il letto all’immenso mare, chi di noi
ha tracciato ai grandi fiumi la via?!
31.
Dove mai si trova l’erba, per la cui crescita noi abbiamo formato il seme
vivo?!
32.
Vedi, tutto questo però il Signore lo fa giornalmente! – Ma se l’agire Suo
possente e meraviglioso ti ricorda ogni istante
33.
Queste parole riportarono il capitano a una maggior serenità d’animo; ciò
nonostante, egli mandò tuttavia in segreto degli informatori a Gerusalemme, per
sapere quello che vi succedeva.
Preparativi
per la fuga in Egitto. Sollecitudine del Signore.
Colloquio
di Giuseppe con Cornelio.
23 settembre 1843
1. Ma in
quella notte apparve in sogno a Giuseppe, così come a Maria, un angelo,
e disse:
2.
“Giuseppe, vendi i tesori e comprati qualche altro animale da soma; poiché con
la tua famiglia devi fuggire in Egitto!
3.
Vedi, Erode è in preda a violento furore, e ha deciso di assassinare tutti i
bambini nell’età da uno a dodici anni, perché è stato ingannato dai sapienti!
4.
Costoro avrebbero dovuto indicargli dove il nuovo Re è nato, così egli avrebbe
poi inviato i suoi sbirri ad assassinare il Bambino che è il nuovo Re.
5. Ma
noi angeli dei Cieli abbiamo avuto incarico dal Signore, prima ancora che Egli
venisse nel mondo, di vigilare con la massima cura su tutto ciò che riguarda la
vostra sicurezza.
6. Per
questo dunque io venni ora da te, per indicarti quello che farà Erode, non
avendo la certezza di riuscire a impossessarsi di quell’unico Bambino.
7. Lo
stesso capitano sarà costretto a prestare sussidi a Erode, se non vuol essere
da lui tradito presso l’imperatore; perciò dovrai metterti in viaggio già
domani!
8. Questo
però puoi ben anche indicarlo al capitano, ed egli ti sarà di aiuto per una
sollecita partenza! – Così avvenga nel Nome di Colui che qui vive e succhia al
seno di Maria!”
9. Qui
Giuseppe si svegliò, e così anche Maria, la quale con voce impaurita subito
chiamò a sé Giuseppe, e poi gli raccontò subito il suo sogno.
10. Ma
Giuseppe presto scorse la sua visione nel racconto di Maria, e disse
allora: “Maria, non ti preoccupare, prima ancora di mezzogiorno saremo già
oltre le montagne – e in sette giorni in Egitto!
11. Ma
ora, poiché viene già chiaro, voglio subito uscire e disporre tutto per una
rapida partenza”.
12.
Qui Giuseppe se ne andò anche subito con i tre figli maggiori, prese i tesori e
li portò da un cambiavalute, il quale subito gli aprì la porta e gli rilevò
tutto per una giusta somma.
13.
Poi Giuseppe andò da un mercante di animali da soma, accompagnato da un
servitore del cambiavalute, e comprò subito altri sei asini da soma, e così ben
equipaggiato ritornò di nuovo nella grotta.
14. Là
lo stava anche già aspettando il capitano, il quale subito gli raccontò quali
crudelissime, orribili notizie gli erano state recate da Gerusalemme.
25 settembre 1843
15. Ma
Giuseppe non si meravigliò molto di questo racconto del capitano, ma
disse soltanto in tono rassegnato alla Volontà di Dio:
16.
“Stimato amico, quello che tu mi riferisci qui, tutto ciò e in modo molto più
preciso, questa notte, come ieri ti annunciai, mi ha riferito il Signore, tutto
ciò che Erode ha deciso!
17.
Vedi, tu stesso per di più sarai costretto a prestargli sussidi, poiché egli
attorno a Betlemme e nella città stessa vuol far strangolare tutti i bambini da
qualche settimana di età fino al dodicesimo anno, per arrivare con essi anche
al mio!
18.
Perciò devo fuggire oggi stesso da qui, fin dove mi condurrà lo Spirito del
Signore, per sottrarmi alla crudeltà di Erode.
19.
Perciò ti chiedo di indicarmi la via sicura verso Sidone; poiché già entro
un’ora devo partire”.
20. Ma
quando il capitano ebbe sentito questo, s’incollerì oltre ogni misura
verso Erode e gli giurò implacabile vendetta, dicendo:
21.
“Giuseppe, com’è vero che adesso sta venendo giorno e che il sole sta già sopra
l’orizzonte, com’è vero che il tuo Dio vive, altrettanto è vero che io,
nobilissimo patrizio romano, voglio piuttosto farmi legare alla croce, prima di
tollerare che quel sanguinario compia impunemente una simile impresa!
22. Io
stesso ti voglio condurre subito oltre le montagne con una buona scorta; e
quando ti so al sicuro, allora mi affretterò a ritornare e manderò subito un
messaggero veloce a Roma, il quale dovrà indicare all’imperatore ciò che Erode
ha in animo di intraprendere.
23. Ma
io farò ogni possibile sforzo per sventare qui il progetto del mostro”.
24. E Giuseppe
rispose: “Buono e rispettabilissimo amico! Se puoi pur fare qualche cosa,
proteggi per lo meno i bambini dai tre ai dodici anni! Ciò sarà in tuo potere!
25. Ma
i piccini dalla nascita fino al secondo anno non riuscirai a salvarli.
26. La
protezione dei primi però non potrai neanche conseguirla con la forza, bensì
soltanto con l’astuzia!
27. Ma
il Signore ti guiderà in questa astuzia! Perciò non pensare tanto a quello che
farai; poiché il Signore ti guiderà in segreto!”
28. Ma
il capitano disse: “No, no, non deve scorrere il sangue dei bambini;
piuttosto voglio usare la forza militare!”
29. Ma
Giuseppe disse: “Vedi, che cosa puoi pur fare, dal momento che Erode ha
appena lasciato Gerusalemme con un’intera legione romana? - Entrerai in campo
contro la tua stessa forza? - Perciò agisci come il Signore ti guiderà, perché
tu possa salvare per via amichevole almeno i bambini dai tre ai dodici anni!”.
– Qui il capitano si arrese.
Inizio della fuga.
Colloquio di Giuseppe con Salomè. Congedo del capitano.
La partenza. Il
salvacondotti di Cornelio indirizzato a Cirenio.
L’itinerario di Giuseppe.
Episodio dei briganti.
Giuseppe arriva a Tiro da Cirenio. Conforto e aiuto
di Cirenio.
26 settembre 1843
1.
Dopo questo colloquio di Giuseppe col capitano, Giuseppe disse ai suoi
figli: “Disponetevi a partire e preparate gli animali da soma!
2. I
sei asini nuovi sellateli per me e per voi, e il vecchio, già provato, per
Maria! Di viveri prendetene quanto potete; il bue col carro invece lo lasciamo
qui alla levatrice, in ricordo e in compenso delle sue attenzioni per noi!”
3.
Così il bue col carro fu preso in consegna dalla levatrice e non venne più
adoperato per alcun lavoro.
4. Ma Salomè
chiese a Giuseppe se non potesse partire con lui.
5. E Giuseppe disse: “Questo dipende da te;
io però sono povero, lo sai, e non posso darti una paga, se volessi restare da
me come ancella.
6. Se però
hai dei mezzi, e puoi provvedere con me per cibo e vestiario, allora certo puoi
seguirmi!”
7. Ma Salomè
disse: “Ascolta, tu figlio del grande re Davide! Non solo per me, ma per tutta
la tua famiglia il mio patrimonio potrà bastare per cento anni!
8. Infatti
sono più ricca di beni materiali di quanto tu potresti immaginarlo! Ma aspetta
ancora un’ora soltanto, e sarò qui pronta a partire, carica di tesori!”
9. Ma Giuseppe
disse: “Salomè, vedi, tu sei una giovane vedova e sei madre; devi dunque
portare con te anche i tuoi due figli!
10.
Vedi, ciò ti darà molto lavoro, e io non ho più da perdere neanche un minuto di
tempo; infatti fra tre ore Erode farà già ingresso qui, e fra un’ora
arriveranno già i suoi araldi e corrieri.
11. Ma
da ciò puoi capire che è impossibile per me di aspettare che tu sia pronta!
12. Perciò ritengo che se rimani, fai meglio, in quanto
non vengo trattenuto per causa tua; ma quando un giorno ritornerò di nuovo,
secondo la volontà del Signore, andrò di nuovo ad abitare a Nazareth.
13. Ma
se mi vuoi proprio rendere un servizio, quando ne hai l’occasione recati a
Nazareth e dà in affitto il mio terreno per altri tre anni, fino a sette o
dieci, perché non vada in mani estranee!”
14 – E
Salomè desistette dalla sua richiesta e si accontentò di questo incarico.
15.
Dopo di che Giuseppe abbracciò il capitano e lo benedisse, e poi chiamò
a sé Maria, perché si mettesse sul suo somaro col Piccino.
16.
Dopo che tutto fu pronto per la partenza, il capitano disse a Giuseppe:
“Uomo della mia massima stima, riuscirò più a rivederti, e questo Bambino con
la madre?”
17. E Giuseppe
disse: “Non passeranno neanche tre anni, e io ti saluterò di nuovo, e il
Bambino e sua madre! Di questo stai sicuro; ora però lasciaci avviare! Amen”.
18.
Qui Giuseppe montò il suo somaro e i suoi figli ne seguirono l’esempio, e
Giuseppe prese le briglie del somaro di Maria, e glorificando il Signore lo
condusse fuori dalla grotta.
19.
Quando ormai tutti si trovavano all’aperto, Giuseppe notò come una quantità di
popolo proveniente dalla città cominciava a far ressa per vedere la partenza
del neonato, avendo appreso che sarebbe accaduto questo tramite la levatrice
ritornata a casa e il cambiavalute.
21. E vedi, subito una fitta nebbia cadde sull’intera
città, e a nessuno fu possibile di vedere anche solo alla distanza di cinque
passi.
22. Ma
il popolo ne fu indispettito e se ne ritornò di nuovo in città, e Giuseppe,
accompagnato dal capitano e da Salomè, poté raggiungere non visto la vicina
montagna.
23.
Allorquando ebbe raggiunto il confine tra
24. E
Giuseppe l’accettò ringraziando, e il capitano disse: “Cirenio è un mio fratello; di più non occorre che ti dica,
e così dunque viaggia felice e così ritorna!” Qui il capitano tornò indietro
con Salomè, e Giuseppe proseguì nel nome del Signore.
25. Circa a mezzogiorno Giuseppe ebbe raggiunto la cima
della montagna, a una distanza di dodici ore da Betlemme, la quale cima era già
tutta in Siria, e a quel tempo dai Romani veniva chiamata Celesiria.
26. Infatti Giuseppe dovette prendere questa strada un
po’ più lunga, in quanto dalla Palestina nessuna strada sicura conduceva
all’Egitto.
27. Ma
il suo itinerario di viaggio fu il seguente: il primo giorno giunse in
vicinanza della piccola città di Bostra. Là egli
passò la notte, glorificando il Signore. Là accadde anche che arrivassero a lui
dei rapinatori per derubarlo.
28. Ma
quando essi scorsero il Piccino, caddero con la faccia a terra, Lo adorarono e
poi fuggirono spaventatissimi sulla montagna.
29. Di
là il giorno seguente Giuseppe salì di nuovo su un’erta montagna, e alla sera
giunse nei dintorni di Panea, una cittadina di
confine a nord tra
30. Da
Panea, il terzo giorno raggiunse la provincia di
Fenicia e arrivò nei dintorni di Tiro, dove egli si recò il giorno successivo,
con la sua lettera di salvacondotto, da Cirenio, il
quale in quel periodo si tratteneva a Tiro per mansioni di sua competenza.
31. Cirenio accolse Giuseppe molto cordialmente, e gli
domandò che cosa potesse fare per lui.
32. Ma
Giuseppe disse: “Che io giunga sicuro in Egitto!” – E Cirenio disse: “Buon uomo, hai prolungato molto la
strada; infatti
33. Allora
Giuseppe divenne triste perché si era così smarrito. Ma Cirenio
ebbe compassione di Giuseppe e disse: “Buon uomo, mi addolora la tua
difficoltà. Sei bensì un ebreo e un nemico dei Romani, ma poiché mio fratello,
il mio tutto, ti vuol tanto bene, anch’io voglio dimostrarti amicizia.
34.
Vedi, domani una nave, piccola ma sicura, partirà da qui per Ostracine! Con questa potrai arrivare là in tre giorni; e
quando sei in Ostracine, sei anche già in Egitto! –
Anch’io però ti darò un salvacondotto, grazie al quale potrai soggiornare
indisturbato in Ostracine e comprarti anche qualche
cosa. Per oggi però sei mio ospite; fa’ dunque portar dentro il tuo bagaglio!”
La sacra Famiglia da Cirenio. Conversazione di Giuseppe con Cirenio.
Cirenio amante dei bambini.
LaDivinità in Gesù Bambino fa sciogliere le statue degli dèi.
28 settembre 1843
1. E
Giuseppe uscì e condusse la sua famiglia davanti alla casa dove abitava Cirenio, e questi ordinò subito alla sua servitù di
provvedere agli animali da soma di Giuseppe,
2. e
condusse Giuseppe con Maria e i cinque figli nella sua stanza migliore, in cui
tutto abbondava di pietre preziose, oro e argento.
3. Ma
c’erano là, sopra un tavolo di marmo bianco perfettamente lucido, una quantità
di statue alte circa un piede, molto ben sagomate in bronzo di Corinto.
4. E
Giuseppe domandò al governatore che cosa rappresentassero quelle figure.
5. Ma il
governatore disse molto cordialmente: “Buon uomo, vedi, questi sono i
nostri dèi! Dobbiamo tenerli e comprarli da Roma per legge, anche se non
abbiamo alcuna fede in essi.
6. Io
li considero soltanto oggetti d’arte, e per me unicamente in questo vi è un
qualche piccolo valore, in queste figure di dèi; per il resto però non posso
che guardarle col più fondato disprezzo”.
7. E Giuseppe
domandò allora a Cirenio: “Ascolta, se tu la pensi
così, allora sei un uomo senza Dio e senza religione! Questo non turba dunque
la tua coscienza?”
8. E Cirenio disse: “Neanche un po’; se infatti non c’è
altro dio che questi qui di bronzo, allora ciascun uomo è più dio di questo
sciocco bronzo, in cui non c’è vita! Io però ritengo che ci sia un qualche vero
Dio, che è eternamente vivo e onnipotente, – perciò disprezzo questa vecchia
insulsaggine!”
9. Ma Cirenio era anche molto
amante dei bambini e perciò si avvicinò a Maria, che teneva il Bambino sulle
sue braccia, e domandò alla Madre se non fosse stanca dal portare continuamente
il Bambino.
10. E Maria
disse: “O potente signore del Paese! Certo che sono già proprio molto stanca;
ma il mio grande amore per questo mio Bambino mi fa dimenticare ogni
stanchezza!”
11. E il
governatore rispose a Maria: “Vedi, anch’io sono molto amante dei bambini,
sono sì sposato, ma la natura o Dio non mi hanno ancora benedetto con una
discendenza; perciò ho l’abitudine di prendere con me non di rado bambini
estranei – perfino quelli degli schiavi – come se fossero figli!
12.
Con questo però non voglio dire che tu dovresti darmi anche il tuo; poiché è
certo la tua vita.
13.
Però vorrei pregarti di volermelo mettere fra le braccia perché io lo stringa e
lo accarezzi solo un po’!”
14.
Trovando Maria tanta cordialità nel governatore, disse: “Chi ha un cuore
come il tuo, può ben prendere questo mio piccino fra le braccia!”
15.
Qui Maria consegnò il Piccino al governatore perché lo accarezzasse, – e quando
il governatore prese il Piccino fra le sue braccia, ecco che s’impossessò di
lui una piacevolissima sensazione, che mai prima d’allora aveva provato.
16. Ed
egli portava il Piccino avanti e indietro nella sala – e venne con Lui anche
vicino al tavolo degli dèi.
17. Ma
questo avvicinarsi costò immediatamente l’esistenza a tutte le statue degli
idoli, poiché esse si dissolsero come cera su un ferro rovente.
18. Di ciò si spaventò Cirenio
e disse: “Che è mai questo? Il duro metallo si è sciolto completamente, così
che non ne è rimasta alcuna traccia! Tu uomo sapiente di Palestina, spiegami
questa cosa! Sei un mago dunque?”.
Severo interrogatorio di Giuseppe e sue dichiarazioni riguardo al santo
Bambino e alla Sua nascita.
La lettera di
Cornelio. Giuseppe consiglia di tacere. Contraddizioni e dubbi.
Energica autodifesa di
Giuseppe di fronte al “procuratore dello Stato”.
29 settembre 1843
1. Ma Giuseppe
stesso era oltremodo stupefatto e disse quindi a Cirenio:
“Ascoltami, potente governatore del Paese! Non può esserti ignoto, che in base
alla Legge del mio popolo qualsiasi incantatore deve essere messo al rogo.
2. Se
dunque io fossi un incantatore, non sarei diventato così vecchio come sono;
infatti come tale, già da molto tempo sarei caduto nelle mani dei sommi
sacerdoti di Gerusalemme!
3. Perciò qui non posso dirti nient’altro, se non che
questo fenomeno dipende sicuramente dalla grande santità di questo Bambino.
4.
Infatti già alla nascita di questo Bambino accaddero segni, per i quali tutti
quanti si erano spaventati; tutti i cieli stettero aperti; i venti tacquero, i
ruscelli e i fiumi stettero fermi; il sole restò fermo all’orizzonte;
5. la
luna non si mosse dal suo posto, per tre ore non lo fece; così pure le stelle
non arretrarono; gli animali non mangiarono né bevvero, e tutto ciò che
altrimenti ha moto e vita, cadde in una calma mortale; io stesso stavo
camminando e dovetti fermarmi!”
6.
Quando Cirenio ebbe sentito ciò da Giuseppe,
gli disse: “Dunque è questo lo straordinario Bambino, di cui mio fratello mi ha
scritto con le parole:
7.
‘Fratello, devo informarti di una novità: in vicinanza di Betlemme è stato
partorito un Bambino da una giovane donna della nazione ebrea, dal quale emana
una grande forza prodigiosa; riterrei che Esso sia un figlio degli dèi!
8. Ma
suo padre è un ebreo così profondamente onesto, che non me la sono sentita di
intraprendere ulteriori indagini!
9. Se tu dovessi magari venire a Gerusalemme entro breve
tempo, non dovrebbe essere per te senza interesse, di visitare quest’uomo a
Betlemme. Io penso sempre che in questo Bambino si nasconda un piccolo Giove, o
per lo meno un Apollo. Ma vieni e giudica tu stesso!’
10.
Vedi, buon uomo, questo è quanto mi è noto della faccenda; ma quello che mi hai
detto ora, mi è perfettamente sconosciuto. Perciò dimmi se sei lo stesso uomo
di cui mi aveva informato mio fratello da Betlemme!”
11. E Giuseppe
disse: “Sì, potente signore, sono quello stesso! Ma bene è per tuo
fratello, che non ti abbia comunicato di più sul Bambino!
12. Infatti
egli ha ricevuto una parola dal Cielo, di tacere su tutto quello che è
accaduto. In verità, se ti avesse detto di più, allora sarebbe accaduto a Roma
quello che è accaduto adesso, davanti ai tuoi occhi, alle figure degli idoli
che stavano sul tavolo!
13. Ma
salute a te e a tuo fratello, se vorrete tacere! Poiché per questo sarete dei
benedetti del Signore, il Dio eternamente vivo, il Creatore del Cielo e della
Terra!”
14.
Queste parole incussero a Cirenio un
grande rispetto per Giuseppe e un timore del Bambino, per cui subito rimise il
Bambino fra le braccia di Maria.
30 settembre 1843
15.
Dopo di che però egli si rivolse nuovamente a Giuseppe e gli disse: “Buono e
onesto uomo, fa’ ora ben attenzione a quello che ti dirò;
16.
poiché mi è venuto in mente adesso un buon pensiero, e tu devi ascoltarlo e
rendermene ragione!
17.
Vedi, se questo Bambino è di origine divina, allora devi certo esserlo anche
tu, quale suo padre; infatti ex trunco non fit Mercurius (Da un tronco d’albero
non si ottiene Mercurio – un dio romano), e sulle spine non cresce l’uva!
Dunque anche da un uomo comune non può certo derivare un figlio degli dèi!
18.
Eppure tu mi sembri invece per il resto un uomo del tutto comune, così come i
tuoi altri cinque figli che stanno lì, dietro di te; sì, perfino la giovane
madre, sebbene una gentile ebrea, non sembra tuttavia possedere nulla che la
rassomigli agli dèi!
19.
Per quello occorrono una grande bellezza, quasi ultraterrena, e grande
sapienza, come sappiamo dalle tradizioni di quelle donne, che un tempo
gli dèi avrebbero frequentato, – il che però richiede ovviamente una fortissima
fede, che io non possiedo affatto.
20.
Inoltre devo farti notare ancora qualche cosa, e cioè che tu col tuo Bambino
divino, volendo viaggiare da Betlemme all’Egitto, ti sei potuto smarrire qui,
come è chiaro dal fatto che fosti triste e imbarazzato, quando ti mostrai che
ti eri smarrito così lontano sulla via dell’Egitto!
21.
Forse il tuo Dio – o gli dèi di Roma – sarebbero disinformati sulla via più
breve da Gerusalemme per l’Egitto?!
22.
Vedi, queste sono contraddizioni grossolane, che tanto più si accumulano,
quanto più si esamina la cosa! In più però è perfino data una minaccia da parte
tua della rovina di Roma, se io oppure mio fratello tradissimo il Bambino!
23. Ma
perché gli dèi dovrebbero minacciare il debole mortale, come se avessero paura
di lui? Non hanno che da calcare liberamente
24.
Vedi, la cosa che hai dichiarato mi sembra essere perciò una debole scappatoia,
per mettermi la luce di dietro, affinché io non abbia a riconoscere chi sei
effettivamente, se un mago ebreo che si reca in Egitto per guadagnarsi là il
pane con questo mestiere, poiché nella sua patria non è sicuro della vita, –
25.
oppure forse perfino una scaltra spia ebrea, pagata da Erode avido di potere,
per scoprire come sono fatte qui sul litorale le fortezze di Roma!?
26. Ho
bensì naturalmente il salvacondotto di mio fratello e la lettera di cui ti ho
accennato, – ma non ne ho ancora parlato con mio fratello, e così questi
documenti possono essere anche falsi; infatti anche la scrittura di mio
fratello si può contraffare!
27.
Perciò ti ritengo ora entrambe le cose, dunque un mago e una spia! Giustificati
ora fino in fondo, altrimenti sei mio prigioniero e non sfuggirai alla giusta
punizione!”
29. E
questo ora lo pretendo da te; poiché il mio onore è giustificato davanti a Dio,
e non deve essere calpestato da un pagano! Se anche sei un patrizio di Roma, io
sono però un discendente del grande re Davide, davanti al quale tremava tutto
il mondo, e come tale non mi lascio disonorare da un pagano!
30. Ma
ora non me ne andrò dal tuo fianco, prima che tu non mi abbia restituito il mio
onore; poiché l’onore che Dio mi ha dato, nessun pagano me lo può
togliere!”
31.
Queste energiche parole sorpresero Cirenio; infatti
egli, che come governatore aveva potere incondizionato di vita e di morte, non
aveva mai udito parlare così di fronte a lui! Pensò dunque tra sé: “Se
quest’uomo non fosse consapevole di avere una forza straordinaria di fronte a
me, non potrebbe parlare così! Perciò ora devo cominciare a parlare con lui in
tutt’altro modo!”.
Discorso più mite di Cirenio e risposta di Giuseppe. L’onore: il tesoro dei
poveri.
Il pranzo di
riconciliazione. Buon consiglio di Giuseppe.
La curiosità di Cirenio è punita.Storia della
Concezione del Piccino.
Adorazione del Piccino
da parte di Cirenio e conferma della verità.
2 ottobre 1843
1. Dopo aver fatto questo proposito, Cirenio
si rivolse di nuovo a Giuseppe e disse: “Buon uomo, non c’è bisogno che tu
ti arrabbi con me per questo; infatti mi concederai pure che, come governatore,
avrò ben diritto di tastare il polso a chiunque per vedere di che spirito è!
2. Ma
che io non potessi fare un’eccezione per te, – per quanto volentieri, del
resto, l’avrei anche fatta – basta che tu guardi a quel tavolo fatale che è
diventato spoglio dei suoi ornamenti, e dovrà certo esserti chiaro che persone
della tua specie bisogna esaminarle un po’ più severamente, che non quelle che
svolazzano in modo insignificante come le mosche.
3.
Ritengo però con questo di non averti fatto un’offesa, al contrario solo un
segno di distinzione, considerandoti così importante e parlando con te come si
conviene da parte mia, quale governatore.
4.
Poiché vedi, a me importa solo ed esclusivamente la piena verità sulla tua
provenienza, perché ti considero molto importante!
5. E
per questo avanzai anche apposta dei dubbi sul tuo conto, affinché tu dovessi
scoprirti completamente davanti a me.
6. Ma
il tuo linguaggio mi ha mostrato che sei un uomo a cui non resta attaccato
nessun imbroglio! E così non mi occorre né una seconda relazione di mio
fratello, né una maggiore attestazione di veridicità da parte di chicchessia;
infatti ora vedo che tu sei un ebreo perfettamente onesto! – Dimmi, c’è bisogno
di più ancora?”
7. E Giuseppe
disse: “Amico, vedi, io sono povero; tu invece sei un signore potente! La
mia ricchezza sono la fedeltà e l’amore per il mio Dio, e la massima onestà
verso chiunque!
8. Tu
invece, oltre alla tua fedeltà all’imperatore, sei per di più straricco di beni
del mondo, dei quali io sono privo. Se qualcuno ti denigra, ti rimangono pur
tuttavia i beni del mondo.
9. Ma
che cosa rimane a me, se perdo l’onore? Con i tesori del mondo ti puoi
acquistare l’onore: ma io con che cosa lo acquisterò?
10. Perciò il povero diventa uno schiavo, una volta che
ha perso l’onore e la libertà davanti al ricco; se invece oltre a questi ha
qualche tesoro nascosto, allora può di nuovo acquistarsi onore e libertà.
11. Tu
però mi hai minacciato di farmi tuo prigioniero; dimmi, non avrei perso così
tutto il mio onore e la libertà?!
12. E
non avevo allora il diritto di difendermi da questo, essendo stato chiamato in
causa da te, governatore di Siria e coreggente del litorale di Tiro e Sidone?!”
13. Ma
Cirenio disse: “Buon uomo, ti prego ora
– dimentichiamo completamente quanto è accaduto!
14.
Vedi, il sole è vicino all’orizzonte. I miei servitori hanno preparato la cena
nella sala da pranzo; vieni dunque con me, e rinvigoritevi! Infatti non ho
fatto preparare vivande romane, ma quelle del vostro popolo, che a voi è
permesso mangiare! Seguitemi dunque senza rancore verso di me, ora vostro
amico!”
15. E
Giuseppe seguì Cirenio, insieme a Maria e ai cinque
figli, nella sala da pranzo, e si stupì oltre misura per l’indescrivibile ricco
sfarzo della sala da pranzo stessa, così come per lo sfarzo delle stoviglie,
che erano fatte per lo più in oro, argento e pietre preziose di gran valore.
16. Ma
poiché il ricco vasellame era tutto decorato con figure di dèi pagani, disse
allora Giuseppe a Cirenio:
17. “Amico,
vedo che tutto questo tuo vasellame da tavola è decorato con i tuoi dèi; tu
però già conosci la forza che esce dal mio Bambino.
18.
Vedi, se io mi siedo a tavola con mia moglie, e mia moglie col suo Bambino, tu
perdi all’istante tutte le tue ricche stoviglie e il vasellame!
19.
Perciò ti consiglio di far portare del vasellame completamente privo di
decorazioni, oppure quello comunissimo di argilla, altrimenti non garantisco
per il tuo oro e il tuo argento!”
20.
Quando Cirenio ebbe sentito questo da Giuseppe, si
spaventò e seguì immediatamente il consiglio di Giuseppe. I servitori portarono
subito le vivande in recipienti d’argilla completamente lisci, e tolsero
prontamente quelli d’oro e d’argento.
21. Ma
la curiosità spinse tuttavia Cirenio a portare in
vicinanza del Bambino uno splendido boccale d’oro per sincerarsi, se la
vicinanza del Bambino avrebbe avuto un effetto così distruttivo anche sull’oro,
come prima sulle figure di bronzo.
22. E Cirenio per un certo tempo dovette sul serio pagare questa
curiosità con la perdita improvvisa del prezioso boccale.
23. Ma
dopo che ebbe perduto il boccale, si spaventò, e se ne stava come se fosse
stato folgorato.
24.
Solo dopo un certo tempo egli disse: “Giuseppe, tu uomo grande, mi hai
consigliato bene, perciò ti ringrazio!
25.
Che io stesso però sia maledetto, se mi muovo da questo posto prima di aver
saputo da te, chi è questo Bambino qui, per avere in sé una tale forza!”
26.
Qui Giuseppe si voltò verso Cirenio e gli
raccontò molto brevemente la storia del concepimento e della nascita del
Bambino.
27. E Cirenio però,
quando ebbe udito una tal cosa dalla ferma voce di Giuseppe, subito cadde a
terra davanti al Bambino e Lo adorò.
28. E
vedi, in quell’istante il boccale distrutto fu sul pavimento davanti a Cirenio, però completamente liscio, e di peso uguale a
prima; Cirenio si alzò e ora non stava più in sé
dalla gioia e dalla beatitudine.
Proposta pagana di Cirenio, di portare il prodigioso Bambino alla corte imperiale di Roma.
Buona risposta di Giuseppe con accenno all’umiltà del Signore.
Parole sul Sole della vita spirituale.
4 ottobre 1843
2. E
se l’imperatore Augusto ne sapesse quanto me ora, per questo Bambino egli
farebbe la stessa cosa! Anche se ci tiene moltissimo ad essere il più potente
imperatore della Terra, tuttavia so anche quanto più in alto di sé egli ponga
tutto ciò che è divino.
3. Se
tu vuoi, scrivo all’imperatore, e ti assicuro in anticipo che ti chiamerà a
Roma col più grande onore, e al Bambino, quale indubbio figlio del massimo Dio,
costruirà il tempio più grande e più splendido,
4. e
Lo innalzerà in quel tempio fino all’infinitum (all’infinito),
ed egli stesso si porrà nella polvere, davanti al Signore a cui gli elementi e
tutti gli dèi debbono ubbidienza!
5. Ma che
ciò sia il caso di questo Bambino, me ne sono convinto ora per la seconda
volta, dato che davanti a Lui neppure Giove ha potuto salvarsi, e nessun
metallo resiste davanti alla Sua potenza!
6.
Come ho detto, se tu vuoi, oggi stesso voglio mandare messaggeri a Roma!
Per davvero, ciò susciterebbe un’immensa sensazione nella grande città
imperiale, e sicuramente abbasserebbe un po’ gli orgogliosi sacerdoti, che non
sanno più in quale altro modo poter mentire e ingannare l’umanità a loro
maggior vantaggio”.
7. Ma Giuseppe
replicò a Cirenio: “Caro, buon amico! Credi
dunque che contino qualcosa gli onori di Roma, per Colui al quale
debbono ubbidire sole, luna, stelle, e tutti gli elementi della Terra?!
8. Se
Egli avesse voluto che tutto il mondo Lo onorasse come un idolo, allora sarebbe
disceso sulla Terra in tutta
9. Ma
Egli ha scelto ciò che nel mondo è basso per rendere beato il mondo, come è
scritto nel Libro dei Profeti; e così lascia perdere l’invio di messaggeri a
Roma!
10. Se
invece vuoi vedere Roma distrutta, allora fa’ come ti sembra bene! Poiché vedi,
Questi è venuto perché cada il mondo dei grandi e dei potenti e per la
liberazione dei miseri, una consolazione degli afflitti, e per la risurrezione
di coloro che sono nella morte!
11.
Così io credo fermamente nel mio cuore! Ma solo a te ho manifestato ora questa
mia fede; altrimenti però nessuno potrà udirla pronunciare da me!
12.
Serba però anche tu queste parole nel tuo cuore come la cosa più sacra fra le
sacre, fino al tempo in cui sorgerà per te un nuovo Sole di vita, e così andrai
bene!”
13.
Queste parole di Giuseppe penetrarono come frecce nel cuore di Cirenio, e gli fecero cambiare completamente atteggiamento,
al punto che egli sarebbe stato subito disposto a deporre tutto il suo alto
grado e a prenderne uno basso.
14. Ma
Giuseppe gli disse: “Amico, amico, rimani ciò che sei; poiché il potere
nelle mani di uomini del tuo genere è una benedizione di Dio al popolo! Poiché
vedi: ciò che tu sei, non viene da te né da Roma, bensì solo da Dio! Perciò
rimani ciò che tu sei!” – E Cirenio lodò il Dio
sconosciuto e si mise poi a tavola, e mangiò e bevve di animo lieto con
Giuseppe e Maria.
Moderazione di Cirenio nel mangiare e nel bere.
Preghiera di
ringraziamento a Giuseppe e buon effetto su Cirenio.
di Giuseppe sulla morte
e sulla vita eterna. Essenza e valore della Grazia.
5 ottobre 1843
1. Ma
benché i Romani fossero altrimenti abituati ai lunghi banchetti, Cirenio in questo era invece un’eccezione.
2.
Quando non doveva, saltuariamente, offrire simili banchetti in onore
dell’imperatore romano, il pasto da lui era solo breve; infatti egli era uno di
quei filosofi che dicono: “L’uomo non vive per mangiare, ma mangia solo per
vivere, – e a questo scopo non occorre che faccia banchetti che durino
un’intera giornata”.
3. E
così dunque anche il pasto santificato fu solo breve, e fu inteso esclusivamente
a dare al corpo le forze necessarie.
4.
Dopo questo breve pasto, Giuseppe ringraziò il Signore per cibo e
bevanda, e benedisse per questi l’ospitante.
5. Ma costui
ne fu molto commosso e disse a Giuseppe: “O quanto al di sopra della mia, sta
dunque la tua religione! Quanto più di me tu sei vicino alla Divinità
onnipotente!
6. E
quanto perciò tu sei anche più uomo di come io potrò mai diventarlo!”
7. Ma Giuseppe
rispose a Cirenio: “Nobile amico, ti preoccupi di
qualche cosa che il Signore ti ha appena dato proprio adesso!
8. Ma
io ti dico: rimani ciò che sei; nel tuo cuore però, abbassati solamente davanti
a Dio, il Signore eterno, e cerca di fare del bene in segreto a tutti gli
uomini, e così sei vicino a Dio quanto i miei Padri Abramo, Isacco e Giacobbe!
9.
Vedi, in questo Bambino ti ha appunto visitato il Dio onnipotente; tu lo hai
portato sulle tue braccia! Che cosa vuoi di più? Io ti dico: tu sei salvato dalla
morte eterna, e d’ora in poi più non vedrai, né sentirai, né assaggerai in te
la morte!”
10.
Qui Cirenio balzò in piedi dalla gioia
e disse: “O uomo, – che cosa stai dicendo?! Io non morirò?
11.
Oh, dimmi, come è possibile una cosa simile? Poiché vedi, fin adesso nessun
uomo è mai stato risparmiato dalla morte! Dovrei dunque realmente essere
accolto nel numero degli dèi eternamente vivi, così come adesso io vivo?”
12. Ma
Giuseppe disse: “Nobile amico, non mi hai capito; ma io voglio dirti che
cosa succederà alla tua fine terrena. E allora ascoltami molto brevemente:
13. se
tu fossi morto senza questa grazia, allora grave malattia, dolori,
affanni e disperazione avrebbero ucciso, insieme al corpo, il tuo spirito e la
tua anima, e a te, dopo questa morte, non sarebbe rimasto nulla se non una
tormentosa, ottusa coscienza di te stesso.
15. Se
ora invece tu muori in questa grazia di Dio, allora ti sarà solamente tolto
senza dolore questo pesante corpo, e ti sveglierai ad una vita eterna
perfettissima, nella quale non domanderai più: dov’è il mio corpo terreno?!
16. E
come il Signore della vita ti chiamerà, tu stesso secondo la tua libertà
spirituale, potrai spogliarti del tuo corpo come di un vecchio abito scomodo!”
17.
Queste parole fecero una profondissima impressione a Cirenio.
Per questo egli cadde ai piedi del Bambino e disse: “O Signore del Cielo,
lasciami dunque in tale grazia!”. Ma il Bambino gli sorrise e alzò una manina
sopra di lui.
Alta stima di Cirenio per Maria. Risposta consolante di Maria.
Cirenio si complimenta con Giuseppe. Parole di Giuseppe sulla vera sapienza.
6 ottobre 1843
1.
Dopo di che Cirenio si alzò e disse a Maria:
“O tu, la più felice di tutte le donne e di tutte le madri della Terra! Dimmi
dunque che cosa prova il tuo cuore, avendo sicuramente in te la massima
convinzione, che qui il Signore del Cielo e della Terra riposa sulle tue
braccia!”
2. Ma Maria
disse: “Amico, come mai domandi a me quello che il tuo stesso cuore ti dice?
3.
Vedi, camminiamo sulla stessa Terra che Dio ha creato da Se stesso, le sue meraviglie
le calpestiamo via via con i nostri piedi, – e tuttavia ci sono milioni e
milioni di persone, che preferiscono piegare le ginocchia davanti all’opera
delle loro mani, piuttosto che al Dio eternamente vero e vivente!
4. Ma
se le grandi opere di Dio non riescono a svegliare gli uomini, come potrebbe
farlo ora un bambino in fasce?
5.
Perciò sarà dato solo a pochi, di riconoscere nel Bambino il Signore! A coloro
soltanto, che come te sono di buona volontà!
6. Ma
quelli che sono di buona volontà, non avranno bisogno di venire da me, perché
io faccia loro sapere che cosa prova il mio cuore.
7. Il
Bambino si rivelerà da Sé nei loro cuori, e li benedirà, e farà sentir loro
quello che prova la madre che porta il Bambino sulle sue braccia!
8.
Felice, sì ultrafelice io sono, poiché porto sulle
braccia questo Bambino;
9. ma
ancora più grandi e più felici saranno in futuro, coloro che Lo porteranno
soltanto nei loro cuori!
10.
Portalo anche tu indelebilmente nel tuo cuore, e ti accadrà quello che ti ha
assicurato il mio sposo Giuseppe!”
11.
Quando Cirenio ebbe sentito queste parole
dalla soave Maria, non poteva meravigliarsi abbastanza della sua sapienza.
12.
Per questo disse a Giuseppe: “Ascolta, tu il più felice fra tutti gli uomini
della Terra! Chi avrebbe mai cercato una tale profondissima sapienza nella tua
giovane moglie?!
13.
Per davvero, se esistesse una qualche Minerva, dovrebbe andare a nascondersi a
una profondità infinita davanti a lei, questa incantevolissima
Madre!”
14. Ma Giuseppe disse: “Vedi, ciascuno può essere
sapiente nel suo proprio modo da Dio; senza Dio invece non c’è sapienza sulla
Terra.
15.
Così però si spiega anche la sapienza di mia moglie.
16.
Poiché dunque il Signore ha già parlato agli uomini dalla bocca di animali,
come non potrebbe farlo con la bocca degli uomini?!
17. Ma
ora tralasciamo questo; infatti penso che sarebbe tempo di provvedere per la
partenza di domani!”
18. Ma
Cirenio disse: “Giuseppe, non dartene
pensiero; per quella infatti è già stato provveduto da molto; io stesso domani
ti accompagnerò fino a Ostracine”.
Predizione di
Giuseppe sull’eccidio dei bambini.
Collera di Cirenio per Erode. Felice navigazione verso l'Egitto.
Come compenso per il viaggio Giuseppe benedice i marinai e Cirenio.
9 ottobre 1843
1.
Dopo di che Giuseppe disse a Cirenio: “Nobile amico,
buono e nobile è il tuo proposito; però difficilmente sarai in grado di
attuarlo.
2.
Poiché vedi, già questa notte ti giungeranno lettere da parte di Erode, nelle
quali ti sarà richiesto di intercettare lungo il litorale tutti i piccini di
sesso maschile da uno a due anni e di inviarli a Betlemme, perché là Erode li
uccida!
3. Tu
però puoi certo opporti ad Erode; ma il tuo povero fratello deve purtroppo fare
politicamente buon viso a questa cattiva sorte, per non esporsi al morso di
questo velenosissimo tra tutti i serpenti.
4.
Credimi, mentre io ora sono con te, a Betlemme si commette assassinio, e cento
madri nella disperazione si strappano i vestiti per la crudelissima perdita dei
loro bambini.
5. E
tutto ciò accade a causa di questo unico Bambino, del Quale i tre
sapienti persiani affermarono, in senso spirituale, che sarà un re dei Giudei.
6. Ma
Erode comprese sotto questo titolo un re mondano; perciò egli vuole ucciderLo, volendo rendere ereditario per se stesso il
dominio della Giudea, e teme che un giorno questo [Bambino] glielo voglia
strappare, – mentre invece questo Bambino è solo venuto al mondo per redimere
il genere umano dall’eterna morte!”
7.
Quando Cirenio ebbe sentito una tal cosa,
saltò in piedi dall’ira contro Erode e disse a Giuseppe:
8.
“Ascoltami, uomo di Dio! Questo mostro non dovrà servirsi di me come suo
strumento! Oggi stesso partirò con te, e nella mia propria nave a trenta remi
troverai un buon giaciglio per la notte!
9. Ma ai miei funzionari più fidati e che hanno prestato giuramento
su tutti gli dèi, darò già istruzioni su quello che devono fare, con tutti i
messaggeri che giungono qui con dispacci indirizzati a me.
10.
Vedi, in base alle nostre leggi segrete, essi devono essere trattenuti in
custodia fino a quando io non ritorni qui!
11. Le
lettere però vengono loro tolte e devono essere inoltrate a me all'insaputa dei
messaggeri di Erode, affinché io ne veda qual è il contenuto.
12. Io
però ora so già quale contenuto avranno sicuramente le lettere, e so anche
quanto tempo resterò via; se dovessero arrivare altri messaggeri, anche questi
li accoglierà la torre di controllo, fino a quando io ritorni!
13. E
così fa’ preparare ora la tua famiglia per il viaggio, e subito vogliamo salire
sulla mia nave sicura!”
14. Ma
Giuseppe ora fu contento di questo, ed entro un’ora si trovarono tutti
ottimamente ricoverati nella nave; perfino gli animali da soma di Giuseppe
furono ben ricoverati. Soffiò un vento nordico, e il viaggio procedette bene.
10 ottobre 1843
15.
Sette giorni durò la traversata, e tutti i marinai e l’equipaggio della nave
asserirono che mai prima avevano remato in queste acque così totalmente senza
il minimo inconveniente, come questa volta, –
16. il
che consideravano tanto più prodigioso per questo periodo, perché – come
dissero di credere – in questo periodo Nettuno era molto capriccioso col suo
elemento, dato che metteva in ordine le sue creazioni nel fondo del mare e
teneva consiglio con la sua servitù!
17. Ma
Cirenio disse agli uomini della nave
che si meravigliavano: “Ascoltate, ci sono due tipi di stupidità: una è libera,
l’altra è comandata!
18. Se
foste in quella libera, vi si potrebbe aiutare; ma voi siete in quella
comandata, che è sanzionata, per cui non vi si può aiutare,
19. e allora potete anche rimanere dell’idea che Nettuno
abbia perduto il suo tridente, ed ora non abbia osato castigarci con la sua
mano squamosa per il sacrilegio che abbiamo commesso verso di lui!”
20. Ma
Giuseppe parlò a Cirenio, domandandogli: “Non
è abitudine che si offra all’equipaggio un compenso? Dimmelo, e io voglio fare
come si conviene, perché non abbiano poi a parlar male di noi!”
21. Ma
Cirenio disse: “Lascia andare! Poiché
vedi, costoro sono sotto il mio comando e hanno la loro paga di servizio –
perciò non hai da preoccuparti di altro!”
22. Ma
Giuseppe rispose: “Questo è sicuro e vero, – però anch’essi sono pur
uomini come noi; perciò dobbiamo andar loro incontro pure come a uomini!
23. Se
la loro stupidità è comandata, allora votino al comando la loro pelle, ma il
loro spirito, il mio dono glielo renda libero!
24.
Falli perciò venire qui, perché io li benedica, e possano cominciare a
percepire nel cuore che anche per loro è sorto il Sole di Grazia e di
Redenzione”.
25.
Qui Cirenio chiamò a raduno l’equipaggio della nave,
e Giuseppe disse su di loro le seguenti parole:
26.
“Ascoltatemi, voi fedeli servitori di Roma e di questo vostro signore! Con
fedeltà e diligenza avete condotto la nave; un buon compenso deve esservi
offerto da me, per cui è stato fatto questo viaggio!
27. Ma
io sono povero e non ho né oro né argento; però ho la grazia di Dio in ricca
misura, e questa è la grazia di quel Dio che voi chiamate ‘l’Ignoto’!
28.
Questa grazia voglia il grande Dio effonderla nel vostro petto, perché
diventiate vivi nello spirito!”
30. E Cirenio restò sorpreso per questo effetto della benedizione
di Giuseppe, ed egli stesso allora si fece benedire da Giuseppe.
A OSTRACINE
Effetto
della benedizione su Cirenio.
Umile
testimonianza di Giuseppe su se stesso e ottimo consiglio a Cirenio.
L’arrivo
a Ostracine (Egitto).
11 ottobre 1843
1.
Anche Cirenio fu invaso da un grande senso di
gioia, per cui disse: “Ascolta, mio stimabilissimo amico, io sento ora quello
che ho sentito quando tenevo in braccio il Piccino.
2.
Siete dunque tu e Lui di un’unica natura? Oppure come avviene, che io
senta ora la stessa benedizione?”
3. Ma Giuseppe
disse: “Nobile amico, non da me, ma soltanto dal Signore del Cielo e della
Terra proviene una tale forza!
4.
Essa mi pervade solo in una occasione simile, per poi fluire in te
benedicendoti; ma da me stesso non ho in eterno una simile forza, poiché Dio
soltanto è tutto in tutto!
5. Ma
onora sempre nel tuo cuore questo unico, solo vero Dio, così la pienezza di
questa Sua benedizione non si allontanerà mai da te!”
6. E
disse ancora Giuseppe: “E ora, amico, vedi, con l’onnipotente aiuto del Signore
abbiamo raggiunto questa riva, però, come mi sembra, manca ancora molto ad Ostracine!
7. Da
che parte si trova dunque, perché ci possiamo andare? Poiché vedi, il giorno
declina! Che faremo? Proseguiremo, o resteremo qui fino a domani?”
8. E Cirenio disse: “Vedi, siamo all’entrata del
grande golfo nel cui angolo più interno, alla nostra destra, si trova Ostracine, la ricca città commerciale!
10. Ma
Giuseppe disse: “O amico, se sono soltanto tre ore, non dovremmo
pernottare qui! La tua nave può certo rimanere qui, perché tu non susciti
scalpore in questa città – ed io in segreto arrivo al luogo della mia
destinazione!
11.
Infatti se il presidio romano scoprisse in qualsiasi posto la nave di un
governatore romano, dovrebbe allora riceverti con grandi onori,
12. e
io quale amico dovrei allora nolens volens (volente o nolente) condividere con te
gli onori, il che mi sarebbe davvero spiacevole al massimo grado.
13.
Perciò mi sarebbe certo molto gradito se ci mettessimo subito di nuovo in
viaggio! Poiché vedi, i miei animali da soma sono ora sufficientemente riposati,
e possono con molta facilità portarci in breve tempo ad Ostracine!
14. I
miei figli sono robusti e hanno buone gambe; essi possono andare a piedi, e tu
con i servitori necessari fai uso dei loro cinque animali da soma, e così
percorriamo facilmente il cammino verso la città ormai più non lontana”.
15. Cirenio accettò il consiglio di Giuseppe e affidò la nave
all’equipaggio perché la custodisse fedelmente, prese poi con sé quattro
servitori, salì sugli animali di Giuseppe e andò poi subito con Giuseppe in
città.
17. Ma
Cirenio si fece riconoscere dal comandante della
guardia; questi lo fece immediatamente salutare dai soldati fece poi subito i
preparativi per l’alloggio.
18. E
così la nostra compagnia di viaggiatori fu subito accolta benissimo in questa
città, senza il minimo ostacolo, e fu alloggiata nel modo più confortevole.
Cirenio acquista una casa
di campagna per la sacra Famiglia.
12 ottobre 1843
1. Ma
il mattino del giorno seguente Cirenio mandò
subito un messaggero al comandante della guarnigione militare, e gli fece dire
di venire da lui al più presto possibile, ma senza alcun cerimoniale.
2. E
il comandante venne da Cirenio e disse: “Alto
rappresentante del grande imperatore in Celesiria e
comandante supremo di Tiro e Sidone, fammi sapere la tua volontà!”
3. E Cirenio disse: “Mio stimatissimo comandante!
In primo luogo desidero che per questa volta non venga fatta alcuna cerimonia
in mio onore; infatti sono qui in incognito.
4.
Inoltre però vorrei sapere da te se è possibile avere qui, in acquisto o almeno
in affitto, una piccola abitazione nella città stessa, oppure almeno una
qualche casa di campagna non lontana dalla città.
5.
Infatti vorrei comprare qualcosa di simile per una famiglia ebrea degna della
massima stima e del più grande onore.
6.
Poiché questa famiglia, perseguitata dal famigerato Erode, è dovuta fuggire
dalla Palestina per ragioni a noi ben note, e cerca ora protezione nella nostra
probità romana e nella nostra sempre rigorosa giustizia.
7. Io
ho esaminato scrupolosamente tutte le condizioni di questa famiglia, e l’ho
trovata sommamente pura e giusta. Ma che in tali condizioni non possa certo
reggere sotto Erode, è cosa altrettanto comprensibile, come è ben comprensibile
che questo mostro di un tetrarca di Palestina e di una parte della Giudea, è il
più grande nemico di Roma.
8.
Penso che tu mi capisca, quello che ti voglio dire con ciò! Così vorrei dunque,
per questa famiglia che ho indicato, comprare da queste parti qualcosa di
piccolo e di sfruttabile.
9. Se
ti è noto qualcosa di simile, fammi un piacere e mostramelo! Poiché vedi, per
questa volta non posso fermarmi a lungo perché mi attendono affari importanti a
Tiro; perciò tutto deve essere sistemato entro oggi!”
10. E
il comandante disse a Cirenio: “Serenissimo
signore! Allora la cosa è presto fatta; io stesso mi sono costruito una casa di
campagna molto piacevole, circa mezzo miglio fuori città, e vi ho piantato
frutteti e tre bei campi di grano.
12.
Quando Cirenio ebbe sentito questo,
diede la mano al comandante, si fece portare dai suoi servitori il sacchetto
del denaro, e pagò la villa subito in contanti prima ancora d’averla vista, e
poi, non visto da Giuseppe, vi si fece condurre dal comandante per ispezionare
il suo acquisto.
13.
Quando ebbe esaminato la villa, che gli piacque moltissimo, ordinò subito ai
suoi servitori di fermarsi nella villa fino a quando non fosse tornato là con
14.
Dopo si recò in città col comandante, si fece rilasciare da lui su pergamena la
lettera di esenzione e tutela, si congedò poi dal comandante e poi si recò con
essa, pieno di segreta gioia, da Giuseppe.
15.
Questi lo interrogò subito, dicendo: “Buono e caro amico, debbo ringraziare il
mio Dio, che ti ha così benedetto, che tu hai potuto dimostrarmi finora tanta
amicizia!
16.
Ora sono salvo e ho avuto qui per questa notte uno splendido alloggio! Però
debbo rimanere qui; come sarà il futuro? Dove abiterò, come mi manterrò? Vedi,
devo subito guardarmi attorno a questo scopo!”
17. E Cirenio disse: “Benissimo, uomo
stimabilissimo e amico mio! Fa’ perciò preparare i bagagli alla tua famiglia, e
vieni poi subito con me con armi e bagagli, e vogliamo cercare qualcosa alcune
centinaia di passi fuori città, perché in città, secondo le mie informazioni,
non si può avere nulla!”.
– Ciò
piacque molto a Giuseppe, ed egli fece quanto richiesto da Cirenio.
Giuseppe con la famiglia
nella nuova dimora. Cirenio ospite.
Ringraziamento di
Giuseppe e di Maria.
13 ottobre 1843
1.
Quando Cirenio, con Giuseppe e la sua Famiglia,
giunse presso la villa acquistata, Giuseppe disse a Cirenio:
2. “Nobile
amico! Questo mi piacerebbe; una villa senza lusso, un bel frutteto pieno di
datteri, fichi, melagrane, arance, mele e pere, ciliegie,
3.
uva, mandorle, meloni e una quantità di verdura! E accanto c’è ancora prato e
tre campi di grano: sicuramente ne fa tutto parte!
4.
Davvero, non vorrei avere nulla di sfarzoso e lussuoso; ma questa villa
sistemata in modo così sfruttabile, che ha molta somiglianza col terreno che ho
in affitto a Nazareth in Giudea, vorrei affittarlo o comperarlo!”
5. Qui
Cirenio tirò fuori la lettera di
acquisto, tutela ed esenzione, e la consegnò a Giuseppe con le parole:
6. “Il
Signore, tuo e ora anche mio Dio, te lo benedica! Con questo io ti consegno la
piena proprietà esentasse di questa villa.
7. Tutto quello che vedi circondato da una fitta siepe e
recinto con una palizzata, appartiene a questa villa! Dietro la casa di
abitazione c’è inoltre una stalla spaziosa per asini e mucche! Vi troverai due
mucche; di animali da soma ne hai comunque a sufficienza per le tue necessità.
8. Se
però col tempo tu volessi ritornare di nuovo nella tua patria, allora puoi
vendere questa proprietà, e con il denaro comprarti qualcos’altro in un posto
qualsiasi.
10. Io però resterò ancora qui oggi, domani e dopodomani,
perché i malvagi messaggeri di Erode debbano attendermi tanto più a lungo!
11. E
solo per questo breve tempo voglio far uso con te di questa villa, per il
grande amore che ho per te.
12.
Avrei certo solo da comandare, e all’istante mi si dovrebbe concedere il
palazzo imperiale – primo, perché sono dotato dei pieni poteri imperiali,
13. e
secondo, perché sono un parente prossimo dell’imperatore.
14. Ma
tutto questo lo evito per grande stima e amore verso di te, – in modo
specialissimo però verso il Bambino, che io ritengo irrevocabilmente almeno il
figlio del sommo Dio!”
15. Ma
Giuseppe fu tanto commosso di questa nobile sorpresa, che per la tanta
riconoscenza e gioia riusciva solo a piangere, ma non a parlare.
16.
Anche a Maria non andava meglio; ma ella si riebbe prima, e andò da Cirenio, ed espresse la propria riconoscenza mettendo il
Piccino in braccio a Cirenio. E Cirenio
disse tutto commosso: “O Tu, mio grande Dio e Signore! Anche un peccatore è
dunque degno di portarTi sulle sue mani? O sii dunque
con me clemente e misericordioso!”
Visita alla nuova
dimora. Parole di gratitudine di Maria e di Giuseppe.
Interesse di Cirenio per la storia d’Israele.
14 ottobre 1843
1.
Giuseppe, dopo che si fu rimesso dalla sua grande sorpresa, ispezionò tutto con
Cirenio.
2. E Maria,
che riprese il Piccino dalle braccia di Cirenio,
osservò tutto insieme a loro, e provò una legittima gioia per la grande bontà
del Signore, perché anche in senso terreno aveva così ben provveduto per lei.
3. E
quando ebbero tutto osservato e furono entrati nella linda abitazione, allora Maria
tutta beata disse a Giuseppe:
4. “O
mio caro, amato Giuseppe! Vedi, sono oltremodo lieta che il Signore abbia
provveduto così bene per noi!
5.
Anzi, in generale mi sembra come se il Signore avesse invertito tutto l’antico
ordine!
6.
Poiché vedi, un tempo Egli condusse i Figli d’Israele dall’Egitto alla Terra
promessa di Palestina, allora chiamata Canaan;
7. ora
invece ha reso di nuovo l’Egitto una Terra promessa, e fuggì con noi o
piuttosto ci condusse Egli stesso qui, da dove un tempo, liberando i nostri
Padri, li aveva condotti attraverso il deserto alla Terra promessa che
abbondava di latte e miele”.
8. E Giuseppe
disse: “Maria, non hai proprio del tutto torto nella tua lieta
osservazione;
9.
soltanto però sono del parere che questa tua affermazione valga solo per questa
nostra posizione attuale.
11. Il
popolo israelita rimase allora in Egitto fino a Mosè; ma Mosè lo condusse di
nuovo in patria attraverso il deserto.
12. E
io credo che così succederà anche a noi; neppure noi verremo sepolti qui, e
dovremo sicuramente, al tempo giusto, ritornare di nuovo a Canaan!
13.
Per ricondurre a casa i nostri Padri dovette bensì essere prima suscitato un
Mosè; noi però abbiamo il Mosè di Mosè già in mezzo a noi!
14. E
così ritengo che succederà come ho detto.”
15. E
Maria serbò tutte queste parole nel suo cuore e diede ragione a Giuseppe.
16.
Anche Cirenio aveva ascoltato molto
attentamente questa conversazione, e fece poi comprendere a Giuseppe che
avrebbe desiderato conoscere meglio la storia antica degli Ebrei.
Il pranzo in compagnia e il racconto di
Giuseppe sulla storia della Creazione, dell’umanità e del popolo ebraico.
Prudente rapporto di Cirenio
all’imperatore e suo buon effetto.
16 ottobre 1843
1. Giuseppe
ordinò poi ai suoi figli di dar da mangiare agli animali, e poi di
controllare la situazione delle provviste alimentari.
2. E
questi andarono e fecero tutto secondo la volontà di Giuseppe, diedero da
mangiare agli animali, munsero le mucche,
3.
andarono poi nella stanza delle provviste e là trovarono una grande scorta di
farina, pane, frutta, e anche parecchi vasi pieni di miele.
4. Infatti il comandante della guardia era un grande
apicoltore, secondo la scuola che era tanto in voga a Roma, che la cantò
perfino un poeta di Roma di quei tempi.
5. Ed
essi portarono quindi presto a Giuseppe nella sala di soggiorno pane, latte,
burro e miele.
6. E Giuseppe
osservò tutto, ringraziò Dio e benedisse tutti gli alimenti, li fece poi
mettere sulla tavola e pregò Cirenio di partecipare.
7.
Questi esaudì anche volentieri il desiderio di Giuseppe; infatti anch’egli era
molto amante di latte e pane con miele.
8. Ma
durante il pasto Giuseppe raccontò a Cirenio molto
brevemente la storia del popolo ebraico, oltre alla storia della Creazione e
del genere umano,
9. ed
espose tutto in modo così persuasivo e coerente, che a Cirenio
divenne del tutto lampante che Giuseppe aveva detto sicuramente la purissima
verità.
10.
Egli da un lato ne fu molto compiaciuto per conto suo, ma d’altro lato di nuovo
turbato per i suoi a Roma, dei quali sapeva bene in quali vergognose tenebre
essi fossero.
11.
Perciò egli disse a Giuseppe: “Uomo eccellente, e ora il più grande amico della
mia vita!
12. Vedi, ho concepito ora un piano! Tutto quello che ora
ho sentito da te, lo riferirò così al mio fratello quasi carnale, l’imperatore
Augusto, però solo come se l’avessi sentito per caso da un ebreo pieno di
lealtà, altrimenti però a me completamente sconosciuto.
13. Il
tuo nome e la tua residenza non saranno accennati minimamente neanche alla
lontana; infatti perché mai la persona migliore di Roma, l’imperatore Augusto,
mio fratello, dovrebbe morire in eterno?”
14.
Questa volta Giuseppe acconsentì, e Cirenio scrisse
ancora ad Ostracine per tre giorni di seguito, e
mandò gli scritti con una nave speciale a Roma, all’imperatore, con la sola
firma: ‘Tuo fratello Cirenio’.
15. La
lettura di queste notizie da parte di Cirenio aprì
gli occhi all’imperatore; egli cominciò allora a stimare il popolo ebraico, e
diede loro perfino l’opportunità, contro una piccola tassa, di essere accettati
come autentici cittadini romani.
16. Ma
contemporaneamente tutti i più raffinati predicatori del paganesimo vennero
banditi da Roma con un qualsiasi pretesto.
17. Per una ragione analoga venne bandito da Roma il
poeta Ovidio, del resto tanto benvoluto a Roma, dove però tale ragione non si
poté conoscere; e così poi anche alla casta sacerdotale non andò troppo bene
sotto Augusto.
Partenza di Cirenio e suoi provvedimenti a favore della santa Famiglia.
Testimoni riferiscono della strage degli innocenti. Una lettera di Cirenio a Erode.
17 ottobre 1843
1.
Solo al quarto giorno poi Cirenio si congedò, non
prima di aver caldamente raccomandato al comandante della città di concedere
senza indugio la sua protezione a questa Famiglia, in ogni occasione.
2. Ma
quando partì, tutta la famiglia voleva accompagnarlo fino al mare, dove era
ancorata la sua nave.
3. Ma Cirenio rifiutò nel modo più amichevole e
disse: “Carissimo, eccellente amico, rimani pur qui senza disturbarti!
4.
Infatti non si può sapere quali e quanti altri messaggeri abbiano già raggiunto
la mia nave – e con quali notizie!
5.
Sebbene tu però sia ora perfettamente al sicuro, tuttavia anche per me si rende
qui necessaria quella scaltrezza, per cui nessuno dei successivi portatori di
messaggi deve venire a sapere il perché io, questa volta, abbia visitato
l’Egitto in Januarius (gennaio)!”
6. Ma
Giuseppe comprese bene Cirenio, rimase a casa e
benedisse questo benefattore nel vestibolo.
7.
Dopo di che Cirenio, con la promessa di tornare
presto a visitare Giuseppe, se ne partì di là con i suoi quattro servitori, e
così a piedi raggiunse ben presto la sua nave.
8. Arrivato là, fu subito ricevuto con grande giubilo, –
ma in seguito anche con grandi lamenti da alcuni altri messaggeri arrivati là.
9. Infatti molti genitori fuggivano dalle coste della
Palestina per la persecuzione di Erode, l’infanticida, e raccontarono subito
precipitosamente, quali atrocità Erode perpetrasse intorno a Betlemme e in
tutta
10.
Qui Cirenio scrisse subito una lettera al governatore
di Gerusalemme e un’altra ad Erode stesso, – e questa dello stesso tenore.
11. Ma
la lettera, breve, suonava così : “Io, Cirenio, un
fratello dell’imperatore e supremo governatore su Asia ed Egitto, vi ordino in
nome dell’imperatore di porre fine immediatamente alla vostra crudeltà,
13. Il
governatore di Gerusalemme ha da indagare scrupolosamente sulle sue atrocità e
da mettermene tempestivamente a conoscenza, affinché il sanguinario non mi
sfugga al giusto castigo per la sua azione!
14.
Scritto sulla mia nave ‘Augustus’ alla costa di Ostracine,
in nome dell’imperatore, il suo supremo rappresentante in Asia ed Egitto e governatore
speciale in Celesiria, Tiro e Sidone. Cirenio, vice Augusti (vice di Augusto)”.
Effetto e
conseguenze della lettera. L’astuzia di Erode.
Una seconda
lettera di Cirenio a Erode.
18 ottobre 1843
1. Ma
il governatore di Gerusalemme ed Erode si spaventarono enormemente per la
lettera di Cirenio, cessarono le loro atrocità e
inviarono a Tiro dei messaggeri, che dovevano comunicare a Cirenio
per quale importante motivo essi avessero agito così.
2.
Essi descrissero con i colori più foschi la spedizione dei persiani, comunque
sfuggiti, e affermarono perfino di aver scoperto importantissimi indizi segreti
secondo i quali perfino il fratello di Cirenio,
Cornelio, fosse implicato quale capo di questa segreta congiura, totalmente
asiatica.
3. Infatti
si sarebbe venuti a conoscenza che Cornelio aveva preso sotto la sua protezione
questo nuovo re dei Giudei.
4. Ed
Erode sarebbe ora intenzionato a mandare per questo motivo dei messaggeri a
Roma, se Cirenio non gli avesse dato delle garanzie.
5. Cirenio avrebbe dovuto perciò sottoporre Cornelio a
severissima indagine – se no, la relazione all’imperatore sarebbe
immancabilmente partita!
6.
Questa replica, che Cirenio ricevette di nuovo ancora
a Tiro, inizialmente lo sorprese.
7. Ma
presto si calmò, guidato dallo Spirito divino, e scrisse le seguenti righe ad
Erode, dicendo precisamente:
8.
“Come suona la legge segreta di Augusto per eventuali scoperte di complotti?
Suona così: ‘Se qualcuno scopre un qualche complotto segreto, deve mantenere la
massima calma e denunciare tutto immediatamente nel modo più circostanziato
alla massima autorità statale del Paese!
9. Né
un governatore di un particolare territorio, né tanto meno un signore per
[acquisito diritto di] appalto devono invece porre un dito alla spada, senza
espresso ordine della massima autorità statale, la quale autorità deve prima
indagare bene tutto.
10. Infatti in nessun altro caso un intervento prematuro
può produrre danno maggiore per lo Stato, che non proprio in questo punto,
12.
Questo, su tale importantissimo aspetto, è il comando di propria voce del
sapientissimo imperatore!
13.
Avete voi agito in conformità? – Mio fratello Cornelio invece ha agito in
conformità ad esso! Egli si è subito impadronito di quello che dovrebbe essere
il nuovo re dei Giudei,
14. lo
ha consegnato in mio potere, e io già da tempo ho preso per lui le più giuste
disposizioni, secondo il potere che mi compete su Asia ed Egitto.
15. Mio
fratello vi ha prospettato tutto questo; ma parlava a orecchie sorde.
16.
Quali veri ribelli, voi contro ogni rimostranza di mio fratello avete
intrapreso l’infanticidio, e per di più avete anche preteso sfrontatamente da
me, che io vi appoggiassi! Questo si chiama applicare la legge imperiale?
17. Ma
io vi dico: l’imperatore è già informato di tutto, e mi ha autorizzato a
destituire il governatore di Gerusalemme, sebbene egli sia mio parente, e a
imporre a Erode una ammenda di diecimila libbre d’oro.
18. Il
governatore destituito dovrà presentarsi da me entro cinque giorni, ed Erode
dovrà versare qui interamente l’importo dell’ammenda, al più tardi entro trenta
giorni, in caso contrario viene dichiarato decaduto del suo diritto di appalto.
Fiat (Sia)! Cirenio, Vice Augusti (Vice di
Augusto)”.
Effetto della seconda
lettera. Arrivo di Erode e del governatore provinciale a Tiro.
Udienza da Cirenio. Eccitazione del popolo impaurito.
Maronio Pilla davanti a Cirenio.
19 ottobre 1843
1.
Proprio questa lettera di Cirenio aveva gettato
completamente nella più grande angoscia il governatore di Gerusalemme, così
come Erode.
2.
Erode e il governatore, di nome Maronio Pilla, si
recarono perciò precipitosamente da Cirenio, –
3.
Erode, per trattare una qualche diminuzione della sua ammenda, e il governatore
per essere riammesso nel suo incarico.
4.
Quando furono giunti a Tiro con grande seguito, il popolo si spaventò; infatti
esso era del parere che Erode avrebbe esercitato anche qui la sua crudeltà, col
consenso di Cirenio.
5.
Perciò corse da lui a perdifiato, si gettò ai suoi piedi e pregava e gridava
implorando grazia e misericordia.
6. Ma Cirenio, che non conosceva la causa di questa
manifestazione, si spaventò all’inizio,
7. poi
però si calmò e domandò al popolo con tutta cordialità che cosa mai ci fosse,
che cosa fosse successo, per gridare davanti a lui con così enorme sgomento.
8. Ma il
popolo gridava: “È qui, è qui, il più crudele dei crudeli, che in tutta
9.
Soltanto allora Cirenio indovinò la
causa dello spavento del popolo, li confortò, così che il popolo di nuovo si
tranquillizzò e se ne andò via; egli invece si preparò a ricevere i due.
10. Il
popolo se ne era appena andato dalla residenza di Cirenio,
che già anche i due si fecero annunciare.
11. Erode
comparve per primo davanti a Cirenio, s’inchinò
profondamente davanti all’altezza imperiale, e domandò il permesso di parlare.
12. E Cirenio disse con grande eccitazione: “Parla
tu, per cui l’inferno è troppo buono per darti un appellativo! Parla, tu
perfidissima feccia del più profondo inferno! Che cosa vuoi da me?”
13. Ed
Erode, impallidendo totalmente per le tonanti parole di Cirenio, disse tremando: “Signore della gloria di Roma!
L’ammenda da te dettata è troppo grande e proibitiva; condonamene dunque la
metà!
14.
Infatti Zeus mi è testimone che ciò che ho fatto, l’ho fatto nel giusto zelo
per Roma!
15. Ho
agito ovviamente in modo crudele; ma non era possibile altrimenti, poiché la
sfarzosissima spedizione persiana mi ci ha chiaramente obbligato, essendo stato
io ingannato da essa ad onta della parola datami”.
16. Ma Cirenio disse:
“Lèvati da qui, abietto mentitore a tuo proprio vantaggio! A me è tutto noto!
Sottomettiti immediatamente alla pena dettata, o qui all’istante ti faccio
staccare la testa dal tronco!”
17.
Qui Erode si sottomise alla pena, e ciò dopo che gli fu requisita a
garanzia la lettera di appalto, la quale gli fu riconsegnata soltanto dopo aver
pagato l’ammenda.
18. E Cirenio lo fece poi allontanare e fece
introdurre Maronio Pilla.
19. Ma
questi, che nella camera antistante aveva sentito la voce di Cirenio, arrivò davanti a Cirenio
già più cadavere che uomo vivo.
20. Ma
Cirenio disse: “Pilla, calmati, poiché
tu fosti costretto! Tu devi darmi importanti chiarimenti; per questo ti feci chiamare!
Nessuna pena ti aspetta, tranne quella del tuo cuore davanti a Dio!”.
Interrogatorio del
governatore di Gerusalemme da parte di Cirenio.
Tentativo di giustificazione.
Domanda cruciale di Cirenio a Maronio, sua ammissione
e condanna.
20 ottobre 1843
1.
Dopo questo discorso preliminare di Cirenio, a Maronio Pilla cadde come un macigno dal petto; il polso
cominciò a battergli più liberamente, e presto fu in grado di rispondere a Cirenio.
2. E
quando Cirenio vide che Maronio Pilla si era ripreso, lo interrogò nel modo
seguente:
3. “Io
ti dico, dammi la risposta più coscienziosa a quello che ti chiederò! Poiché ogni
risposta evasiva ti attirerà il mio giusto sdegno! E così dunque senti la mia
domanda!
4.
Dimmi, conosci la famiglia, il cui figlio appena nato dovrebbe essere il
cosiddetto nuovo re dei Giudei?”
5. Maronio Pilla rispose: “Sì, la conosco
personalmente, secondo l’informazione dei sacerdoti ebrei a Gerusalemme. Il
padre si chiama Giuseppe ed è un carpentiere di prima fama in tutta
6. La
sua onestà è conosciuta in tutto il Paese, così come in tutta Gerusalemme.
Circa undici lune fa dovette prendere in custodia dal Tempio ebreo una
fanciulla fattasi adolescente, credo con una specie di sorteggio.
7.
Questa fanciulla probabilmente, in assenza di questo probo carpentiere, si è
dedicata un po’ troppo presto a Venere, rimase incinta, per cui allora, a
quanto mi consta, quest’uomo ebbe da superare grosse difficoltà col clero
giudeo.
8. Fin
qui la cosa mi è ben nota; ma col parto di questa fanciulla – che quest’uomo,
per evitare lo scandalo che aveva da temere dai suoi correligionari, deve aver
presa in moglie ancora prima che partorisse – si sono diffuse nel popolo delle
favole estremamente mistiche, e sulle quali non si può venire in chiaro.
9.
Ella ha partorito a Betlemme nell’occasione del censimento, e precisamente in
una stalla; questo quanto ho scoperto.
10. Tutto il resto mi è totalmente ignoto; ciò dissi anche
ad Erode.
11.
Costui però riteneva che Cornelio avesse voluto nascondere da qualche parte tra
il popolo questa famiglia, resasi a lui (Erode) sospetta a motivo
dei persiani, per contendergli il trono appaltato, sapendo bene che tuo
fratello non gli è amico.
12.
Perciò ricorse poi anche a questa eccentrica crudeltà, molto più per vanificare
il piano di Cornelio, che non proprio per impossessarsi di questo nuovo re.
13.
Egli dunque fece questa vendetta dell’eccidio dei bambini, più per vendetta
contro tuo fratello, che per paura di questo nuovo re. Questo ora è tutto
quanto ti so dire su questo singolare avvenimento”.
14. E Cirenio disse ancora: “Finora ho dedotto
dalle tue parole che hai detto sì la verità; ma non mi è affatto sfuggito che
intanto vorresti in certo qual modo scagionare Erode davanti a me.
15. Io
ti dico però che, come ho scritto, l’azione di Erode non si lascia scusare da
nulla!
16.
Voglio infatti dirtelo perché Erode ha commesso questa disumanissima
tra tutte le crudeltà.
17.
Odi! Erode è egli stesso l’uomo più assetato di potere che
18. Se
egli lo potesse e in qualche misura ne avesse la forza anche solo relativa,
oggi stesso farebbe a noi Romani, Augusto non escluso, quello che ha fatto con
gli innocentissimi bambini! Mi capisci?
19.
Egli aveva intrapreso questo infanticidio solo perché era del parere di rendere
con ciò un servizio grandemente rispettabile a noi Romani, e di mostrarsi in
tal modo come vero patriota romano, affinché l’imperatore gli volesse affidare,
in aggiunta al suo regno mercenario, anche la mia carica,
20.
con ciò poi, essendo vice Caesaris (vice di
Cesare) come me, potrebbe disporre illimitatamente di un terzo dell’intera
milizia romana, e così potrebbe poi anche rendersi del tutto libero e
indipendente da Roma, per dominare come despota sull’Asia e sull’Egitto.
21 ottobre 1843
22.
Ora però io ti chiedo, e la tua testa sia pegno della verità di quanto mi
risponderai, se tu non ne sapevi nulla di questo piano di Erode, quando ti
prese come suo infame strumento.
23.
Parla! Ma rifletti che qui ogni sillaba non vera, evasiva, ti costa la vita!
Poiché la cosa mi è nota in ogni punto e nei minimi dettagli”.
24. Qui Maronio Pilla
diventò di nuovo come un cadavere e balbettò: “Sì, tu hai ragione, anch'io
sapevo quello che Erode tramava!
25. Ma
temevo il suo perfido spirito intrigante e dovetti quindi fare come pretendeva,
per demolirgli con ciò il motivo di un intrigo ancora più grande.
26. Ma
così totalmente da capo a piedi, come lo conosco adesso tramite te, Erode
tuttavia non l’avevo mai conosciuto prima; poiché se così fosse stato, egli non
sarebbe più in vita!”
27. E Cirenio disse: “Bene, io ti risparmio bensì
la vita in nome dell’imperatore; ma nella tua carica non ti metterò fino a
quando la tua anima non sarà sanata da una grave malattia! Qui da me sarai
curato, la tua carica però la assumerà per il momento mio fratello Cornelio;
poiché vedi, di te non mi fido più! Perciò tu rimani qui fin quando diverrai
sano!”.
Piena confessione
di Maronio Pilla. Cirenio
saggio giudice.
24 ottobre 1843
1.
Quando Maronio Pilla ebbe sentito tale
sentenza da Cirenio, disse allora con voce tremante:
2.
“Guai a me; poiché tutto è scoperto! Io sono un repubblicano, e questo è
svelato apertamente all’imperatore! Guai, sono perduto!”
3. Ma Cirenio disse: “Sapevo bene di quale spirito
siete figli, e per quale ragione ti eri alleato con Erode per l’infanticidio.
4.
Perciò agii anche così come ho agito.
6.
quando non ti avrei fatto perfino legare al legno traverso! Ma ti ho fatto
grazia, in primo luogo, perché fosti più che altro indotto a questo
passo da Erode, e perché tu sei uno dei primi patrizi di Roma insieme a me e a
Cesare Augusto.
7. Ma
nel tuo incarico non ritorni, finché vivrà Erode e finché non sarai perfettamente
guarito!
8. La
condizione della tua permanenza qui però la adempirai, se ti sottoporrai senza
obiezioni di sorta al lavoro che ti assegnerò, e agirai strettamente sotto i
miei occhi.
9. Io
però in primavera farò un viaggio ufficiale in Egitto, – là tu mi
accompagnerai!
10. Là
fuori città abita un vecchio saggio; ti metterò sotto gli occhi di costui, – e
lui ti paleserà la tua malattia!
11. E
là si vedrà fin dal primo momento quanto si possa dar credito a tutte le tue
affermazioni!
12.
Preparati dunque bene; poiché là troverai più che l’oracolo di Delfo!
13. Là
infatti sarai messo davanti a un giudice, l’acutezza del cui sguardo fa fondere
il metallo come cera! – Preparati dunque bene; poiché questa mia parola è
definitiva!”.
CIRENIO DA GIUSEPPE
Viaggio di Cirenio in Egitto e suo arrivo a Ostracine.
Giuseppe e Maria
decidono di andare a salutare Cirenio.
Le prime parole del
Piccino.
25 ottobre 1843
1. La primavera
stabilita arrivò molto presto; infatti in questa regione essa inizia già a metà
febbraio.
2. Ma Cirenio stabilì il suo
viaggio in Egitto solo per metà marzo, mese che presso i Romani era fissato
solitamente per gli affari militari.
3.
Quando dunque giunse la metà di marzo, Cirenio fece
subito allestire di nuovo la sua nave, ed esattamente il giorno quindici iniziò
con Maronio Pilla il viaggio verso l’Egitto.
4.
Questa volta il viaggio fu compiuto in cinque giorni.
5. Cirenio questa volta si fece ricevere in Ostracine con tutti gli onori; infatti questa volta egli
doveva compiere grandiose rassegne e ispezioni militari.
6.
Perciò questa volta doveva anche farsi ricevere con tutte le dimostrazioni.
7.
Quest’arrivo di Cirenio fece dunque in Ostracine grandissima sensazione, che si estese anche fino
alla villa a noi nota.
8.
Perciò Giuseppe mandò i suoi due figli maggiori in città, perché avessero a
informarsi con precisione, quale fosse il motivo per cui tutta la città era
così in movimento.
9. E i
due figli andarono in gran fretta, e ritornarono presto con la buona notizia
che Cirenio era arrivato in città, e dove abitava.
10.
Quando Giuseppe ebbe sentito questo, disse a Maria: “Ascolta, questo
grande benefattore dobbiamo subito visitarlo riconoscenti, e il Piccino non
deve mancare!”
11. E Maria,
piena di gioia per questa notizia, disse: “O caro Giuseppe, ma si capisce;
poiché il Piccino è proprio Lui il preferito di Cirenio!”
12. E
subito Maria mise al Bambino, già cresciuto molto robusto, degli abiti
nuovissimi fatti da lei stessa, e domandò così al Piccino, nel suo materno
amore e innocenza:
13.
“Allora, Figliolino carissimo del mio cuore, mio amatissimo Gesù, vieni anche
Tu con noi, a visitare il caro Cirenio?”
14. E il
Piccino sorrise tutto vispo a Maria e disse chiaramente la prima parola; e
la parola era:
15. “Maria,
adesso Io seguo te, finché un giorno tu seguirai Me!”
16. Queste parole produssero nella casa di Giuseppe
un’allegria così sublime, che egli quasi avrebbe dimenticato la visita a Cirenio.
17. Ma
il Piccino esortò Giuseppe stesso a non rimandare il suo progetto; poiché Cirenio questa volta avrebbe avuto molto da fare per il
bene degli uomini.
Giuseppe e Maria alla parata e l’ipotesi di una nuova fuga. Incontro con Cirenio e Maronio Pilla.
Fine dell’ispezione alle truppe e ritorno a casa della sacra Famiglia in compagnia di Cirenio.
26 ottobre 1843
1.
Allora Giuseppe e Maria s’incamminarono subito per la breve strada; e il figlio
maggiore di Giuseppe li accompagnò, mostrando loro la via più breve per la
fortezza in cui si tratteneva Cirenio.
2. Ma
quando essi giunsero alla grande piazza, vedi, la stessa era tutta gremita di
soldati, così che non era facile giungere all’entrata della fortezza.
3. E Giuseppe
disse a Maria: “Amata moglie, vedi, quello che per noi uomini è impossibile,
resta impossibile!
4.
Così anche adesso è puramente impossibile giungere alla fortezza attraverso
tutte queste file di soldati; perciò dovremmo senz’altro ritornarcene, e aspettare
un momento più propizio!
5.
Anche il Piccino guarda tutto inquieto queste ruvide file di guerrieri!
Potrebbe facilmente spaventarsi e poi ammalarsi, e noi ne avremmo allora la
colpa; perciò ritorniamo indietro!”
6. Ma Maria
disse: “Amatissimo Giuseppe! Vedi, se gli occhi non m’ingannano, quell’uomo che
è appena passato qua davanti a quest’ultima fila, con un elmo lucente sul capo,
è proprio Cirenio!
7.
Aspettiamo dunque un poco finché arrivi di qua; forse ci scorge, e allora sicuramente
ci indicherà con un cenno quello che dobbiamo fare, - se dobbiamo andare da lui
o no!”
8. E Giuseppe
disse: “Sì, amata moglie, hai ragione; è chiaramente Cirenio
stesso!
9. Ma
guarda un po’ bene in faccia l’altro campione che gli cammina accanto! Se
quello non è il famigerato governatore di Gerusalemme, non mi voglio più
chiamare Giuseppe!
10.
Che cosa fa costui qui? Che la sua presenza riguardi noi? Che Cirenio ci abbia consegnati in modo tanto infame nelle mani
di Erode?!
11. Il
meglio della cosa è che sicuramente egli non conosce di persona né me né te; e
così con una nuova fuga possiamo ancora salvarci, nella parte più interna
dell’Egitto.
12. Se
infatti conoscesse me o te, saremmo già perduti; poiché ormai non è lontano da
noi più di venti passi, e potrebbe farci arrestare immediatamente.
13.
Perciò ritiriamoci al più presto, altrimenti per noi è finita, se ci scorge Cirenio, che sicuramente ci conosce ancora molto bene!”
14.
Qui Maria si spaventò e voleva subito voltarsi e fuggire. Ma qui la ressa di
popolo non permetteva alcuna fuga; infatti la curiosità spingeva in piazza così
tante persone, che era certo impossibile passarvi in mezzo.
15.
Perciò Giuseppe disse: “Ciò che è impossibile, è impossibile;
rassegniamoci perciò alla Volontà divina! Il Signore di certo non ci
abbandonerà neanche questa volta!
16. Tuttavia per precauzione avviciniamo per bene le
teste come per confabulare, perché per lo meno Cirenio
non ci riconosca dal volto!”
17. Ma
in quel momento anche Cirenio arrivò a stretto contatto
con Giuseppe e cercò di scostarlo dalla strada. Ma Giuseppe a causa della calca
non poteva muoversi; perciò Cirenio si guardò meglio
il suo uomo ostinato e riconobbe subito Giuseppe.
18. Ma
quando scorse Giuseppe e Maria e il Bambino che gli sorrideva, allora dalla
gioia i suoi occhi si riempirono di lacrime; sì, Cirenio
ne fu così contento, che a mala pena riusciva a parlare!
19.
Pur tuttavia si riprese il più presto possibile, afferrò in fretta la mano di
Giuseppe, la premette al suo cuore e disse:
20. (Cirenio:) “Mio eccellentissimo amico! Tu vedi la mia
occupazione!
21.
Oh, perdonami, se non ho ancora potuto farti visita; ma la rassegna sta per
finire! Farò subito richiamare le truppe alle loro caserme,
22.
dopo impartirò al comandante brevemente i miei ordini per domani, e poi,
cambiato d’abito, sarò subito qui da te, e ti accompagnerò nella tua
abitazione!”
23.
Qui egli pieno di gioia si volse ancora a Maria e al Bambino, e domandò,
carezzando intanto il Piccino:
24. “O
Vita mia, mio Tutto, mi conosci ancora, mi vuoi bene Tu, mio soavissimo
Bambinello?”
25. E il
Bambinello alzò le Sue manine stendendole verso Cirenio,
gli sorrise molto dolcemente e disse poi in modo distinto:
26. “O
Cirenio, Io ti conosco bene e ti amo, perché tu mi
vuoi così bene! - Vieni, vieni dunque da Me; ti devo infatti benedire!”
27.
Questo fu troppo per il cuore di Cirenio; egli
prese il Piccino fra le sue braccia, se lo strinse al cuore e disse:
28.
“Sì! Vita mia, con Te fra le mie braccia voglio impartire il comando per la
lunga pace dei popoli!”
29.
Qui egli chiamò a sé il comandante, gli espresse la sua piena soddisfazione e
gli ordinò di far richiamare le truppe, e di farle approvvigionare per tre
giorni a spese della sua propria borsa (cioè della borsa di Cirenio),
e invitò poi il comandante insieme a parecchi capitani a un buon pranzo nella
villa di Giuseppe.
30. Ma
egli, così com’era, accompagnato dal sempre più meravigliato Maronio Pilla, e portando egli stesso il Piccino, s’avviò
subito con Giuseppe e Maria alla villa, e là fece subito preparare dai suoi
servitori un festoso banchetto. Questo però suscitò grande scalpore in città;
infatti tutto il popolo fu infiammato d’amore per Cirenio,
vedendo in lui una persona così amante dei bambini.
Giuseppe si rivolge a Cirenio preoccupato per
la presenza
di Maronio Pilla. Risposta tranquillizzante di Cirenio.
Arrivo nella casa
di campagna di Giuseppe.
27 ottobre 1843
1. Ma a
Giuseppe andava tutto bene, ed egli lodò anche in cuor suo il Signore Dio con
grande fervore, per questa felicissima svolta della preoccupazione che lo aveva
angosciato.
2. Ciò
nonostante però lo imbarazzava un po’ Maronio;
infatti egli non sapeva ancora che cosa facesse realmente qui questo amico di
Erode.
3.
Perciò ancora per strada si avvicinò del tutto inosservato a Cirenio, e gli domandò piuttosto sottovoce:
4.
“Nobilissimo amico degli uomini! Quel prode che cammina qui innanzi a te, non è
Maronio di Gerusalemme?
5. Se
è lui, questo amico di Erode, che cosa fa mai qui?
6. Che
abbia forse ricevuto qualche notizia su di me, e vuole cercarmi qui e farmi
prigioniero?
7. O
nobilissimo amico, non lasciarmi più a lungo in questa penosa incertezza!”
8. Ma Cirenio afferrò la mano di Giuseppe, e pure a voce
bassissima gli disse:
9. “O
mio carissimo, eccellentissimo amico, non avere la benché minima paura di colui
che, sul serio, è stato effettivamente il governatore di Gerusalemme!
10.
Entro oggi infatti dovrai tu stesso convincerti, che egli ha ben maggior
ragione di temere te che non tu lui!
11.
Poiché vedi, ora egli non è più governatore a Gerusalemme, bensì egli è ora,
come tu lo vedi, solamente mio prigioniero, e non riprenderà il suo posto fino
a quando non sarà perfettamente guarito!
12. Ma
è proprio a causa tua che l’ho portato con me; infatti quando lo interrogai a
motivo delle atrocità in Palestina,
13. egli
asserì di conoscere personalmente te e Maria! Ma come risulta adesso, egli non
conosce né te, né tua moglie Maria!
14. E
questa è già ottima acqua per il nostro mulino.
15.
Egli però non sa una sillaba che tu sei qui; perciò non ti devi neanche tradire
in nessun modo!
16.
Poiché egli si aspetta qui solo un uomo estremamente saggio, che gli rivelerà
il suo intimo,
17. e
questi non sei altri che tu stesso! Infatti è per questo che l’ho portato con
me, come ho già detto, affinché possa imparare a conoscere in te l’uomo saggio,
e a trarne profitto per il suo bene.
18.
Egli perciò ha già in anticipo una terribile paura di te e, a giudicare dal suo
aspetto molto pallido, è già sicuramente del parere che sarai tu l’uomo da me
scelto!
19.
Dal poco che ho detto puoi intanto già tranquillizzarti del tutto; ma ciò che
seguirà ti metterà tutto ciò in luce chiarissima!”
20.
Quando Giuseppe ebbe sentito questo da Cirenio,
divenne oltremodo lieto e informò segretamente Maria e il figlio maggiore su
come si dovessero comportare nei confronti di Maronio,
perché non avesse a trapelare nulla del piano di Cirenio.
E così, camminando con prudenza, fu anche raggiunta la villa dove veniva
preparato il pranzo, come già è stato detto.
Banchetto nella casa di campagna di Giuseppe.
Umiltà di Maria e sua gara d’amore con Cirenio.
La divina Sapienza del santo Bambino confonde ogni filosofia.
28 ottobre 1843
1. Il
pranzo era preparato e si avvicinarono dunque gli ospiti che vi erano invitati;
e Cirenio, che fino a quel momento aveva continuato a
vezzeggiare il Piccino, che giocava con lui e ricambiava le carezze, restituì
il Piccino a Maria e fece segno di cominciare a mangiare.
2.
Ognuno si sedette alla linda tavola; Maria però, non avendo abiti di bella
presenza, andò col Piccino in una camera attigua e sedette alla tavola dei
figli di Giuseppe.
3. Ma Cirenio se ne accorse subito, seguì egli stesso in
fretta la cara Madre e disse:
4. “O
carissima Madre di questa mia Vita, che vuoi fare dunque?!
5. È
di te e di questo Bambino che m’importa soprattutto; tu sei la regina della
nostra compagnia, e proprio tu non vorresti prender parte al pranzo di gioia,
che io proprio per te ho fatto allestire qui!?
6. Oh,
vedi, così non va assolutamente! Vieni dunque presto nel salone, e siediti alla
mia destra, - e accanto a me a sinistra siede il tuo sposo!”
7. Ma Maria
disse: “Oh, vedi, caro signore, non ho che dei vestiti molto poveri; che figura
faranno di fianco a te con tanto splendore?”
8. Ma Cirenio disse: “O cara Madre! Se i miei abiti
dorati, che per me non hanno valore alcuno, dovessero imbarazzarti, allora
vorrei gettarli subito via da me, e al loro posto indossare una comunissima
veste da marinaio, purché tu non manchi alla mia tavola!”
9.
Poiché Maria fu convinta dalla grande affabilità di Cirenio,
ella ritornò e sedette dunque a tavola accanto a Cirenio,
col Bambino in braccio.
10.
Mentre ora tutti sedevano a tavola, il Piccino guardava continuamente Cirenio sorridendo; e anche Cirenio,
per il tanto amore a questo Bambino, non poteva distogliere da Lui gli occhi.
11.
Per breve tempo egli resistette; ma poi il suo amore per il Bambino divenne
troppo possente, ed egli domandò al caro Piccolo: “Vero, Vita mia, che vorresti
tornare in braccio a me?”
12. E il
Piccino sorrise incantevolmente a Cirenio e
disse di nuovo in modo molto distinto:
14. “O
mio amato Cirenio! Da te vengo molto volentieri,
poiché mi vuoi così bene! Perciò anch’Io ti voglio così bene!”
15. E
subito Cirenio tese le sue braccia verso il Bambino e
se Lo prese, e Lo accarezzava con grande fervore.
16. Ma
Maria disse scherzando al Piccino: “Bada però di non sporcare il signor Cirenio!”
17. E Cirenio però disse con alta commozione: “O cara
Madre! Vorrei ben augurarmi di essere così pulito, da portare questo Bambino
degnamente sulle mie braccia!
18.
Questo Bambino può solo pulirmi, mai invece sporcarmi!”
19.
Qui egli si volse di nuovo al Bambino e disse: “Mio Piccino, vero eh, sono sì
ancora molto impuro, molto indegno di portarTi?”
20. Ma
il Piccino disse ancora una volta distintamente: “Cirenio,
chi Mi ama come te, costui è puro, e Io lo amo, come egli Mi ama!”
21. E Cirenio interrogò di nuovo tutto rapito il Piccino,
dicendo: “Ma come succede, mio piccino, che Tu, che hai soltanto qualche mese,
parli in modo così ragionevole e chiaro? Te lo ha insegnato
22. Ma
il Piccino, sorridendo con tanta dolcezza, si mette tutto diritto sulle
braccia di Cirenio, e parla come un piccolo signore:
23. “Cirenio, qui non dipende dall’età e dall’imparare, ma da
quale spirito si ha! Imparare lo devono solo il corpo e l’anima; ma lo spirito
ha già tutto in sé da Dio!
24. Io
però ho lo Spirito giusto nella piena potenza da Dio; vedi, è perciò che posso
anche parlare già così presto!”
25. Questa
risposta mandò Cirenio, così come anche tutti gli
altri della compagnia, completamente fuori di sé dalla meraviglia, e il
comandante stesso disse: “Per Zeus, questo Bambino eclissa già adesso con
questa risposta tutti i nostri sapienti! Che cosa sono ormai più Platone,
Socrate, e cento altri sapienti! Ma che cosa saprà poi fare questo Bambino
nell’età adulta?”.
- E Cirenio disse: “Sicuramente di più che i nostri
sapienti, insieme a tutti i nostri dèi!”.
Alta opinione di Maronio sul Piccino e
soddisfazione di Cirenio per Maronio.
30 ottobre 1843
1. Ma Cirenio, subito dopo queste prodigiose parole del
Bambino, si rivolse a Maronio, il quale diventava
sempre più pallido, e gli disse:
2. “Maronio Pilla, che ne dici dunque tu di questo Bambino? Hai
mai visto o udito qualcosa di simile?
3. Non
è chiaramente più che il nostro mito di Zeus, in cui egli su un’isola avrebbe
succhiato il latte da una capra?!
4. Non
è molto più che la dubbia tradizione dei fondatori di Roma, bambini nutriti da
una lupa?!
5.
Parla, che te ne pare? Infatti è per questo che sei il mio accompagnatore,
perché tu abbia a udire, vedere, imparare qualcosa, e a darne poi un giudizio
davanti a me!”
6. Maronio Pilla qui si calmò come meglio poté,
e disse:
7.
“Alto comandante di Asia ed Egitto, che cosa posso dire io, poveraccio, qui
dove i più grandi filosofi antichi dovrebbero ammutolire, e la sapienza di
Apollo e di Minerva vengono come miserevolmente ridotte a sottilissima lamina
sulla rovente incudine di Vulcano?
8. Io
qui non posso dire altro che: agli dèi è piaciuto di togliere fra di loro e
porre sulla Terra un Dio sapientissimo fra tutti; e l’Egitto, l’antico suolo
favorito da tutti gli dèi, anche di questo Dio fra tutti gli dèi deve essere la
patria, una terra che non conosce neve e ghiaccio!”
9. E Cirenio disse sorridendo un po’: “In un certo senso
non hai torto;
10. ma
vedi, solo in una cosa sembra che tu ti sia sbagliato, dove chiamasti questo
Bambino un figlio di tutti gli dèi!
11.
Poiché vedi, qui entrambi al mio fianco siedono il padre e la madre del
Bambino, e costoro sono esseri umani come noi due!
12.
Come potrebbe dunque da loro venire alla luce un divino figlio di tutti gli
dèi?
13.
Per giunta poi gli alti abitatori dell’Olimpo si sarebbero così messi
chiaramente un grossissimo pidocchio nella pelliccia, il quale con l’enorme
superiorità della sua sapienza li farebbe fuori molto presto.
14.
Perciò ti esorto a escogitare qualcos'altro; altrimenti corri pericolo che, per
questa tua dimostrazione, tutti gli dèi ti assalgano contemporaneamente, e
ancora vivo ti mettano davanti a Minosse, Eaco e
Radamanto[9],
e dopo ti mettano a fianco di Tantalo[10]!”
15.
Qui Maronio rimase sorpreso e disse dopo un
po’ di tempo: “Altezza consolare e imperiale! Io credo che il giudizio dei tre
giudici del regno dei morti sia già quasi cessato, e anche gli dèi, come mi
sembra, hanno già dato aria piuttosto vigorosamente al loro Olimpo!
16. Se
solo abbiamo degli uomini saggi, i quali certo neppure essi hanno preso la loro
sapienza dalle pozzanghere, allora ben presto potremmo fare a meno del
consiglio dei nostri dèi!
17.
Per davvero, le parole di questo prodigioso Bambino hanno già adesso per me una
considerazione molto più alta, che tre Olimpi pieni di dèi appena sfornati!”
18. E Cirenio disse: “Maronio!
Se parli proprio sul serio, allora ti sia tutto perdonato; ma prima avremo
ancora da scambiare qualche parola in merito! Perciò per adesso nient’altro
più!”.
Fine del banchetto. Interrogatorio di Maronio
Pilla sulla sacra Famiglia da parte di Cirenio.
Maronio confessa la sua menzogna detta per necessità.
31 ottobre 1843
1. Terminato il banchetto, che da Cirenio
non durava mai più di due ore, il comandante e i centurioni si recarono di
nuovo in città, con l’espresso ordine di non tributargli più per quel giorno
gli onori militari.
2. Quando
tutti si furono quindi allontanati, soltanto allora Cirenio
prese Maronio per così dire ad coram
(a tu per tu).
3. Gli
domandò quindi in presenza di Giuseppe e di Maria, la quale aveva di nuovo il
Piccino fra le braccia:
4. “Maronio! Quando in Tiro ti ho interrogato dopo Erode, mi
hai detto, e me lo hai solennemente assicurato, di conoscere personalmente quel
certo onesto carpentiere Giuseppe della zona di Nazareth;
5. e
così pure una certa Maria, che appunto il carpentiere avrebbe ricevuto dal
Tempio in moglie o semplicemente in custodia!
6 –
Dammene, giusto adesso, che da questo mio ospite abbiamo del tempo a
disposizione, una descrizione più precisa!
7.
Infatti in questi giorni sono venuto a sapere che quella famiglia si troverebbe
sul serio qui in Egitto, e sarebbe completamente un’altra e non quella che mio
fratello mi ha dato in consegna, e che da parte mia si trova ancora sotto buona
custodia.
8.
Infatti, nonostante tu ti sia associato ad Erode nella crudeltà, avrai ancora
tanto sentimento di giustizia e di umanità, da riconoscere che sarebbe certo
sommamente crudele il tener prigioniere senza necessità delle persone
innocenti, qualunque sia la loro provenienza!
9.
Dammi perciò una sicura descrizione della famigerata coppia, perché io possa
cercarla in questa zona e farla prigioniera; infatti questo esigono severamente
le leggi del nostro Stato!
10. Ma
io sono tanto più autorizzato a esigere questo da te, in quanto me lo hai
confessato tu stesso, di conoscere personalmente questa famiglia, per cui ora
mi deve assolutamente stare a cuore, di impadronirmi di quella giusta”.
11.
Qui Maronio cominciò di nuovo a esitare
fortissimamente, e non sapeva quello che dovesse dire ora, poiché egli non
aveva mai visto prima né Giuseppe, né Maria.
12.
Dopo una pausa, disse solo con voce balbettante:
13.
“Altezza consolare e imperiale! Fidando nella tua bontà e nella tua indulgenza,
devo alla fine affermare per Zeus e per tutti gli altri dèi e ammettere sotto
giuramento che io non conosco minimamente il summenzionato Giuseppe né quella
certa Maria!
14.
Infatti la mia confessione a Tiro fu solo una vuota scappatoia, poiché allora
cercavo ancora intenzionalmente di ingannarti.
15. Ora
però, accanto a te, mi sono convinto che tu non sei affatto uno da poter
ingannare; e così anche la mia volontà si è cambiata, e di conseguenza ti ho
anche esposto la piena verità!”
16.
Qui Cirenio fece cenno a Giuseppe, che voleva
parlare, di tacere ancora, e disse a Maronio:
17.
“Ebbene, se le cose stanno così fra noi, allora dovremo ancora vederci e
parlarci un po’ più a lungo; poiché solo adesso riconosco in te un uomo
assolutamente pericoloso per lo Stato! Dammi perciò ora conto e risposta, sotto
giuramento, a ciascuna delle mie domande!”.
Maronio Pilla si difende
e prende una buona decisione.
Giuseppe arbitro.
Nobile sentenza di Cirenio.
2 novembre 1843
1. Ma Maronio disse allora a Cirenio:
“Altezza consolare e imperiale! Come potrei mai essere ancora sospetto allo
Stato quale sostenitore di Erode?!
2. Ora
infatti lo riconosco che quel sanguinario mira alla sovranità assoluta
dell’Asia!
3.
Dovrei forse essergli d’aiuto in questo?! Come sarebbe possibile ciò?! Con quel
manipolo di Gerusalemmiti, Erode tutt’al più potrebbe
avventurarsi contro i bambini degli Ebrei!
4. E
questa azione brutale gli ha già procurato una tale batosta, che tralascerà una
simile impresa per tutti i tempi dei tempi!
5. Io
d’altronde fui strumento per necessità, e dovetti agire secondo la volontà di
quel sanguinario perché mi minacciava con Roma!
6. Ma poiché ora so da te in tutta chiarezza come stanno
le cose, e inoltre non ho alcun potere nelle mie mani, e neanche voglio più
averne,
7.
davvero non capisco, come e in quale maniera potrei ancora essere una persona
pericolosa per lo Stato?!
8.
Trattienimi presso di te come eterno ostaggio della mia fedeltà per Roma, e mi
rendi più felice, che se mi fai di nuovo governatore di Palestina e Giudea!”
9.
Queste parole Maronio le disse in tutta serietà, e
non era rilevabile nel suo discorso ambiguità alcuna.
10.
Perciò Cirenio gli disse: “Bene,
fratello mio, voglio credere a quello che mi hai detto; poiché ora ho trovato
molta serietà nelle tue parole!
11. Ma
una cosa mi manca ancora per confermare pienamente la verità delle tue parole,
ed è il giudizio di quel saggio uomo, del quale ti ho accennato già in Tiro!
12. E
vedi, quest’uomo, questo oracolo di tutti gli oracoli, sta qui davanti a noi!
13.
Quest’uomo ha penetrato perfino il più intimo moto del tuo pensiero; perciò
vogliamo ora chiedere a lui che ne pensa di te!
14. E accadrà
di te secondo la sua sentenza! Se ti ristabilisce come governatore di
Gerusalemme, oggi stesso sarai nominato governatore di Gerusalemme;
15. se
invece per ragioni sommamente sagge e buone non lo fa, allora rimani mio
ostaggio!”
16.
Qui venne interrogato in merito Giuseppe, ed egli disse: “Nobilissimo
amico Cirenio! Per parte mia ora Maronio
è a posto, e tu puoi ridargli la sua carica senza esitazione!
17. Ma
noi stiamo nella mano dell’eterno, onnipotente Dio, quale potenza può mai
levarsi contro di noi?”
18.
Qui Cirenio alzò la sua mano e disse: “Anch’io
dunque giuro a te, Maronio Pilla, per il Dio vivo di
questo saggio, che tu da adesso sei di nuovo governatore di Gerusalemme!”
19. Ma
Maronio disse: “Dà questo incarico a un altro,
e tienimi come tuo amico accanto a te; perché ciò mi rende più felice!”
20. E Cirenio disse: “Sii dunque mio compagno di lavoro
finché vivrà Erode, e soltanto dopo governatore generale di tutto il Paese
degli Ebrei!”.
- E Maronio accettò con gratitudine questa proposta.
Giuseppe chiede di
Erode. Risposta di Maronio Pilla.
La corona di
dolore e la terribile fine di Erode.
3 novembre 1843
1.
Dopo di che però Giuseppe disse a Maronio:
“Poiché ora, per la grande grazia del mio Dio e mio Signore, ho riconosciuto che
in te non c’è alcuna cattiva intenzione,
2.
fammi dunque sapere, per quanto l’avrai osservato, che cuore ha Erode verso i
bambini che ha trucidato a causa del nuovo re dei Giudei?
3. Non
si è intenerito per l’innocentissimo sangue dei bambini, per il lamento delle
madri?!
4. Che
cosa farebbe, se apprendesse da una nuova notizia, che fra i molti bambini
trucidati non ha tuttavia assassinato quello giusto?!
5. Se
venisse a sapere che il Bambino giusto vive ancora tutto sano e salvo da
qualche parte?!”
6. Qui
Maronio guardò tutto sbigottito Giuseppe, e
disse dopo qualche indugio:
7.
“Uomo veramente di profondissima sapienza, allora non posso dirti nient’altro
che questo:
8. se tu
volessi fare il peggior uso possibile della tua sapienza, e pretendere da Erode
diecimila libbre d’oro, per rivelargli con certezza il bambino giusto,
9. per
davvero, questa enorme somma di denaro tu la riceveresti in anticipo!
10.
L’oro infatti per questo sanguinario non è nulla in confronto alla sua sete di
potere.
11.
Poiché di oro ne ha così tanto, che potrebbe costruire delle case in oro puro,
così non vi bada molto; ma se potesse assicurarsi il trono, allora getterebbe a
mare tutto il suo oro, e ammazzerebbe per questo un intero mondo di uomini!
12.
Vedi, all’inizio egli voleva corrompere anche me con oro, diamanti, rubini e
grossissime perle;
13. Se
non che la mia tipica virtù di patrizio romano lo rinfacciò severamente al
vecchio cane sanguinario.
14.
Questo però accese ancora di più la sua ira, ed egli allora mi minacciò con
Roma, adducendo apparenti ragioni patriottiche.
15.
Allora soltanto fui costretto a fare ciò che voleva, e non mi fu possibile
alcuna via d’uscita; infatti mi diede un documento di suo pugno, secondo il
quale assumeva a suo carico tutta la responsabilità verso Roma.
16.
Perciò fui costretto ad agire come sicuramente ti è noto.
17.
Che quindi fino ad ora non ci si possa attendere nulla di buono dal suo cuore,
di questo puoi esserne completamente certo!
19. E Giuseppe
disse: “Il Dio vero, eternamente unico, ti benedica per queste sincere parole!
20.
Credimi, te ne convincerai: Dio, l’eternamente Giusto, porrà sul capo a questa
feccia degli uomini, ancora in questo mondo, una corona, di cui è così
sanguinariamente assetato, della quale tutto il mondo si meraviglierà!”
21.
Qui il Piccino levò in alto la mano e parlò di nuovo con tutta
chiarezza: “Erode, Erode, non ho alcuna maledizione per te; ma una corona a
questo mondo dovrai portare, che ti sarà di grande tormento, e più dolorosa che
il peso dell’oro che dovesti pagare a Roma!”
22. Al
tempo in cui il Piccino aveva pronunciato questo in Egitto, Erode diventò pieno
di pidocchi, e la sua servitù per tutta la restante vita di Erode non aveva
altro da fare, che ripulirlo dai pidocchi, i quali si moltiplicavano sempre e
infine provocarono anche la morte del suo corpo.
Ira di Cirenio contro Erode e tranquillizzanti parole di Gesù Bambino.
La domanda del Piccino: “Chi ha il braccio più lungo?”.
4 novembre 1843
1.
Quando Cirenio ebbe sentito una tal cosa da Maronio Pilla, e le parole di Giuseppe e del Piccino,
inorridì letteralmente e disse:
2. “O
potenze eterne di un supremo Dominatore dell’infinito! Non avete più fulmini
dunque, da scagliare su questo mostro di un vassallo di Roma?!
3. O
Augusto Cesare, mio buon fratello! Quale Furia ha dunque accecato i tuoi occhi
quella volta, quando desti in feudo
4. No,
no, questo è troppo da sentire in una sola volta! Maronio,
perché non me ne dicesti nulla allora, quando Erode era sotto interrogatorio
davanti a me in Tiro?
5.
Secondo la legge marziale gli avrei fatto mozzare istantaneamente dal tronco
quella testa di Medusa,
6. e
già da molto tempo un più degno vassallo starebbe al posto di quel mostro dalla
Grecia!
7. Ma
che cosa posso fare adesso? La sua ammenda l’ha fatta; ora non posso imporgliene
una seconda, non mi è concesso di punirlo ulteriormente!
8. Ma
aspetta, vecchio cane sanguinario, iena di tutte le iene! Si dovrà darti una
caccia, di cui nessuna delle Furie si è mai sognata!”
9. Maronio, Giuseppe e Maria tremarono davanti all’ira di Cirenio; infatti non sapevano che cosa
10. Né
alcuno ardiva ora di fargli una domanda; poiché troppo eccitato era il suo
animo.
11.
Soltanto il Piccino non manifestava alcuna paura davanti alla possente voce di Cirenio, ma lo guardava sempre calmo in faccia.
12. E
quando la tempesta di Cirenio si fu un po’ placata,
allora d’un tratto il Piccino disse di nuovo del tutto chiaramente a Cirenio:
13. “O
Cirenio! Ascoltami! Vieni qui da Me, prendimi in
braccio e portami fuori all’aperto; là ti mostrerò qualche cosa!”
14.
Queste parole fluirono come balsamo sul cuore ferito di Cirenio,
ed egli andò subito a braccia aperte dal Piccino, pieno d’amore Lo prese molto
dolcemente sulle sue braccia e lo portò fuori all’aperto, accompagnato da
Giuseppe, da Maria e da Maronio Pilla.
15.
Giunti presto all’aperto, subito il Piccino domandò a Cirenio con chiare parole:
16. “Cirenio, chi di noi due ha dunque il braccio più lungo?
Misura il Mio col tuo!”
17.
Questa domanda sorprese Cirenio, ed egli non sapeva
che cosa dovesse rispondere al Bambino; infatti egli riteneva il suo braccio
evidentemente tre volte più lungo che entrambe quelle del Bambino messe
insieme.
18. Ma
il Piccino disse di nuovo: “Cirenio, tu
ritieni il tuo braccio molto più lungo del Mio?!
19. Io
però ti dico che il Mio è tuttavia molto più lungo del tuo!
20.
Vedi là, a considerevole distanza da noi, un’alta colonna ornata da un idolo?
21.
Prendila da qui col tuo braccio che è più lungo, abbattila e poi frantumala con
le tue dita!”
22. Cirenio, ancora più sbalordito di prima, disse però dopo
una breve pausa: “O Piccino, Vita mia, questo non è proprio possibile a
nessuno, eccetto che a Dio!”
23. Ma
il Piccino stese subito il Suo braccio verso la colonna, che era distante mille
passi buoni, e la colonna precipitò e fu subito ridotta in polvere!
24. Il
Piccino disse allora: “Dunque non ti preoccupare inutilmente di Erode;
poiché il Mio braccio arriva ben più in là del tuo! Erode ha il suo compenso;
tu però perdonagli, come Io gli ho perdonato, così andrai meglio, poiché anche
lui è un cieco figlio della Terra!”. Queste parole tolsero a Cirenio ogni rancore; ed egli cominciò in segreto ad
adorare letteralmente il Bambino.
Spavento di Maronio Pilla e domanda di Giuseppe. Fede pagana di Maronio.
Semplice spiegazione di Giuseppe. Ammonimento di Cirenio alla prudenza.
6 novembre 1843
1. Ma Maronio Pilla si spaventò così tanto per questo prodigioso
fenomeno, che tremava in tutto il corpo come il fogliame in una violenta
tempesta.
2. Ma Giuseppe
scorse presto il grande disagio di Maronio, per cui
gli si avvicinò anche subito e disse:
3. “Maronio Pilla! Perché mai ora tremi così tanto? Qualcuno ti
ha fatto del male?”
4. E Maronio rispose a Giuseppe: “O uomo che non
hai pari sulla Terra, per te è facile; tu infatti sei un Dio, a cui tutti gli
elementi devono ubbidire!
5. Io
invece sono solo un debole uomo mortale, la cui vita, così come l’esistenza di
quella colonna, è nella tua mano!
6. Col
tuo pensiero puoi all’istante annientare me, come sicuramente un intero mondo!
7.
Come potrei allora non tremare davanti a te, dato che sei sicuramente il più
potente progenitore di tutti i nostri dèi, qualora dovessero realmente
esistere?!
8.
Quella colonna era stata dedicata fin da tempi immemorabili a Jupiter Stator (Giove Statore); tutte le tempeste e i
fulmini indietreggiavano tremando davanti ad essa per la grande reverenza!
9. Ed
ora perfino il tuo bambino piccolo la distrusse! Ma se già tuo figlio può fare
questo, quale potere si troverà in te stesso?!
10.
Lasciati adorare da me, indegnissimo verme della terra!”
11. Ma
Giuseppe disse: “Ascolta, amico e fratello Maronio,
tu sei in grande errore!
12. Io
non sono più di te, dunque sono soltanto un uomo mortale; ma se tu sei capace
di tacere per tutta la vita davanti al mondo intero, allora voglio dirti
qualche cosa!
13. Se
però non taci, non ti andrà molto meglio di come è andata a quella colonna!
14. E
così ascoltami dunque, se vuoi e se ti fidi!”
15. Maronio però pregò Giuseppe, in ginocchio, di non
raccontargli nulla; poiché poteva tuttavia succedergli che una volta o l’altra
gli trapelasse qualche cosa casualmente, e allora sarebbe stato perduto.
16. Ma
Giuseppe disse: “Non darti alcun pensiero per questo; il Signore del
Cielo e della Terra non punisce mai qualcuno per ciò che succede per caso!
17.
Puoi quindi ascoltarmi senza alcuna paura; quello che ti dirò non ti porterà
rovina, anzi ti terrà in vita in eterno!”
18. E Cirenio, adorando il Piccino, vezzeggiandolo ancora
fra le sue braccia, si avvicinò a Giuseppe e gli disse:
19.
“Mio più grande e più caro amico! Lascia ora Maronio
così com’è; io stesso oggi, da me, voglio prima prepararlo, e solo domani
potrai poi dargli l’iniziazione superiore!”
20. E
Giuseppe fu d’accordo e si recò poi subito con la compagnia di nuovo in casa.
Amorevole gara di
Giuseppe e Cirenio per il bene di un’anima umana.
Parole di Giuseppe
sull’amore fraterno e sull’amore umano.
Perché gli uomini
hanno due occhi, due orecchi e una sola bocca.
7 novembre 1843
1. Ma
alla sera Cirenio disse a Giuseppe:
“Amico mio, mio divino fratello, quanto mi dispiace che oggi non posso
pernottare da te!
2. E
quanto mi spiace dover dedicare la giornata di domani, fino al pomeriggio, agli
affari di Stato!
3. Ma
verso la terza ora del pomeriggio ritornerò da te con Maronio
e tu allora, dopo la mia iniziazione preliminare, gli darai quella superiore e
santa.
4.
Poiché vedi, ci tengo moltissimo che quest’uomo, del resto così ricco di
conoscenze, venga salvato attraverso la santa scuola di vita del tuo Dio,
l’unica che io ritengo vera e viva!”
5. E Giuseppe disse: “Sì, nobile amico, ciò è cosa
buona e giusta: infatti nulla è più gradito al Signore, che quando noi
trattiamo con amore i nostri nemici, e ci curiamo del loro bene temporale ed
eterno!
6.
Consideriamo ogni peccatore come un fratello che sta errando, così anche Dio
considererà noi come i Suoi figli erranti,
8.
Poiché vedi, per questo il Signore ha dato a noi uomini due occhi e una
sola bocca per parlare: affinché con un occhio abbiamo a considerare gli
uomini solo come uomini, con l’altro invece come fratelli!
9. Se
gli uomini sbagliano davanti a noi, allora dobbiamo tenere aperto
l’occhio di fratello, e chiudere quello di uomo;
10. se
invece davanti a noi sbagliano i fratelli, allora dobbiamo chiudere
l’occhio di fratello, e rivolgere quello di uomo verso noi stessi, e
dunque di fronte ai fratelli che sbagliano vedere noi stessi come uomini che
sbagliano.
11.
Con l’unica bocca invece dobbiamo tutti ugualmente professare un Dio,
un Signore e un Padre, così Egli ci riconoscerà tutti come Suoi
figli!
12.
Infatti anche Dio ha due occhi e una bocca; con un occhio egli guarda le Sue creature
- e con l’altro i Suoi figli.
13. Se
noi ci guardiamo con occhio di fratello, allora il Padre ci vede con
occhio di Padre;
14. se invece ci guardiamo con occhio di uomini,
allora Dio ci vede soltanto con occhio di Creatore, e la Sua altrettanto
unica bocca annuncia ai figli il Suo Amore, o invece alle creature il
Suo Giudizio!
15. È
dunque cosa buona e giusta che noi ci curiamo così del nostro fratello Maronio!”
16. Qui Giuseppe benedisse Cirenio
e Maronio; i due poi si recarono in città col loro
seguito, e Giuseppe si occupò della sua casa.
Giacomo fa da
bambinaia alla culla del Piccino; la sua curiosità e il rimprovero del piccolo
Salvatore.
Presentimento di Giacomo su Chi si cela nel Bambino.
8 novembre 1843
1. La sera
Maria adagiò il Piccino, ormai stanco, nella culla che Giuseppe aveva già
costruito a Ostracine.
2. E
il figlio più giovane di Giuseppe[12]
doveva solitamente fare da bambinaia, e anche adesso cullava il Piccino,
affinché potesse addormentarSi.
3. E
Maria andò in cucina per preparare una frugale cena.
4. Ma il figlio di Giuseppe che stava alla culla avrebbe
avuto piacere, che questa volta il Piccino si fosse voluto addormentare un po’
più presto, perché egli avrebbe guardato volentieri, di fuori con i suoi
fratelli, l’illuminazione di un arco di trionfo, che era stato eretto nel
frattempo a Cirenio non lontano dalla villa.
5.
Egli perciò dondolava con diligenza il Piccino e intanto cantava e
fischiettava.
6. Ma
il Piccino ciò nonostante non voleva addormentarsi; quando egli smetteva di
cullare, subito il Piccino ricominciava a muoversi, e mostrava al dondolatore che non dormiva ancora.
7. Questo portò la nostra virile bambinaia quasi alla
disperazione, dato che fuori si era già fatto tutto chiaro per le tante
fiaccole ardenti.
8.
Egli decise quindi di lasciare un poco il Piccino, sebbene ancora sveglio, per
rimirare un po’ lo spettacolo di fuori.
9. Ma
quando il nostro Giacomo così si alzò, il Piccino disse: “Giacomo, se
ora Mi lasci, ti accadrà del male!
10.
Non valgo Io dunque più che lo stolto spettacolo di fuori e la tua vana
curiosità?
11.
Vedi, tutte le stelle e tutti gli angeli ti invidiano per questo servizio che
ora Mi rendi, e tu sei pieno di impazienza verso di Me e vuoi lasciarMi?
12. In
verità, se fai questo, allora non sei degno di averMi
per fratello!
13.
Va’ pure fuori, se preferisci lo spettacolo del mondo a Me!
14.
Vedi, tutta la stanza è piena di angeli, che sono pronti a servirMi,
se il tuo piccolo e leggero servizio per Me ti è fastidioso!”
15.
Questo discorso tolse improvvisamente a Giacomo ogni voglia di uscire;
16.
egli restò alla culla e pregò letteralmente il Piccino di perdonarlo, e
continuò a cullarlo con diligenza.
17. E il
Piccino disse a Giacomo: “Ti sia tutto perdonato; ma un’altra volta non
lasciarti mai più incantare dal mondo!
18.
Poiché Io sono più che tutto il mondo, tutti i Cieli e tutti gli uomini
e angeli!”
19.
Queste parole costarono quasi la vita al nostro Giacomo; egli infatti percepì
sommessamente, Chi si nascondesse sicuramente dietro il Bambino.
20.
Ora però entrarono anche già nella stanza Maria e Giuseppe e gli altri quattro
figli di Giuseppe, e si sedettero a tavola; ma Giacomo raccontò subito ciò che
gli era capitato.
La predica di Giuseppe sull’amore per Dio e sull’amore per il mondo in riferimento a Davide, Salomone e Cirenio.
Commozione dei
figli di Giuseppe e benedizione del Bambinello Gesù.
9 novembre 1843
1.
Quando Giacomo ebbe finito il suo racconto, Giuseppe disse a Giacomo:
2.
“Sì, così è, ed è anche sempre stato così, e sarà sempre così; perfino in un
minimo particolare si deve amare Dio più che tutti gli splendori del mondo!
3.
Infatti che cosa darebbero all’uomo anche tutti i più strepitosi splendori del
mondo?!
4.
Davide stesso dovette fuggire davanti al suo proprio figlio, e Salomone alla
fine dovette provare amaramente la disgrazia del Signore, perché aveva troppo
inseguito gli splendori del mondo!
5. Dio però ad ogni secondo ci regala una nuova vita;
come dunque non dovremmo amarLo in ogni minimo
particolare più che tutto il mondo, il quale passa, ed è pieno di marciume e di
immondizia!
6. Ma
tra di noi siamo tutti quanti convinti che questo nostro Piccino viene
dall’Alto e si chiama Figlio di Dio.
7.
Egli dunque non è un piccolo particolare di Dio; perciò è anche giusto che noi
Lo amiamo più che tutto il mondo.
8.
Guardate il pagano Cirenio! Quello che egli ci fa,
non lo fa per noi, bensì per il Piccino; infatti il cuore gli dice che, secondo
il suo modo di pensare, un supremo Essere divino è in strettissima unione con
questo nostro Bambino, ed è per ciò che egli Lo teme e Lo ama.
9. Ma
se fa questo un pagano, quanto più allora dovremmo fare lo stesso noi,
che sappiamo interamente da dove venne questo Piccino, Chi è Suo Padre!
10.
Perciò sempre tutta la nostra attenzione deve essere rivolta a questo Piccino;
poiché il Bambino è più di noi e di tutto il mondo!
11.
Prendete esempio da me, e vedete quali e quanti gravosi sacrifici ho già fatto,
io uomo anziano, per questo Figlio di Dio!
12.
Però li ho fatti facilmente e con grande amore, perché amo Dio più di tutto il
mondo.
13. Ma
con ciò abbiamo mai perduto qualche cosa? - O no! Dopo ogni sacrificio abbiamo
anzi guadagnato!
14 –
Pensate, dunque, e fate tutti anche voi lo stesso, e non perderete mai nulla,
bensì guadagnerete sempre molto!
15.
Inoltre questo Bambino è comunque d’indole così soave, che è veramente una
somma gioia essere accanto a Lui!
16. Solo
rarissimamente piange ad alta voce! Finora non è mai stato ammalato; e quando
lo si coccola, guarda così vispo e lieto attorno a Sé, e sorride a ogni persona
sempre così cordialmente, che si rimane commossi fino alle lacrime.
17. E adesso, che d’un tratto ha anche miracolosamente
cominciato a parlare, Lo si vorrebbe stringere a sé fin quasi a soffocarLo dal tanto amore!
18.
Perciò dunque, figli miei, considerate bene chi è questo Piccino, e accuditeLo e assisteteLo con ogni
cura!
19.
Poiché altrimenti Egli potrebbe punirvi come si deve, se voleste stimare Lui,
il nostro massimo Bene, meno di tutte le insignificanti stoltezze del mondo!”
20.
Questo discorso indusse tutti i cinque figli al pianto, e tutti si alzarono da
tavola e circondarono la culla del Bambino.
21. Ma
anche il Piccino guardò i Suoi fratelli con grandissima amabilità, e li
benedisse, e disse: “O fratelli, diventate simili a Me, se volete essere
eternamente felici!” E i fratelli piansero e per quella sera non mangiarono
nulla.
DISTRUZIONE DEI TEMPLI
PAGANI A OSTRACINE
Giuseppe esorta al riposo notturno. Il Piccino ordina di
vegliare a causa della tempesta in arrivo.
Scoppia un uragano. Arrivo di Cirenio
in fuga.
10 novembre 1843
1. Ma
i figli di Giuseppe non volevano più lasciare la culla; troppo forte infatti li
colse l’amore per il loro divin Fratellino.
2. Ma
poiché si era già fatto piuttosto tardi, Giuseppe disse ai figli:
3.
“Ora avete dimostrato a sufficienza che amate il Piccino.
4. È
già tarda notte, e domani verrà di nuovo presto il giorno; perciò nel nome del
Signore vogliate andare a riposarvi!
5. Ora
il Piccino dorme già, accostate con attenzione la culla al letto della Madre, e
ritiratevi poi nella vostra camera da letto!”
6.
Giuseppe quasi non aveva ancora finito di proferire questo, che il Piccino
spalancò gli occhi e disse:
7.
“Restate tutti qui per questa notte, e riservate la stanza da letto per dei forestieri
che ancora oggi si rifugeranno qui!
8.
Presto infatti questa zona sarà visitata da una violentissima tempesta, come
non fu mai udito in questa zona.
9. Ma
nessuno di voi abbia paura; poiché a nessuno sarà torto un capello per questo!
10. Ma
non sbarrate perciò alcuna porta, affinché i fuggiaschi abbiano la possibilità
di salvarsi in questa casa!”
11.
Giuseppe si spaventò per questa predizione del Bambino e corse subito fuori,
per vedere da dove venisse il temporale.
12. Ma
quando fu di fuori, non notò una nuvoletta da nessuna parte; il cielo era
sereno e non si muoveva un filo d’aria.
13. Un
silenzio tombale si stendeva tutto all’intorno, e da qualunque parte era
eternamente fuori questione l’avvicinarsi di una tempesta.
14. Giuseppe
perciò tornò subito indietro, diede gloria a Dio e disse:
15.
“Forse il Piccino avrà sognato; poiché una tempesta è fuori questione
dappertutto!
16. Il
cielo è sereno da tutte le parti e non si muove un filo d’aria; da dove
verrebbe una tempesta?”
17.
Quasi non aveva finito di pronunciare queste parole, quand’ecco avvenne d’un
tratto un fragore come di mille tuoni; la terra tremò così violentemente che in
città parecchie case e templi crollarono.
18.
Subito dopo cominciò a infuriare un uragano tanto violento, da spingere il
vicino mare sulla città per parecchie braccia di altezza; e tutto il popolo,
svegliato dal violentissimo terremoto, corse fuori dalla città verso le
località più elevate.
19. E Cirenio stesso, con Maronio
e tutto il suo seguito, fuggendo precipitosamente arrivò ben presto nella villa
di Giuseppe, e gli raccontò in fretta le scene raccapriccianti che il terremoto
e la tempesta provocavano.
20. Ma
Giuseppe tranquillizzò Cirenio, riferendogli
subito quello che poco prima aveva detto il Piccino. Qui Cirenio
cominciò a respirare più facilmente e l’infuriare della tempesta non lo
spaventò più: si sentiva infatti come ben protetto.
La tempesta aumenta. Il
Piccino dorme. Cirenio s’impaurisce.
Parole di conforto del
Piccino. Un Vangelo della natura e della fiducia in Dio.
1. Ora
quando Cirenio si fu così completamente rimesso, andò
presso la culla e contemplò il Bambino, pieno di grandi pensieri nel suo cuore.
2. Ma
il Piccino dormiva tutto tranquillo, e il terribile infuriare della tempesta
non turbava il Suo sonno.
3. Ma
in breve tempo l’uragano cominciò a scuotere così impetuosamente l’edificio,
che Cirenio temette un crollo.
4.
Egli disse perciò a Giuseppe: “Esimio amico! Ritengo che, dato il continuo
aumentare della forza della tempesta, faremmo meglio tuttavia ad abbandonare
questo edificio.
5.
Quanto facilmente infatti una possente tromba d’aria può afferrare questo
edificio, benché solido, e seppellirci tutti sotto le macerie!
6.
Diamoci dunque piuttosto alla fuga per tempo, poiché non possiamo tuttavia
essere sicuri, che non possa succedere qui la stessa cosa come in città!”
7. Qui
il Piccino spalancò improvvisamente di nuovo i suoi divini occhi
celestiali e riconobbe subito Cirenio, e disse in
modo chiarissimo a lui:
8. “Cirenio! Se tu sei accanto a Me, non occorre che tu abbia
paura di questa tempesta;
9.
infatti anche le tempeste, come il mondo tutto, stanno nella mano di Dio!
10. Le
tempeste devono esserci, e devono disperdere in forma corporea il male covato
dall’inferno!
11. Ma
coloro che sono intorno a Me, esse non potranno mai toccarli; anche le
tempeste infatti conoscono il loro Signore, e quello che fanno, non lo fanno
senza un piano.
12.
Quell’Unico infatti che è sommamente amorevole, sapiente e onnipotente, tiene
le loro redini nella Sua mano.
13.
Perciò sii senza paura, Cirenio Mio, qui accanto a
Me, e sta’ sicuro che qua a nessuno sarà torto neppure un capello!
14.
Poiché queste tempeste sanno precisamente Chi è di casa qui.
15.
Vedi, questa sera gli uomini perfino a te, che pure sei soltanto un uomo, hanno
pur reso onore col fuoco!
16.
Qui però le tempeste onorano Qualcuno che è più che soltanto un uomo! Lo trovi
tu ingiusto?
17.
Vedi, questo è un canto di lode della natura, che esalta il suo Signore e
Creatore! Non è giusto?
18. O Cirenio, l’aria che soffia su di te, capisce anche lei
Colui che la creò: perciò essa può anche esaltarLo!”
19. Queste
Parole del Bambino, che presto si addormentò di nuovo, fecero ammutolire tutti
quanti, e Cirenio si inginocchiò sulla culla e adorò
segretamente il Piccino.
Terribile notizia dei
corrieri. La sanguinaria richiesta dei sacerdoti pagani.
Cirenio combattuto tra il
cuore e il mondo. Ottimo consiglio del Piccino.
13 novembre 1843
1.
Così trascorse un’ora più tranquilla, e non ci si occupò più troppo dell’infuriare
e imperversare della tempesta di fuori.
2. Ma
dopo che fu trascorsa un’ora arrivarono da Cirenio, a
casa di Giuseppe, dei messi celeri, e raccontarono dicendo:
3.
“Grande, potente signore! Cose inaudite stanno accadendo:
4.
fuoco irrompe in più luoghi dalla terra;
5.
colonne di fuoco volanti vengono sospinte qua e là dall’uragano, e distruggono
tutto quello che raggiungono.
6.
Niente è solido e robusto abbastanza da resistere alla loro terribile forza.
7. I sacerdoti hanno detto: tutti gli dèi insieme si
sono adirati e vogliono distruggerci tutti!
8. Ma
così è anche; infatti si sente chiaramente il latrare di Cerbero, e le Furie
ballano già dappertutto! Vulcano ha eretto le sue fucine sulla superficie della
Terra,
9. i
suoi possenti Ciclopi fracassano deliberatamente le case e i monti.
10. E
Nettuno ha riunito in una tutte le sue forze!
11.
Come montagne egli solleva il mare e ci vuole annegare tutti.
12. Se
non si offrono immediatamente grandi sacrifici umani agli dèi enormemente
arrabbiati, allora è finita per tutti noi!
13.
Mille giovinetti e mille vergini i sommi sacerdoti hanno stabilito per
l’espiazione; e noi perciò siamo stati inviati da te in tutta fretta, perché da
te abbiamo a ricevere il Fiat (Sia)!”
14. Cirenio si allarmò moltissimo a questa ambasciata,
ed ora non sapeva che fare.
15.
Per riguardo alla politica di Stato, egli non si arrischiava ad opporsi troppo
direttamente all’appello dei sacerdoti;
16. ma
consentire il sacrificio era al suo cuore ancora più impossibile che
contraddire i sacerdoti.
17. Si
rivolse perciò al Piccino, che si era appena svegliato, e Gli chiese un
consiglio in questa spaventosa faccenda.
18. Ma
il Piccino disse: “Sta’ tranquillo! Poiché fra un minuto la tempesta si
calmerà, e coloro che volevano macellare degli esseri umani, non sono più!
Perciò sta’ tranquillo, Cirenio Mio!”
Risposta di Cirenio ai messaggeri. I tre sacerdoti sanguinari insistono
perché il sacrificio sia approvato.
La saggia decisione di Cirenio. Il lamento delle duemila vittime.
14 novembre 1843
1. I
messi celeri però attendevano ancor sempre l’ordine supremo di Cirenio.
2. Ma Cirenio si sollevò dalla culla e disse ai messi:
3.
“Andate dai sacerdoti e riportatemi la lista dei giovinetti e delle fanciulle
destinati al sacrificio;
4.
poiché devo accertarmi che la scelta sia giusta!”
5. I
messi se ne andarono di corsa, mentre alla tempesta era già succeduta una
totale quiete.
6.
Giunti in città trovarono però, con loro spavento, l’edificio dei sacerdoti già
trasformato in un enorme mucchio di rovine, sotto le quali, ad eccezione di tre
sacerdoti subalterni, tutti gli altri sacerdoti superiori avevano trovato la
loro fine.
7. I messi
celeri perciò ritornarono presto indietro, e portarono a Cirenio la notizia di ciò che era accaduto ai sacerdoti.
8. Cirenio, ora perfettamente convinto dell’esattezza
di quanto aveva affermato il Piccino, non sapeva ora che cosa fare, e voleva
chiedere di nuovo consiglio al Piccino.
9. Ma
in quell’istante arrivarono anche i tre sacerdoti subalterni ancora
rimasti;
10.
anche costoro domandarono ora in gran fretta che cosa si dovesse fare, dato che
una nuova scossa sismica aveva sepolto nel loro palazzo tutti i pii servitori
degli dèi, mentre erano già pronti per il grande sacrificio.
11. I
mille giovinetti e le mille ancelle stavano già pronti per il grande
sacrificio, in quella piazza dove stava la colonna di Giove, che ora però era
anch’essa completamente distrutta.
12. Il
sacrificio doveva essere effettuato subito, oppure soltanto al sorgere del
sole?
13.
Revocarlo non si poteva in nessun caso, altrimenti gli dèi, per l’ingratitudine
e a causa dell’infedeltà degli uomini, potevano sicuramente adirarsi ancora di
più!
14. E Cirenio rispose ai tre sacerdoti:
15.
“Oggi il sacrificio non può essere effettuato in nessun caso, e domani mattina,
sotto pena di morte, non prima che io personalmente ne impartisca l’ordine!”
16.
Dopo di che i tre sacerdoti lasciarono Cirenio e si
recarono alla piazza, dove le povere vittime piangevano e gemevano, e per la
grande paura del martirio e della morte tendevano le mani agli dèi e pregavano
di poter essere risparmiati.
17. Ma
Cirenio faticava ad aspettare il mattino seguente;
infatti troppo lo impietosivano le vittime impaurite, che avevano da passare
una notte così terrificante!
Notte di paura per le
giovani vittime umane predestinate. I tre diabolici servitori degli idoli.
L’intima indignazione di Cirenio e il suo
severo giudizio: libertà alle vittime, morte ai tre sacerdoti!
15 novembre 1843
1. Ma i
tre sacerdoti subalterni, quando giunsero alla piazza del
sacrificio, notificarono subito alle guardie delle vittime, così come alle
povere giovani vittime sopraffatte da ogni angoscia mortale, che il sacrificio
prestabilito e irrevocabile sarebbe avvenuto solo al mattino seguente, e tanto
più sicuramente, in quanto l’alto Cirenio stesso lo
aveva così ordinato.
2. In
quale stato d’animo questa notizia abbia gettato le duemila vittime, non
occorre descriverlo più dettagliatamente, per chi sa dalla tradizione storica
che queste vittime, per placare dèi di diverso genere, venivano anche
martirizzate e uccise in modi diversi.
3.
(Per certuni sarebbe troppo sconvolgente il sentire tutte le mille diverse
specie di martirio; perciò vogliamo anche tralasciarlo.
4.
Vogliamo piuttosto visitare subito con Cirenio e con Maronio e Giuseppe, di primo mattino, la piazza del
sacrificio, e là guardarci un po’ attorno! -)
5. Di
primissima mattina, straordinariamente serena, i tre sopra nominati si recarono
alla piazza prestabilita per il sacrificio.
6. Con
la più grande esasperazione Cirenio sentì già da
lontano le terribili grida di paura della gioventù da sacrificare.
7.
Egli dunque accelerò il passo, per porre fine il più presto possibile a questa
scena raccapricciante.
8.
Giunto sulla piazza, inorridì per la sensibilità disumana dei tre sacerdoti
subalterni, i quali aspettavano già con grandissima ansia il comando di Cirenio per il massacro.
9. Cirenio fece subito chiamare i sacerdoti e domandò
loro: “Ditemi, non vi fa per niente pena questa splendida gioventù, se dovesse
essere trucidata nella maniera più crudele? Non avete alcuna compassione per
loro nel vostro petto?!”
10. E i
sacerdoti dissero: “Dove sono gli dèi a sentire, là finisce il sentimento
di umanità!
11. Per gli dèi la vita degli uomini è un nulla - e spesso
soltanto un abominio; ciò fa sì che noi, loro servitori in terra, sentiamo a
modo loro, e non possiamo quindi nutrire in noi alcuna compassione,
12. ma
anzi solo piacere e giubilo, quando ci è dato di poter servire gli dèi nel modo
più puntuale!
13. Dunque
anche adesso ci rallegriamo già oltre misura per l’immolazione di queste
vittime, che del resto sono richieste raramente dagli alti dèi!”
14.
Questa dichiarazione diede a Cirenio un così
potente colpo al cuore, che egli cominciò a tremare per l’ira contro questi
sacerdoti.
15. Ma
rinfrancandosi in breve tempo, egli disse di nuovo ai sacerdoti: “Che cosa
accadrebbe però, se Zeus stesso si trovasse qui e concedesse a queste vittime
la vita? Che cosa fareste allora?”
16. E i
sacerdoti risposero: “Allora tanto più sicuramente dovrebbe compiersi il
sacrificio, perché ciò sarebbe solo un mettere alla prova lo zelo di noi
sacerdoti nel servirlo!
17. Se
allora ci impietosissimo per le vittime predestinate, Zeus ci reputerebbe empi
e ci annienterebbe con tuoni e fulmini!”
18. Ma
Cirenio interrogò ancora i sacerdoti e disse:
“Che cosa hanno dunque commesso gli altri grandi sacerdoti, al cospetto degli
dèi, per essere stati uccisi così miseramente nel loro palazzo?”
19. E i
sacerdoti replicarono: “Non sai dunque che al di sopra di tutti gli dèi e
dei loro sacerdoti regna anche un inesorabile Fato?
20.
Costui ha ucciso i sacerdoti, come anticamente ha aizzato gli dèi; gli dèi però
non li può uccidere, certo invece i sacerdoti qua e là ancora mortali!”
21.
“Bene”, disse Cirenio, “oggi dopo mezzanotte
il Fato venne da me e mi impartì l’ordine di concedere la vita a tutta questa
gioventù - e in loro vece di sacrificare voi, e questo è così certo come io mi
chiamo Cirenio e mio fratello, Giulio Augusto Cesare,
regna a Roma come supremo console e imperatore! - Che ne dite allora di questa
notizia?!”
22.
Questa terribile notizia fece impallidire i sacerdoti e fece riprendere i sensi
alle altre vittime. Qui infatti Cirenio fece subito
annunciare a tutte le vittime la libertà, ma i tre sacerdoti li fece legare e
preparare per l’esecuzione.
Giuseppe cerca di
mitigare la pena. Ira di Cirenio contro i tre
sacerdoti condannati a morte.
I tre
condannati implorano grazia.
16 novembre 1843
1. Ma
si avvicinò ora Giuseppe a Cirenio, e lo
interrogò dicendo: “Stimatissimo, carissimo amico! È veramente tua seria
intenzione di uccidere questi tre servi degli idoli?”
2. E Cirenio, pieno di collera verso queste tre tigri
umane prive di qualsiasi sensibilità, disse a Giuseppe:
3.
“Sì, mio eccellente amico! Voglio stabilire qui un esempio, dal quale tutto il
popolo abbia a riconoscere che io nulla punisco maggiormente della assoluta
mancanza di amore!
4.
Poiché un uomo senza amore e privo di qualsiasi sentimento di compassione è il
peggiore dei mali sulla Terra.
5.
Tutti gli animali rapaci sono agnelli al suo confronto e le furie dell’inferno
al paragone si possono appena chiamare sue pessime discepole.
6. È perciò
che reputo primo e massimo dovere di un vero reggente dei popoli, distruggere
simili mostri e cancellarli totalmente dalla Terra.
7. I
sacerdoti devono invece solo istruire il popolo, e in modo specialissimo
nell’amore; essi devono dare a chiunque il buon esempio!
8. Ma
se questi primi maestri e guide del popolo diventano delle Furie, che cosa
diverranno poi i loro discepoli?
9.
Perciò via simili bestie! Ora sto solo pensando al tipo di morte più atroce;
come lo trovo, sarà subito spezzato il bastone per loro!”
10. Ma
Giuseppe non ebbe quasi più coraggio di obiettare qualcos’altro a Cirenio, poiché costui aveva detto queste parole con troppo
grande serietà.
11. Ma
dopo qualche momento i tre sacerdoti caddero in ginocchio davanti a Cirenio e lo pregarono di far loro grazia, con
l’assicurazione che avrebbero certamente cambiato la loro vita, ed erano anche
pronti a rinunciare all’istante al loro sacerdozio.
12. Ma
per ottenere la grazia si appellarono alla legge sacerdotale, la quale li aveva
indotti ad agire così e non altrimenti.
13. Ma
Cirenio disse: “Credete voi, scellerati, che
io non conosca le leggi dei sacerdoti?!
14.
Udite! La legge straordinaria sui sacrifici suona così: ‘Se un qualche popolo
per la sua dissolutezza è diventato infedele agli dèi in modo evidente, e gli
dèi allora lo visitano con guerra, fame e peste, i sacerdoti allora devono
esortare il popolo a correggersi.
15. Se
il popolo si converte, allora i sacerdoti lo devono di nuovo benedire, e fare
obbligo al popolo di portare, per la riconciliazione degli dèi, certe offerte
di oro, bestiame e grano davanti ai sacerdoti, i quali debbono allora
consacrare queste offerte e poi farne un olocausto!
16. Se
vi fosse tuttavia un qualche popolo così caparbio e incallito, che schernisse i
sacerdoti, allora i sacerdoti debbono far arrestare gli schernitori insieme ai
loro figli, e in stanze sotterranee istruirli con la sferza per sette lune (mesi).
17. Se
qui gli empi si convertono, devono essere rimessi a piede libero; se però non
si convertono, devono cadere di spada - e dopo soltanto essere dati alle fiamme
come espiazione agli dèi!’
18. Non suona così l’antica saggia legge dei sacrifici? -
C’erano qui guerra, fame e peste? Questa bella gioventù era infedele agli dèi?
L’avete istruita in precedenza per sette lune? - No!!! Ma è per ambizione di
casta e per libidine che volete ucciderla! Ed è perciò che dovete morire voi, i
più grandi profanatori della vostra stessa legge!”.
Dolce protesta di Giuseppe a Cirenio e invito a lasciare il giudizio al Signore.
Cirenio ascolta il
consiglio.
L’apparente
condanna alla morte in croce come mezzo per correggere i tre sacerdoti.
17 novembre 1843
1.
Dopo questa spiegazione di Cirenio, gli si avvicinò
di nuovo Giuseppe e disse:
2. “Cirenio, mio eccellentissimo amico e fratello! Io penso che
la punizione di questi tre servi degli idoli, che sono proprio sul serio
malvagi, tu debba lasciarla al Signore;
3.
poiché credimi, al Signore, l’onnipotente Dio del Cielo e della Terra, nessuno
rende così un servizio gradito, neppure se facesse ammazzare il più grande
malfattore!
4.
Lascia dunque tranquillamente all’Onnipotente il giusto castigo di questi tre,
e il Signore ti benedirà, attraverso la punizione che Egli fin troppo
certamente farà arrivare a questi tre, se non si muoveranno a grandissimo
pentimento e totale conversione!
5. Se
però si volgono in se stessi al vero pentimento e alla vera conversione all'unico
vero Dio, allora essi possono ancora diventare certamente degli uomini nobili!”
6.
Queste parole di Giuseppe indussero Cirenio a
riflettere su quello che avrebbe dovuto veramente fare.
7.
Dopo un certo tempo egli decise di esporre i tre per lo meno a una forte paura
della morte, come rappresaglia per quello che avevano causato alla povera
gioventù.
8.
Perciò egli disse a Giuseppe: “Mio intimo, mio eccellente amico e fratello! Ho
ponderato ora bene il tuo consiglio e lo voglio anche seguire!
9. Ma solo,
in questo momento non posso farlo! Una volta devo spezzare il bastone
per questi tre come ho minacciato a condannarli alla morte più atroce!
10.
Solo dopo che avranno sopportato la paura della morte per ventiquattr’ore,
allora tu, davanti a tutto il popolo, su questa piazza dell’esecuzione, a voce
alta chiedimi la grazia e la revoca della pena di morte,
11. ed
io pubblicamente ti esaudirò e allora, secondo le disposizioni di legge,
concederò la vita a questi tre ribaldi.
12.
Credo che così andrà bene; poiché vedi, graziarli subito non posso, perché li
ho riconosciuti colpevoli di grave trasgressione alla legge sacerdotale!
13.
Secondo la legge, essi devono udire la sentenza di morte; avvenuto questo, solo
dopo può seguire in casi eccezionali la grazia al posto dell’esecuzione della
sentenza.
14. E
così voglio mettermi subito all’opera!”
15. Giuseppe
approvò e Cirenio fece subito chiamare i
giudici, i littori[13]
e gli sgherri e disse:
16.
“Portate qui tre croci di ferro e delle catene; le croci infiggetele al suolo e
arroventate per ventiquattr’ore le croci erette!
17.
Dopo che in questo tempo si saranno debitamente arroventate, verrò poi io e
farò issare i tre sacrileghi sulle croci roventi! Fiat!”
18.
Poi Cirenio prese un bastone, lo spezzò, lo gettò ai
piedi dei tre e disse:
19.
“Ora avete udito la vostra sentenza! Dunque preparatevi; poiché siete degni di
una tale morte! Fiat!”
20.
Questa sentenza colpì i tre come mille fulmini; essi cominciarono subito a
urlare e a lamentarsi, e a chiamare in aiuto tutti gli dèi.
21.
Furono poi anche subito presi in sicura custodia, e gli sgherri andarono subito
nella casa di pena a prendere gli strumenti di tortura ordinati. Cirenio, Giuseppe e Maronio
invece tornarono poi subito a casa.
Maria dubita dell’Onnipotenza di Gesù Bambino. Giuseppe la tranquillizza.
Perché il possente Leone di Giuda fuggì davanti ad Erode.
La beatitudine dei piccini trucidati. Maturità di Pilla.
18 novembre 1843
1.
Mentre Cirenio, con Giuseppe e Maronio
Pilla, si avvicinava di nuovo alla villa, Maria andò incontro ai tre tutta
impaurita col Bambino fra le braccia, e chiese subito a Giuseppe:
2.
“Mio Giuseppe, mio sposo amatissimo! O dimmi quello che è successo ai giovani!
3.
Poiché se qui ogni volta che si scatenano gli elementi, cosa certo non rara,
hanno luogo simili sacrifici, allora neppure noi siamo sicuri col nostro
Bambino!
4. Ha
bensì una grande potenza - e tuttavia, nonostante questa potenza, siamo dovuti
fuggire dalla Palestina di fronte ad Erode!
5. Per
cui ne ho anche tratto questa conclusione: per certi casi il Bambino ha ancora
troppo poca potenza! Perciò sta a noi di sottrarlo a tutti i grandi pericoli!”
6. E Giuseppe
disse a Maria: “O mia sposa affidatami dal Signore Dio stesso, non temere per
questo!
7.
Poiché vedi, neanche un capello è stato toccato ai giovani destinati
all’orrendo sacrificio espiatorio!
8. Il
nostro caro Cirenio ha dato subito loro la libertà, e
al loro posto condannò i tre sacerdoti che erano qui, ieri, a chiedere a Cirenio il benestare per il massacro dei giovani, alla più
dolorosa delle morti su una croce rovente!
9. Però - detto fra noi - solo all’apparenza! Domani
mattina presto, anziché l’esecuzione della sentenza di morte, essi avranno la
grazia!
10. E
questa lezione servirà loro sicuramente da eccellente monito, per cui in futuro
non formuleranno sicuramente più, la proposta di un simile sacrificio di
espiazione agli idoli!
11.
Perciò dunque, mia amatissima sposa, sii del tutto e completamente tranquilla e
pensa: il Signore, che con tanta sicurezza ci ha guidati fino ad ora, nemmeno
in futuro ci consegnerà in potere dei pagani!”
12.
Maria a queste parole di Giuseppe fu perfettamente tranquillizzata, e il suo
viso si rasserenò di nuovo.
13. E il
Bambino sorrise in faccia alla madre e le disse:
14.
“Maria, se qualcuno avesse ammansito un leone, così da farsi portare in giro
come da un mansueto animale da soma,
15.
pensi dunque che sarebbe encomiabile, per chi è sul fortissimo dorso del leone,
l’aver paura della lepre in fuga?”
16.
Maria si stupì per la profonda sapienza di queste parole, ma non le comprese.
17. E il
Piccino parlò dunque ancora una volta a Maria, e disse col viso tutto
serio:
18.
“Io sono il possente Leone di Giuda, che ti porta sul Suo dorso; come puoi dunque
aver paura di quelli che con un soffio Io posso disperdere come vuota pula?!
19.
Pensi dunque che sono fuggito da Erode per mettermi al sicuro dalla sua furia?
20. Oh
no! Fuggii soltanto per risparmiarlo; se infatti il Mio viso l’avesse guardato,
sarebbe stata la sua fine per l'eternità!
21.
Vedi, i piccini invece che sono stati strozzati per me, sono già felicissimi
nel Mio Regno - e sono ogni giorno attorno a Me, e Mi lodano ed esaltano e
riconoscono in Me già perfettamente il loro Signore per l’eternità!
22.
Vedi, Maria, così stanno le cose! Perciò dovresti sì tacere di Me ovunque, come
fu comandato; ma per te stessa dovresti ben saperlo, Chi è Colui che dovevi
chiamare ‘Figlio di Dio’, e così Lo hai anche chiamato!”
23.
Queste parole scossero profondamente Maria; poiché ella si avvide ora
completamente, che teneva fra le braccia il Signore.
24. Ma
anche Maronio, che si trovava qui dietro a Maria,
aveva sentito le parole del Bambino, e cadde a terra davanti al Bambino.
25. Solo adesso Cirenio si accorse
di Maria; prima infatti era assorto in un colloquio con uno dei segretari che
lo accompagnavano.
26.
Perciò egli d’improvviso corse dal Bambino e Lo salutò e Lo accarezzò, e il
Piccino fece altrettanto e disse: “Cirenio,
rialza Maronio, poiché egli ora è già preparato; ora
può riconoscerMi! - Mi comprendi, quello che voglio
dire?!”.
Per concessione di
Cirenio le esercitazione
militari vengono sospese.
Uscita per la città e intercessione del piccolo Gesù a favore dei tre condannati a morte.
20 novembre 1843
1. Ma
quando tutta la compagnia fu così giunta presso la villa, Cirenio
inviò subito il suo aiutante in città, dal capo supremo della città, e gli fece
sapere che in quel giorno e nel successivo non avrebbero dovuto aver luogo né
parate né marce.
2.
Infatti questa era l’usanza presso i Romani in circostanze straordinarie: in
occasione di certi fenomeni - quali potevano essere un’eclissi di luna o di sole,
un violento temporale,
3.
meteore infuocate, comete, l’improvvisa comparsa di un folle, un attacco della
cosiddetta epilessia,
4.
come pure giornate di esecuzioni eccezionalmente severe - le consuetudini dei
Romani non permettevano di intraprendere contemporaneamente altri affari di
Stato.
5.
Infatti tutte le giornate di questo genere erano ritenute dai Romani,
altrimenti probi sotto molti aspetti, come giorni sfortunati o come giorni
particolari degli dèi, che gli uomini dovevano subito santificare e non
impiegare per i loro propri affari.
6. Ma
sebbene Cirenio di per sé proprio non tenesse molto a
queste vuote consuetudini, pur tuttavia egli doveva fare questo a causa del
popolo, il quale era ancora molto attaccato a tali stoltezze.
7. Ma
quando il suo aiutante se ne fu andato, Cirenio
disse a Giuseppe: “Nobilissimo fratello e amico! Fa’ ora preparare la
colazione. Dopo colazione però vogliamo andare tutti quanti in città, a fare un
sopralluogo sulle devastazioni della tempesta!
8. In
tale occasione incontreremo sicuramente molti cittadini poveri e infortunati di
questo luogo, e li aiuteremo anche in ogni modo possibile.
9.
Dopo visiteremo il porto e vedremo la situazione delle navi, se sono state
danneggiate e come.
10. Ne
risulterà allora sicuramente qualche lavoro per i tuoi figli, che io voglio
nominare subito sovrintendenti, dato che comunque proprio in questa città c’è
molta penuria di esperti nelle costruzioni.
11.
L’Egitto infatti ora dal punto di vista architettonico non è più di gran lunga
ciò che era una volta, mille anni fa, ai tempi degli antichi faraoni”.
12.
Giuseppe eseguì subito il desiderio di Cirenio, fece
preparare una frugale colazione consistente in pane, miele e latte, e qualche
frutto.
13. Ma
dopo il pasto si alzò Cirenio con tutti gli altri
commensali, e volle andare subito in città come si era proposto,
14. ma
il Piccino chiamò a Sé Cirenio e disse a lui:
“Mio Cirenio, tu vai in città per aiutare in qualche
modo la cittadinanza bisognosa, e il tuo più grande desiderio è che Io voglia
essere accanto a te!
15.
Sì, anch’Io voglio venire con te, però devi ascoltarMi
e seguire il Mio consiglio!
16.
Vedi, chi è più nel bisogno, sono certamente quei tre che tu condannasti per
ventiquattr’ore alla paura di morire!
17. Ma
vedi inoltre, Io non trovo alcun piacere nel dolore troppo grande dei miseri;
perciò andiamo prima là ad aiutare questi infelicissimi tra tutti! Dopo
soltanto vogliamo visitare i meno infelici nella città e nel porto di mare!
18. Se
fai questo, allora verrò con te; se invece non lo fai, allora resto a
casa! Poiché vedi, anch’Io sono un Signore a modo Mio, e posso fare ciò che
voglio senza attenerMi a te! Se però segui il Mio
consiglio, allora poi certo voglio attenerMi a te!”.
Cirenio a un bivio. Il consiglio del Piccino. Conoscenza di Maronio del diritto romano.
I tre sacerdoti graziati sul luogo del supplizio sono uccisi dalla gioia e risuscitati da Gesù Bambino.
21 novembre 1843
1.
Quando Cirenio ebbe sentito questo da Chi per
lui veniva prima di tutti, il piccolo Oratore in culla, come talvolta Lo
chiamava, rimase sorpreso tra sé, e non sapeva che cosa dovesse propriamente
fare.
2.
Poiché da un lato si vedeva enormemente messo a nudo, davanti al popolo, come
generale e supremo governatore di animo titubante,
3.
d’altro lato però aveva tuttavia troppo rispetto per la sperimentata potenza
del Bambino.
4.
Egli esaminò per un certo tempo il pro e il contro, e dopo un po’ disse come a
se stesso:
5. “O
Scilla, o Cariddi[14], o mito di Ercole al bivio!
6. Qui
se ne sta l’eroe tra due abissi; se sfugge all’uno, precipita inevitabilmente
nell’altro!
7. Che
cosa devo fare ora? Dove voltarmi? Devo apparire per la prima volta titubante
davanti al popolo, e fare la volontà di questo potente Bambino?
8.
Oppure devo agire secondo la mia decisione, comunque molto benevola?”
9. Qui
il Piccino chiamò di nuovo a Sé Cirenio, e
disse sorridendo: “Mio caro amico, tu frulli insieme gusci di uova e gusci di
noci!
10.
Che cos’è Scilla e che cosa Cariddi, e che cosa l’eroe Ercole davanti a Me?!
Segui Me, e non avrai nulla a che fare con tutte queste inezie!”
11. E Cirenio, riavendosi dalla sua titubanza, disse al
Bambino:
12.
“Sì, Vita mia, mio piccolo Socrate, Platone e Aristotele in culla! Voglio
accontentare Te, e avvenga ciò che vuole!
13. E
così rechiamoci dunque al luogo del supplizio e là trasformiamo subito in
grazia la nostra sentenza!”
14.
Qui si avvicinò anche Maronio a Cirenio e gli disse con molta cautela:
15.
“Altezza imperiale e consolare! Sono completamente d’accordo col consiglio del
Bambino; infatti mi è venuto in mente che in questioni riguardanti i sacerdoti,
la pena di morte non può essere mai inflitta ai sacerdoti senza l’approvazione
del Pontifex Maximus (sommo pontefice) a Roma,
16. a
meno che questi non fossero sobillatori contro lo Stato, ciò che qui però non
sono, essendo solo dei ciechi fanatici della loro causa.
17.
Perciò trovo molto giusto il consiglio del Bambino; seguirlo può quindi solo
esserti utile, mai invece danneggiarti!”
18. A Cirenio fece piacere questa osservazione di Maronio, e quindi si mise subito in cammino con tutta la
compagnia prestabilita.
19. Giunto
al luogo del supplizio, trovò i tre sacerdoti già quasi esanimi per la troppo
grande paura della crudelissima morte.
20. Solo uno di loro ebbe ancora tanta presenza di
spirito, da alzarsi a gran fatica davanti a Cirenio,
a pregarlo di una morte più clemente.
21. Ma
Cirenio disse a lui, così come agli altri due:
“Guardate il Bambino che questa Madre tiene in braccio, Lui vi ridà la vita. E
così anch’io ve la concedo e revoco la mia sentenza!
22.
Rialzatevi dunque e andate liberi! Fiat! E voi guardie, giudici, littori e
sgherri, allontanatevi e portate via tutto! Fiat!”
23.
Questa proclamazione della grazia tolse la vita ai tre sacerdoti; ma il Piccino
stese la mano sui tre, ed essi si ridestarono alla vita e subito seguirono,
tutti rasserenati, il piccolo Salvatore delle loro vite.
Visita della città
dopo la tempesta. Il tempio distrutto dall’uragano.
Assurda intenzione di Cirenio di gettar via la spada.
Sagge parole del santo
Bambinello sulla spada portata come un bastone da pastore.
22 novembre 1843
1.
Allontanandosi in fretta dal luogo del supplizio, l’intera compagnia si recò
ora in città, seguita dai tre sacerdoti graziati.
2. Ma
quando essi, cioè la compagnia, giunsero in città nella piazza grande - e
precisamente davanti all’enorme ammasso di rovine del grande tempio e
dell’intero, ancora più grande palazzo dei sacerdoti -
3. Cirenio si mise le mani nei capelli e disse a voce
alta:
4.
“Quanto è cambiato il tuo aspetto! Sì, così può agire solo la potenza di un
Dio!
5. Non
occorrono tempi lunghi, ma un cenno dell’Onnipotenza basta a ridurre in polvere
l’intero cerchio della Terra!
6. O
uomini, volete combattere con Colui che comanda agli elementi, ed essi
obbediscono al Suo cenno?!
7.
Volete essere giudici, dove comanda l’Onnipotenza della Divinità, e dominare,
dove un lieve cenno dell’eterno Dominatore vi distrugge?!
8. No,
no! Io sono uno stolto a portare ancora alla cintura la spada, come se avessi
un potere!
9. Via
tu, misero oggetto! Qui in questo ammasso di rovine è il posto migliore per te!
La mia vera spada invece devi essere Tu, Tu, che la Madre tiene fra le
braccia!”
10.
Qui improvvisamente Cirenio slegò dal corpo la sua spada
insieme alla cintura d’onore, e voleva scagliarla con tutta forza nel mucchio
delle rovine.
11. Ma
il Piccino, che si trovava a fianco di Cirenio
in braccio a Maria, disse a lui:
12. “Cirenio! Non fare quello che vuoi fare! Poiché in verità,
chi porta la spada alla tua maniera, la porta legittimamente!
13.
Chi adopera la spada come arma, costui la getti via da sé;
14. ma
chi l’adopera come un bastone da pastore, costui la tenga! Poiché tale è
la volontà di Colui, a Cui Cielo e Terra debbono ubbidire in eterno!
15. Ma
tu sei un pastore per coloro che sono scritti nel libro della tua spada;
16.
perciò cingiti di nuovo del giusto onore, affinché il tuo popolo riconosca che
tu sei per lui un pastore!
17. Se
il tuo gregge fosse costituito unicamente da agnelli, allora non avresti
bisogno di alcun bastone!
18. Ma
fra quelli vi sono moltissimi capri; perciò Io vorrei piuttosto
aggiungerti un altro bastone, che toglierti quell’unico!
19. È
vero! Non c’è potere fuorché in Dio; ma se Dio ti conferisce il potere, allora
non devi gettare via da te ciò che la maledizione di Dio ha sentenziato!”
20.
Queste parole indussero Cirenio a cingere
immediatamente di nuovo la spada, mentre continuava silenziosamente ad adorare
il Piccino. Ma i tre sacerdoti si spaventarono enormemente per la sapienza di
questo Bambino!
Stupore dei tre sacerdoti per la sapienza del Bambino e di Giuseppe.
Buona e breve spiegazione di Giuseppe sulla mitologia.
24 novembre 1843
1. Col
più grande rispetto i tre sacerdoti si avvicinarono a Giuseppe, e gli
domandarono in qual modo questo Bambino fosse giunto a una sapienza così
straordinariamente meravigliosa, e quale fosse la sua età.
2. Ma Giuseppe
disse loro: “Cari amici, non interrogate prematuramente su questo; poiché una
risposta troppo prematura potrebbe costarvi la vita!
3.
Seguite noi, invece, e lasciate perdere i vostri molti dèi, e credete che c’è
solo un vero Dio del Cielo e della Terra, e credete che questo unico
vero Dio è Quello che il popolo d’Israele adora e onora in Gerusalemme, così lo
saprete in voi e da questo Bambino, da dove viene la Sua sapienza!”
4. Ma
i sacerdoti dissero: “Uomo, tu dici qui delle strane parole!
5. I
nostri dèi principali, Zeus, Apollo, Mercurio, Vulcano, Plutone, Marte e
Nettuno, Giunone, Minerva, Venere e altri ancora, non sono dunque nient’altro
che opere dell’umana fantasia?”
6. E Giuseppe
rispose: “Ascoltatemi, amici! Tutti i vostri dèi sono sorti per la fantasia dei
vostri avi, i quali conoscevano ancora benissimo l’unico Dio!
7. Ma
essi erano rari poeti e cantori alle corti degli antichi re di questo Paese, e
personificarono - certo con buona simbologia - le qualità dell’unico vero Dio.
8. Per
essi Giove simboleggiava la Bontà e l’Amore del Padre dall’eternità, Apollo era
la Sapienza del Padre, e Minerva rappresentava il Potere di questa Sapienza.
9. Mercurio
significava l’Onnipresenza dell’unico Dio attraverso la Sua onnipotente
Volontà.
10.
Venere rappresentava lo Splendore e la Bellezza e la Giovinezza eternamente
immutabile dell’Essere divino.
11.
Vulcano e Plutone rappresentavano il Potere assoluto dell’unico Dio su tutta la
Terra.
12.
Marte rappresentava la divina Serietà e il Giudizio, e la morte per i
giudicati.
13.
Nettuno rappresentava lo Spirito dell’unico Dio operante in tutte le acque,
mediante le quali Egli vivifica la Terra.
14.
Così l’antica Iside, come Osiride, rappresentavano la divina, intangibile
Santità, che in Sé sono dall’eternità il divino Amore e la divina Sapienza.
15. E
così tutti gli altri dèi minori non rappresentavano nient’altro che le qualità
dell’unico Dio in immagini simboliche!
16. E
questa era una rappresentazione lodevolissima; poiché altro non si sapeva, se
non che tutto questo designava solo l’unico Dio nei diversi modi delle sue
innumerevoli manifestazioni.
17. Ma
col tempo l’interesse, l’egoismo e la sete di potere hanno accecato e
ottenebrato gli uomini.
18.
Essi perdettero lo Spirito e non rimase loro nulla, se non la materia
esteriore, e divennero pagani, il che equivale a dire: essi divennero rozzi
materialisti e perdettero l’unico Dio, si attaccarono perciò alle immagini
esteriori, vuote e incomprese, simili ai cani che rosicchiano avidamente le
ossa spolpate, a cui non è più attaccata della carne. - Mi comprendete?”
19. I
tre si guardarono l’un l’altro sgranando gli occhi e dissero: “In verità,
tu sei più addentrato di noi nella nostra religione! Ma dove hai saputo tali
cose?”
20. Ma
Giuseppe disse: “Abbiate solo pazienza; il Bambino ve lo farà conoscere!
Perciò seguite noi, e non tornate di nuovo indietro!”.
Cirenio e i tre
sacerdoti. Dissotterramento dei sepolti. Miracoloso aiuto del Piccino.
La rianimazione dei sette morti apparenti che facevano da guida alle catacombe.
25 novembre 1843
1. I
tre sacerdoti ora non domandarono nient’altro; essi infatti riconobbero in
Giuseppe un uomo, che sembrava essere profondamente iniziato negli antichi
misteri d’Egitto, come lo erano solitamente soltanto i massimi livelli
sacerdotali di questo Paese.
2. Ma Cirenio si girò e domandò ai tre sacerdoti, quanti
dei loro avevano qui perso la vita.
3. E i
tre dissero: “Potentissimo governatore! Non possiamo indicarti il numero
con assoluta precisione;
4. ma
oltre settecento erano sicuramente quelli che furono sepolti qui, senza contare
gli allievi di entrambi i sessi!”
5.
“Bene”, disse Cirenio, “vogliamo accertare
quanto prima la cosa più da vicino!”
6.
Domandò poi a Giuseppe se non fosse consigliabile dissotterrare i sepolti!
7. E Giuseppe
rispose: “Ciò è anzi un preciso dovere; infatti qua e là nelle catacombe
potrebbero esservi degli allievi ancora in vita, e salvarli è un preciso
dovere!”
8. Quando Cirenio ebbe sentito
questo, fece assoldare immediatamente duemila operai, che dovevano mettersi
subito a rimuovere le macerie.
9. In
poche ore vennero già tirati fuori sette cadaveri, ed erano proprio le guide
delle catacombe.
10. E Cirenio disse: “In verità, per questi mi dispiace;
poiché senza il loro aiuto non combineremo molto nel labirinto sotterraneo di
innumerevoli passaggi e passaggi!”
11. Ma
il Piccino disse a Cirenio: “Mio Cirenio, per quanto riguarda le catacombe, non vi sarà da
trovare molto di utile;
12.
poiché esse giacciono abbandonate già da parecchi secoli, e sono piene di fango
e di ogni genere di insetti nocivi.
13. Ma
queste sette guide alle catacombe erano tali solo ed esclusivamente come
titolo; neppure uno di loro però era mai entrato in una catacomba.
14.
Vedi, perché tu creda però a quanto ti dico, ti dico anche che queste sette
guide non sono totalmente morte, ma giacciono solo molto stordite e possono
quindi essere richiamate in vita.
15. Fa’ loro massaggiare le tempie, il petto, la nuca e
mani e piedi da donne robuste, e presto si sveglieranno dal loro stordimento!”
16. E Cirenio domandò al Piccino: “O Vita mia! Se Tu li
toccassi, anche allora sicuramente si sveglierebbero!”
17. Ma
il Piccino disse: “Fa’ quello che ti ho consigliato; Io infatti
non posso fare troppo, se non voglio recare al mondo un giudizio, anziché la
benedizione!”
18. Cirenio non comprese bensì queste parole; pur tuttavia
seguì il consiglio del Piccino.
19.
Egli fece subito venire dieci vergini robuste, perché massaggiassero le sette
guide.
20.
Dopo alcuni minuti i sette si svegliarono, e domandarono a quelli che
stavano loro intorno, che cosa fosse loro accaduto e che cosa stesse accadendo.
21. E Cirenio li fece subito condurre in un buon albergo; ma il
popolo restò altamente meravigliato per questo risveglio, e tributò alle
vergini una grande venerazione.
Opera di
misericordia. La tempesta intelligente.
Buona intuizione
di Cirenio. Visita del porto.
27 novembre 1843
1.
Dopo di che si continuò a scavare e Cirenio impartì
l’ordine che tutti i cadaveri, se mai non fossero troppo mutilati, dovevano essere
adagiati con i volti rivolti a terra, in un certo luogo ricoperto di stuoie;
2.
soltanto quelli molto mutilati dovevano essere subito o bruciati, o sotterrati
alla profondità di otto piedi, nel modo solito e nel luogo di sepoltura comune.
3. Ma
per quelli poco mutilati si dovevano fare dei tentativi di rianimazione come
per i sette.
4. E
qualora l’uno o l’altro fosse ritornato in vita, lo si doveva subito portare
nell’albergo con i sette!
5.
Quando quest’ordine fu impartito, Cirenio se ne partì
di là con la sua compagnia, per ispezionare anche altre parti della città.
6. Ma
con sua grande meraviglia trovò che in nessun luogo vi era stata in qualche
modo danneggiata una casa borghese;
7.
bensì invece non si poteva più trovare da nessuna parte un tempio degli idoli
che non giacesse distrutto in macerie, eccetto un unico, piccolo Tempio chiuso,
con l’iscrizione: “Al Dio ignoto!”
8.
Quando la compagnia, con gran seguito di popolo, ebbe attraversato in gran
parte l’intera, non insignificante città di ottantamila abitanti, Cirenio chiamò a sé Giuseppe e gli disse:
9.
“Ascolta, mio eccellentissimo amico e fratello, fra me e me devo perfino ridere
per il singolare effetto del terremoto, come della tempesta!
10.
Guarda un po’ qui infatti! Lungo questa viuzza davanti a noi ci sono delle case
di ben misera costruzione; sono pietre asciutte senza calce - per di più
alquanto asimmetriche - messe una sopra l’altra a formare una parete.
11. Si
potrebbe credere che la loro solidità sarebbe a mala pena sufficiente per resistere
alla scossa che viene prodotta dal calcio di un cavallo solo un po’ pesante!
12.
Vedi invece, queste vere costruzioni da formiche sono qui intatte! Neppure una
è anche solo minimamente in qualche modo danneggiata,
13.
mentre in mezzo a queste vere case ‘dall’oggi al domani’, i templi, costruiti
saldi per i millenni, sono tutti generalmente trasformati nei più miserabili
ammassi di rovine!
14.
Che te ne pare di questo stranissimo fenomeno? Non è evidente, qui, che tanto
il terremoto quanto la tempesta devono aver operato con molta intelligenza?!
15.
Per davvero, devo confessarti e dirti con mia grande gioia:
16. se
il tuo Figlioletto non è andato un po’ fra i templi, a giocare col suo dito
onnipotente in compagnia della tempesta, non voglio più chiamarmi Cirenio!”
17. Ma
Giuseppe disse: “Tienilo solo per te, quello che credi, e non ne parlare
già ad alcuno - poiché sarà puramente così!
18. Ma
ora noi ci rechiamo al porto e là vogliamo vedere se non vi si trovi lavoro per
me!”. - E Cirenio seguì subito il consiglio di
Giuseppe e si recò alla riva del mare.
Pochi danni al porto. Il ritorno a casa. Maria sulla portantina.
Intenzionale deviazione nel tornare a casa.
28 novembre 1843
1. Giunti
alla riva del mare dove era il porto per le navi, eretto in parte dalla natura
e in parte con la tecnica degli uomini, Cirenio si
stupì nuovamente, e non poco.
2.
Infatti non vi si poteva scorgere alcun danno, eccetto che sulla sfarzosissima
nave di Cirenio tutti i cosiddetti ornamenti
mitologici erano quanto più possibile distrutti.
3. Cirenio disse perciò a Giuseppe: “Mio stimabilissimo
amico, nelle attuali circostanze i tuoi figli avranno poco da fare!
4.
Vedi, neanche una imbarcazione ha sofferto un qualsiasi danno, eccetto
che qui - e la cosa mi è molto ben accetta - specialmente sulla mia nave gli
idoli hanno dovuto assaggiare, a quanto sembra, l’acqua del mare,
5. ciò
che appunto mi fa molto piacere; sicuramente infatti non ne farò più mettere degli
altri sulla mia nave!
6. Al
tuo Dio sia ogni lode e ogni onore per questo!
7. Ma
ciò nonostante, per le eventuali piccole riparazioni che si dovessero mostrare
necessarie qua e là sulle navi, compenserò già i tuoi figli come se avessero
fatto qualcosa di grande!”
8. E Giuseppe
disse a Cirenio: “O amico e fratello, non ti
preoccupare troppo per il guadagno dei miei figli!
9.
Vedi, non per il guadagno, ma per poterti rendere un buon servizio, ti sarei
venuto volentieri in aiuto riguardo a queste costruzioni; ma ti ha aiutato il
Signore, e così è meglio, ed ora tu puoi fare facilmente a meno del mio aiuto.
10. Ma
ora abbiamo già visto tutto; perciò, dato che in questa circostanza si è già
fatto pomeriggio piuttosto tardi, penso che dovremmo ora recarci di nuovo a
casa, e per quanto eventualmente dovesse ancora rimanere, fare un sopraluogo domani!”
11. E Cirenio disse: “Di questo parere sono anch’io;
poiché mi fa pena già oltre ogni misura la povera Madre. Perciò ora dobbiamo
cercare di arrivare a casa il più presto possibile!
12. Ma
io farò subito portare per lei una portantina, perché venga portata a casa col
Piccino!”
13. E il
Piccino subito si fece sentire dietro a Cirenio
e gli disse:
14.
“Fallo senz’altro; questa Madre infatti si è già molto stancata, avendo in Me
molto peso da portare.
15. Ma
nell’andare a casa, non puoi, come hai in mente, prendere la via che passa per
quella certa piazza dei sacerdoti!
16.
Poiché se Io venissi trasportato per di là con la Madre, dove ora già circa
cento dissepolti giacciono sulle stuoie,
17.
tutti improvvisamente diventerebbero vivi, e questo darebbe a te e a tutto il
popolo un Giudizio, che riuscirebbe molto dannoso a ciascuno!
18.
Così invece essi saranno risvegliati durante la notte con l’aiuto umano, sotto
il Mio segreto influsso!
19.
Con ciò si eviterà l’apparenza del miracoloso, e tu e tutto il popolo restate
risparmiati da un Giudizio eternamente mortale per lo spirito!”
20. Cirenio seguì esattamente
questo consiglio, lietissimo in cuor suo; la portantina venne procurata
all’istante, e Maria vi si mise col Piccino.
21. Cirenio stabilì
un’altra strada, per la quale l’intera compagnia, compresi anche i tre
sacerdoti, molto presto e molto comodamente raggiunsero la villa di Giuseppe.
BUONI
INSEGNAMENTI IN CASA DI GIUSEPPE
Premure di Giuseppe
come padre di famiglia.
Gioia del Piccino per
Giacomo: “Quelli che amo, Io anche li punzecchio e li
pizzico e li tiro!”
Felice e invidiabile
missione di Giacomo.
29 novembre 1843
1. Giunti di nuovo nella villa, Giuseppe si recò
subito dai suoi figli, i quali si erano appena messi a preparare il pranzo del
mezzogiorno, e disse loro:
2. “Bene, bene, figli miei, avete prevenuto il mio
desiderio; ma oggi abbiamo tre ospiti in più, e precisamente i tre
sacerdoti che questa mattina presto hanno corso pericolo di morte.
3. Costoro li vogliamo ospitare in modo del tutto
speciale, perché diventino nostri amici nel riconoscimento del nostro Padre in
Cielo,
4. il Quale ci ha scelti come Suoi figli per mezzo della
Alleanza che Egli ha fatto con i nostri padri!
5. Ma tu, Giacomo, va subito fuori, incontro alla Madre
che è ormai molto stanca, e prendile il nostro dilettissimo Piccino,
6. e portaLo subito a riposare;
poiché anch’Egli è già visibilmente stanco e desidera la culla!”
7. E subito Giacomo corse di fuori e da Maria, che era
appena scesa dalla portantina, e subito con grande amore e grande gioia le
prese il Piccino dalle braccia.
8. Ma anche il Piccino espresse a Giacomo una gioia
altrettanto grande; infatti saltava nelle sue braccia, e sorrideva, e lo
pizzicava e lo tirava ovunque potesse afferrarlo con le Sue manine.
9. Ma i tre sacerdoti, che avevano il più tremendo
rispetto per questo Bambino, si meravigliarono con grande gioia del loro animo,
avendo scoperto in questo Bambino anche qualcosa di prettamente infantile.
10. Ma
uno di loro si avvicinò a Giacomo e gli chiese in buon ebraico:
11.
“Dimmi, questo meraviglioso Bambino di tutti i bambini, è sempre così vispo,
anzi si potrebbe dire perfino un po’ birichino, come lo sono talvolta i bambini
comuni, ovviamente solo fino a due o tre anni?”
12. Ma
il Piccino rispose prontamente da Sé al posto di Giacomo:
13. “Sì, sì, amico Mio! Quelli che amo, quelli anche li punzecchio e li pizzico e li tiro; ma ciò succede solo a
coloro che Mi amano come il Mio Giacomo - e Io pure li amo come questo Mio
Giacomo.
14. Ma
con questo non faccio loro tuttavia niente di male! - Non è vero, Mio caro
Giacomo, non ti fa male, se ti tiro e pizzico?”
15. E Giacomo,
come al solito subito commosso fino alle lacrime, disse: “O mio carissimo divin
Fratellino, come potresti farmi male?!”
16. E il
Piccino rispose allora a Giacomo: “Giacomo, fratello Mio, tu Mi vuoi
veramente bene!
17. Ma
anch’Io ti voglio così bene, che tu non potrai mai in eterno comprendere a
sufficienza quanto ti voglio bene!
18.
Vedi, Mio caro fratello Giacomo, i Cieli sono estesi e infinitamente grandi;
innumerevoli mondi splendenti di luce essi contengono, come la Terra [contiene]
una goccia di rugiada;
19. E
i mondi sono portatori di innumerevoli felicissimi esseri della tua specie; ma
tra di loro nessuno è più felice di te ora, Mio carissimo fratello! Adesso
ancora non Mi comprendi; ma Mi comprenderai certo molto bene col tempo! Di
dormire però adesso non ho voglia, quando gli uomini vegliano attorno a Me! Ma
accanto a te voglio restare!”
20. Di
nuovo questo discorso spezzò ancora il cuore al nostro Giacomo, così che egli
ne pianse per l’amorosa gioia; ma il sacerdote che lo aveva interrogato, quasi
sprofondava nel suolo per la tanta venerazione e somma reverenza davanti a
questo Bambino.
Il desiderio di Cirenio di essere lui pure pizzicato dal santo Bambino.
Risposta del Piccino. Una promessa per Roma.
Esortazione di Maria a serbare nel cuore le parole non comprese.
1 dicembre 1843
1. Cirenio, il quale pure aveva compreso molto bene
queste parole del Piccino, si avvicinò all’istante al Piccino e Gli chiese con
molta amabilità:
2. “O Vita
mia! Allora certo a me non vuoi così bene, dato che quando Ti avevo sulle mie
braccia, non mi hai mai pizzicato e tirato?”
3. Ma il
Piccino disse: “O Cirenio, non te ne preoccupare;
poiché vedi, tutte le cose spiacevoli che hai già sopportato a causa Mia,
furono tutte pizzicotti e tiratine da parte Mia, per il motivo che ti voglio
così bene!
4. Mi
comprendi ora, quello che ti ho detto?
5. Ma
certo ti pizzicherò e tirerò spesso ancora - e per il tanto amore che ti porto
sarò proprio cattivello con te!
6. Ma
ascolta, non per questo tuttavia devi aver paura di Me, poiché con ciò non ti
accadrà alcun male, così come fino ad ora; Mi comprendi, Mio caro Cirenio?”
7. Cirenio, col cuore pieno di profondissima
ammirazione per il Bambino, disse tutto colpito e commosso:
8.
“Sì, sì, Vita mia! Ti capisco benissimo e so quanto è grande quello che mi hai
detto!
9. Ma
ciò nonostante vorrei anch’io, però, che Tu mi volessi pizzicare e tirare un
po’ come tuo fratello!”
10. E il
Piccino disse a Cirenio: “O Mio caro amico, non
sarai dunque tu più infantile di Me?
11.
Credi dunque che perciò Io ti amerò di più!?
12.
Oh, vedi, qui ti sbagli di molto; poiché più ancora di come Io già ti
ami, Mi è impossibile di amarti!
13. In
verità, neanche tu potrai mai in eterno concepire e comprendere la grandezza e
l’intensità del Mio Amore per te!
14.
Ascolta, non passerà un secolo, e Roma entrerà spesso nella Mia fortezza!
15. È
vero che adesso non è ancora giunto il tempo, ma credi a Me, tu sei già adesso
su quella soglia, che presto sarà varcata da moltissimi!
16.
Comprendi! - Non però fisicamente, bensì spiritualmente nel Mio futuro Regno
per l’eternità!”
17.
Queste parole del Bambino suscitarono una grande sensazione in tutti i
presenti, e Cirenio non sapeva che cosa
dovesse fare di conseguenza.
18. Si
rivolse perciò a Maria, che gli stava accanto, e le chiese se comprendesse ciò
che il divin Piccino ora aveva detto.
19. Ma
Maria disse: “O amico, se Questo fosse un comune figlio degli uomini,
noi esseri umani lo comprenderemmo pure;
20. ma
così è di una specie più alta, e noi non Lo comprendiamo! Serbiamo però dentro
di noi tutte le Sue parole; l’avvenire ce le scoprirà poi certo nella loro vera
luce!”.
Domanda di Cirenio a Giuseppe sul sollevamento del velo di Iside e
risposta di Giuseppe.
Buona spiegazione di Maronio. Il pranzo. Il sacro timore dei tre sacerdoti.
1 dicembre 1843
1. Qui
Giuseppe uscì di nuovo dalla villa e invitò la compagnia al pranzo già
preparato.
2. Ma Cirenio, pieno di grandi pensieri che
s’intrecciavano (nella sua mente), chiamò a sé Giuseppe e gli raccontò quello
che gli avevano detto ora il Piccino e alla fine, interrogata, Maria,
3. e
chiese perciò allo stesso tempo anche al buon Giuseppe, come si dovessero
intendere tali parole e discorsi.
4. Ma Giuseppe
rispose a Cirenio, il quale era un po’ troppo
eccitato, e disse precisamente:
5. “O
amico e fratello, non ti è noto il mito che narra di un uomo, il quale un
giorno volle levare il manto a Iside?”
6. E Cirenio, tutto stupito per questa inattesa domanda,
disse:
7. “O
esimio amico, il mito mi è molto ben noto; quell’uomo perì miseramente! Ma che
cosa mi vuoi dire con ciò in riferimento alla mia domanda?”
8. E Giuseppe
rispose a Cirenio: “Carissimo amico, nient’altro che
questo: qui c’è più di Iside!
9.
Perciò segui il consiglio della mia sposa, e andrai bene in eterno!”
10. Ma
lì accanto stava anche Maronio Pilla, e
disse in questa occasione:
11. “Altezza
consolare e imperiale! Benché del resto io sia ancora molto ottuso in simili
cose, stavolta tuttavia ho l’impressione di aver compreso esattamente il
saggio!”
12. E Cirenio gli rispose: “Buon per te, se ne sei
convinto in te stesso;
13. io
invece per adesso non mi posso ancora vantare di questo!
14.
Benché anche il mio cervello del resto non sia proprio così tonto, stavolta
però non mi vuol prestare il dovuto servizio!”
15. E Maronio disse: “Io per parte mia capisco così la
cosa: non tendere la mano verso oggetti troppo lontani; poiché la tua mano vi è
troppo corta!
16.
Sarebbe ovviamente di molto onore, essere un fortunato Fetone;
17. ma
che può farci il debole mortale, se il sole ha tracciato la sua via troppo
lontano sopra di lui?!
18.
Egli deve puramente accontentarsi della sua luce, e intanto con ogni buona
volontà lasciare l’onore e il potere di guidare il sole a quegli esseri, che
sicuramente hanno le braccia più lunghe di lui, debole mortale!
19. Ma
di quanto sia lungo il braccio invisibile di questo Bambino, ce ne siamo
convinti ieri.
20.
Vedi, altezza consolare e imperiale! Non comprendo bene ciò che questo uomo
saggio ha detto?”
21. E Cirenio diede ragione a Maronio,
si mise il cuore in pace e di buon umore si recò con Giuseppe nella villa, e si
rifocillò alla mensa frugale.
22. Ma i tre sacerdoti osavano a mala pena aprire
gli occhi; essi infatti ritenevano che il Bambino fosse o Zeus o perfino il
Fato stesso.
Cecità, sacro
timore e progetti di fuga dei tre sacerdoti degli idoli.
Saggi suggerimenti
di Gesù Bambino a Giuseppe e a Cirenio.
2 dicembre 1843
1. Ma
dopo che il pasto fu terminato e tutti si furono di nuovo alzati da tavola,
ecco che uno dei sacerdoti si avvicinò a Giuseppe e gli chiese con la
più profonda umiltà:
2.
“Urano, o comunque per lo meno Saturno, padre di Zeus! Poiché questo tu sei di
sicuro corporeamente; sebbene prima in città tu cercassi di nascondere la tua
divinità davanti a noi,
3. la
qual cosa tu facesti tuttavia per metterci alla prova, se noi ti avremmo
riconosciuto sul serio o no.
4.
Solo per qualche tempo non ti abbiamo riconosciuto, e perciò ti chiediamo di
perdonare la nostra grave cecità.
5. Ma il
linguaggio di prima del tuo bambino ha acceso in noi tutti una luce, ed ora
sappiamo con precisione dove ci troviamo.
6. Oh,
rendici dunque felici in questo modo: facendoci sapere come possiamo portare
un’offerta a te, come alla tua divina sposa e come a tuo figlio, lo Zeus che si
ringiovanisce, sicuramente per la tua onnipotenza?!”
7. Ma
Giuseppe si stupì per questo improvviso cambiamento dei tre sacerdoti, ai quali
prima, in città, aveva pur spiegato in modo chiaro e ben comprensibile
l’infondatezza del loro paganesimo.
8.
Egli considerò dunque attentamente che cosa ora dovesse loro rispondere. - Ma il
Piccino chiese subito di andare da Giuseppe;
9. e
quando vi fu giunto sulle braccia di Giacomo, disse subito a Giuseppe:
10.
“Lascia stare questi poveri e non li biasimare; poiché essi sono ciechi e
dormono e sognano!
11.
Trattienili però qui qualche giorno, e i Miei fratelli li sveglieranno già dal
loro sonno e sogno! Quando vedranno come voi stessi pregate Dio, allora
lasceranno pur perdere i loro Urano, Saturno e Zeus!”
12.
Queste parole tranquillizzarono perfettamente Giuseppe, ed egli fece poi subito
ai tre sacerdoti la proposta di abitare intanto sotto il suo tetto, fino a
quando non si fosse presa una qualche decisione per la loro sistemazione futura.
13. Ma
i tre sacerdoti, osando a mala pena respirare per la tanta
venerazione, tanto meno osarono rifiutare la proposta, non sapendo ora affatto
in quale situazione si trovassero.
14.
Essi accettarono quindi la proposta; ma tra di loro mormoravano:
15. “Ah,
se qui fosse possibile di scappare via e nascondersi in un qualche estremo
angolo della Terra, come ne saremmo felici!
16.
Così invece dobbiamo restare qua al cospetto dei principali dèi visibili. Oh,
quale tormento è questo per noi indegnissimi!”
17. Ma
Cirenio notò questo borbottare fra i tre, si avvicinò
quindi e voleva domandarne conto.
18. Ma
il Piccino disse: “Cirenio Mio, resta
indietro; poiché a Me non è ignoto ciò che si agita nei tre.
19. Il
loro progetto è frutto della loro cecità e della loro stolta paura, e non ha
altra intenzione che una fuga da noi, in qualche lontanissimo angolo della
Terra.
20.
Vedi, questo è tutto, e perciò non occorre che tu ti agiti subito così!
21.
Qui in questa casa lascia solo a Me il giudizio, e sta’ sicuro che a
nessuno sarà fatta ingiustizia!”
22. E Cirenio fu soddisfatto e ritornò con Giuseppe all’aperto; i
tre sacerdoti invece si recarono nella stanza loro assegnata.
La leggenda
dell’origine di Ostracine. Preoccupazione di
Cirenio in merito
all'eventuale ricostruzione dei templi pagani.
4 dicembre 1843
1.
Giunti all’aperto, Giuseppe e Cirenio cominciarono a discutere
di varie cose, mentre nello stesso tempo Maria in casa si prendeva cura del
Piccino.
2. E i
figli di Giuseppe si diedero a mettere in ordine la casa, mentre la servitù di Cirenio collaborava a qualche servizio.
3. Ma
dopo alcune conversazioni di minor conto tra Giuseppe e Cirenio,
in compagnia di Maronio Pilla, il discorso cadde
anche su un punto importante, che suonava così e precisamente dalla bocca di Cirenio:
4.
“Nobile amico e fratello! Vedi, la città e tutta la grande regione che ancora
appartiene al territorio della città, contano sicuramente circa ottantamila
persone!
5. Tra
loro solo pochissimi sono della tua fede e della tua religione.
6. Per
quanto ne so io, essi sono in maggioranza più o meno accaniti servitori degli
idoli, da millenni.
7. I
loro templi agli idoli li hanno tutti in questa antichissima città, di cui il
mito dice che è stata costruita in occasione della guerra degli dèi con i
giganti della Terra, e precisamente da Zeus stesso, come segno di vittoria
sopra questi giganti della Terra.
8.
Mercurio ha dovuto raccogliere le ossa dei giganti e affondarle nel mare; così
è sorto questo Paese.
9.
Sopra queste ossa di giganti, Zeus ha fatto poi piovere per tutto un mese
sabbia e cenere, e insieme grandi e pesanti pietre.
10. Dopo di che Zeus ha comandato alla vecchia Cerere di
rendere fertile questo Paese e costruirvi al centro, non troppo lontano dal
mare, un castello e una città, come segno della grande vittoria.
11. Ma
Zeus stesso chiamerà poi un popolo della Terra a vivere in questo Paese e in
questa città per tutti i tempi dei tempi. -
12. Da
questo mio racconto scorgerai ora facilmente che appunto questo popolo, come
non facilmente un qualsiasi altro della Terra, è ancora fermamente
dell’opinione di abitare proprio quella città che gli dèi stessi hanno
costruito,
13.
ragion per cui tu vedi dunque anche sempre le abitazioni molto diroccate, dato
che nessun uomo ha l’ardire di fare qualche ritocco all’opera degli dèi, per
non peccare contro di loro.
14. In
particolare poi la vecchia Cerere avrebbe costruito di propria mano i templi,
con l’aiuto di Mercurio e di Apollo.
15.
Questo è il mito e contemporaneamente la fede ancora molto salda di questo
popolo, del resto buono, il quale nonostante la sua povertà è molto ospitale ed
eccezionalmente onesto.
16. Ma
che cosa si dovrà fare ora qui, se il popolo dovesse pretendere magari la
ricostruzione dei templi?
17. -
Gli si dovrebbero ricostruire i templi, oppure no, o lo si dovrebbe convertire
alla tua Dottrina?
18. E
se si fa questo, che ne diranno i popoli vicini, i quali pure non raramente
visitano ancora questa città, che ora a maggior ragione, come ovviamente già da
moltissimo tempo, è più una rovina che una città vera e propria?”.
Consiglio di
Giuseppe sulla fiducia in Dio
e predizione sulla
fine di Ostracine.
4 dicembre 1843
1. E Cirenio continuò: “O amico, in verità, qui un buon
consiglio sarebbe prezioso!
2. Se
tu nel vivo ricettacolo della tua autentica divina sapienza hai un consiglio in
merito, dammelo!
3.
Poiché in verità, quanto più ora rifletto su questa cosa, tanto più critica e
ingarbugliata essa diventa!”
4. E Giuseppe
disse allora a Cirenio: “Ascoltami, nobilissimo
amico! Da questo imbarazzo ti si può togliere molto facilmente!
5.
Voglio darti un buon consiglio, che ti indicherà la cosa giusta che dovrai fare
in questa occasione.
6.
Vedi, ora tu nel tuo cuore sei della mia fede viva, e ami e onori insieme a me
l’unico vero Dio!
7. Io
però ti dico: fino a quando tu ti preoccuperai, fino ad allora Dio non farà
neanche nulla per te!
8. Ma
non appena tu rimetti a Lui ogni tua preoccupazione, e di nient’altro ti
affanni e preoccupi, se non appunto di conoscere sempre più questo vero Dio, e
sempre più amarLo,
9.
allora Egli comincerà ad aiutarti in tutto, e tutto quello che tu oggi vedi
ancora storto, domani starà diritto davanti a te!
10.
Fa’ perciò sgomberare questa città dalle macerie solo là dove eventualmente
potrebbero trovarsi sepolte delle persone, ciò che già ora viene fatto.
11.
Tutti gli altri templi, sotto le cui macerie non si trova altro, se non tutt’al
più qualche goffissimo idolo senza valore e diroccato, lasciali invece giacere
come rovine!
12.
Infatti quello che è distrutto dagli elementi, per questo cieco popolo vale
come se l’avessero distrutto gli dèi.
13.
Perciò non si daranno neanche pensiero di ricostruire loro stessi questi
templi;
14.
infatti il popolo teme che, operando così contro il volere degli dèi, si possa
attirare una grande punizione.
15. Ma
sacerdoti che avessero a intraprendere ciò a loro vantaggio con le mani e con i
mezzi del popolo, dietro una inventata richiesta da parte degli dèi, non ce ne
sono più, -
16. e
quelli che ancora ci sono, non costruiranno mai più templi per idoli!
17.
Dunque per questo puoi stare senza alcuna preoccupazione; il Signore del Cielo
e della Terra farà la cosa migliore per te e per tutto il popolo!
18. Ma
in questo periodo capiterà comunque a parecchie città una sorte simile, di
crollare qua e là; e così si farà poco caso, se questa antica città fra dieci
anni diventerà totalmente una rovina!”
19.
Questo discorso di Giuseppe consolò Cirenio ed egli,
di nuovo completamente rasserenato, ritornò in casa con Giuseppe.
Ritorno di Cirenio e della sua servitù a Ostracine.
Maria in
preghiera. Parole consolatrici di Giuseppe.
5 dicembre 1843
1.
Giunti nella sala da pranzo, Cirenio domandò a
Giuseppe: “Caro amico, mio tutto, vedi, in questo istante mi è passato nel
petto e nella mente un buon pensiero!
2. Che
ne pensi, riguardo a quella mia faccenda di cui abbiamo parlato fuori, e per
cui mi hai detto quanto di meglio e di più consolante, non sarebbe bene, per
tranquillizzare pienamente il mio animo,
3. se
io volessi sentire dai tre sacerdoti qui presenti qual è la loro opinione?”
4. Giuseppe
disse: “Se la mia parola non ti basta ancora, tu sei il padrone qui e puoi fare
quel che ti piace per tua tranquillità,
5.
sebbene io sia del parere che qui, con questi tre sacerdoti, non ci sarà poi
molto da parlare, fin quando essi prendono me per Urano o Saturno, e il Piccino
per Zeus ringiovanitosi!
6. Se
tu dunque li interrogherai su ciò che ti preme, essi ti rimanderanno
evidentemente a me e al Piccino!”
7.
Quando Cirenio ebbe sentito questo da Giuseppe,
desistette subito dalla sua richiesta e disse poi:
8.
“Ora mi è tutto chiaro; il mio animo è pienamente tranquillizzato e io posso di
nuovo dedicare con tutta calma il resto del mio tempo agli ordinari affari di
Stato.
9. Si
è già fatta sera; perciò mi recherò di nuovo in città con la mia servitù!
10. Ma
domani pomeriggio sono di nuovo da te. Se tuttavia io dovessi aver bisogno
prima di qualche tuo consiglio, già in mattinata ti pregherò di venire da me!”
11.
Qui Giuseppe benedisse Cirenio e Maronio,
e Cirenio andò ancora alla culla e baciò con ogni
delicatezza il Piccino addormentato.
12.
Poi però si alzò e se ne allontanò con le lacrime agli occhi.
13. Mentre se ne andava, si girò almeno qualche centinaia
di volte verso la villa, che ora per lui valeva più di tutti i tesori
del mondo.
14. Ma
anche Giuseppe mandò a Cirenio una benedizione dietro
l’altra, fin tanto che poté scorgere ancora qualcosa della schiera di Cirenio.
15.
Quando non si poté scorgere più nulla di Cirenio,
soltanto allora Giuseppe andò di nuovo in casa e quindi da Maria, la quale -
come di consueto a quell’ora - era giusto raccolta in profonda preghiera a Dio.
16. Ma
non appena ella si accorse di Giuseppe accanto a sé, si alzò e disse: “Caro
consorte, per davvero, questo giorno mi ha totalmente cambiata! Il mondo, il
mondo, non è un guadagno per l’uomo!”
17. E Giuseppe
disse: “Mia fedelissima sposa, tu hai ragione; però io penso: fino a quando il
Signore è con noi, pur nel mondo, non perdiamo nulla! Perciò sii di buon animo;
domani il vecchio sole sorgerà ancora per noi nuovo e splendido! Al Signore
soltanto ogni onore in eterno! Amen”.
Maria esempio di femminile umiltà.
Preghiera di lode e di
ringraziamento fatta da Giuseppe e dai suoi figli.
Positivo effetto della
preghiera sui tre sacerdoti pagani.
6 dicembre 1843
1. Ma
Maria, che non era mai stata di molte parole e neanche mai pretendeva di avere
l’ultima parola, come sogliono fare le donne, si accontentò nel suo cuore delle
semplicissime e altrettanto brevi parole di conforto di Giuseppe.
2. Poi
ella si recò a riposare, mentre Giuseppe in cuor suo la consacrava al Signore.
3. Ma
poi Giuseppe andò dai suoi figli e disse loro: “Figlioli, la sera è
splendida e serena; andiamo fuori all’aperto!
4. Là
nel grande, santo tempio di Dio, vogliamo intonare un canto di lode, e
ringraziare il Signore per tutti gli infiniti benefici che Egli ha concesso a
noi e ai nostri padri fin dall’inizio del mondo!”
5.
Immediatamente i figli di Giuseppe lasciarono tutto e seguirono il padre.
6. Ed
egli li condusse su una piccola collina isolata, che distava circa cento passi
dalla villa, apparteneva al podere di Giuseppe e aveva un’altezza di circa
venti klafter (38 m).
7.
Notarono però tale movimento i tre sacerdoti, e ritennero che forse gli dèi si
recassero quella notte nell’Olimpo, per tenervi un consiglio generale di tutti
gli dèi.
8.
Perciò anch’essi uscirono presto dalla loro camera, e ben nascosti e silenziosi
andarono dietro a Giuseppe.
9.
Giunti alla collina, si misero ad ascoltare sotto un fico dal fitto fogliame,
quello che i presunti dèi stessero eventualmente per decidere nell’Olimpo.
10. Ma
quale non fu la loro meraviglia, allorché sentirono i presunti dèi di prima
classe adorare e cantare lodi a un Dio, con grande intensità e commozione.
11. Ma
su di loro fecero particolarmente effetto i seguenti passi di un Salmo di Davide (Salmo 90),
passi che suonavano così:
12. “Signore Dio, Tu sei il nostro rifugio perennemente!
Prima che i monti fossero e la terra e il mondo venissero creati, Tu sei Dio
dall’eternità all’eternità!
13. Tu che lasci morire gli uomini e dici: ‘Ritornate,
figli degli uomini!’
14. Poiché mille anni sono davanti a Te come un giorno, che
ieri è passato, e come un turno di guardia notturna.
15. Tu li lasci andare come un fiume, ed essi allora sono
come un sonno, e simili a un’erba che è appassita,
16. ecco, al mattino fiorisce, e presto appassisce, e la
sera viene tagliata e poi si secca.
17. Ciò fa la Tua ira, che noi passiamo così, e la Tua
collera, che ce ne dobbiamo andare così all’improvviso!
18.
Poiché il nostro misfatto lo metti davanti a Te e il peccato che non
riconosciamo lo metti nella luce, davanti al Tuo volto!
19. Per questo tutti i nostri giorni se ne vanno attraverso
la Tua ira, e trascorriamo i nostri anni come una chiacchiera.
20. La nostra vita dura forse settant’anni, a dir molto,
sono ottant’anni, e quando è stata bellissima, pur fu piena di fatica e di
lavoro; poiché se ne va in fretta come se ce ne volassimo via.
21. Però chi lo crede, che Tu sei tanto adirato, e chi ha
timore di questa Tua collera?
22. Insegnaci invece a riflettere che dobbiamo morire,
affinché diventiamo saggi!
23. Signore, rivolgiti dunque di nuovo a noi, e sii benigno
con i Tuoi servi!
24. Riempici
al mattino con la Tua grazia, così vorremo lodarTi ed
essere lieti in Te per tutta la nostra vita!
25. Rallegraci ora di nuovo, dopo che a lungo ci hai
tormentati e così a lungo fummo nell’infelicità!
26. Mostra ai Tuoi servi le Tue opere e la Tua gloria ai
loro figli!
27. E Tu, Signore, nostro Dio, sii benevolo con noi e aiuta
presso di noi l’opera delle nostre mani;sì, l’opera
delle nostre mani, voglia Tu aiutare!”. -
28.
Come i tre ebbero sentito ben distintamente questo canto, ritornarono subito
nella loro camera.
29. E uno
disse agli altri due: “Per davvero, non possono essere dèi, costoro che
pregano così a un Dio, e riconoscono perfino la Sua ira e la Sua collera sopra
di loro!”
30. E un
altro disse: “Questo in fondo sarebbe il meno, ma che questa preghiera sia
riferita interamente a noi, è qui che c’è sotto qualcosa!
31.
Perciò zitti ora; gli oranti ritornano! Domani però vogliamo esaminare più a
fondo per conto nostro quello che abbiamo sentito; ma zitti dunque per oggi,
poiché essi arrivano!”.
“Il mattino ha l’oro
in bocca”. Giuseppe e i suoi figli al lavoro nel campo.
Gioele tramortito dal
morso di un serpente velenoso. Rientro in casa e spavento dei famigliari.
Parole consolatrici
del Piccino. Rianimazione di Gioele.
7 dicembre 1843
1. Ma Giuseppe
disse poi ai suoi figli di terminare il lavoro che avessero ancora da sbrigare
e di andare poi a riposare.
2. Ma lui
stesso, poiché anch’egli cominciava già a sentire una certa stanchezza nelle
sue membra, si recò poi subito a riposare.
3.
Così si concluse questa giornata che era stata ricca di avvenimenti.
4. Ma
il giorno seguente il nostro Giuseppe, come di consueto, era alzato già
parecchio tempo prima dello spuntar del Sole, e svegliò anche i suoi figli per
il lavoro.
5.
Egli diceva infatti: “D’oro è l’ora mattutina; ciò che in essa compiamo, è più
benedetto che la fatica di tutto il resto della giornata!”
6. E
così ad eccezione di Giacomo, che doveva rimanere col Piccino, egli con i
quattro figli maggiori andò subito fuori ad un campo per coltivarlo.
7. Ma
il figlio maggiore lavorava con più diligenza e voleva superare gli altri tre.
8.
Vedi però, mentre egli con così tanto zelo conficcava la vanga nella terra,
ecco che d’un tratto alzò dal terreno un velenosissimo serpente!
9. E
il serpente si mosse velocemente e lo morse nel piede.
10. Accorsero bensì i tre fratelli più giovani ad
ammazzare il serpente; ma ciò nonostante il piede del fratello si gonfiava a
vista d’occhio, egli fu colto da una vertigine e presto sprofondò nella morte.
11.
Giuseppe e i tre fratelli minori cominciarono a gemere e invocarono Dio, perché
tuttavia volesse ridestare loro Gioèle.
12. E Giuseppe
maledisse il serpente e disse ai tre: “Ora mai più in eterno un serpente dovrà
strisciare su questo suolo!
13. Ma
sollevate il fratello e portatelo a casa; poiché così deve essere piaciuto al
Signore, di prendermi il primogenito!”
14. E
i tre fratelli sollevarono piangendo Gioèle e lo
portarono a casa, e Giuseppe si strappò la veste e li seguì gemendo.
15.
Giunti a casa, Maria, spaventata dai gemiti, corse loro subito incontro col
Bambino, e Giacomo la seguì.
16. Ma
entrambi lanciarono un grido di sgomento, quando videro Gioèle
esanime e Giuseppe con la veste stracciata.
17.
Anche i tre sacerdoti accorsero subito e si spaventarono non poco alla vista
del cadavere.
18. E uno
[di loro] disse a Giuseppe: “Ora soltanto ti credo pienamente, che anche tu
sei solo un uomo; poiché se tu fossi un Dio, come potrebbero morire allora i
tuoi figli, e come non potresti subito risuscitarli?!”
19. Ma
il Piccino disse: “Vi sbagliate tutti! Gioèle
è sì stordito e dorme; ma morto non è!
20.
Portate qui una cipolla di mare; mettetegliela sulla ferita, e subito starà
meglio!”
21. In
gran fretta Giuseppe portò lì tale cipolla e la mise sulla ferita di Gioèle.
22. E
in pochi istanti egli ritornò in sé e domandò a tutti che cosa mai gli fosse
capitato.
23. Ma
gli astanti gli raccontarono subito tutto, e lodarono ed esaltarono Dio per
averlo salvato; ma i tre sacerdoti provarono un gran rispetto per il Bambino, -
ancor più però per la cipolla.
Il voto di Giuseppe.
Discorso di Gesù Bambino sul sacrificio più gradito a Dio.
Obiezione di
Giuseppe e risposta del Piccino.
9 dicembre 1843
1. Poi
Giuseppe si recò subito con tutta la sua famiglia nella stanza da letto e lodò
ed esaltò Dio ad alta voce per un’ora,
2. e
fece anche un voto, in base al quale egli si obbligava ad offrire un sacrificio
al Signore, non appena fosse ritornato a Gerusalemme.
3. Ma il
Piccino disse a Giuseppe: “Ascoltami! Pensi che il Signore se ne
compiaccia?
4. Oh,
qui ti sbagli enormemente! Vedi, Dio non si compiace né di olocausti, né del
sangue di animali, e altrettanto poco di farine, oli e frumento,
5.
bensì solo ed esclusivamente di un cuore pentito, contrito ed umile, che Lo ami
sopra ogni cosa.
6. Ma
se hai qualcosa che ti avanza, dà a coloro che sono nudi, affamati e assetati,
così offrirai al Signore un retto sacrificio!
7. Ti
prosciolgo perciò dal tuo voto e dal dovere verso il Tempio, perché ne ho piena
autorità.
8. Io
stesso però un giorno adempirò il tuo voto a Gerusalemme, in un modo, che la
Terra intera ne sarà saziata per l’eternità!”
9. Ma
Giuseppe prese il Piccino fra le sue braccia e Lo baciò e disse poi a Lui:
10.
“Mio amatissimo piccolo Gesù, il Tuo Giuseppe te ne ringrazia bensì con tutto
il cuore, e riconosce la pienissima santa verità delle Tue mirabilissime
Parole,
11. ma
vedi, Dio, il Padre Tuo e di noi tutti, ha tuttavia prescritto una tal cosa
tramite Mosè e i Profeti, e ha ordinato a noi, Suoi figli, di osservarla.
12.
Oh, dimmi: hai forse il diritto Tu, Figlioletto mio, sebbene di origine divina,
santa e miracolosa, di abolire le leggi del grande Padre, che abita eternamente
nei Suoi Cieli?”
13. Ma
il Piccino disse: “Giuseppe, se anche te lo dicessi, Chi
sono Io, non vorresti tuttavia crederMi, dal momento
che tu vedi in Me solo un figlio degli uomini!
14. Ma
ciò nonostante Io ti dico: dove Io sono, là è anche il Padre; ma
dove Io non sono, là neanche il Padre c’è!
15. Io
però ora sono qui e non nel Tempio; come può allora il Padre essere nel
Tempio?!
16.
Comprendi questo? - Vedi, dove è l’Amore del Padre, là è anche il Suo Cuore;
in Me però è l’Amore del Padre e così anche il Suo Cuore!
17.
Nessuno però porta il suo cuore fuori di sé, così neanche il Padre; dov’è il
Suo Cuore, là è anche Lui! - Comprendi questo?”
18.
Queste parole riempirono Giuseppe, Maria, così come i cinque figli, di un
profondo sacro presentimento. Ed essi poi andarono fuori e lodarono nel loro
cuore il Padre così vicino; e Maria si accinse poi a preparare la colazione
mattutina.
La colazione. La domanda di Giuseppe per accertarsi che tutti si siano lavati.
Resistenza dei tre sacerdoti alle istruzioni di Giuseppe. Il Piccino li convince all’ubbidienza.
Sensata domanda dei sacerdoti e imbarazzo di Giuseppe.
11 dicembre 1843
1. La
colazione fu presto preparata, poiché non consisteva d’altro che di latte
fresco bollito in una pentola con un po’ di miele con timo, e pane.
2.
Maria stessa la portò in tavola e chiamò a tavola Giuseppe e i cinque figli,
come pure i tre sacerdoti.
3. E Giuseppe
apparve subito col Bambino in braccio, Lo diede alla Madre e si mise poi a
tavola.
4. Qui
subito intonò al Signore un canto di lode; e quando il canto di lode fu
terminato, allora Giuseppe chiese come di consueto se tutti si fossero lavati.
5. E Maria,
i cinque figli e il Piccino dissero: “Sì, ci siamo tutti lavati benissimo!”
6. E Giuseppe
rispose: “Dunque potete anche mangiare! Che ne è però di voi tre? Anche voi vi
siete lavati?”
7. Ma i
tre sacerdoti dissero: “Da noi non è usanza di lavarsi con acqua al
mattino, bensì invece alla sera.
8. Al
mattino ci ungiamo con olio, perché il caldo della giornata non ci dia troppo
fastidio”.
9. E Giuseppe
disse: “Ciò può essere bene; se io venissi nella vostra casa, farei la stessa
cosa che fate voi.
10. Ma
poiché ora siete voi in casa da me, osservate dunque la mia usanza; poiché essa
è migliore della vostra!”
11. Ma
i tre sacerdoti pregarono di poterne essere dispensati.
12.
Allora Giuseppe voleva esonerare i tre sacerdoti dal lavarsi;
13. ma il Piccino disse: “Per davvero, in
pietra si deve tramutare ciascun boccone nel loro stomaco, se essi prima non si
lavano bene con acqua, prima di prendere parte alla tavola a cui Io sono
presente!”
14.
Queste parole levarono subito ai tre sacerdoti la loro usanza, ed essi chiesero
acqua e si lavarono.
15. Ma
dopo che si furono lavati, allora Giuseppe li invitò subito di nuovo a
tavola;
16. ma
i sacerdoti si rifiutarono e non ne avevano il coraggio, poiché temevano
il Bambino.
17. Ma
il Piccino disse: “Se ora voi vi rifiuterete di venire a tavola e di
prendere con noi la colazione benedetta, morirete!”
18. E subito
i sacerdoti si misero a tavola e mangiarono con grande segreta venerazione per
il Bambino.
19. Ma
quando la colazione fu consumata, Giuseppe si alzò di nuovo e offrì il
ringraziamento a Dio.
20. Ma
i sacerdoti gli chiesero poi: “Quale Dio ringrazi? Non è questo Bambino
il primo vero Dio? Come mai allora ne ringrazi anche un altro?”
21.
Questa domanda colpì molto Giuseppe, ed egli non seppe che cosa dovesse
rispondervi.
22. Ma
il Piccino disse: “Giuseppe, non ti preoccupare invano; poiché quello
che hanno detto i tre, sarà adempiuto! Ma adesso non stare a preoccuparti; tu
infatti preghi ciò nonostante solo l’unico Dio e Padre!”.
L’amore è la vera
preghiera a Dio. Gesù Figlio di Dio.
Pensieri pagani
dei tre sacerdoti ed esortazione del Piccino.
12 dicembre 1843
1.
Giuseppe baciò il Piccino e disse: “Sì, per davvero, se in Te non ci fosse il
Cuore del Padre, mai saresti capace di tali parole!
2. Dov’è
mai infatti su tutta la Terra un bambino della Tua età, che sia in grado di
dire da sé parole tali, che nessun sapiente ha mai ancora detto?!
3.
Perciò dimmi se Ti devo pregare assolutamente come mio Dio e Signore!”
4.
Questa domanda di Giuseppe al Piccino sorprese gli animi di tutti i presenti.
5. Ma il
Piccino sorridendo dolcemente a Giuseppe disse: “Giuseppe, lo sai proprio,
in che modo l’uomo deve pregare Dio?
6.
Vedi, non lo sai pienamente, perciò voglio dirtelo!
7. Ascolta! Nello spirito e nella verità l’uomo deve
pregare Dio, non già con le labbra come fanno i figli del mondo, i quali
ritengono di aver servito Dio, se per un certo tempo hanno ciarlato con le
labbra.
8. Ma
se tu vuoi pregare nello spirito e nella verità, allora ama Dio nel tuo cuore e
fa del bene a tutti, amici e nemici, così la tua preghiera sarà giusta davanti
a Dio!
9. Ma
se uno in certi momenti ha ciarlato per breve tempo davanti a Dio solo con le
labbra, e durante un tal ciarlare ha pensato a ogni sorta di cose mondane, che
gli stavano più a cuore di tutta la sua vuota preghiera, anzi, più di Dio
stesso, - di’, è questa forse allora una preghiera?
10. In
verità, milioni di tali preghiere vengono ascoltate, presso Dio, esattamente
come una pietra ascolta la voce di uno che grida!
11. Ma
se tu preghi Dio mediante l’amore, non occorre mai che tu domandi, se ora devi
adorare Me come il santissimo Dio e Padre.
12.
Poiché chi prega Dio così, costui prega anche Me; poiché il Padre e Io siamo di
un unico Amore e di un unico Cuore”.
13.
Queste parole convertirono tutti a un più puro discernimento, ed ora essi
seppero perché Gesù doveva essere chiamato Figlio di Dio.
14. Il
petto di Giuseppe divenne ora colmo del più alto celeste gaudio.
15. E
Maria giubilò segretamente per il Piccino e serbò tutte queste Parole nel suo
cuore; lo stesso anche i figli di Giuseppe.
16. Ma
i tre sacerdoti dissero a Giuseppe: “O più eminente dei sapienti di
tutti i tempi!
17.
Alcune parole vorremmo scambiare esclusivamente con te in tutta segretezza, su
quel colle dove ieri sera con i tuoi figli hai pregato il tuo Dio in modo così
sincero ed edificante!”
18. Ma
il Piccino allora subito s’intromise, dicendo precisamente:
19.
“Credete dunque che le Mie orecchie sarebbero troppo corte e non
raggiungerebbero le vostre bocche sul colle? Oh, vi sbagliate; poiché le Mie
orecchie giungono tanto lontano quanto le Mie mani! Perciò parlatevi pur qui
davanti a Me!”.
Il Bambino svela
la cecità e la stoltezza dei tre sacerdoti.
Il tempio nel
cuore e il vero servizio divino.
13 dicembre 1843
1. Ma
i tre sacerdoti si trovarono allora molto imbarazzati e ora non sapevano che
fare; essi infatti non osavano svelare a Giuseppe il loro intento in presenza
del Bambino.
2. Ma il
Piccino li guardò e disse poi con voce molto ferma:
3.
“Non vorreste forse fare anche di Me un idolo?
4. Là
su quella collina vorreste costruire un tempio, collocarvi su un altare d’oro
la Mia immagine scolpita, e poi offrire sacrifici a questa scultura a modo
vostro.
5.
Provatevi solo a fare qualcosa di simile; in verità vi dico, il primo che farà
solo un passo e muoverà solo un dito a questo scopo, sarà subito nel posto
della morte!
6. Ma
se davvero Mi volete costruire un tempio, costruitelo vivo nel vostro cuore!
7. Io
infatti sono vivo, non invece morto, e voglio perciò templi vivi, mai invece
morti!
8. Ma
se già credete che in Me abiti corporeamente la pienezza della Divinità, non
sono Io stesso a sufficienza un tempio vivo davanti a voi? Perché di Me devono
esserci ancora una scultura e un tempio di pietre?
9. Che
cosa vale di più, Io - o un tempio tanto insignificante e una scultura di Me?
10. Se
Colui che è vivo, è presso di voi e fra voi, a che può servire ed essere utile
colui che è morto?
11. O voi
ciechi e stolti! Non è di più se Mi amate, piuttosto che se Mi voleste
edificare mille templi di pietra, e voleste poi per mille anni in quegli stessi
templi, davanti a immagini scolpite di Me, muovere le vostre labbra in vesti
ricamate?!
12. Ma
se un uomo povero venisse da voi, e fosse nudo e affamato e assetato,
13.
voi però voleste dire: ‘Vedi, questo è un semidio, poiché è così che appaiono
questi alti esseri;
14.
facciamoci di lui un’immagine e mettiamola poi in un tempio, perché venga da
noi venerata!’
15. diteMi, se faceste proprio così, servirebbe a qualche cosa
per il povero uomo, quand’anche eseguiste la sua immagine in oro puro?!
16.
Non gioverebbe di più al povero, se voi seguendo il vostro amore lo
rivestiste e gli porgeste poi cibo e bevanda?
17. Ma
non è Dio ancora più vivo di qualsiasi uomo sulla Terra, dato che tutto ha pur
vita da Lui?
18.
Dovrebbe forse essere cieco Dio, che creò il sole e ti diede un occhio
vedente?!
19. O
sarebbe sordo Colui che ti ha fatto l’orecchio, e insensibile Colui che ti
diede la sensibilità?
20.
Vedi, quanto sarebbe stolto pensare e parlare così!
21.
Dio è dunque la perfettissima Vita stessa, quindi il più perfetto Amore; come
mai dunque volete adorarLo e onorarLo
come se fosse un morto? -
22.
Riflettete a questo, affinché siate sanati dalla vostra cecità.”
23.
Questo discorso mise a terra i tre sacerdoti; essi riconobbero la santa Verità
e per quel giorno non dissero altro.
Il positivo effetto generale di questo insegnamento.
La sacra Famiglia nella vita domestica. La mendicante cieca e il suo sogno.
La guarigione della cieca mediante l’acqua del bagno del Bambino.
14 dicembre 1843
1.
Dopo aver così mostrato la loro somma venerazione, i tre sacerdoti ritornarono
nella camera loro assegnata, e vi rimasero fino al tramonto del Sole.
2. Non
dissero nulla, ma ciascuno di loro meditò le parole del Bambino dai discorsi
prodigiosi.
3. Ma Giuseppe
diede onore a Dio nel suo cuore, e Lo ringraziò fervidamente per la grazia
infinitamente grande, di essere diventato il padre adottivo del Figlio di Dio.
4.
Quando dunque con Maria e i suoi figli ebbe dato lode e onore a Dio, e Maria
ebbe altresì provveduto al Piccino,
5. il Piccino
fu allora di nuovo affidato a Giacomo, e Giuseppe si fece ricucire da Maria il
vestito strappato, e ritornò poi fuori con i suoi quattro figli a lavorare il
campo.
6. Ma
Maria nel frattempo pulì gli arredi domestici, perché la casa fosse in ordine per
accogliere gli ospiti, che avevano promesso di ritornare nel pomeriggio.
7.
Quando ella ebbe finito le pulizie, guardò di nuovo se non mancasse nulla al
Bambino.
8. Ma
il Piccino chiese il petto e poi un bagno, e questo con acqua pura e fredda.
9.
Maria fece subito tutto questo; e quando ebbe lavato il Piccino, arrivò da
Maria nella stanza una donna cieca, e si lamentò molto per la sua misera
condizione.
10. Ma
Maria disse a questa donna cieca: “Vedo bene che sei molto misera; ma
che cosa potrei fare per aiutarti?”
11. E la
donna disse: “Ascoltami! Questa notte ho avuto un sogno proprio
meraviglioso.
12.
Vidi che tu avevi un Bambino immensamente luminoso; questo Bambino chiese da te
petto e bagno.
13. Il
bagno era d’acqua fresca; e dopo avervi lavato dentro il Bambino, l’acqua si
riempì di stelle lucenti!
14.
Allora mi ricordai che io sono cieca, e mi meravigliai non poco di come avessi
potuto vedere tutto questo.
15. Ma
intanto tu mi avevi detto: ‘Donna, prendi dunque quest’acqua e lavati gli
occhi, - e tu vedrai!’
16.
Allora io volli immediatamente prendere l’acqua e lavarmi gli occhi; ma subito
mi svegliai - e sono rimasta ancora cieca!
17.
Questa mattina però qualcuno mi disse: ‘Esci e cerca! Troverai la donna col
Bambino; infatti non arriverai in nessun’altra casa se non in quella!’
18.
Eccomi qui ora, al traguardo sicuro della mia grande fatica, dell’angoscia e
del pericolo!”
19.
Qui Maria porse alla donna cieca l’acqua del bagno, e la donna si lavò con
questa il viso e all’istante ci vide.
20. Ma
la donna era sopraffatta dalla tanta gratitudine, e voleva subito
gridare il fatto ai quattro venti in tutta Ostracine;
Maria però lo proibì alla donna nel modo più deciso.
La cieca guarita
ringrazia e prega di essere accolta in casa di Giuseppe.
Testimonianza di
Giacomo sul carattere di Maria.
Una predizione della
giovane sulla futura venerazione per Maria. Modestia di Maria.
Ritorno di Giuseppe.
15 dicembre 1843
1. Ma la
donna chiese a Maria, se non le volesse permettere di rimanere per qualche
tempo presso di lei, per servire la casa in cui le era toccata una guarigione
così grande.
2. Ma Maria
disse: “Donna, questo non dipende da me, poiché io stessa sono solo un’ancella
del Signore;
3. ma
aspetta un poco, finché il mio consorte torni dal campo! Da lui riceverai la
giusta risposta!”
4. Ma la
donna cadde ai piedi di Maria e voleva cominciare ad adorarla formalmente
come una dea; ella infatti considerava la guarigione della sua vista un
miracolo troppo grande, essendo una cieca nata.
5.
Maria però glielo proibì severamente e si allontanò in un’altra stanza.
6. Ma la
donna cominciò a piangere per questo, essendo dell’opinione di aver offeso
così la sua più grande benefattrice.
7. Giacomo
però, che in quella stessa stanza stava coccolando il Piccino, guardò la donna
e le disse:
8.
“Perché piangi come se qualcuno ti avesse fatto del male?”
9. Ma la
donna disse: “Ah, caro giovinetto! Io ho offeso proprio colei, che mi diede
la luce degli occhi; come potrei non piangere?”
10. Ma
Giacomo disse: “Ah, preoccupati di qualcos’altro! La giovane donna che
ti porse l’acqua del bagno, è più mite di una tortora; perciò mai la si può
offendere.
11. Se
anche qualcuno la volesse offendere, non potrebbe tuttavia riuscirci!
12.
Poiché allora per un’offesa lo benedice dieci volte, e prega lei stessa
l’offensore di ridonarle l’amicizia, in una tal maniera che anche la più dura
pietra non potrebbe resistere!
13.
Vedi, così buona è questa donna! Perciò non dartene pensiero; poiché ti
assicuro che lei proprio adesso prega Dio per te!”
14. E così era infatti: Maria pregava per davvero Dio per questa donna,
perché Egli volesse illuminarle l’intelletto, e così comprendesse che anche lei
(Maria) era solo una debole donna.
15.
Maria era bensì di altissimo lignaggio, ma la sua gioia consisteva nell’essere
umiliata dappertutto e da ognuno.
16. Ma
dopo un po’ la buona, cara Maria ritornò di nuovo e chiese sul serio
perdono alla donna, per averla forse ripresa un po’ duramente.
17.
Questo comportamento da parte di Maria quasi uccise la grata donna per il tanto
amore a Maria.
18. E la
donna disse nella piena estasi del suo amore:
19. “O
tu luminosa Psiche della mia specie[15],
ciò che il tuo nobilissimo cuore prima mi rimproverò, è quello che ti faranno
un giorno i popoli!
20.
Poiché fra tutte le donne della Terra tu sei sicuramente la prima che ha un
legame con gli alti dèi, e tanto più sicuramente, in quanto oltre alla tua vera
virtù divina, sei anche così indicibilmente cara, soave e bella!”
21. Ma
Maria disse: “Cara donna, dopo la mia morte gli uomini possono fare di
me ciò che vogliono; ma mentre io vivo ciò non deve accadere!”
22. Qui ritornò di nuovo Giuseppe con i quattro
figli; e Maria gli presentò subito la donna e gli raccontò tutto quello che era
capitato lì.
Giuseppe accoglie la
donna guarita. La commovente storia della sua vita.
Giuseppe conforta la
povera orfana.
16 dicembre 1843
1. Ma
non appena la donna seppe che Giuseppe era il consorte di Maria, andò a chiedergli
il favore di poter restare nella sua casa.
2. E Giuseppe
disse alla donna: “Se ti è toccata una tale grazia, come mi ha riferito ora mia
moglie in tua presenza, e per questo vuoi essere grata a questa casa, puoi
restare pure.
3.
Poiché vedi, io ho qui un terreno piuttosto grande, e ho parecchi animali
domestici, e ho una casa spaziosa!
4. E
così non mancheranno le occupazioni, e anche di spazio per abitare ce n’è qui a
sufficienza.
5. Mia
moglie è comunque di debole costituzione come forza fisica; perciò mi renderai
un buon servizio, se vorrai aiutare qua e là mia moglie nei lavori domestici.
6. A
tutte le tue necessità sarà provveduto; però in denaro non posso darti alcuna
paga, poiché io stesso non ne ho.
7. Se
sei soddisfatta di questa proposta, puoi rimanere qui a tuo piacere, non però
per un qualche presunto dovere!”
8.
Queste parole resero la donna, che era comunque una poverissima orfana,
oltremodo felice, ed ella lodò oltre misura la casa in cui aveva trovato tanto
bene.
9. Ma Giuseppe
le domandò del suo luogo di nascita e della sua età, e di quale religione mai
fosse.
10. E la
donna rispose: “Uomo degnissimo di ogni onore! Io sono nativa di Roma, sono
la figlia di un potente patrizio!
11. Il
mio aspetto invecchiato non corrisponde alla mia età; infatti solo da appena
venti estati sono un abitante della Terra.
12.
Venni al mondo cieca; ma un sacerdote consigliò i miei genitori di portarmi a
Delfi, dove per la misericordia di Apollo avrei ricevuto la luce degli occhi.
13.
Quando venne dato questo consiglio ai miei genitori, io avevo dieci anni e
sette mesi.
14. I
miei genitori, che erano molto ricchi e quale unica figlia mi amavano
moltissimo, seguirono questo consiglio.
15.
Essi noleggiarono una nave per far rotta con me verso Delfi.
16. Ma
eravamo in mare da appena tre giorni, quando arrivò una violentissima tempesta
e spinse la nave a grandissima velocità in questa regione.
17. A
circa duecento klafter (380 m) dalla costa,
come mi raccontava spesso colui che mi salvò la vita, la nave fu scaraventata
su uno scoglio,
18. e
tutti perirono, eccetto me e un marinaio che mi ha salvata; e così anche i miei
buoni genitori.
19.
Non si trovò mai un’occasione per riportarmi nella mia città nativa. Anche il
marinaio morì qui, già cinque anni or sono, e io ora in questa località sono
un’orfana mendicante, consunta dalla grande miseria e tristezza.
20.
Tuttavia poiché sicuramente ho trovato una tale grazia presso gli dèi, e ho
ricevuto la luce degli occhi, ed ora posso vedere i miei benefattori, voglio
anche volentieri dimenticare la mia grande tribolazione!”
21.
Questo racconto di colei che sembrava una donna matura mosse tutti a piangere;
e Giuseppe disse: “O povera orfana, sii consolata; poiché qui troverai
più d’una volta i tuoi genitori!”.
L'orfana chiede spiegazione delle parole di Giuseppe per lei oscure.
Risposta di
Giuseppe.
18 dicembre 1843
1. Ma la
presunta donna non comprese pienamente ciò che Giuseppe avesse inteso,
con il riavere molteplici genitori; perciò gli domandò:
2. “O
caro, buonissimo uomo, nella cui casa mi toccò una grazia così infinitamente e
meravigliosamente grande, che cosa mai intendi con questo, che secondo la tua
parola mi debba qui accadere di ritrovare più d’una volta i miei perduti
genitori?”
3. Ma Giuseppe
disse a lei: “Per davvero, tu nella mia casa sarai considerata come i miei
figli per tutta la tua vita!
4.
Presso di me imparerai a conoscere l’unico ed eternamente vero Dio, il Quale è Lo
stesso che ti ha creata e ti ridiede ora la luce degli occhi.
5. Sì,
tu riconoscerai specificamente il tuo Dio e Signore e sarai da Lui stesso
istruita!
6. Qui
inoltre incontrerai anche presto, in questa mia casa, un alto (dignitario)
romano, che regolerà le tue questioni a Roma!
7. E
questo romano è Cirenio, un fratello di Augusto.
8.
Egli conobbe sicuramente i tuoi genitori, e su mio consiglio sicuramente si
adopererà per te, a Roma, anche per la questione dei tuoi genitori. E ciò non
sarà dunque trovare più d’una volta i tuoi genitori spiritualmente e
fisicamente?!
9. Se
mai infatti vivessero i tuoi genitori naturali, dimmi, potrebbero essi fare di
più per te?
10. Ti
avrebbero mai ridato la luce degli occhi, e avrebbero mai potuto mostrarti
l’unico, eterno, vero Dio?
11. I
tuoi genitori naturali avrebbero bensì provveduto a te nel tempo, qui però si
provvederà a te per l’eternità, se soltanto vorrai accettare che così si
provveda.
12.
Dimmi, che cosa è dunque di più? I tuoi genitori naturali che il mare ha
inghiottito, o i tuoi attuali, ai quali il mare in nome dell’unico Dio deve
ubbidire?”
13.
Qui la presunta donna ammutolì del tutto per il tanto rispetto e
il tanto amore verso Giuseppe.
14. Ella
infatti, avendo già comunque sentito dire qua e là molto sommessamente, che in
qualche luogo nei dintorni di Ostracine abitasse
Zeus, pensava di essere ora alla personale presenza dello stesso.
15. Ma
Giuseppe riconobbe ben presto il vaneggiamento della donna e le disse:
16. “O
fanciulla, o figlia! Non ritenermi più di quello che sono; men che meno poi
qualcosa che non è nulla!
17. Io
sono un essere umano come te; questo ti basti per ora. Col tempo però si farà
più chiaro attorno a te; perciò buon così per adesso!
18. Ma
ora portate il pranzo; dopo questo vorremo saperne di più! Così avvenga.”.
Giuseppe commenta il digiuno dei tre sacerdoti.
Umiltà della nuova venuta e decisione di Giuseppe di adottarla.
Benedizione e gioia del piccolo Gesù.
19 dicembre 1843
1. I
figli di Giuseppe uscirono subito e portarono il pranzo.
2. Ma Giuseppe disse: “Che ne è dei tre?
Prenderanno il pranzo con noi, oppure preferiranno forse per oggi pranzare
nella loro stanza?
3. Uscite
a informarvi di questo, e accadrà loro come meglio preferiscono!”
4. E i
figli andarono e interrogarono i tre; questi però non dissero nulla,
bensì fecero capire ai figli che essi prima del tramonto non avrebbero detto
nulla e non si sarebbero presi nulla, né cibo né bevanda!
5. Ciò
riferirono i figli a Giuseppe, e Giuseppe ne fu contento e disse:
6. “Se
i tre ne hanno fatto una questione di coscienza, noi allora peccheremmo contro
di loro, se volessimo impedirli nella fedeltà al loro voto!
7.
Mettiamoci pure a tavola dunque nel nome del Signore, e consumiamo grati quello
che Dio ci ha donato!”
8. Ma la
presunta donna disse: “O signore di questa casa! Tu sei troppo
buono, e io non ho alcun valore; perciò non sono certo degna di mangiare alla
tua tavola; nell’atrio della tua casa voglio consumare con la massima
gratitudine ciò che la tua bontà mi darà in dono!
9.
Inoltre anche i miei abiti davvero troppo laceri, e il mio corpo non lavato,
non sono certo convenienti per la tavola di un signore quale tu sei!”
10. Ma
Giuseppe disse ai figli: “Andate a prendere quattro grandi anfore
d’acqua; mettetele nella stanza vicina a quella di Maria!
11.
Tu, moglie, va’ però a lavare la donna e a pettinarla, e falle indossare i tuoi
abiti migliori!
12. E quando ella sarà così magnificamente e festosamente
ornata, conducila poi qui, perché senza soggezione prenda il pranzo con noi!”
13.
Entro mezz’ora la volontà di Giuseppe fu compiuta, e tutta linda e pulita stava
là ora, al posto della donna, un’amabilissima fanciulla, timida ed enormemente
grata, sul cui volto erano visibili ormai solo le tracce della tristezza di
prima.
14. I
suoi tratti erano di grande bellezza, e nei suoi occhi vi era profonda umiltà,
ma anche profondo amore.
15. Giuseppe
provò una vera gioia per questa figlia e disse: “O Signore, Ti ringrazio perché
mi hai prescelto a salvare questa povera; nel Tuo santissimo Nome voglio
accettarla quale vera e propria figlia!”
16. E
rivolgendosi ai figli disse: “Guardate la vostra povera sorella, e salutatela
come fratelli!”
17.
Con molta gioia fecero questo i figli di Giuseppe, e alla fine disse
anche il Piccino:
18.
“Dunque, come da voi, sia accettata anche da Me; questa è un’opera buona e Mi
dà molta gioia!”
19. Ma
quando la fanciulla udì parlare così il Piccino, si meravigliò e disse:
“O meraviglia! Che è mai, che questo Piccino parla come un Dio!?”.
Scena idilliaca tra la fanciulla e il Piccino. I pericoli del
santo Segreto. Beatitudine ed esaltante gioia della fanciulla.
20 dicembre 1843
1. La
fanciulla andò subito dal Piccino e disse:
2.
“Oh, quale straordinario prodigioso Bambino sei dunque Tu!
3. Sì,
Tu sei lo stesso luminoso Piccino di cui così meravigliosamente mi sono sognata
che la Madre Gli aveva fatto il bagno, e poi quella stessa acqua del bagno mi
diede la luce degli occhi.
4. Sì,
sì, Tu divin Piccino! Tu mi desti la luce degli occhi! Tu sei il mio guaritore;
Tu sei il vero Apollo di Delfi!
5. Sì,
Tu nel mio cuore adesso sei già più che tutti gli dèi di Roma, di Grecia e
d’Egitto!
6.
Quale alto, divino Spirito deve abitare in Te, il Quale già così presto Ti ha
sciolto la lingua, e attraverso Te già adesso si dà a conoscere quale così
efficace e potente portatore di salvezza!
7.
Buon per voi uomini della Terra, che insieme a me vivete in grande tenebra e
tribolazione!
8. Qui
c’è il Sole dei Cieli, che a voi ciechi, come a me, ridarà la vista!
9. O
Roma, potente dominatrice della Terra, vedi, qui davanti a me mi sorride l’Eroe
che ti ridurrà a un cumulo di rovine!
10. Il
suo vessillo Egli pianterà sulle tue mura, e tu andrai nel sepolcro! Come è
soffiata via dal turbine una vuota pula, così tu sarai soffiata via!”
11. Ma
il Piccino tese la mano alla fanciulla e volle andare da lei.
12. E la
fanciulla se Lo prese con grande gioia e Lo strinse al cuore e Lo
accarezzò.
13. Ma
il Piccino giocava con i ricchi boccoli della fanciulla e disse
intanto molto sottovoce alla fanciulla:
14.
“Credi tu dunque, mia cara sorella, alle parole che prima hai pronunciato
davanti a Me, mentre ancora mi trovavo fra le braccia di Mio fratello?”
15. E la
fanciulla disse, lei pure molto sottovoce, al Piccino:
16.
“Sì, Tu mio Guaritore, Tu mia Luce, Tu mio primo Sole mattutino, - lo credo
tanto più fermamente, adesso che me lo hai chiesto!”
17. Il
Piccino disse allora: “Felice te, poiché credi nel tuo cuore così come
hai parlato!
18. Ma
questo Io ti dico: non tenere niente di più segreto, per adesso, che proprio
questa tua professione di fede!
19.
Poiché mai il nemico di ogni vita ha aguzzato il suo orecchio come proprio in
questo tempo!
20.
Perciò taci di Me, e non Mi tradire affatto, se ti preme di non essere uccisa
per l’eternità da questo nemico!”
21. Ma
la fanciulla promise questo con tutta fermezza, e nel tempo in
cui coccolava il Piccino era proprio così perfettamente e giovanilmente bella,
che tutti cominciarono sommamente a stupirsene, e la fanciulla per la tanta
beatitudine era quasi fuori di sé, sì, così beata era, che cominciò a giubilare
e a prendere confidenza.
CIRENIO E TULLIA
Arrivo di Cirenio e Pilla. Giuseppe
informa Cirenio riguardo alla fanciulla.
Cirenio
aspira alla mano di questa figlia adottiva di Giuseppe.
21 dicembre 1843
1.
Mentre ancora la fanciulla si trovava nella massima gioia, proprio Cirenio, in compagnia di Maronio
Pilla, ritornò da Giuseppe come aveva promesso la sera precedente.
2.
Giuseppe e Maria lo accolsero con grande, cordialissima gioia, e Cirenio disse:
3. “O
mio eccellente amico e fratello, che vi è mai successo per essere, con mia
grande gioia, così allegri?”
4. Ma Giuseppe
indicò subito a Cirenio la fanciulla e disse:
5.
“Vedi, là col Piccino in braccio e immersa in profondo diletto vedi l’oggetto
della nostra gioia!”
6. Cirenio guardò meglio la fanciulla e disse poi a
Giuseppe:
7.
“L’hai dunque assunta come bambinaia? Di dove è venuta dunque questa bella
ragazza israelita?”
8. E Giuseppe
rispose a Cirenio, che ardeva di curiosità:
9. “O
alto amico, vedi, un miracolo la portò sotto questo tetto! Ella venne da me
cieca, con l’aspetto di una poverissima anziana mendicante.
10. Ma
per la potenza miracolosa del Piccino acquistò la vista, e risultò poi essere
solo una fanciulla di appena vent’anni, ed è un’orfana, per cui l’ho anche
adottata come figlia, e questa è la vera e propria ragione della nostra gioia!”
11. E Cirenio, osservando la fanciulla con sempre maggior
compiacimento, mentre la fanciulla per il tanto diletto ancora non notava
affatto Cirenio, sebbene egli fosse presente nel suo
pieno fulgore, disse a Giuseppe:
12. “O
amico, o fratello, quanto mi rincresce ora di essere un alto patrizio romano!
13.
Per davvero, darei tutto pur di essere un ebreo e poterti chiedere ora in
moglie questa splendida ebrea!
14.
Infatti tu sai che sono scapolo e senza figli. Oh, che cosa potrebbe essere per
me una moglie così, da te benedetta!”
15. E Giuseppe
sorrise a Cirenio e gli domandò: “Che cosa faresti
dunque, se questa fanciulla non fosse un’ebrea, bensì una romana di alto
lignaggio, come te?
16. Se ella fosse l’unica figlia di un patrizio, i cui genitori
trovarono la loro fine nei flutti del mare, in un viaggio verso Delfi? - !”
17.
Qui Cirenio guardò Giuseppe tutto sbalordito e
disse, dopo una pausa di silenzio:
18. “O
eccellente amico e fratello! Che cosa dici qui? Ti prego, spiegati più chiaramente;
poiché la cosa sembra riguardarmi da vicino!”
19. Ma
Giuseppe disse: “Mio alto amico! Vedi, ogni cosa ha il suo tempo, perciò
pazienta anche tu qui un poco, e la fanciulla stessa ti farà sapere tutto!
20. Tu
però intanto fammi sapere come va con i cadaveri dissotterrati dalle macerie
del tempio!”.
Relazione di Cirenio sulla rianimazione dei duecento morti apparenti e suo crescente interesse per la fanciulla.
Esitazioni di
Giuseppe.
Il triplice
diritto matrimoniale nell’antica Roma.
22 dicembre 1843
1. Ma Cirenio disse a Giuseppe: “O amico e fratello, non
ti preoccupare dei cadaveri; infatti in questa notte circa duecento sono stati riportati
in vita, e oggi mi sono occupato della loro sistemazione per tutta la mattina!
2. E
se nelle operazioni di sgombero delle macerie si dovessero trovare ancora altri
cadaveri non danneggiati, si provvederà per loro come finora per gli altri.
3. Vedi,
questo in breve è tutto, ed è ampiamente meno interessante per me di questa
ragazza, appunto, che secondo la tua affermazione, per me degna della massima
fede, deve essere la figlia di un patrizio romano perito accidentalmente!
4. Lasciami perciò prima apprendere con precisione come
stanno le cose riguardo a questa figliola, affinché poi io possa darmi da fare
il più possibile, in tutto ciò che è necessario per il bene di quest’orfana.
5.
Vedi, come ti ho già detto prima, io sono scapolo e non ho figli; come si
potrebbe meglio provvedere a lei, se non prendendola io, fratello
dell’imperatore, come regolare moglie?!
6 –
Perciò ora prima di tutto la storia di questa ragazzina mi sta sempre più e più
a cuore!
7.
Dammi semplicemente subito occasione di parlare e consultarmi bene con questa
splendida figliola!”
8. E Giuseppe
disse a Cirenio: “Alto amico e fratello! Tu qui mi
dici di essere scapolo, e tuttavia in Tiro tu stesso mi hai detto di essere
sposato con una donna, - solo che non hai figli da lei!?
9. Dimmi,
come devo intendere questo? Tu puoi bensì (in quanto romano) prenderti una seconda moglie se la prima
è sterile; ma come tu, quale coniuge sposato, sia ancora scapolo, questo non lo
capisco! Spiegati meglio su questo!”
10. E Cirenio sorrise in questa occasione e disse: “Caro
amico! Vedo che non sei esperto delle leggi di Roma; perciò devo darti
ulteriori informazioni, - e così ascoltami dunque:
11.
vedi, noi Romani abbiamo un triplice diritto di matrimonio, due dei
quali non sono vincolanti, solo uno è vincolante.
12.
Secondo le due leggi non vincolanti posso sposarmi benissimo perfino con una
schiava; non per questo tuttavia ho una moglie regolare, ma solo una concubina
permessa dalla legge, e con questo sono ancora scapolo, e posso in qualsiasi
momento prendermi una legittima moglie conforme al mio stato.
13. La
differenza tra le prime due leggi non vincolanti consiste semplicemente in
questo: che nel primo caso mi posso semplicemente prendere una concubina -
senza il minimo obbligo di prenderla come legittima moglie;
14. nel secondo caso invece posso anche semplicemente
farmi unire dai suoi genitori con la figlia di una casa della mia posizione
sociale, alla condizione di prenderla come legittima moglie, se genero con lei
da uno a tre figli vivi, dei quali per lo meno uno sia un maschio.
15. È
soltanto nel terzo caso che sopravviene la legge stabilmente vincolante, e
soltanto in base a questa vengo unito stabilmente a una legittima moglie
davanti all’altare di Imene, da un sacerdote a ciò destinato, e allora non sono
più scapolo, bensì coniugato.
16. Da
noi dunque né il connubio (nuptias capere), né il
matrimonio di prova (patrimonium), bensì solamente il
vero matrimonio (uxorem ducere)
cancellano il celibato, secondo le leggi che sono in vigore adesso.
17.
Dunque noi possiamo nuptias capere, patrimonium facere e uxorem ducere, e solo quest’ultimo cancella il celibato.
18.
Vedi, a maggior ragione io sono celibe, in quanto con la concubina non posso
procreare figli, e anche se avessi figli da lei, perfino allora sarei celibe,
perché da noi i figli di concubinato non hanno diritti sul padre, a meno che il
padre non li adotti col consenso dell’imperatore!
19.
Ora sai tutto, perciò ti prego di darmi ora maggiori dettagli sulla storia di
questa ragazzina; poiché ora sono completamente deciso a sposarmi subito
perfettamente con lei!”
20.
Quando Giuseppe ebbe sentito questo da Cirenio,
disse allora: “Se è così, allora voglio io stesso prima informare la ragazzina
e prepararla, perché una simile proposta non abbia a scuoterla troppo o
addirittura a ucciderla!”.
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Cap.
1 - 100
Cap. |
|
|
|
Prologo del Signore |
|
Giuseppe il carpentiere. Il sorteggio per
Maria nel Tempio. Testimonianza di Dio su Giuseppe. Maria in casa di Giuseppe. |
||
La nuova cortina nel Tempio.
Maria lavora alla cortina. |
||
L’annuncio della nascita del
Signore per mezzo di un angelo. L’umile abbandono a Dio di Maria. |
||
Maria parla con Dio nella
sua infantile innocenza. La risposta dall’Alto. |
||
Maria consegna al Tempio il lavoro
finito. Maria e il sommo sacerdote. Il viaggio di Maria per visitare la
cugina Elisabetta. |
||
La meravigliosa accoglienza di
Maria in casa di Elisabetta. Umiltà e sapienza di Maria. Un Vangelo per le
donne. Il ritorno di Maria da Giuseppe. La visita di Maria a Elisabetta. |
||
Presentimenti e profezie di
Giuseppe. Consolazione di Maria. La cena benedetta. La gravidanza di Maria si
rende visibile. |
||
L’opinione del medico.
Giuseppe interroga Maria. Spiegazione di Maria. |
||
Racconto di Maria sui
misteriosi santi eventi. Affanno e preoccupazione di Giuseppe e decisione di
allontanare Maria. Avvertimento del Signore a Giuseppe in sogno. Maria rimane
a casa di Giuseppe. |
||
Il censimento romano.
Giuseppe impedito a partecipare al Consiglio in Gerusalemme. Lo scriba Annas. |
||
Perplessità del sommo sacerdote
sulle condizioni di Maria. L’arresto e l’interrogatorio di Maria e Giuseppe.
Lamentela e disputa di Giuseppe con Dio. Condanna a morte di Giuseppe e Maria
e loro discolpa per mezzo del “giudizio di Dio”. Maria moglie di Giuseppe. |
||
L’ordine di Augusto per
tassare e contare tutti gli abitanti del Paese. Nuovo affanno e consolazione. |
||
Un vecchio amico conforta Giuseppe.
Giuseppe dà disposizioni per il viaggio ai suoi cinque figli. La consolante
testimonianza dall’Alto. La lieta partenza. |
||
LA
NASCITA DI GESÙ NELLA GROTTA Apparenti cambiamenti d’umore di Maria
durante il viaggio. Arrivo delle doglie. Rifugio di Maria in una vicina
grotta. |
||
Maria nella grotta. Giuseppe alla
ricerca di una levatrice a Betlemme. La testimonianza della natura. Incontro
di Giuseppe con la levatrice. |
||
Segni presso la grotta. La visione della
levatrice nel sonno e le sue parole profetiche. La levatrice presso Maria e
il Bambino. Il dubbio di Salomè, sorella della levatrice, sulla verginità di
Maria. |
||
Richiesta di Salomè a Maria. Benevolenza
di Maria. Accertamento, punizione e pentimento di Salomè. Indicazione
dell’angelo a Salomè. Guarigione di Salomè. Un avvertimento dall’Alto. |
||
La quieta notte della santa Famiglia
nella grotta. I canti di lode degli angeli al mattino. L’adorazione dei
pastori. Chiarimenti dell’angelo a Giuseppe. |
||
Giuseppe preoccupato per la
registrazione. Relazione della levatrice al capitano Cornelio. Visita del
capitano nella grotta. Giuseppe e Cornelio. Pace e gioia di Cornelio in
vicinanza di Gesù Bambino. |
||
Domande di Cornelio sul Messia.
Imbarazzo di Giuseppe. Domande del capitano a Maria, a Salomè e alla
levatrice. Ammonimento dell’angelo a non tradire il divino segreto. Sacro
presentimento di Cornelio sulla Divinità di Gesù Bambino. |
||
Parole di Giuseppe sulla libera volontà
dell’uomo e suo consiglio a Cornelio. Il capitano si prende cura della sacra
Famiglia. |
||
Cornelio presso la santa Famiglia nella grotta.
I pastori e il capitano. Il nuovo eterno Sole spirituale. Commiato di
Cornelio. Giuseppe ammira la bontà del capitano pagano. |
||
I sei giorni di permanenza nella grotta.
L’angelo invita Giuseppe a recarsi a Gerusalemme per la Presentazione al Tempio.
Il sogno di Maria. Gara d’amore tra Giuseppe e Cornelio. La guardia militare
davanti alla grotta. |
||
Circoncisione del Piccino e
purificazione di Maria. presentazione del Bambino al Tempio da parte della
Madre. Il pio Simeone e Gesù Bambino. |
||
La profetessa Hanna nel Tempio e la sua
testimonianza su Gesù Bambino. Avvertimento di Hanna a Maria. Alloggio di
fortuna della santa Famiglia presso il ricco israelita avaro. |
||
Il proprietario dell’alloggio, Nicodemo,
critica Giuseppe. Giuseppe si giustifica. Testimonianza della levatrice. Per
grazia, Nicodemo riconosce il Signore. |
||
Ritorno della sacra Famiglia a Betlemme.
Cordiale accoglienza nella grotta da parte di quelli che vi erano rimasti.
Una mangiatoia come lettuccio per il Bambinello. Buon riposo nella gelida
notte. |
||
Giuseppe impaziente di partire per Nazareth.
Il capitano consiglia di aspettare. Notizia della carovana persiana e del
progetto di Erode di impadronirsi del Bambino. Significative parole di
conforto di Maria. |
||
Giuseppe angosciato implora il Signore.
La carovana persiana davanti alla grotta. Lo stupore del capitano. La buona
testimonianza dei tre sapienti sul Bambino. Ammonizione a guardarsi da Erode. |
||
La stella dei tre Sapienti (Magi) e
l'antica profezia degli astronomi persiani. I Sapienti adorano nel Bambino il
Signore, Creatore dell'Infinità e dell'Eternità. I loro nomi: Gaspare,
Melchiorre e Baldassarre. Gli spiriti che li accompagnano: Adamo, Caino e
Abramo. I Magi rendono omaggio al Signore e Gli porgono doni. |
||
Maria rileva la Grazia di Dio nel guidare
gli avvenimenti. Onestà e fedeltà di Giuseppe. I tre doni benedetti di Dio:
la Sua santa Volontà, la Sua Grazia e il Suo Amore. Nobilissima testimonianza
di Maria, del capitano e del Piccino su Giuseppe. |
||
L’angelo consiglia i tre sapienti. Partenza
dei tre sapienti per l’Oriente. Impazienza di Giuseppe. Parole
tranquillizzanti di Cornelio a Giuseppe. Cenni di Giuseppe sulla Potenza e
Bontà di Dio. |
||
LA
FUGA IN EGITTO Preparativi per la fuga in Egitto.
Sollecitudine del Signore. Colloquio di Giuseppe con Cornelio. |
||
Inizio della fuga. Colloquio di Giuseppe
con Salomè. Congedo del capitano. La partenza. Il salvacondotti di Cornelio
indirizzato a Cirenio. L’itinerario di Giuseppe.
Episodio dei briganti. Giuseppe arriva a Tiro da Cirenio.
Conforto e aiuto di Cirenio. |
||
La sacra Famiglia da Cirenio.
Conversazione di Giuseppe con Cirenio. Cirenio amante dei bambini. La Divinità in Gesù Bambino
fa sciogliere le statue degli dèi. |
||
Severo interrogatorio di Giuseppe e sue
dichiarazioni riguardo al santo Bambino e alla Sua nascita. La lettera di
Cornelio. Giuseppe consiglia di tacere. Contraddizioni e dubbi. Energica
autodifesa di Giuseppe di fronte al “procuratore dello Stato”. |
||
Discorso più mite di Cirenio
e risposta di Giuseppe. L’onore: il tesoro dei poveri. Il pranzo di
riconciliazione. Buon consiglio di Giuseppe. La curiosità di Cirenio è punita. Storia della Concezione del Piccino. Adorazione
del Piccino da parte di Cirenio e conferma della
verità. |
||
Proposta pagana di Cirenio,
di portare il prodigioso Bambino alla corte imperiale di Roma. Buona risposta
di Giuseppe con accenno all’umiltà del Signore. Parole sul Sole della vita
spirituale. |
||
Moderazione di Cirenio
nel mangiare e nel bere. Preghiera di ringraziamento a Giuseppe e buon
effetto su Cirenio. Parole di Giuseppe sulla morte e
sulla vita eterna. Essenza e valore della Grazia. |
||
Alta stima di Cirenio
per Maria. Risposta consolante di Maria. Cirenio si
complimenta con Giuseppe. Parole di Giuseppe sulla vera sapienza. |
||
Predizione di Giuseppe sull’eccidio dei
bambini. Collera di Cirenio per Erode. Felice
navigazione verso l’Egitto. Come compenso per il viaggio Giuseppe benedice i
marinai e Cirenio. |
||
A OSTRACINE Effetto della benedizione su Cirenio. Umile testimonianza di Giuseppe su se stesso e
ottimo consiglio a Cirenio. L’arrivo a Ostracine (Egitto). |
||
Cirenio acquista una
casa di campagna per la sacra Famiglia. |
||
Giuseppe con la famiglia nella nuova
dimora. Cirenio ospite. Ringraziamento di Giuseppe
e di Maria. |
||
Visita alla nuova dimora. Parole di
gratitudine di Maria e di Giuseppe. Interesse di Cirenio
per la storia d’Israele. |
||
Il pranzo in compagnia e il racconto di
Giuseppe sulla storia della Creazione, dell’umanità e del popolo ebraico.
Prudente rapporto di Cirenio all’imperatore e suo
buon effetto. |
||
Partenza di Cirenio
e suoi provvedimenti a favore della santa Famiglia. Testimoni riferiscono
della strage degli innocenti. Una lettera di Cirenio
a Erode. |
||
Effetto e conseguenze della lettera.
L’astuzia di Erode. Una seconda lettera di Cirenio
a Erode. |
||
Effetto della seconda lettera. Arrivo di
Erode e del governatore provinciale a Tiro. Udienza da Cirenio.
Eccitazione del popolo impaurito. Maronio Pilla
davanti a Cirenio. |
||
Interrogatorio del governatore di
Gerusalemme da parte di Cirenio. Tentativo di
giustificazione. Domanda cruciale di Cirenio a Maronio, sua ammissione e condanna. |
||
Piena confessione di Maronio
Pilla. Cirenio saggio giudice. |
||
CIRENIO DA GIUSEPPE Viaggio di Cirenio
in Egitto e suo arrivo a Ostracine. Giuseppe e
Maria decidono di andare a salutare Cirenio. Le
prime parole del Piccino. |
||
Giuseppe e Maria alla parata e l’ipotesi
di una nuova fuga. Incontro con Cirenio e Maronio Pilla. Fine dell’ispezione alle truppe e ritorno
a casa della sacra Famiglia in compagnia di Cirenio. |
||
Giuseppe si rivolge a Cirenio preoccupato per la presenza di Maronio Pilla. Risposta tranquillizzante di Cirenio. Arrivo nella casa di campagna di Giuseppe. |
||
Banchetto nella casa di campagna di
Giuseppe. Umiltà di Maria e sua gara d’amore con Cirenio.
La divina Sapienza del santo Bambino confonde ogni filosofia. |
||
Alta opinione di Maronio
sul Piccino e soddisfazione di Cirenio per Maronio. |
||
Fine del banchetto. Interrogatorio di Maronio Pilla sulla sacra Famiglia da parte di Cirenio. Maronio confessa la
sua menzogna detta per necessità. |
||
Maronio Pilla si
difende e prende una buona decisione. Giuseppe arbitro. Nobile sentenza di Cirenio. |
||
Giuseppe chiede di Erode. Risposta di Maronio Pilla. La corona di dolore e la terribile fine di
Erode. |
||
Ira di Cirenio
contro Erode e tranquillizzanti parole di Gesù Bambino. La domanda del
Piccino: “Chi ha il braccio più lungo?”. |
||
Spavento di Maronio
Pilla e domanda di Giuseppe. Fede pagana di Maronio.
Semplice spiegazione di Giuseppe. Ammonimento di Cirenio
alla prudenza. |
||
Amorevole gara di Giuseppe e Cirenio per il bene di un’anima umana. Parole di Giuseppe
sull’amore fraterno e sull’amore umano. Perché gli uomini hanno due occhi,
due orecchi e una sola bocca. |
||
Giacomo fa da bambinaia alla culla del
Piccino; la sua curiosità e il rimprovero del piccolo Salvatore.
Presentimento di Giacomo su Chi si cela nel Bambino. |
||
La predica di Giuseppe sull’amore per Dio
e sull’amore per il mondo in riferimento a Davide, Salomone e Cirenio. Commozione dei figli di Giuseppe e benedizione
del Bambinello Gesù. |
||
DISTRUZIONE DEI TEMPLI PAGANI A OSTRACINE Giuseppe esorta al riposo notturno. Il
Piccino ordina di vegliare a causa della tempesta in arrivo. Scoppia un
uragano. Arrivo di Cirenio in fuga. |
||
La tempesta aumenta. Il Piccino dorme. Cirenio s’impaurisce. Parole di conforto del Piccino. Un
Vangelo della natura e della fiducia in Dio. |
||
Terribile notizia dei corrieri. La
sanguinaria richiesta dei sacerdoti pagani. Cirenio
combattuto tra il cuore e il mondo. Ottimo consiglio del Piccino. |
||
Risposta di Cirenio
ai messaggeri. I tre sacerdoti sanguinari insistono perché il sacrificio sia
approvato. La saggia decisione di Cirenio. Il
lamento delle duemila vittime. |
||
Notte di paura per le giovani vittime
umane predestinate. I tre diabolici servitori degli idoli. L’intima
indignazione di Cirenio e il suo severo giudizio:
libertà alle vittime, morte ai tre sacerdoti! |
||
Giuseppe cerca di mitigare la pena. Ira
di Cirenio contro i tre sacerdoti condannati a
morte. I tre condannati implorano grazia. |
||
Dolce protesta di Giuseppe a Cirenio e invito a lasciare il giudizio al Signore. Cirenio ascolta il consiglio. L’apparente condanna alla
morte in croce come mezzo per correggere i tre sacerdoti. |
||
Maria dubita dell’Onnipotenza di Gesù
Bambino. Giuseppe la tranquillizza. Perché il possente Leone di Giuda fuggì
davanti ad Erode. La beatitudine dei piccini trucidati. Maturità di Pilla. |
||
Per concessione di Cirenio
le esercitazione militari vengono sospese. Uscita
per la città e intercessione del piccolo Gesù a favore dei tre condannati a
morte. |
||
Cirenio a un bivio. Il
consiglio del Piccino. Conoscenza di Maronio del diritto
romano. I tre sacerdoti graziati sul luogo del supplizio sono uccisi dalla
gioia e risuscitati da Gesù Bambino. |
||
Visita della città dopo la tempesta. Il
tempio distrutto dall’uragano. Assurda intenzione di Cirenio
di gettar via la spada. Sagge parole del santo Bambinello sulla spada portata
come un bastone da pastore. |
||
Stupore dei tre sacerdoti per la
sapienza del Bambino e di Giuseppe. Buona e breve spiegazione di Giuseppe
sulla mitologia. |
||
Cirenio e i tre
sacerdoti. Dissotterramento dei sepolti. Miracoloso aiuto del Piccino. La
rianimazione dei sette morti apparenti che facevano da guida alle catacombe. |
||
Opera di misericordia. La tempesta
intelligente. Buona intuizione di Cirenio. Visita
del porto. |
||
Pochi danni al porto. Il ritorno a casa.
Maria sulla portantina. Intenzionale deviazione nel tornare a casa. |
||
BUONI
INSEGNAMENTI IN CASA DI GIUSEPPE Premure di Giuseppe come padre di
famiglia. Gioia del Piccino per Giacomo. “Quelli che amo, Io anche li punzecchio e li pizzico e li tiro!”. Felice e
invidiabile missione di Giacomo. |
||
Il desiderio di Cirenio
di essere lui pure pizzicato dal santo Bambino. Risposta del Piccino. Una
promessa per Roma. Esortazione di Maria a serbare nel cuore le parole non
comprese. |
||
Domanda di Cirenio
a Giuseppe sul sollevamento del velo di Iside e risposta di Giuseppe. Buona
spiegazione di Maronio. Il pranzo. Il sacro timore
dei tre sacerdoti. |
||
Cecità, sacro timore e progetti di fuga
dei tre sacerdoti degli idoli. Saggi suggerimenti di Gesù Bambino a Giuseppe
e a Cirenio. |
||
La leggenda
dell’origine di Ostracine. Preoccupazione di Cirenio in merito all'eventuale ricostruzione dei templi
pagani. |
||
Consiglio di Giuseppe sulla fiducia in
Dio e predizione sulla fine di Ostracine. |
||
Ritorno di Cirenio
e della sua servitù a Ostracine. Maria in
preghiera. Parole consolatrici di Giuseppe. |
||
Maria esempio di femminile umiltà.
Preghiera di lode e di ringraziamento fatta da Giuseppe e dai suoi figli.
Positivo effetto della preghiera sui tre sacerdoti pagani. |
||
“Il mattino ha l’oro in bocca”. Giuseppe
e i suoi figli al lavoro nel campo. Gioele tramortito dal morso di un
serpente velenoso. Rientro in casa e spavento dei famigliari. Parole
consolatrici del Piccino. Rianimazione di Gioele. |
||
Il voto di Giuseppe. Discorso di Gesù
Bambino sul sacrificio più gradito a Dio. Obiezione di Giuseppe e risposta
del Piccino. |
||
La colazione. La domanda di Giuseppe per
accertarsi che tutti si siano lavati. Resistenza dei tre sacerdoti alle
istruzioni di Giuseppe. Il Piccino li convince all’ubbidienza. Sensata
domanda dei sacerdoti e imbarazzo di Giuseppe. |
||
L’amore è la vera preghiera a Dio. Gesù Figlio
di Dio. Pensieri pagani dei tre sacerdoti ed esortazione del Piccino. |
||
Il Bambino svela la cecità e la
stoltezza dei tre sacerdoti. Il tempio nel cuore e il vero servizio divino. |
||
Il positivo effetto generale di questo
insegnamento. La sacra Famiglia nella vita domestica. La mendicante cieca e
il suo sogno. La guarigione della cieca mediante l’acqua del bagno del
Bambino. |
||
La cieca guarita ringrazia e prega di
essere accolta in casa di Giuseppe. Testimonianza di Giacomo sul carattere di
Maria. Una predizione della giovane sulla futura venerazione per Maria.
Modestia di Maria. Ritorno di Giuseppe. |
||
Giuseppe accoglie la donna guarita. La commovente
storia della sua vita. Giuseppe conforta la povera orfana. |
||
L'orfana chiede spiegazione delle parole
di Giuseppe per lei oscure. Risposta di Giuseppe. |
||
Giuseppe commenta il digiuno dei tre
sacerdoti. Umiltà della nuova venuta e decisione di Giuseppe di adottarla.
Benedizione e gioia del piccolo Gesù. |
||
Scena idilliaca tra la fanciulla e il
Piccino. I pericoli del santo Segreto. Beatitudine ed esaltante gioia della
fanciulla. |
||
CIRENIO E TULLIA
Arrivo di Cirenio
e Pilla. Giuseppe informa Cirenio riguardo alla
fanciulla. Cirenio aspira alla mano di questa
figlia adottiva di Giuseppe. |
||
Relazione di Cirenio
sulla rianimazione dei duecento morti apparenti e suo crescente interesse per
la fanciulla. Esitazioni di Giuseppe. Il triplice diritto matrimoniale
nell’antica Roma. |
||
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II] - [vai alla parte III] - [Home
Jakob Lorber]
[1] Le frasi in
corsivo, nell’intero libro, sono quelle che nell’originale si trovano
parzialmente sottolineate.
[2] L’amianto: –
minerale filamentoso di lucentezza serica (della seta), una cui varietà si
presenta in fibre flessibili e tessili.
[3] nel significato
di: “fino al più piccolo segnetto grafico riccioluto”. [N.d.T.]
[4] Per chi non è
avvezzo alle Rivelazioni del Signore, il comportamento di questo comandante
romano, come poi lo sarà anche quello di Cirenio, sembrerebbe fin troppo
condiscendente da parte di un romano, detentore del potere in Israele, e quindi
apparentemente dubbioso in questa rivelazione a Lorber. Invece, tramite altre
rivelazioni è possibile conoscere chi esso era e perché poi fu di notevole aiuto
– come pure Cornelio – nelle vicissitudini della sacra Famiglia. Qui un
accenno: – Cornelio era un cugino di Cirenio, cioè (figlio di un fratello) il
quale era fratello/fratellastro in seconde nozze dell’imperatore Augusto.
Perciò Cornelio era anch’egli parente di Augusto. Nella rivelazione del 1959 ad
Anita Wolf “Da
lontano dalla Terra” viene raccontato come questi due eminenti cugini
furono chiamati alla Dottrina del Cielo già sette anni prima della nascita di
Gesù, e quindi essi erano già iniziati alla conoscenza della venuta del
Salvatore nella sacra Famiglia. Che Giacomo nel suo diario/Vangelo non potesse
conoscere questo, essendo egli ancora ragazzino all’epoca della nascita di
Gesù, e quindi che non potesse sapere nulla di quei precedenti eventi sui due
comandanti romani, è evidente.
[5] Qui
è usato in tedesco il termine “capanna” anziché “grotta” perché i pastori,
com’è usanza ancora oggi in Paesi del Sud, utilizzano le caverne o grotte come
stalle di emergenza (14,16), proteggendole dal freddo e dalle intemperie con
una specie di avancorpo in legno (29,12). Perciò leggiamo al capitolo 29,16 che
Giuseppe all’arrivo dei persiani “andò alla porta” e “guardò fuori”.
[6] Isaia
65,14
[7] Grosso:
– vecchia moneta austriaca, corrispondente
ad un centesimo di scellino. [N.d.R.]
[8] Nel
testo originale in lingua tedesca sono scritti così: Chaspara, Melcheor e
Balthehasara.
[9] Radamanto: –
nella mitologia greca: giudici dei morti [N.d.T.]
[10] Tantalo: – condannato nel Tartaro a patire in eterno sete e
fame, per aver offeso gli dèi. [N.d.T.]
[11] Effimere:
– insetti emimetaboli della famiglia degli efemerotteri che vivono sulla
supeficie dell’acqua, solo un giorno o due. [N.d.T.]
[12] Giacomo,
l’autore del “Vangelo di Giacomo”. [N.d.E. tedesco]
[13] Littori: –
guardie che scortavano gli alti magistrati romani. [N.d.T.]
[14] Scilla
è un gorgo marino vicino a Messina. Cariddi è uno scoglio, pure presso Messina.
I naviganti che sfuggivano a Scilla naufragavano solitamente a Cariddi, o
viceversa.
[15] cioè del genere
femminile [N.d.T.]