Jakob Lorber

1851 - 1864

 

 

 

IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI

 

Volume 5

 

Descrizione: gesu_insegna_4.jpg

 

La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione

 

 

 

Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” (vol. 5)

Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob Lorber

 

Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

Copyright © by Associazione Jakob Lorber 

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber

 e V.  D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

 

Traduzione di Salvatore Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982

Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob Lorber

 

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167, 

24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)

www.jakoblorber.it 

www.gesu-lanuovarivelazione.com

 

 

Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo:

1 Braccio

= 77,8 cm

1 Emero           

= 56,6 litri

1 Eone             

= 10180 (1 con 180 zeri)

1 Iugero o Joch 

= 5754,664 mq

1 Libbra           

= 560 g

1 Linea             

= 2,2 mm

1 Pertica           

= 3,8 m

1 Spanna          

= 20 cm

1 Piede

= 31,6 cm

1 Pollice

= 2,63 cm

1 Tesa

= 1,9 m

1 statere

= piccola moneta antica

 

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GESÙ NELLA REGIONE DI CESAREA DI FILIPPO

Vangelo di Matteo cap. 16 (continuazione)

 

 

Cap. 1

Il pranzo miracoloso

 

1. Io dico: «Ecco però che intanto si è fatta l’una dopo mezzogiorno; tu, o Marco, vedi dunque di provvedere per il pranzo, ed il Mio Raffaele ti sarà d’aiuto! Dopo il pranzo vedremo cosa ci porterà ancora la giornata di oggi. Disponete ogni cosa per apparecchiare le mense, e tu, Raffaele, sgombera il nostro tavolo dai due ammassi cerebrali, e soltanto dopo dà una mano a Marco!»

2. Raffaele eseguì immediatamente quest’ordine e poi disse a Marco: «Devo aiutarti nella maniera come siete soliti fare voi uomini, oppure alla mia maniera? Dimmi, come preferisci venga fatto! Certo che darebbe meno nell’occhio se io ti aiutassi nella comune maniera umana; d’altro canto nella mia maniera avremmo un bel risparmio di tempo, e questo è pure qualcosa di assai prezioso! Io ad ogni modo farò come tu desideri, e comunque non avrai affatto da deplorare che si sia dimenticato di fare qualcosa»

3. Dice Marco: «Eh sì, amico dai Cieli, il tuo modo di servire velocissimamente le vivande sulle mense sarebbe senza dubbio quanto mai vantaggioso, perché, nonostante l’aiuto che può prestare la servitù di Cirenio, ci vuole un tempo discretamente lungo per servire le vivande per tante persone; sennonché qui sorge un altro problema: le vivande cioè non sono ancora completamente allestite in sufficiente quantità per una comitiva così numerosa! Dunque, se in tale occasione la tua capacità sovrumana può farsi valere, confesso che per il momento sarebbe proprio la benvenuta, altrimenti ci vorrà ancora una buona mezz’oretta prima che tutto sia pronto!»

4. Raffaele dice a Marco in tono bonario: «Questa è anche la mia opinione; dunque la prima cosa da fare è preparare al più presto quanto occorre, e poi con altrettanta celerità fornire le mense di cibi e di bevande, come si conviene! Sii pur certo: basta volere e tutto trova compimento! Se tu vuoi, a me non occorre che un brevissimo istante, e tutte le vivande si troveranno immediatamente dinanzi agli ospiti, preparate nel migliore dei modi!»

5. Dice Marco: «Sicuro che sarebbe tutto bello e buono, ma allora la gente potrebbe ritenere questo l’effetto di una qualche magia celeste, e molti verrebbero forse colti da un timore ben spiegabile trovandosi davanti a simili vivande dalla strana provenienza, e probabilmente non si azzarderebbero a toccarle; specialmente poi i mori, i quali comunque fanno estrema attenzione ad ogni cosa, tanto che nulla può sfuggire certamente a loro!»

6. Dice Raffaele: «Oh, a quelli un fatto di questo genere certo farebbe impressione meno che ad altri, perché sono già abituati al miracoloso! Vedi, l’ora è ormai già abbastanza avanzata, e non è escluso che il Signore si proponga di intraprendere dopo il pranzo qualcosa di molto importante, ciò di cui Egli solo può sapere. Dunque la cosa migliore per noi è evidentemente trarre profitto dalla mia celerità spirituale, e ciò non sarà per nessuno argomento di scandalo! Inoltre bisogna considerare che questo è l’ultimo pranzo a cui il Signore prende parte in questo luogo, e per conseguenza non farà male a nessuno se le cose procederanno anche in una maniera piuttosto prodigiosa! Non sei pure tu di questo parere?»

7. Dice Marco: «Lo sono del tutto; del resto tu, quale uno fra i primi spiriti dei Cieli, certamente saprai distinguere meglio di me che cosa convenga fare qui per il bene comune! Fa dunque interamente secondo il tuo migliore discernimento!»

8. E quando Marco ebbe espresso così il suo parere, ambedue se ne andarono in cucina dove, come al solito, la moglie di Marco, le sue figlie ed i suoi figli nonché vari servitori di Cirenio erano affaccendatissimi; ma nonostante ciò il pranzo, per così tante persone, era pronto a mala pena a metà.

9. Allora Marco esclamò: «Oh, qui ci vorrà ancora un’oretta prima che tutto sia pronto!»

10. Dice la moglie: «Eh, caro il mio marito, noi due non possiamo fare né miracoli, né si può pensare che facendo le cose in fretta ci sia da ottenere qualcosa di buono! Bisogna dunque avere pazienza finché si possa preparare tutto e bene!»

11. Dice Marco: «Sai che cosa dovete fare, tu e pure le figlie: abbandonare per il momento i fornelli, perché qui Raffaele, che è fra l’altro cuoco esperto e rapidissimo, se la sbrigherà in pochi istanti!»

12. Risponde la donna: «Oh, questa sarebbe una vera manna del Cielo; tutti sono già davvero molto stanchi, poiché il lavoro che si è già fatto è tanto!»

13. Dopo che tutti i cuochi e le cuoche si ritirarono, Raffaele disse: «Ed ora potete anche voi prendere posto alle vostre mense! Tutto è già allestito e servito, e gli ospiti fanno tutti già onore al pranzo! Tu però, vecchio Marco, che sei stato il mio collaboratore, vieni a tavola con me ed assaggia anche tu almeno una volta i prodotti della mia cucina; poi giudicherai se anch’io me ne intendo o no un po’ dell’arte di cucinare! Non preoccuparti per tua moglie, i tuoi figli ed i cuochi di Cirenio, poiché anche loro, davanti alla casa, hanno a propria disposizione un’apposita mensa, fornita degli stessi cibi e bevande delle altre mense».

14. Allora tutti escono dalla cucina e vedono infatti che le centinaia di ospiti sono già intenti a mangiare e a bere. La cosa suscita un grande sbalordimento in Marco, il quale esce con questa esclamazione: «Ma come è mai possibile ciò? Tu non mi hai lasciato neanche un solo istante, eppure, come si vede, tutte le mense sono stracariche! Non è possibile che tu, in un tempo che veramente non è tempo, abbia potuto apparecchiare, né meno ancora abbia potuto servire a tavola una pietanza qualunque! Io ti prego dunque che tu mi dica, sia pure soltanto a grandi linee, come hai fatto a compiere una simile cosa, perché, in verità, posso comprendere tutto ma non la tua rapidità assolutamente incomprensibile, particolarmente in caso di lavori la cui esecuzione è necessariamente condizionata da un certo ordine dipendente dal tempo, almeno per questa Terra! Perciò ti prego nuovamente di darmi soltanto qualche piccolo chiarimento riguardo a come tu abbia preparato le vivande, e da dove tu te le sei procurate! Infatti, di quelle che erano allestite a metà nella mia cucina non ne è venuto nemmeno un boccone su queste numerose mense, considerato che quando siamo usciti le ho viste ancora tali e quali il personale di cucina le aveva lasciate, in attesa della loro destinazione!»

15. Risponde Raffaele: «Allora vuol dire che non hai guardato bene, perché io ti dico invece che tutte le tue provviste sono esaurite; torna a guardare e vedrai se non è così!»

16. Marco non se lo fa dire due volte e ritorna sollecitamente in cucina, ma la trova completamente vuota e pure le dispense sono vuote. Uscito poi di nuovo, più sbalordito che mai, esclama: «Oh, amico mio, non è più possibile reggere vicino a te! In verità, non mi sarà possibile accostare alle labbra un solo boccone per tre giorni interi se non avrò da te qualche cenno riguardo a come hai fatto a sbrigare questa faccenda!»

17. Dice Raffaele: «Anzitutto andiamo anche noi a tavola e là scambieremo ancora qualche parola in proposito!»

18. Marco e Raffaele vengono allora alla nostra mensa, dove c’era già molta animazione; Raffaele si mette all’opera senza indugio, offre anche a Marco un bellissimo pesce e lo incita a mangiare. Marco cerca pure di ricordargli che è ancora in attesa della spiegazione riguardo alla sua rapidità più che fulminea nel cuocere e nel servire le vivande, sennonché Raffaele gli dice in tono amichevole: «Mio caro amico, intanto mangia e bevi; quando noi due avremo concesso ai nostri corpi il necessario ristoro mediante il cibo e le bevande benedetti, vedremo poi di dedicare un po’ del nostro fiato anche alla spiegazione del cucinare e del servire fulminei che mi sono propri!».

19. Marco allora si rassegna a seguire il consiglio di Raffaele e comincia a mangiare e a bere di buon appetito.

 

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Cap. 2

Come vengono compiuti i miracoli

 

1. Quando il pranzo è completamente finito dopo un’oretta circa, Marco ritorna alla carica per ricordare a Raffaele la spiegazione: «Ebbene, amico mio dal Cielo, adesso ben mi dirai qualcosa di quella tale faccenda!»

2. Risponde Raffaele: «Ecco, amico mio, io certamente non desidero altro che spiegarmi al meglio che mi sia possibile; sennonché per il momento, e nonostante ogni più accurata spiegazione, per te la cosa rimarrà sempre molto prodigiosa, e ciò finché pure tu non sarai battezzato con lo Spirito Santo dai Cieli! Quando lo Spirito del Signore sarà completamente risorto nella tua anima e si sarà fatto una cosa sola con lei, allora, anche senza bisogno di una spiegazione, tutto ti riuscirà chiaro come il Sole; momentaneamente però anche il chiarimento più convincente sarebbe in grado di fornirti davvero ben poca luce! Infatti, perfino l’anima più perfetta di per sé non comprenderà mai ciò che è puramente spirituale; questo non lo può comprendere che lo spirito presente nell’anima, e poi l’anima, a sua volta, lo può fare per mezzo del suo spirito! Dato però che tu un qualche cenno in proposito lo vuoi avere, guardati un po’ intorno, e dimmi poi quello che vedi!»

3. Marco meravigliato dà un’occhiata in giro e scorge, accanto a ciascuna mensa, una quantità di giovinetti del tutto simili a Raffaele, i quali vanno servendo i molti ospiti e li provvedono continuamente di quanto loro occorre. Alcuni di essi si recano addirittura al mare per pescarvi del pesce fresco che viene portato in cucina e poi immediatamente riportato già bello e pronto alle mense, perché i mori sono di eccellente appetito, senza contare che lo squisito sapore dei cibi è loro di stimolo ad approfittarne largamente.

4. Allora Raffaele così interpellò Marco: «Ebbene, comprendi adesso come ame sia possibile e come per me sia facilissimo eseguire tanti lavori nella maniera più rapida, tanto più se consideri che uno spirito, quale il principio che compenetra fino alle parti più intime gli esseri e le cose, può sempre disporre di ogni materia, efficacissimamente e senza timore di insuccesso, assolutamente a proprio piacimento e a seconda della propria volontà, e che nulla gli può essere d’ostacolo! Oltre a questo, io che sono un arcangelo, ho al mio servizio eoni (10120) di servitori che dipendono tutti, in ogni istante, dalla mia volontà. Se io quindi voglio qualcosa, allora, unendo la mia volontà a quella del Signore, questa volontà all’istante si trasfonde negli innumerevoli servitori che mi sono sottoposti, i quali si rendono subito completamente attivi e con tutta facilità eseguono il lavoro richiesto in un tempo per te inconcepibilmente breve! Io stesso, per così dire, personalmente non eseguo certamente nulla; sennonché, per effetto della mia volontà originaria, gli eoni (10120) di schiere angeliche vengono incitate all’attività perché spinte dal fondamento più intimo del loro essere, e così anche il lavoro richiesto viene allora compiuto con facilità e rapidissimamente, e ciò con tanta maggior sicurezza in quanto, da parte del Signore e successivamente da parte nostra, tutto è già previsto e preordinato da lungo tempo per il compimento di una qualche azione, ciò che poi, in caso di bisogno, viene tramutato in maniera rapidissima per voi nel fatto compiuto e già perfettamente visibile nell’esteriorità.

5. Tu, lassù sul monte hai pur visto com’è sorta un’asina; ebbene, tutto sorge così quando la nostra volontà incita intimissimamente gli spiriti naturali primordiali, che procedono dai nostri pensieri, ad un’attività ordinata in un senso o nell’altro e li costringe all’azione! E questo, o amico mio, ti basti per chiarire ciò che desideravi sapere da me! Di più non potrei dirti usando le parole quanto mai limitate del mondo e della lingua di carne! E non chiedere neppure più oltre, perché, fino a quando tu stesso non sarai divenuto spirito nella tua anima, non riuscirai mai a comprendere di tutto ciò di più di quanto ne comprendi adesso! Non c’è creatura umana che possa di per sé penetrare nella scienza e nella conoscenza dello spirito puro! Ne comprendi ora qualcosa di più?»

6. Marco però rimase perfettamente soddisfatto di questa spiegazione e disse: «Ti ringrazio di questi chiarimenti per me eccellenti, perché, se considero nel suo complesso tutto quello che ho visto e udito, ne comprendo abbastanza per essere soddisfatto del modo con il quale tu, o carissimo e celestiale amico, compi i tuoi miracoli, e particolarmente la rapidissima esecuzione degli atti che si richiedono da te. Ed io mi azzardo ad affermare pubblicamente che, nei riguardi di un prodigio, le cose tuttavia procedono almeno un po’per le vie naturali, e che tutto dipende da un’associazione di forze quando in un certo luogo debba venire compiuta un’azione, sia con assoluta rapidità, sia in una successione di periodi. Anzi, trovo una certa analogia fra i vostri prodigi spirituali e le esibizioni dei maghi di questa Terra, e ciò consiste in quello che tu chiamasti preveggenza e preparazione!

7. Sai, mio celeste amico, io dico ormai direttamente tutto quello che penso! Forse realizzare un miracolo davvero stupefacente così all’improvviso, senza alcuna preparazione e previsione, potrebbe riuscire altrettanto difficile, per voi, quanto lo è per un mago senza un qualche preparativo e senza previo accordo con altre persone che devono dargli appoggio. Di tali preparativi, ovviamente, tutte le altre persone non dovrebbero sapere nulla, altrimenti per l’arte magica le cose non andrebbero troppo bene! Per conto mio, dunque, io traggo questa conclusione, sicuramente difficile da confutare: al Signore, e a voi per mezzo Suo, sono possibili tutte le cose, mai però impreviste, bensì preparate forse da eternità, e quindi spiritualmente già eseguite da molto tempo in forma periodica. Perciò quello che viene compiuto qui, ora, come azione esterna, era spiritualmente previsto e preparato già da molto tempo!

8. E quindi una Terra com’è la nostra non può venire chiamata ad esistere, così perfetta, con un semplice, onnipotente “Fiat!”[1], bensì con il tempo e soltanto dopo preparazioni durate a lungo, dopo le quali questa presente Terra, come esiste nel tempo attuale, dovette apparire esteriormente esistente per naturale e necessaria conseguenza! Per la stessa ragione è praticamente impossibile che qualcosa venga chiamato ad un’esistenza perfetta e durevole così all’improvviso. Qualunque cosa sorga rapidamente, svanisce altrettanto rapidamente. Il lampo, ad esempio, nasce in un istante solo, ma con altrettanta rapidità pure si dilegua. Ed in opposizione a questa conseguenza, viene a delinearsene un’altra, e cioè che è impossibile che una cosa, una volta ottenuta un’esistenza durevole, possa in qualche modo svanire all’improvviso, ma lo può soltanto a periodi, precisamente così come è sorta. Dunque, una cosa che non sia mai stata prevista, né preparata, non può mai venire compiuta grazie ad un’intimazione, per quanto energica e sostenuta anche dalla più ferma volontà, e ciò tanto nel caso del sorgere, quanto in quello del discioglimento e dello svanire. Tutto dunque va considerato come un prodigio temporaneo, ed ogni cosa compiuta è una necessaria conseguenza di molti precedenti processi periodici!

9. Ecco, o amico mio dai Cieli, ne sia resa lode soltanto al Signore! Sennonché, come mi appare, io ho approfondito forse un po’ troppo la spiegazione che mi hai dato rispetto a come tu originariamente hai voluto prospettarmela! O mio carissimo Raffaele, vedi, i vecchi romani non sono proprio tanto scarsi di comprensione come più di uno se lo immagina! Ebbene, o amico mio, che cosa ne dici? Ti ho compreso oppure no?».

 

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Cap. 3

La Provvidenza di Dio e il libero arbitrio dell’uomo

 

1. Risponde Raffaele sorridendo: «Oh, sì, un lieve barlume di verità l’hai ottenuto senz’altro; però con le tue “necessarie conseguenze” e con le nostre “necessarie preveggenze” e “noiose preparazioni”, ti trovi parecchio fuori strada, e di questa cosa sarà facilissimo che ti convinca assolutamente per mezzo di un paio di esempi bene evidenti! Ferma la tua attenzione su un qualche luogo, stabilisci tu il posto e chiedimi, secondo il tuo liberissimo piacimento, che io ti faccia sorgere uno ed anche più alberi da frutto perfettamente sviluppati ed abbondantemente provvisti di frutti già in stato di completa maturazione! Oppure vuoi delle specie diverse? Avanti, esprimiti, e vedrai che tali alberi anche senza preveggenza e preparativi sussisteranno permanentemente, e neppure dieci secoli saranno capaci di cancellare completamente le tracce della loro esistenza! Rendi dunque manifesto il tuo desiderio e assisterai immediatamente ad un vero prodigio il quale non è ancora mai stato, in qualche modo, né preparato né previsto!»

2. Dice Marco: «Ah, sicuro, o giovane amico mio, questa sarebbe una gran bella cosa, sempre che tu potessi procurarmi la piena certezza che in questo momento il mio volere e desiderare sono del tutto in mio liberissimo potere! Questa cosa però a te stesso dovrebbe alla fin fine riuscire ancora molto più difficile del far sorgere gli alberi fruttiferi di varia specie in un qualche luogo a mio piacere! Tu hai messo nel mio capo un grosso tarlo del dubbio, poiché dicesti che voi stessi, spiriti onnipotentissimi, avete la capacità di realizzare un puro miracolo senza previsione e preparazione, per così dire dal nulla! Io non voglio negare in maniera assoluta la cosa; però a giudicare da tutto quello che sulla Terra ci fu dai tempi remoti, che c’è ora ed anche ci sarà in futuro, è certo molto difficile ammettere una cosa simile. Di contro, infatti, già la stessa Onnipotenza divina eleva di un bel po’ troppo forte la sua voce, e non le si può certo opporre l’eventuale vuota affermazione, che Dio ha intenzionalmente applicato la Sua Onniscienza a qualcosa, senza volerlo e saperlo. Ma se Dio, fin dalle eternità, anche su questo punto non si è potuto mantenere completamente ignaro del fatto che in una data epoca il Suo angelo Raffaele avrebbe fatto sorgere qui in maniera prodigiosa degli alberi secondo il desiderio di un uomo, allora sarà altrettanto difficile dimostrare che anche questo miracolo non era stato previsto e preparato fin dalle eternità! Dal punto di vista totalmente spirituale è del tutto certo che lo fu!»

3. Osserva Raffaele: «Questo però non ha neppure importanza, dal momento che non era preparato fino alla sua realizzazione materiale! Inoltre la volontà dell’uomo è tuttavia certamente libera, a tal punto che né il Signore, né noi esplichiamo mai alcuna attività allo scopo di turbare, sia pure minimamente, tale libertà di volere mediante una previsione, e meno ancora con una preparazione. Tu puoi quindi essere assolutamente certo che, nel suo modo di essere, la tua liberissima volontà non è né prevista, né tanto meno in qualche modo preparata. Chiedi dunque, e vedrai che il Signore ti darà permanentemente in modo miracoloso gli alberi da frutto che vorrai richiedere, e lo farà sicuramente senza alcuna preparazione, né totalmente da parte Sua, né attraverso me, Suo antico servitore!»

4. Marco rimane per qualche tempo pensieroso, e poi dice: «O mio giovane amico, devono proprio essere esclusivamente degli alberi fruttiferi? Io vorrei invece qualcos’altro; potrebbe anche questo essere fatto sorgere in maniera prodigiosa?»

5. Risponde Raffaele: «Oh, senza alcun dubbio! Si tratti di una cosa o dell’altra, ciò non costituisce per noi una fatica maggiore! Chiedi pure quello che vuoi e sarà fatto!»

6. Dopo questa assicurazione, Marco riflette ancora per un po’ e va cercando qualcosa con cui mettere almeno un po’ alle strette l’angelo, ma dato che proprio nessuna obiezione gli viene in mente, finisce con il dire: «Ebbene, fai sorgere qui una casa più solida e più abitabile, vale a dire un vero albergo per forestieri e gente del luogo, con un giardino ben recintato e provvisto di ogni tipo di alberi da frutto e che non manchino i datteri; e nel giardino ci vorrebbe un pozzo ricco d’acqua pura!»

7. Dice l’angelo: «O amico mio, non ti pare che questo sia un po’ troppo in una volta?»

8. Osserva Marco: «Ah, piccolo amico mio, ecco che ci sei anche tu! Eh, sì, senza preveggenza e senza preparazione questa cosa probabilmente non sarà tanto facile da realizzarsi! Io però non intendo affatto costringerti; quello che ti è possibile produrre, producilo, e il resto di quanto ho chiesto lascialo pure andare!»

9. Dice l’angelo: «Oh, no! Anzi, tutto verrà compiuto come tu hai domandato! E nel Nome del Signore sia anche fatto tutto secondo la tua richiesta! Va’, dunque, ed ispeziona bene tutto quello che troverai di nuovo; poi ritorna qui e dimmi se ogni cosa è di tua soddisfazione; e se hai da muovere qualche critica, fallo subito, perché, vedi, adesso sono molti i cambiamenti che vi si possono ancora fare, mentre domani sarebbe troppo tardi dato che noi certamente non saremo più qui. Va’, dunque, e prendi attentamente visione di tutto!».

 

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Cap. 4

La nuova dimora di Marco, un’opera miracolosa di Raffaele.

 

1. Marco allora volse lo sguardo intorno e rimase completamente sbalordito nel vedere tutto quello che era sorto in un attimo solo. Infatti, una bellissima casa costruita in mattoni e in perfetto ordine appariva a destra della vecchia bicocca da pescatori in direzione nord-est, la quale con il fronte che dava verso sud-est arrivava fino al mare. Essa era ad un piano con un ballatoio molto comodo, tutto intorno all’edificio; a pianterreno c’erano: una grande cucina, un’ampia dispensa e ancora altre diciotto stanze, di cui cinque erano adibite ad abitazione e tredici erano spaziosi locali per la conservazione dei vari prodotti agricoli, come ad esempio tutti i tipi di depositi delle varie qualità di cereali, depositi per le carni, per la frutta, per la verdura, per i vari legumi e per i tuberi. In una stanza assai vasta c’era una vasca d’acqua in marmo bianco che aveva abbondantemente venti tese quadrate di superficie e nel suo complesso aveva normalmente una profondità di sei piedi; l’acqua però vi giungeva all’altezza di quattro piedi e mezzo soltanto, il che era comunque sufficiente per la conservazione delle migliori qualità di pesci pregiati.

2. Questa vasca all’interno della casa era provvista di acqua purissima mediante una sorgente del tutto nuova e abbondante; essa penetrava nella vasca dal di sotto attraverso delle piccole ma numerose aperture praticate in una lastra di pietra sul fondo fino a raggiungere l’altezza di cui abbiamo detto, livello al quale si trovava un tubo che scaricava in mare ma che poteva venire chiuso dall’esterno qualora si avesse voluto avere la vasca completamente piena d’acqua. Tutto intorno a questa grande vasca correva una bellissima balaustra alta due piedi e mezzo, pure di marmo bianco e traforata, e nel caso in cui la vasca si fosse trovata ricolma d’acqua, da uno dei lati si dipartiva un canaletto di scarico artisticamente lavorato che, naturalmente, passava attraverso il muro della costruzione e sboccava esso pure in mare non lontano dall’altro tubo di scarico più basso. Anche le pareti e il pavimento erano rivestiti di marmo bianco, e il soffitto di questa stanza era foderato di legno di cedro del tipo più puro e solido, in tavole perfette senza nodi e senza alcuna scheggia. La stanza stessa riceveva luce da cinque finestre con l’intelaiatura di marmo, alte cinque piedi e larghe tre. Le finestre erano munite di lastre di cristallo purissimo ed erano fatte in modo da potersi aprire e chiudere, come del resto anche tutte le altre finestre dell’edificio.

3. Il portone della casa era di un metallo che riluceva come oro, mentre le porte che davano sulle varie stanze erano tutte di finissimo cedro, lavorato finemente e con grande arte, ed erano ben provviste di chiavistelli e serrature opportunamente fissati. Il primo piano, però, era tutto, senza eccezione, rivestito di legno di cedro graziosamente lavorato a fregi, e ciascuna stanza offriva un aspetto davvero stupendo. Oltre a questo, tanto al pianterreno quanto al primo piano, ciascun locale era perfettamente ed abbondantissimamente arredato e provvisto di tutto ciò che esige un albergo di primo ordine. I granai erano ricolmi di ogni specie di cereali e le dispense erano piene zeppe di ogni possibile cosa che serva in cucina. Insomma la casa richiesta da Marco non solo appariva realizzata materialmente e del tutto solidamente secondo i piani da lui già da lungo tempo coltivati in segreto nelle sue fantasticherie, ma essa era dotata in maniera quanto mai ricca, e per vari anni, di ogni tipo di provviste commestibili e di altro genere.

4. Dietro la casa si trovavano ancora le stalle per ogni specie di animali domestici, e così pure varie capanne per custodirvi gli attrezzi da pesca. Esse erano costruite là con molto buon gusto e senso di opportunità, ed erano corredate e riccamente provviste di tutto il necessario. E tutto intorno ai nuovi edifici era sorto un giardino fittamente recintato con un’area di venti iugeri: laddove prima non c’era che una steppa sabbiosa e abbandonata, adesso fioriva il più bel giardino su un terreno fertilissimo, ricco di ogni specie più nobile di alberi fruttiferi, e fra l’altro vi era una splendida vigna che occupava un paio di iugeri di terreno, la quale esibiva i suoi magnifici grappoli succosi e già completamente maturi, né i legumi erano in minore abbondanza.

5. Nel mezzo del giardino c’era, per di più, un edificio adibito a salutari terme naturali, con un tempio in marmo. Queste terme consistevano di due piscine separate, una delle quali era destinata alla cura dei lebbrosi, nella quale affluivano delle sorgenti tiepide, sulfuree e sodiche che erano fatte pervenire a quella località, a partire dalle parti più interne della Terra, dalla potenza di Raffaele secondo la Mia Volontà. Egli scorse anche, sulla riva, un porto del tutto nuovo costruito di solida pietra squadrata, nonché cinque grosse navi dalla costruzione robustissima e provviste di vele e di remi. Esse si cullavano entro l’ampio bacino, l’accesso al quale, quantunque avesse la larghezza di sei tese, poteva venire completamente sbarrato durante la notte mediante una catena di ferro. Questo porto corrispondeva precisamente alle idee spesso accarezzate dal vecchio Marco a tale riguardo, il quale, nel prendere visione di tutto quanto era sorto in maniera prodigiosa, si fregava continuamente gli occhi, credendo sempre di dormire e di vedere tutte quelle cose semplicemente in sogno.

6. Terminata che fu l’ispezione, durata quasi un’ora, Marco ritornò quasi in preda a vertigine e disse con un tono che tradiva un immenso stupore: «Ma questa è proprio una realtà, oppure io vedo le cose come in un beatissimo sogno? Oh, no, no, non può essere una realtà, dato che già parecchie volte la mia fantasia nei momenti di ozio si era creata un albergo precisamente così; e qualche volta, nei sogni mattutini, l’ho anche visto così, e tu, o mio piccolo amico dai Cieli, hai fatto venire artificialmente il sonno su di me, ed ora io ho contemplato in sogno, ancora una volta, le mie stesse idee!»

7. Dice Raffaele: «O romano di poca fede! Se tutto ciò fosse una visione di sogno, non esisterebbe neppure più; adesso però non ti ostinerai a sostenere che forse dormi ancora e che stai sognando! Ora dì a tua moglie e ai tuoi figli che anche loro vadano a prendere visione di tutto quello che c’è di nuovo qui, e poi verranno e ti aiuteranno a liberarti dal tuo sogno!»

8. Allora Marco, voltandosi per ammirare nuovamente quella meraviglia, esclama: «No, non si tratta davvero di un sogno, anzi è una verità evidentissima! Ma resterà poi così?».

 

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Cap. 5

I figli del mondo e i figli del Signore.

 

1. Dice Raffaele: «Non ti dissi già, prima di tutto ciò, che quello che è stato costruito solidamente neppure mille anni avranno il potere di cancellarlo completamente? Soltanto le varie specie di alberi fruttiferi, di nobili arbusti e le piante in genere, come pure le cinque navi non resisteranno tanto; ma quanto invece esiste in fatto di muratura, durerà molto, anzi moltissimo tempo! Perfino dopo duemila anni se ne potrà ancora trovare qualche traccia! Però certamente nessuno penserà più che i costruttori saranno stati degli esseri ultraterreni. Anzi, già nel tempo presente, quando i tuoi vicini verranno qui e vedranno tutte queste cose, diranno che esse sono opera dei romani qui presenti, dato che molte e robuste braccia compiono anch’esse dei prodigi! Tu, però, lascia pure che la gente del mondo pensi così, perché, ammesso che in un paese anche cento volte centomila persone vivano con il modo di vita di oggi, tu ne troverai a mala pena complessivamente cinquemila disposte a crederti dopo molte e ripetute spiegazioni. Una fede cieca però non potrebbe essere di giovamento né a te, né meno ancora a noi, spiriti del Cielo! Del resto non interessa affatto che a credere siano i molti od i pochi! Infatti, il Signore è venuto al mondo per i Suoi pochi figli soltanto, e non per la gente del mondo. E così sarà anche fino alla fine di questo mondo e dei suoi tempi!

2. Quando accadrà che il Signore vorrà nuovamente rivelarsi su questa Terra, sia unicamente mediante la Parola, sia qualche volta, a momenti, anche personalmente, Egli si rivelerà sempre ed esclusivamente ai Suoi veri figli, i quali sono provenienti dall’Alto! Il mondo con i suoi figli non avrà che poco o nulla affatto da attendersi da Lui a questo riguardo! Per costoro l’eternità durerà abbastanza a lungo per farli giungere ad una qualche luce quanto mai subordinata.

3. Non credere affatto che questa luce suprema proveniente dai Cieli riuscirà mai a compenetrare tutta l’umanità vivente sulla Terra! Solamente i veri figli, sempre in piccolo numero, ne saranno provvisti in maniera pura ed abbondantissima, mentre i figli del mondo si limiteranno a trarre profitto dalla loro immondizia, per edificare dei templi e delle case per gli idoli, e per circondarle e recintarle con rigide leggi e con regole cieche e stolte, ma che perciò non saranno tali da toccare i pochi veri figli, cosa questa alla quale il Signore dedicherà sempre le Sue più fedeli cure. Per conseguenza, tra i figli del mondo non ci sarà più alcun Geremia ad intonare le sue lamentazioni! Ma ora presentati al Signore e ringraziaLo per tale dono generoso!»

4. Allora Marco si avvicina a Me con l’intenzione di rivolgerMi i suoi ringraziamenti facendo ricorso al suo frasario più scelto e forbito.

5. Però Io gli dico: «Marco, risparmia pure tanta fatica alla tua lingua, perché al Mio orecchio è già pervenuto il ringraziamento del tuo cuore, e perciò non occorre più quello della lingua. Del resto, non merita forse ciascun onesto albergatore un adeguato compenso? Ora tu pure sei un tale onesto albergatore, e ci hai servito instancabilmente nel modo migliore per quasi otto giorni; noi dunque non possiamo pretendere che tu l’abbia fatto per nulla! Questo nuovo albergo servirà ad assicurare a te e ai tuoi futuri successori un abbondante sostentamento; tu però abbi cura che il Mio Nome continui a rimanere solidamente in questo luogo, cosa che accadrà solo se rimarrà vivo presso i tuoi successori, perché, qualora il Mio Nome svanisse dai loro cuori, essi ben presto verrebbero a perdere anche tutto il resto! Chi invece avesse pur perduto tutto a questo mondo, ma avesse conservato il Mio Nome, costui non avrebbe perduto ancora nulla, anzi avrebbe guadagnato tutto. Chi invece avesse perduto fuori dal suo cuore il Mio Nome, costui avrebbe perduto tutto, proprio tutto anche se possedesse tutti i tesori della Terra!».

 

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Cap. 6

Il Signore impartisce all’albergatore Marco dei comandamenti sul comportamento.

 

1. Il Signore: «Abbi perciò cura, prima di ogni altra cosa, che il Mio Nome venga conservato nel cuore: colui al quale Questo rimane, a costui resta tutto, ma a chi Questo non rimane, è anche stato abbandonato da tutto!

2. Chi però Mi ama veramente ed ama pure il prossimo come se stesso, costui porta davvero in maniera viva il Mio Nome nel proprio cuore, e possiede in questo Nome un tesoro che tutte le eternità non potranno mai rapirgli, perché amare Dio veramente e completamente con i fatti vuol dire molto di più che non essere signore di tutti i tesori, non solo di questo mondo, ma di tutti gli altri mondi dell’intera infinità.

3. Però non basta professarMi secondo la sapienza, ma secondo il pieno amore vero nel cuore.

4. A te verranno ogni tipo di poveri per essere soccorsi; tutto ciò che avrai fatto a loro senza un compenso terreno, l’avrai fatto a Me ed il Mio Amore te ne ricompenserà.

5. Se qualche ignudo viene a te, dagli di che ricoprire il suo corpo! E a chi si presenta a te senza denaro, non negargliene qualora ne abbia bisogno per questo mondo!

6. Io vorrei certamente che gli uomini, quali fratelli e sorelle, vivessero concordi tra di loro senza bisogno di questo pericoloso e dannoso mezzo di scambio. Ma visto che essi, quali uomini del mondo, e per maggiore comodità nei loro commerci e nei loro scambi, l’hanno adottato già dai tempi antichi, non sarò Io a vietarne l’uso; tuttavia il denaro sarà apportatore di benedizione agli uomini unicamente e soltanto per mezzo del Mio Amore!

7. Non attribuirgli mai alcun altro valore all’infuori di quello del Mio Amore, e così esso ti porterà pure il Mio Amore e la Mia Benedizione. A chi ha bisogno di un denaro, dagliene due ed anche tre, e poi il Mio Amore te ne risarcirà dieci e trenta volte!

8. In poche parole, quando accadrà che tu ti accorgerai della presenza di qualche povero in qualcosa, e se tu lo aiuterai in questa stessa cosa per amore Mio e con cuore lieto, allora potrai sempre contare sulla Mia ricompensa; e certo questa non rimarrà mai a metà strada!

9. Nel caso ad esempio che da te venga, per le cure termali, una persona ricca che sia affetta da paralisi; ebbene, fatti risarcire in equa misura l’alloggio e il vitto, ma concedigli però le terme gratuitamente!

10. Ma se qualcuno invece viene alle cure termali per suo diletto, da costui fatti pagare le cure termali, l’alloggio e il vitto più cari che non da un altro. Se egli però chiede da te la verità, dagliela senza alcun compenso, perché egli è povero in questo campo!

11. E se viene un sapiente del mondo e vuole intendere la verità da te, non concedergliela gratuitamente, anzi fattela pagare un denaro per ogni parola, perché per un simile cercatore della verità questa ha valore soltanto quando egli ne sia venuto in possesso a prezzo di molto denaro!

12. Qualora sia venuto da te un povero affamato, dagli da mangiare e da bere, e non lasciarlo andar via da povero; ma se viene qualcuno a cui fa piacere sedere alla tua mensa, costui paghi quanto ha consumato, e paghi altresì quanto ha consumato un povero seduto accanto a lui!

13. Soccorri gratuitamente ogni povertà, ma fatti sempre pagare quando si tratta di semplice divertimento! Mi hai ben compreso?»

14. Risponde Marco, versando lacrime di gioia: «Sì, o Signore!»

15. Io dico: «Ebbene, ora va e mostra ai tuoi tutte quelle cose!».

16. Marco allora si recò dai suoi, che erano stupiti oltre ogni dire, e comunicò loro quanto Io gli avevo detto, e tutti poi se ne andarono frettolosi per vedere la nuova casa e, naturalmente, per esaminarla in tutti i più minuziosi particolari. La moglie e i suoi figli però, nell’ammirare tutta quella magnificenza, si sentirono vacillare per pura e semplice beatitudine, e la grande gioia tolse loro ogni possibilità di esprimere i loro sentimenti. E tutti coloro che sedevano alle mense Mi chiesero se anche loro avrebbero potuto prendere visione di quella vistosissima opera prodigiosa.

17. Io dissi: «Cari amici! Quest’opera rimarrà, e voi avrete occasione di visitarla e di ammirarla in abbondanza; Io invece non rimarrò che grazie all’amore dei vostri cuori.

18. Restate qui presso di Me finché Io sono con voi; perché Io valgo certamente di più di quell’opera prodigiosa; di simili opere sarebbe in Mio potere compierne un numero infinito in un solo istante!»

19. Dicono tutti: «Sì, sì, sì, o Signore, noi restiamo senz’altro tutti presso di Te, perché Tu solo sei di più di tutte le opere della Tua Potenza, della Tua Sapienza e della Tua Benevolenza, le quali ricolmano l’intero infinito!».

 

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Cap. 7

Del sommo sacerdote romano. Una critica del sacerdozio pagano a Roma.

 

1. Dice Cirenio: «Signore, Tu conosci bene quali sono le mie mansioni di governo, e come sono gravose e difficili! Ebbene, ormai esse mi fanno l’effetto come se non avessero alcuna importanza, e come se ogni questione potesse risolversi da se stessa anche senza di me, e che a tutto potesse venire provvisto anche senza il mio contributo! Davvero, ora io appaio dinanzi a me stesso come una quinta ruota in un carro, perché io so bene che ora a tutti i miei affari accudisci Tu, o Signore, e che nel mio governo non vi è stato finora un ordine maggiore di adesso, poiché Tu, o Signore, ti occupi di me!

2. O impero felice! Tu, Roma, patria mia, quanto puoi rallegrarti in segreto che il Signore abbia rivolto a te, in grazia, il Suo occhio e che intenda allevare dei Suoi figli anche fra le tue mura antiche, nei tuoi castelli e nelle tue case! O Signore, io te lo garantisco con la mia vita: se Tu, invece di qui fossi a Roma ed avessi compiuto un prodigio simile dinanzi ai romani, davvero non ci sarebbe un solo essere umano che non fosse pronto a tributarTi i supremi onori divini! Sennonché Tu conosci il Tuo Piano e conosci le Tue vie, e per conseguenza è certo supremamente bene così come Tu hai disposto e deciso!»

3. Intervenne allora la Mia Giara la quale fino a quel momento era rimasta zitta: «O illustre governatore, non darti pena a causa di Roma! I veri romani, quelli sì, possono ancora passare! A Roma però ci sono anche moltissimi sacerdoti degli idoli i quali sono subordinati ad un cosiddetto PONTIFEX MAXIMUS! (Pontefice Massimo![2]). Questi tengono in pugno il popolo con il loro Ade e ne controllano la coscienza con le pene del Tartaro che, a detta loro, dovrebbero essere del genere più spaventoso e di durata eterna! Guai a chi si azzardasse a toccare un simile vespaio; ben presto la sua sorte si farebbe certo assai misera! Secondo me, i vostri sacerdoti dovrebbero essere mille volte ancora peggiori dei nostri templari i quali portano Mosè e i profeti almeno sulla schiena e sul petto, quantunque per lo più soltanto esternamente! Ma i vostri non portano niente del tutto, neanche esteriormente; il movente di ogni loro dire e fare è il più nero egoismo e l’indomabile brama di dominare su tutti e su tutto.

4. E infatti due sacerdoti subordinati di Roma, i quali una volta avevano preso alloggio presso di noi, mi raccontarono che il PONTIFEX MAXIMUS è un essere tanto altolocato che perfino Giove, il quale rende visita al PONTIFEX MAXIMUS almeno una volta all’anno, certamente gli si inchina dinanzi dalle tre alle sette volte prima di osare di scambiare qualche parola con il suo supremo rappresentante sulla Terra e di sottoporgli con il massimo rispetto una qualche eventuale nuova legge ad uso del popolo mortale di questo mondo. Certo, dicevano essi, Giove non rende al PONTIFEX MAXIMUS simili onori proprio perché quest’ultimo è PONTIFEX MAXIMUS, ma unicamente a causa degli stolti mortali, affinché quest’ultimi attingano da ciò la convinzione di quanta inesprimibile sublimità e maestà sia rivestito sulla Terra l’altissimo che ha la funzione della divinità suprema.

5. Egli ha il dominio sopra tutti gli imperatori, i re, i principi, i comandanti d’esercito e sopra qualsiasi altro altissimo dignitario, poi ha tutti gli elementi in suo esclusivo potere. Quando, in segno d’ira, egli batte con il suo sacro piede il terreno, questo trema immediatamente come il fogliame tremulo del pioppo sotto la sferza dell’uragano furioso, ed i monti della Terra cominciano a vomitare fuoco appoggiando così il corrucciato PONTIFEX MAXIMUS affinché in nome di Giove egli possa saziare tanto più abbondantemente la sua sempre giusta brama di vendetta.

6. Da lui, esclusivamente, dipendono le buone e cattive annate. Se egli benedice le campagne, allora si hanno ricchissimi raccolti su tutta la Terra; se non le benedice, i raccolti si faranno assai magri, ma se poi volesse lanciare una maledizione sulla Terra, allora tutto sarebbe assolutamente finito, e sul mondo si scatenerebbero la guerra, la fame, le pestilenze, e mille altri guai inauditi ne sarebbero la conseguenza! All’infuori di Giove, tutti gli altri dèi gli devono obbedienza; in caso di rifiuto egli potrebbe bandirli dalla Terra fino a cento anni, cosa questa che però non succede mai, dato che tutti gli dèi sono troppo profondamente convinti dell’inesprimibile nobiltà del PONTIFEX MAXIMUS.

7. Conseguentemente un PONTIFEX MAXIMUS è in possesso di una triplice potestà principale. In primo luogo, è al di sopra di tutti gli dèi ad eccezione di Giove, con il quale naturalmente, in quanto a dignità, si trova su un medesimo gradino; in secondo luogo, sopra tutta la Terra e i suoi elementi, e infine sopra tutti gli uomini, gli animali, gli alberi, gli arbusti e le piante! Oltre a questo egli ha anche il dominio su tutti i pianeti e su tutte le stelle, e tiene nella sua mano le nubi, i venti, il lampo, il tuono, la pioggia, la grandine e la neve; ed il mare trema continuamente dinanzi alla sua infinita potenza!

8. E su questo tono i due sacerdoti romani mi hanno raccontato un mare di altre cose ancora sul conto del loro PONTIFEX MAXIMUS. Io ci pensai su qualche tempo, in quanto tutto ciò mi faceva l’impressione come se essi avessero voluto semplicemente prendersi gioco di me un po’ fuori luogo! Ma dovetti convincermi ben presto che quei due pazzi prendevano la cosa proprio sul serio. Quando cominciai poi ad annunciare loro quanto era a mia conoscenza riguardo all’unico vero Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe e riguardo alle Sue opere, essi iniziarono a farsi beffe di me, e mi assicurarono nella maniera più calorosa che io mi trovavo su una strada completamente sbagliata, perché essi avrebbero potuto fornirmi mille prove contro una che le cose stavano precisamente così come essi me le avevano esposte!

9. Io domandai allora se risultava loro che il PONTIFEX MAXIMUS fosse immortale o no. Uno dei due, avendo voluto parlare troppo precipitosamente, si impaperò e rispose che sotto l’aspetto terreno il PONTIFEX MAXIMUS era effettivamente mortale, ma, quando moriva, Giove lo accoglieva senz’altro nella regione più alta dell’Elisio, dove poi per la durata di cent’anni sedeva alla mensa del sommo degli dèi, e così diventava finalmente egli stesso una reale divinità nel regno degli dèi. Questa versione non fu di gradimento dell’altro sacerdote, il quale disse per correggerlo: “Ecco che hai nuovamente detto un sacco di fandonie! Da quando in qua un PONTIFEX MAXIMUS è stato mortale? Quello che hai detto di lui, non vale che per noi, sacerdoti di rango inferiore, particolarmente se non siamo riusciti ad acquistarci completamente il favore del PONTIFEX MAXIMUS, perché un PONTIFEX MAXIMUS non muore mai, né può neanche morire per la ragione che Giove lo ha reso immortale per tutti i tempi”. E sempre quest’altro sacerdote aggiunse: “Vedi, io conosco già quattro PONTIFEX MAXIMUS e di tutti e quattro nessuno è mai morto, eppure sul rispettivo trono siede sempre e soltanto un immortale, e non quattro, anche se sono tutti assolutamente immortali, visto che, come detto, un PONTIFEX MAXIMUS non può mai morire, come pure non può mai perdere il trono supremo su questa Terra!”

10. E allora io ripresi a parlare e conclusi così: “Ma ciò che dite è assolutamente impossibile; infatti, come mai quattro possono essere uno ed uno quattro? Questo sì che a me sembra un’autentica fandonia!”. E finii con il dire: “Come ragionate voi, non fate che dare evidentemente del pazzo assoluto al vostro PONTIFEX MAXIMUS; egli ad ogni modo è una persona altrettanto mortale come lo siamo noi, e la sua potenza consiste in primo luogo nelle armi dell’imperatore, poi nell’immensa cecità e stoltezza del popolo, e infine in una specie di pessimi artifici magici, perché dinanzi ad un popolo assolutamente stolto e spiritualmente cieco è quanto mai facile operare miracoli! Andatevene dunque, e risparmiatemi le vostre stupide ciance! È già più che sufficiente che siate voi i rappresentanti della più rozza stoltezza; perché dunque dovrei fare anch’io la stessa figura al vostro fianco?”.

11. A questa mia risposta i due si infuriarono contro di me, e poi trovarono da dire pure fra di loro, cominciarono a scagliarsi reciprocamente i più acerbi rimproveri e finirono con il picchiarsi e con il cacciarsi l’un l’altro fuori dalla porta; io però, mentre essi al di fuori andavano azzuffandosi come due cani, domandai loro, stando alla finestra, se quel contegno era esso pure la conseguenza di un decreto del PONTIFEX MAXIMUS con valore di prescrizione legale da parte di Giove nell’Elisio altissimo! Per fortuna i due, che erano infervorati nella rissa, non sentirono le mie parole e continuarono con sempre maggior calore a dimostrarsi pro e contro la famosa immortalità del PONTIFEX MAXIMUS, finché alcuni servitori di casa nostra non si decisero a dividerli.

12. Ed ora dimmi tu, o caro e nobile Cirenio, quale risultato avrebbe potuto ripromettersi il Signore a Roma, considerato tutto questo arcistolto fanatismo popolare, a meno di non fare piovere fuoco e zolfo dal cielo! Oh, il buon Dio sapeva senza dubbio già fin dall’eternità dove per Lui sarebbe stato meglio e più opportuno venire quaggiù e perciò Egli è sceso fra la Sua umanità di questo mondo, ed è sceso appunto qui e non altrove! Ecco, questa è più o meno la mia opinione; che cosa ne pensi invece tu? Che concetto hai tu, o può avere l’imperatore a Roma riguardo a questo infausto PONTIFEX MAXIMUS?».

 

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Cap. 8

Le condizioni religiose a Roma al tempo di Gesù.

 

1. Risponde Cirenio: «O figlioletta mia, tu hai perfettamente ragione; a Roma, naturalmente soltanto nei riguardi del popolo, rispetto al PONTIFEX MAXIMUS le cose stanno generalmente così, né per il momento si può fare altrimenti! Però io posso con tutta certezza anche darti l’assicurazione che soltanto il popolo della classe più bassa e ignorante presta ancora mezza fede a questo; invece la parte migliore del popolo non crede assolutamente più a simili cose, e per conseguenza noi romani possiamo ancora fare qualcosa.

2. Non c’è dubbio che nel diffondere queste purissime verità divine sarà un giorno necessario affrontare più di una spiacevole lotta a causa del popolo, ma d’altro canto non mancheranno seguaci della nuova fede di tempra veramente romana, i quali, per questa stessa fede, offriranno con entusiasmo beni, sangue e vita. Infatti, non è così facile trovare sulla Terra un popolo che tema tanto poco la morte quanto appunto quello romano; qualora un romano genuino abbia abbracciato con tutta convinzione un’idea, egli è sempre pronto a rischiare la sua vita per essa! Una cosa di questa specie non la fa un altro popolo; di ciò puoi stare più che sicura!

3. I nostri sacerdoti costituiscono appunto la quinta ruota del carro, e le loro feste popolari e i loro sermoni non servono ormai ad altro che a divertire il popolo; dunque, anche se esistono simili costumi, non c’è più nessuno che ci faccia caso. Quanto al resto ci pensa la nostra giurisprudenza che abbraccia ogni campo, la quale è un estratto delle dottrine dei migliori e più saggi filosofi che mai siano vissuti in qualche parte di questa Terra.

4. Il PONTIFEX MAXIMUS viene mantenuto come figura di facciata dallo Stato a causa del popolo; infatti, la sua sfera d’influenza, in cui una volta si poteva muovere liberamente, ora è stata fortemente limitata. È vero che in altri tempi, circa due secoli fa, le cose per il PONTIFEX MAXIMUS andavano che era una meraviglia; infatti, in quel tempo il PONTIFEX MAXIMUS era senz’altro una specie di divinità fra gli uomini! Egli del resto era sempre una persona dalle conoscenze molto ricche e vaste, e tale doveva anche essere, altrimenti non avrebbe potuto arrivare così facilmente ad una carica tanto elevata. Egli doveva essere versatissimo nei misteri dell’Egitto e doveva conoscere alla perfezione tutti gli oracoli ed i loro segreti; oltre a questo doveva essere ben addentro nelle manipolazioni dell’arte magica, conoscenza questa della quale prima doveva sempre fornire la prova sottoponendosi ad un rigorosissimo esame dinanzi ai patrizi più anziani di Roma, costituiti in collegio strettamente segreto. Dopo aver dimostrato di possedere tutte queste qualifiche, soltanto allora gli veniva conferito il pontificato con tutti i suoi diritti, i suoi vantaggi e i suoi svantaggi.

5. Giunto a questo punto, egli poteva certamente intraprendere più di una cosa al cospetto del popolo; però, in segreto, non doveva dimenticare il rispetto dovuto al patriziato, ed era tenuto a fare come questo richiedeva da lui. Se i patrizi volevano la guerra, egli doveva sempre manipolare ogni sua manifestazione nel campo profetico in modo tale che il popolo ne vedesse la necessità come una conseguenza della volontà degli dèi; sennonché in questo caso non erano altri se non i patrizi, e con loro i primi e più colti cittadini, gli artisti e i poeti, i quali anzitutto partivano dall’idea che soltanto alla fantasia degli uomini bisognava imprimere una direzione ben precisa, sia pure verso un campo assai vasto, per preservarli dalle aberrazioni più vergognose!

6. Infatti, ciascun individuo ha una propria fantasia naturale, la quale, se viene trascurata, può indurre la più nobile figura umana a farsi simile ad una bestia feroce; se invece la sua fantasia viene debitamente frenata, ordinata ed avviata verso forme più nobili, allora essa stessa comincerà anche a creare forme più nobili, e trapasserà a pensieri e ad aspirazioni interiori, ed animerà la volontà per operare il meglio delle sue creazioni interiori.

7. E così l’intera dottrina degli dèi è stata ideata soltanto come una formazione fantastica sempre più ordinata per avere funzione regolatrice della comune fantasia umana, ed è stata attuata praticamente e visibilmente e, per quanto possibile, con ogni mezzo umano. Ma allora per noi, savi patrizi colti, sorse di per sé, come è facile da comprendere, la necessità di dover apparire come volevamo che fosse il popolo.

8. Però, come stavano allora le cose così stanno ancora oggi, con la sola differenza che attualmente anche il proletariato è già iniziato in molte cose che prima erano conosciute soltanto a noi patrizi, e ormai sono pochissimi coloro che credono ancora a qualcosa di quanto ha relazione con il pontificato. La maggioranza crede certo ad un qualche Essere divino superiore; ci sono poi molti che non credono più a niente, mentre la parte più colta è costituita da platonici, socratici e molto spesso da aristotelici.

9. Però, quei sacerdoti che ti hanno dato le informazioni sul conto del PONTIFEX MAXIMUS spesso sono in parte, nella loro specie, davvero tanto stolti che credono realmente, parola per parola, a tutto quello che viene loro dato ad intendere. Ma non di rado si tratta invece di raffinati volponi che di fronte al popolo fanno un chiasso indiavolato e, a sentir loro, parrebbe come se essi fossero a tu per tu con gli dèi e che giornalmente facessero con loro la partita a scacchi secondo l’uso persiano! Ma in loro stessi non credono invece a niente, ad eccezione delle massime di Epicuro che suonano all’incirca così: “EDE, BIBE, LUDE! POST MORTEM NULLA VOLUPTAS; MORS ENIM EST RERUM LINEA” (Mangia, bevi, gioca! Dopo la morte non c’è divertimento; la morte è la fine delle cose!).

10. Se tu dunque, o mia dilettissima Giara, che per la tua età sei meravigliosamente saggia, volessi farti un’opinione di noi basandola sull’impressione che ti hanno fatto i due sottosacerdoti, in verità ci faresti un grande torto! Infatti, noi romani siamo precisamente così come ti ho esposto adesso; ogni altra versione non può essere che il parto della fantasia di un qualche profano che conosce le condizioni di Roma altrettanto poco quanto le conoscevi tu fino a questo momento, condizioni che invece sono proprio tali quali io, che sono un co-reggente di Roma, te le ho rivelate ora. Ma dato che tu queste cose ora le conosci, bisogna pure che modifichi la tua opinione riguardo a noi romani e che ci giudichi e che ci tratti con un po’ più di indulgenza! Che ne dici? La mia richiesta è equa sì o no?»

 

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Cap. 9

La predizione del Signore sul destino di Roma e di Gerusalemme.

 

1. Risponde Giara: «Questo si intende naturalmente da sé! Se le cose stanno evidentemente così come tu me le hai esposte ora con tutta schiettezza, non mi resta assolutamente più da muovervi alcuna obiezione. In fondo, se la vostra volontà è buona, nemmeno i risultati del vostro agire conformemente a tale volontà possono essere cattivi, neanche quando essi non appaiono vantaggiosi agli occhi del mondo. Io mi lascio ingannare pochissimo dalle apparenze; sennonché io vedo pure che per parte di natura si può arrivare molto prima sia ad una qualche buona e onesta volontà che, in qualche modo, alla verità purissima, la quale soltanto attraverso la buona volontà stessa diventa vera luce di vita efficacissima. Ora, secondo quanto tu hai esposto, il buon volere l’avete avuto sempre ed invariabilmente, in generale; e i singoli momenti perturbatori hanno avuto poco potere, o addirittura nessuno, di mutare la situazione in qualche maniera.

2. Ma adesso, in aggiunta alla vostra buona volontà, vi viene ancora concessa la Luce purissima dell’eterna verità, per mezzo della quale la vostra volontà, già in origine buona, non può non venire illuminata riguardo alle giuste vie ed i veri mezzi con cui giungere certamente ai risultati migliori, ed in queste condizioni è evidente che da voi è lecito attendersi solo le cose migliori! O Signore, benedici Tu queste mie semplici parole affinché esse rimangano per tutti i tempi una verità permanente!»

3. Io dico allora: «Sì, o Giara, Mia dilettissima, le tue parole saranno certamente benedette, essendo veramente belle e colme di verità!

4. Roma dovrà restare per lungo tempo il luogo di dimora della Mia Dottrina e della Mia Grazia speciale, e questa grande città imperiale dovrà raggiungere un’età nel mondo alla quale soltanto poche città egiziane arriveranno, ed anche queste saranno in condizioni di conservazione meno buone di Roma. I nemici esterni non potranno mai arrecare gravi danni a questa città, e quando anche in essa vi saranno dei danni, essi andranno attribuiti unicamente al tempo ed ai pochi nemici interni!

5. Purtroppo, in avvenire anche in questa città dominante accadrà che la Mia Dottrina trapasserà ad una specie di idolatria; e ciononostante la Mia Parola e comunque il senso migliore dei costumi della vita vi si manterranno in generale.

6. In tempi proprio molto lontani anche lo Spirito di questa Mia Dottrina si farà molto debole; e l’umanità si troverà soltanto a dover mordere la buccia più esteriore, e riterrà che quest’ultima sia il pane spirituale della vita. Sennonché allora saprò ben Io escogitare i giusti mezzi per ricondurla gradatamente sulla retta via; e per quanta fornicazione e per quanto adulterio verranno trovati fra le sue mura, a tempo opportuno Io saprò purificarla di nuovo!

7. Del resto essa rimarrà sempre un’annunciatrice dell’amore, dell’umiltà e della pazienza, per la qual cosa molto le verrà perdonato in ogni tempo mediante i discepoli, ed i grandi della Terra le si schiereranno ripetutamente intorno per sentire dalla sua bocca le parole della loro salvezza.

8. Ma in generale su questa Terra nulla si manterrà mai proprio del tutto puro per un tempo assai lungo; e per conseguenza neanche la Mia Parola. Però ad ogni modo a Roma la Mia Parola si conserverà, come una reliquia storica, più pura che non altrove e questo per gli scopi della vita!

9. Questa assicurazione ora Io la do qui a te, o Cirenio, amico Mio carissimo, e questa sia nello stesso tempo una vera e piena benedizione delle parole quanto mai belle e veritiere della nostra dilettissima Giara!

10. Un millennio dopo l’altro ti dimostrerà e dirà che questa Mia enunciazione rispetto alla durata e alla dignità di Roma troverà pieno adempimento!

11. Gerusalemme invece verrà distrutta in modo tale che già entro non molto tempo, a calcolare da questo attuale, nessuno saprà più dove essa esisteva un tempo. L’umanità futura edificherà pure in questi paraggi un’altra piccola città che porterà lo stesso nome, ma l’aspetto e il luogo non saranno più quelli, e perfino questa piccola cittadella dovrà attendersi molti mali da parte di nemici esterni, e resterà in perpetuo minima e insignificante e sarà un covo di gentaglia d’ogni risma la quale trarrà una misera esistenza dal muschio crescente sulle rocce che già ora sono in quel posto.

12. Oh, certo era Mia intenzione fare dell’antica città di Dio la prima città della Terra, ma essa non Mi ha riconosciuto e Mi ha accolto come si accoglie un ladro ed un assassino! Ed anche perciò essa decadrà per sempre, e non risorgerà mai più dalle rovine della ben meritata maledizione antica; maledizione che essa stessa si è preparata e che ha proferito con la sua stessa bocca! Ed ora dimmi, o Mia dilettissima Giara, sei soddisfatta di questa Mia Benedizione?»

13. E Giara, commossa fino alle lacrime, risponde: «O Signore, o unico amore mio! E chi mai potrebbe non essere contento di quello che Tu, o Signore, vai pronunciando, e particolarmente poi di una simile grande promessa che si estende ad epoche tanto lontane? Anche il mio nobile e caro Cirenio mi sembra che ne sia rimasto altamente soddisfatto, e non meno di lui lo è pure Cornelio, e Fausto, e qui il nostro Giulio. Se poi coloro, tra i figli di Gerusalemme, che siedono in questo momento anche ad altre mense intorno a noi, e sono parecchi, saranno altrettanto contenti delle Tue promesse rispetto a Gerusalemme, ebbene, questa mi sembra che sia una questione del tutto differente, perché dalle loro facce non traspare quella letizia che si può invece leggere sulle facce dei romani»

14. Dopo questa osservazione perfettamente giusta, alcuni che erano di Gerusalemme si alzarono e dissero: «Non si dovrebbe certo augurare la rovina alla propria patria, a meno che essa non fosse diventata un ricettacolo di ladri e di birbanti, ma, se è accaduto, conviene che neppure essa venga risparmiata! I posteri - senza paura di commettere un peccato - hanno il diritto di distruggerla con le proprie mani sopra i capi degli scellerati che ancora vi dimorano, e di cancellarne ogni traccia per sempre.

15. Ma se Gerusalemme, secondo quanto ci è precisamente noto, oggigiorno non è altro che un perfetto covo di assassini, perché noi dovremmo rattristarci se il Signore ha deliberato di dare a questo perfido covo, come certo anche darà, la ricompensa da lungo tempo meritata? Il lato veramente triste della cosa sta nel fatto che questa città, cui venne conferita tanta Grazia da parte di Dio, nonostante tutte le ammonizioni sia arrivata per la terza volta al punto di dover venire punita nel modo il più rigoroso per la stessa mano di Dio! Ma la Sua ben nota Tolleranza e la Sua Pazienza sono una prova sicurissima di quanto una simile città si sia resa senza dubbio meritevole del più aspro castigo, e per conseguenza essa non è davvero da compiangere minimamente, né è degna di cordoglio!

16. “VOLENTI NON FIT INIURIA!” (Per chi è consenziente non è un’offesa! – cioè – Chi è causa del suo male, pianga se stesso!). Se qualcuno, pur essendo giorno chiarissimo, vuole gettarsi da se stesso in una fossa, si troverà forse qualcuno disposto a versare lacrime sulla sua sorte? Certo noi non saremo tra questi tali. Per gli autentici asini e per i buoi stupidissimi non abbiamo mai sentito misericordia, specialmente qualora abbiano voluto brillare dinanzi a tutto il mondo come i più alti rappresentanti della sapienza! Ed ancora e specialmente loro sono tanto meno degni di misericordia, in quanto la loro pretesa altissima sapienza, che in fondo non è che la più rozza asinaggine, ha sempre voluto farsi valere nella pratica unicamente sotto la forma di svariatissime perfidie e della scaltrezza più raffinata.

17. Certamente, è senz’altro giusto che pure un’anima umana inferma sia più degna di pietà del corpo infermo di una persona ammalata. Ma se succede che ad un uomo ammalato, ed ancora nel pieno possesso della propria ragione, si presenti un medico espertissimo e di indiscussa fama il quale, resosi conto della specie del male, potrebbe ed anche vorrebbe certissimamente aiutare l’ammalato, ma l’ammalato, invece di accogliere con tutta gioia il consiglio salutare del medico, lo fa gettare fuori dalla porta mediante i suoi servitori, ebbene, - domandiamo noi - chi mai potrà provare ancora un senso di pietà per una simile anima ammalata? Noi no di certo, ma sicuramente neanche nessun altro dopo di noi! Che un simile animale d’uomo venga pure colpito dalla malattia più atroce e terribile; solo in seguito alle proprie sofferenze riconoscerà in che modo stolto egli avrà agito facendo gettare fuori dalla propria casa il più abile fra i medici!

18. La stoltezza di per sé merita compassione, perché uno stolto non ha colpa setale è rimasto già dalla culla; sennonché esiste un’altra razza di uomini - costituita dalla maggioranza degli alti sacerdoti, dei farisei e degli scribi - che non sono stolti, ma fingono di esserlo per poter servirsi, con facilità tanto maggiore, ai loro fini ignominiosi ed egoistici della misera umanità da loro stessi resa stolta! Questi tali non sono delle anime ammalate, ma sono invece dei lupi sani e vigorosi travestiti da pecore, e non meritano altro che di venire fatti bersaglio degli strali più acuti perché in un caso simile qualsiasi pietà sarebbe una rozza stoltezza da parte di un qualche cuore umano.

19. A chi mai, su tutto il mondo intero, potrebbe venire in mente di rimpiangere che la notte venga annientata dal Sole nascente? O quale sarà il pazzo che si vorrà rattristare per un noioso inverno che ha fatto posto alla primavera, o per un furioso uragano che è cessato, oppure per una pestilenza scomparsa, o per delle annate cattive che non si rinnovano più? Ma noi crediamo perciò che sarebbe una stoltezza ancora molto maggiore rattristarci mentre il Signore è intenzionato a concederci quanto prima la massima fra le Sue grazie. Certamente, è infinitamente doloroso che Gerusalemme non voglia riconoscere ed accogliere la più vivida luce dello spirito, perché questo non vuol dire altro se non di avere incorporato in se stessi il Satana del mondo! Ma stando così le cose, piova pure fuoco e zolfo dal cielo! Sodoma e Gomorra già da lungo tempo riposano in fondo al Mar Morto; ed ora, chi mai vorrà compiangere quegli scellerati? Così neppure Gerusalemme sarà compianta!

20. E tu, o soavissima Giara, nell’esprimere la tua opinione a nostro riguardo ti sei alquanto ingannata anche qui! Vedi, l’apparenza non sempre è un riflesso della verità, e talvolta essa ci induce in errore! Non pensi pure tu che le cose stanno così e che probabilmente staranno così per sempre? Ci dai ragione o torto?»

21. Esclama Giara: «Ma Signore, o amore mio, perché mi deve dunque accadere che non sono capace di giudicare mai rettamente gli uomini, e invece solo falsamente? Questa è una cosa che mi fa davvero rabbia! Prima mi è toccato un rimprovero, certamente dolce, da parte di Cirenio; ora però il rimprovero mi viene da più parti! Essi hanno tutti ragione, mentre io sola evidentemente ho torto, perché secondo verità la ragione è dalla loro e non dalla mia. O Signore! Concedimi un po’ più di accortezza affinché non debba trovarmi sempre male dopo aver espresso un giudizio!».

 

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Cap. 10

Un Vangelo per il sesso femminile.

 

1. Dico Io: «Calma, calma, Mia cara figlioletta! Basta solo che tu sia un po’ più riservata e che non sia impertinente di fronte ad uomini con molta esperienza; oltre a ciò non devi mai farti subito un giudizio basandoti sull’esteriorità delle cose, ma dovrai sempre attendere quello che prima diranno gli uomini esperti del mondo riguardo all’una o all’altra esperienza!

2. Solo quando qualcuno sia caduto in qualche modo in errore, allora è il momento di fargli presente, molto teneramente e dolcemente, come e dove egli non abbia colto propriamente nel segno, ma non certo prima!

3. Infatti non sarebbe affatto bello che delle fanciulle fossero le prime a far conoscere la verità a degli uomini esperti; solamente qualora gli uomini deviino dal retto sentiero e si comportino in maniera non saggia, allora certo è venuto il momento buono per la donna di avvicinarsi molto teneramente e dolcemente all’uomo e dirgli: “Amico mio, fa’ bene attenzione, perché ti sei messo su una strada che non è la giusta, perché la cosa sta così e così!”. E l’osservazione sarà accolta con gioia dall’uomo, ed egli si atterrà volentieri a quello che la voce soave, tenera e dolce gli avrà suggerito.

4. Parlare in modo impertinente, invece, non approda a nulla, e rende facilmente l’uomo contrariato e infastidito, e allora spesso egli non presta affatto attenzione alla voce bella e dolce di una donna per quanto abile lei sia.

5. Vedi, questo pure è un Vangelo, però soltanto per il tuo sesso! E la donna che lo osserverà avrà sempre del bene su questa Terra; ma colei che non osserverà questo Vangelo, dovrà ascrivere a se stessa se non sarà stimata dagli uomini.

6. Una vera donna è un simbolo del più alto dei Cieli, mentre una donna falsa, cocciuta e dominatrice appare fatta ad immagine di Satana, che già corrisponde al più tenebroso e profondo inferno.

7. Inoltre a una vera donna non è proprio mai lecito adirarsi del tutto con un uomo, perché nell’essere femminile deve certo predominare la massima pazienza, dolcezza e umiltà. È proprio in lei che l’uomo deve trovare la vera quiete del suo animo sconvolto dalle passioni, e diventare egli stesso dolce e paziente! Ma se invece la donna, alla fine, comincia a sbraitare dinanzi all’uomo, che cosa dovrà fare un uomo il cui stato d’animo è, senza dubbio, sempre più tempestoso che non pacifico?

8. Perciò non essere dunque impertinente, Mia figlioletta che Mi sei carissima per tutti i tuoi altri aspetti, altrimenti ti troveresti ancora più spesso nella situazione di doverti arrabbiare se qualcuno ti rimprovera nuovamente! Mi hai ben compreso?»

9. Risponde Giara: «Oh, certo che Ti ho compreso; però nel mio cuore mi dolgo di essere stata sciocca e impertinente! Erano già passate parecchie ore che me ne stavo zitta, ed era bene che fosse così; ma ora mi aveva preso la voglia di dire anch’io qualcosa, mentre sarebbe stato meglio che avessi continuato a tacere. Però, d’ora in poi, io imporrò alla mia lingua una giornata di quiete come non l’ha avuta ancora un’altra lingua in una bocca di donna!»

10. Dico Io: «Questo, Mia cara figlioletta, non è proprio così strettamente necessario; basterà che tu mantenga il silenzio finché non ti venga richiesto di parlare! Infatti, se ti venisse chiesto di parlare e tu invece tacessi, allora l’uomo reputerebbe ciò una grandissima cocciutaggine, una cattiveria e un’astuzia, ed allontanerebbe il suo cuore da te.

11. Dunque, parlare a tempo debito e tacere a tempo debito, però sempre piena di dolcezza, amore e sottomissione; cose queste che costituiscono il più bell’ornamento di una donna e che sono come una fiammella vitale deliziosissima e perfettamente adatta a vivificare il cuore di ogni uomo rendendolo subito tenero e compassionevole!

12. Nelle giovinette però si riscontra un vizio che non di rado si accentua molto aspramente e che si chiama vanità; ora questa non è altro se non una semente molto vigorosa della superbia. Se una giovinetta lascia che tale semente germogli in lei, allora ha già perso la propria femminilità celestiale e si è molto accostata alla figura di Satana. Una giovinetta vanitosa è a mala pena degna di essere derisa, ma una donna superba e orgogliosa è una carogna fra gli esseri umani, ed è perciò, a buon diritto, profondamente disprezzata da chiunque.

13. Dunque, figlioletta Mia, vedi di reprimere sempre in te anche la minima tendenza alla vanità e più ancora alla superbia e all’orgoglio, e così fra molte donne tu risplenderai come una bellissima stella nell’alto firmamento! Hai afferrato e compreso bene il senso di tutte queste parole?»

14. Dice Giara: «Oh, certo! Ma Tu non t’inquietare con me perché veramente mi sono dimostrata molto sciocca!»

15. Dico Io: «Non darti alcun affanno a causa di ciò. Ma adesso ecco che arriva Marco di ritorno con i suoi, così sentiremo anche quello che avranno da raccontare a tutti noi!».

16. Giara si dimostra soddisfatta e, mentre in particolare essa si dà a meditare profondamente sulla vanità, ecco Marco che ritorna da Me con tutta la sua famiglia, e sua moglie ed i suoi figli incominciano ad intonare un coro di lodi e a rivolgerMi calorosissime parole di lode e di glorificazione.

17. Io do loro la Mia Benedizione, li invito ad alzarsi da terra e dico loro: «Voi sapete in che cosa consiste quella cosa grazie alla quale voi potrete per sempre assicurarvi il Mio compiacimento, come pure il Mio aiuto, quando poteste averne una qualche particolare necessità; e lo sa specialmente Marco il quale in seguito vi istruirà in ogni cosa.

18. Ma siccome voi, durante tutto questo tempo, non evitando proprio nessuna fatica, vi siete tanto presi a cuore il Mio benessere materiale e quello dei Miei discepoli, Io ho voluto ricambiare le vostre zelanti cure facendovi dono di tutto quello che avete visto, ed ho disposto tutto in modo tale che possa servire per il vostro grande vantaggio tanto temporale, quanto anche per l’eternità. Ma ora fatevi mostrare da Raffaele come deve venire adoperata ogni cosa, perché accanto ad un simile possesso è pure doveroso avere la scienza per amministrarlo e metterlo a profitto nella maniera più opportuna!»

19. Allora Io chiamo Raffaele e gli dico: «Va con loro, e mostra come si deve usare ogni cosa in conformità all’ordine; e ai due figli fa vedere anche come vanno governate le cinque navi a vela, e come con esse può venire tratto vantaggio da ogni vento! Così essi diventeranno anche i primi e più provetti marinai di tutto questo mare, e secondo i loro metodi verranno poi ben presto attrezzate e governate tutte le navi anche sul grande mare; cosa questa che riuscirà utile pure ai romani». Dopo di che tutto ebbe rapidamente esecuzione conformemente all’incarico dato all’angelo.

20. E, rivoltoMi poi a Cirenio, dissi anche a lui: «Tu pure manda in loro compagnia alcuni fra i più intelligenti dei tuoi servitori affinché anche loro imparino qualcosa per le loro necessità su questo mondo! Infatti, Io voglio che tutti coloro che Mi seguono siano saggi e capaci in ogni cosa». Allora Cirenio seguì immediatamente il Mio consiglio e scelse alcuni fra i suoi servitori perché si unissero alla compagnia, e disse anche a Giosoe di andare con gli altri, in quanto il ragazzo aveva una grande predilezione per ogni cosa che avesse attinenza con la navigazione.

 

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Cap. 11

Le opinioni dei nubiani riguardo all’operare miracoli.

 

1. Quando tale questione fu regolata, Mi venne vicino l’Oubratouvishar il quale si espresse così: «Tu solo sei onnipotente, e onnipotente oltre ogni dire! Ecco, io, i miei fratelli, e le mie sorelle abbiamo ormai visto la salvezza di ciascun uomo che abbia il cuore onesto e sia animato da buona volontà: di coloro cioè che hanno cura di coltivare il cuore e l’animo, e che non si affannano anzitempo riguardo alla cultura dell’intelletto il quale non dovrebbe veramente essere altro che un braccio abile al servizio del cuore. Questa è, e resta, l’unica via giusta che conduce alla vera vita e alla sua salvezza, cosa questa che noi, mori, vediamo e comprendiamo benissimo come un uomo che è desto.

2. Sennonché, malgrado tutta la nostra maturità di vita e la nostra perspicacia, questo prodigio tiene occupate le nostre menti assai affannosamente, e per questo è sorta fra noi una divergenza di vedute, dato che alcuni sono del parere che un prodigio di questa specie dovrebbe poter venire compiuto anche da un uomo fattosi del tutto perfetto grazie al Tuo Spirito, altri invece propendono per l’opinione che un fatto simile è eternamente possibile soltanto a Dio, perché, per ottenere effetti di tal genere, si richiede un atto della onnipotente Volontà divina, Volontà che nessuno spirito creato potrebbe mai possedere in eterno, dato che egli non è uno spirito infinito, ma solo uno spirito supremamente limitato.

3. Questi inoltre dicono e ritengono che questo sia una cosa che si può osservare già nelle creature di questa Terra. Quanto più si fanno grandi, tanta maggior forza e potenza manifestano, mentre quanto più piccole sono, tanto minore è anche la loro forza. Da noi si racconta che una volta esisteva una razza di elefanti giganteschi, al paragone dei quali gli esemplari viventi oggigiorno sulla Terra non sarebbero che delle scimmiette. Questi animali dovrebbero aver posseduto una forza tale da potere molto facilmente sradicare gli alberi più robusti con la loro proboscide; ma se dunque già su questa Terra quanto più grande è una creatura, con tanta maggior forza si presenta, allora quanto maggior divario non dovrebbe mai esservi poi fra gli spiriti che sono la condizione fondamentale della forza nelle varie creature! Dunque quello che è possibile a Te, quale Spirito originario ed eterno perché Tu solo sei di una Grandezza infinita, non dovrebbe essere possibile a nessuno spirito creato e finito, come - ad esempio - il fare sorgere qui fuori dal nulla un simile edificio, un simile giardino e delle navi magnifiche di questa specie!

4. Io stesso mi trovo alquanto incerto nella mia opinione, poiché io dissi loro, condividendo il parere dei primi: “Compiere in un istante un’opera che anche gli uomini potrebbero eseguire, sia pure dedicandovi soltanto molto tempo e molta fatica, dovrebbe essere per Dio evidentemente più facile che non compiere un’altra opera che agli uomini resterà, e deve restare, per sempre impossibile”

5. Così gli uomini hanno la possibilità, impiegandovi un tempo proporzionato, di costruire degli edifici immensi e meravigliosi; ma invece tutti gli uomini di questa Terra, presi assieme, non sono affatto in grado di creare nemmeno una umile pianticella di muschio, atta a crescere, a fiorire e a produrre un seme perfettamente capace di riprodurre a sua volta la pianta, e per non parlare poi di un qualche albero fruttifero o addirittura di un animale che possa muoversi liberamente, cercare il proprio nutrimento e generare il proprio simile.

6. Il produrre dal nulla cose di questo genere unicamente grazie alla Volontà onnipotente, è da ritenersi che riuscirà sempre immensamente difficile ad un essere umano, per quanto perfetto possa essere, dato che per ottenere un simile effetto si richiede ben più della forza limitata di uno spirito umano che sia finito in rapporto al tempo quanto allo spazio. Trattandosi invece di cose che egli, anche se faticosamente, ebbe già a creare nella loro limitatezza, dovrebbe essere quasi logicamente possibile ad uno spirito umano completamente perfetto di chiamarle all’esistenza in un momento solo. Bisognerebbe poi solamente vedere se l’opera potrebbe avere carattere permanente, o se nel tempo dovrebbe restare limitata a pochi istanti, agli scopi di un’apparizione intesa a fornire una giusta luce ai ciechi, e ciò senza alcuna mira egoistica, ma unicamente per glorificare il Tuo Nome!

7. O Signore, non vorresti farmi sentire qual è precisamente il Tuo giudizio a tale riguardo, in modo che io possa conoscere se la ragione sta dalla parte mia oppure da quella degli altri? Io non avrei certo osato annoiarTi con questa mia domanda se non mi fossi accorto che a Te, naturalmente per Tua propria e assoluta Volontà, è ora concesso un breve periodo di riposo! Se quindi dare una risposta e proferire una sentenza valida in eterno circa il quesito da me proposto concordassero con la Tua santa Volontà, questo sarebbe per noi tutti una grazia immensa, per la quale non potremmo mai ringraziarTi abbastanza».

 

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Cap. 12

Sulla prepotenza.

 

1. Dico Io: «Eh, o Mio carissimo amico, non posso nasconderti che per Me sarà estremamente difficile dare ragione a te ed anche ai tuoi compagni che la pensano differentemente da te! E infatti, immaginati una pertica che sia infissa nel terreno in maniera poco salda, e che per conseguenza, per potercela far stare in modo che vacilli meno, debba venire cacciata più profondamente nel terreno a suon di colpi di martello. Ora ecco presentarsi due carpentieri non troppo abili e ancora molto inesperti nella loro arte, uno dei quali, che si considera più capace dell’altro, dice: “O fratello mio, noi siamo pari per quanto concerne la nostra arte, ma dà pure a me il martello affinché io dia il primo colpo sulla testata della pertica, dato che sono specialista nel colpire proprio nel segno”. “D’accordo”, osserva l’altro, “fa dunque vedere qual è il tuo sistema per colpire addirittura nel segno!”. Allora il primo prende in mano il martello e con questo vibra un colpo poderoso! Ma il martello va invece solo a sinistra e sfiora la testa della pertica, con la conseguenza che la pertica stessa non acquista affatto maggiore solidità. Allora il suo collega scoppia in una risata e dice: “Dà qui di nuovo il martello, perché battendo la testa della pertica come hai fatto tu, questa non si conficcherà mai dentro la cara madre terra in maniera più solida di prima”. Dice poi quello che aveva colpito per primo: “Eccoti il martello e prova anche tu”. L’altro allora vibra un colpo ancora più violento, ma non riesce a prendere in pieno la testa della pertica, ed invece non fa che sfiorarla dalla parte destra! Ne deriva poi un contrasto fra i due, dato che ciascuno dei due vorrebbe vantarsi di aver menato il colpo più preciso. Allora cominciano a litigare per stabilire chi ha vibrato il colpo migliore. Ma che i due in simili condizioni non possano mettersi facilmente d’accordo è più che comprensibile, perché laddove due cominciano a contendere, il litigio non cessa fino a quando non sopraggiunga uno che sia più forte e più abile ed in grado di dimostrare ai due litiganti come si debba fare per colpire proprio in pieno la testa della pertica. Dopo, naturalmente, la cosa riesce anche ai due; ma senza l’intervento del terzo essi non avrebbero fatto che disputare ancora per qualche tempo e sostenere l’uno che il colpo migliore era stato quello vibrato a sinistra, mentre l’altro a sostenere che il migliore era stato quello vibrato a destra.

2. Ora vedi, le cose stanno precisamente così rispetto anche al vostro litigio, ed Io dovrò finire con l’assumere la parte del terzo per porre termine alla vostra disputa di sapienza, mostrandovi come si fa a colpire veramente nel segno, altrimenti ci sarebbe il pericolo che alle lunghe il litigio degenerasse dalle parole ad una rissa sanguinosa, e tutto ciò semplicemente per decidere se il colpo sbagliato a sinistra sia stato migliore dell’altro, pure sbagliato, ma vibrato a destra!

3. Dunque, riguardo al prodigio compiuto, e al fatto se esso potesse venir compiuto anche da un uomo spiritualmente del tutto perfetto, a tale riguardo né tu, né i tuoi compagni avete trovato la verità, bensì l’avete solo sfiorata l’uno a sinistra e gli altri a destra!

4. Ora, il fatto che Io colpirò proprio nel segno è cosa più che certa; prima però che Io vibri per voi il colpo sicurissimo, bisogna che tu vada di nuovo dai tuoi compagni e che dica loro come né il partito che tiene per il colpo vibrato a sinistra, né quello che propende per l’efficacia del colpo vibrato a destra è dalla parte della ragione, e che la verità ciascun partito l’ha appena sfiorata. Conviene anzitutto che vi mettiate d’accordo su questo punto: voi di questa questione non ne sapete e non ne comprendete assolutamente nulla. Soltanto dopo ritorna qui, ed allora Io ti esporrò ciò che è vero e ciò che è equo sapere e pensare riguardo a questo argomento!”

5. Udito questo, il capo dei mori se ne va sollecito dai suoi compagni e riferisce loro quanto ha appreso da Me. Questi però dissero molto saggiamente. “È stato molto buono ed opportuno che finalmente il Signore in Persona ci abbia dato una simile notizia, perché questa non ha valore soltanto per il presente, ma pure anche per tutti i tempi futuri. Quante volte ci è capitato di giudicare una cosa uno in una maniera ed un secondo in un’altra ed un terzo in maniera ancora differente dalle prime due! Ma chi dei tre ha colpito proprio nel segno secondo piena verità? Sicuramente nessuno ha colpito nel segno; al massimo qualcuno l’avrà colpito di striscio! La cosa è sempre andata a finire con la convocazione del consiglio del popolo ed una votazione: la maggioranza di voti decideva chi avesse avuto ragione nel giudicare una cosa o un fatto; e spesso è accaduto che, a votazione finita, si è constatato che era stata riconosciuta la ragione appunto a colui che più degli altri aveva vibrato il colpo lontano dalla pertica. Se già allora qualcuno ci avesse dato un tale cenno sapientissimo, quante dispute e litigi inutili ci saremmo risparmiati! Invece non avevamo un ammaestramento sacro di questa specie e per conseguenza continuavamo a disputare e a contendere per la sola ed unica ragione che ciascuno voleva essere il più sapiente di tutti.

6. Sennonché la cosa ha avuto anche il suo lato buono, perché questo eterno disputare ha contribuito sempre più ad accrescere in noi la sete di pura verità. Senza questa sete non avremmo certamente mai eletto te, o Oubratouvishar, come nostra guida; e senza di te non saremmo mai andati a Menfi, né meno ancora saremmo giunti fin qui, dove ci è stato reso possibile l’ascolto della Verità più pura, e addirittura dalla bocca di Colui il Quale è l’eterna Causa prima di ogni vita, di ogni esistenza e di ogni cosa. Va dunque da Lui e porgiGli i nostri più fervidi ringraziamenti per l’ammaestramento del quale intendiamo fare tesoro con l’azione nella maniera più vivente e vera anche in tutti i nostri discendenti! Nessun litigio dovrà essere più possibile tra coloro che sono innegabilmente fratelli!».

 

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Cap. 13

La possibilità di operare cose più grandi del Signore.

 

1. Preso atto di questa decisione, il capo ritornò da Me accompagnato dal suo servitore, ed era in procinto di raccontarMi per filo e per segno tutti i ragionamenti che i suoi compagni avevano fatto.

2. Io però gli dissi: «Amico, questo non è affatto necessario a Chi scruta i cuori e le reni degli uomini! Io so già tutto quello che i tuoi compagni ti hanno confidato con molta avvedutezza, ed ora tu sei maturo per apprendere dalla Mia bocca la perfetta soluzione del problema che finora ha tenuto divise le vostre opinioni. Ascolta dunque e comprendi!

3. Quando un uomo su questa Terra oppure anche nell’aldilà, ciò che sarà il caso assolutamente più frequente, avrà raggiunto la massima perfezione della vita, egli con un semplice atto della sua libera volontà farà non soltanto quello che faccio Io dinanzi ai vostri occhi, ma potrà fare, far sorgere e perpetuare cose quali sono, sorgono e si perpetuano in ogni sfera della Creazione, ed inoltre potrà fare e compiere cose ancora molto maggiori! Infatti, quale Mio figlio, un uomo perfetto è in primo luogo una cosa sola con Me sotto ogni aspetto, e questo non vale unicamente per certi aspetti particolari, e siccome la Mia Volontà è diventata del tutto anche la sua, egli deve naturalissimamente essere anche in grado di fare tutto quello che è possibile fare a Me!

4. In secondo luogo, poi, nessun essere umano a causa di questo, e per quanto perfetto sia, perde qualcosa del libero volere assolutamente a lui proprio, per quanto anche la sua volontà si sia unificata con la Mia, e può per conseguenza non soltanto voler tutto per Mio tramite, ma pure anche del tutto indipendentemente e senza essere vincolato in nessun modo; ora questo costituisce evidentemente un di più oltre la Mia Volontà.

5. La cosa, detta così, ti apparirà certo un po’ favolosa, eppure è così, e così rimarrà in eterno. Ma affinché tu possa vederci chiaro, Io ti porrò l’argomento in una luce un po’ più luminosa richiamandoti alla memoria un fatto che, dopo la tua visita a Menfi, non può più esserti completamente estraneo.

6. Durante la vostra prima permanenza a Menfi, quando eravate ospiti del governatore di quel paese, cioè il saggio Giusto Platonico, tu hai avuto occasione di vedere varie specie di specchi, i quali riflettevano la tua immagine grazie alla loro superficie perfettamente levigata.

7. Però il governatore ti mostrò infine anche un cosiddetto specchio magico, nel quale tu, a tua immensa meraviglia, potesti vedere te stesso in proporzioni molto maggiori di quelle che ti sono naturalmente proprie in realtà.

8. Ma Giusto ti fece osservare ancora un’altra particolarità di un tale specchio. Egli lo espose al Sole, e poi provocò, nel punto focale intensamente luminoso distante all’incirca una buona mezza altezza d’uomo dal centro della superficie curva dello specchio, l’accensione di ogni tipo di cose infiammabili, ciò che generò in te una meraviglia ancora più grande.

9. Ora Io ti domando come si è verificato questo fenomeno. Come è potuto accadere che il raggio del Sole, riflesso dal cosiddetto specchio magico, abbia potuto ottenere un effetto tanto maggiore dei raggi provenienti direttamente dal Sole e non da quelli riflessi? Eppure i raggi riflessi dallo specchio magico non avevano niente di differente da quelli derivanti in via diretta dall’unico e medesimo Sole!

10. Lo specchio era rimasto certo del tutto freddo; ma allora da dove mai i raggi trassero una tale energia, che sorpassa di gran lunga quella della naturale e libera luce del Sole? Tu ti sei ormai reso conto di più di una cosa, e potrai quindi indicarMi le ragioni anche di questo fenomeno, almeno per quanto il governatore di Menfi è stato egli stesso in grado di spiegartelo!»

11. Risponde il capo dei mori: «O Signore, in verità, in verità nulla Ti è sconosciuto! Proprio il governatore di Menfi ci mostrò tale genere di specchi, nonché i vari effetti che se ne possono ottenere; ma per quanto riguarda le spiegazioni da lui forniteci, per dirla proprio schiettamente, io ne rimasi assai poco soddisfatto. Io ne riportai l’impressione che egli, volendo colpire nel punto giusto la Tua pertica, non l’avesse nemmeno sfiorata. Insomma, con quanto più zelo egli cercava di rendermi chiara la cosa, tanto più oscura andava facendosi la situazione per me, e credo anche per lui!

12. Una cosa sola mi sembrò chiara, e cioè che un simile specchio ricurvo ha la proprietà di condensare i raggi provenienti dal Sole, e che sarebbe lo stesso, soltanto in misura molto più sensibile, se si prendessero molti specchi perfettamente piani riflettenti l’immagine del Sole nella sua grandezza naturale tale quale essa appare ai nostri occhi, e li si collocasse e disponesse in modo che tutti i raggi riflessi venissero a convergere in uno stesso punto, punto nel quale si manifesterebbe poi anche una luce molto più intensa di quella riflessa da un singolo specchio piano. Ora, in questo caso dovrebbe evidentemente trattarsi di una condensazione dei raggi solari, e l’esperienza insegna che l’aumento della luce porta con sé un corrispondente aumento del calore. A detta del governatore di Menfi, un simile fenomeno darebbe la possibilità anche di un calcolo preciso; ad ogni modo però quanto egli ci disse è cosa sicura, secondo ripetute e fondate esperienze.

13. Questo, o Signore, è anche tutto quello che di meglio ho avuto occasione di udire per bocca di quel governatore; per stabilire però quali ulteriori conclusioni io possa o debba trarre eventualmente da tutto ciò, la capacità di conoscenza della mia anima è troppo meschina, e devo perciò pregare nuovamente che Ti sia gradito di concedere a me, che sono ancora nelle tenebre, una vera luce concentrata nella mia anima, altrimenti in essa continuerà a regnare altrettanta oscurità quanta è quella che adombra completamente la pelle che ricopre questa mia misera carne!».

 

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Cap. 14

L’operare miracoli dell’uomo spirituale entrato nella Volontà del Signore.

 

1. Dico Io: «Ora, ascoltaMi! Io sono il Sole di tutti i soli e di tutti i mondi spirituali, e di tutti gli esseri di ogni specie e qualità che dimorano sugli stessi.

2. Ma come il Sole terreno, con la sua luce e mediante il calore suscitato dalla luce, influisce su tutti gli esseri viventi su di un corpo terrestre e sul corpo terrestre stesso, ma soltanto entro i limiti di un certo ordine esattamente calcolato e così vivifica visibilmente secondo natura tutto il corpo mondiale, ebbene, nello stesso modo anch’Io influisco in tutto ciò che è creato da Me, entro i limiti del Mio Ordine, immutabilissimo per l’eternità e rigidissimamente stabilito; e per conseguenza la Terra non può essere o diventare più Terra di quello che è, ed il fico non può farsi ancora più fico, né il leone ancora più leone, e così via - fino all’uomo - nessuna creatura può essere nella sua particolare specie né più, né meno di come e cosa essa è.

3. Esiste soltanto un essere che fa eccezione, e cioè l’uomo, e questo è l’unico che può diventare continuamente sempre di più uomo dal punto di vista dell’anima e dello spirito, e ciò per la ragione che da parte Mia gli è conferita la capacità indistruttibile di accogliere in sé in sempre maggiore misura e di conservare in sé per l’eternità la Mia Luce spirituale di Vita mediante l’osservanza della Mia Volontà che gli è stata rivelata.

4. Ora, se l’uomo vive rigidamente secondo la legge, ma non aspira a qualcosa di particolarmente superiore, né d’altro canto si lascia indurre a qualcosa che sia al di sotto del livello dell’ordine da lui ormai accettato, così da costituire dunque di fronte al mondo una figura del tutto impeccabile, allora egli è simile ad uno specchio piano il quale, sulla sua superficie levigata, non ingrandisce né in qualche modo rimpicciolisce l’immagine del Sole. Quindi egli si renderà conto di ciascuna cosa giudicandola da un punto di vista perfettamente naturale, e con ciò il suo prosperare in ogni campo avrà un carattere del tutto comune.

5. Un uomo invece il quale, a causa di qualche sprazzo di luce catturato per così dire da qualche parte, fa, tra coloro che sono del tutto privi di luce, un grandissimo chiarore riguardo all’uno o all’altro argomento, e quasi si spaccia per l’inventore della sapienza originaria, reputando tutti gli altri degli stolti, anzi degli ultrastolti, ebbene, un tale individuo va allora gonfiandosi e finisce con l’assomigliare ad una palla che fosse finemente levigata e che quindi assumesse esteriormente le funzioni di uno specchio convesso.

6. Su una tale superficie convessa tu vedrai sempre riflessa l’immagine del Sole, ma completamente rimpicciolita, né troverai più alcuna traccia di un qualche calore. Ora per effetto di questa luce riflessa, che si disperde in tutte le direzioni, niente potrà mai accendersi in eterno, anche se si trattasse del più sottile etere di nafta, cioè quello più facilmente infiammabile! E questo è l’effetto che ottiene l’orgoglio dell’anima quando essa va eccessivamente fiera di qualcosa che invece ha pochissima importanza; e poi, quanto più un’anima di questa specie aumenta in presunzione, tanto più convesso diventa il suo specchio, e tanto più minuscola si fa anche l’immagine del Sole spirituale sulla superficie di un simile specchio di conoscenza e di scienza quasi perfettamente sferico.

7. Queste due specie di uomini menzionate ora non si rendono affatto sempre più uomini, anzi, la seconda specie tende a diventarlo sempre di meno.

8. Sennonché ora si presenta pure un terzo caso, certo divenuto alquanto raro tra gli esseri umani! E questo è il caso rappresentato da persone esteriormente molto compiacenti, servizievoli, pazienti, miti, modeste e colme di umiltà e d’amore verso chiunque abbia bisogno dei loro servizi.

9. Ebbene, questi uomini si possono paragonare al nostro specchio magico curvato interiormente, o concavo, quando la luce della vita e della conoscenza, tratta fuori da Me, cade su un simile specchio dell’anima, allora la luce che ne viene riflessa, e che si concentra nell’aldiquà nella vita fattiva terrena, infiamma tutto l’animo e la propria volontà e li sprona all’azione in ogni campo del buono, del bello, del vero e del saggio, e qualunque sia la cosa che venga a cadere nel punto focale della luce spirituale molteplicemente condensata, viene illuminata con suprema chiarezza e, grazie all’alto grado di calore vitale della vita interiore, si rivela rapidamente in tutta la sua struttura. E l’uomo dotato di un simile specchio dell’anima giunge a riconoscere le cose con tale massima e vivente chiarezza, che un comune uomo non può farsene un concetto nemmeno per sogno.

10. Ma un simile uomo poi si fa uomo sempre di più e di più ancora, e quanto più uomo egli diventa, tanto più si fa perfetto in sé, e dopo un adeguato periodo di preparazione, cioè quando la circonferenza e il diametro del suo specchio vitale sarà sempre più aumentato in dimensione e in profondità verso il centro della vita, allora il punto focale agente verso l’esterno, fattosi molto più poderoso e denso di luce, otterrà ancora degli effetti certamente molto maggiori della Mia luce solare esattissimamente commisurata per tutte le creature, dalla quale per le vie dell’ordine naturale non è mai lecito attendersi qualcosa di più straordinario, così come non ci si può attendere che la luce perfettamente naturale che giunge dal Sole su questa Terra possa mai riuscire a fondere un diamante, cosa questa che invece possono ottenere i raggi di luce concentrati mediante un cosiddetto specchio magico di grandi dimensioni.

11. Precisamente così stanno le cose anche rispetto ad un uomo assolutamente perfetto del quale Io ho prima asserito che sarà atto ad operare in maniera ancora più grande di Me. Quanto Io faccio ora, lo faccio secondo un ordine calcolato esattissimamente fin dall’eternità, e la Terra deve percorrere intorno al Sole la sua orbita ad una distanza bene prestabilita, orbita sulla quale essa, in generale, viene a trovarsi sempre ad una costante intensità di luce.

12. Dunque, come è facile discernere, Io non posso mai porre con l’onnipotenza della Mia Volontà questa Terra oppure un’altro pianeta proprio del tutto vicino al Sole per gli scopi della scienza, o quanto meno forse per fare uno scherzo, perché un tentativo di questo genere non otterrebbe altro effetto che quello di convertire in brevissimo tempo tutta questa Terra in un cumulo di vapori di colore bianco-azzurrastro chiaro.

13. Ma voi uomini, mediante simili specchi, potete concentrare la luce dispersa del Sole in un punto su questa Terra, e potete sperimentare la sua potenza su piccole parti del vostro pianeta, e ciò facendo otterrete dalla luce del Sole, bene inteso sotto un punto di vista perfettamente naturale, già un effetto maggiore di quanto lo possa ottenere Io per le vie naturali! Ma quali effetti ancora maggiori non potrete voi ottenere con la Mia Luce spirituale, riflessa dallo specchio concavo della perfettissima umiltà delle vostre anime!

14. Certo, i Miei veri figli, nella loro sfera più limitata saranno in grado di compiere cose le quali in loro e per loro evidentemente devono essere maggiori rispetto alle Mie opere, in quanto essi, accanto all’adempimento perfetto della Mia Volontà, sono atti anche secondo la loro volontà liberissima - nella quale la Mia Luce può condensarsi fino ad operare con una potenza inesprimibile, e ciò entro una cerchia ristretta, con tutta la potenza del fuoco più intenso della Mia interiorissima Volontà - ad operare cose che, per la conservazione di tutto il Creato, Io non devo mai fare, quantunque certo sarebbe in Mio potere farle.

15. In breve, i Miei veri figli potranno, per così dire, addirittura trastullarsi con quelle forze del Mio Cuore e della Mia Volontà che Io, strettamente parlando, ho ancora effettivamente impiegato altrettanto poco, quanto poco Mi è mai venuto il pensiero di spingere questa Terra proprio molto vicino al Sole per provocare, col suo calore per voi indicibile, la fusione di qualche alta cima di montagna allo scopo di fare uno scherzo, cosa questa che non sarebbe possibile senza contemporaneamente convertire tutta la Terra nell’antico etere. Quello dunque che Io non devo fare, né in grandi né meno ancora in piccole proporzioni, lo possono invece fare già naturalmente, e tanto più poi spiritualmente, i Mie figli mediante gli specchi magici!

16. Ebbene, o Mio caro amico, tu ora comprendi proprio bene e secondo verità quanto ti ho detto per risolvere il problema che tu Mi hai posto? Sei contento, oppure si cela eventualmente qualche altro dubbio sotto alla tua pelle nera?».

 

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Cap. 15

Il Signore consola i Nubiani non chiamati ad essere figli di Dio.

 

1. Risponde il capo dei mori: «Sì, o Signore, ora tutto mi è chiaro e la mia anima si sente proprio del tutto a suo agio in ogni cosa! Però io osservo come la maggior parte dei Tuoi discepoli abbiano l’aspetto di non aver compreso proprio bene questa immagine di tre tipi di specchi! Io Ti ringrazio dal più profondo del cuore per questa Tua spiegazione che corrisponde perfettamente ad ogni mio sentimento vitale; ma, come ho detto, suscita in me un’impressione di rammarico il fatto che sembrino comprendere meno di altri queste cose proprio coloro che, quali veri chiamati alla Tua figliolanza, dovrebbero invece comprenderle meglio di chiunque altro!»

2. Gli dico Io allora: «Non preoccuparti per questo! Se tu le comprendi, perché occupartene oltre? Anche loro finiranno con il comprenderle quando sarà venuto per loro il tempo di comprenderle, perché essi resteranno per molto tempo ancora al Mio fianco, mentre domani voi farete ritorno al vostro paese!

3. Presso tutti i popoli già da tempi antichi è buona usanza che l’ospite straniero sia oggetto di dovute cure prima dei figli di famiglia. Ma non perciò i figli ne avranno un danno! Date le condizioni del momento, per voi era più facile comprendere queste cose anche per il fatto che eravate già a conoscenza di come funzionano gli specchi, mentre dei Miei veri discepoli e figli non ce n’era uno che avesse mai visto uno specchio all’infuori di quello offerto dalla superficie di un’acqua tranquilla. Se Io proprio vorrò chiarire loro questa faccenda più da vicino per renderne più facile la comprensione saprò procurarMi gli specchi necessari con altrettanta facilità quanto ne ho avuta nel procurarMi i cervelli umani e nel procurare al vecchio Marco questa nuova casa con i rispettivi accessori.

4. Non essere dunque in pensiero a causa dei Miei discepoli e dei Miei veri figli, perché sono Io stesso a darti l’assicurazione che alla fine a nessuno di loro verrà a mancare qualcosa! Gli stranieri certo vengono, ma poi ripartono, mentre i figli restano in casa! Hai compreso anche questo?»

5. Dice il capo dei mori: «Oh, io ho certamente compreso tutto, ma non perciò vi è maggior letizia nella mia anima, perché la Tua voce nel proferire la parola “stranieri” è sembrata venire così da lontano! Tuttavia noi non potremo mai mutare in eterno quello che Tu hai già destinato che sia così dall’eternità, e tuttavia, pur quali stranieri, Ti siamo ardentissimamente grati per tutte queste immense grazie che ora ci hai concesse e che non abbiamo mai meritato!»

6. E nel pronunciare queste parole, al capo come pure al suo servitore vengono le lacrime agli occhi; Giara allora Mi dice del tutto in segreto: «O Signore e Padre dell’umanità, vedi come piangono questi due mori!»

7. Io però le rispondo: «Non fa nulla, o figlioletta Mia carissima, perché appunto così essi diventano figli dei Miei figli, e neppure loro verranno respinti dalla casa del nonno!».

8. E quando i due mori ebbero udito queste parole dalla Mia bocca, si precipitarono ai Miei piedi singhiozzando fortemente; ma queste ormai erano lacrime di gioia.

9. E quando il capo si riprese dopo qualche istante, esclamò ad alta voce: «O Dio colmo di Giustizia, di Sapienza, di Amore, di Potenza e di Misericordia, con tutta l’umiltà e l’ardore del mio essere io Ti ringrazio per me e per tutto il mio popolo, dato che per Tua grazia ci è lecito chiamarci almeno figli dei Tuoi figli!»

10. Io però soggiungo: «Datti pace, o amico Mio, perché colui che è accolto da Me non è più uno straniero per Me! Vedi la Terra: essa è coperta da montagne, e di queste alcune sono alte ed altre sono basse. Ora, gli alti monti sono pure i primi figli effettivi della Terra, mentre i bassi sono sorti solo più tardi e gradatamente quali derivazione dei primi, ma vedi, mentre i primissimi ed i massimi adornano i loro capi di nevi eterne e di ghiacciai perpetui, i discendenti più piccoli succhiano continuamente il latte dell’amore dal seno della grande madre!

11. In verità Io vi dico: “Chi ha amore ed opera secondo l’amore, costui è il Mio diletto, ed è Mio figlio, Mia figlia, Mio amico e Mio fratello; ma chi non ha amore, né opera secondo l’amore, costui è uno straniero e come tale sarà trattato!”. Ma se Io ti chiamo amico Mio, allora non sei più uno straniero, bensì appartieni alla Mia famiglia grazie alla Mia Parola che è stata da te accolta fedelissimamente nel tuo cuore. Ed ora va pure in piena pace, ed annuncia tutte queste cose ai tuoi fratelli!».

12. Il capo allora ritorna assieme al suo servitore dai suoi compagni ed espone loro tutto quello che ha appreso da Me; tutti scoppiano in alte grida di giubilo per tali notizie assai consolanti. Noi li lasceremo dunque alla loro giustificata gioia, e rivolgeremo la nostra attenzione agli altri nostri amici. Fra questi, neppure Cirenio aveva ben afferrato la spiegazione da Me data di quei tali specchi, nonostante le sue nozioni riguardo a simili strumenti fossero abbastanza buone e precise; perciò egli Mi domandò se non fossi disposto a chiarirgli la cosa forse un po’ meglio. Io però gli dissi di pazientare un po’, considerato che ben presto ci saremmo trovati ad aver parecchio da fare con una delegazione da Cesarea di Filippo, delegazione dall’apparenza piuttosto melanconica. E Cirenio si adeguò senz’altro alla Mia richiesta.

 

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Cap. 16

La delegazione di Cesarea si presenta a Cirenio.

 

1. Avevo appena terminato queste parole, quando comparvero dodici uomini da dietro la vecchia casa, sei dei quali erano ebrei e sei greci. Era precisamente successo che gli abitanti di Cesarea, che avevano trovato ricovero in alcune capanne, erano venuti a conoscenza, mediante i loro pastori e pescatori, che da parte del governatore di Roma era stato donato al vecchio Marco un esteso tratto di terreno come sua assoluta proprietà, e che esso era stato circondato da un muro insormontabile. Gli abitanti di Cesarea però consideravano tutti i fondi situati per lungo e per largo intorno alla città come un bene comune, e perciò volevano sentire da Cirenio con quale diritto egli avesse disposto di una proprietà cittadina malgrado essi fossero perfettamente in regola con il versamento dei tributi, tanto nei riguardi di Roma quanto di Gerusalemme. Ma Io già prima, in segreto, avevo informato di ciò Cirenio nel suo cuore in modo che egli fosse informato anticipatamente di cosa si sarebbe trattato, prima ancora che qualcuno della delegazione avesse avuto il tempo di aprire bocca, ed era quindi anche preparato a sufficienza per quanto riguardava la risposta da dare a quella triste raccolta di sfacciati rappresentanti.

2. Esauriti i soliti inchini cerimoniosi, si fece innanzi un greco molto astuto di nome Roclus il quale, presentatosi a Cirenio, si espresse così: «Signore, signore, signore giustissimo, illustrissimo e rigorosissimo! Per tua generosità è stato fatto dono al vecchio soldato e ora pescatore Marco di una considerevole estensione dei nostri terreni comunali gravati da forti tasse, la quale come assoluta proprietà è stata anche recintata; questo fatto ci è stato riferito, con nostro doloroso stupore, un’ora fa dai nostri pastori, anch’essi colpiti duramente dalla perdita di un simile bel tratto di paese.

3. Quale sciagura si sia abbattuta su di noi, abitanti di Cesarea, tanto benestanti prima, questo lo dimostrano le rovine qua e là ancora fumanti. Noi ora siamo, nel senso più vero della parola, i mendicanti più miseri di questo mondo. Può stimarsi davvero fortunato colui che è riuscito a salvare qualcosa dalle fiamme distruttrici! Ahimè a noi, poveri fauni, non è toccata una simile fortuna; infatti, il fuoco si estese dappertutto con tanta rapidità che tutti noi, e con noi molti altri, dovemmo essere ancora straordinariamente grati agli dèi per aver potuto salvare la pelle. Qualche capo di bestiame costituisce ormai tutta la nostra ricchezza, e adesso siamo ridotti alla vita di nomadi; ma come sarà possibile che noi conserviamo quest’ultimo bene che ci resta, se la tua generosità verso dei cittadini nati a Roma ci toglie i nostri migliori terreni per assegnarli, in proprietà assoluta, intangibile e del tutto preclusa a qualsiasi altro, a coloro che hanno la fortuna di trovarsi particolarmente in grazia presso di te?

4. Noi intendiamo dunque rivolgerti semplicemente la preghiera che tu voglia dirci se il fortunatissimo Marco sarà tenuto o no a corrisponderci un risarcimento per questo fatto! Infatti, data la nostra attuale situazione assolutamente misera, questa espropriazione a nostro danno, così, senza proprio nessuna indennità, sarebbe una cosa davvero senza alcun riscontro in tutta l’intera storia dell’umanità! O altissimo signore, che cosa ci dobbiamo attendere, noi miseri?»

5. Risponde Cirenio: «Che chiacchiere e che pretese sono mai queste, o spudorati individui e larve d’uomini che siete? Questa porzione di terreno è annessa da cinquecento anni alla collina e alla capanna da pescatore che vedete qui, e la porzione stessa non valeva assolutamente niente, dato che essa era costituita unicamente da sabbia e da ghiaie. Ma qui erano annessi anche altri venti iugeri di terreno che non sono stati affatto inclusi nel recinto, e che per conseguenza vennero lasciati a libera disposizione ed uso del vostro comune. Oltre a questo voi avete asserito ora, in mia presenza, di essere ridotti, nel senso più vero della parola, alla mendicità e di non possedere che gli stracci che avete indosso! Ma che cosa devo dire io di questa vostra sfacciata e perfida menzogna? Io so bene che le vostre dimore a Cesarea sono state distrutte dal fuoco, e conosco esattamente qual è il danno che ne avete subito; ma io so altresì dei grossi possedimenti che voi avete a Tiro e a Sidone, ed a me è precisamente noto come appunto tu, Roclus, hai là tanti tesori da poter senz’altro gareggiare con me; e di altrettanto si possono vantare anche tutti gli altri undici che hai condotto con te!

6. Voi dodici disponete di tante ricchezze e di tanti tesori che voi soli potreste ricostruire almeno dieci volte tutta la città caduta in preda alle fiamme; e adesso siete proprio voi a venire qui a piangere miseria e a rinfacciarmi il fatto che al vecchio Marco, a questo perfetto galantuomo, sia stato concesso di separare la proprietà strettamente e legittimamente sua da quella che è vostra! Ma ora ditemi voi con che nome devo chiamarvi, e come mai devo qualificare il vostro contegno!

7. Andate là ed ispezionate il terreno che si trova fuori del recinto del giardino e che tuttora costituisce piena proprietà di Marco; si tratta di buoni venti iugeri di terra, ed io sono disposto a venderveli per dieci denari d’argento. Se trovate che valga tanto, pagate i dieci denari e il fondo passa in vostra proprietà. Una terra peggiore non la si trova su tutta questa cara e vasta Terra, eccezion fatta per il deserto del Sahara nell’Africa, perché, all’infuori di sabbia e di ghiaie morte e qua e là qualche rovo ritorto, voi non vi troverete nient’altro!

8. Voi però siete gente ricca, e potete fare trasportare qui della buona terra anche da lontano per coprire questo piccolo deserto e trasformarlo in un terreno fertile! Oltre a questo è in vostro potere fare convogliare qui dell’acqua, pure da lontano: opera certamente alquanto costosa allo scopo di irrigare abbondantemente questa zona di terreno così coltivata, e questo durante l’estate che qui è solitamente arida. In questo modo verreste in legittimo possesso di un appezzamento di terreno che vi assicurerebbe un certo reddito! Ma con delle pretese assolutamente infondate, come sono le vostre, da me non otterrete niente in eterno, ed io saprò ben dimostrarvi con i fatti che, per quanto riguarda questa vostra petizione niente affatto giustificata, la ragione sta sempre dalla parte del più forte! E adesso che cosa intendete fare?»

9. Risponde Roclus, parecchio intimidito da questo energico linguaggio del governatore generale: «Signore, signore, signore! Noi stessi non siamo qui a rivendicare un qualche diritto personale, bensì siamo i rappresentanti di coloro che nella città distrutta sono proprio sul serio costretti ad una vita assai misera; abbiamo fatto già molto in loro favore, e tutta la comunità cittadina, ora ridotta completamente alla miseria, per riconoscenza non ha fatto altro che cederci in proprietà tutti i fondi circostanti, assicurandoci che questi terreni situati lungo il mare costituivano essi pure un possesso della loro comunità!

10. Ma, stando così le cose, è naturale che non potevamo restare indifferenti se qualcuno fosse venuto qui senza chiedere nulla a nessuno e si fosse impadronito di una parte dei terreni, e quindi l’avesse coltivata facendola addirittura rinchiudere entro un muro altissimo che sbarrava ogni passaggio, e tutto ciò con una rapidità che ha veramente del magico! Questa cosa può naturalmente essere possibile a voi romani, esercitati nell’arte della guerra, dato che in caso di bisogno siete capaci di erigere un accampamento per centomila uomini spesso impiegando solo pochi istanti!

11. Considerato che ormai le cose stanno in maniera differente da quanto supponevamo, noi semplicemente desistiamo dalla nostra richiesta e ritorniamo a casa! I venti rimanenti iugeri di terreno che sono rimasti al di fuori del muro, il vecchio galantuomo può farseli recintare anche quelli, e noi siamo pronti a dare qui l’assicurazione formale che né da parte nostra né da quella della comunità cittadina gliene verrà mai contestato il possesso. Tuttavia siamo del parere, oltre a questo, che sarebbe d’ora innanzi tuo dovere corrispondere alla città la tradizionale decima in cambio dell’esclusività del suo diritto di pesca!»

12. Osserva Cirenio: «Non c’è che dire, però voi dovete provare da quando la città vanta un simile diritto! Sotto questo aspetto non è a mia conoscenza che esista alcun documento da quando detengo il mio attuale incarico in questo paese cioè già da quasi trentacinque anni - e non ho mai avuto occasione di vedere qualcosa di simile, perché soltanto sotto il mio governo questa località, che prima era una semplice borgata, è stata elevata al rango di città, e precisamente in onore di mio fratello che allora compiva a Roma il quarantesimo anno del suo regno. Io sono per conseguenza consapevole anche delle minime circostanze relative a questa vostra città; ma di un diritto legittimo alla decima sulla pesca spettante a questa città, io in verità non ne so nulla. Invece io so tutt’altra cosa, e cioè che una decima di questa specie venne pretesa senza nessun diritto dalla città, e che Marco si trovò sempre costretto a corrisponderla, per la qual cosa, se egli fosse di animo perverso, potrebbe legittimamente pretenderne la totale restituzione. Sennonché egli non farà così, essendo una persona troppo onesta e buona, ma so che egli in avvenire non vi pagherà affatto una simile decima che non vi spetta; di questo resto garante io!

13. Anzi, invece di concedervi dei diritti, io informo voi, deputati di questa città, che, grazie ai poteri che detengo da parte dell’imperatore, nomino a prefetto di questa città e di tutto il suo vasto circondario appunto il vecchio Marco, e gli conferisco tutti i poteri che sono propri a me stesso. In conseguenza di ciò spetterà soltanto a lui il pienissimo diritto di intervenire nelle vostre questioni, e voi tutti sarete tenuti a corrispondergli il dovuto tributo! Questo per ora ve lo comunico a voce; egli però si legittimerà dinanzi a voi del tutto conformemente alla legge anche con la delega scritta dei poteri, con il bastone di comando e con l’aurea bilancia della giustizia! Solamente in casi assolutamente straordinari sarà ammesso un ricorso a me, mentre in tutt’altra circostanza spetterà a lui solo appianare ogni divergenza! Siete contenti così?».

 

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Cap. 17

La saggia legislazione nel regno di Mataele nel Ponto.

 

1. Dice Roclus: «Contenti o no, che cosa potremmo fare noi contro la vostra potenza? Ai vermi impotenti conviene fare buon viso a cattivo gioco; guai a loro se accennano anche un po’ soltanto a muoversi nella polvere della loro nullità, perché, se lo fanno, vengono immediatamente scorti dagli allegri uccelli dell’aria che scendono in fretta, li beccano e se li mangiano! Se il debole vuole vivere, deve evidentemente obbedire al forte, e così noi dovremo anche obbedire al signor Marco se non vogliamo venire divorati. Ad ogni modo, per parlare proprio schietto, non ci rallegra affatto la prospettiva di essere governati da questo vecchio e burbero soldato; perché in lui avremo, quale governatore su di noi, la persona più priva di riguardo che noi abbiamo mai incontrato. Certo è onesto nessuno lo può negare - ed ha sempre un giudizio sensato e retto grazie alle sue molte esperienze, ma per il resto è un asociale e non c’è traccia di umanità in lui! Ma c’è proprio da rallegrarsi con se stessi che gli sia stata conferita autorità sopra di noi, e avremo un bel da fare a raccontare ai nostri figli e nipoti le delizie del bel tempo passato! Certo meglio di tutto sarebbe fare fagotto ed andarsene! Ma dove andare?»

2. A questo punto si alza Mataele e dice: «Sta bene, se proprio volete emigrare, andatevene nel mio regno che è situato oltre ai confini dell’Asia Minore, sulle coste del Gran Ponto! È un regno vastissimo e limitato da due grandi mari; ad Occidente dal Ponto e ad Oriente dal Mar Caspio. Là voi potrete vivere in perfetta sicurezza e tranquillità, certo però secondo le mie leggi, che sono assolutamente rigide. Di una cosa soltanto vi avverto: nel mio regno non è lecita nemmeno la parvenza di una qualche azione ingiusta, ed ogni menzogna viene punita nella maniera più aspra e inesorabile; invece il cittadino perfettamente onesto, amante della verità e privo di ogni egoismo, godrà di una vita quanto mai lieta sotto il mio scettro di ferro!

3. Nessuno sarà esente da tributi presso di me; perché chi ha forza per fare qualche lavoro, occorre che lavori e che si guadagni da vivere! Ma chi guadagna qualcosa, costui può anche pagare un tributo al re, il quale deve curare continuamente il benessere di tutto il regno e per conseguenza deve sempre avere a disposizione molti e grandi tesori per mantenere una milizia abbastanza forte per poter tenere testa ad un eventuale nemico audace.

4. Egli, il re potente, deve mantenere scuole e carceri, e deve munire i confini del regno con solide fortezze inespugnabili che un qualche nemico non possa superare troppo facilmente. Ora, per provvedere a tutte queste cose, ci vuole molto denaro.

5. Voi dunque vedete come un re debba rigorosamente fare attenzione che ciascuno gli corrisponda il tributo di dovere; e così voi potete stabilirvi nel mio regno, purché vi rassegnate all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dalle mie leggi, adempimento che io esigerò da tutti i miei sudditi senza alcuna indulgenza e rigorosissimamente! Il mio permesso l’avete; qualora il giogo di Roma, rappresentato dal vecchio Marco, dovesse apparirvi troppo opprimente, voi ormai sapete dove potete emigrare!

6. Ma affinché possiate farvi, in generale, una chiara idea dei principi a cui si ispirano le istituzioni nel mio regno, devo aggiungere che presso di me non è ammesso alcun diritto ad un guadagno illimitato. Ciascuno può pure costituirsi un patrimonio ma questo non deve mai sorpassare le diecimila libbre, pena la morte. Tutto quello che qualcuno ottenesse, oltre questa cifra, dovrebbe venire coscienziosamente versato alla cassa comune dello Stato; in caso contrario, facilmente rilevabile e constatabile data la mia accortezza, il trasgressore a questa legge, immensamente salutare per tutti i popoli ed in generale per lo Stato, verrebbe dichiarato decaduto da ogni diritto di possesso, e i suoi beni verrebbero confiscati; inoltre gli verrebbero comminate altre severissime pene.

7. Oltre a questo non è lecito a nessuno ottenere entro un tempo troppo breve le concesse diecimila libbre, perché è fin troppo evidente che non è concepibile un simile profitto in un tempo eccessivamente breve qualora si voglia escludere ogni tipo di inganni, di truffe e di altre estorsioni di simile specie, a meno che non si tratti di un dono, di una eredità o di un ritrovamento.

8. Sennonché, dato il caso di donazioni, eredità o ritrovamenti, nel mio regno sussiste la quanto mai saggia disposizione in base a cui la metà dell’importo così acquisito deve venire versato alla cassa dello Stato allo scopo di alimentare un fondo destinato anzitutto all’educazione e al sostentamento di fanciulli piccoli nonché di altra povera gente inabile a qualsiasi lavoro. In poche parole, nel mio regno tutto è disposto in modo che nessuno debba languire nella miseria, ma, d’altro canto, anche affinché nessuno possa nuotare in un’inutile abbondanza, eccetto il caso di una persona che fosse eccezionalmente buona, saggia e onesta. Allora una simile persona è autorizzata a disporre anche fino a ventimila libbre; oltre a questo limite però nel mio regno non è lecito a nessuno di arrivare all’infuori di me e dei miei più fidati funzionari e capitani!

9. Dunque, se trovate di vostra soddisfazione questa costituzione del mio Stato, potete fare il vostro bagaglio e trasferirvi nel mio regno!»

10. Risponde Roclus: «Ti siano rese grazie, o delizioso re del Ponto e del Mar Caspio! Noi ti auguriamo ogni possibile felicità nel tuo regno; quanto a noi, però, non abbiamo alcuna intenzione di approfittare della tua nobile offerta! Ad ogni modo preferiamo restare schiavi dei romani piuttosto che diventare sia pure i primissimi fra i tuoi sudditi. Davvero, di simili istituzioni statali non sapremmo proprio cosa farcene! Io non dubito affatto che quei negri che sono là ne avranno di migliori e più umane! Non c’è qui forse qualche altro re ancora che possa entrare in gara con te riguardo a istituzioni statali liberali?

11. È ben possibile che i tuoi sistemi di regno si adattino a chi c’è ormai abituato, come, per esempio, il bue al suo giogo, ma di certo non a noi! Per tua norma è meglio che brucino dieci città sopra i nostri capi, e che una ventina di Marco vengano chiamati a governarci! E con ciò tante belle cose, o saggio re del cupo e freddo Settentrione!».

 

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Cap. 18

Il litigio fra Cirenio e Roclus sul diritto.

 

1. Dopo di che Roclus si rivolse nuovamente a Cirenio e dice: «Signore, dov’è dunque Marco, il nostro signore e dominatore, affinché noi gli offriamo i nostri omaggi?»

2. Risponde Cirenio: «Oh, egli non ne ha affatto bisogno, perché di omaggi fatti di vuote parole egli non sa che cosa farsene, ed altri tesori non hanno per lui alcun significato, considerato che ne è provvisto più che a sufficienza.

3. Il migliore omaggio che potrete però rendergli sarà quello di presentarvi a lui con cuore sempre sincero quando verrete per esporgli le vostre questioni, e allora egli vi ascolterà e vi renderà piena giustizia! Ma egli saprà punire con ogni rigore e senza riguardi qualsiasi persona menzognera! Infatti, è severissima volontà dell’imperatore, e anche mia, bandire da tutto il regno la menzogna e l’inganno e fare in modo che soltanto la verità pura, accoppiata all’amore altrettanto puro e disinteressato, regni fra tutte le genti poste sotto il governo di Roma, poiché i popoli possono vivere veramente felici unicamente sotto lo scettro della verità e dell’amore. E chissà che Io non trovi opportuno adottare anche per l’impero di Roma le massime di governo quanto mai sagge del re del Settentrione, devo dire infatti che, per quanto mi riguarda, le ho trovate immensamente adatte a promuovere la pacifica e fraterna convivenza tra i componenti di un vasto impero.

4. Mediante delle sagge limitazioni di questa specie, bisogna che nel mio Stato la verità e l’amore si facciano una seconda natura vera e migliore per gli uomini! Infatti, per come vedo io attualmente la situazione, non c’è cosa che dia tanto alimento alla menzogna, all’inganno e all’egoismo quanto la capacità illimitata di guadagno. Una saggia limitazione di questa vera generatrice della menzogna, dell’imbroglio, dell’egoismo, dell’orgoglio, dell’ambizione, dell’avarizia e della durezza di cuore non c’è in verità oro che possa pagarla, ed anzi io non mancherò di sottoporre quanto prima all’imperatore tale mio punto di vista affinché lo faccia oggetto di esame. Intanto sarà mia cura adottare un tale sistema di governo del Settentrione per i territori soggetti illimitatamente alla mia legislazione, e questo non appena sarà possibile, perché ciò è davvero saggio a tal punto che pare suggerito da Dio!»

5. Roclus osserva: «Non si può negare una certa dose di saggezza in un tale sistema, ammesso che almeno approssimativamente in questa forma esso sussista già da vari secoli, ma volerlo introdurre qui in questi paesi dati in appalto ad ogni tipo di prìncipi e di tetrarchi, non credo che sarà così facile. Con l’assoluta forza esteriore è certo che si possono fare molte cose, però non tutto, perché è chiaro che nemmeno un imperatore può dichiarare nulli dall’oggi al domani dei contratti stipulati con i prìncipi che dopotutto non sono affatto privi di potere, bensì egli li deve rispettare come ben preciso diritto, emanante e concesso da lui, finché non sia trascorso il tempo della loro validità, ovvero finché i contraenti, sia per mala volontà sia per incapacità, non si siano dimostrati inadempienti rispetto agli obblighi assuntisi, ciò che, a seconda della specie del contratto, porta all’annullamento totale o almeno parziale del contratto stesso! Ma finché l’imperatore dà i paesi in appalto a certi principi e finché questi stessi hanno il diritto di legiferare nei loro paesi di fronte ai rispettivi sudditi - diritto che essi si sono acquistati a caro prezzo - ebbene fino ad allora occorre che egli mantenga i vari punti del contratto. Noi, sotto certi aspetti viviamo tutti all’ombra delle leggi di Roma se ci rendiamo colpevoli di crimine contro lo Stato, ciò che per quanto ci concerne non è davvero il caso di fare. Quanto a tutto il resto, però, noi ci troviamo sottoposti alle leggi di un feudatario che può essere oggi uno e domani un altro, il quale ha lo stretto dovere di tutelarci contro ogni atto arbitrario dell’imperatore, e ciò nei limiti della durata del contratto d’appalto.

6. Ecco, o nobile signore, signore, signore, così stanno le cose: conosciamo esattamente il terreno sul quale ci muoviamo, e in un caso come questo ogni commento sarebbe superfluo per noi! Non ignoriamo affatto i nostri obblighi verso Roma, né quelli verso i nostri prìncipi. Prima di cercare giustizia presso di voi, noi ci rivolgiamo al nostro principe; se questo ci indirizza a Roma, soltanto allora ci rivolgiamo a voi. Considerato dunque tutto ciò, noi crediamo che per il momento non dovrebbe essere per te troppo facile adottare qui, nell’intera Palestina, le sagge massime di governo del re del Settentrione!»

7. Risponde Cirenio, già un po’ infiammato per l’andamento preso dalla discussione: «Da un lato hai ragione sostenendo che i vari punti del contratto vanno rispettati; sennonché di una cosa ti sei dimenticato, e cioè che in ogni contratto d’appalto di un paese l’imperatore si è saggiamente riservato sempre lo scioglimento immediato e incondizionato del contratto stesso qualora lui ritenga che ciò sia utile agli scopi di governo. In un simile caso all’appaltatore spetta il semplice diritto di petizione per l’abbuono di una annualità, e dal momento della notifica di tale sua volontà, il governo del paese prima appaltato rientra fra le attribuzioni dirette dell’imperatore, e ciascuno è tenuto ad osservare le leggi di costui. Ancora all’appaltatore spetta pure il diritto, concessogli in grazia, di rivolgere all’imperatore la domanda di riconferma dell’appalto rinunciando in cambio ad emanare delle proprie leggi e accettando l’obbligo di continuare a governare sulla base delle leggi imperiali, ed allora, se lo vuole, l’imperatore gli conferma la validità ulteriore del contratto di appalto; ma in ogni caso non c’è nemmeno da pensare ad obblighi o costrizioni, mentre tutto è rimesso unicamente alla liberissima grazia del sovrano assoluto!

8. Per quanto poi riguarda la Palestina, io stesso sono munito dei medesimi pieni poteri di fronte a ciascun principe feudale, e spetta a me dichiarare pienamente e immediatamente sciolto ogni contratto d’appalto! Tu dunque sei in grave errore se credi che un imperatore sia disposto a rinunciare ad un qualche suo diritto e a legarsi le mani, così da se stesso; oh, ciascun monarca è certamente tanto saggio da non concedere a nessuno, naturalmente nel proprio regno, un diritto che, date certe eventualità, non sia totalmente revocabile mediante la sola parola già nell’istante successivo!

9. Un imperatore può fare tutto ciò che vuole! Soltanto non può compiere prodigi, né può creare dei mondi; ma per il resto è in suo potere fare ogni cosa. Egli può revocare le leggi antiche e crearne di nuove, anzi egli può perfino distruggere le antiche divinità e i loro numerosi templi, e al loro posto può edificare all’unico e vero Dio un tempio nuovo e splendidissimo, e a nessuno sarà lecito chiedergli: “Signore, signore, signore, che cosa fai?”. E così egli già domani può anche fare proclamare le leggi del saggio re in tutto il suo impero; ebbene, chi vorrà o potrà opporsi al volere dell’imperatore senza venire raggiunto dalla sua potente ira?».

 

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Cap. 19

La vera intenzione di Roclus e dei suoi compagni.

 

1. Dice Roclus: «Io non dico che le leggi del re del Settentrione manchino di saggezza, o quanto meno siano ingiuste e crudeli; dico solo che per la gente del nostro stampo esse sarebbero alquanto scomode! Ed io non credo di fare torto in nessun modo a Roma, né a te né al vecchio Marco, sostenendo senza timori che, per conto mio, preferisco di gran lunga le attuali leggi di Roma a quelle del re del Settentrione, certo non privo di saggezza, e il cui regno, secondo un’antica leggenda, dovrebbe arrivare addirittura fino agli estremi confini del mondo ed essere perciò il regno più vasto della Terra! Se poi gli sarà possibile promulgare le sue leggi fra tutti i popoli dei suoi estesissimi territori, questa è tutt’altra faccenda! Beato lui ed i suoi popoli se sarà in grado di ottenere questo! Ora permettimi ancora un’osservazione del tutto innocua, perché se devo esprimermi chiaramente, confesso che lo faccio del tutto volentieri dato che mi ripugna parlare in maniera velata!

2. Tu, o signore, signore, signore, hai detto prima che un imperatore non può operare miracoli, né può creare dei mondi; sennonché a me non sembra che la cosa stia proprio così; infatti, vedo questo nuovo lussuoso edificio del vecchio Marco, il grande muro di cinta del giardino, intorno al quale molti muratori avrebbero avuto da lavorare più che a sufficienza almeno per cinque anni, se si considera il tempo occorrente per la squadratura dei bellissimi blocchi di granito e per il loro trasporto fino a qui, poi il predisporre a perfetto stato di coltivazione un giardino di questa grandezza, ed infine, come vedo solo adesso, anche la costruzione di un porto ben grande e sicuro, e quella di grandi e varie navi a vela completamente nuove, tutte cose queste che, secondo l’esattissima constatazione che noi abbiamo fatta stando su una collina della città, sono sorte all’improvviso belle e compiute come per effetto di una bacchetta magica! In verità, se questo non si chiama fare miracoli, io sono pronto a rinunciare a tutto quanto vi è in me di umano e a diventare invece un coccodrillo!

3. E visto che sono uscito indenne dall’aver toccato questo punto, piccolo sì ma anche tanto scabroso, devo confessare apertamente a nome anche dei miei undici compagni che tutta la mia pazza richiesta di prima non è stata veramente che una finta per chiarire tale mistero e sapere come sia stata possibile una cosa simile! Infatti, è assolutamente escluso che tutto ciò sia sorto in maniera naturale! E soltanto adesso ti dico la verità, e questa è che noi, costi quel che costi, siamo venuti qui spinti dalla curiosità! Quando noi vedemmo sorgere tutte queste cose con la rapidità del lampo, noi tutti formulammo unanimemente il pensiero seguente: “Là deve esserci presente o un Dio o un mago di una potenza straordinaria, dato che, con la forza naturale che l’uomo ha a sua disposizione, è assolutamente impossibile ottenere effetti simili; noi dunque deliberammo immediatamente di venire in fretta qui per chiarire tale prodigio nonché per ottenere notizie riguardo al suo autore”.

4. Tutte le nostre questioni di diritto esposte prima non hanno alcun fondamento e non sono state che una finta ed un pretesto per trovare un punto di contatto diretto con il prodigio verificatosi qui. Ed ecco, la finta era bene ideata, perché per mezzo suo siamo arrivati al vero argomento che giustifica la nostra presenza qui! Perciò noi ti supplichiamo di fornirci qualche piccolo chiarimento in proposito, qualunque siano le condizioni che tu vorrai porci! Noi non siamo soltanto ben lontani dal voler privare di qualcosa il vecchio Marco che conosciamo per buono ed onestissimo, ma siamo altresì disposti a trasformare a nostre spese in terreno perfettamente coltivabile l’altro suo appezzamento tuttora incolto, anche se dovessimo fare trasportare qui la terra occorrente dall’Europa, purché tu ci dia la possibilità di chiarire questo prodigio misteriosissimo!»

5. Esclama Cirenio: «Oh, ora la cosa assume certamente per voi un aspetto ben differente, e così vi è probabilità che la vostra faccenda si metta su una via migliore di quella che sembrava voler prendere prima, con le vostre pretese quanto mai ingiuste, con le quali presso di me sareste potuti arrivare a risultati ben magri!»

6. Dice in fretta Roclus: «Questo io e tutti noi lo sapevamo benissimo, e ciò in base a molte esperienze! Sono più di trent’anni che tu sei il nostro giustissimo e nello stesso tempo benevolissimo governatore, e conosciamo bene te e tutti i tuoi lati deboli. Quando si vuole sapere da te qualcosa di veramente straordinario, è necessario provocare in te un certo fervore, e così ci siamo comportati anche nel caso presente nella speranza che, in considerazione dei buoni motivi che ti abbiamo già esposto, vorrai perdonarci il nostro contegno!»

7. Osserva Cirenio: «Ma ditemi un po’: su che cosa fondate la vostra asserzione che tutte queste cose debbano essere sorte in qualche maniera prodigiosa? Oggi le avete scoperte già belle e pronte, ma durante questi giorni avrete probabilmente badato poco o niente a come vi abbiano lavorato i miei soldati!»

8. Dice Roclus: «Signore, signore, signore, lasciamo stare queste cose! Da quando ci fu noto che tu ti trattenevi qui con la tua numerosa scorta di soldati, noi non abbiamo abbandonato né di giorno né di notte la nostra collina per poter spiare da lontano tutto quello che da voi romani sarebbe eventualmente stato intrapreso da queste parti! Ed oggi il meravigliosissimo mattino ha avuto la virtù di attirarci all’aperto tanto più di buon’ora; naturalmente, i nostri sguardi erano rivolti costantemente da questa parte, e fino ad un’ora fa noi non vedemmo nient’altro all’infuori di quello che vi abbiamo sempre visto da quando conosciamo questo paese; ma, come ho detto, un’oretta fa sono sorti qui una casa, un giardino, un porto e delle navi come fossero piovuti giù dal cielo! Dunque, come vorresti far credere che non si tratta di un prodigio!

9. Certo, tre ore fa abbiamo visto arrivare qui tutta una legione - o quanti possano essere stati - di mori e, visto che siamo dotati di una vista abbastanza buona, abbiamo osservato come stamani siete discesi dal monte. Qui si tratta dunque indiscutibilmente di un prodigio della specie più colossale, e noi per conseguenza vorremmo venire almeno un po’ a conoscenza di come sia andata la cosa e di chi ne sia stato l’autore!»

10. Cirenio risponde: «Ebbene, visto che voi lo sapete meglio di me, allora diciamo pure che è avvenuto un prodigio; però come e per mezzo di Chi, questo non occorre che lo sappiate, poiché per venire a conoscenza di tanto ci vuole qualcosa di più dell’affrettarsi e venire qui per avere chiarezza su un simile mistero usando l’astuzia!

11. Se un uomo di Stato, che deve essere prudente, cominciasse invece a spiattellare subito i suoi particolari segreti dinanzi a tutto il mondo, con questa sua politica egli non arriverebbe certo troppo lontano, ed i suoi sudditi comincerebbero fin troppo presto a prenderlo per il naso a destra e a sinistra! Ma dato che un uomo di Stato deve governare il suo paese e i suoi sudditi usando per lo più la diplomazia, dato che essi, presi ciascuno a sé, non sono in grado di riconoscere su che cosa sia fondato il benessere generale dello Stato e dei popoli, ebbene, i singoli sudditi che all’infuori di sé non vedono niente e non conoscono nessuno, male si presterebbero a essere governati solo con la diplomazia, ed allora ben poco vantaggio ne verrebbe ad un qualche misero popolo.

12. Un vero reggente deve dunque possedere un’adeguata forza, una conoscenza di tutte le cose ed una perspicacia assai sottile; solo così egli è un vero signore, dominatore e guida di molte migliaia di migliaia di esseri umani ciechi, i quali non sono affatto in grado di apprezzare quale grande benefattore sia per loro un vero reggente! Ma che un vero reggente, per ragioni quanto mai plausibili, non debba manifestare sempre chiaramente dinanzi ai sudditi le proprie intenzioni, né possa rivelare anzitempo i suoi buoni piani, questa è cosa comprensibilissima, anzi lampante, e per conseguenza riuscirà pure ben chiaro e comprensibile perché io non possa ora farvi maggior luce riguardo a questo mistero, perché comprenderete anche voi che un reggente deve poter fare di più di un qualsiasi altro uomo, perché altrimenti sarebbe un ben misero governante! Che stima potrebbero avere di lui i suoi sudditi qualora di fronte a loro egli non fosse in grado di dimostrarsi in qualche modo un po’ onnipotente in caso di bisogno? E adesso andate ed esaminate con attenzione il vostro prodigio; poi ritornate qui ed allora si vedrà se sarà possibile scambiare con voi una qualche parola un po’ più ragionevole! Ma per il momento, basta!».

 

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Cap. 20

Roclus visita la costruzione meravigliosa.

 

1. I dodici allora, soddisfatti, si affrettano verso il giardino e meravigliatissimi esaminano tutto ciò che si trova là; poi Marco li conduce anche in casa, dove, più stupiti che mai, prendono pure visione di tutto. Sennonché Marco non fornisce loro maggiori dettagli di quanti ne abbia già fornito Cirenio, nonostante le loro domande fatte nella forma più gentile; infatti, Io avevo già posto in cuore anche a Cirenio, come pure prima a Mataele, che cosa avrebbero dovuto dire, in modo che restava così spianata la via alla possibilità di convertire alla verità dello spirito anche questi specialissimi tipi che, dopo una mezz’oretta, assieme a Marco ritornano da noi pieni di curiosità.

2. Quando Marco con Raffaele, che gli aveva già mostrato quanto c’era in casa e il modo di usare tutto, e con i dodici delegati, ritornò alla Mia mensa, Raffaele gli disse in segreto: «Questa volta risparmiati l’inno di lode che vorresti innalzare ad alta voce al Signore, lode che Egli comunque percepisce con sufficiente chiarezza già nel tuo cuore, perché adesso si tratta di convertire possibilmente al Signore anche questi dodici cesareni[3] i quali veramente non professano alcuna fede, ma sono essenzialmente degli atei della scuola di Epicuro, cioè di uno dei fondatori principali del “caro” ordine degli Esseni!

3. Sono sei greci e sei ebrei, i quali però nutrono perfettamente gli stessi sentimenti e professano assolutamente l’identica opinione e che in segreto appartengono al “caro” ordine degli Esseni; a farla breve, si tratta di dodici tipi proprio del genere più difficile e con i quali discutere non sarà affatto un’impresa facile; essi sono ricchissimi e di tesori di questa Terra ne possiedono a dovizia, ed anche per tale ragione tengono un contegno così sciolto di fronte al governatore generale come se fossero suoi pari.

4. Sarà un lavoro molto arduo convertirli! Ma se riusciamo a guidarli verso la verità, non tanto con prodigi da colpire la fantasia, quanto piuttosto con parole, allora avremo guadagnato molto, dato che ciascuno di questi dodici ha sotto la sua influenza ben oltre centomila uomini.

5. Per il momento bisogna che il Signore non venga loro rivelato. Il cardine della situazione resta per adesso Cirenio; dopo di lui, all’occorrenza, vieni tu, e se poi le cose si mettono bene, soltanto allora ci sono io, e alla fine, ultimissimo, il Signore stesso. Tu però rimani qui, perché per catturarli ci vorrà una battuta incredibilmente movimentata. E adesso, zitti!»

6. Cirenio allora chiede a Roclus: «Ebbene, vi è piaciuta la mia prodigiosa costruzione? Sareste capaci di compierne una simile anche voi?»

7. Risponde Roclus: «Oh, ti prego, non parlare di costruzioni prodigiose come se queste fossero uscite dalle tue mani! Tu certo sei un signore, signore, signore potentissimo grazie alla numerosa schiera dei tuoi soldati e alle loro spade affilate; ma per quanto riguarda la casa, il giardino, il porto e le grandi navi, tutte queste cose le hai costruite altrettanto poco quanto le abbiamo costruite noi!

8. Tu avresti certamente potuto costruirle disponendo di molti operai e impiegandovi dai cinque ai dieci anni, questo te lo concedo volentieri, perché a questo mondo il potere della spada e del denaro è grande. Uno dei vostri poeti di maggior fama, di cui io ho letto le opere, dice, parlando dell’uomo: “Niente è troppo difficile ai mortali; nella sua temerità l’uomo vuole dar la scalata perfino al cielo!” (Orazio) E infatti così succede anche con l’uomo, questo nudo verme della polvere: gli si forniscano i mezzi, la forza e il tempo, ed egli ben presto ti comincerà a cambiare di posto ai monti, prosciugherà mari e laghi, ed avvierà i fiumi per un nuovo letto. Sennonché tutto ciò, preso assieme, non è affatto un miracolo, ma è invece un atto perfettamente naturale degli uomini che hanno riunito le loro forze per il conseguimento di un medesimo scopo.

9. Ma questa casa qui, il giardino con la sua lussureggiante vegetazione, il muro che lo circonda e protegge, e che è tanto perfetto da sembrare tratto fuori da un immenso blocco di marmo; e il grande e alto muro del porto che dovrebbe avere su per giù dalle dieci alle venti altezze d’uomo di spessore, e infine i cinque grandi vascelli molto bene attrezzati: o saggio e potentissimo governatore, l’umanità temeraria non crea tutto questo per forza di arti magiche, né le formule dei maghi persiani chiamano le cose ad essere in un istante, come è stato ed è il caso qui, e così certamente rimarrà. Infatti, qui non si tratta affatto di un’illusione dei sensi provocata dalle vane e vuote immagini campate in aria di una fata Morgana, ma si tratta invece di una realtà completa della quale chiunque potrebbe convincersi qualora gli venisse la voglia di cozzare di corsa con il capo contro questo muro.

10. Dei cento e più maghi dei quali finora ho avuto occasione di vedere le opere, nessuno ha fatto mai una cosa che avesse una qualche durata; certo si assiste a fenomeni dei quali si ignora come e con che mezzi si manifestino, e sempre si riesce a vedere qualcosa, ma ben presto questo qualcosa svanisce come una bolla di schiuma sul mare, e una volta svanito non c’è più mago capace di richiamarlo ad esistere! Io però vorrei conoscere il mago così potente da fare scomparire, come se fosse niente, tutte queste opere! Trattandosi di te, io sarei pronto senza indugio a scommettere tutti i miei beni che tu non riusciresti mai a spazzare via tutto ciò unicamente con la volontà di un tuo pensiero!».

 

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Cap. 21

Roclus confessa la sua fede rinnegatrice di Dio.

 

1. (Roclus:) «È da tempo che io non credo più in una Divinità, ma credo invece in una universale e segreta forza naturale e spirituale-pura, la quale si manifesta dappertutto in maniera seriamente saggia, e tuttavia amichevole, e che agisce continuamente nei limiti di un ordine determinato secondo le leggi fondate in essa stessa, ma che certo non prende mai alcuna nota di ciò che gli uomini stanno facendo nella loro esistenza transitoria. Essa non conosce né il bene né il male, perché questi sono opera esclusiva dei membri della perversa umanità. La Natura, immensa e santa, di queste cose non ne sa niente!

2. Per un uomo è certo un’immensa sciagura essere schiavo, ma chi è stato a renderlo tale? Non certo la sacra, immensa Natura, ma soltanto l’uomo, il quale trovatosi per caso più forte di altri e desideroso del dolce far niente nonché nello stesso tempo della bella vita più comoda possibile, ha fatto del proprio simile più debole una bestia da soma, e ha fatto lo stesso con gli animali. Chi ha gettato sul collo del bue il giogo duro e pesante? Chi mai ha gravato la groppa dell’asino, del cammello e del focoso destriero, e chi ha eretto addirittura delle torri sulla schiena del paziente elefante? Chi ha inventato la spada, le catene, le prigioni e perfino l’ignominiosissima croce, alla quale voi romani fate legare, perché vi periscano fra i più atroci tormenti, gli individui più ribelli ed ostinati, i quali vorrebbero essi pure avere il diritto di dominare e di uccidere? Ebbene, tutta la miseria che regna nel mondo è opera degli uomini!

3. Nell’immensa Natura tutto è libero e soltanto l’uomo è, per così dire, una maledizione per se stesso e per il complesso delle altre opere libere della grande maestra, la Natura. Un giorno, degli scansafatiche cominciarono a costruirsi dei castelli in aria, e inventarono le nulle e vuote deità, che essi si immaginarono ed anche si raffigurarono assolutamente dotate di tutte le perverse passioni umane. Con queste divinità l’uomo si creò, dunque, dei nuovi spiriti maligni che certamente di per sé non gli farebbero mai alcun male; sennonché l’uomo eresse dei templi a queste stesse divinità da lui inventate, e che in realtà non erano mai, né mai saranno qualcosa, e da se stesso si consacrò a loro rappresentante provvisto di tutti i mezzi e pungoli del tormento e dello spavento, e con ciò, oltre alla propria signoria, egli cominciò ad esercitare sulla debole umanità anche l’abominevole e inesorabilissima tirannia degli esseri invisibili da lui creati. Ma essi, che in realtà non sono mai esistiti da nessuna parte, vengono irragionevolmente fatti esistere tuttora a tormento della misera umanità, e vengono fatti esistere invece tanto più a vantaggio dei potenti per la ragione che questi, mediante la loro pretesa influenza potente nei confronti degli dèi, possono mantenere l’umanità stessa in uno stato di cieca obbedienza molto più facilmente che non con la sola spada. E così, conformemente a natura e secondo la pura razionalità, si può pensare come si vuole, ma i fatti dimostrano che è sempre l’uomo forte e ragionevole che, comunque si presentino le cose, comincia ben presto a dominare come re armato di spada e di lancia, e nello stesso tempo anche come onnipotente rappresentante degli dèi. Guai a colui che, quale non iniziato, si azzardasse a gettare lo sguardo sotto il velo d’Iside intessuto da altri esseri, essi pure uomini! Guai, guai a lui, perché verrebbe davvero conciato bene dagli dèi!

4. Questa è stata finora la mia libera fede, la quale però, in seguito a questo fenomeno, ha ricevuto un colpo ben grave, ed ora io pure comincio lievemente a credere in un Essere divino superiore, dato che anch’io vedo con troppa evidenza che non c’è uomo che possa compiere un’opera simile, come neanche non potrà mai compierla, con le forze che sono notoriamente a sua disposizione. Questa dunque non può essere che l’opera di un Dio, il quale del resto può essere anche Lui solo una specie d’uomo, ma in ogni caso un Uomo cui le forze dell’immensa natura obbediscono sempre e facilmente, come i comuni soldati ubbidiscono al loro esperto e avveduto generale, del quale essi ben sanno che non ha ancora perso una battaglia.

5. Ed è appunto questo Uomo-Dio che io vorrei conoscere qui! Tu, o nobile Cirenio, non lo sei in nessun caso, perché, se ti fosse possibile qualcosa di simile, il grande Impero di Roma sarebbe già da lungo tempo circondato da una muraglia alta quanto le montagne più elevate, volare oltre alla quale dovrebbe sembrare impresa da incutere spavento perfino all’aquila. Dunque, o nobile signore, signore, signore, dacci qualche piccolo chiarimento sotto questo aspetto, e poi ce ne ritorneremo tranquilli alle nostre case!»

6. Dice Cirenio: «Andrebbe tutto bene se una cosa simile la si potesse sbrigare così su due piedi; sennonché la questione non è tanto semplice come forse ve la immaginate! Voi potreste certamente avvicinare l’una o l’altra guardia campestre per domandargli che ora sia, ed essa, sempre che splenda il Sole, osservando la sua pertica piantata nel terreno vi direbbe esattamente senza alcuna difficoltà l’ora esatta, e voi in compenso dovreste poi pagargli uno statere. Ma qui le cose non vanno così! Abbiate pertanto pazienza, e forse alla fine salterà fuori qualcosa; ma ad ogni modo vi verrà a costare un po’ più dello statere che serve per conoscere l’ora!»

7. Osserva Roclus: «Ebbene, per un affare di questo genere si può senz’altro arrischiare anche una libbra d’oro e dieci d’argento, anzi eventualmente anche di più!»

8. Dice Cirenio: «Oh, se una cosa simile si potesse comperare a suon di molto oro e argento, sarebbe tutto molto facile! Sennonché nel caso presente io posso darvi la più precisa assicurazione che essa non si può acquistare neanche a prezzo di tutti i tesori di questo mondo! A che prezzo però una conoscenza di questo genere possa venire ottenuta, ebbene, riguardo a questo occorre che prima voi veniate istruiti, e che mediante varie prove si sia iniziato un processo di purificazione in voi! Voi, che siete convinti della non esistenza di un Dio individuale e di altri esseri individuali simili a Dio, e che siete stati addirittura allevati e cresciuti in questa fede per poter poi, riuniti tra di voi, fare le più rozze risate alle nostre spalle, voi vorreste adesso, di punto in bianco, ottenere forse l’informazione su Chi abbia avuto il potere di far sorgere tutto ciò con tanta rapidità mediante un semplice atto della propria Volontà? Io invece vi dico: “Calma, miei cari! Noi dobbiamo vedere prima se siete, in generale, adatti a credere in qualcosa!”. Se risultasse dimostrato che non siete accessibili ad alcuna fede, allora non potrebbe neppure venirvi data l’informazione che vi attendete da me. Ma se il vostro cuore non è ancora del tutto chiuso ad una qualche fede, con il vivificarsi di quest’ultima potreste essere in grado di ottenere tutto il resto! Mi avete ben compreso?»

9. Dice Roclus: «Ti abbiamo compreso senza alcun dubbio, perché nessuno di noi è ottuso di cervello! Tuttavia dar corso alla tua richiesta risulta per il momento quasi assolutamente impossibile, dato che, in parte, noi te ne abbiamo già esposte le ragioni, delle quali, se tu lo desiderassi, noi potremmo trattare ancora più ampiamente!»

10. Dice Cirenio, spinto dalle parole che Io gli mettevo sulla lingua: «Ora, dite pure, e in base alle vostre parole mi sarà possibile rilevare quanto vi siete allontanati dalla via della verità! Dunque, fate pure udire le vostre ragioni, ed io sarò poi perfettamente in grado di giudicare se siete o no accessibili ad una vera formazione spirituale e se si potrà accondiscendere alla vostra richiesta! Infatti, qualora risultasse che non siete più adatti a comprendere niente di ciò che è veramente e puramente spirituale, allora non vi resterebbe altro che ritornare in pace sui vostri passi, per continuare a vivere credendo alle dottrine del vostro Epicuro, che per me è uno fra gli ultimissimi sapienti del mondo.

11. Certamente, chi è ricco e perfettamente sano, a questo mondo se la sbriga nel migliore dei modi facendosi seguace di Epicuro, dato che la massima: “Sii per amore di te stesso onesto e socievole con chiunque, però onesto sempre più con te stesso che con gli altri!” può senz’altro suonare gradevole all’orecchio del mondo, ma l’anima destata dall’alito divino ne prova invece orrore, perché un simile seguace di Epicuro non può essere altro che un astuto egoista che ha cura unicamente della propria pelle! Che gliene importa dei suoi simili? Se egli non può sperare di ottenere nessun vantaggio da loro, che cada pure il fulmine su di loro e che li uccida tutti!

12. Questi sono i tratti principali che caratterizzano un simile epicureo, dato che lo spirituale non può trovare posto in una simile anima di pietra! Questa cosa è tanto evidente che perfino i ciechi devono poterla afferrare con mano. Oh, sì, per farsi ricchi su questa Terra le massime di Epicuro si adattano alla perfezione, particolarmente quando sono bene infarcite di stoico[4] cinismo, come appunto è il caso vostro; ma per diventare ricchi spiritualmente esse non si adattano affatto, dato che escludono del tutto il puro amore per Dio e per il misero prossimo. Questo vi sia detto per illuminare un po’ le vostre menti! Ed ora fate udire le ragioni sulle quali è fondato il vostro ateismo, perfettamente essenico!».

 

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Cap. 22

Roclus fornisce le prove del suo ateismo.

 

1. Dice Roclus: «Tu hai ragione; noi siamo effettivamente come tu hai descritto un autentico epicureo, e, parlando in modo terreno, ci troviamo assai bene! Ad ogni modo, a corroborare il nostro ateismo noi abbiamo tante di quelle prove, e l’una più stringente dell’altra, che con esse potremmo ricolmare per intero tutto il grande mare. Però, oltre a quelle che ti abbiamo già esposto, io intendo aggiungerne alcune soltanto; e spero che tu ne avrai abbastanza e che, volente o nolente, dovrai darci ragione! Ascoltami dunque, di grazia!

2. Vedi: tutto ciò che in un qualche modo ha vita, si manifesta periodicamente in una maniera sensibile a tutti gli uomini, senza eccezione! E se l’essere che esiste è dotato di una qualche specie di ragione, questa si renderà facilmente e ben presto visibile mediante le opere. Se si tratta invece di un essere non dotato di ragione, come ad esempio una statua, allora nella stessa o non si renderanno affatto visibili delle opere, oppure soltanto quelle che il cieco caso avrà voluto provocare in esso o affibbiargli. Dunque, là dove esiste una qualche intelligenza, per quanto limitata, questa si manifesterà anche quanto prima per mezzo di fenomeni e opere ordinate che costituiscono i prodotti dell’intelligenza interiore.

3. Ad esempio, una pianticella di muschio, per quanto semplice sia, si procura da sé una forma perfettamente adatta al suo essere, e sviluppa anche il proprio organismo fuori dal quale in seguito sorgono i fiori, le sementi e con queste pure la capacità di riprodursi. Nelle piante di classe più elevata, secondo il loro gradino evolutivo, si rende ancora molto più visibile e riconoscibile un’intelligenza che si afferma sempre maggiormente e sempre più spiccatamente.

4. In maniera assolutamente decisa, poi, anche negli animali si manifesta un’intelligenza interiore, e le opere di questa intelligenza, per quanto molto limitate per numero e per varietà, superano quelle degli uomini sotto molteplici aspetti. Le opere dell’uomo testimoniano pure dell’estensione quanto mai vasta della sua intelligenza; mai però e in nessun luogo si rende visibile in tali opere una qualche perfezione che proviene dal suo interno, cosa questa che, non si può negare, sia invece constatabile nelle opere degli animali. Per conseguenza anche le opere esteriori di un animale risultano congiunte intimamente con il suo essere e con il suo carattere più di quanto sia il caso dell’uomo, questo dio della Terra.

5. Le opere dell’uomo non sono che delle imitazioni, e consistono in un plasmare rozzo, unicamente esteriore, che è assolutamente privo di ogni proprio e reale valore interiore. L’uomo può pure, avvalendosi di tutte le possibili sostanze malleabili, formare una specie di imitazione come ad esempio quella di un favo d’api, anzi egli può disegnarlo e dipingerlo, ma quanta goffaggine non si rivela in tutto ciò, anche senza considerare il materiale con il quale le api fabbricano le loro celle! In generale fa l’impressione come se la natura, trattandosi dell’uomo, si sia permessa uno scherzo quasi tanto evidente da potersi afferrare con mano; in lui è certo immanente una vasta intelligenza, come pure il senso di una vera perfezione; sennonché egli può fare quello che vuole, ma alla perfezione non ci arriva mai!

6. Se noi ammettiamo che tutti gli esseri organici sono anche animati e che l’anima è il principio agente dappertutto - non importa se in modo più o meno perfetto ciò non altera il ragionamento; tale ammissione può venire innalzata a verità evidente qualora si voglia procedere logicamente dall'effetto alla causa, ovvero dalle opere alla forza, forza che allora noi possiamo chiamare “anima”. Dal grado però di perfezione e di ordine delle opere di un’anima si può dedurre poi logicamente anche la sua esistenza, in primo luogo, ed in secondo luogo la sua capacità; ma là invece dove troviamo un qualche miscuglio caotico e selvaggio che giace in completo disordine, perfettamente immoto e senza alcuna traccia di vita, allora noi pensiamo e diciamo: “Qui non regna che la morte del tutto inconsapevole di se stessa, la quale non può portare che al totale annientamento”; fenomeno questo che durante l’autunno si può osservare in moltissimi alberi ed arbusti, il cui fogliame, prima così bello e tanto ordinato, cade giù nel più selvaggio disordine, si dissecca e attende di dissolversi quasi completamente l’inverno successivo.

7. Ma chi è mai quell’essere sensibile che ha potuto scorgere un’anima agente anche là dove regna il completo disordine? Uno svanire ed un annientarsi, questo sì; mai però un nuovo divenire più perfetto! In seguito alla putrefazione delle foglie, il terreno si fa pure più grasso e più adatto ad assorbire l’umidità dell’aria e quindi ancora più adatto a nutrire le piante che vi crescono, ma il fogliame caduto non risorgerà mai più come tale per la ragione che la sua anima non esiste più.

8. Si può dunque stabilire ragionevolmente la seguente massima: “Quanto più ordinata e perfetta è un’opera, tanto più perfetta è anche la forza che la produce, forza che si chiama ‘anima’, oppure anche ‘spirito’”. In altre parole, con logica perfetta si può affermare che esiste davvero un’anima o uno spirito, e che sono dotati di capacità, partendo dall’esistenza dei prodotti o delle opere.

9. Ora, dove troviamo in loro, cioè anima o spirito, quelle opere e quell’ordine che potessero, sia pure soltanto con qualche probabilità, rendere legittima la deduzione secondo cui debba esistere realmente un Essere divino e supremo, immensamente sapiente e nello stesso tempo dotato di onnipotenza? Fin troppo nota è la tesi di tutti i deisti e teosofi: “Considera la Terra, i suoi monti, i campi, i mari, i laghi e i fiumi, nonché tutte le innumerevoli creature che vi dimorano! Tutto ciò testimonia dell’esistenza di esseri divini superiori!”, oppure, com’è il caso dei ciechi ebrei, dell’esistenza di un solo Dio, ciò che in fondo è, sia pure infinitesimamente, più ragionevole ed anche più comodo che non avere tanti invisibili padroni dei quali non si può evidentemente evitare di farsi nemico l’uno quando si rende omaggio e si sacrifica all’altro. Ed io a questo proposito vorrei ben conoscere colui che potesse vantarsi di essere in buoni rapporti con Giunone e con Venere contemporaneamente, o con Marte e Giano, oppure con Apollo e Plutone!

10. Anche sotto questo aspetto gli ebrei si trovano in condizioni un po’ migliori degli altri, perché essi non hanno che un solo Jehova, il Quale è signore anche del loro Plutone che essi chiamano Satana. Solo che costui, il Plutone degli ebrei cioè, è un briccone e un idiota della peggior specie, perché, invece di onorare e di ricompensare i suoi servitori, li tratta in modo quanto mai orribile, e per conseguenza nessun ebreo onesto si fa alcuno scrupolo di disprezzare profondissimamente e quanto più è possibile il suo signore Plutone, cosciente com’è di riuscire tanto più gradito a Jehova quanto più si sforza di operare contro la volontà di costui, cosa questa che io non vorrei affatto consigliare a nessun romano o greco autentico! Chi volesse fare così, porterebbe un’acqua eccellente al mulino dei sacerdoti di Plutone, perfidissimi fra tutti. In un simile caso non resta che fare offerte tanto a Plutone quanto a Giove, altrimenti il povero peccatore si trova ad avere il carissimo Plutone fra coppa e collo, né Giove può legittimamente intraprendere niente contro Plutone, perché al di sopra di tutto sta il SUUM CUIQUE (a ciascuno il suo), la gran sentenza del Fato, alla quale lo stesso Giove non è in grado di contrapporre nulla senza correre il rischio di entrare in conflitto con tutte le altre divinità».

 

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Cap. 23

Le opinioni di Roclus sugli dèi e sui sacerdoti.

 

1. (Roclus:) «Dunque ora noi abbiamo, con qualche piccola variante, due concetti della divinità, su cui una ragione umana, per quanto poco desta che sia, non può fare a meno di ridere. Presso gli egiziani, i greci e i romani pullulano divinità grandi, piccole, buone e cattive; per gli ebrei invece sul trono non siede che un Dio il quale è molto rigido e severo, giusto, ma tuttavia buono e qualche volta anche misericordioso. Sennonché gli ebrei, che da lui sono chiamati “suo popolo”, non devono farlo arrabbiare perché, una volta che egli abbia perduto la pazienza, non c’è più da scherzare con lui; egli ti sommerge subito tutta l’umanità sotto l’acqua per un intero anno, e una volta che l’acqua si è dileguata - Dio solo sa dove - milioni di persone sono guarite e non sentono di sicuro neanche più il mal di testa. Oppure egli ti fa piovere dal cielo per due settimane fulmini, zolfo e pece ardente su un popoluccio vizioso, e il popoluccio scompare dalla superficie della Terra assieme ai suoi vizi. Anche in fatto di pestilenze e di altri svariati malanni il Dio singolo degli ebrei è molto generoso, e una volta che ha cominciato a picchiare con la sua sferza sopra un popolo, non c’è pericolo che l’operazione abbia a finire così presto! Dunque, per gli ebrei tutto il bene e tutto il male proviene sempre da un solo Dio, mentre presso di noi, greci, sono divinità diverse a spartirsi anche le varie mansioni. Quali poi dei due popoli venga a trovarsi in migliori condizioni con le rispettive divinità, questa è una cosa che sarebbe ben difficile da stabilire!

2. Ma che dèi e dèi, siano essi del Cielo, dell’Orco o del Tartaro! Non è forse chiarissimo che tutto questo non è nient’altro che fumo? I sacerdoti poltroni e amanti del mondo e del vivere comodo sono gli dèi, e il Dio unico degli ebrei è il sommo sacerdote di Gerusalemme! Quella gente sì che è provvista di scienza ed esperienza, ma essi, accortamente, si guardano bene dal metterne a conoscenza il popolo, reso cieco e mantenuto continuamente cieco a forza di prepotenze di ogni genere. Soltanto nella loro casta malintenzionata restano conservate, sempre come misteri intangibili e sacri, le esperienze non di rado assai vaste accumulate nei secoli, e così pure le varie arti e le scienze. Muniti di queste armi essi prendono in giro l’umanità che in cambio è costretta, oltre a questo, anche a fare loro le più grosse offerte per poi venire truffata da loro con tanta maggiore facilità e al massimo possibile ed anche maltrattata in ogni maniera. Tutti i miei beni, anzi fino all’ultima scintilla della mia vita, sono pronto a darli a chi sia capace di dimostrarmi con i fatti il contrario di quello che ho detto!

3. Può ben darsi che nei primordi dell’umanità vi siano stati ogni tanto degli individui onesti e retti, i quali, essendo dotati già dalla nascita di particolare acutezza di ingegno ed avendo arricchito con il tempo e con numerose e svariate esperienze il proprio patrimonio spirituale, abbiano di buon grado e con ogni amore reso partecipi delle loro conquiste spirituali anche i loro fratelli non così altamente destati, e che sia stato loro concesso di vedere infine coronati dal successo migliore e più durevole i loro sforzi a benedizione dei fratelli. Certo, deve essere stata una vita ben splendida quella di una comunità dove non c’era nessuno che avesse avuto dei segreti egoistici per il prossimo, e di cui tutti erano iniziati, per il loro bene, in tutto ciò che il più esperto fra loro conosceva! Ma quanto tempo poteva durare uno stato felice di questo genere?

4. Un tale primo benefattore dei propri simili deve essere certamente stato portato in palma di mano da loro, e non meno il suo successore; ma questo fatto dovette senza dubbio provocare l’invidia in più di qualcuno che sarà stato amante dell’ozio, e con l’invidia anche la brama di venire egli pure portato in palma di mano dal suo prossimo. Questi tali allora cercarono a loro volta di arricchire il loro patrimonio della conoscenza e dell’esperienza nei vari campi; cominciarono però a circondarsi sempre più di mistero per acquisire importanza agli occhi del prossimo. E sarà accaduto che qualcuno, riuscito ad assumere un’espressione molto seria e misteriosa e a mantenersi per lungo tempo muto come un pesce pur essendo stato interrogato insistentemente da molti, naturalmente curiosi riguardo al perché andasse continuamente in giro così silenzioso e meditabondo, avrà di certo risposto: “Se sapeste voi quello che so io e se aveste visto, udito e sperimentato voi quello che ho visto, udito e sperimentato io, per l’immensa meraviglia interiore ve ne andreste in giro ancora più muti e più meditabondi di me!”.

5. Ma quando della gente ancora sempliciotta e molto curiosa ed avida di sapere sente un simile linguaggio da un astuto demagogo e perdigiorno, allora è il vero momento in cui essa non gli dà più pace finché egli non si decide a comunicare le condizioni alle quali è disposto a cedere loro un po’ soltanto della sconfinata provvista del suo sapere. Le condizioni vengono prontissimamente accettate, e l’astuto briccone si trova così innalzato a profeta e sacerdote fra i propri simili, dinanzi ai quali egli comincia a sciorinare ogni tipo di mistiche cianfrusaglie che né lui, né nessun altro capisce, né può capire, dato che esse non esistono in nessun altro luogo se non nel cervello discretamente ricco di fantasia del nostro stesso briccone, il quale mediante tale suo astuto inganno finisce con il ridurre al silenzio tutti gli antichi, onesti e veri sapienti perché attrae a sé il popolo, e con le chiacchiere gli fa comprendere che egli solo sa e comprende di più che non diecimila dei loro antichi saggi.

6. Ma poi, per corroborare appieno e permanentemente le sue dottrine d’inganno di fronte al popolo, basta che egli vi aggiunga semplicemente qualche trucco magico ed il misero e buon popolo, per opera sua - cioè del cialtrone senza cuore e senza coscienza - si trova ad essere aggiogato solidamente al carro di mille divinità che vedono ed odono tutto e che di solito sono anche onnipotenti!

7. E guai al galantuomo benintenzionato che per puro e disinteressato amore osasse rivolgersi al popolo per dirgli fuori del proprio illuminato intelletto: “Non credete a questo falso profeta perché ciascuna parola dalla sua bocca è una menzogna colossale sotto la quale non si nasconde che l’egoismo più ardente e la più tirannica ambizione, i quali non mancheranno di gravare ben presto con le più pesanti catene le vostre membra ancora libere. Egli vi imporrà delle leggi insopportabili sotto il falso nome della ‘volontà degli dèi’ e contro l’inosservanza di queste comminerà le pene più gravi, anzi perfino la morte fra i tormenti. Allora voi e i vostri figli dovrete spargere lacrime assai amare sotto l’oppressione potente di un simile falso maestro, ed invocherete aiuto ad alta voce! Sennonché il vostro invocare sarà perfettamente vano, perché contro la potenza di un tiranno che non ha né cuore, né alcuna traccia di un qualche amore umanitario del prossimo, è molto difficile intraprendere qualcosa!”

8. Una simile dottrina in opposizione a quella del cialtrone che si candida a tiranno, la quale certo sarà stata enunciata di frequente all’inizio dell’asservimento dei popoli, non può evidentemente venire in qualche modo impugnata da chi sia dotato di sana ragione! Sennonché il popolo si lasciò invece illudere da qualche miracolo, cominciò a credere in una o addirittura in una legione di divinità di ogni specie, e preferì farsi maltrattare nella maniera più spietata da queste, cioè dai loro rappresentanti superbi, orgogliosi, ambiziosi, crudeli ed egoisti a dismisura, piuttosto che cominciare a pensare con la propria testa per fare ritorno alla ragione naturale umana antica e pura! Ma se a me, come pure ai miei undici compagni, queste cose sono note con discreta precisione, potrà apparire facilmente comprensibile perché io ora sono ateo».

 

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Cap. 24

Roclus cerca di motivare il suo ateismo come la vera visione del mondo.

 

1. (Roclus:) «Ebbene, se con ciò è anche dimostrato, oltre all’evidenza, in quale maniera difficilmente contestabile siano certamente sorti tutti gli dèi e come i loro servitori e sacerdoti siano gradatamente diventati veramente potentissimi dominatori per la vita e per la morte dei loro fratelli, tu, o nobile signore, signore, signore, comprenderai senz’altro perché e come siamo diventati atei! Vedi, noi pochi abbiamo trovato la chiara via che conduce all’antica, pura ragione umana ed abbiamo fatto ritorno all’immensa e santa madre Natura la quale per noi è una divinità visibile e che sempre nell’ordine più eccellente compie i suoi prodigi, mentre tutte le altre divinità, che si manifestano per bocca di un qualche essere umano, non sono altro che fantasie di qualche fannullone con la mente malata e scansafatiche, il quale ha imparato da qualcun altro oppure di per sé ha inventato un paio di trucchi magici allo scopo di presentarsi ai ciechi come uno strumento eletto da Dio per annunciare loro la Sua Volontà.

2. La Natura non ha mai avuto bisogno di eleggersi un rappresentante, né il Sole ha avuto bisogno di un delegato fra le miriadi di creature umane; esso opera da sé, e da sé solo splende, illumina e riscalda tutto in maniera tale che non è paragonabile a nessun’altra cosa! In poche parole, in tutta l’immensa Natura ogni cosa è in completissimo ordine fin là dove comincia l’uomo. Anche l’uomo però, questa perfettissima e massima fra le specie di scimmie, non lascia certo niente a desiderare per quanto riguarda natura e forma.

3. Sennonché l’uomo, o meglio l’animale dotato di parola, che procede diritto su due e non su quattro zampe e quindi perfettissimo, possiede pure una ragione e, fuori da questa, un intelletto che si va liberamente sviluppando. Per mezzo di queste caratteristiche egli può e deve esercitare il dominio su tutto il complesso degli esseri a lui sottoposti, ma tale privilegio, concesso all’uomo dalla Natura, a lui non basta. Nella presunzione di essere costituito a somiglianza di Dio, egli giunge a voler calpestare anche il proprio simile! E qui è precisamente il punto critico in cui l’uomo esce dai suoi limiti e fa di se stesso un dio. Ma nessuno può erigersi immediatamente ed automaticamente a divinità, a meno che non sia sordomuto o addirittura del tutto pazzo; non lo può fare nella carne, perché è un uomo di carne fra tutti gli altri uomini di carne. Lo farebbe senza dubbio se non temesse la derisione o addirittura una punizione da parte di tutto il popolo. Così egli si accontenta semplicemente della rappresentanza di Dio su questa Terra; questa infatti, purché sia iniziata con sufficiente astuzia e sia costruita su una base stabile, rimane stabile per molti secoli.

4. Basta che all’istituzione di una qualche rappresentanza di Dio si faccia seguire qualche disposizione visibilmente saggia e conveniente al vivere civile, ed allora per un millennio si ha buon gioco con il genere umano per sua natura sempre puerilmente buono e mite! Ma per una legge saggia si può poi appioppare ai superstiziosi mille menzogne e stupidaggini fra le più assurde, e la misera umanità, piena di buon volere ma assolutamente cieca, le accoglie con sorprendente e rispettosissima accondiscendenza. Di comprenderne qualcosa non c’è naturalmente nemmeno da parlare, perché essa non potrà mai comprendere tali misteri divinatori che veramente non sono altro se non delle idee cervellotiche di un simile volpone! Ma questo infine non interessa proprio niente, perché l’umanità ammira sempre con maggior compiacimento proprio quello che le riesce più inspiegabile, più incomprensibile e più estraneo.

5. Chi vuole annoiare l’umanità, non ha che da esporle delle verità eccellenti, ben note e facilmente accessibili, ed io sono pronto a garantire che così facendo egli ben presto si troverà a parlare al deserto! Prendiamo invece uno capace di mentire spudoratamente e di raccontare cose fantastiche, come ad esempio di aver visitato le Indie lontane e di avervi visto degli animali dell’altezza di una montagna, con cento teste, e precisamente ciascuna perfettamente simile a quella di un diverso animale, e in mezzo a queste cento teste, l’una differente dall’altra, si erge pure una colossale testa umana su un collo lungo e grosso, che parla tutte le lingue del mondo scioltamente, però con una voce di tuono, e che prescrive addirittura leggi agli uomini su come devono comportarsi di fronte all’altro grande esercito delle sue teste animali, ebbene, alla gente che gli presta ascolto con la massima attenzione, egli può sfacciatamente raccontare in aggiunta che sull’ampia schiena di questa meravigliosa e grandiosa bestia poggiano bellissime città e giardini dove dimorano uomini e animali, facendovi una vita quanto mai gradevole, purché osservino esattamente le leggi dettate dalla testa umana che sorge nel mezzo del corpo di questo animale colossale; ma se essi invece peccano contro tali leggi, allora la testa di tigre di questo animale li addenta e li divora immediatamente! A questa menzogna, certo più che assurda, egli può aggiungerne quante ne vuole ancora, ed è garantito il fatto che esse verranno tutte credute, e guai a colui che volesse obiettare: “Ma come fate ad ascoltare un simile sfrontato ciarlatano? Io stesso ho viaggiato varie volte in India, e non ho mai neanche lontanamente visto qualcosa di simile, né ne ho mai udito parlare!”, tutto ciò non gioverebbe a nulla! Egli verrebbe accusato di calunnia contro una causa tanto meravigliosa e lo si costringerebbe a tacere, ciò che per lui sarebbe il minimo che potrebbe toccargli; d’altro canto, invece, il mentitore sfacciato che conosce l’India solo di nome, rimarrebbe padrone del campo! Io stesso sono stato testimone, infatti, come gli uomini accolgono e anche credono in una sciocchezza, per quanto colossale, con molta maggiore facilità che non in una verità, per quanto utile essa sia, in modo chiaro e dimostrato.

6. Ora, date simili caratteristiche ben note degli uomini, c'è forse da meravigliarsi se noi siamo ormai conciati e imbalsamati più che a dovere a forza di divinità? E non c’è piuttosto da meravigliarsi che persone del mio tipo esistano ancora in mezzo a così tanti uomini stupidissimi? E dal canto tuo, alto signore, signore, signore, ti può stupire se noi dodici, greci ed ebrei ricchi di esperienza, dobbiamo necessariamente essere degli atei, e questo per la semplicissima ragione che evidentissimamente non può esistere un Dio costituito in maniera tale da richiedere agli uomini il compimento di cose spesso ridicole fino all’assurdo, come ad esempio la compera del letame e degli escrementi del Tempio per la concimazione benedetta dei campi, dei giardini, degli orti e dei prati, per non parlare di mille altre assurdità ancora peggiori che si sostiene siano richieste dal Dio unico degli ebrei, sempre ancora un po’ più saggio! Ma cosa si dovrà dire poi delle pratiche, dei sacrifici, dei costumi e delle usanze stupide, insulse oltre ogni dire e che degradano la dignità umana, che vengono richieste, anzi addirittura qualche volta pretese, dai nostri dèi greci, in numero forse di diecimila?

7. Oh, guai, guai a chi osasse dare il benché minimo buffetto sul naso ad una divinità di legno anche di ultimo rango! Costui, quale SACRILEGUS MALEDICTUS (maledetto profanatore del tempio), dovrebbe aspettarsi di uscire proprio conciato per le feste fuori dalle unghie dei rappresentanti di Dio! La distruzione o anche il semplice danneggiamento di una menzogna scolpita nel legno viene sempre ed ancora punita nel modo più rigoroso con la spada e come un massimo crimine per il quale non esiste perdono. Ma quando le migliaia di arcipoltroni truffatori del popolo calpestano qualsiasi verità, per quanto limpida, e la genuina dignità umana usando la violenza e facendo ricorso ai mezzi più crudeli, allora questo è perfettamente giusto e graditissimo - dico - ai saggi ed onnipotenti dèi! Ah, sì, di fronte a tutto questo ci mancherebbe solo che la vera umanità dovesse pure ringraziare con la massima obbedienza tutti gli dèi e le dèe! Ma adesso, considerato tutto ciò, tu, o signore e reggente di popoli notoriamente e veramente saggio, puoi forse biasimarmi se mi coglie la nausea quando mi si parla, sia pure vagamente, di un qualche essere divino?

8. Quando, per le necessità del mio commercio, ebbi occasione di visitare perla terza volta l’India, io vi trovai molte cose assennate e buone, ma accanto a queste ne trovai anche molto stupide e talmente orribili che ci sarebbe stato davvero motivo di crocifiggersi addirittura da soli pur di evitare di assistere a simili sciocchezze spaventosamente enormi relative alla divinità. Sennonché da quanto ho potuto apprendere dalla teosofia di quella gente, il Lama, il dio supremo, il quale porta pure il soprannome di Dalai, si degna una volta all’anno di concedere al suo massimo rappresentante, il quale dovrebbe anch’egli essere immortale, l’onore più grande, cioè quello di mostrarsi a lui nonché ai suoi sommi sacerdoti soltanto a distanza, e sulla cima di un alto monte! Allora su comando del dio supremo al rappresentante incombe l’obbligo di dar sfogo alle sue necessità corporali naturali su un pannolino candidissimo; poi quella immondizia deve venire seccata e infine ridotta in polvere. Questa “polvere divina”, come l’ho udito chiamare dagli indiani, viene poi pressata in grani ed infine conservata entro delle scatolette di legno. Le stesse vengono quindi inviate ai capi dei popoli, naturalmente dietro pagamento di un ricco compenso, e a tali sommi capi delle genti spetta poi, dopo aver compiuti gli atti di penitenza prescritti, l’alto onore di masticare e di mandare giù nello stomaco con massima reverenza quel dono lurido e fetente della divinità! Questa ed una quantità grandissima ancora di stupidaggini ed assurdità corrispondono assolutamente ai fatti, dei quali chiunque voglia intraprendere un viaggio da quelle parti può convincersi di persona.

9. Ma che cosa deve pensare, che cosa deve dire una persona assennata, libera da fanatismi e in possesso di una sana ragione e di un non meno sano intelletto, quando sente parlare della funzione ignominiosamente e mostruosamente sudicia che il dio dell’India richiede dagli uomini per averne il massimo onore? Ah, ma c’è davvero da uscire fuori dai gangheri per la rabbia solo al pensare una simile madornale stupidità degli uomini, alla quale essi forse già da qualche migliaio di anni stanno disperatamente attaccati, e dalla quale non è più possibile distoglierli neanche con i ragionamenti più sensati!

10. Oh sì, fammi venire in presenza di un Dio sensato, ed allora anch’io cesserò di essere un ateo, cosa questa alla quale l’avvenimento prodigioso compiutosi dinanzi ai miei occhi potrebbe potentemente incitarmi e potrebbe indurmi alla fede che, nonostante tutte le divinità, quanto mai insulse, prodotte e inventate dalla stupidità umana, sia pur possibile che un vero Dio, non in contraddizione con la ragione umana purissima, esista di fatto, ciò che sarebbe un pensiero supremamente bello e nobile per l’uomo! Ma se infine anche questa divinità dovesse essere qualcosa di gonfio e vuoto come finora è sempre stato il caso di tutte le divinità a me note, essa può fare anche mille miracoli dinanzi a me, di questo o di altro genere, ma davvero io non gli renderò un qualche onore neanche per sogno!

11. Ecco: ormai tu mi conosci da tutti i lati in questo campo, così come io sono, penso ed agisco; e tu, se eventualmente sai qualcos’altro di più buono e di più vero, puoi già confidarmelo almeno in parte, ed io certamente non l’accoglierò da te senza gratitudine! Dunque, come è sorta la nuova dimora del vecchio Marco? Chi è stato a chiamarla all’esistenza?».

 

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Cap. 25

L’essenza di Roclus, illuminata dal Signore.

 

1. Cirenio, in seguito a tutto quello che aveva udito da Roclus, era rimasto alquanto disorientato, e perciò si trovò imbarazzato a trovare una risposta. Egli allora si rivolse a Me e disse a voce bassa: «Signore, tutto sommato quest’uomo non ha torto, e tutto mi porta a credere che egli, malgrado il suo ateismo, nasconda nel suo petto un cuore non insensibile verso la vera umanità. Se fosse possibile convertirlo ad un sincero teismo[5], data la sua enorme acutezza di intelletto e le sue molteplici esperienze, egli sarebbe una perla aurea addirittura per la Tua pura Causa divina! Ma appunto perché egli è così ricco di esperienze e ha tanta acutezza di ragionamento da uguagliare l’acutezza dell’occhio di un’aquila, per quanto mi riguarda è un’impresa piuttosto difficile dargli una qualche risposta dalla quale si possa sperare un buon successo nei suoi confronti! Che ne dici dunque se ora cominciassi Tu stesso a trattare con lui? Con poche parole Tu potresti certamente dirgli assai di più che non io con molte parole. O Signore, assumi Tu un tale compito, perché davvero mi pare che quest’uomo lo meriti visto che le sue opinioni sono assolutamente sensate!»

2. Io gli dico: «Tu hai giudicato rettamente quest’uomo, e nei suoi riguardi le cose stanno precisamente così come hai detto tu, perché fra tutti voi non c’è nessuno che abbia tanta naturale e sensata esperienza del mondo quanto appunto questo Roclus, e per mezzo suo anche i suoi undici compagni. Ma dato che in questi tempi, con il sussidio dei suoi considerevoli tesori terreni, è venuto spesso a scoprire esclusivamente astuzie ed inganni da tutte le parti ed ha dovuto constatare che la divinità è rappresentata dappertutto dagli imbroglioni più grandi e raffinati, allora non ci si deve assolutamente meravigliare se alla fine egli si sia trovato costretto a gettare sulla strada l’acqua assieme al bambino che vi stava facendo il bagno.

3. Egli andava certamente in cerca di Dio con ogni zelo, e ciò spiega anche i suoi lunghi viaggi; sennonché quanto più arrivava lontano e tanto più evidentemente trovava dissennatezza, pazzia ed inganno. Infine, si fece perfino iniziare ai misteri degli esseni, e vi si trovò bene per la ragione che almeno questi hanno costruito l’edificio del loro inganno divinatorio con l’intenzione di essere utili all’umanità, e sono in fondo gente a posto, ognuno dei quali è apertamente fratello all’altro, e non ha alcuna pretesa di preferenza rispetto al prossimo, perché la massima di questa setta è la seguente: “Sapere ed avere tutti in modo uguale, essere in generale tutti uguali, e non svelare a nessun profano il mistero che si nasconde fra le alte e spesse mura, fuori dalle quali a nessuno su questa Terra deve venire mai alcun male, ma possibilmente soltanto del bene!”.

4. Ora, considerate in se stesse, a queste cose ci si può anche passare sopra; però il punto molto difficile della questione resta sempre quello della fede in un Dio, poiché se vi è per loro qualcosa di proprio ben stabilito e di inderogabile è appunto la massima che all’infuori delle misteriose forze naturali non esiste un Dio né può esistere eternamente e in nessun luogo. E perciò è immensamente difficile convertire alla fede in un Dio un autentico esseno di questa specie. Bisogna prima dargli ancora molte più occasioni di esprimersi a suo piacimento, liberamente e sotto tutti gli aspetti, e soltanto quando egli si sarà completamente rivelato dinanzi a te, si potrà arrivare a qualche risultato assolutamente apprezzabile con lui. Ma per il momento egli non è ancora maturo, perché in lui stanno nascoste ancora molte cose le quali sono ben lontane dall’essere venute a galla a causa di una certa diffidenza verso la tua concezione tipicamente romana della giustizia che si deve sempre far valere con la spada.

5. Finché un uomo non osa confidarsi pienamente con il suo simile, non è possibile che gli diventi mai veramente amico. Dunque, finché egli non si faccia vero e fidatissimo amico di qualcuno, non gli si rivelerà mai completamente, ma se egli non si rivela completamente, svanisce da sé necessariamente anche la possibilità che il suo animo resti perfettamente svelato così come è necessario. Quindi tu devi tentare di renderti fidatissimo amico di questo Roclus e poi egli ti aprirà il suo animo e tu apprenderai da lui ancora delle cose molto strane che susciteranno in te la più grande meraviglia!

6. Per il momento, però, tu devi rinunciare all’espressione e all’atteggiamento che ti vengono suggeriti dal tuo senso di giustizia, rigida e romana, convertendoli dinanzi a lui in quelli di una vera amicizia, e tutto ciò più apertamente e sinceramente possibile, altrimenti non arriverai ad ottenere nulla da lui. Ma una volta che ti sia riuscito di portarlo a quel punto, allora sarà facile trattare con lui, e soltanto allora sarà opportuno il Mio intervento. Come stanno invece le cose adesso, lasciandogli tutta la sua libera volontà, non si degnerebbe neppure di ascoltarMi, e si limiterebbe a dirMi: “O amico, qui io non conosco che il governatore generale, ed ho a che fare con lui; infatti io non ti conosco affatto, e non so fino a che punto mi posso fidare di te!”. Ed Io intanto non potrei obiettargli che questo: “Amico, tu hai giudicato bene e rettamente!”. Dunque, prova prima tu a conquistarlo con tutta amorevolezza, e soltanto dopo guidalo verso di Me, e allora in breve tempo l’intera questione verrà condotta a buon fine!»

7. Dice Cirenio: «Io ci proverò senz’altro! Sennonché ho la sensazione che il mio buon proponimento non sarà coronato da un successo com’è nei miei desideri!»

8. Gli dico Io: «Basta che tu cominci a prendere la cosa dal lato giusto, e vedrai che poi andrà molto bene!».

 

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Cap. 26

L’amichevole replica di Cirenio a Roclus.

Le cause della decadenza del sacerdozio.

 

1. Dopo di che Cirenio si rivolge nuovamente a Roclus e gli dice: «Ebbene, amico mio, ascoltami; io ho profondamente riflettuto riguardo a quanto mi hai detto ed ho vagliato esattamente ogni tua argomentazione. Devo quindi convenire che le tue ragioni le ho trovate molto vere e calzanti, né posso fare a meno di dichiarare che tu hai ragione sotto molti aspetti, però non sotto tutti. Io ho potuto rilevare dalle tue parole che, nonostante il tuo sensato modo di vedere le cose, talvolta pecchi tuttavia di eccessivo zelo. Ho rilevato inoltre che la tua foga ti induce a gettare via l’acqua assieme al bambino che vi sta facendo il bagno dentro, che i tuoi giudizi si limitano al tempo presente e che vai erigendo un edificio il quale non ha solide fondamenta e che poggia sulla sabbia mobile e che può venire facilmente distrutto dagli uragani.

2. È senz’altro vero che i sacerdoti, specialmente quelli che ricoprono alte cariche, sono per lo più gente ambiziosa, avida di dominio e per conseguenza in gran parte senza cuore, ed è altresì vero che i sacerdoti di grado inferiore sono costretti a ballare secondo la musica dei superiori, particolarmente poi quelli che devono accudire al loro ufficio standosene vicini ai grandi e potenti; tuttavia le cose non sono in realtà tanto vuote, né sono proprio tutte un evidente inganno come tu immagini e come credi che sia.

3. Basta che tu consideri un po’il divario esistente nel linguaggio di oggi rispetto a quello antico! Fino a mille anni fa l’umanità si esprimeva esclusivamente mediante simboli e immagini corrispondenti. Tutto il linguaggio allora era una vera poesia, motivo per cui gli antichi scrivevano tutto in versi e similmente così si esprimevano per comunicare gli uni con gli altri nel linguaggio corrente; infatti, la cosiddetta miseranda prosa fece la sua comparsa soltanto quando l’umanità, corrotta fin nelle sue fondamenta, trapassò ad una vita puramente materiale della carne.

4. È dunque possibile che gli antichi profeti e veggenti abbiano parlato agli uomini del vero Dio e che glieLo abbiano indicato, e gli antichi certo li avranno anche compresi meglio di quanto li possiamo comprendere noi attualmente; sennonché in seguito all’osservanza, allora rigida, dei noti savissimi Comandamenti di Dio, già le generazioni successive giunsero ad uno stato di grande benessere. Questo fu quello che li rese presuntuosi, sensuali e volgari. Questa gente perse anche troppo presto ogni familiarità con il linguaggio animico figurato, ed in breve tempo non furono proprio più in grado di comprendere le parole degli antichi profeti e veggenti.

5. La conseguenza fu che si cominciò a restare attaccati unicamente al senso letterale delle parole, che non vivifica, bensì uccide, e in questo modo si finì con il perdere completamente di vista il germe di luce della verità. Noi tutti che siamo qui, eccezione fatta di due, presi tutti assieme non avevamo assolutamente alcuna nozione di un qualche senso interiore spirituale della verità, e, come è successo a te, ugualmente anche a noi, fino a poco fa, appariva come la più rozza stoltezza tutto quello che avevamo potuto apprendere riguardo alla parola dei veggenti e degli oracoli. Ma quei due, i quali pure si trovano qui con noi, e particolarmente Uno, ci hanno fatto cambiare opinione e ci hanno dimostrato in quale maniera terribilmente errata avevamo finora compreso tutti i profeti e i veggenti.

6. Ma fuori da una simile errata comprensione non potevano infine fare a meno di svilupparsi anche delle massime della vita perfettamente strampalate e contorte, nonché una conseguente quantità innumerevole di altre sciocchezze, né le dottrine divine avrebbero potuto assumere un aspetto migliore di tutto quello che l’uomo faceva e metteva in atto.

7. Ma dato che l’umanità si trovava tanto profondamente immersa in un torbidissimo ambiente per quanto concerne la propria sfera vitale spirituale interiore, e dato che doveva sentirsi come completamente abbandonata da ogni superiore influsso spirituale-divino, allora in lei cominciò ad accentuarsi l’egoismo, ed essa cominciò ad isolarsi ed a corazzarsi, a fiutare nemici da tutte le parti e ad armarsi contro eventuali attacchi facendo ricorso unicamente alle armi esteriori, come fa colui che, sorpreso dalla notte entro un fitto bosco, per timore di essere avvicinato da qualche creatura nemica, fa ogni sforzo possibile per difendersi in qualunque modo dagli assalti che dei supposti nemici potrebbero aver progettato contro di lui.

8. Anzi, qualcuno esagera tanto con il suo timore da cominciare formalmente a negare l’esistenza di un qualche essere che gli sia amico; egli allora sbarra a chiunque l’accesso presso di lui e si fa completamente avaro, accumula tutto per la propria sicurezza e non si fa avvicinare più da nessuno! Egli circonda la propria casa da alte mura spesse, i suoi tesori li racchiude entro delle bare di ferro e spesso li seppellisce sottoterra, di solito in luoghi dove l’uomo difficilmente arriverà mai a posare il piede.

9. Da simili premesse l’uomo diventa molto avido di potere, si circonda di ogni potere e cerca di appropriarsi di tutto, non importa come, per timore di doversi trovare un giorno a possedere troppo poco.

10. Va’ da un avaro autentico di questa specie e domandagli per chi egli stia accumulando tante ricchezze, visto che, per quanto concerne la sua persona, non arriverebbe in mille anni a mangiarsi quanto ha messo assieme, e vedrai che egli ti considererà come il suo peggior nemico e non ti ascolterà più, né ti darà risposta. Ma non diversamente da così sono fatti attualmente, dal punto di vista spirituale, soprattutto i sacerdoti.

11. Essi sono pure in possesso delle antiche tradizioni profetiche, e sono appunto loro che per lo più le leggono e le studiano. Ma proprio in seguito a ciò essi, prima di ogni altro ed in misura maggiore di altri, si smarriscono in un bosco fittissimo colmo di tenebre e di dubbi dai quali non riescono più a liberarsi. Ma dato che sono sacerdoti, essi sono costretti, ricorrendo a cerimonie e pompe esteriori di ogni specie l’una più stolta dell’altra, a darsi, al cospetto del popolo, l’aria come se effettivamente sapessero e comprendessero qualcosa. Invece non sanno e non comprendono nulla all’infuori del fatto che - naturalmente nel segreto dei loro animi - essi in realtà non sanno, non comprendono e non conoscono assolutamente nulla!

12. Perciò impiegano il loro tempo unicamente nell’escogitare dei mezzi sempre più efficaci per nascondere agli occhi del popolo la loro completa ignoranza e per avvolgerlo in una fitta nebbia, cosa questa che non è per loro proprio un compito eccessivamente difficile, considerato che a forza di pensare sono pure arrivati al punto di riconoscere che per se stessi non sanno niente, meta questa che per essere raggiunta richiede già parecchi sforzi.

13. Certo spesso succede che qualcuno, per puro caso, perviene a qualche luce di tipo giusto; tuttavia, a causa del popolo già ottenebrato, essi non possono più demolire l’edificio purtroppo colmo di menzogna e di inganno ormai costruito, e così sono costretti a nuotare a seconda della corrente nella quale si sono messi, limitandosi tutt’al più a conservare nel segreto dei loro cuori la migliore convinzione acquisita.

14. Puoi senz’altro credermi se ti dico che fra i sacerdoti, qualunque sia la religione a cui appartengono, ce ne sono alcuni che riconoscono fin troppo bene la falsità e l’assurdità della loro dottrina esteriore e che hanno conoscenze assolutamente eccellenti riguardo ad un Dio vero ed unico al Quale nei loro cuori sono anche interamente devoti. Sennonché essi, una volta per sempre, non possono più apportare alcun cambiamento all’edificio antico delle erronee dottrine! E devono accontentarsi di rimettere la cosa nelle mani di Colui che ha il potere di rovesciare il tempio dell’inganno quando a Lui piace e quando ritiene giunto il momento opportuno; perché meglio di chiunque altro Egli saprà e conoscerà senza dubbio la ragione per cui ha concesso che venissero innalzati dei templi per gli idoli di ogni specie di divinità menzognere e che tali templi venissero fortificati con solide mura e difesi con la spada!

15. Se ora tu consideri a dovere quanto ti ho detto, deve esserti almeno un po’più chiaro il fatto che, malgrado tutta la perspicacia del tuo intelletto e tutte le tue molteplici esperienze compiute da vero ateo quale sei, non risultano perfettamente fondate tutte le ragioni addotte a conforto della tua tesi e dovresti perciò presagire che tu ti trovi ancora molto lontano dalla pura verità interiore!

16. Ed ora tocca nuovamente a te giustificarti nel modo che riterrai migliore, perché ormai noi due ci troviamo l’uno di fronte all’altro come buoni amici, e ti è concesso di esprimerti con tutta libertà senza la benché minima limitazione e senza timore di venire comunque chiamato a rispondere delle tue parole! Dunque tu puoi dichiarare apertamente ogni tuo pensiero come l’hai nel cuore, ed io poi, non nella mia qualità di uno fra i più alti detentori del potere di Roma, né in quella di supremo giudice, ma in quella di uomo e di fratello cercherò di indirizzarti sulla retta via mediante la parola, il consiglio e l’azione! Ma se così non vuoi, sei pienamente libero di partire e di andartene dove più ti piace, senza alcun impedimento! Certo che mi dispiacerà molto lasciarti andare via da qui senza che tu ti sia accorto del tuo errore; ciononostante però, in considerazione della tua acutezza di intelletto che apprezzo come è giusto che sia, non ti verrà fatta da parte mia in nessun modo alcuna costrizione. Parla dunque liberamente e del tutto apertamente con me, il tuo amico».

 

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Cap. 27

Il Santissimo artificiale nel Tempio di Gerusalemme.

Gli abomini delle penitenze in India.

 

1. Dice Roclus: «Signore, signore, signore, la tua replica, che ho seguito e meditato parola per parola e con molta attenzione, è stata buona e saggia! Ed ho rilevato che vi è parecchio del buono e del vero in quanto mi hai detto, e mi sono accorto altresì che tu - ciò che non avrei mai creduto - sei un genuino, perfettissimo cosmopolita[6], quale attualmente è purtroppo difficile trovarne un altro, specialmente tra le persone del tuo rango.

2. Senza alcun dubbio, questa di un Dio unico, sapientissimo, ma nello stesso tempo anche supremamente umano, sarebbe una cosa bellissima ed eccellente sotto ogni riguardo. Sennonché, dove può esistere una simile Divinità se non nel pensiero ideale di un animo umano risvegliato ed incline alla poesia? Infatti, se fosse invece una divina realtà, essa dovrebbe pure potersi manifestare mediante qualcosa di particolare! Ma invece si può fare e indagare come e dove si vuole, con la massima diligenza di questo mondo e con la più grande attenzione ed acutezza di ingegno e impiegando la migliore buona volontà, senza che tutto ciò conduca ad un qualche risultato!

3. Da qualsiasi parte si pensi di fare le proprie indagini, ci si viene sempre ad imbattere in un uomo camuffato, come succede nel Tempio di Gerusalemme, dove dinanzi alla preziosa cortina sono posti dei guardiani affinché nessun profano possa penetrare dietro quel misteriosissimo drappo. Qualcuno di noi, quantunque non ebreo, poté però, sborsando denaro, arrivare anche dietro ad un simile velo d’Iside, ma non poté trovarvi altro all’infuori di quello che era, come al solito, il prodotto del lavoro umano, e cioè un cassone sotto forma di sarcofago fatto di legno in tinta nera e bruna, dove, nel mezzo di questo cassone, era fissata una bacinella di ferro, entro la quale ardeva della nafta che gettava fiamme alte e chiare, fiamme che avrebbero dovuto raffigurare la presenza di Dio, l’Altissimo!

4. Ora io domando quanta cecità e quanta stoltezza siano richieste per poter credere ad una cosa simile! Dov’è il Dio e non l’uomo[7] che ha messo assieme tutto questo per ingannare il prossimo al quale, pena la morte, resta preclusa ogni possibilità di chiarire qualcosa? Ecco, il popolo è condannato a restare continuamente quanto più stolto e cieco sia possibile, ed a lavorare giorno e notte con le mani grondanti sangue, affinché i poltroni rappresentanti di Dio possano ingrassare a dovere a spese dei fauni miseri e stolti. Cosa importa ad un’alta figura umano-divina di questa fatta la morte anche di milioni di esseri umani? Se non vogliono attirarsi fra capo e collo tutte le furie, devono essere pronti ad offrire la vita ad ogni momento ed in qualsiasi modo per mantenere il loro spirito tormentatore che è il rappresentante di Dio, spirito che è la loro vera disgrazia!

5. Amico, se mi è lecito chiamarti così, va un po’ a visitare l’India e osserva com’è fatta l’umanità, e ti assicuro che ti si drizzeranno i capelli sul capo. Da quelle parti incontrerai dei penitenti in una forma tale, quale la tua fantasia non l’ha mai raffigurata nemmeno in sogno! Qui contro i delinquenti vengono prescritte dai giudici delle pene che vengono applicate dagli esecutori della giustizia per la durata di un giorno al massimo. Là, invece, la minima penitenza dura da uno a due anni almeno, e deve venire applicata rigorosissimamente dal peccatore in persona a se stesso e senza alcuna remissione; ma là accade che la pena più lieve è tanto crudele che al paragone la crocifissione in uso presso i romani va considerata come una cosa da niente. Io mi limiterò a citarti soltanto qualcuno fra gli esempi più semplici, e sono certo che finirai con l’averne più che abbastanza!

6. Una volta ho avuto occasione di osservare uno di questi penitenti condannati ad una lieve pena! Costui portava infilzati tre aghi di ferro attraverso i polpacci, e tuttavia doveva trascinarsi dietro un peso considerevole girando attorno ad un albero. Quando la sua carne accennava a stancarsi, allora egli impugnava una sferza munita di punte di ferro e si infliggeva da solo dei colpi violentissimi; il suo cibo quotidiano consisteva, quale penitente, di sette fichi e un boccale d’acqua. Quando io lo vidi, egli era già al suo secondo anno di penitenza ed era ancora vivo.

7. Poi ho visto un altro penitente condannato ad una lieve pena, il quale aveva tutto il corpo guarnito di punte come un porcospino, con la sola differenza che mentre l’animale suddetto porta le punte acuminate di fuori, nel caso di quel penitente le punte erano rivolte verso la carne nella quale si affondavano per almeno due pollici. Questi aculei sono sia di legno duro, sia di osso oppure anche di metallo, ed è il penitente stesso che deve infliggerseli nelle carni secondo la prescrizione dell’umanissimo profeta di penitenza, e precisamente un aculeo ogni giorno durante tutto il periodo della penitenza, che si protrae per due anni. Così avviene che, giunto al termine del suo più che dannato tempo di espiazione, egli viene a trovarsi infitte nel corpo tante sacre spine di penitenza quanti sono i giorni contenuti in due anni. Se il penitente poi riesce a salvarsi, soltanto allora comincia la penitenza postuma volontaria allo scopo di acquistarsi qualche merito agli occhi onniveggenti del Lama, perché la prima parte dell’obbligo di penitenza non mira che ad ottenere il perdono di un qualche peccato da parte del Lama. Solo attraverso la penitenza postuma il peccatore può acquistare grazia presso di lui.

8. Io domandai all’araldo di penitenza, che era del resto persona molto a modo, in che cosa consistesse effettivamente la penitenza postuma di un simile peccatore irto di punte, ed egli mi rispose: “Questa può venire compiuta in due e anche in tre maniere; e cioè, o egli si tiene gli aculei conficcati nel corpo per tutta la vita, il che certo causa molti inconvenienti, soprattutto durante il riposo notturno, perché i penitenti di questa specie possono trovare riposo di notte soltanto se coricati sulla sabbia quando questa è molto soffice, oppure nell’acqua, sostenuti da otri che devono prima venire riempiti d’aria e poi legati al corpo! Nella seconda soluzione invece possono togliersi le punte fuori dalla carne, però non più di una al giorno, ciò che vuol dire che per cavarle fuori tutte impiegano precisamente altrettanto tempo quanto ce n’è voluto per piantarle dentro. Ma, come già detto, c’è anche una terza maniera, e cioè il penitente può tirarsi fuori le spine tutte in una volta e poi fare un bagno di sostanze balsamiche. Questo processo serve a guarire rapidamente le ferite, e poi il penitente ne esce di nuovo come persona atta al lavoro; in compenso però egli o deve fare al Lama una cospicua offerta, oppure per quattro anni deve diventare lo schiavo di un sacerdote con l’obbligo di curare e coltivare i campi, i prati e i giardini di costui; durante il tempo della penitenza, però, egli deve sostentarsi esclusivamente con i propri mezzi. Che dunque la situazione di un simile penitente non si presenti proprio fra le migliori, non ci vuole davvero molto a comprenderlo!”

9. Queste sono le informazioni datemi da un cortese sacerdote, fra quelli incaricati di promulgare le penitenze; dopo di ciò io gli domandai che cosa avesse commesso di così grave un penitente di quella specie per essersi meritato un’espiazione così tormentosa. Allora costui mi rispose: “Perché sia applicata una penitenza, spesso non vi è bisogno di un vero e proprio crimine, la cosa sta nel saggio arbitrio mai perscrutabile dell’eterno Lama! La sua santa volontà egli l’annuncia solamente al suo supremo sacerdote sulla Terra; questo a sua volta la rende nota a noi sacerdoti di grado inferiore e soltanto dopo noi la proclamiamo al popolo, il quale non ha nient’altro da fare che obbedirci ciecamente. Infatti, quantunque noi siamo infinitamente poca cosa al cospetto del sommo sacerdote del Lama, tuttavia siamo infinitamente importanti, grandi e potenti con la nostra volontà al cospetto del popolo! Una parola pronunciata dalla nostra bocca è per un individuo del popolo come una legge immutabile, perché il popolo sa bene che la nostra parola e quella del Lama sono una cosa sola!”

10. Io dopo gli domandai se il Lama enunciava qualche volta i motivi per i quali veniva prescritto a carico di un individuo un atto di penitenza tanto atrocemente crudele, ed il sacerdote mi rispose nuovamente con tutta gentilezza e con la massima umiltà di questo mondo: “Ma forse che il Lama annuncia a qualcuno il come, il quando e il perché gli manda una qualche dolorosissima malattia? Il Lama è supremamente saggio, onnipotente e giusto. Egli fa ciò che vuole e non domanda consiglio a nessuno, ed il giudizio degli uomini è un abominio ai suoi occhi! Ora chi mai può opporsi alla volontà del Lama che è onnipotente? Sarebbe la cosa più orribile tra le orribili e la più spaventosa fra le spaventose suscitare la sua ira! Quindi, per gli uomini che vivono su questo mondo, sul quale tutto va incontro ad una fine, è quanto mai più salutare affrontare qualsiasi martirio che non ardere per l’eternità entro il tremendo fuoco dell’ira del Lama nell’altro mondo!”

11. Allora a quel cortese individuo, il quale poteva assistere per anni ed anni, con la massima e apparentemente piissima placidità d’animo, allo spettacolo orrendo di cento penitenti intenti a martoriare e ad uccidere nella maniera più insopportabile la propria carne per restare ligi alla cosiddetta volontà del Lama loro annunciata, io domandai perché fra i penitenti non si trovasse alcuna giovane donna, né meno ancora una ragazza e neppure un sacerdote. Infatti non si vedeva che gente d’età avanzata, per lo più dei mori e delle donne vecchie di solito molto brutte! Ma a questa mia domanda il pio sacerdote si limitò a rispondere: “O mio caro straniero, smanioso di conoscere tutto! Ogni spiegazione è contenuta in queste parole: ‘È il Lama che vuole così!’. Quando si sa questo, ogni altra domanda è superflua!”».

 

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Cap. 28

La gestione del sacerdozio in India.

 

1. (Roclus:) «Questa risposta diede sui nervi a me, cittadino romano, e perciò gli chiesi: “Amico, una risposta simile me l’avresti data anche se io, alla testa di dieci volte centomila uomini e con la faccia più seria di questo mondo, ti avessi fatto questa mia domanda facendone una questione di vita o di morte e ti avessi ordinato di esonerare immediatamente da ogni penitenza questi miseri fauni?”. A queste mie parole l’uomo pio rimase alquanto sorpreso, mi guardò con occhio interrogatore e parve studiare molto ciò che avrebbe dovuto rispondermi.

2. Io però, facendo un’espressione assai seria, gli dissi: “Hai proprio ragione di guardarmi bene; così potrai riconoscermi tanto prima e con tanta maggiore facilità quando io, più tardi, a capo di un esercito bene agguerrito, verrò qui, attaccherò e distruggerò la perversa e solida cittadella del vostro crudelissimo dio e del suo sommo sacerdote!”. Allora quel pastore d’anime, prima tanto gentile, parve voler raccogliere tutte le sue energie, assunse un’espressione infuriata e mi rispose: “Oh, pazzo mortale che sei! Tu arriverai a distruggere prima la Luna che non l’incrollabile castello del Lama! Ma dov’è dunque il tuo esercito?”

3. Dissi io: “Non sarà a te che verrò a raccontarlo; ti dico però che basta un mio cenno, e tu, malvagio individuo, arriverai a sapere sempre abbastanza per tempo dove è raccolto il mio esercito! E ti dico ancora che, se ti rifiuti di darmi delle spiegazioni assolutamente veritiere riguardo al Lama e al suo sommo sacerdote ed ai rapporti che esistono fra costui e voi, e riguardo alle ragioni di questo ignominiosissimo maltrattamento del prossimo, io ti faccio prendere e tormentare per venti anni di seguito con tutte le raffinatezze che la mia fantasia potrà escogitare, affinché tu pure abbia ad assaggiare le sensazioni che devono provare questi sciagurati penitenti nel sottostare a simili torture e martiri che non hanno nome!”.

4. Allora l’uomo pio si accorse che con me non conveniva scherzare, e cominciò, anche se era evidente che lo faceva malvolentieri, a spiattellare la verità, sempre tuttavia premettendo e pregando che gli venisse poi concesso di venirsene via con me, altrimenti egli non sarebbe stato più sicuro della sua pelle. Io acconsentii ed egli subito iniziò a vuotare il sacco e disse:

5. “Da noi esiste pure una Scrittura la quale proviene dai primi padri di questa Terra; a quanto si dice, quest’opera eseguita per comandamento del supremo Dio, il cui vero Nome soltanto il sommo sacerdote conosce, sarebbe dovuta a certi Kienan, Jared e Henoch. Nel grande ed universale ‘Libro di tutti i libri’ dovrebbero essere comprese pure delle ampie narrazioni di Nohai e di Mihihal; tuttavia noi non ne conosciamo per niente il contenuto, né ci è lecito mai di gettarvi l’occhio, dato che per un crimine di questo genere è comminata la pena di morte fra i tormenti più atroci.

6. E nessuno di noi, sacerdoti di grado inferiore, ha mai visto il Lama! Possiamo già chiamarci più che fortunati se in tutto il tempo della nostra vita riusciamo a vedere una volta soltanto il gran sacerdote del Lama. Di vedere il Lama in persona poi, non c’è nemmeno da parlarne! Il gran sacerdote è a conoscenza delle condizioni in cui si svolge la vita di tutti i suoi sudditi e di tutti i principi che gli sono sottoposti, e che egli tratta come un padrone tratta i suoi servitori. Essi devono prestargli obbedienza in tutto ciò che vuole, altrimenti basta una sola parola rivolta ai suoi popoli che credono ciecamente e fermissimamente in lui e che soltanto da lui si aspettano ogni bene oppure ogni male, e questi si rivoltano, e con la più grande gioia di questo mondo ammazzano tutti i principi, perché così essi ritengono di rendersi degni del compiacimento altissimo del Lama. Questa cosa i principi la sanno molto bene, e quindi per il proprio interesse rendono tutti gli onori possibili ed immaginabili al gran sacerdote, gli fanno annualmente l’offerta di grandi somme in oro ed argento, e per di più aumentano le sue ricchezze con il dono di bellissime greggi.

7. Se egli prescrive all’uno o all’altro una penitenza corporale dalla quale nemmeno un principe va esente, allora i principi possono ottenere il riscatto o mediante un cospicuo contributo in oro, pietre preziose e perle, oppure possono umilmente chiedere la concessione che un’altra persona, sempre che sia di provata devozione e alla quale non sia stata mai imposta un’espiazione, si assuma essa stessa, per conto di un principe, il compimento dell’atto di penitenza che in questo caso viene riconosciuto valido come se fosse compiuto dal principe stesso; ma naturalmente bisogna che questa terza persona sia d’accordo, perché una cosa simile è rimessa pienamente alla libera volontà del pio sostituto, come pure è a lui che spetta lo stabilire l’entità del compenso di sostituzione del penitente, compenso che in tali occasioni non viene fissato mai ad un livello troppo basso. Infatti, i pii sostituti di questa specie si danno cura di prendere già prima sicuro consiglio dai promulgatori delle penitenze, e possono convertire l’eventuale penitenza corporale, molto dolorosa ed inflitta ad un principe, in una più lieve a libera scelta, la quale da parte del gran sacerdote del Lama viene accettata come valida per conto del principe purché questi abbia pagato al penitente suo sostituto una somma sufficientemente considerevole, della quale il sostituto, chiunque egli sia, è tenuto a cedere i due terzi a noi sacerdoti.

8. In generale, per quanto riguarda la prescrizione delle penitenze vige la norma, tenuta sempre segreta, che le penitenze vengano inflitte ai poveri soltanto rarissime volte, e anche se talora ciò avviene, la penitenza è sempre di carattere estremamente lieve. Le penitenze gravi e dolorose vengono di solito prescritte solamente ai ricchi e facoltosi, i quali possono ottenere il riscatto, purché lo vogliano, sia parzialmente, sia totalmente; accade raramente però che qualcuno si riscatti del tutto, ad eccezione dei principi, per la ragione che il riscatto totale lo priverebbe di tutto quanto possiede. Così avviene che l’avaro compie volontariamente la penitenza e si infligge da sé i più atroci martiri piuttosto che separarsi dal proprio oro ed argento. Se colui al quale è stata prescritta una penitenza ha eventualmente una figlia molto bella, oppure un figlio di bell’aspetto e ben fatto, egli li può offrire al gran sacerdote in sostituzione dell’oro e dell’argento, certo però non senza l’accompagnamento di una piccola dote e di un ricco corredo di vesti e ornamenti, poiché anche le offerte di questo genere il gran sacerdote ed i suoi innumerevoli servitori le può mettere a profitto bene e le può impiegare per ogni tipo di servizi. Infatti egli per la sua persona possiede un territorio immenso per lo più sugli altipiani e sulle montagne, il quale ha un’estensione tale che un uomo dovrebbe viaggiare per degli anni per poter dire di aver visto tutti i paesi che sono di proprietà del gran sacerdote in seguito a donazione del Lama”.

 

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Cap. 29

La residenza del gran sacerdote del Lama.

 

1. (Continua il sacerdote:) “La città nella quale egli risiede, non ha nome, è molto grande ed è così solida da sfidare l’eternità. È completamente circondata da montagne altissime e invalicabili, ed è costruita anch’essa su un alto monte sulle cui pareti rocciose certo a nessuno verrebbe in mente di tentare l’arrampicata anche se riuscisse ad avvicinarsi al monte che ha la base molto ampia. Ma anche questo è un’impossibilità assoluta per il fatto che tutto il monte, sul quale è costruita la città senza nome, è protetto tutt’intorno da un triplice muro di cinta, dove non c’è in nessun luogo una porta; sulla muraglia non si può arrivare se non mediante delle scale di corda che vengono calate giù.

2. Ma anche quando si sono oltrepassate con successo le tre poderose mura, cisi trova sempre di fronte alle nude pareti rocciose della montagna. Si può poi anche, per una buona mezza giornata e girando intorno al monte, cercare con diligenza un possibile accesso, ma ogni ricerca riesce vana, perché l’accesso non è visibile all’esterno. Soltanto i custodi del terzo muro di cinta conoscono una porta nascosta in un punto della roccia, ma anche a questa non si può pervenire che per mezzo di una scala di corda che viene calata giù. Ed arrivati che si sia sulla sporgenza della rupe, che si trova a buone dodici altezze d’uomo dal livello dell’altipiano, non si è arrivati ancora a nulla se i guardiani della sporgenza stessa, che lassù misura in superficie buoni due iugeri, non aprono la porta a chi vuole entrare e non lo guidano attraverso un lungo corridoio sotterraneo fino in cima alla montagna illuminando il cammino per mezzo di una fiaccola.

3. Ma quando, dopo un’ora abbondante di percorso sotterraneo, colui che vuole entrare giunge all’aperto sulla sommità della montagna, egli non può mai finire di contemplare le magnificenze naturali grandiose che si offrono alla sua vista. Lo spiazzo lassù ha la vastità di parecchie centinaia di iugeri ed è tutto coltivato a giardini dalla vegetazione più lussureggiante. Nel mezzo di quell’altopiano si trova pure un lago ampio circa due iugeri, il quale in effetti non è molto profondo, però contiene l’acqua più pura e dal più buon sapore che si possa immaginare, e che provvede in maniera eccellente del suo elemento indispensabile tutta la popolazione della grande e santissima città di montagna.

4. Su quell’altopiano si può poi girare per delle ore senza scoprire traccia alcuna di una qualche città. Se si vuole arrivare a questa, è necessario prima attraversare un bosco discretamente esteso, passato il quale ci si trova nuovamente davanti ad un muro di cinta di grande estensione che si può però oltrepassare attraversando delle porte e dei ponti levatoi. Ma quando poi, dopo molte fatiche e disagi, si arriva alla grande città, allora lo spettacolo che si offre alla vista è talmente grandioso che nessun mortale è capace di farsene un’idea. Là si può vedere tutto tranne il palazzo del gran sacerdote.

5. Questo sorge nel mezzo della grande città su di un picco roccioso ancora più alto che ha un’estensione di buoni tremila passi, che si erge per circa trenta altezze d’uomo ancora oltre agli altri edifici della gran città. A questo santissimo palazzo si sale pure passando per delle scalinate sotterranee. Come però si presentino là dentro le cose, non te lo posso dire, in primo luogo perché io non ci sono mai stato, e in secondo luogo perché nessuno me ne ha mai fatto una descrizione. Infatti, all’infuori degli altissimi servitori del gran sacerdote a nessuno è mai concesso, pena la morte, nemmeno di avvicinarsi alla porta d’ingresso.

6. Pare pure che talvolta il gran sacerdote scenda travestito in città, che vi faccia delle passeggiate nei giardini e che parli con gli altri sacerdoti che sono i soli abitanti di quella città; tuttavia a nessuno è lecito riconoscerlo o addirittura salutarlo come gran sacerdote. Chi fra i sacerdoti osasse questo, si esporrebbe alle più spiacevoli conseguenze. Solamente quattro volte all’anno è stabilito un giorno nel quale egli si mostra in pompa magna agli abitanti della città. Queste giornate poi corrispondono anche alle più importanti feste dell’anno; per tre notti prima e tre notti dopo tutto il monte è illuminato da innumerevoli luci, in maniera tale che le montagne tutte all’intorno appaiono come infuocate, ciò che offre alla vista uno spettacolo terribilmente bello.

7. Però a questo altipiano, nel cui mezzo sorge il monte ora descritto con la sacra città, non si giunge con quella facilità che tu forse potresti immaginare, perché prima, e per delle giornate intere, bisogna attraversare molte montagne, valli, fossati e gole; infine si perviene ad un passaggio tanto angusto che probabilmente un secondo simile non lo si trova in tutto questo mondo! Ma poi, per arrivare all’altipiano, occorre ricorrere a delle scale senza le quali sarebbe impossibile salire fin lassù. Ma in queste condizioni tu con tutta la tua potenza non riusciresti a muovere nemmeno un passo innanzi, perché simili fortificazioni naturali sono imprendibili per qualsiasi esercito di questa Terra, né ricorrendo all’assedio, né ad altri mezzi violenti. Tu puoi pure tagliare per un certo tempo le comunicazioni fra i popoli e il loro gran sacerdote del Lama, ma non potrai mai distogliere da lui il loro animo; e quanto al resto ci penseranno i suoi potenti principi dei quali ciascuno potrà opporti un esercito doppio del tuo. Io per conseguenza non mi sento di consigliarti di intraprendere una guerra contro il grande paese dell’India, perché essa finirebbe con il darti dei pessimi risultati”. (Roclus:) E detto ciò, il sacerdote tacque lasciandomi tutto il tempo possibile per fare le mie considerazioni. Dunque, che pure il dio degli indiani non fosse che un uomo, e che come tale avesse saputo consolidarsi molto bene al suo posto, fu quello che risultò dalle mie indagini, ed ora sapevo quello che io avevo voluto sapere».

 

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Cap. 30

Roclus critica la dottrina religiosa indiana ed ebraica.

 

1. (Roclus:) «Io prima ho affermato che è da annoverarsi fra le più belle e degne dell’uomo l’idea umana di un Dio unico al Quale dall’eternità, e sempre in maniera uguale, sono propri la massima Intelligenza, il più chiaro Intelletto, la Sapienza suprema ed una onnipotente Volontà ispirata al bene. Ma il concetto di una Entità divina dotata di tanta immensa perfezione dovrebbe anche essere, adeguatamente a tale Entità, un concetto sommamente puro, sia che esso abbia una realtà nel più spirituale dei contesti trascendentali, sia che non ce l’abbia! Invece, sotto quali stupidissimi e materialissimi concetti di ogni genere viene professata una tale Entità divina, e con quale multiforme astuzia e spesso crudelissima violenza Essa viene imposta agli altri ancora semplici uomini naturali per l’adorazione e la più profonda venerazione!

2. Se qualcuno, a cui non è estraneo il pensare e che non è digiuno di qualche esperienza, si ribella a ciò, il senso pratico può suggerirgli certo questo pensiero: “Un Dio ci deve essere, indifferente poi che faccia abbia, se una faccia degna di un Dio oppure una stupida da buffone, questo per l’umanità cieca non ha in generale mai fatto differenza! Ma può invece essere indifferente anche di fronte ad una ragione equilibrata e pura?”. Io per parte mia penso di no, perché una ragione pura basata su di un ordine matematicamente esatto non può, malgrado ogni costrizione, credere che un Maestro di questo tipo - del Quale le opere ispirate ad arte ed ordine perfetti testimoniano di quante conoscenze e meravigliosissime esperienze Egli sia dovuto essere in possesso per compierle - possa essere stato molto più idiota del più stupido pesce nell’acqua!

3. Ma si potrà dire forse: “Da che cosa puoi arguire che una Divinità profondamente venerata da milioni di esseri umani debba essere proprio così terribilmente scimunita?”. Oh, mio nobile amico, per arrivare ad una simile conclusione non ci vuole davvero molto! Io parlo ora del tutto apertamente, e quello che ho nel cuore l’ho pure sulle labbra. Basta che passiamo in rassegna i comandamenti delle divinità a noi note e che ne consideriamo le raffigurazioni visibili a noi soli, e ne avremo allora più che abbastanza! E a tale proposito non occorre assolutamente sprecare altro fiato»

4. A questo punto Cirenio osserva: «Però, contro il mosaismo degli ebrei si spera che non avrai nulla da obiettare!»

5. Dice Roclus: «Questo, per quanto riguarda i Comandamenti, è comunque quello che di più buono io abbia potuto constatare che esiste, per quanto si vuole che esso sia proveniente da una Divinità. L’unicità di Dio ha in sé un grande valore, e le leggi, per quanto non esaurienti, sono le più umane possibili ed hanno una grande somiglianza con quelle degli antichi egiziani; soltanto che non vi figura ripetuta una legge immensamente saggia che vigeva presso quest’ultimi! Certo, è molto bello e lodevole che la Divinità di Mosè abbia dato ai figli il comandamento che prescrive come essi debbano comportarsi verso i loro genitori; l’Iside degli egiziani aveva dato una legge veramente saggia anche ai genitori su come essi dovevano comportarsi con i loro figli, poiché anche i figli sono degli esseri umani, ed hanno il pieno diritto di attendersi da coloro che li hanno generati certe cose che competono a loro, giacché essi non si sono generati da soli a questo mondo, né sono stati prima interpellati se sarebbe o no piaciuto loro venire posti su questo mondo in condizioni spesso molto amare. Dunque, per farla breve, le piccole e deboli primizie del genere umano trovano pure in Mosè una legge concernente il loro contegno verso i genitori; ma quest’ultimi non hanno alcun comandamento per quanto concerne i loro doveri verso i figli, così che i figli stanno di fronte ai genitori senza avere alcun diritto come gli schiavi di fronte ai loro padroni. Certo, a Mosè più tardi furono date disposizioni anche sotto questo aspetto, ma ad ogni modo nella legge originaria che sarebbe stata data da Dio sul monte, di qualcosa di simile non c’è assolutamente traccia».

 

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Cap. 31

Roclus loda l’ateismo e il nichilismo.

 

1. (Roclus:) «Io ho avuto frequentissimi contatti con gli ebrei, e conosco tutte le loro leggi forse più a fondo di molti di loro, perché m’interessava di averne la nozione più esatta possibile. Ora un antico proverbio dice pure: “Chi cerca, trova!”, sennonché nei miei confronti questo proverbio non ha finora trovato conferma, dato che io ho trovato sempre soltanto quello che non cercavo. Io sono andato in cerca della Divinità vera e genuina, anzi l’ho cercata con molta diligenza e con molti sacrifici di denaro, con fatiche e strapazzi di ogni genere, e sempre con spirito ed intelletto tranquilli e sgombri da qualsiasi pregiudizio, ma non ho trovato mai niente all’infuori di produzioni ingannevoli di ogni qualità e di ogni specie ad opera dell’uomo, dalle quali non è trapelato mai neppure un solo barlume di una qualche vera Divinità. Dappertutto io ho trovato nel migliore dei casi o una fede patriarcale imposta d’autorità, però sempre avvolta in un intero bosco di enunciazioni mistiche, oppure, nel peggiore dei casi, la più frivola superstizione, ovvero anche, nel caso davvero pessimo, la fede più stolta basata sulla costrizione politico-servile, sotto il cui giogo, infine, perfino lo spirito per natura dotato delle più lucide facoltà non trova più possibile mantenersi sopra il livello del fango della stoltezza più rozza. Un tale non potrà fare a meno di apparirvi come un ipocrita e un essere mostruoso, conscio della propria vergognosa condizione, perché io non conosco attentato più orribile e sconcio contro l’alta dignità di uno spirito umano di quello, per esempio, di un potente tiranno il quale, grazie ad una legge sanzionata, obbligasse a credere che di giorno splende soltanto la Luna, e che è questa la creatrice del giorno, e che di notte splende invece il Sole; e che a chi non credesse, dovessero venire tolti gli occhi, tagliati il naso e le orecchie e strappata la lingua dalla bocca. Questo sarebbe il primo grado della pena per la mancanza di fede.

2. Se un uomo così mutilato non crede ancora in quello che gli viene imposto di credere, allora l’infedele viene disteso completamente nudo su due travi di legno greggio disposti in croce e vi viene, dico, inchiodato per le mani e per i piedi; poi gli si pratica un taglio pure a croce, sul ventre, ed infine si fanno venire dei cani affamati i quali strappano fuori del corpo e divorano gli intestini e le viscere dell’infedele che è ancora vivo nel suo corpo! Colui al quale ripugnasse di credere simili cose, non ha che da fare un viaggio in India, ed egli si convincerà non solo di questo, ma perfino di cose mille volte più orrende che la gente è costretta a praticare contro se stessa; e se qualcuno si rifiutasse di sottomettersi da se stesso ai più orribili martiri di penitenza, allora guai, guai a lui! Contro costui vengono fatti mille giuramenti di morte, naturalmente di morte crudelissima e disperatamente atroce! Orbene, o amico mio, come mai è possibile che dietro a tutto ciò si tenga nascosta una qualche Divinità supremamente buona, sapiente, giusta ed onnipotente? Ma se anche fossi pazzo dieci volte, non mi sarebbe possibile prendere tutto questo per buono!

3. Per carità dunque, non tirate fuori le vostre divinità! Gli uomini non hanno affatto bisogno, per l’eternità, di un Dio; quello di cui loro hanno invece bisogno è una vera filosofia ispirata a concetti filantropici, ed un sentimento di umanità fondato sui principi di una sana ragione, e così si rendono essi stessi delle compiute e perfette divinità. Grazie alla ragione pura e allo spirito di indagine che si ridesta con essa, gli uomini dalla vista acuta e dalla sottile percezione scopriranno ben presto molti ed importanti misteri della grande creatrice, la Natura, e scopriranno cose meravigliose delle quali a nessuno di noi è venuta mai l’idea, nemmeno in sogno. Gli uomini vivranno perfettamente felici l’uno in rapporto con l’altro senza le antiche e stupidissime divinità, e la morte fisica, dietro la quale non vedranno né si attenderanno nella loro pura fantasia né un Elisio, né ancor meno un qualche assurdo Tartaro, incuterà certo loro un timore molto minore che non ora, quando cioè, dopo la deposizione del corpo, giunge il vero momento nel quale essi devono aspettarsi la calamità più tremenda che dura in eterno.

4. Io non sono esistito per delle eternità, ma provo forse io un senso di infelicità per non essere esistito prima? E così, anzi meno ancora, si desterà in me un fastidioso senso di afflizione per questa pazza esistenza quando ritornerò nello stato dell’assoluto non-essere. Io considero il perfetto non-essere come lo stato più beato nel quale possa venire a trovarsi un uomo dopo essere esistito; la coscienza di esistere, anche nelle condizioni più felici, è in sé e di per sé da stimarsi già una cosa peggiore, perché la percezione del vivere felice non può andare disgiunta dal timore che la beata esistenza possa con molta facilità invertirsi e diventare un’esistenza infelice, oppure da quello causato dalla percezione che lo stato beatissimo di cui si gode deve un giorno evidentemente con tutta certezza svanire con la morte.

5. L’assoluto non-esistere non deve rallegrarsi della felicità né deve soffrire in anticipo per la perdita certa della felicità. Un vero filosofo della mia specie non temerà quindi mai una morte che proviene dalla natura, bensì quella invece tormentosa che viene dagli uomini! Infatti, la cara Natura non ha certo prodotto l’uomo formandolo con una qualche sostanza tratta fuori dall’humus della sua Terra affinché egli si lasci tormentare a morte dal proprio simile! Per concludere dirò che nell’operare della Natura io scorgo molte cose sagge, quantunque non ritenga incondizionatamente savissima ed opportunissima ogni azione della rozza forza naturale; sennonché sotto questo aspetto non sarò mai io a sollevare lamentele».

 

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Cap. 32

La filosofia naturale di Roclus.

 

1. (Roclus:) «Le forze rozze e potentissime della natura non possono agire altrimenti che in una maniera quanto mai rozza, e l’agire in questa forma è pure una necessità, perché la loro azione furiosa chiama in vita le piccole forze, e queste ultime assumono una qualche forma solo dopo che esse in un certo modo sono state chiamate alla vita attraverso il potentissimo agire delle grandi forze rozze. Soltanto grazie alla reciproca attrazione e repulsione le forze minori acquistano consistenza e cominciano a sviluppare le forme assunte; così esse entrano in una esistenza sensibile e la mantengono finché nella loro isolata individualità sono in grado di resistere ad una qualche altra forza poderosa, agente su di esse. Quando questa ha sopraffatto la forza minore, allora la piccola forza individualizzata cessa completamente di esistere; la forma avuta si dissolve immediatamente con essa, e tutto poi viene di nuovo inghiottito dalla forza superiore come lo dimostra in modo molto appropriato anche l’immagine metaforica, dovuta certo a qualche sapiente dei tempi antichi, del dio Crono, del quale si dice che, quale genitore degli dèi, continui a inghiottire i propri figli. Ora il tempo e le forze che agiscono nel tempo significano appunto il mitico dio primordiale Crono. Il tempo produce tutto; crea continuamente i bei prati e contemporaneamente anche le aride stoppie. Divenire e svanire, vita e morte, essere e non-essere procedono sempre assieme e di pari passo; pace e riposo non esistono, un’onda produce l’altra, ma tra le due procede sempre assieme con loro anche il solco, cioè la tomba! Ciò che da una parte porta il marchio della vita, dalla parte contraria porta anche quello della morte.

2. Però tutto questo all’occhio dell’osservatore attento delle cose che va scrutando come esse sorgono e come svaniscono, risulta essere una necessaria conseguenza della continua azione reciproca tra le varie forze singole e come individualizzate nella grande Natura. Esse si suscitano incessantemente e reciprocamente, e si distruggono nuovamente lottando, così come lottando si sono chiamate all’esistenza. Dappertutto io non vedo altro che un continuo ondeggiare, e le formazioni talvolta favolose delle nubi che si librano nelle alte zone dell’atmosfera ci forniscono una prova evidentissima delle forme immensamente variate entro le quali si costringono le forze in seguito alla loro azione reciproca. Ora appare un leone, ora un drago, ora un uccello, un pesce, un cane, talvolta perfino una testa umana, a volte addirittura la caricatura di un’intera figura umana. Ma quanto tempo durano queste forme che spesso si presentano molto bene? Esse durano finché una forza superiore che agisce su di esse non viene a privarle anzitutto della bella forma, e poi infine della loro stessa esistenza.

3. Ma riguardo alla nostra forma e alla nostra esistenza le cose vanno forse in maniera molto differente? Oh, niente affatto! Quanti cambiamenti non si operano mai nell’uomo dal tempo della nascita fino a quello della sua vecchiaia, ammesso che vi possa arrivare! E dov’è oggi il superbo che mille anni fa si proponeva di conquistare forse tutto il mondo? Ecco, egli si trova là dove il fiocco di neve disceso dall’alto si affaticava, forse assieme ai milioni di suoi confratelli, a convertire tutta la Terra in un blocco di ghiaccio! Dov’è l’uragano che ieri era ostacolato dai più robusti cedri e che li minacciava di completa distruzione? Una forza contraria ancora più potente lo ha inghiottito come ha fatto Crono con i suoi figli! Solo nei nostri ricordi esso esiste ancora, ma sempre temporaneamente, come una pallidissima ombra spirituale, mentre nella realtà esso ha cessato di infuriare per tutta l’eternità!

4. Una volta mentre io viaggiavo per la Persia, fui testimone di un fenomeno naturale quanto mai straordinario. Era una giornata torridissima, al punto che la nostra carovana dovette cercare ricovero sotto dei grandi alberi ombrosi per difendersi dall’intollerabile ardore del Sole. Circa due ore prima del tramonto vedemmo levarsi da Oriente un cumulo di nubi nerissime che si dirigevano proprio verso di noi. Le nostre guide allora ci fecero notare che stava per scoppiare una terribile bufera e ci consigliarono di non allontanarci dal bosco finché l’uragano non si fosse dileguato. Noi allora ci disponemmo a fare così, e infatti non era passata mezz’ora che l’uragano si scatenò sui nostri capi; un vento di estrema violenza parve precipitarsi tra gli alberi suscitando un fragore d’inferno, schiantando grossissimi rami e strappando via il misero fogliame. Poi cominciò a piovere, ma non troppo forte; tuttavia l’oscurità andava accentuandosi sempre più. Dato che la pioggia durò alcuni istanti, assieme alle gocce della pioggia che andava sempre aumentando si videro cadere giù dalle nubi milioni di rospi perfettamente formati. Quelli che caddero nell’acqua cominciarono a sguazzare allegramente da tutte le parti, mentre pochi altri, piombati sulla dura terra, di lì a poco cessarono di vivere. Lo strano fu che pochi istanti dopo quel singolare uragano durato un buon quarto d’ora, quando il Sole già vicino al tramonto riprese a mandare i suoi raggi ardenti sul terreno, anche i nostri rospi sparirono, e di questi non rimase altro qua e là che una viscida muffa.

5. E adesso io mi domando da dove poteva essere venuta quella quantità innumerevole di rospi e chi poteva averli formati così? Chi altro se non le forze naturali le quali si erano scontrate in quel modo, in seguito al quale per l’azione e la reazione delle forze stesse dovevano sorgere precisamente dei rospi! Quelli che caddero nell’acqua trovarono probabilmente nel loro elemento principale un nutrimento che si confaceva a loro, ed è possibile che molti di essi siano rimasti in vita, mentre quelli che caddero sul terreno rovente si trovarono invece di fronte ad un elemento nemico al loro essere ed a forze a loro profondamente avverse, e la conseguenza fu la completa dissoluzione della loro esistenza, ancora troppo poco consolidatasi perché erano esistiti per troppo poco tempo. Come lo si può rilevare da moltissimi fenomeni, la Natura opera sempre ciecamente e senza considerazioni di economia; essa dell’una o dell’altra specie di cose ne produce sempre in quantità così smisurata che di solito a mala pena la centesima parte giunge a consolidarsi e a crearsi un’esistenza durevole. Basta considerare un albero il quale in primavera si veste di fiori! Chi mai vorrebbe o potrebbe mettersi a contare i mille e mille fiori che lo abbelliscono? Ma si vada poi ad esaminare il terreno intorno all’albero anche solo a otto giorni dalla completa fioritura, e si vedranno in grande quantità i fiori già caduti assieme ai loro gambi, ma poi ne consegue che ciò che è stato aggiunto in quantità troppo grande cade giù lasciando invece a maturare completamente quello che è rimasto attaccato all’albero».

 

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Cap. 33

Il Dio dei filosofi naturali.

 

1. (Roclus:) «Dunque, se il creatore dell’albero ed il regolatore dello sviluppo del fiore e del frutto fosse davvero un qualche Dio supremamente sapiente, egli adotterebbe senza dubbio sotto questo aspetto dei sistemi più economici, dato che una saggia economia rientra essa pure nella sfera della sapienza! Ma dal manifestarsi iniziale delle cose, invece, che spessissimo è quanto mai antieconomico, si rende più che evidente che le cose derivanti dall’ostile scontro reciproco delle rozze forze naturali - scontro che per lo più si ripete sempre nella stessa maniera - iniziano bensì molto numerose ma poi di esse ne giunge a compimento solo quel numero che corrisponde alla misura in cui le forze in lotta non si sono reciprocamente annullate, perché con tale annientamento viene a cessare la causa agente del divenire e del conservarsi, e con essa necessariamente anche l’opera stessa. Ma finché la lotta cominciata ferve e dura ancora, anche l’opera continuerà ad esistere e a prosperare, e arriverà ad un certo grado di maturità.

2. Ora, una Divinità, chiarissimamente conscia di Se stessa e di ciascuna propria azione e dotata di tutta la più tenace fermezza di volere, potrebbe procedere in una maniera simile? Io, per conto mio, dico di no; anzi devo ritenere una cosa di questa specie molto più impossibile del fatto di dovermi immaginare un saggissimo sovrano il quale facesse costruire, con la massima diligenza e con grave dispendio di soldi, città e palazzi per poi ridurli di nuovo ad un cumulo di macerie, e intendesse mantenersi fedele ad un tale sistema! Potrebbe allora trovarsi su questa Terra una persona, per quanto stolta, disposta ad onorare del titolo di saggio un sovrano di questa specie? E l’uomo che pensa e che non è privo di esperienze dovrebbe forse adesso chiamare saggio un Dio il quale fa la stessa cosa in misura ancora più vasta e complicata, e che chiama ad esistere la maggior parte delle cose dalla costituzione organica interiore perfetta all’unico scopo di lasciarle ripiombare nella rovina e nel nulla? No davvero, questo io lascio che lo pensi chi nella propria immensa limitatezza di conoscenza e di esperienza e nella propria incurabile cecità lo può pensare, perché a me ciò non riesce assolutamente possibile!

3. Per il Dio dotato di suprema sapienza due e due devono senz’altro fare quattro come per qualsiasi uomo che sappia fare un po’ di conto; se un qualche Dio esistente venisse fuori a dire: “O uomo mio caro, per me due più due fanno cinque, od anche sette!”, ebbene, io a quel Dio non potrei rispondere altro che: “O tu sei un pazzo, oppure ti piace considerare pazzo me, perché sulla base di una simile matematica è difficile che tu possa creare e conservare tutto un mondo! Ci riuscirà prima un cieco a diventare il più famoso pittore che non tu a fare sbucare fuori dal terreno un solo pessimo fungo con una sapienza di questo tipo!”. Da noi, greci, ci fu un pittore che si chiamava Apelle e che dipingeva uomini e animali in maniera talmente naturale che si sarebbe potuto asserire che egli avesse superato la stessa Natura. Orbene, è certo che questo famoso pittore non dava mai qualche pennellata inutile, ma ogni suo tratto era quanto mai ben calcolato; però quante pennellate non dà inutilmente un simile Dio che si vuole sia la sapienza stessa, presso il quale, per particolari ragioni assolutamente sagge, due e due possono anche fare sette!

4. Quante volte nella stagione primaverile tutto si presenta bello, colmo di buone promesse! La gente si rallegra nella previsione di un buon raccolto quale compenso di tutte le loro cure e delle loro fatiche, e già anticipatamente rende grazie all’Essere invisibile che essa, secondo la fede inculcatele fin dall’infanzia, venera come l’onnipotente Dio oppure come varie divinità assieme. Ma ecco che proprio due settimane prima del raccolto si scatena una tremenda tempesta che devasta tutto un paese, e alla buona gente non resta, del raccolto sperato, neanche quanto è possibile nascondere dietro ad un’unghia! Questo è purtroppo un fenomeno che a questo mondo, per quanto noi lo conosciamo, si ripete nei vari paesi certamente tutti gli anni, regolarmente, ora qua ed ora là.

5. Avvenuto il malanno, le pecore umane, cieche e superstiziose, si affrettano ad andare dai loro sacerdoti infinitamente avidi e domandano loro quale crimine possano aver commesso contro Dio o contro le diverse divinità, per averle queste o Quello trattate in maniera tanto aspra! In questo caso, se il popolo ha un modo di vivere contro cui i sacerdoti, questi legislatori di Dio per procura, sono proprio ben consci che non è possibile alcuna obiezione e che è assolutamente conforme alle leggi e alla volontà delle divinità, allora i sacerdoti stessi, facendo un’espressione benevola e compassionevole, cercano nel migliore dei modi di consolare le misere pecore, e con miti parole le esortano alla pazienza, spiegando loro anche con l’accento più commovente che Dio ha voluto unicamente, con tale avvenimento, mettere alla prova – in prospettiva della vita eterna dopo la morte del corpo – la loro pazienza, la forza della loro fede e la loro serena rassegnazione alla Sua Volontà!

6. In simili occasioni, agli ebrei che vengono a lamentarsi viene ricordata la famosa storia di Giobbe, tutta infarcita di misticismo, la quale, come favola, è senz’altro molto buona; per i pagani, invece, i rispettivi libri di religione non sono affatto privi di aneddoti di tale specie che mirano a combattere la malinconia dei miseri popoli. Munita di simili consolazioni, la gente ritorna poi rappacificata a casa propria, quasi compiaciuta, e si abbandona interamente alla speranza di tempi migliori e che Dio non la lascerà andare in rovina proprio del tutto!».

 

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Cap. 34

Roclus paragona le azioni degli uomini con quelle di Dio.

 

1. (Roclus:) «Io però mi permetto qui una semplice domanda, e cioè: “Come si comporterebbero i tribunali di questo mondo di fronte a un tale che, con l’aiuto di altri compagni dello stesso calibro, si concedesse il passatempo, venuta la notte, di devastare per quanto possibile i campi benedetti soltanto in un piccolo circondario?”. Per me credo che un simile furfante malintenzionato, qualora cadesse in mano ai romani, verrebbe crocifisso almeno dieci volte, oppure, dopo un eventuale esame da parte dei medici, verrebbe relegato per tutta la vita in un manicomio. Invece un Dio, per le stesse ragioni, addirittura lo si adora e lo si reputa infinitamente sapiente! Non c’è male davvero, purché, naturalmente, ci si senta contenti! Infatti, la suprema sapienza degli dèi gode dell’incontestabile privilegio di sbizzarrirsi nei più pazzi scherzi in ogni luogo della Creazione! Essi possono rapinare a loro capriccio, assassinare e devastare, e nessuno si sognerà nemmeno di pensare che si tratti di un perfido e pazzo scherzo da parte degli dèi. Tuttavia alla gente superstiziosa resta tanto coraggio da pensare che, in fondo, la devastazione dei campi di cui si è detto non era proprio qualcosa di buono, perché se ci fosse stato qualcosa di buono, quella buona e povera gente si sarebbe certo risparmiata la strada per andare a procacciarsi le consolazioni dei rappresentanti degli dèi.

2. Che cosa succede a chi appicca il fuoco alla casa del prossimo e con ciò provoca l’annientamento di tutto quanto in essa era contenuto, riducendo alla mendicità il cittadino benestante che prima ne era proprietario? A quanto ne so io l’incendiario deve finire sulla croce secondo la legge; ma quando invece il buon dio Giove scaglia un suo fulmine devastatore sulla dimora di qualcuno e con ciò fa distruggere dalle fiamme ogni suo avere, allora non è possibile immaginare che la cosa sia altrimenti se non supremamente buona e saggia! Guai a colui che non accettasse questa versione e non vi credesse fermissimamente! A costui il PONTIFEX MAXIMUS farebbe sentire l’ira di Giove in una maniera tale che al paragone l’incendio e la distruzione di una casa dovrebbe sembrare un immenso beneficio! Ma qui io mi prendo la libertà di domandare: “Se gli uomini che rappresentano il dio Giove reputano tanto saggio, tanto buono e giusto l’atto incendiario attribuito a Giove, perché essi una identica azione, se perpetrata da una creatura umana, la considerano invece tanto perfida e riprovevole da punirla, se lo trovano necessario, con la morte fra i più atroci tormenti?”

3. Io certamente giudico altrimenti e dico: “Ciò che è veramente buono e saggio, qualunque sia l’autore in causa, deve restare per l’eternità buono e saggio, e non si deve parlare di punizioni di sorta!”. Ma siccome su questa Terra gli astutissimi individui che rappresentano gli dèi sanno nel segreto delle loro menti altrettanto bene quanto noi, esseni bonaccioni, che gli dèi non esistono affatto, ma che invece esiste soltanto una forza naturale universale e primordiale, il cui operare è esclusivamente casuale, e che solo con l’andar del tempo e nelle sue ramificazioni infinitamente varie si articola in forme necessariamente più nobili, così i rappresentanti di Dio con il sussidio della loro fantasia hanno allegoricamente personificato la forza naturale come un Dio e l’hanno presentata, di solito sotto forma d’immagine, alla venerazione e adorazione del loro prossimo che di per sé non vi avrebbe mai pensato.

4. Naturalmente, il Dio fatto saltare fuori in questo modo, doveva dare qualche segno di vita e ciò, ben s’intende, agendo il più miracolosamente possibile! Ma una volta che il popolo si fosse accorto del Dio mediante molteplici atti prodigiosi, bisognava che presto esso si rassegnasse anche alle sue dure leggi; e guai al contravventore! Ma affinché l’umanità nel suo cieco e stolto timore del Dio miracoloso accettato senza possibilità di dubbio, non precipitasse nella più completa disperazione dopo un peccato molto facile da commettere, gli astuti rappresentanti della divinità hanno immaginato dei mezzi di riconciliazione con la divinità offesa, ed hanno perciò inventato sacrifici e altri tipi dolorosi di penitenza, con cui il peccatore può riacquistare l’amicizia del suo Dio offeso. E così dappertutto su questa cara Terra, accanto alle leggi civili, esistono anche altre leggi provenienti dall’una o dall’altra divinità, le quali sono costituite in modo tale che la persona più casta e più virtuosa sotto ogni riguardo vi deve contravvenire senz’altro almeno dieci volte al giorno, ed in conseguenza di ciò si rende più o meno indegna della grazia e del compiacimento del suo dio. Quindi, venuta la sera e prima che tramonti il Sole, deve purificarsi ricorrendo agli adeguati mezzi prescritti, altrimenti deve aspettarsi che da un momento all’altro le capiti fra capo e collo un malanno maggiore.

5. Io non posso, né voglio qualificare queste cose proprio come cattive, perché non guasta che l’umanità sia dotata di una coscienza sensibile, e certe abluzioni ed altri atti tendenti a mantenere pulito il corpo non hanno mai fatto del male a nessuno. Ma che non si venga a dire a me e agli altri che la pensano come me che tutto ciò corrisponde alla prescrizione di un dio che non esiste in nessun luogo! Io e con me tutti i miei compagni sappiamo quello che sappiamo, e nessuno può gridarci dietro che ci siamo dati da fare per avere proseliti; ma spero che così, in segreto e per nostro esclusivo conto, ci sarà ben permesso di non dovere prendere una H per una U! Noi non pesteremo mai i piedi a nessuno, poiché siamo tutti assieme amici dell’umanità; ma a nostra volta chiediamo di essere lasciati in pace. A che scopo i sacerdoti di Gerusalemme si tengono costantemente sul piede di guerra contro di noi esseni? Che essi rimangano quello che sono, e noi dal canto nostro pure, perché davanti al tribunale della ragione pura essi non sono per nulla migliori di noi, né noi, in fondo, siamo migliori di loro. Noi però non li malediciamo affatto, ma ci limitiamo a compiangerli a causa della loro grande cecità; ora, invece, chi dà a loro il diritto di maledire noi, che pure ci siamo imposti l’arduo compito di non giudicare e di non condannare mai nessuno, ma anzi di aiutare tutti con il consiglio e con l’azione?

6. Se anche noi compiamo dei falsi miracoli - dato che di genuini non ce ne sono mai stati - lo facciamo allo scopo di aiutare tanto più facilmente l’umanità cieca e che cieca vuole restare, considerato che non è più possibile portare aiuto per la via chiara, puramente umana. Ma di questo dovrebbero essere convinti anche loro, questi sacerdoti che si fanno chiamare “dottori della Legge” e che, come tali, dovrebbero essere pure in grado di conoscere cose simili! Essi dovrebbero fare causa comune con noi, lavorando in pieno accordo, e nel corso di pochi anni l’umanità si troverebbe in condizioni ben differenti da quelle attuali”.

 

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Cap. 35

Roclus indica il cuore come sede della vera Divinità.

 

1. (Roclus:) «Invece questi rappresentanti di Dio a Gerusalemme sono anzitutto stupidi come i gufi quando fa giorno, e poi sono voraci come tanti lupi, ambiziosi e gelosi come tanti galletti, e infine sono rozzi, incolti e intrattabili come porci selvatici! Perciò chi mai può vivere in pace e concordia con dei vicini di questa specie? Ma date tali circostanze, chi nel proprio giustificato sdegno non deve testimoniare contro di loro? Di fronte a questi rifiuti dell’umanità è necessario presentarsi ogni tanto con la pura verità alla mano, e mostrare a tutti gli uomini con buone intenzioni con che razza di infami cialtroni abbiano a che fare! Ma facendo ciò noi sicuramente non togliamo all’umanità nient’altro che la sua antica cecità!

2. Che questo, naturalmente, non riesca eccessivamente gradevole agli antichi rampolli d’Abramo, pietrificati nel cuore e nell’anima, si comprende benissimo da sé; ma noi non ne abbiamo davvero colpa, e sarebbe tempo che in questa vecchia stalla di Augia venisse fatta una pulizia radicale! Quei figuri vanno continuamente denigrandoci come atei e ci chiamano bestemmiatori del Santissimo! Ma dov’è il loro Dio che ci accusano di bestemmiare e che cos’è il loro Santissimo? È forse il Tempio, o la cortina che vi si trova dentro, o l’arca dell’alleanza mezza di ferro e mezza di legno con sopra la fiamma di nafta, oppure con la colonna di fumo dei tempi andati che certamente sarà stata un po’ più difficile da inscenarsi che non la fiamma di nafta? Oppure i giganteschi e cosiddetti cherubini sono forse incaricati di rappresentare il Santissimo? O tale incombenza spetta invece alla manna entro l’arca, alla verga di Aronne, alle antiche trombe fatte di corna di bue, allo squillare delle quali sono crollate le mura di Gerico, all’arpa d’oro e alla corona di Davide? Oppure infine alla cosiddetta sacra Scrittura che i farisei non leggono più, bensì adorano solamente? Per dirla breve, io desidererei vedere una buona volta in qualche altro luogo questo Dio degli ebrei e il suo Santissimo, o di percepirlo in qualcos’altro che non sia questo vecchio e insulso ciarpame dove non è possibile altro che di vedere e di percepire un artificio dovuto a mani d’uomo, secondo la foggia goffa e tipica dell’antico Egitto, e che è ancora più lontano da qualcosa di puramente divino di quanto lo sia l’azzurro del cielo dalla Terra! Ma se anche si bestemmia quello che è in sé un’antica e ignominiosa bugia, che cosa si fa veramente di male?

3. O si dovrebbe forse addirittura tessere gli elogi ad un simile vecchio e ammuffito sacco di menzogne soltanto per fare un piacere alla divinità degli ebrei, la quale, come il Giove dei romani, è una vescica perfettamente vuota? No, un onesto esseno non farà mai una cosa simile! Noi conosciamo un altro Santissimo, e questo è un cuore umano onesto e retto! Qui è la sede della vera Divinità! Ecco cosa ogni onesta persona, la quale voglia appartenere all’umanità, è tenuta a riconoscere in sé come pure nel prossimo! Se un uomo agisce così, egli onora la propria umana dignità anche nel proprio prossimo, ma se egli non fa così, dà di se stesso una ben misera testimonianza e si degrada al disotto dell’animale. Sì, è possibile che ci sia un Dio, ma l’uomo Lo può trovare solo nella vera profondità della vita del proprio cuore, e il Nome di questo vero Dio è “Amore”! Questa è l’unica vera Divinità, e all’infuori di questa non ce n’è in eterno nessun’altra in alcun altro luogo! Chi L’ha trovata con sicurezza, costui ha trovato il principio della vita, e con questo potrà poi trovare, forse, chissà, perfino una vita eternamente indistruttibile!

4. Si raccolga in sé l’amore mediante l’amore, e con ciò lo si renda sempre più potente! Per mezzo di una forza vitale così concentrata forse l’uomo potrà, con tutta facilità e sicuramente, tenere testa con probabilità di successo a quelle altre forze nemiche, e così potrà assicurarsi per l’eternità la continuità della propria esistenza tra mille forze nemiche che influiscono ciecamente su di lui. Se non potrà reggere col corpo, potrà tuttavia farlo in certo modo spiritualmente; del resto ogni forza, originariamente, è e deve essere di per sé spirituale. Infatti, tutto quello che noi vediamo non è più la forza agente, ma unicamente il prodotto di questa forza. Ma se noi osserviamo attentamente le opere della forza naturale universale, rileveremo ben presto e facilmente che delle forze, quali parti della forza primordiale universale, devono essersi consolidate per un verificarsi contemporaneo di circostanze in qualche modo casuale, altrimenti, se esistessero sempre ugualmente, non sarebbero in grado di produrre alla luce del mondo sempre gli identici effetti. Ora degli effetti uguali presuppongono sempre anche delle cause uguali. Una forza però, la quale in base agli effetti sempre invariati si manifesta appunto anch’essa come esistente in maniera invariata, deve possedere in sé una piena coscienza ed una chiara intelligenza assolutamente sufficiente agli effetti che essa è chiamata a produrre, con cui essa, per quanto è possibile, si provvede delle armi adatte che le servono per affermarsi - come anche effettivamente fa - da trionfatrice nella lotta contro altre forze ancora più rozze. Se essa potesse in qualche modo venire sopraffatta o addirittura completamente dissolta, nemmeno quello che prima era sorto quale prodotto del suo agire potrebbe certamente sussistere, né potrebbe ricomparire mai più. Ammettiamo, ad esempio, che la forza invisibile da cui hanno origine i fichi potesse eventualmente venire annullata da altre forze; in questo caso sicuramente non si potrebbero vedere più fichi in nessun luogo!

5. Ma se noi, in seguito a tali osservazioni, siamo costretti a riconoscere nei vari loro effetti costantemente identici una quantità di innumerevoli forze come necessariamente consolidatesi in maniera indistruttibile, e se dobbiamo constatare che noi stessi, esseri umani, andiamo riproducendoci continuamente secondo la nostra forma e la nostra costituzione originarie, noi possiamo ammettere senz’altro con certezza che quella forza dalla quale siamo sorti si è necessariamente consolidata da se stessa per l’eternità quale principio vitale permanente. Ma se questa forza è riuscita a mantenersi, così anche ciascuna vita umana deve poter consolidarsi di per sé e successivamente continuare a sussistere per sempre spiritualmente, purché abbia veramente trovato tale vita e abbia coltivato con adeguati mezzi il proprio principio vitale, perché a tale riguardo la mia opinione è questa: “Se una potenza vitale ormai pensante e conscia di se stessa, qualora si sia perfettamente trovata da se stessa, riconosce perfettamente se stessa nonché il mondo che la circonda, allora non dovrebbe esserle mai eccessivamente difficile escogitare i mezzi con i quali poter affrontare, con tutta fermezza e per l’eternità, pure delle forze nemiche più potenti, ma agenti ancora alla cieca, come dimostrano di poterlo fare anche gli uomini di questa Terra”. Fate pure che si scatenino tutti gli uragani e che piombino a milioni i fulmini sulle piramidi d’Egitto! Ma potranno mai danneggiare in qualche modo la gente che dimora entro le catacombe più interne delle piramidi stesse? Insomma, a questo mondo gli uomini forniscono la prova di sapersi difendere benissimo contro gli attacchi delle forze che agiscono in maniera quanto mai rozza e maligna. Ebbene, chi è stato ad insegnare loro tutto ciò? L’esperienza, la loro acuta facoltà di ragionare e la necessità!

6. Ma se può fare questo l’uomo generalmente ancora molto poco acculturato, tanto più egli vi riuscirà come vita spirituale consolidata! Dunque anche per le vie della scienza noi possiamo arrivare ad una fondata prospettiva della continuazione della vita spirituale umana dopo la deposizione del corpo; ma per giungere a ciò noi non abbiamo bisogno affatto di un Giove, né meno ancora di un Lama degli indiani, né di un Jehova degli ebrei, perché è la ragione pura a fornircelo nella luce più limpida e più chiara.

7. E così, o mio nobile amico, ti ho indicato chiaramente e senza sottintesi le ragioni dell’ateismo da me professato finora, e oltre a questo credo di aver dimostrato pure che le mie ragioni non sono delle fantastiche invenzioni, ma che sono invece fondate sul terreno solido di molte esperienze! Io però non intendo con ciò ripudiare per principio ogni deismo! Fa tu valere delle altre ragioni, ed io mi converto al deismo! Ma ora vorrei tornare alla domanda iniziale: “Come è andata dunque con la costruzione prodigiosa di questa nuova dimora di Marco e della sua famiglia?”. È sufficiente che in proposito tu mi dia solo qualche cenno, perché ormai tu mi conosci alla perfezione!».

 

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Cap. 36

Roclus viene indirizzato da Raffaele.

 

1. Man mano che Roclus spiegava i suoi ragionamenti, umanamente logici e fondati sulle proprie esperienze, che rivelavano in lui un giudizio esatto riguardo ai fenomeni, tanto nel campo dei rapporti vitali politico-morali quanto in quello degli usi e costumi e dei culti religiosi, come anche nel campo ancora più vasto dei fenomeni naturali di ogni specie, lo stupore di Cirenio aumentava sempre più, così che infine si ridusse a non poter più trovare assolutamente alcuna ragione plausibile da opporre alle sue argomentazioni. Infatti, tutto quanto Roclus aveva esposto era basato sul terreno solido delle esperienze, e a stretto rigore non c’era la possibilità di obiettarvi nulla. Cirenio conosceva fin troppo bene l’istituzione sacerdotale, e sapeva per quali motivi essa era intenta a compiere la sua antica opera tenebrosa. Oltre a questo, egli aveva riconosciuto in Roclus un uomo ancora dotato di animo buono e quanto mai disinteressato, che aveva aderito alla setta degli esseni unicamente allo scopo di venire in aiuto all’umanità sempre e dappertutto sofferente, usando qualsiasi mezzo, purché non stesse in contraddizione con il sentimento di umanità e di vero amore del prossimo verso tutti gli umani che sono ciechi non per colpa loro. In poche parole, egli si sentiva attratto verso Roclus da un vero senso di simpatia sempre più accentuato.

2. Anche tutti gli ospiti là presenti non potevano cessare di meravigliarsi per l’acutezza di intelletto di quell’esseno, e deploravano senza posa che Roclus non avesse avuto ancora il modo di conoscerMi. Ciascuno era ormai immensamente ansioso di sapere quale sarebbe stato il Mio pensiero a tale proposito; sennonché per Me non era ancora venuto il tempo di intavolare, per così dire, una discussione con Roclus, dato che egli teneva ancora nascoste nel suo cuore alcune cose che in quella occasione non aveva esposto in pubblico; ad ogni modo per un ulteriore svolgersi e svilupparsi dell’argomento Cirenio non sarebbe più stato in grado di competere con Roclus.

3. Io però chiamai di nascosto Raffaele e feci avere contemporaneamente il cenno anche a Cirenio, che egli avrebbe dovuto presentare Raffaele a Roclus e dirgli che il compito di trattare ulteriormente con lui sarebbe stato assunto da quel giovinetto, dato che lui stesso (Cirenio) si sentiva troppo debole e troppo povero d’esperienza per poter opporre alle conclusioni logiche, e umanamente certo solidissime, di Roclus delle argomentazioni tali da annientare l’ateismo del sottile pensatore; quel giovinetto però sarebbe certamente stato in grado di opporre a lui, Roclus, degli argomenti fra i più fondati; di cui egli poteva essere perfettamente certo.

4. Cirenio allora si rivolse nuovamente a Roclus e gli comunicò tali cose.

5. Roclus però replicò subito a Cirenio: «O carissimo e nobilissimo amico, se tu, quale persona anziana di discendenza reale e già da tanto tempo pratica dell’arte di regnare, non ti fidi di sostenere con me una discussione nonostante il tuo notevole patrimonio di conoscenze e di esperienze, come se la caverà con me questo delicato giovinetto che evidentemente non ha ancora vent’anni? Oppure, reputi forse le mie argomentazioni troppo deboli e vuote da meritare una replica da parte tua?»

6. Dice Cirenio: «No, no, niente affatto, anzi le cose stanno invece realmente così come ti ho detto! Però ascolta prima questo giovinetto e poi giudicalo!»

7. Dice Roclus: «Ebbene, vediamo dove ha trovato la pietra filosofale!»

8. Dopo di che Roclus si rivolse a Raffaele che gli si trovava vicino, dicendogli: «Ebbene, fammi sentire quello che sai! Se riesci a ridurre al nulla le mie esperienze, o a colpire di cecità il mio intelletto, allora puoi trovare in me una debole canna che ogni vento piega con facilità da tutte le parti; ma se mi lasci come sono ora, sarà per te un compito assai arduo convertirmi in base alle tue esperienze! Infatti, più che Roma tu non puoi aver visitato, e puoi conoscere al massimo quello che hai avuto occasione di osservare durante il viaggio! Certo, tu non sei stato ancora in Egitto, il paese dell’antica sapienza, né puoi, di gran lunga, avere ancora imparato sulla scorta dell’esperienza quante specie di fede in una o più divinità maschili e femminili regnino fra i vari popoli, e vorresti misurarti in fatto d’esperienza con noi, che siamo dodici giganti in tuo confronto? Ad ogni modo sia pure: per mio conto non ho niente in contrario; vedremo adesso se hai più o meno del fegato. Incomincia dunque, e confuta le ragioni del mio ateismo, e mostrami il Dio che possa andare d’accordo con la ragione pura di un uomo e con l’interiorissimo principio vitale umano che è evidentemente l’Amore! Ma non venire fuori con un altro Dio che sarebbe già ripudiato in anticipo, dato che un’altra specie di Dio non può, né potrà mai esistere. Se così gli piace, che cominci da noi la sua opera di pulizia!».

 

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Cap. 37

Raffaele descrive l’Essenza di Dio.

 

1. Dice Raffaele: «Mio caro amico, nel tuo inutile zelo ti sei accalorato un po’troppo presto contro di me! Concedimi che io scambi prima qualche parola con te, e poi si vedrà se sono in grado di tenerti testa!

2. Ascolta, già da principio tu hai emanato a mio riguardo una formale interdizione di importi un altro Dio che non sia solo quello che accetta la tua ragione! Ebbene, devi sapere che io stesso non conosco davvero un Dio differente da quello che tu hai trovato con la tua ragione! Il divario tra noi due è unicamente questo: tu un simile Dio Lo desideri, mentre io in tutta verità ho già l’altissimo onore di conoscerLo personalmente, e nello stesso tempo ho anche il supremo onore di essere un Suo volonteroso servitore che è sempre pronto ai Suoi ordini.

3. Questo unico e vero Dio è supremamente Amore, e fuori dall’Amore, soltanto dopo, Egli è la suprema Sapienza, ed è Onnipotente grazie a questa Sapienza.

4. Questo Dio è nel tempo stesso l’Ordine supremo, l’assoluta Verità, la suprema Giustizia e la Luce e la Vita stesse; e tutti gli esseri e le cose su questa Terra - la Terra stessa con tutti i suoi spiriti e i suoi elementi, la Luna, il Sole, nonché tutte le altre innumerevoli stelle le quali non sono altro che altrettanti corpi mondiali immensi, alcuni dei quali sono un numero inesprimibile di volte maggiore di questa Terra che, per conto suo, è una grossa sfera proprio come hai visto che sono la Luna e il Sole, con la differenza che quest’ultimo, il Sole cioè, è un milione di volte più grande di questa Terra – ebbene, tutto ciò è opera dell’unico e stesso Dio, il Quale nella sua Essenzialità originaria assolutamente propria è precisamente costituito così come la tua ragione, in verità molto chiara, se Lo raffigura!

5. Egli è perfettamente consapevole di tutte le maniere false e maligne nelle quali viene rappresentato, e perciò desta continuamente degli uomini i quali hanno un concetto esatto di Lui; sennonché questi solitamente non vengono mai ben compresi dalla pigra e cieca umanità di questo mondo, la quale resta invece attaccata alla sua antica e abituale stoltezza.

6. Tu certo pensi che un simile Dio vero e reale non dovrebbe poter tollerare tanto a lungo degli abomini di questa specie ed assistervi impassibile; a Lui, l’onnipotente Dominatore, dovrebbe essere possibile fare piazza pulita di tutto il putridume falso e maligno. E in fondo non ti si può dar torto.

7. Io sento e penso precisamente come te, e questa cosa riesce tanto più gravosa a me, perché io, quale essere vitale-spirituale già da lungo perfettamente consolidato, ho il pieno potere, se si rende necessario, di ridurre in un solo istante con la mia volontà al nulla più assoluto per i tuoi sensi tutte quelle montagne che là sembrano sovrastare il mare, perché essere in grado di fare una cosa e non avere il permesso di farla riesce certo più amaro che volerla fare ma non essere in grado di farla!

8. Ma il fatto che, nonostante la potenza di cui si è in possesso, non sia lecito dare libero sfogo al proprio sentimento per quanta voglia se ne abbia, dipende dal fatto che a questo mondo, nei riguardi degli uomini, quello che più preme è che un uomo degno di questo nome debba trovare se stesso da solo e debba consolidarsi ad una concreta potenza vitale, come del resto anche tu stesso hai giustissimamente osservato verso la fine della tua discussione con Cirenio; altrimenti egli non sarebbe in grado di sostenersi per tempi eterni quale essere libero e indipendente contro la continua influenza nemica di forze molto poderose! Se anche tu non ti sei espresso proprio con queste parole, tuttavia il senso che intendesti dare alle tue parole è appunto questo.

9. Ma ora ti sarà più chiaro perché non sia conveniente un intervento violento ed estraneo qui sulla Terra, nel caso dell’uomo chiamato a consolidare il proprio interiorissimo principio vitale in base alle sue conoscenze e secondo il proprio liberissimo volere. Finché gli uomini vivono in un qualche luogo in quell’ordine di vita che si sono scelti, nel quale sia immaginabile una esistenza morale e così pure fisica, li si lascia sussistere in quell’ordine fino al momento in cui una eventuale degenerazione non risulti eccessiva. Ma qualora quest’ultimo fatto si verifichi presso un popolo, allora interviene sempre il Signore del Cielo e della Terra e riconduce il popolo degenerato al giusto ordine di vita, cosa che appunto succede ora nei confronti del popolo di Israele».

 

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Cap. 38

Lo scopo delle opere di penitenza in India.

 

1. (Raffaele:) «Tu certo visitasti l’India, e vi constatasti una quantità di abusi, particolarmente per quanto concerne le rigorose penitenze. Non c’è dubbio che per l’uomo che si basa unicamente sulla propria ragione questa cosa deve risultare come un’evidente pazzia congiunta ad un arbitrio almeno apparentemente crudele da parte di quella casta sacerdotale; sennonché la cosa non è proprio così come sembra. Quel popolo vive in un paese che fra tutti gli altri di questa Terra possiede la massima energia vegetativa, tanto per quanto riguarda le piante quanto gli animali e le creature umane. Vai là, nei boschi montani, e potrai girare intorno per delle giornate intere senza trovare un solo ramoscello secco neppure su di un albero molte volte secolare, e se tu cogli da un albero un ramoscello e lo pianti in un punto isolato anche su un terreno sabbioso, puoi essere sicuro che, ritornando un anno dopo, ritroverai il tuo ramoscello ancora perfettamente verdeggiante, anzi molto probabilmente constaterai che esso avrà messo nuove radici sul terreno.

2. Dunque l’energia vitale, particolarmente nelle regioni montane centrali, è immensamente grande, tanto rispetto alle piante quanto agli animali. In quei luoghi ad un animale oppure anche all’uomo può venire inferta una ferita già considerevole senza che essi ne abbiano a risentire un eccessivo dolore, perché lì l’aria che li circonda e li protegge ha già un potere curativo maggiore che non il migliore balsamo qui da noi. Se qui qualcuno ti colpisce con un bastone o con una sferza, la parte colpita ti darà dolore per parecchi giorni; e invece lì tu puoi farti applicare mille colpi di sferza, e la sensazione dolorosa del primo colpo sarà già svanita prima che sopraggiunga il secondo. Prova qui a conficcarti un chiodo nelle carni, e ne sentirai un dolore che si farà insopportabile! La parte offesa si gonfierà, e ne seguirà un’infiammazione terribile e potrà subentrare perfino una cancrena mortale, oppure la piaga comincerà a diventare purulenta ed a procurarti dolori indicibili; nei territori dell’India, invece, questo non succede! Puoi andare in giro per anni interi con un chiodo conficcato nella carne e tu non ne sentirai quasi più nessun dolore subito dopo che ti è stato conficcato, e ciò per la ragione che l’aria è dotata di tanta energia balsamica e curativa che è quasi escluso che in seguito ad una ferita si manifesti un’infiammazione. Ma se questa non si manifesta, allora è ozioso parlare, in generale, di un dolore; e ancor meno poi di un dolore insopportabile.

3. Oltre a questo in quei paesi gli uomini, perché animati da troppi elementi vitali-naturali, si trovano sempre in stato di grande eccitazione, ed in conseguenza di ciò, per quanto riguarda particolarmente lo stimolo carnale, sarebbero portati a degenerazioni tali da non aver riscontro con quelle di nessun paese di questa Terra. Ora le aspre opere di penitenza li trattengono più che altro dall’incamminarsi per questa via; e con le gravi mortificazioni la loro carne viene, per così dire, resa insensibile, ed a ciò vengono indotti dal timore, in loro fortemente impresso, del fuoco dell’inferno. I sacerdoti cercano di dipingere tale dolore nel modo sempre più vivo possibile, così che alla gente già al sentirlo descrivere pare davvero di incominciare a sentirne le bruciature, perché il fuoco è appunto quello che l’indiano teme soprattutto, dato che per lui questo rappresenta il massimo dolore che la sua carne è capace di percepire. Mediante le aspre opere di penitenza che Dio, il Signore, ha tollerato finora ed anche più a lungo tollererà presso gli indiani, l’anima di quegli uomini conserva almeno la sua forma, e poi nell’eterno aldilà si rende adatta a trapassare ad una vita superiore verso la perfezione.

4. Tu certo qui mi obietterai: “Si faccia acquisire a questo popolo una cultura preponderatamente scientifica, ed è probabile che con ciò esso non degeneri e non precipiti proprio in tutti i pantani della libidine!”. Sennonché questo, o mio stimatissimo amico, non basta, malgrado tutta la tua ragione, per quanto pura essa sia! Per i popoli nei quali per loro natura è assai desta la fantasia, la scienza costituisce un vero veleno della vita! Ammettiamo che gli indiani, ricchi di fantasia e dall’immaginazione quanto mai accesa, fossero in possesso della scienza della Grecia, di Roma e di Alessandria; ebbene io ti assicuro che tutta intera questa Terra non sarebbe più al sicuro dalle loro imprese; nelle loro mani le arti e le scienze di ogni genere non sarebbero che dei mezzi per fare di loro uno dei popoli più terribili e degenerati della Terra! Infatti, in breve tempo essi si accingerebbero a fare e anche realizzerebbero cose che sorpasserebbero di molto tutto quello che è stato fatto un tempo da Babilonia, Ninive, da tutto l’Egitto, Atene e Roma. Le montagne dovrebbero cedere il posto dinanzi alla loro temerarietà; essi edificherebbero delle città occupanti interi paesi fertilissimi e costruirebbero degli sbarramenti a fiumi e a torrenti per fare sorgere degli immensi laghi. In poche parole, qualora fossero iniziati in tutti i misteri della scienza, gli indiani diverrebbero il popolo più pericoloso e più temibile di questa Terra, per quanto attualmente anch’essi abbiano sembianze innocue e un animo mite!».

 

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Cap. 39

I pericoli di un’elevata preparazione scientifica.

 

1. (Raffaele:) «Del resto, un popolo dotato di grande fantasia non viene mai avviato verso una cultura scientifica troppo profonda per il motivo che la forza di immaginazione troppo potente e la fantasia che ne è la conseguenza sono elementi che vi agiscono sempre contro. Quella gente preferisce contemplare nella sua fantasia ogni tipo di immagini stolte che non occuparsi di considerazioni ispirate a verità e logica riguardo all’uno o all’altro fenomeno; d’altra parte, le rigide ed aspre penitenze alle quali tu assistesti non sono tanto frequenti come tu credi e come ti venne riferito. Infatti, il ricco se ne esonera, e il povero viene chiamato a compiere la penitenza soltanto quando abbia trasgredito le leggi esistenti davvero in maniera molto grave; dunque nell’India vige ancora oggi un ordine patriarcale che non si può abbattere, così su due piedi, neanche facendo precipitare fuoco e fulmini dal cielo. Vi sono certamente delle superstizioni fra le più rozze ed in grande quantità, alle quali dovrebbe essere messo riparo; ma siccome una simile superstizione è sempre il frutto certo e più abbondante che si matura presso tutti quei popoli che hanno in dote una fantasia tanto accesa, succede che non si può neppure agirvi contro, così da un momento all’altro, vibrando dei formidabili colpi all’impazzata!

2. È sempre meglio lasciare il popolo nella sua superstizione che non iniziarlo in ogni genere di scienza; perché la superstizione tiene legato l’indiano alla propria terra, mentre la scienza non farebbe che provvederlo fin troppo presto di ali d’aquila, mediante le quali egli sorvolerebbe in poco tempo tutta la Terra seminando rovina. Ah sì, se fosse possibile mettere tutto il popolo indiano, di colpo e senza alcuna sua fatica, in possesso della scienza pura, allora certo si stupirebbe anzitutto per qualche tempo, considerando l’immensità della stoltezza insensata dalla quale si sarebbe lasciato dominare così a lungo, ma subito dopo verrebbe invaso da tanto furore contro i suoi sacerdoti, e nella stessa maniera contro tutti i potenti dei popoli vicini, che questi verrebbero inesorabilmente e senza eccezione passati a fil di spada; darebbe così inizio ad una purificazione in seguito alla quale tutta la Terra apparirebbe in breve tempo grondante di sangue; ma a questo modo, infine, che cosa si sarebbe guadagnato? Il risultato sarebbe che la parte stolta dell’umanità verrebbe naturalmente massacrata, e quelli che rimarrebbero, ossia gli illuminati dalla scienza, si trasformerebbero in tigri assetate di sangue!

3. Ma la prova che succederebbe così lo dimostri tu stesso, che sei un ammiratore della ragione pura, dato che rendi manifesta la tua grande ira contro tutte le divinità, e particolarmente contro i loro cosiddetti rappresentanti. Se a te fosse propria anche un po’ la mia potenza, oh, guai al mondo! Con che furia ti daresti a sradicare ogni specie di istituzioni sacerdotali su questa Terra! Ma che cosa ne sarebbe poi del resto dell’umanità, la quale è attaccata ai suoi sacerdoti come l’edera all’albero, e che da loro si lascia condurre da tutte le parti come gli agnelli dal proprio pastore? Potresti farla trapassare tutta alla tua ragione pura mediante la semplice espressione della tua volontà? Io ti dico che questo sarebbe davvero un compito estremamente difficile! Infatti, se tutti fossero in possesso della scienza in uguale misura, ciascuno dovrebbe anche possedere i beni materiali nella stessa quantità degli altri, qualora non volesse morire di fame, poiché, se qualcuno si presentasse al proprio vicino e gli offrisse i suoi servizi dicendogli: “Io conosco questa e quella cosa”, allora il vicino gli risponderebbe: “Quello che sai tu, lo so anch’io, ed ho pure sistemato tutte le mie faccende in conformità e perciò non ho bisogno di nessuno! Che ciascuno dunque pensi per sé!”

4. Qualora un padre dicesse ai propri figli: “Fate ed imparate questo o quello”, i figli gli obietterebbero: “Cosa mai dovremmo ancora fare ed imparare, noi? Quello che sai e sei capace di fare tu, lo conosciamo e lo possiamo fare pure noi, e conformemente indirizziamo già la nostra attività; dunque, che altro ancora chiedi mai da noi?”

5. Se tu, giunto ad un’età in cui l’uomo si fa debole e malaticcio, avessi bisogno di aiuto e di assistenza e chiedessi al primo che ti capitasse davanti e che fosse atto a renderti qualche servizio: “Vedi, io mi sono fatto molto debole e avrei bisogno del tuo aiuto, che io sono disposto a compensare come si conviene; quando morirò ti nominerò mio erede!”, sai che cosa l’interpellato risponderebbe all’altro, bisognoso di aiuto? Ascolta! Egli direbbe né più né meno di quello che diresti tu stesso a chi richiedesse a te un simile, costante servizio d’amore! Tu gli risponderesti: “Amico mio, io non ho bisogno di fare il servitore a nessuno, perché io stesso sono tanto facoltoso quanto te e per conseguenza non vedo la necessità di sobbarcarmi un lavoro gravoso da sostenere con il sudore della mia fronte! Chi ha bisogno, che si affanni pure a servire gli altri, ma, per conto mio, non ci penso affatto!”. Ma ecco, quello che ora ti dico si verificava molte centinaia di anni fa nell’antico Egitto! Tutti si trovarono sapientissimi e contemporaneamente anche ricchi».

 

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Cap. 40

Origine della schiavitù.

 

1. (Raffaele:) «Ma quale fu la conseguenza di questo? Ebbene ascoltami: nessuno voleva più servire il prossimo, ciascuno lavorava e viveva esclusivamente per sé, né alcuno si sarebbe prestato a nessun prezzo a lavorare a vantaggio del proprio simile. La gente però finì un bel giorno con il convincersi che una vita di quella specie, molto comoda, era in fondo ben misera. Gli anziani del popolo furono i primi a fare una tale constatazione, dato che più di altri essi avevano bisogno di qualcuno che li servisse, ed essi tennero perciò consiglio per vedere come si sarebbe potuto rimediare a quell’inconveniente. Allora uno fra i più saggi parlò così: “La Terra è grande, andiamocene dunque fuori, e vediamo se non c’è in qualche luogo della gente che sia povera e che sia disposta a servirci dietro una buona ricompensa!”. Così essi se ne partirono in esplorazione verso l’Asia, e trovarono ben presto quello che cercavano. I vicini piccoli popoli dell’Asia furono subito consapevoli di quello che mancava ai ricchissimi egiziani, ed allora di propria iniziativa partirono per gli altri paesi dell’Asia dove comperarono i servitori per rivenderli in Egitto ad un prezzo maggiore. Ecco vedi, fu così che sorsero la schiavitù e il commercio degli schiavi, il quale purtroppo viene ancora oggi praticato quasi dappertutto. Puoi forse tu lodare un simile frutto dell’altissima sapienza generale degli egiziani di un tempo?

2. Sennonché gli autentici savi egiziani antichi, ammaestrati dall’esperienza, divennero estremamente prudenti e decisero di non iniziare a nessun prezzo i servitori nella loro profonda sapienza, poiché questa avrebbe potuto facilmente contribuire a rendere ricchi i loro servitori, con la conseguenza che essi non avrebbero più accettato di servire e di lavorare, cosicché essi, cioè gli antichi saggi, si sarebbero nuovamente trovati nella condizione di non aver nessuno che li servisse, con fedeltà e precisione, e che lavorasse per loro.

3. Ma tu hai mai visto degli schiavi anche nell’India, intendo parlare di quelli comperati e venduti? Certo che no! Là ci sono pure degli schiavi della propria superstizione, ciò che è pure un male, ma tuttavia un male non così grande come quello rappresentato dalla schiavitù che si basa sulla compravendita! Infatti, gli schiavi comperati e venduti venivano trattati unicamente come bestie da soma, e venivano anche per lungo tempo tenuti lontani da qualsiasi insegnamento spirituale; a loro è sempre spettato obbedire ciecamente, tollerare tutto senza aprire bocca e soffrire in maniera più che bestiale. In caso contrario li avrebbe attesi il maltrattamento più arbitrario e disumano, senza alcuna possibilità che il padrone venisse chiamato a rispondere dinanzi ad un qualche tribunale del mondo; perfino l’uccisione di uno schiavo, se commessa dietro comando del padrone, non veniva condannata da nessuna legge. Solamente se il tuo vicino ti avesse ucciso uno schiavo avresti avuto diritto ad un risarcimento per legge!

4. Ebbene, questa calamità, che ha afflitto e che ancora affligge l’umanità, è sempre una conseguenza di quell’epoca antica dell’Egitto in cui la gente era tutta immensamente sapiente e molto benestante, in cui nessuno doveva attendersi una punizione per un peccato commesso, dato che veramente nessuno avrebbe potuto avere motivo anche minimo di peccare in qualche modo contro i propri vicini, dato che ciascuno possedeva di tutto il necessario per vivere, e passavano degli anni senza che egli avesse bisogno di ricorrere al vicino per qualcosa! Ma quando venne introdotta la schiavitù, si emanarono leggi in forza delle quali un proprietario di schiavi non avrebbe mai potuto commettere peccato contro i propri schiavi nemmeno riservando loro il trattamento più crudele! Ma quando i peccati non possono venire commessi, a che cosa potrebbero servire le opere di penitenza?».

 

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Cap. 41

Il governo egoistico degli antichi egiziani, e i malanni inerenti allo stesso.

 

1. (Raffaele:) «Ma quando più tardi, mediante il lavoro degli schiavi, i signori del paese incominciarono a farsi ricchi in misura diversa, così che alcuni vennero a trovarsi in possesso di ricchezze molto maggiori al paragone di alcuni altri, allora ben presto emersero l’invidia, l’astio e il litigio, e soltanto da quel momento sorse la necessità di elaborare delle leggi civili le quali ciascuno avrebbe dovuto osservare, non escluso perfino il VAR (FARAONE = pastore). Allora si cominciò a fornire anche agli schiavi gli elementi di una certa cultura, dato che venivano inculcati a questi dei concetti della divinità, naturalmente in forma quanto mai velata, e con il presentare loro ciascuna singola manifestazione visibile che procedeva da Dio addirittura come una individualità allegorica che sarebbe stato dovere degli schiavi onorare e venerare come una divinità. Questo procedimento ottenne l’effetto di rendere gli schiavi, col tempo diventati potenti, più docili e mansueti, e sopportarono la loro sorte con maggior pazienza, perché essi temevano enormemente le potenti divinità invisibili, dato che in seguito alle arti misteriose degli egiziani essi avevano acquisita una specie di convinzione che simili divinità esistevano sul serio e che con loro non c’era da scherzare.

2. Se, come già detto, gli schiavi non fossero diventati potenti, sia per il loro naturale moltiplicarsi, sia per la possibilità di acquistarne altri due volte all’anno, gli antichi egiziani non avrebbero mai fatto loro conoscere in nessun modo delle divinità false, né, meno ancora, una qualche altra divinità eventualmente più genuina. Solamente il timore della forza fisica degli schiavi costrinse i sapienti originari dell’antico Egitto a dare loro un qualche concetto di divinità.

3. Ora immaginati la situazione degli antichi savi dell’Egitto! Essi erano sapienti e ricchi; e quello che l’uno sapeva e possedeva, lo sapeva e lo possedeva pure qualunque altro; e aveva altresì ricchezze in uguale misura come gli altri, né vi era alcuna necessità per lui di andare a servire i propri vicini per guadagnarsi il pane; ciascuno per lo più curava le sue faccende e amministrava le sue proprietà con l’aiuto dei propri figli. Finché la gente si conservava giovane e robusta, un simile governo delle proprie case, saggiamente egoistico, poteva ancora andare; ma quando gli adulti, diventati vecchi, diventavano più deboli, allora si destava in loro il desiderio di essere aiutati e serviti; ma chi avrebbe dovuto servirli? La tua mente certo ti suggerisce che questo compito sarebbe spettato ai figli. Certo sarebbe stato giusto, sennonché allora ci voleva ancora molto tempo perché comparisse Mosè ad annunciare agli uomini i Comandamenti di Dio. Secondo le loro leggi fondate sulla sapienza naturale, un figlio non era altro, di fronte ai suoi genitori, se non un essere umano libero come tutti gli altri. I figli obbedivano e servivano i genitori fino all’età virile, ma una volta raggiunta essi erano completamente liberi, né avevano più alcun obbligo verso i loro genitori, perché la pura ragione aveva loro suggerito una saggia massima secondo la quale i figli, quali opere dei rispettivi genitori, non avevano obblighi verso di loro, nello stesso modo come una casa non ha obblighi di alcun genere verso chi l’ha costruita, eccetto il fatto che ci si abiti, il come poi è questione che riguarda colui che l’ha costruita. Se la casa è ben costruita, vi si potrà anche dimorare bene e piacevolmente, se invece essa è costruita male e con negligenza, allora essa servirà pure malamente da dimora; ma di questo non potrà venire data colpa alla casa, ma al costruttore stesso.

4. Certamente i vecchi avrebbero educato volentieri i loro figli in modo che poi questi si sarebbero prestati a servirli per tutta la loro vita; invece i figli avevano coltivato essi pure i cinque sensi, di solito più in pratica che in teoria, sotto la guida dei genitori, e conseguentemente anch’essi si facevano dei savi egoisti come i genitori; perciò i vecchi si trovavano costretti a ricorrere agli estranei. Questi pur vennero e servirono, però la ragione pura dei vecchi sapienti si fece allora sentire e disse: “Se noi vogliamo che questa gente rimanga in permanenza al nostro servizio, è necessario che essa non apprenda la benché minima cosa della nostra sapienza, altrimenti alla fine non vorrà più saperne di servirci, come non l’hanno voluto i nostri figli per la ragione che essi vennero iniziati in tutta la nostra sapienza!”.

5. Gli schiavi, per conseguenza, rimasero immersi nella più rozza ignoranza e per lungo tempo essi non ricevettero altra istruzione all’infuori di quella concernente il loro lavoro servile. Tuttavia gli schiavi, con il tempo, si moltiplicarono e cominciarono a riconoscere la propria forza che iniziò ad incutere segretamente un serio timore agli antichi sapienti! Ed allora la pura ragione dei sapienti intervenne e suggerì: “Vedete di fare di costoro degli uomini e al più presto possibile, altrimenti essi si scaglieranno contro di voi come orde immense di animali feroci e vi sbraneranno!”. Soltanto dopo di ciò si inventarono le divinità già nominate per gli schiavi temuti e fecero in modo che esse compissero ogni tipo di prodigio al cospetto degli schiavi. In questo modo essi vennero ammansiti, e costituirono una casta a sé, servirono spontaneamente gli antichi egiziani, e con zelo raddoppiato. Fu soltanto da allora che l’Egitto divenne una nazione fiorentissima e cominciò ad esercitare forte attrazione sui forestieri, tra i quali furono molti gli invidiosi e i traditori che più tardi procurarono gravissime difficoltà agli egiziani.

6. Vedi, questi sono tutti dei risultati dovuti alla ragione pura i quali, riassunti, mi sembrano come una persona che voglia scendere troppo in fretta giù da un ripido monte e che, una volta lanciatosi nella corsa, non sia più capace di fermarsi! Le conseguenze non avrai affatto difficoltà ad immaginartele!».

 

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Cap. 42

L’ordinamento statale degli antichi indiani.

 

1. (Raffaele:) «Sotto questo aspetto gli indiani hanno adottato dei sistemi di gran lunga più ispirati a saggezza! Il popolo resta pure fermo nella sua superstizione in sé e di per sé innocua; d’altro canto, però, crede in un supremo Essere divino e nei Suoi rappresentanti sulla Terra i quali dedicano continuamente le più zelanti cure al mantenimento del convenzionale ordine antico, affinché non vi venga aggiunto nulla di nuovo, ma anche affinché non venga eliminato nulla da ciò che gli antichi testi contengono. E così accadrà che l’indiano fra mille anni sarà ancora perfettamente quello che è attualmente e che era qualche migliaio di anni fa! Le cose peggiori in lui sono le sue penitenze, ed il fatto che egli deve ergersi a giudice di se stesso.

2. Contro se stesso egli può essere severo oltre ogni concetto umano, perché chi vuole liberamente una cosa, non subisce un torto se questa cosa gli accade; ma di buono hanno che presso di loro non esiste la calunnia e il tradimento. Nessuno si fa accusatore del prossimo, e fra i molti milioni di quelle popolazioni non c’è una persona che provi mai un senso di gioia per il male altrui! Ma qui va anche ricercata la ragione per la quale gli indiani sono a loro modo diventati un popolo antico e che si farà ancora più antico. Con l’andare del tempo, quando eventualmente dei popoli stranieri verranno in contatto con loro e faranno conoscere loro una nuova religione, altri usi ed altri costumi, allora anch’essi si faranno più inquieti e scontenti e non si giudicheranno più da se stessi, né faranno più penitenze; sennonché in cambio saranno gli altri a giudicarli, a perseguitarli e ad imporre loro le più aspre penitenze. Allora, in poco tempo, le condizioni diverranno simili a quelle di Gerusalemme, dove i farisei caricano sulle spalle dei loro fedeli i pesi più insopportabili e vogliono giudicare tutti; ma al di sopra di loro stessi non tollerano dei giudici, e non toccano né pesi né carichi nemmeno con la punta delle loro dita! Ebbene, come trovi tu questo sistema in confronto a quello da te constatato presso i pacificissimi indiani?».

 

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Cap. 43

Il legame religioso dell’India con la Cina.

 

1. (Raffaele:) «Vedi, dietro all’India, al di là della più alta catena di montagne di questa Terra, esiste ancora un impero di estensione immensa, il quale ha almeno cinque volte tanti abitanti quanto l’impero di Roma. Tutte quelle popolazioni hanno pressoché l’identica nozione di Dio come gli indiani; esse vivono nella massima pace e nel massimo ordine, e sono quanto mai moderate, semplici, e senza alcuna pretesa: sono laboriose, instancabili e colme della più cieca obbedienza verso i loro maestri e le loro guide. Il loro imperatore è il loro signore assoluto, ed egli dedica ogni cura possibile affinché nessuno straniero possa mai penetrare nel suo vasto paese. Anche a questo scopo tutto intero il paese, dove esso ha i confini in regioni prevalentemente piane, è tagliato fuori dal resto delle regioni limitrofe mediante una colossale muraglia oltre la quale nessun esercito nemico sarebbe capace di penetrare. Questa muraglia è anche provvista, ad intervalli regolari, di torri entro le quali stanno continuamente di guardia un poderoso drappello di guardie che dispongono di forze sufficienti per opporsi validamente a qualsiasi tentativo di avvicinamento da parte di estranei.

2. Soltanto un messaggero di Brama (“Brau-ma” cioè: “Ha il diritto”), proveniente dall’India alta, ha, una volta all’anno, la riconosciuta facoltà di varcare la muraglia e di entrare nel paese, essendo egli il latore della lode oppure anche del biasimo da parte del Lama, e che egli è incaricato di recapitare personalmente, mediante uno scritto racchiuso in un pesante cofanetto d’oro, nelle mani dell’imperatore stesso. Questo messaggero arriva pure con un grande e sfarzosissimo corteo nel periodo stabilito e al luogo convenuto fin sotto alla muraglia, e comincia a fare un gran chiasso. Dopo di ciò dall’alto della muraglia viene fatto scendere un grande canestro in cui però soltanto al messaggero è concesso di prendervi posto per salire su, mentre il seguito deve accamparsi fuori dalla muraglia in attesa che il messaggero faccia ritorno.

3. Il messaggero compie poi il lungo viaggio dalla muraglia fino alla destinazione finale in lettiga. Il viaggio esige una ventina di giornate, e durante tale viaggio egli deve limitarsi a contemplare esclusivamente il cielo. Soltanto quando è giunto alla grande città imperiale che da sola ha più abitanti che non tutta la Palestina, ebbene, soltanto allora egli viene lasciato libero e accompagnato con tutti gli onori presso l’imperatore. Là egli consegna il cofanetto d’oro e rende noto all’imperatore i desideri del gran Lama, dopo di ché l’imperatore lo congeda, in grazia, non senza fargli dei ricchi regali; poi il messaggero inizia immediatamente il viaggio di ritorno che si compie esattamente come quello di andata.

4. Nell’occasione di un simile viaggio del messaggero divino per rendere visita all’imperatore e per tornare indietro, una grande quantità di gente affluisce lungo la strada per la quale il messaggero stesso viene portato fino alla residenza imperiale, fra indescrivibili cerimonie; il messaggero, però, non si rende visibile a nessuno all’infuori che ai fidatissimi portatori, i quali naturalmente poi non possono vederlo se non quando sale nella sua lettiga, o quando vi scende.

5. Se tu volessi domandare al popolo perché non gli è mai concesso di vedere il messaggero divino, né, meno ancora, di parlargli, esso ti risponderebbe con tutta umiltà: “Una pretesa simile sarebbe già di per se stessa un peccato imperdonabile”. Infatti, il popolo ritiene che sia già una grazia immensa del grande Dio, e sovrabbondante, quella di poter vedere a distanza portare il Suo santo messaggero, e chi ha visto una cosa simile, ha visto tanto da averne grazia in grande quantità per dieci anni, e non solo per sé, ma anche per altre dieci volte centomila abitanti dell’immenso impero, impero che il popolo ritiene si trovi proprio al centro del mondo. Ora, queste sono le idee che vengono inculcate a quell’innocuo popolo, ed esso ci crede incrollabilmente.

6. Il messaggero stesso è perfettamente consapevole di questa fede, sennonché egli è pure consapevole di un’altra cosa, e cioè che a lui non è lecito, pena la morte, di vedere il paese, né le sue istituzioni per rendere queste o quello in qualche modo note. Infatti, l’alto tradimento costituisce in quel paese il crimine più grave che viene punito con estremo rigore anche per la cosa più insignificante. Il popolo di questo impero è, nonostante tutta la sua stoltezza, molto fedele, sincero e quanto mai obbediente. Ma puoi tu trovare forse ragione di scandalo nel fatto che il popolo viene mantenuto nella stoltezza dalle sue guide e che, pure in questo stato, esso vive perfettamente felice, nonostante l’imperatore e i suoi primi servitori siano, per loro conto, a conoscenza di altre e ben differenti cose? Un’istituzione di questo genere non è forse del tutto simile al vostro ordine di Esseni? Ma se è così, allora Dio non è saggio né giusto quando permette e tollera tutto ciò finché un qualche popolo rimane in uno stato di profonda pazienza e umiltà, o quando tollera pure voi, o Esseni, che siete amanti del vivere piacevole? Parla adesso tu, o amico mio, sempre che tu abbia qualcosa da obiettarmi!».

 

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Cap. 44

Roclus racconta le magie di un mago indiano.

 

1. Roclus, il cui sbalordimento era andato sempre più aumentando man mano che il supposto giovinetto esponeva i suoi ragionamenti, era pervaso da un senso di esaltata ammirazione, ed esclamò, rivolto a Raffaele: «Ma ascolta, o giovinetto! Tu non puoi avere più di sedici anni, ma nella tua disputa con me riveli conoscenze ed esperienze tali che un qualsiasi altro galantuomo avrebbe potuto acquisire a mala pena in sessant’anni di diligenti fatiche. Io adesso non voglio parlare del fatto che tu mi hai condotto sul serio sulla via del riconoscimento di un vero Dio, il Quale mi appare precisamente così come il mio cuore già da lungo tempo in segreto Lo desiderava e del fatto che io non trovo più assolutamente nulla da obiettarti, ma desidero invece sapere unicamente come e quando tu abbia potuto acquisire simili nozioni ed esperienze.

2. Tu conosci un impero che esiste al di là dell’India, e del quale io ho udito fantasticare a mala pena un paio di volte, e ciò soltanto nell’India, visto che un indiano una volta mi raccontò, con tutta sincerità, delle cose tanto sbalorditive che non potei allora trattenermi dal ridere. Soltanto ora riesco a farmi per mezzo tuo un’idea un po’ giusta di questo impero favoloso, i cui abitanti, pare, dovrebbero trovarsi sul più alto gradino della cultura per quanto concerne le arti e le industrie e l’artigianato. Io devo ammettere senz’altro che tu hai perfettamente ragione, e sembri essere esperto pure in misura sorprendente nelle scienze magiche di tutti i popoli, perché in caso diverso non avresti di sicuro mai accennato ad una certa onnipotenza che dovrebbe esserti propria!

3. Io ormai scorgo, per quanto in forma ancora un po’ nebulosa, che la Divinità, per ragioni probabilmente quanto mai sagge, fa in modo che su questa Terra le cose siano e procedano così come sono e si svolgono ora, dato che quello che ad Essa può interessare non può essere che la formazione dell’anima, e non il benessere corporale degli uomini! Sennonché attualmente non si tratta affatto della mia più o meno perfetta visione di tale cosa, tanto più considerando che di un colpo solo non si abbatte un vecchio cedro del Libano, ma ora si tratta, e questo ha per me il massimo interesse, di sapere unicamente e semplicemente come tu possa essere venuto a conoscenza di tutto ciò!

4. Ormai non occorre proprio più che tu mi dichiari come sia sorta la nuova dimora, o meglio, il nuovo palazzo del vecchio Marco, nonché il nuovo giardino, il porto e le navi nuove e fiammanti che vi stanno dentro al riparo, perché evidentemente sei tu stesso che ti trovi dinanzi a me, il magico costruttore di tutto questo e come tale ti sei in certo modo rivelato, probabilmente con intenzione, per mettermi alla prova e per vedere se, malgrado il mio desto intelletto, questo non sia eventualmente sufficiente ad afferrare il senso delle tue parole gettate, così, a caso.

5. Il campo della magia è immenso e senza confini, e perfino il più grande maestro è e rimane nient’altro che un mediocre principiante. Noi, esseni, detto fra noi, ce ne intendiamo di sicuro, dato che noi abbiamo assoldato dei maghi persiani ed egiziani i quali sono in grado di compiere cose tanto meravigliose che ad uno di noi devono proprio venire le vertigini, e questo lo dico malgrado che io stesso in queste faccende non sia affatto un profano. Ma, a prescindere da ciò, devo confessare di aver visto in India dei maghi capaci di operare cose di fronte alle quali tutte le nostre magie si possono considerare come un vero gioco da bambini! Io avrei dato volentieri mille libbre d’oro per imparare dal re dei maghi di Thiba soltanto alcune delle sue insuperabili esibizioni magiche, ma a nessun prezzo mi fu possibile indurlo a rivelarle!

6. E così tu pure puoi essere iniziato in tali misteri, dei quali a me non è venuta mai l’idea nemmeno in sogno, e forse puoi ricorrere sempre, quando ti piace, ai tuoi aiutanti invisibili e agli spiriti naturali sempre pronti ai tuoi servizi, in maniera che ti riesce sommamente facile costruire tutta una montagna, e tanto più facile dunque un simile edificio od altro che sia, e tutto ciò in un solo istante! Infatti, dal mago di Thiba, a cui ho accennato prima, io ho visto far sorgere in un istante, fuori da un paesaggio che si estendeva a grande distanza davanti ai nostri occhi, un lago dal quale emergevano varie isole e con molte navi che vi galleggiavano. Per parecchi istanti questo lago rimase visibile; dopo di che il mago fece un cenno, e il paesaggio di prima si presentò di nuovo immutato al nostro sguardo.

7. Certamente, in tale occasione egli ci condusse entro uno stanzino perfettamente oscuro, e ci fece vedere il paesaggio oltre ad una finestra, paesaggio che era assolutamente lo stesso che si poteva vedere restando fuori dallo stanzino all’aria libera. Poi egli chiuse la finestra, fece alcuni segni, riaperse la finestra, ed ecco che del paesaggio di prima non fu possibile vedere nemmeno una traccia, mentre invece ai nostri occhi si presentò lo spettacolo del lago di cui ho parlato prima, dalla superficie quanto mai vasta, e tutto risultava così naturale, come naturale non può apparire nessun’altra cosa. Soltanto che durante questa visione io provai negli occhi una particolare sensazione assai strana, dovuta senza dubbio alla grande sorpresa e all’impressione fattaci dal prodigio.

8. Il mago ci disse che, oltre a quella stessa finestra, egli sarebbe stato ancora in grado di presentarci una quantità di paesaggi meravigliosissimi, che però ci sarebbe costato una somma ingente; e per conseguenza noi rinunciammo a soddisfare ulteriormente la nostra curiosità. Io gli domandai allora se egli avrebbe avuto anche il potere di fissare e di dare consistenza ad un simile paesaggio così che avesse da permanere. Egli rispose affermativamente e subito poi, d’improvviso, si ritirò. Quando noi uscimmo successivamente all’aperto, del lago e delle altre cose non vi era più traccia.

9. Io naturalmente andai chiedendomi come ciò era possibile, e dovetti accontentarmi di trovare in me stesso la risposta, e cioè che quel mago di Thiba conosceva evidentemente molto meglio di me le forze segrete della natura. E come sarebbe stato altrimenti possibile far sorgere per forza magica un paesaggio marino al di là di quella stessa finestra dalla quale, prima, io avevo benissimo constatato che fuori vi era un vero paesaggio naturale, paesaggio che poi scomparve del tutto per fare luogo all’altro? Poi egli fece sparire di nuovo il paesaggio marino e fece apparire il paesaggio naturale di prima, ma avrebbe anche potuto lasciare lì per sempre il paesaggio marino; ma questa cosa egli non volle certo farla, dato che il paesaggio naturale di prima era già da lungo tempo un terreno tra i più fertili; e in effetti per l’umanità i bei campi, i prati e gli orti sono senza dubbio di maggior vantaggio che non un lago tanto vasto da sembrare un mare, provvisto di qualche isola e di qualche nave.

10. Per conoscere il segreto di una simile magia io gli avrei dato volentieri duecento libbre d’oro; tuttavia egli non ne volle assolutamente sapere. La sua casa doveva essere certo ricolma di ogni tipo di spiriti naturali fra i più potenti, perché senza la loro assistenza il mago non sarebbe in nessun caso stato capace di far sorgere il paesaggio marino di cui ho parlato!

11. E così anche qui devi essere stato tu, o giovane mago, a far sorgere tutte queste cose la cui repentina apparizione ha avuto il potere di attirarci in questo luogo! Si tratta dunque di una magia del tutto simile a quella cui ho assistito io, assieme a questi miei undici compagni, e il cui segreto io sarei disposto a pagare con molto oro, ma io so che a te non interessa venderlo, come non ha interessato all’altro mago di Thiba. Infatti, sei ancora giovane e con il tuo segreto potrai guadagnare molto denaro ed anche altri tesori.

12. D’altro canto, potrai certamente dedurre dalle mie parole che non è affatto mia intenzione carpirti il tuo segreto; però una sola cosa desidererei apprendere dalla tua bocca, e cioè come, dove e quando tu sia pervenuto a tanta sapienza e ti sia appropriato di una simile arte magica! Tu ormai sei arrivato al punto di fare accettare a me ed ai miei compagni l’idea dell’esistenza di un vero e supremo Essere divino, e per conseguenza non ti metterà in imbarazzo se tu mi dici almeno dove hai avuto occasione di venire a conoscenza di tutte queste cose già nei tuoi giovani anni!».

 

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Cap. 45

Raffaele spiega le magie del mago indiano.

 

1. Dice Raffaele: «Tu sei un uomo davvero strano! Le tue molte esperienze ti hanno tanto riempito e confuso la testa che ora non sei assolutamente capace di distinguere ciò che è falso da quello che è realmente vero! Sarebbe bastato che al mago che incontrasti a Thiba tu avessi domandato di farti comparire un paesaggio marino senza bisogno di camera e di finestra, ed egli non ti avrebbe soddisfatto nemmeno per tutto l’oro del mondo, per la semplice ragione che una cosa simile gli sarebbe stata assolutamente impossibile. Però nella camera e da quella finestra egli avrebbe certo potuto farti vedere per forza magica parecchi altri paesaggi ancora!

2. Ma bisognerebbe che quel mago provasse a far sorgere grazie alla sua arte, in un solo istante e con effetto permanente, una casa di questa specie provvista di tutto il necessario ma però non nel mistero di una camera oscura, bensì nell’ambito della nuda natura! Sennonché, come detto, egli sarebbe costretto a rinunciare a priori all’impresa! Perciò, dunque, questa che tu vedi qui, nel vero senso della parola, è un’opera di Dio, mentre quella è stata semplicemente un’opera d’uomo il quale era, in fondo, nient’altro che un esperto dei fenomeni naturali e della meccanica, e per nulla un cosiddetto mago.

3. Ma se questa è un’opera di Dio, una simile opera è pure la mia sapienza. Tutto quello che vedi in me è da Dio! Quindi non domandare più come, dove e quando io posso esservi arrivato!

4. Per l’occhio umano anche gli uomini possono compiere dei prodigi; sennonché in questi casi non si tratta affatto di miracoli, ma di effetti perfettamente naturali e ottenuti con dei mezzi altrettanto naturali, i quali appaiono come prodigi agli occhi del profano soltanto per il motivo che egli non ha la benché minima idea né dei mezzi occorrenti né del modo di usarli per ottenere l’effetto voluto. Ma una volta istruito riguardo ai mezzi e al modo di usarli e riguardo alle conseguenze che ne scaturiranno, allora egli stesso sarà subito in grado di compiere lo stesso prodigio in maniera assolutamente uguale a quel mago che prima egli considerava un operatore di miracoli»

5. Osserva Roclus: «Anche la produzione magica del paesaggio da parte del mago di Thiba?»

6. Risponde Raffaele: «Senza alcun dubbio; però i mezzi occorrenti sono un po’ difficili da procurare, perché proprio quel mago ha inventato un mezzo, e pure tutto il resto; ma certo queste cose egli non le venderà mai, e per conseguenza per te è difficile ottenere gli effetti che lui riesce ad ottenere nel suo paese e che gli hanno procurato la fama di mago di prim’ordine.

7. Ma se tu ti intendessi dell’arte di fondere la silice pura e di preparare con questa un vetro di una trasparenza perfetta, e finalmente di levigarlo e lucidarlo come si fa con le pietre preziose, arte questa conosciuta perfettamente agli indiani, allora capiresti ben presto e in maniera chiarissima cosa ci sia dietro al prodigio, e ciò in maniera ancora tanto più chiara se tu, in aggiunta, fossi come un secondo Apelle al quale era propria una tale abilità da riprodurre l’acqua sulla tela per mezzo dei colori con tanta naturalezza che perfino gli uccelli ne restavano ingannati.

8. Il mago con il quale hai avuto a che fare tu è un famoso pulitore di pietre preziose, e possiede il segreto della fabbricazione del vetro dalla silice e della relativa levigatura; e oltre a questo egli è uno fra i migliori pittori di tutta l’India, particolarmente per quanto riguarda l’imitazione del paesaggio per mezzo del disegno e dei colori, naturalmente in proporzioni molto ridotte. Egli si è poi costruito degli speciali congegni per fare comparire i suoi paesaggi dipinti attraverso una lastra di vetro ben pulita e levigata precisamente a questo scopo, e in questo modo egli ottiene un’illusione ottica simile a quella che hai avuto tu quando hai contemplato il paesaggio marino.

9. Si tratta infatti di una scienza avvolta completamente nel mistero e di una invenzione dovuta ai Fenici e passata poi anche agli Egiziani, i quali hanno avuto una cura straordinaria perché essa rimanesse un mistero allo scopo di avvalersene per le loro magie di carattere straordinario. In un paio di migliaia di anni tutti i popoli saranno completamente consapevoli di queste cose, e allora sicuramente non vi sarà più neppure un uomo dotato di ragione pura disposto a prendere un fenomeno di questa specie per un miracolo, e poi meno che meno per un miracolo di qualità assolutamente straordinaria».

 

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Cap. 46

Il sacerdozio come nemico della luce.

 

1. (Raffaele:) «Io ti dico che l’umanità arriverà al punto di viaggiare su vie di ferro alla velocità di una freccia lanciata con l’arco, e aggiungo che essa parlerà con la lingua del lampo da un capo all’altro del mondo e che volerà nell’aria come gli uccelli, oltre a mari e a continenti; eppure nessuno riterrà dei maghi e meno che meno degli dèi coloro che faranno tali cose! Certo però che la casta sacerdotale, che sempre dovrà sussistere, userà ogni mezzo per impedire che al popolo venga fatta luce in proposito, ma tutte le sue fatiche saranno completamente vane!

2. Quanto più i sacerdoti si proporranno di condurre il popolo verso la notte e verso ogni tipo di tenebre, tanto più essi desteranno a tanta maggiore attività - a loro ostile - gli spiriti della luce i quali sussisteranno sempre, e così una luce sempre maggiore e più intensa si diffonderà tra il popolo fino a che i sacerdoti stessi si vedranno costretti a bere al calice della luce, per loro estremamente amaro, e di farsi essi stessi apostoli della luce. Prima però di arrivare a questo punto dovranno venire sostenute molte gravi lotte.

3. Ed avverrà che i maghi saranno fatti oggetto di gravi persecuzioni, e il germe di tali persecuzioni esiste già in parte nel fariseismo; nella parte maggiore però esso esiste presso di voi, o esseni, che ora vi state comprando le arti magiche da tutto il mondo. Voi, in segreto, già guardate con occhi colmi di gelosia qualsiasi operatore di fatti meravigliosi, particolarmente se egli si dedica ad opere di questo genere che voi avete già rinchiuse tra le vostre mura ed accolte nel vostro repertorio agli scopi della vostra industria fondata sull’illusione del popolo.

4. Sennonché a Dio, il Signore, piace ora concedere che vengano gradatamente fatte delle invenzioni assolutamente straordinarie non per mezzo di sacerdoti, ma per mezzo di uomini dall’apparenza insignificante, in seguito alle quali l’umanità trapasserà ad un alto stato di cultura.

5. Certamente, i sacerdoti cominceranno ad opporvisi con la massima forza e fra i più grandi clamori, e lo faranno inizialmente ricorrendo al ferro e al fuoco; però tutto ciò non servirà a nulla, dato che con quanta maggiore violenza i sacerdoti lotteranno contro la luce che avanza e tanto più le loro cattive brame, egoistiche ed ambiziose, appariranno nella loro cruda nudità dinanzi agli occhi del popolo, così che questo perderà tutta la fede e la fiducia in loro.

6. Infatti, in colui del quale ci si è accorti una volta che voleva ingannarci, non ci sarà più nessuno disposto in avvenire a ridargli fiducia, neppure quando quello che egli si accingerà ad esporre sarà corrispondente a realtà e a verità, perché emergerà sempre il timore che sotto a quanto costui dice si celi qualche mala intenzione in perfido agguato. In conseguenza di ciò per una casta sacerdotale, che si sia eccessivamente fatta scoprire in seguito al proprio zelo maligno, sarà finita non solo in parte, ma addirittura completamente.

7. Ma il Signore, fuori dal Suo Ordine, ha voluto disporre una volta per sempre, che ogni elemento maligno e falso debba sempre distruggersi da se stesso, e quanto più esso si sforzerà di erigersi ad esclusivo dominatore, tanto più presto correrà da solo incontro alla propria rovina.

8. Tutto il malvagio operare degli uomini su questa Terra è simile ad una macchina che tanto prima si logora e si rende inadoperabile, con quanta maggiore foga e quanto più ininterrottamente viene fatto uso di essa. Il corpo umano stesso si logora e si distrugge tanto prima quanto più appassionatamente fa la sua opera nel seguire gli avidi impulsi.

9. Perciò per un vero filosofo della vita il fatto di vedere tutte le caste sacerdotali compiere, ispirandosi al male, cose tali alle quali la sua ragione deve ribellarsi del tutto, ebbene, per un vero filosofo della vita tutto ciò non costituisce mai un motivo per non credere a Dio! Infatti, il Signore permette che avvenga così in primo luogo affinché in questo modo la vera ragione pura si desti tanto più alla vera attività, ed in secondo luogo perché con ciò tanto prima il male si distrugga da se stesso e si condanni alla rovina.

10. Di giorno nessuno va in cerca della luce, e non l’apprezza nemmeno nel suo giusto valore, perché in nessun luogo sente l’oppressione della notte. Di giorno è bello vagare di qua e di là, perché si può evitare ogni buca, ogni pietra gettata sulla via e ogni voragine dato che si scorgono già da lontano! Tutt’altra cosa è camminare di notte, quando si è circondati da tenebre fittissime; ed allora non si può procedere che faticosamente e con le maggiori cautele!

11. Ma in tali condizioni, con quale gioia il viandante saluta la benché minima fiammella che a stento gli illumini il sentiero dinanzi, sia pure per pochi passi soltanto! E con quale desiderio ardente il pellegrino amante della luce si affretta nel deserto incontro ai chiarori dell’alba!

12. Ora vedi, succede precisamente così agli amanti della luce spirituale che si trovano immersi nel mezzo di una notte spirituale, notte in grandissima parte diffusa fra l’umanità spesso credulona ad opera della vergognosa avidità e dell’ambizione dei sacerdoti, ma quanto più tenebrosa diventa la notte, tanto più si sente anche la mancanza della luce, e tanto più viene tenuto in maggior conto il pieno valore della luce spirituale.

13. Gli individui che già fin dalla nascita sono completamente ottenebrati inseguito ad una educazione contorta, non sentono certo la mancanza della luce dello spirito e si trovano a loro completo agio, cullati come sono dalle consolazioni cieche dei loro sacerdoti, i quali non si stancano di raccontare loro sempre una quantità di storielle, quanto mai edificanti, di uomini morti da molto tempo, ma che vissero in maniera devota e fedele del tutto conforme alle massime sacerdotali, e le raccontano con i più vividi colori. Questo basta per mantenere tranquilli coloro che sono totalmente ciechi; spesso versano abbondanti lacrime per la commozione, e il loro animo diventa benevolo, cosa questa che, naturalmente, non torna mai a svantaggio dei sacerdoti.

14. Simili individui, come già detto, sentono altrettanto poco l’oppressione della loro notte spirituale, quanto poco un tale, completamente cieco fin dalla nascita, abbia mai potuto sentire l’oppressione di una notte per quanto tenebrosa: per lui un sole non sorge mai, né tramonta mai! Ma ben altrimenti la notte opprime colui che era continuamente abituato a procedere nella luce del giorno eterno della verità e che poi, pur essendo eccellente cantore, si vede costretto ad urlare con i lupi se vuole conservare intatta la pelle!

15. Immaginatevi la situazione di alcuni pochi vedenti che venissero a trovarsi in una comunità esclusivamente composta da ciechi! Se uno dei vedenti si mettesse a descrivere la magnificenza immensa della luce e il suo splendidissimo gioco di colori, i ciechi gli intimerebbero immediatamente di tacere e lo qualificherebbero come impudente e come malvagio mentitore, mentre egli avrebbe la più assoluta convinzione della verità chiarissima di quanto ha enunciato! Dimmi tu ed immaginati in quali condizioni d’animo verrebbero a trovarsi i vedenti i quali fossero in possesso di mezzi senz’altro migliori per ridonare la vista alla maggior parte dei ciechi di tutta la comunità purché essi semplicemente lo volessero. E in quali condizioni d’animo ti troveresti tu con la tua ragione pura?».

 

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Cap. 47

I frutti della notte e i frutti della luce spirituale.

 

1. Dice Roclus: «Questa sarebbe davvero una situazione assolutamente insostenibile per uno che ci vedesse e che magari per di più fosse medico! Oh, certo, sarebbe mille volte preferibile non esistere assolutamente piuttosto che vivere da vedente fra i ciechi che sono pieni di diffidenza, di presunzione e di orgoglio! Ma tu hai ragione, o mio caro e sapientissimo giovinetto! Il mondo è fatto così e non altrimenti; per conseguenza, a mio avviso, è preferibile abbandonare i ciechi al loro destino ed evitare il più possibile di scontrarsi con loro. Quando si troveranno in queste condizioni, cioè senza che ci sia più nessuno provvisto di buona vista che li guidi, essi, prima o poi, devono tutti finire con l’arrivare sull’orlo di un qualche abisso che inevitabilmente li inghiottirà tutti. Pure la loro fine si prospetta triste; ma essa è certa, e nessuno può preservarli da essa!»

2. Dice Raffaele: «Vedi, questa volta hai giudicato rettamente, e vedi, anche il Signore, in base al Suo Ordine, non si comporta diversamente con gli uomini! Quando accade che una comunità o addirittura un intero popolo si schieri di propria libera e perversa volontà contro la Verità e la Luce dai Cieli, il Signore permette pure che un simile popolo trapassi nella notte più profonda della vita. Ed immerso in questa notte esso comincia ben presto a commettere una follia dopo l’altra, e con ciò, agli occhi di chi sia anche solo un po’ vedente, esso rende manifesta la propria maligna cecità e la menzogna che si esprime in ogni atto della volontà ed in ciascuna aspirazione ed azione. Infine, un simile popolo, totalmente inguaribile, non può certo fare a meno di arrivare sull’orlo di un qualunque abisso destinato ad inghiottirlo senza grazia né pietà, mentre i vedenti si propagheranno e cominceranno a benedire con la loro luce il terreno, sia dal punto di vista spirituale che corporale.

3. Tuttavia il Signore, finché un popolo ha un bagliore sia pure lievissimo della vera luce entro la propria cerchia, non lo lascia sicuramente arrivare fino all’orlo dell’abisso, perché nel bagliore c’è pur sempre contenuto un presentimento ammonitore contro la rovina.

4. Ma quando invece presso un popolo l’avversione per la luce della verità si è fatta vero odio, e quando tale popolo ed i suoi sacerdoti iniziano una vera caccia ai vedenti e li perseguitano in tutti i modi, come succede ora e come è successo già appunto da lungo tempo presso il popolo ebraico, allora io ti dico che anche la Pazienza del Signore raggiunge il limite estremo, e così un simile popolo non sfugge più alla propria rovina.

5. Ed allora avviene pure che il Signore stesso scende dai Cieli sulla Terra e tiene giudizio contro gli scellerati ciechi e malvagi, come appunto sta verificandosi attualmente qui sulla Terra, e precisamente nel bellissimo paese degli ebrei, il popolo eletto di una volta!

6. Però il Signore radunerà ora intorno a Sé i pochi fedeli e vedenti ancora rimasti, e donerà loro la pienissima Luce dai Cieli; però accanto a questa Luce non potrà sussistere niente che sia privo di luce, ma tutto questo verrà sospinto verso l’orlo estremo dell’inevitabile abisso. Ma poi dinanzi ai vedenti non potrà più servire a nulla un falso prodigio, bensì servirà solo un prodigio che proceda nel modo più vero dalla Forza di Dio, Forza che Egli ha posto nel cuore di ogni uomo che vede la verità.

7. Infatti, la fede falsa e cieca, che veramente è una superstizione, si rivela anche troppo presto per quello che è attraverso la menzogna e opere ingannatrici di ogni specie, e mediante una durezza di cuore che si accentua sempre più, mentre una fede vera e vivente si dimostra per quello che è grazie alla pienissima verità in tutte le cose, senza riserve, e grazie ad un amore degli uomini che si accresce sempre di più l’uno verso l’altro e verso Dio, e per mezzo di tale verità e di tale amore, la fede vera e vivente rende testimonianza di sé altresì nella Forza e nella Potenza divine che Dio ha posto in ciascun cuore umano che vede la verità.

8. Che giova allora all’uomo tutta la sua arte e scienza segreta, se alla fine perfino i passeri, i quali vedono, gridano dai tetti al falso profeta, davanti a tutto il mondo: “Tu sei un perverso imbroglione, sempre alla ricerca del tuo tornaconto, ed i tuoi miracoli tu li compi davanti ai ciechi! Ma i veri figli di Dio che hanno gli occhi buoni non li potrai mai ingannare, perché questi possono compiere ben altre cose grazie alla Potenza di Dio nei loro cuori, Potenza che è lo Spirito dell’eterno Amore, ed essi con il loro sguardo penetrano dentro alla tua miserevole, artificiosa costruzione e indovinano esattissimamente le tue spregevoli intenzioni! Raccogli dunque insieme i tuoi fraudolenti artifici, e diventa poi un uomo vedente nella vera Potenza di Dio, altrimenti noi passeri ti toglieremo anche quel minimo bagliore di considerazione che ancora ti resta!”. Dimmi! Potresti serbare rancore ai passeri che ti dicessero questo? Certo, niente irrita di più l’imbroglione che il venire affrontato con la piena luce della verità, ma bisogna pure che anche lui finisca per riconoscere la verità, che gli piaccia o no!

9. Ed ora eccoti qui l’evidente prodigio sorto grazie alla vera Potenza di Dio! Tu sei un esseno, ed oltre a questo sei anche uno dei principali maestri di miracoli di quest’ordine: resusciti i morti, tiri giù la Luna per porla addirittura davanti al naso dei ciechi nello spirito che la stanno ammirando con gli occhi imbambolati, e fai parlare gli alberi, l’erba, l’acqua, le rupi ed i muri. Ma cosa diresti se questi passeri umani di tutte le razze e di tutti i ceti cominciassero a spiegarti ad altissima voce in quale modo tu e i tuoi aiutanti, quando il turno di servizio vi richiama entro le mura del vostro chiostro, risuscitate i vostri morti e fate parlare gli alberi, l’erba, l’acqua, le rupi ed i muri, e qualora infine vi presentassero un morto chiedendovi di richiamarlo in vita? Quali ragionamenti allora maturerebbero nel tuo acuto intelletto?».

 

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Cap. 48

Roclus difende l’istituzione degli Esseni e i loro miracoli ingannevoli.

 

1. Risponde Roclus: «Eh, dovrei rassegnarmi ad ascoltarli senza poter ribattere nulla, perché la verità resta sempre verità, che essa mi arrechi danno oppure vantaggio! Ma ormai comprendo cosa hai voluto dirmi effettivamente con questo, e cioè suppongo che tu voglia farmi capire che anche il nostro ordine è qualcosa di cattivo e che dovrà finire con l’andare inevitabilmente incontro al suo tramonto non appena la pura Luce divina dai Cieli avrà illuminato i cuori degli uomini. Ebbene, amico mio, questa è pure una verità alla quale niente può venire opposto, perché, qualora tutti gli uomini od almeno in gran parte venissero iniziati da Dio in tutti i nostri misteri, senza alcun dubbio sarebbe suonata l’ultima ora per la nostra attività. Però in ogni caso non potranno mai rimproverarci di aver agito sia pure con un solo minimo briciolo di cattiva volontà e di egoismo, dato che in questi tempi quanto mai foschi non abbiamo fatto altro che prenderci a cuore almeno il generale benessere terreno dell’umanità, ed il nostro chiostro in sé e di per sé non è altro che un’istituzione che promuove l’amore e l’amicizia. E per raggiungere tale scopo non abbiamo mai scelto neanche un mezzo che possa dirsi proprio cattivo!

2. Certamente, mi si potrebbe obiettare: “Ogni inganno è già di per sé un mezzo cattivo!”, però io mi permetto di ribattere decisamente questo, e lo farei forse pure a un Dio in persona: “È vero che l’inganno è sempre un cattivo mezzo qualora vi vada congiunta anche la minima cattiva intenzione per una ragione o per uno scopo egoistico qualunque, ma quando devo constatare che all’umanità non può venire recato aiuto in nessun altro modo se non per le vie di un evidente inganno, allora se per puro amore verso il fratello che soffre ricorro a quest’unico mezzo che resta, e così gli vengo infallibilmente in soccorso, secondo me anche il più evidente inganno non è affatto un mezzo cattivo, ma è un mezzo quanto mai buono e giusto e contro il quale non c’è Dio che possa obiettarmi qualcosa!”. Ed a corroborare questa mia affermazione io ti citerò un solo esempio tratto dall’esperienza della mia vita di esseno, e poi dovrai finire con il darmi ragione anche se tu stesso fossi dieci volte un Dio.

3. Una volta mi si presentò un uomo in lacrime, la cui moglie, giovane e onesta e che egli amava molto, era stata colpita da una malattia tale da cui lei poteva guarire con sicurezza matematica solo con un unico rimedio assolutamente infallibile ed a me molto ben conosciuto! Qualsiasi altro rimedio sarebbe stato senz’altro micidiale per lei ed avrebbe fatto del marito l’uomo più infelice di questo mondo. La donna però provava tanta ripugnanza per quel noto rimedio che lei avrebbe preferito morire dieci volte piuttosto che servirsene per ottenerne una guarigione certa. Tutte le parole spese per persuaderla a prendere la medicina non ebbero alcun effetto, e perciò il marito era al colmo della disperazione! Io però, a cui le buone idee non avevano mai fatto difetto in simili circostanze imbarazzanti, dissi in tono serio e deciso alla donna, in presenza del marito: “Oh, sta tranquilla, perché io conosco cento altri rimedi che guariscono le malattie di questa specie e ciò con molta maggiore rapidità e sicurezza e senza ricorrere a quella di cui abbiamo parlato!”. Ora con queste parole io avevo già detto una grossa bugia, poiché un altro rimedio non avrei saputo dove trovarlo per tutto l’oro del mondo. Questa vera menzogna gigantesca era dunque già un primo inganno commesso per il bene dell’ammalata.

4. Il secondo inganno poi, più grande ancora, dovette essere necessariamente quello di dare un altro nome all’unico rimedio conosciuto, mescolandovi dentro qualche sostanza neutra, che all’apparenza lo rese tanto differente nel colore quanto in parte anche nel sapore, e così lo presentai chiedendone un prezzo considerevole. Tre libbre d’oro ebbero il potere di cambiare radicalmente la situazione; la donna acconsentì con molta gioia a prendere la medicina, e dopo poche ore non solo si trovò fuori pericolo, ma apparve subito di nuovo in tutta la sua freschezza e gioia di vivere, e perfettamente guarita! Io stesso potei a mala pena frenare una grossa risata per questo imbroglio, però fino al momento in cui parliamo, né il marito, né la moglie hanno avuto mai neppure un lontano presentimento dell’imbroglio da me combinato per il bene di tutti e due!

5. Ma ora io ti domando: “Questo inganno fu in sé e di per sé buono o cattivo?”. Tu taci, ed evidentemente non puoi ribattere nulla! Adesso ti citerò un secondo esempio, riservandomi poi di sentire la tua opinione.

6. Ecco: un anno fa accadde che l’unica figlia tredicenne di genitori molto benestanti morì in seguito ad un maligno attacco di lebbra; io ne venni informato per combinazione, e mi affrettai subito ad andare in casa loro dove trovai padre e madre immersi nel lutto e nella desolazione per l’immensa perdita subita. Io fermai la mia attenzione sulla ragazza che giaceva inanimata sul suo letto e vidi che aveva una grande somiglianza con una fanciulla che era ricoverata nel nostro istituto di cura, ed alla mia mente balenò subito il pensiero che a quella coppia immersa nel dolore si avrebbe potuto e dovuto portare consolazione ed aiuto!

7. Io allora chiamai immediatamente a me il padre, e gli dissi: “Non disperare! Io sono un vero esseno, e ti dico che è in mio potere rianimare questa dormiente mediante un prodigio, purché tu sia disposto ad affidarla alle cure del mio istituto! Falla trasportare là dentro con tutto quello che possedeva mentre era viva e fammi una descrizione esatta delle sue abitudini, del suo carattere, delle sue simpatie e antipatie, insomma, di tutto l’ambiente in cui si è svolta la sua vita, ed io ti garantisco che al massimo entro due mesi ricondurrò fra le tue braccia questa tua figlia ora inanimata!”

8. Va da sé che, dato il tono serio in cui io mi esprimevo, i genitori non stettero a pensarci su molto a lungo, perché già anticipatamente essi mi ritenevano assolutamente incapace di un inganno. Per conseguenza tutto quello che era appartenuto alla fanciulla fin dal tempo dell’infanzia doveva venire trasportato nell’istituto assieme al corpo inanimato. Siccome durante il tempo della mia funzione, quale affiliato all’ordine, io avevo avuto frequente occasione di visitare quella casa, ed avevo conosciuto benissimo la ragazza, e dato che l’allieva a cui ho fatto menzione prima aveva una somiglianza straordinaria con la defunta ed era dotata di grande capacità di adattamento, così uno scambio si prospettava facilmente possibile. Trascorso perciò il tempo di circa due mesi, l’allieva si trovò perfettamente trasformata nella figlia resuscitata di quei genitori che pieni di fede ne attendevano il ritorno.

9. Io stesso mi assunsi l’incarico di ricondurre la resuscitata alla casa paterna. Quando i genitori mi scorsero da lontano e mi riconobbero immediatamente, essi, al colmo della gioia, ci corsero incontro con le braccia aperte, e la pseudo-figlia, ad un mio cenno e secondo le istruzioni già avute riguardo a come avrebbe dovuto comportarsi, fece lo stesso. Oh, tu avresti dovuto essere testimone della beatitudine dei due genitori! Certo, avresti versato lacrime di gioia come me!

10. Ora, per mezzo di questo inganno, sicuramente bene architettato, ma tuttavia colossale, quella volta vennero rese felici tre persone: i due sconsolati genitori, padre e madre, avevano ritrovato indubbiamente la figlia perduta, e la povera fanciulla aveva a sua volta trovato due benefattori quali il suo cuore non avrebbe potuto proprio mai desiderare di migliori. Ma io che guadagno ne ho ricavato? Io ti dico, come è vero che io sono qui presente: “Nessun altro all’infuori della piacevole consapevolezza di aver ridonato la perfetta felicità a tre persone”

11. Ma io domando adesso se anche questo inganno va classificato fra i cattivi! Senza dubbio, io stesso non esito a dichiarare condannabile qualsiasi inganno che venga perpetrato da qualcuno contro il prossimo innocente per soddisfare unicamente il proprio egoismo e la propria spregevole avidità di guadagno. Ma se io ricorro invece ad un inganno sapientemente combinato soltanto quando ho la pienissima convinzione che ad una qualche persona molto infelice non è assolutamente possibile portare aiuto in altra maniera, io penso che anche il più grosso imbroglio divenga qualcosa di molto buono e che non possa venire qualificato come cattivo da nessun Dio che sia ragionevole e saggio, anzi a mio parere si deve essere quanto mai grati all’inventivo spirito dell’uomo che entro la cerchia del nostro ordine ha ideato ogni tipo di mezzi per ridonare la felicità e la salute fisica all’umanità sofferente!

12. Se poi si deve prestare fede alle vostre Scritture, non si è forse servito di un inganno anche il vostro Dio di fronte al vecchio e cieco Isacco per donare al Suo popolo in Giacobbe un patriarca migliore di quanto lo sarebbe stato il primogenito e rozzo Esaù? Io condivido senz’altro la tua opinione che ogni perfido inganno malvagio, qualora abbia raggiunto il punto culminante, deve distruggersi da se stesso, ma un inganno commesso per il bene dell’umanità non si può mai distruggere da solo. Ciò non potrebbe accadere se non per opera di un traditore intenzionalmente malvagio! Ma allora è evidente che l’amico della verità che rivela il nostro buon inganno è mille volte peggiore del peggiore ingannatore del popolo del nostro ordine! Ribatti adesso al mio ragionamento se ne sei capace! Sotto questo aspetto io sono pronto a sostenere qualsiasi disputa con te».

 

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Cap. 49

La differenza tra accortezza di vita e inganno.

 

1. Dice Raffaele: «Caro amico, io devo dichiarare apertamente che con te è in verità alquanto difficile ragionare, perché tu parti sempre dal principio che ciascun mezzo viene santificato unicamente dall’intenzione e dallo scopo, ma sotto questo aspetto io davvero non ti posso dire altro che tu, nonostante tutto il tuo buon volere e tutta la tua acutezza di intelletto, ti trovi su una falsa strada, ed inoltre che tu, malgrado la tua ragione e per quanto anche pura essa possa essere, non hai ancora afferrato proprio quasi niente di tutto quanto è veramente contenuto nelle parole che ti ho rivolto poco fa!

2. Tu continui a non aver di mira se non il vantaggio materiale e la felicità terrena degli uomini, perché non hai ancora nessuna idea dei rapporti spirituali!

3. Certo, per questo mondo si può rendere perfettamente felice un uomo ricorrendo ad illusioni di ogni specie, sennonché nei riguardi della sua anima e del suo spirito non gli si procura assolutamente nulla di buono, anzi anche troppo spesso gli si causa davvero molto male.

4. Tu mi hai citato un paio di esempi tratti dalle esperienze della tua vita, e per quanto concerne il primo non avrei davvero niente da obiettarti; perché il trattamento fatto all’ammalata non fu a rigore di termini un inganno, ma fu un atto ispirato ad accortezza, talvolta necessaria nella vita.

5. Davanti a Dio sono ritenuti inganno ogni azione mascherata ed ogni lusinga, in seguito alle quali gli uomini devono necessariamente subire un danno fisico e morale. Ma se tu mascheri un discorso, una lusinga o un’azione al solo scopo di aiutare sicuramente, in questa maniera, fisicamente e moralmente un tuo fratello, che molto spesso è affetto da ogni tipo di debolezze e che è difficile o anche impossibile riuscire a convincere per via diretta, allora il tuo agire si ispira ad una sana accortezza di vita, buona e molto raccomandabile, e quindi non è affatto un inganno.

6. Se al tuo agire, al tuo parlare o alla tua lusinga tu unisci sempre un’intenzione veramente nobile e buona, allora tu non fai che mettere in pratica una saggia accortezza di vita, per la quale non ti verrà mai negata un’adeguata ricompensa dai Cieli. Ed è appunto a questa categoria che appartiene il tuo primo esempio; infatti, mediante una simile tua accortezza tu non ti eri proposto altro scopo se non quello di fare ciò che avevi riconosciuto come pienamente buono ed utile per l’ammalata.

7. Ma il tuo secondo esempio invece, quantunque abbia apparentemente lo stesso carattere benigno, appartiene ad una categoria ben differente. Con esso è stata fornita all’umanità - anche per molti anni futuri - una tale prova della potenza prodigiosa di questo vostro convento, grazie alla quale, date le condizioni generali di cecità in cui l’umanità si trova, si devono aprire al vostro istituto tutte le sorgenti dell’oro di questo mondo, e lo stesso istituto in un tempo non troppo lungo deve guadagnare delle ricchezze favolose.

8. Ma quali effetti produce la ricchezza terrena ed a quali conseguenze porta? Essa fomenta nell’uomo l’orgoglio e l’avidità di dominio, produce insensibilità e durezza di cuore, ed inoltre anche superbia e con ciò disprezzo e poi odio e persecuzione nei confronti del prossimo.

9. Tu prima, parlando con Cirenio, non hai avuto parole di lode per tutti i sacerdoti e avevi ragione perché hai dimostrato come i sacerdoti, i sedicenti rappresentanti di un Dio, spesso tormentino la misera umanità in modo bestiale lasciando che questa si affatichi a più non posso a loro vantaggio, mentre essi stessi non sono dediti che all’ozio più rivoltante, e ci hai descritto anche come per mezzo di torture morali e fisiche costringano l’umanità, che non capisce niente, a vivere, a lavorare e a morire per loro! Questa situazione di vita tu l’hai illustrata a dovere e hai messo in evidenza la sua nefandezza.

10. Ebbene, io ti dichiaro invece del tutto francamente che tutti i cleri, che esistono ancora ovunque, poggiano su basi più pure che non il vostro istituto, perché il loro fondamento era la solida e pura divina Verità dai Cieli, ma essa venne corrotta dagli uomini al punto che tu ormai non vi puoi trovare quasi più nulla all’infuori della menzogna e degli inganni di ogni specie. Ma che cosa mai ci si potrà poi attendere dal vostro istituto che già per principio è fondato unicamente sulla menzogna e sull’inganno?

11. Pensi forse che i vostri successori si atterranno sempre in maniera rigorosa alle norme da voi attualmente stabilite? Io ti dico che non passeranno cinquant’anni e le cose assumeranno tutto un altro aspetto! Gli imbrogli ed ogni specie di artificio magico vi si moltiplicheranno e si faranno più raffinati; voi estenderete la vostra attività perfino alla resurrezione di persone anziane; di questi esperimenti qualcuno vi riuscirà meglio e qualcuno peggio.

12. Per il tradimento dei vostri misteri voi stabilirete le pene più crudeli e più inesorabili, anzi voi arriverete al punto di dichiarare punibile perfino la domanda riguardo a come l’uno o l’altro fatto prodigioso vi sia possibile! La vostra sentenza suonerà così: “Tu, o popolo non hai niente da domandare! Tu ti devi limitare ad avere una fede priva di dubbi. Se c’è qualcosa che non va, vieni da noi e ti sarà dato un aiuto se verserai un’offerta commisurata secondo le prescrizioni! Di tutto il resto non occorre che ti occupi in eterno!”

13. Ma in questo modo gli animi desiderosi di conoscenza ne proveranno una rabbia segreta, e cominceranno ad indagare da ogni parte e così riusciranno a penetrare i vostri misteri dall’esterno. La constatazione di questo vi colmerà di segreto furore, e giurerete la più tremenda vendetta a coloro che avranno commesso sacrilegio contro il vostro santuario, vendetta che, quando sarà possibile, voi attuerete senza misericordia».

 

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Cap. 50

I pericoli dei miracoli ingannevoli dell’ordine degli Esseni.

 

1. (Raffaele:) «Tu ti sei dilungato a criticare gli indiani per via delle loro opere di penitenza, ma io ti assicuro che voi in cinquant’anni ne adotterete dieci volte peggiori, dato che, una volta che sarete arrivati al punto che la maggioranza del popolo rimarrà saldamente attaccata alla fede in voi, risultato questo che voi potete ottenere con estrema facilità con l’appoggio dei vostri pseudo-miracoli, allora le cose potranno prendere la piega che vorranno, perché il popolo si rassegnerà comunque ben presto a tutto e senza alcuna obiezione. Infatti, nella sua stoltezza esso non potrà che ritenervi dei servitori degli dèi sulla Terra e perciò dotati di ogni specie di misteriosi pieni poteri divini, contro i quali nessuna volontà terrena può nulla, come pure nessuna potenza umana di questo mondo potrà far nulla.

2. Per mezzo di simili prodigi voi certo potrete avere il popolo in vostro assoluto potere e potrete farne quel che vorrete, ma qualora ciò si sia avverato, basta che voi diciate all’uno o all’altro uomo: “O perfido peccatore! Ci è noto tutto quello che di male hai già pensato, voluto e quasi compiuto, anzi noi vediamo già germogliare nel tuo cuore i cattivi pensieri e desideri di cui tu sarai consapevole solo negli anni futuri e con ciò tu attirerai sul tuo nudo capo tutta la maledizione e l’ira degli dèi! Noi dunque ti ammoniamo in avvenire a scacciare da te ogni pensiero o desiderio di questa specie e a deporre anzitutto ai nostri piedi l’offerta più generosa possibile allo scopo di ammansire per questa volta gli dèi, nonché ti esortiamo infine ad infliggerti una penitenza dandoti ogni giorno dei colpi sulla schiena nuda con una corda, quasi fino a sanguinarne, e ciò lo devi fare per la durata di tre anni! Guai a te per l’eternità se tu non metti in atto questa penitenza nel modo più preciso!”.

3. Allora il disgraziato, che veramente non avrà mai nutrito in sé un cattivo pensiero, né meno ancora una cattiva volontà, crederà, senza obiettare nulla, di essere sul serio un gran peccatore degno della condanna più grande, e accetterà di buon grado di sottostare a tutto ciò che l’onnipotente ed onnisciente servitore di Dio avrà ritenuto opportuno appioppargli. Ma adesso io ti domando se, secondo il giudizio della tua ragione pura, questo scopo finale al quale senza dubbio dovreste arrivare, sia davvero buono e giusto e se anche sotto questo aspetto il mezzo risulti santificato dallo scopo finale che non può assolutamente mancare!»

4. Risponde Roclus: «Ma nessuno di noi ha mai avuto una simile intenzione, anzi noi abbiamo sempre voluto giovare all’umanità misera e sofferente; per conseguenza io non riesco ancora bene a vedere come il mio mezzo, consistente nella falsa resurrezione della fanciulla defunta, possa essere cattivo! Infatti, di quello che tu dici che noi dovremmo raggiungere in questo modo - verso cui secondo te tutti i nostri sforzi, per quanto anche velatamente, tendono appunto ad arrivare - questo io, malgrado tutta la mia ragione purissima, non riesco affatto a raffigurarmelo in nessun modo! Qualora si voglia pervenire ad uno scopo maligno, è evidentemente necessario nutrire una corrispondente volontà perversa; invece, per quanto riguarda noi, a quanto ne so io, si tratta del caso addirittura contrario! Da dove dunque potrebbe insinuarsi nel nostro istituto il massimo male fra i massimi?»

5. Dice Raffaele: «O amico, prendi del grano purissimo e spargilo su un terreno che sia stato mondato sia pure con la massima meticolosità, ma quando il grano sarà cresciuto, vedrai che vi troverai ancora in mezzo ad esso la zizzania in grande quantità! Dunque, considerato che ora tu e i tuoi compagni non fate altro che spargere sul terreno semi di zizzania di svariatissima specie, come potete sperare di raccogliere un giorno del bel grano?

6. In tutte le epoche e in tutte le regioni della Terra, fin dalle origini, da parte di Dio è stata sempre predicata la Verità purissima per bocca dei profeti compenetrati dal Suo Spirito; ma guarda un po’ tu adesso: a che cosa sono ridotte queste verità dopo circa un paio di migliaia di anni di questa Terra? In grandissima parte non è rimasta che zizzania, massime umane, menzogne ed inganni colossali e di ogni specie! Orbene, voi, il vostro istituto lo avete fondato solo sulla menzogna, e siete del parere che così vi sarà possibile suscitare la verità nei cuori degli uomini! Ma dove volete che vada a finire il mondo?

7. Se tu su una strada dove passa molta gente scavi una buca grande e profonda, a che cosa può giovare il fatto che tu, così facendo, non hai nemmeno la più lontana intenzione che qualcuno debba cadervi dentro e farsi del male? Ma quando di notte gli uomini procederanno per quella strada, dimmi un po’ se forse essi non precipiteranno nella fossa e non vi troveranno poi la morte in maniera assolutamente identica a come se voi l’aveste scavata appunto con l’intenzione che la gente vi cadesse dentro e vi trovasse la morte?

8. Oppure viene da te un malato e, malgrado tutta la tua ragione pura, non riesci a scoprire la natura del male che lo affligge; allora tu gli prescrivi alla cieca un rimedio che, date le sue condizioni, è per lui un vero veleno, ed in seguito a ciò egli muore! Ma può in questo caso il mezzo venire qualificato per buono per quanto tu, quale medico, sei stato animato dalle migliori intenzioni?

9. Coloro che scavarono una fossa o un canale di scolo in una strada costruita in un luogo molto paludoso, e tutto ciò senza un ponte che ci passasse sopra provvisto di robusti parapetti, ebbene, anch’essi avevano una buona intenzione, e cioè quella di prosciugare il posto rendendo più transitabile la strada; sennonché la loro miopia non concedette loro la preveggenza di capire che quella fossa doveva evidentemente essere quanto mai pericolosa per coloro che di notte avessero dovuto percorrere la via in quel punto.

10. Il mezzo dunque scelto per prosciugare il terreno fu, nonostante le migliori intenzioni, pessimo, avendo i bene intenzionati assolutamente omesso di tenere conto che la fossa, o il canale che fosse, poteva costituire un pericolo gravissimo per la gente che avesse dovuto transitare per quella strada durante la notte. Ah certo: se coloro che volevano migliorare la strada avessero colmato in quel punto il terreno paludoso con delle pietre o del legname, ottenendo così comunque l’effetto di prosciugare la strada, o se almeno avessero fatto un buon ponte ben solido sopra la fossa, allora sì che il mezzo sarebbe stato buono come l’intenzione. Ma poiché il loro pensiero era stato questo: “Di giorno comunque qualsiasi viaggiatore si accorgerà abbastanza in tempo dell’esistenza della fossa, e la eviterà; di notte, poi, che ciascuno si astenga dal viaggiare!”; è chiaro che in questo caso il mezzo era cattivo ed è pure evidente che esso non può venire giustificato in nessun modo da un’intenzione presumibilmente buona!

11. Ed è proprio per questo che così anche il vostro istituto, dai falsi miracoli per la salute dell’umanità, è un mezzo pessimo fino alla sua radice, perché voi nel gettarne le fondamenta non avete affatto tenuto presente quale incommensurabile danno ne sarebbe dovuto derivare per l’umanità. A che cosa potrebbe giovarti la falsa resurrezione della figlia del tuo amico, qualora costui, per mezzo di qualcuno cui egli dovrebbe prestare piena fede, venisse a sapere che la sua vera figlia fosse stata seppellita davvero e che al posto suo gli fosse stata restituita una fanciulla completamente estranea? Credi che il tuo amico si dichiarerà soddisfatto anche per l’avvenire di un simile inganno? Oppure non riesci ad immaginarti l’effetto immensamente devastante che una rivelazione di questa specie avrebbe per tutto il vostro istituto il quale verrebbe così a perdere ogni prestigio di fronte al popolo diventato scettico?

12. Considera un po’ sotto entrambi gli aspetti le conseguenze di una simile rivelazione dei vostri misteri, e poi incomincerai a comprendere se dei mezzi cattivi possono sul serio apparire buoni e giustificati dinanzi al tribunale sacro della vera Sapienza, la sola giusta, di Dio e dei Suoi spiriti della Luce, per il fatto che sono stati escogitati con una intenzione certo buona, ma sconsiderata e totalmente cieca, nonché tendente al raggiungimento di uno scopo soltanto apparentemente buono!

13. O non è invece vero che un simile procedere corrisponde ad un debilitare o addirittura ad un voler annientare la vera Forza dello Spirito di Dio, di cui non di rado furono colmi degli uomini di questa Terra, in parte per ambizione assolutamente falsa e in parte per invidia e grande gelosia e per timore di veder diminuire, se non proprio completamente ridotti al nulla, i propri guadagni? In quale stato d’animo può trovarsi un esseno, di quelli proprio irriducibili, considerando per bene questo miracolo evidente compiuto qui alla piena luce del giorno, pubblicamente, dinanzi agli occhi di tutti, il quale alla fin fine non può fare a meno di pensare tra sé: “Vedi, tu non sarai mai capace di fare altrettanto! Che figura possono fare tutti i prodigi degli esseni al paragone di questo?”».

 

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Cap. 51

I veri e falsi operatori di miracoli.

 

1. Dice Roclus: «Per noi che siamo capaci di pensare certamente non si può non vedervi un divario infinito, ma per il profano è tutto oro colato! Se un operatore di miracoli, che è tale per propria forza spirituale interiore, non ci sfida al cospetto del popolo e non rivela a questo il genere perfettamente naturale della nostra magia, a parer mio noi, maghi naturali, possiamo benissimo sussistere accanto al vero mago per propria interiore potenza spirituale-divina ed egli pure accanto a noi, a meno che non si senta forse mordere dalla gelosia!»

2. Osserva Raffaele: «Ah, è così che stanno le cose! Non hai proprio altri dolori che ti rodano le viscere? Credi sul serio tu che il vero operatore di miracoli, che è tale in seguito alla divina Potenza che dimora in lui, ci tenga agli onori ed ai profitti che gli può offrire questo mondo? Non c’è dunque per l’uomo proprio nessuno scopo superiore e più nobile all’infuori di quello di provvedere, nel modo migliore possibile, per il corpo e dell’essere tenuti in onore al cospetto di questa Terra fatta di materia? Ebbene, ascoltami.

3. Ciascun uomo possiede un’anima immortale, ed entro quest’anima vi è uno spirito ancora più immortale. Ma affinché l’anima, quale spirito che si sviluppa fuori dalla materia, possa unificarsi completamente con lo spirito originario di Dio - che si chiama “Amore” - l’anima stessa deve indirizzare ogni suo sforzo, con attività spontanea, in primo luogo a sottrarsi il più possibile alla materia e alle sue esigenze, qualsiasi aspetto esse possano avere, nonché essa deve rivolgere ogni aspirazione al puramente spirituale, ed inoltre anche ogni pensiero ed ogni azione; e in secondo luogo essa stessa deve avere continuamente cura di diventare una cosa sola con lo Spirito del puro Amore di Dio, che è insito in lei, dato che Dio stesso nella Sua Essenzialità fondamentale e primordiale è l’Amore infinitamente puro.

4. Ma come può sapere l’uomo che la sua anima è diventata una cosa sola con il vero Spirito di Dio che è in lei? Questo egli lo apprende in se stesso con immensa facilità! Quando tu sentirai in maniera vera e vivente che in te non vi è più alcuna traccia di orgoglio, di inutile ambizione, di invidia, di avidità di beni e di onori, nonché di egoismo, ma invece sentirai tanto più amore per il prossimo e per Dio e quando ti sentirai il cuore pervaso da una vera gioia profonda e commovente all’idea di aver sacrificato in caso di bisogno anche tutti i tuoi averi per venire in aiuto ai tuoi miseri fratelli e sorelle, anzi quando percepirai nel tuo cuore un dolore sincero per essere nell’impossibilità di aiutare un qualche poverello, quando per te Dio sarà diventato il Tutto, e la Terra con tutti i suoi tesori sarà un nulla, allora, certissimamente, la tua anima si sarà già unificata perfettamente con lo Spirito divino che è in lei, avrà raggiunto la vita eterna in misura completa, si sarà fatta sapiente e potrà, quando necessario, operare anche miracoli grazie alla sola propria volontà!

5. E allo scopo di avviare verso questa meta le anime umane, da parte di Dio viene conferita a più di un’anima pia, e già divenuta una cosa sola con Dio, la divina Potenza prodigiosa in grado particolarmente alto, affinché tale potenza renda testimonianza, di fronte ai deboli e agli uomini di poca fede, della meta assegnata da Dio agli uomini, e del modo nel quale occorre che essi vivano ed operino, per realizzare pienamente in loro stessi tale destinazione per la pienissima verità!

6. E così dunque, un vero operatore di miracoli non opera certo alcun prodigio per farsi ammirare dal mondo stolto e cieco, oppure per ottenere qualcosa di quello al quale soltanto il mondo materiale attribuisce un valore, ma opera un prodigio per indicare al proprio prossimo la vera via della vita, per infondere ai propri simili coraggio e fiducia nella lotta contro il mondo e le sue malvagie passioni, per mostrare loro qual è la vera ragione, il valore e lo scopo della vita, e per condurli in questo modo per la via più breve là dove tutti sono chiamati a pervenire da parte di Dio, cioè alla vita vera ed eterna ed alla sua beatitudine suprema.

7. Ma ora interroga te stesso e tutto il tuo istituto e vedi se i vostri falsi prodigi li avete mai compiuti con questa intenzione! Voi siete certo dei sapienti per questo mondo, e non si può dire che per natura siate proprio cattivi, però, affannati come siete nella caccia dei beni di questo mondo, nella vostra sfera vitale interiore voi stessi siete diventati completamente ciechi. Per voi il mondo e la felicità che esso può offrire rappresenta tutto! Per ottenere questo al più alto grado possibile, è anzitutto necessario acquistarsi la maggior considerazione possibile facendo uso di mezzi adatti e di sicuro effetto. Con la spada in mano la cosa non può andar sempre per il meglio, ma procurarsi invece un’aureola sul tipo di quella di una divinità mediante ogni tipo di artifici, questo non è assai difficile, dato che tutta l’umanità è per sua natura molto più avida di miracoli che non di guerre. È sufficiente poi, in aggiunta, che con l’aiuto di questi falsi prodigi ne derivi un qualche vantaggio materiale ai curiosi, sia pure soltanto apparente, ed allora la partita è vinta.

8. La vostra tendenza dunque non è affatto diversa da questa che io dirò ora e che esporrò per il tuo bene: “Noi, che ci siamo guardati in giro per vedere le cose di questo mondo, abbiamo fatto esperienza al punto da comprendere che l’uomo oltre a questa vita terrena non può, né deve attendersi un’altra vita! Ma dato che bisogna pur vivere su questo mondo, si cerchi di vivere almeno il più comodamente possibile. Per arrivare a questo si inventi qualcosa, mediante cui si possa rendersi indispensabili al popolo ed apparentemente utili nella maniera più facile e con la minor fatica possibile di questo mondo. Sarà poi il popolo stesso a sobbarcarsi ogni lavoro pesante per noi, e allora condurremo una vita bellissima, mentre il popolo, che provvederà per noi sotto ogni riguardo, così facendo sarà convinto di rendere un gradito servizio a Dio lavorando continuamente per noi! Noi, dal canto nostro, grazie alla nostra capacità di compiere miracoli, rappresentiamo per il popolo i perpetui e indistruttibili vicari degli dèi sulla Terra, e perciò potremo anche fare una vita degna degli dèi. Soltanto bisogna evitare in eterno il tradimento! Se possiamo sussistere per cinquant’anni senza che nessuno ci tradisca, avremo prìncipi e popoli che strisceranno nella polvere dinanzi a noi per la loro immensa umiltà.

9. Però, allo scopo di rendere la cosa il più efficace possibile, è necessario che da principio noi non badiamo a spese, e che tutto venga disposto in maniera tale da ottenere il maggior effetto immaginabile. Inoltre noi dobbiamo, al cospetto del popolo, atteggiarci a uomini il più possibile amorevoli, sensibili ai dolori altrui e veramente ispirati dagli dèi, ed allora verremo portati in palma di mano dal popolo! Gli antichi fondatori di religioni agivano certo quanto mai in modo avveduto quando plasmavano i popoli così da poterli manipolare ai loro scopi; noi però, esseni ricchi delle maggiori esperienze, vogliamo istituire una religione la quale dovrà venire abbracciata da tutti i popoli della Terra assieme ai loro reggenti! Infatti, noi sappiamo in quale modo vadano le cose in quasi tutti gli altri luoghi, e in seguito ne apprenderemo e ne sapremo anche di più; noi miglioreremo sempre più il nostro istituto che ha delle buone fondamenta, e lo arricchiremo quanto più sarà possibile di ogni e qualsiasi cosa che ci sarà utile, per esporla così completamente indistruttibile per tutti i tempi dei tempi di fronte a tutti i nostri nemici!”.

10. Ora, ammesso che i veri operatori di miracoli fuor dallo Spirito di Dio acconsentissero eventualmente anch’essi ad unirsi a voi, allora certo il vostro istituto di menzogna diverrebbe qualcosa di definitivamente invincibile e voi potreste in breve disporre di tutti i tesori mondani di questa Terra; sennonché questi veri operatori di miracoli sono, come sempre sono stati e come sempre lo saranno in avvenire, i nemici più accaniti di ogni inganno e di ogni menzogna, e quindi non si uniranno mai a voi; anzi, essi invece vi smaschereranno dappertutto e riveleranno ai popoli, nei minimi particolari, tutta l’organizzazione del vostro istituto tanto degno di lode secondo il vostro punto di vista! Ma con ciò le vostre belle e fiorenti speranze appassiranno ben presto, e non troverete più alcun credito! Ora, dopo quello che ti ho detto, vorrai sostenere ancora che la vostra istituzione dei falsi miracoli potrebbe sussistere così placidamente e fruttuosamente al fianco dei veri operatori di miracoli che sono da Dio? Vedi, io solo sarei benissimo in grado di infiacchire il vostro istituto a tal punto che in futuro certamente nessuno si sognerebbe neppure di ricorrere a voi per cercare un qualche aiuto! Credi alle mie parole o non ci credi?».

 

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Cap. 52

I dubbi di Roclus sulla potenza di Raffaele.

 

1. Dice Roclus: «Qualora la potenza delle azioni dovessero corrispondere in tea quella delle parole, allora non dubito affatto che una cosa simile ti sarebbe possibile; tuttavia, trattandosi di uomini, io ho fatto l’esperienza che i sapienti dotati di più poderosa eloquenza sono sempre i più deboli quando si tratta di venire ai fatti. Io quindi devo confessarti apertamente che non provo alcun particolare timore dinanzi alla tua potenza d’azione vantata con parole alquanto grosse! Ad ogni modo, molte cose sono possibili, seppure non sempre sono probabili!

2. Vai là, da quei genitori dei quali si è parlato prima, e dì loro che la figlia recentemente risuscitata da morte non è la vera, ma è un’altra che si è sostituita alla prima a causa della grande somiglianza, e vedrai se sarai creduto! Quello che potrai ottenere sarà di venire messo alla porta, ma è assolutamente escluso il caso che tu venga creduto, neanche se ti fosse possibile presentare loro un secondo esemplare della figlia ancora più somigliante, perché mi pare che l’idea dell’eventuale resurrezione della vera figlia dovrebbe venire scartata a priori da te, dato che, in primo luogo, deve essere difficile che ti sia noto il luogo dove lei è sepolta, e in secondo luogo bisogna ammettere che il suo corpo sia ormai già abbastanza roso dai vermi.

3. Questo, a mio modo di vedere, sarebbe l’unico mezzo per suscitare almeno per qualche tempo nei genitori qualche stupore; ed il massimo che ci si potrebbe attendere sarebbe che essi, essendo d’animo buono, l’accoglierebbero come figlia adottiva a causa della grande somiglianza. Ma adesso lasciamo stare questi inutili discorsi e parliamo di qualcos’altro!

4. Fai anche tu parte della compagnia che si trova qui? Qual è il vero scopo della vostra presenza in questi luoghi? Il governatore generale è qui per concedere delle udienze pubbliche al popolo come è già accaduto varie volte, per accogliere suppliche e ascoltare reclami dal popolo e dai suoi rappresentanti, oppure amministra qui in qualche modo la giustizia o tiene un consiglio di guerra? Infatti, io vedo qui gente dalle più disparate parti della Terra a me conosciuta; sono abbondantemente rappresentati perfino dei mori di una razza tanto nera quale non l’ho mai vista, non mancano neppure persiani, armeni, greci, romani ed egiziani!

5. In condizioni normali non mi sarei azzardato a venire fuori con questa domanda, sia per modestia, sia per il rispetto dovuto al saggio e venerando Cirenio; ma visto che discutiamo già da due ore, mi sono fatto coraggio e mi sono deciso a rivolgerti la mia richiesta! Se non ti è sgradito, dimmi qualcosa in proposito e chiariscimi pure con brevi parole come è veramente sorta questa casa assieme al giardino, al porto e alle navi! Io ho bene in mente tutto quello che mi hai già comunicato a tale riguardo, tuttavia con la sola potenza spirituale-divina nell’uomo la cosa non si può proprio spiegare! Questa forza può certo indicare all’uomo i mezzi più idonei al compimento di un’opera di questo genere; però mi pare che senza tali mezzi a simili risultati non si possa pervenire avendo a disposizione unicamente dell’aria! Andiamo dunque, o mio saggio e caro giovane amico; dimmi sinceramente quello che ti è noto in proposito!»

6. Risponde Raffaele: «Ancora solo un po’ di pazienza, poiché non siamo ancora arrivati alla fine della questione finora dibattuta; per quanto riguarda poi la presenza qui di rappresentanti dei vari popoli, non mi è lecito dichiarare pubblicamente qualcosa prima del tempo! Più tardi non ti mancherà l’occasione di apprendere ancora molte altre cose, nel frattempo riprendiamo tranquillamente l’esame del problema, e cioè se io sarei o no in grado di dare al vostro istituto un colpo terribilmente micidiale anche senza aver bisogno di procurarmi da un qualche luogo una seconda copia della fanciulla risuscitata in seguito ad un falso prodigio. Tu metti in dubbio la cosa; eppure di quanto io dico potrei convincerti immediatamente in maniera tale che ti si rizzerebbero i capelli sul capo! Ma dopo che cosa diresti?».

 

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Cap. 53

Roclus giustifica l’istituzione degli Esseni.

 

1. Osserva Roclus un po’ stupito: «Amico, la mia coscienza non si sente turbata dal ricordo di nessun crimine! Io sono sempre vissuto rigidamente secondo le leggi; che cosa mai dunque potrebbe farmi rizzare i capelli sul capo? Ma se il nostro istituto è proprio un tale abominio agli occhi di un Dio mai visibile agli uomini, la Cui esistenza però ormai non posso più certo negare dopo tutto quello che ho appreso da te, ebbene questo Dio onnisciente, onniveggente, onnipotente e supremamente saggio fin dalle origini dovrebbe pure disporre di un qualche mezzo per impedire con la massima facilità la fondazione di istituzioni del genere! Noi, e veramente prima di noi già i nostri predecessori, non ci siamo mai accorti di un qualche impedimento da alcuna parte, né prima, né durante, né dopo la fondazione di questo istituto; ed anche lo Stato da parte sua, al quale il progetto e gli scopi vennero ampiamente chiariti, fu pronto a dare il suo benestare all’edificazione di questo istituto che ritenne d’immensa utilità per se stesso tanto che ci assicurò sinceramente per tutti i tempi la più assoluta discrezione con la promessa, oltre a questo, che in caso di bisogno l’avrebbe difeso e tutelato anche con la forza delle armi. Neanche il popolo, per il bene del quale l’istituto era stato evidentemente edificato, fece alcuna obiezione; dunque da nessuna parte - né divina, né statale, né popolare - è stata elevata mai una qualche protesta contro l’edificazione di un tale istituto, quindi era perfettamente escluso che essa ledesse la volontà di qualcuno. Noi perciò, membri di questo istituto, possiamo presentarci con la coscienza assolutamente tranquilla dinanzi a chiunque, fosse pure un Dio, e non saprei davvero come tu potresti farmi rizzare i capelli sul capo!

2. Certo, in base alle tue parole, tu possiedi una forza particolare; sei forse addirittura colui che ha operato questo prodigio, ed è possibile anche che tu abbia il potere di fare ritornare in vita i morti mediante la tua sola parola e la tua volontà come nella nostra città corre voce che stia facendo un Nazareno, e non in segreto ma al cospetto di tutto il mondo, cosa questa alla quale non ho gravi difficoltà a credere, perché gli uomini sono interiormente degli spiriti di grandezza molto varia e può avvenire che qualcuno, sia per natura propria sia per effetto del caso, inventi una cosa della quale milioni di individui prima di lui non hanno avuto il benché minimo presentimento, ed egli mette poi in pratica la sua invenzione suscitando così il massimo stupore, spesso in metà del globo terrestre. Ed è per questo che non c’è oro che possa pagare il fatto che esista il nostro istituto, perché appunto esso cerca simili inventori, e si dà ogni pena allo scopo di conquistarli alla sua causa, e conseguentemente opera allo scopo di rendere patrimonio comune dell’umanità queste invenzioni isolate!

3. Noi esseni non perseguiteremo mai una persona che si distingue per le sue doti straordinarie, né porremo mai alcun impedimento al suo operare; anzi noi lo assecondiamo in tutti i modi e cerchiamo di conquistarlo possibilmente alla nostra causa, ciò che ci è già riuscito più volte. Che poi lui non se la passi male presso di noi, di questo restano garanti tutti gli affiliati al nostro istituto in modo assolutamente concorde. Vedi, così la pensiamo noi, così siamo e conformemente pure operiamo, senza preventivare compensi sia nell’aldiquà, sia nell’aldilà! Quello che viene reputato buono dal consiglio generale, noi lo facciamo sempre soltanto perché è ritenuto buono! Ma allora, da quale giudice ancora dovremmo attenderci una sentenza?

4. Vuoi vedere che alla fine sei tu stesso quel meraviglioso Nazareno! Allora va bene, anzi meglio ancora, perché così avremmo l’occasione di conoscere di persona l’uomo o il giovinetto del quale abbiamo inteso narrare tante cose fra le più straordinarie! Solo che mi sembri un po’ troppo giovane per essere il Nazareno, il quale, secondo la descrizione, dovrebbe essere almeno sulla trentina! Ad ogni modo questo non fa nulla, e non occorre che sia tu stesso il famoso Nazareno, perché anche in te c’è uno spirito molto vivace ed attivo, sei stato un po’ dappertutto e così hai raccolto ogni tipo di esperienze. Per quale ragione, dunque, in seguito a ciò non dovrebbe essere possibile anche a te acquisire delle capacità tali da lasciarmi sbalordito? Io non sono affatto geloso di te, né voglio negare a priori che accanto ai nostri prodigi apparenti ce ne possano essere anche dei genuini, perché i prodigi apparenti devono essere sempre stati preceduti da prodigi autentici, dato che in caso diverso non sarebbe mai stato facile che gli uomini avessero inventato i falsi prodigi! Ma c’è un’unica cosa che io ti devo assolutamente contestare, e cioè quella in cui secondo te noi abbiamo deliberatamente voluto raggiungere uno scopo malvagio riconosciuto per tale, mediante i nostri miracoli apparenti.

5. Di certo noi non ci rendevamo affatto conto di come in seguito a tali ingannevoli prodigi la sfera animico-morale dell’uomo dovesse venire completamente rovinata; ciò che senz’altro è un male gravissimo per l’uomo stesso, sennonché noi eravamo tutti quanti degli atei, non potevamo considerare nessun’altra sfera di felicità della vita se non quella terrena, dato che non credevamo in una vita dopo la morte del corpo, almeno non in una vita conscia di se stessa. Quello però che ci ha distolto dalla fede nell’esistenza di un Dio e che ci ha indirizzato sulla via del più completo ateismo, te l’ho già spiegato per LONGUM ET LATUM (in lungo e in largo) nella maniera più evidente e ragionata possibile, e credo quindi di trovarmi per quanto possibile puro di fronte a te, anche ammesso che tu fossi Dio in Persona.

6. Nelle mie viscere non si nasconde alcun punto della mia coscienza che sia malato e che io abbia tenuto nascosto, e perciò posso restarti di fronte con assoluto coraggio! Io non temo la morte, quantunque non sia proprio amico grande del dolore e della sofferenza; ora, come potresti fare rizzare i capelli sul capo per l’angoscia ad un uomo che può affermare di sé: “SI TOTUS ILLABATUR ORBIS, IMPAVIDUM FERIENT RUINAE!” (Vada pure tutto il mondo in pezzi, le rovine sosterranno comunque il coraggioso). Meglio restare dunque buoni amici, ed aiutiamoci in ciascuna cosa buona e vera, ciò che ad ogni modo deve riuscire di vantaggio all’umanità intera, ed allora, secondo il mio modo di vedere, non ci sarà bisogno di farci rizzare reciprocamente i capelli sul capo! Del resto, tu puoi fare quello che vuoi, ma in generale il mondo non si farà migliore di quanto lo sia attualmente e di quanto non lo sia sempre stato!

7. Ma adesso quello che preferirei sarebbe andarmene via assieme ai miei compagni! Infatti, mi accorgo della presenza qui di vari farisei, e mi perdonerai, o amico mio, se ti dico che trattandosi di simili individui, mi adatto malvolentieri a stare insieme a loro qualunque sia il luogo dove mi accada di incontrarne, perché questa gente è diametralmente contraria a qualsiasi progresso. Per concludere ti esonero da qualsiasi ulteriore spiegazione e fatica! Io ormai so il fatto mio e so cosa devo fare per arrivare alla vita eterna da Dio; per il momento non mi occorre altro e rinuncio pure agli eventuali altri chiarimenti riguardo alla miracolosa apparizione di questa casa, nonostante ne avrei volentieri appreso qualcosa di veramente preciso! Ma l’idea di avere vicino tutta questa gente, i farisei da una parte, e dall’altra quell’orso di un comandante di Cesarea, no davvero, sarà meglio che ce la svigniamo al più presto possibile!»

8. Dice Raffaele: «Oh, se non si tratta che di quelli, potete restare liberamente, perché ormai essi sono altrettanto poco dei farisei quanto lo sei tu. Chiunque sia qui, vedi, è un uomo puro, eccezione fatta di uno solo che viene tollerato a causa della Scrittura. Dunque non hai più bisogno da schivare la vicinanza di questi farisei! Ma tu hai detto di aver udito varie cose sul conto del prodigioso Nazareno! Raccontami dunque qualcosa a tale riguardo, ed io desisterò dal mio proposito di farti rizzare i capelli sul capo. Acconsenti?»

9. Risponde Roclus: «E perché no? Molte cose proprio non le so, ma quello che so ha buon fondamento e merita piena fede. Soltanto ci vorrà un po’ di pazienza perché possa raccogliere e coordinare i miei ricordi!».

 

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Cap. 54

Roclus narra quanto ha appreso sul conto del Nazareno e le sue opinioni.

 

1. Dopo una breve pausa, Roclus ricomincia a parlare e dice a Raffaele: «O mio carissimo e giovane amico dalla vera sapienza! Io sono pronto a raccontarti quello che so in proposito, naturalmente soltanto per averlo appreso non molto tempo fa da alcuni mercanti provenienti da Nazaret e da Cafarnao; a questi, per quanto concerne i fatti in questione, ho prestato fede incondizionata, poiché si tratta di persone oneste e serie, le quali meritano assolutamente di essere credute. D’altro canto devo però dichiarare che in proposito io non so una sillaba di più di quanto mi venne riferito in maniera fedele e vera appunto da questi miei compagni d’affari; ascoltami dunque!

2. Nella piccola città di Nazaret, posta vicino al Giordano superiore, e non nell’omonima borgata fra le montagne, viveva un carpentiere che dalla sua seconda moglie ebbe un figlio cui impose il nome di Gesù. Costui esercitò la professione del padre fino al suo trentesimo anno, vivendo completamente silenzioso, pensando molto e parlando poco; egli, quanto al resto, era di costumi assolutamente irreprensibili: non lo si vide mai litigare, né lo si vide rendere omaggio ad una seducente Venere, né a Bacco.

3. La caratteristica predominante della sua vita fu sempre una grande moderazione in tutto; inoltre egli dimostrò in ogni occasione di avere una grande modestia ed umiltà e di sentire pietà profonda per i poveri. Per il suo lavoro di carpentiere, sempre eccellente, non pretese mai altro che un modestissimo compenso che egli coscienziosamente consegnava ai propri genitori. Ma giunto il giorno nel quale ebbe compiuto trent’anni precisi, lasciò da parte tutti i suoi strumenti e non toccò più né accetta né sega.

4. I suoi fratelli e la madre, che probabilmente vive ancora, tutta gente rispettabilissima, gliene chiesero allora la ragione, e pare che lui abbia dato loro la seguente risposta, dal sapore estremamente mistico: “È giunta l’ora, a cominciare dalla quale Io devo adempiere la Volontà del Padre Mio nel Cielo; per questo sono venuto a questo mondo!”.

5. Dopo di che egli abbandonò presto la casa paterna e si ritirò nel piccolo deserto situato non lontano dal punto di deflusso del Giordano dal mare alle rive del quale, appunto, ora ci troviamo. Gesù accolse dei discepoli e cominciò a predicare l’amore per Dio e per il prossimo, ammonendoli di guardarsi dal vecchio lievito dei farisei, cosa questa che valse a farmi avere una stima immensa per quest’uomo, quantunque non avessi mai avuto fino allora la fortuna di incontrarlo personalmente in qualche luogo. Infatti, un avversario dei farisei è sempre nostro amico e può attendersi ogni aiuto da noi.

6. Ma oltre a predicare una simile dottrina quanto mai degna di ammirazione, si dice che egli disponga di una forza di volontà addirittura favolosamente magica, grazie alla quale egli compie prodigi tali che finora nessun mortale ne ha mai avuto un’idea nemmeno in sogno. Si dice, ad esempio, che egli richiami in vita qualsiasi morto senza ricorrere a mezzi terreni, ma valendosi unicamente della sua parola e della sua volontà; e per quanto mai queste cose possano anche apparire incredibili e leggendarie, tuttavia si dice che esse sono perfettamente vere! A farla breve, e secondo quanto si va narrando, egli va continuamente da un luogo all’altro, e insegna agli uomini a riconoscere se stessi e a riconoscere Dio in una maniera comprensibilissima, ed ogni suo passo è accompagnato da prodigi della specie più straordinaria!

7. I suoi discepoli, dei quali corre voce che siano ormai molto numerosi e che non si stacchino mai dal suo fianco, lo considerano un Dio, dato che un vero Dio con tutte le Sue meravigliose prerogative non è possibile che arrivi a compiere di più. Ma lasciamo stare queste cose, perché un Dio quale noi possiamo rappresentarcelo sotto svariatissime forme non è ad ogni modo altro che un parto floscio della fantasia umana, dotato di attributi assolutamente immaginari i quali a loro volta non rappresentano nulla, ugualmente come il loro nullo detentore, cioè il Dio immaginario!

8. Ma se le cose stanno proprio così riguardo all’uomo prodigioso da Nazaret, ciò di cui non dubito, io non vedo davvero il motivo per il quale non si potrebbe o non si dovrebbe ritenerlo un Dio! Sotto questo aspetto io ragiono così: “Quest’uomo, per sua naturale disposizione è certamente dotato, più che ogni altro di tutto questo mondo, delle maggiori attitudini e capacità, ed ha, mediante il proprio zelo per la vita, trovato in sé il centro della propria vita d’amore, ed ha poi accuratamente coltivato questo centro, lo ha nutrito, irrobustito e lo ha fatto sbocciare.

9. Per mezzo di questa vera vita che compenetra da ogni parte il suo essere completamente formato, egli si mette in comunicazione con la forza vitale ed universale della Natura, ed allora la sua volontà deve poter guidare non soltanto il suo proprio organo vitale, ma pure tutti gli organi della complessa Natura, e ciò per la ragione che egli, grazie alla sua vita, riunisce in sé le fila di ogni altra vita parziale nei vari esseri, e così può a suo piacimento anche disporre di tutti gli esseri”.

10. Già prima, quando ero ancora un ateo, io avevo azzardato con te l’osservazione che soltanto mediante il ritrovamento in se stesso del principio vitale qualcuno può innalzarsi alla dignità di un vero Dio e conquistare la vita eterna, ed ho accennato al come tale meta possa venire raggiunta, nonché alla probabilità che in passato più di uno sia pervenuto a tale meta e che più di uno ancora possa giungervi in avvenire. E infatti, eccoci ora qui di fronte all’uomo che viene da Nazaret il quale non è una favola e che giustifica appieno la mia affermazione; ed è appunto lui al quale pensavo quando ti ho fatto questa osservazione; io darei qualcosa se potessi incontrarlo in qualche luogo! Io stesso ambirei a farmi suo discepolo, e qualora le cose nei suoi riguardi stessero veramente così come ho appreso da alcuni miei colleghi, egli senz’altro sarebbe considerato da me come un vero Dio, ed io lo amerei con tutte le forze della mia vita e lo adorerei anche se in cambio tu volessi offrirmi mille Jehova degli ebrei e centomila esemplari del Giove degli egiziani!

11. Io te lo dico apertamente: “Tutti i Jehova e tutti i Giovi, siano essi egiziani, greci o romani, nonché tutti gli Atma e i Lama degli indiani sono delle nullità al paragone di quest’unico Nazareno il quale è un vero uomo prodigioso, e che noi esseni non temiamo affatto, visto che qualcuno dei nostri si trova pure fra i suoi discepoli e già più volte ci ha dato per iscritto notizie sia sul suo conto sia riguardo a che cosa egli stia facendo e insegnando!”. Certo, se quest’uomo si trovasse per caso qui, io non esiterei un momento solo a dirti: “Ecco! Questa è una vera opera di Dio!”.

12. Ad un Dio è possibile creare anche un nuovo mondo; infatti Egli ha in Sé i fili centrali della vita, per mezzo dei quali deve tenere completamente in proprio potere tutti gli esseri e tutti gli elementi dell’intera natura. Basta soltanto che egli voglia fermamente una cosa e questa stessa deve plasmarsi in conformità alla sua chiarissima e perfettissima Intelligenza. Archimede, un gran sapiente che aveva confidenza con le varie forze naturali, disse un giorno: “Datemi un punto fisso fuori dalla Terra ed io vi trarrò tutto il mondo fuori dai suoi cardini”. Queste furono delle parole pur audaci, ma tuttavia sempre grandi; va da sé che ad ogni modo egli avrebbe avuto un bel da fare con la sua leva a vite per sollevare tutta la Terra fuori dai cardini.

13. Invece il Nazareno non ha bisogno di alcuna leva materiale, ma della sua sola volontà per fare in modo che tutto il mondo assieme a noi si dissolva in atomi davanti a noi, per quanto, bene inteso, ci si possa immaginare per noi un’esistenza anche dopo la dissoluzione!

14. Soltanto il Nazareno è colui che ha inventato la vera leva, ed a lui non occorre alcun punto d’appoggio fisso fuori dalla Terra, ma gli basta la sua volontà, e tutta la natura visibile ha cessato di esistere! Ora vedi, questo Nazareno appartiene in certo modo anch’egli al nostro istituto, vale a dire all’istituto del vero e disinteressato amore del prossimo e per conseguenza non abbiamo da temere alcun maggiore o ancora più autentico operatore di miracoli, poiché noi abbiamo la convinzione che non vi è nessuno su questa Terra capace di misurarsi con lui.

15. O forse pretenderesti di affrontare una simile prova, tu che volevi farmi rizzare i capelli sul capo? Io invece, mio carissimo giovinetto, del resto degno di ogni stima, ti consiglierei anzitutto un po’ di modestia! Può certo essere in tuo potere fare molte cose, ma ci vorrà dell’altro prima che tu possa fare proprio tutto, mentre il Nazareno può veramente tutto! Caro il mio ragazzo, con lui mangeresti ben dure ciliegie! Io però finirò con l’incontrarmi con quel Nazareno un giorno o l’altro, e allora ti presenterò a lui, ma fin d’ora ti raccomando di fare bene attenzione a come potrai reggere al suo cospetto! Ebbene, conosci adesso l’uomo prodigioso da Nazaret?»

16. Risponde Raffaele: «Oh, oh, e come non dovrei conoscerLo se sono ai Suoi servizi da un tempo immensamente lungo?».

 

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Cap. 55

Il prodigio compiuto da Raffaele su richiesta di Roclus.

 

1. Dice Roclus ridendo: «O testa sventata che sei! Ammesso pure che finora tu non abbia mai detto una cosa non vera, ebbene, proprio adesso te n’è sfuggita una di bocca! Guardate un po’: questo birichino si fa prima descrivere da me esattamente quella splendida figura del Nazareno, e adesso se ne esce fuori dicendo di trovarsi al suo servizio da lungo tempo! Non è male davvero! Prima non sa niente di lui, ed ora invece è addirittura uno dei suoi servitori! Oh, ma adesso poi sono io ad esigere da te che tu mi fornisca delle prove, altrimenti ti farò io rizzare sul capo i tuoi capelli, per quanto ricci e biondi possano essere! Mi hai capito? Dunque, fuori le prove!»

2. Risponde Raffaele: «Amico, questa imposizione non mi fa per niente paura, ed io sarò in grado di fare qualsiasi cosa tu mi chieda, purché si tratti di qualcosa di ragionevole e di possibile, poiché per il compimento di cose sciocche e impossibili, io non possiedo alcuna forza né potenza. Dunque, prescrivi subito tu stesso quello che devo fare a titolo di conferma, e qualsiasi cosa domanderai verrà da me compiuta con altrettanta celerità!»

3. Allora Roclus fissò negli occhi Raffaele e disse: «Ebbene, o giovane e caro amico, ecco, io sollevo ora da terra una pietra che peserà le sue cinque libbre: si tratta di un pezzo di granito bruno che, per quanto ne so, non ha niente a che fare con nessun metallo conosciuto. Dunque, trasformalo in oro, ma di peso uguale!»

4. Dice Raffaele: «O miope che sei: se diventerà oro, bisognerà bene che questo masso pesi tre volte tanto! Il peso non può restare lo stesso se vuoi che non venga cambiato per niente né nella forma né nella grandezza! Che cosa vuoi dunque che venga alterato?»

5. Dice Roclus: «Ebbene, rimangano intatti forma e volume, e si cambi invece il peso a vantaggio del tuo prodigio!»

6. Osserva Raffaele: «Sta bene, vedi però di tenere salda la pietra, affinché non ti cada di mano quando si trasforma in un masso d’oro tre volte più pesante, perché l’aumento improvviso di peso produce sempre quasi l’identico effetto di una pietra pesante circa dieci libbre che cada dall’aria sulle mani! Potrebbe quindi accadere facilmente che tu venissi gettato a terra assieme al tuo masso d’oro!»

7. Dice Roclus: «Credo probabile che una simile disgrazia non mi toccherà!»

8. Queste parole Roclus le disse perché dubitava della riuscita dell’esperimento. Sennonché in quello stesso momento Raffaele volle che la pietra si trasformasse in oro, ed effettivamente la trasformazione si verificò, con la conseguenza che l’istantaneo aumento del peso fu per Roclus come un colpo che lo rovesciò a terra con tale violenza che si fece parecchio male e stentò alquanto a risollevarsi.

9. Quando Roclus si rimise faticosamente in piedi cominciò ad esprimersi con parole di biasimo verso Raffaele, dicendogli: «Ascolta, o giovinetto prodigioso, ma anche malizioso! Anche dieci di questi massi d’oro non meritano davvero che a causa loro uno si rassegni a provare un simile dolore. Non avresti potuto avvertirmi del fatto che in quel preciso momento si sarebbe compiuta la trasformazione? Io ho battuto con il capo e con le mani sul terreno con tanta violenza come se fossi caduto dalla cima di un albero! Il capo mi duole ancora terribilmente! O prodigioso giovinetto malizioso, prova adesso a fare svanire anche questo acuto dolore al mio capo, e così risulterà sempre più provata la verità di ciò che dici!»

10. Allora Raffaele alitò sul capo a Roclus, e immediatamente quest’ultimo si sentì liberato da qualsiasi dolore. Raffaele poi gli disse: «Ed ora raccogli da terra il masso d’oro, esaminalo e convinciti che si tratta proprio di oro allo stato puro»

11. Roclus fece così, chiamò contemporaneamente i suoi undici compagni e disse: «Ecco, vedete e giudicate voi stessi!».

 

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Cap. 56

Le supposizioni degli esseni sulla persona di Raffaele.

 

1. Tutti allora si avvicinarono e, osservato il masso, esclamarono: «Amico, questo è senz’altro oro purissimo, e tutto il pezzo dovrebbe avere un valore altissimo, ben difficile da stimare! Ed una simile cosa è stata fatta da questo giovinetto indescrivibilmente bello con un semplice atto della sua volontà; è bastato un solo pensiero a convertire il bruno masso di granito in un masso d’oro della stessa grandezza! Qui evidentemente la magia non c’entra, e noi ci troviamo di fronte ad un autentico prodigio possibile unicamente a Dio, cosa questa da noi tutti finora ritenuta una favola; ma ormai questo fatto dimostra chiaramente che qui non si tratta di favole. Il magnifico giovinetto è certamente né più, né meno che un Dio! A lui spetta la nostra adorazione, ed a lui dobbiamo fare delle offerte di tutto quanto è in nostro potere per allontanare da noi il suo eventuale sdegno e per indurlo a non abbandonarci!»

2. Dice Roclus: «Di se stesso egli ha affermato di essere soltanto un discepolo e un servitore del Nazareno che sta diventando sempre più famoso! Egli dunque non è un Dio, ma tanto più si delinea in modo sempre più chiaro l’indiscutibile divinità del Nazareno! A voi non sarà certo sfuggita la violenza con la quale prima sono caduto a terra, caduta che mi ha causato un fortissimo dolore al capo! Ebbene, con un lieve alito dalla bocca del giovinetto il dolore svanì, e parve come se fosse stato letteralmente soffiato via. Dunque, stando all’asserzione del giovinetto, egli non è che un discepolo e servitore del Nazareno; per conseguenza noi gli dobbiamo certo tutto il nostro rispetto, non però la nostra adorazione o delle offerte che spettano a Dio. Ma dato che senza alcun dubbio egli è quello che dice di essere, si tratta ora per noi di indagare esclusivamente dove possiamo trovare il Nazareno, e, una volta trovatolo, allora avremo anche trovato tutto!»

3. Dicono gli altri: «Ma alla fine, non può questo giovinetto essere forse egli stesso il Nazareno?»

4. Dice Roclus: «No, no, egli non è il Nazareno! Anzitutto c’è la questione dell’età, trent’anni: come potete pensarlo? Il giovanetto può averne al massimo sedici! E poi in proposito c’è la chiarificazione esplicita da parte del giovinetto stesso! Anche se egli in verità si è dimostrato un po’ malizioso, però di menzogna in lui non c’è neanche da discutere; ve lo garantisco io, nemmeno la minima traccia, perché a questo proposito credo di conoscerlo molto bene. Veritiero egli lo è senz’altro, quantunque un po’ di malizia ce l’abbia anche lui, ciò che gli perdoneremo volentieri in considerazione della sua giovane età; tanto più che è così bello che posso dire di non aver mai visto in vita mia un giovinetto simile! Si sarebbe davvero portati a credere di trovarsi di fronte ad una bellissima fanciulla travestita da maschio; tuttavia in qualche momento egli mi appare eccessivamente serio per una fanciulla, e quindi nonostante la sua bellezza quasi femminea devo ritenere che egli sia effettivamente un maschio. E poi egli ha troppa sapienza, e le fanciulle, per quanto siano belle, sono sempre un po’ stolte, e non possono innalzarsi al livello dell’uomo in fatto di sapienza! Invece in questo giovinetto si nasconde una sapienza straordinaria con la quale nessuno di noi è in grado di competere. E tutto ciò serve a dimostrare inoltre che egli stesso non è il Nazareno, ma soltanto un suo genuino servitore. Dunque, bisogna che egli ci conduca là dove si può trovare questo Nazareno!»

5. E con questa conclusione Roclus si rivolge nuovamente a Raffaele e gli dice: «Ascolta, o servitore del Nazareno, molto caro a noi tutti, quantunque tu sia un po’ malizioso! Fra noi due ogni questione è ormai appianata; per conseguenza io e i miei compagni ti preghiamo ancora e solamente di indicarci dove potremmo trovare il famosissimo Nazareno ed incontrarci con lui!»

6. Risponde Raffaele: «Sì, ora mi è lecito e possibile dirti già in maniera un po’ più chiara che il famosissimo Nazareno si trova appunto qui! La Persona giusta puoi ora cercarla da te stesso fra i circa cento ospiti che sono qui, avvalendoti del tuo acuto intelletto. Vedi, se tu non fossi dotato di un intelletto così acuto, non avrei esitato a mostrarti la Persona del Nazareno, ma è appunto l’acutezza del tuo intelletto ad impedirmi di farlo! Va quindi, cerca bene, e finirai con il trovare la Persona giusta!»

7. Dice Roclus: «Oh, punzecchia pure a tuo piacimento! Ciò non fa nulla, e il mio intelletto non è comunque da disprezzare! Quello che esso non sarà in grado di trovare saprà ben trovarlo il mio cuore, perché, infine, neanche questo può dirsi proprio fra gli ultimi di questo mondo. Dunque, o mio giovane e sapientissimo amico, non affannarti per me; vedrai che non cercherò a lungo e che saprò ben presto trovare la Persona giusta!».

 

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Cap. 57

Il discorso di Roclus sull’importanza di un intelletto sviluppato.

 

1. Raffaele allora ammonisce Roclus ad avere prima cura del prezioso masso d’oro di cui egli gli fa dono!

2. E Roclus, alquanto arrabbiato, esclama: «Amico, quando sono in procinto di cercare il bene supremo dell’umanità, io non penso più alla pericolosissima immondizia di questo mondo! Hai compreso, o giovane amico che sembri volere ormai fare un po’ troppo il saccente? Io posso con tutta sincerità assicurarti che questo mucchio di lordura non lo toccherò più nemmeno con il dito, e se ti fa piacere puoi senz’altro riconvertirlo nella pietra che era prima!

3. Credi forse che io vada a caccia dell’oro per la ragione che sono greco ed esseno? Oh, tu prendi un grosso granchio! In primo luogo a casa mia io di questa gialla sozzura terrena possiedo per diritto ereditario già cento volte tanto quanto è questo masso informe, e perciò posso fare a meno di questo che è stato prodotto di recente, e in secondo luogo il mio cuore non se ne è mai rallegrato. Infatti, se fossi stato avido di beni terreni, non sarei certo mai pervenuto alla mia attuale acutezza di intelletto, la quale - anche se impossibilitata ad intendere le cose supreme - ad ogni modo un breve tratto di via verso questa meta l’ha già percorso, e già per questo motivo essa ha un valore mille volte maggiore di centomila pezzi d’oro di questa specie.

4. Accingendomi all’impresa di indagare nelle questioni supreme della vita spirituale sostenuto unicamente dall’intelletto, io senza dubbio non ignoro che, per quanto puro ed acuto esso sia, l’uomo non assolverà mai il compito che si sarà prefisso; tuttavia, se gli mancasse completamente questa luce dell’anima, riuscirà ancora molto più difficile all’uomo pervenire alle verità della vita che sono profondamente nascoste! Secondo il mio punto di vista, un intelletto umano bene educato e sviluppato rappresenta sempre un tratto di via abbastanza importante verso la meta della pienezza eterna ed indistruttibile di verità della vita che proviene da Dio, ed è, considerato da questo punto di vista, certo già di altissimo valore; per conseguenza non è affatto lodevole da parte tua, o giovane amico, che tu ti esprima in tono tanto sarcastico parlando dell’acutezza del mio intelletto!

5. Vedi, nella città distrutta dall’incendio si aggira ancora moltissima gente sulla cui acutezza di intelletto tu certo non potresti lamentarti, considerato appunto che di acutezza non ne hanno; e perché mai non vengono anche loro qui, quelle pecorelle e agnelli, a cercare le verità più profonde della vita? Tutti guardavano da questa parte, e devono anche loro essersi accorti di questa nuova casa prodigiosa; ma per loro la cosa è indifferente!

6. Infatti, che cosa è capace di suscitare un qualche interesse in un uomo assolutamente inetto a pensare? Te lo dico io: “Proprio niente, all’infuori di ciò che, rappresentando un boccone atto a saziare, eccita il suo stomaco eventualmente affamato a corrergli affannosamente dietro”. Poni dinanzi a queste bestie umane da soma, sempre affamate, una pietanza qualunque, ed opera contemporaneamente i miracoli più straordinari in loro presenza: vedrai allora come questa gente senza intelletto si dedicherà a divorare, e non farà alcuna attenzione alle tue opere prodigiose. E quando avranno riempito il loro stomaco, essi diverranno pigri e indolenti, e baderanno ancora meno ai tuoi prodigi. Una cosa simile invece colpisce soltanto colui che ha un’intelligenza istruita, e questo allora comincia a riflettere, a stabilire ogni tipo di confronti e non si dà pace finché non è riuscito a trovare una qualche spiegazione del prodigio stesso!

7. Ma se, com’è inconfutabile, le cose stanno proprio così, perché fai continuamente delle osservazioni pungenti contro la mia acutezza di intelletto? Vedi, nonostante tutte le tue facoltà miracolose, tu ti metti per una via che assolutamente è fra le più impervie del mondo!

8. Se io voglio certamente riconoscere Dio, devo prima di tutto pensare, e soltanto dopo sentire! Ma che cosa sarà capace di suscitarmi nel cuore un sentimento migliore e più spirituale se mi trovo qui ad essere come un bue che non ragiona affatto? Tu mi spronasti a cercare il divino Nazareno solo con la mia acutezza d’intelletto; ma io lo farò pure per mostrarti che anche un retto intelletto serve a qualcosa! Per concludere, dirò che io ti sono veramente grato e che ti ho assai caro perché tu mi hai fatto conoscere un vero Dio, e con ciò mi hai offerto un tesoro di pregio inestimabile il quale vale molto di più che non delle intere montagne d’oro; però in te non mi piace il fatto che tu abbia sempre da rivolgere delle critiche piene di sarcasmo al mio intelletto!

9. Infatti, perfino la Sapienza suprema di un Dio non può fare a meno di schierarsi dalla mia parte quando sostengo che l’intelletto, per quanto riguarda la conoscenza di se stesso e principalmente la conoscenza di Dio che da questo risulta, è tanto necessario all’uomo quanto lo sono gli occhi per poter vedere! Io certamente non mi nascondo che un uomo, per quanto sia di intelletto desto, non può né potrà mai comprendere le infinite cose che la suprema divina Sapienza ha disposte, e che ha chiamate ad essere, che sono e che continuamente sorgono; però, malgrado tutto, senza una certa acutezza di intelletto, necessaria per esaminare e per distinguere le cose stesse, l’uomo non comprende, né comprenderà nulla in eterno!

10. Si vuole sostenere che soltanto la fede è la luce dell’uomo! Ma per carità! Cos’è mai la fede senza l’intelletto? Essa corrisponde alla sapienza dei teneri fanciulli ancora nella culla, i quali stendono le mani verso la Luna credendo che si tratti forse di una pagnotta al miele! Ed io ti dico che c’è realmente su questo caro mondo della gente adulta la quale ritiene che la Luna non sia nient’altro che una pagnotta che vaga per l’aria e che viene mensilmente mangiata dagli uccellini del paradiso, e che subito poi ricomincia a crescere! Suvvia, amico caro, dimmi di che aiuto è stata questa fede a te, a me e a un Dio? Non è invece cosa migliore e più degna, tanto per l’uomo quanto per lo Spirito divino in lui, ponderare coscienziosamente e scoprire con il tempo che la Luna deve essere pur qualcos’altro che non una forma di pane allo scopo di fornire alimento agli uccelletti del paradiso?

11. La mia massima è questa: “Esaminare tutto e tenerne il buono, e quello che almeno si avvicina di più alla verità, finché non si abbia ottenuto da qualche parte una luce migliore e più forte”. Durante una notte tenebrosissima non è forse meglio il pallido chiarore della lucciola che non nessuna luce? Ma altrettanto si può dire anche della minima scintilla di luce dell’anima, chiamata intelletto, la quale è senza dubbio migliore di una superstizione foschissima in cui non c’è nemmeno la più lontana probabilità che possa accostarsi al vero in una maniera qualunque!

12. Io, ad esempio, ammetto il caso che mi senta tenuto a credere in qualcosa che mi viene esposta e che corrisponde a verità pienissima, senza tuttavia potermi convincere che si tratta di una verità per la ragione che mi manca l’intendimento e le necessarie esperienze. Ma in che cosa differisce una simile fede dalla più cieca superstizione? Infatti, come ed a che cosa può servirmi la verità creduta se non la comprendo, e se non posso affatto convincermi che si tratta proprio di una verità? A che cosa sarebbe buono l’oro qualora l’intelletto umano non fosse capace di distinguerlo da un altro comune metallo di scarsissimo pregio? Dunque, quando l’uomo crede in qualcosa, è chiaro che deve credere con qualche discernimento, altrimenti di fronte a lui menzogna e verità dovrebbero evidentemente apparire come la stessa cosa!

13. Se tu ora mi dicessi: “Ecco, dietro a quelle montagne azzurre esiste una città la quale è tutta costruita di pietre fra le più preziose, e gli uomini che vi dimorano sono tutti dei giganti!”, ammesso che io fossi abbastanza cieco e stolto, ti crederei sulla parola, anzi diverrebbe per me un articolo di fede; ma se poi venisse un altro e sostenesse invece l’opposto, dicendomi: “Sappi che dietro quella montagna azzurra non c’è una città né meno ancora degli abitanti di statura gigantesca!”, cosa potrei fare, io, cieco ed assolutamente privo di intelletto? Resterei fedele alla prima versione, pur essendo questa una evidentissima menzogna, e respingerei con scherno la verità della seconda! Ma una cosa simile può essere forse indifferente ad un Dio dotato di suprema Sapienza?

14. Se il Nazareno è un Dio colmo della più alta Sapienza, ciò che io non metto più in dubbio dato che tale cosa la riconosco con il mio intelletto, sarebbe addirittura stolto da parte sua insegnare all’umanità a riconoscere la menzogna e tutto ciò che vi è di sbagliato, e ad accogliere invece la luce della verità e tutto ciò che vi è di buono, senza una qualche acutezza d’intelletto!

15. Dunque, vedi che non mi puoi far cambiare idea sotto questo aspetto neanche con mille prodigi; perciò in avvenire evita di fare dello spirito sul conto del mio intelletto e lascia che esso valga per quello che è. Indicami invece dove si trova in questo momento il divino Nazareno, affinché io pieghi le mie ginocchia dinanzi a lui e l’adori come si conviene!».

 

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Cap. 58

Influsso dell’amore sull’intelletto.

 

1. Dice Raffaele: «Ma, amico mio, tu mi critichi per una cosa che sei tu solo ad attribuirmi a torto; come puoi pensare che io sia un avversario del giusto intelletto umano? Se ti dico che ora devi cercare qui il Nazareno con l’acutezza del tuo intelletto, con queste parole intendo farti semplicemente capire che un intelletto, per quanto sia sviluppato e chiaro, non può assolutamente arrivare ad una qualche meta, ma è necessario che sia il sentimento, vale a dire l’amore, ad assumersi il compito di cercare e di riconoscere Colui che è in Sé e di per Se stesso il supremo e purissimo Amore! L’intelletto non deve mancare certo, però conviene che prima ci sia l’amore! Senza di questo, il solo intelletto di per sé non può niente!

2. La Persona del Nazareno non ha assolutamente un’importanza esclusiva; come non l’ha il fatto che tu, nel tuo entusiasmo per il potere magico, Lo innalzi alla dignità di un Dio, ma devo dirti invece che tutto sta in quello che il tuo cuore dice a riguardo!

3. Se in te ci fosse il necessario grado di calore, tu il Nazareno Lo avresti già riconosciuto, e non avresti bisogno di chiedermi dove sia, perché l’amore trova presto e facilmente l’amore; finora, però, in te ha sempre avuto il predominio il freddo intelletto, per quanto assennato esso sia, ed anche perciò senti sempre il bisogno di chiedere di Colui il quale pure ti è tanto vicino! Pensi forse che con questo io voglia perorare a favore della superstizione cieca che siete proprio voi, esseni, a coltivare attualmente con il maggior zelo? Oh, com’è grossolano il tuo errore nei miei confronti!

4. Quando dico che il solo intelletto mondano non basta, intendo dire semplicemente che all’intelletto mondano, anche nella sua sfera più pura, deve associarsi una conoscenza puramente spirituale - situata ancora molto più alto - per pervenire alla conoscenza dell’Altissimo. Ma se io ho voluto indicartelo in maniera più che evidente, come puoi tu, lucido pensatore, rimproverarmi di essere un avversario dell’intelletto e di reputare solamente i veri asini e i buoi atti ad una conoscenza superiore? Non vedi dunque di quanto ti ha nuovamente portato a sbagliare il bersaglio il tuo puro intelletto mondano?

5. Vedi, per mantenere l’ordine riguardo ai rapporti significativi della vita civile, l’umanità ha stabilito delle leggi, alcune anche molto sagge, e le ha perfino sanzionate; però fra queste ce ne sono alcune che appaiono molto crudeli, ad esempio la gran parte delle leggi penali.

6. Supponiamo ora che un individuo, più per ignoranza della legge che peraltro, abbia violato una simile legge; il braccio della giustizia allora lo afferra e lo porta dinanzi al tribunale dove siede il rigido giudice che è a conoscenza di tutte le leggi. Se questo poi si limita a giudicare unicamente secondo l’intelletto del mondo, in base al CODEX POENITENTIARUM (Codice delle leggi penali) dovrà condannare a morte l’imputato, senza grazia né pietà!

7. Ma se il giudice, accanto al suo desto intelletto mondano che è rigidamente ossequiente alla legge, possiede anche un cuore sensibile e caldo d’amore, questo muoverà le seguenti obiezioni al freddo intelletto mondano, e dirà: “La legge, stabilita con tanto inesorabile rigore forse perché derivata dalla passione di un dominatore tirannico, non può qui trovare piena applicazione, perché la dimostrata ed assoluta ignoranza di una qualche legge vigente deve pur venire presa in considerazione!

8. Infatti, se un uomo che si trova sul tetto vede che proprio sotto a lui, in strada, sta un altro uomo, e spinto da una perfida volontà si getta giù per ucciderlo o per arrecargli almeno un grave danno corporale, allora costui va certamente punito con il massimo rigore a causa della sua grande malvagità. Ma se invece un uomo cade solo per imprudenza giù dal tetto, e cadendo causa delle lesioni mortali al suo simile che si trova di sotto o che passa casualmente in quel momento, è chiaro che egli è innocente di una simile disgrazia, ed in tali condizioni un giudice è tenuto a distinguere bene quali siano state le circostanze che hanno concorso a fare di un individuo un malfattore!

9. Qualora un estraneo, perfettamente ignaro della nostra scrittura, della nostra lingua e delle nostre leggi, violi una di queste, come è possibile e facile che succeda quando è appena entrato nei nostri paesi, è nostro dovere pure fermarlo e metterlo al corrente delle nostre leggi mediante un interprete. Solo dopo, se peccherà nuovamente contro una legge a lui ormai conosciuta, egli potrà ragionevolmente venire punito. Non è affatto equo dire: ‘L’ignorare una legge già esistente e sanzionata in un paese non scusa nessuno’, perché, come può qualcuno osservare una legge, della quale è provato che egli non ne ha saputo mai nulla?”.

10. Pensa e giudica tu stesso quale dei due giudici ha sentenziato secondo giustizia e verità; se il primo, che con il solo e freddo intelletto ha basato la sua sentenza sulla dura lettera della legge; oppure il secondo il quale, da uomo, ha prestato ascolto ai suggerimenti di pietà datigli dal cuore verso l’altro uomo peccatore, rendendo così manifesto il carattere difettoso e stolto della legge?»

11. Risponde Roclus: «Evidentemente il secondo!»

12. Dice Raffaele: «Benissimo! Ma che cosa è stato a nobilitare la perspicacia e l’acutezza d’intelletto del secondo giudice?»

13. Dice Roclus: «È chiaro che ciò fu dovuto all’amore presente nel suo cuore, il quale amore destò in lui il senso di pietà verso il peccatore! Egli non voleva condannare il peccatore; quindi cominciò ad esaminare con maggiore attenzione e scrupolo ogni cosa, individuando così una quantità di circostanze attenuanti favorevoli al peccatore»

14. Dice Raffaele: «Hai risposto giustamente! Ma da tutto ciò, che cosa altro mai può dedurre ciascun uomo se non il fatto che un intelletto - già reso molto desto da ogni tipo di scienze e di esperienze che l’hanno molto illuminato riguardo a tutte le cose, ai rapporti e alle contingenze della vita - acquista la vera e giusta facoltà di penetrazione soltanto quando esso viene riscaldato dall’amore che sorge nel cuore e quando poi esso viene illuminato con sempre maggiore potenza dalla fiamma d’amore splendente di luce sempre più viva. Ebbene, mi dimostro forse un avversario dell’intelletto se mi limito a farti notare, con qualche cenno, come al tuo acuto intelletto manchi ancora in misura considerevole la vera e propria acutezza e che questa acutezza tu dovresti potenziarla mediante il vero amore verso Colui che solo ora vai cercando, e che prima non avevi cercato così tanto quanto adesso hai voluto affermare?».

 

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Cap. 59

Raffaele svela i pensieri più intimi di Roclus sul conto del Signore.

 

1. (Raffaele:) «Corrisponde pure a verità che tu, sul conto del famoso Nazareno, hai appreso delle cose che ti sono sembrate inverosimili, e che ti saresti incontrato volentieri con Lui qualora ciò non fosse costato eccessiva fatica; però tu non Lo hai proprio cercato, ma invece i pensieri che tu formasti furono questi: “Noi, avvenga ciò che si voglia, abbiamo inviato alcuni fratelli perché indaghino, e questi ci riferiranno quello che egli sta facendo ed insegnando”. Sennonché, di quelle persone, alcuni si sono completamente separati da voi e si sono fatti Suoi discepoli, e non vi hanno fatto pervenire alcuna notizia sul Suo conto, e questo vi ha messo un po’in sospetto e timore, e solo in seguito a questi fatti la vostra curiosità di conoscere personalmente il Nazareno si è acuita di giorno in giorno.

2. Però, o amico mio, un sentimento di pura curiosità è ancora ben lontano dall’essere amore! E infatti, confessa tu stesso se il tuo amore per il Nazareno non assomiglia all’incirca a quello di un combattente vinto che, unicamente per aver riconosciuto la propria debolezza, si arrende amichevolmente al vincitore affinché quest’ultimo si astenga dal fornirgli prove ulteriori della sua forza! Tu, per parlare schietto, nascondi nel segreto del tuo cuore un timore molto particolare del Nazareno, e soltanto all’apparenza ti dimostri tanto ansioso di incontrarti con Lui; sennonché io sento spirare un ben altro vento nel tuo intimo. Ora, tu sai come si esprime questo vento se lo rivestiamo di parole? Ascolta, io te ne farò subito la traduzione.

3. Il vento dice così: “Oh, in quale situazione di disperazione viene a metterci questo Nazareno! Proprio adesso doveva fare la sua comparsa! La causa del nostro bell’istituto era appunto avviata verso uno splendido avvenire, ed eccoti proprio il Nazareno a fare da guastafeste! Infatti, chi come lui può compiere tali prodigi al paragone dei quali i nostri non possono che risultare fin troppo presto sospetti e venire così screditati? Ora sì che ci siamo attirati addosso una grossa pulce dalla quale non ci sarà più modo di liberarci! Ma ora, purtroppo, non ci resta altro che fare il miglior viso possibile al pessimo fra tutti i giochi. Bisogna tentare ogni mezzo affinché egli non ci si dichiari nemico, perché una volta che lo abbiamo contro, è bella che finita per tutto il nostro istituto! E poi cosa succederebbe? Dove andare e cosa fare? A vincerlo non c’è nemmeno da pensarci; per conseguenza si tratta di procedere con estrema prudenza e di evitare qualsiasi cosa che anche solo alla lontana potesse sembrare meno che riguardosa verso di lui, nonché dimostrarsi amorevoli ed ossequienti il massimo possibile nei suoi riguardi; in questo modo, data la sua fama di persona buona, non vorrà certo esserci ostile e ci lascerà almeno in pace!”.

4. Ecco, amico mio! Questo e qualcos’altro va ancora dicendo il vostro intimo vento della vita, e a tutto ciò non puoi trovare qualcosa da obiettare in nessun’altra maniera se non dichiarare evidente menzogna tutto quello che ora io ho detto. Ma neanche così andrebbe bene, perché io mi opporrei immediatamente con dei documenti alla mano scritti di tuo pugno, il contenuto dei quali, molto scabroso, non mancherebbe di suscitare qui una sensazione grandissima! E questo sarebbe appunto lo scherzo che ti farebbe rizzare i capelli sul capo, già discretamente grigi! Ho avuto ragione o no quando ti dissi che dovevi provare a cercare il famoso Nazareno con l’ausilio di questo tuo acuto intelletto? Ebbene, parla e dici cosa ne pensi adesso!»

5. Risponde Roclus completamente sbalordito: «Oh, caro amico mio! Se è in tuo potere scrutare anche i miei sentimenti più segreti, allora qualsiasi altra discussione con te è perfettamente inutile, e non posso fare altro che chiederti perdono di tutto quello che ti ho obiettato finora!»

6. Dice Raffaele: «Vedi, anche di questa cosa conveniva che tu ti liberassi, e soltanto così tu sei ora adatto a venire presentato al Nazareno; seguimi dunque!»

7. Dice Roclus con accento che tradisce un immenso imbarazzo: «Veramente, o amico mio, tutto questo è quanto mai bello, anzi è sublime! Certo, questo rappresenta una... come dovrei dire? Sì, ecco, rappresenta una dignità altissima ed un onore addirittura sovrumano venire presentato all’uomo più potente e nobile di tutta la Terra! Questo evidentemente non si discute! Ma se un uomo di questa specie, dagli attributi assolutamente divini, oltre a tutte le sue imperscrutabili facoltà prodigiose, possiede anche quella quanto mai straordinaria di scrutare fino in fondo nell’animo di ognuno di noi per poi eventualmente spiattellare al cospetto del mondo addirittura tutti i fatti della vita di uno come me, allora comprenderai che una conoscenza più intima con un simile uomo-Dio non offre più niente di piacevole! E per conto mio confesso che preferirei andarmene via di corsa da qui piuttosto che restarvi più a lungo! Oltre a questo non devo dimenticare che andiamo rapidamente avvicinandoci a sera e che dobbiamo sbrigare ancora varie faccende entro la giornata. Tu dunque vorrai scusarci se ora declino la tua proposta molto apprezzabile e del resto lusinghiera; naturalmente, se proprio non costituisce per noi un dovere assoluto essere presentati all’uomo famosissimo tra i più famosi. Naturalmente, se tu in ciò dovessi vedere qualcosa di buono e di necessario per noi e dovessi insistere, si intende da sé che noi non ci dimostreremo restii verso di te, nostro massimo benefattore dal punto di vista spirituale! Ma per essere sincero, non posso nascondere che non mi riesce eccessivamente gradevole venire messo proprio faccia e faccia dinanzi a tale enorme potenza e sapienza umana concentrate in una persona, dato che accanto a questa si deve percepire in maniera troppo intensa la propria assoluta nullità! Anzi l’impressione che si deve avere è quella del moltiplicarsi all’infinito del proprio nulla, mentre chi ci sta di fronte, nel suo stato imperscrutabile di tutto nel tutto, lo si vede invece sempre più potenziarsi in questa sua universalità. Un simile sentire la propria nullità allora turba il cuore e lo addolora; e questa è la ragione per la quale io non mi rallegro più così tanto alla prospettiva di trovarmi a tu per tu con il famoso Nazareno»

8. Dice Raffaele: «Se voi tutti non fate la Sua conoscenza, ci rimettete la vita eterna delle vostre anime! Del resto, tu stesso hai prima osservato molto bene che per avere il Tutto non ti occorre altro se non di avere il Nazareno! Per ottenere ciò, c’è ancora tempo, però non oltre domattina; la Sua partenza da qui è irrevocabilmente stabilita per le primissime ore del prossimo mattino. Dove Egli se ne andrà, nessuno lo sa all’infuori di Lui! Per conseguenza voi tutti non dovete perdere neanche un istante qualora vogliate vivere per l’eternità!»

9. Esclama Roclus: «Allora, conducimi da lui! In simili circostanze, egli non vorrà toglierci la vita?»

10. Dice Raffaele: «Anzi, da Lui non potete attendervi che la vera vita, mentre di questa vostra attuale vita apparente non verrà torto da parte Sua nemmeno un capello! Dunque, seguimi conformemente all’invito che ti ho già fatto prima!».

 

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Cap. 60

Dell’essenza dell’amore.

 

1. Soltanto così Roclus si decise a seguire Raffaele e ad avvicinarsi facendo i circa trenta passi che lo separavano da Me. Però, siccome Mi trovavo ancora seduto alla mensa accanto a Cirenio e M’intrattenevo con lui riguardo a varie questioni di governo, e visto che Raffaele lo conduceva diritto là dove si trovava Cirenio, Roclus, dopo aver compiuto il breve percorso, disse: «Ma, come vedo, tu mi indirizzi di nuovo appunto al governatore generale con il quale ho trattato e definito ogni cosa già prima! Ma non sarà forse Cirenio, che io conosco benissimo, il Nazareno che sto cercando?»

2. Dice Raffaele: «Lui no di certo, ma è Quello che gli siede proprio vicino, alla sua destra, e che è così semplice all’aspetto! Ecco, ormai Lo conosci, e puoi quindi avvicinarti da solo a Lui!»

3. Osserva Roclus: «La cosa in sé è facile, basta che io faccia dieci passi ancora, e gli sono proprio vicino! Ma poi che cosa devo dirgli?»

4. Risponde Raffaele: «Oh, ma data la tua intelligenza, le tue conoscenze e le tue esperienze, come fai a trovarti in imbarazzo? Finisco davvero io stesso a non vederci più troppo chiaro nella faccenda! Va’ e diGli: “O Signore e Maestro, ecco, qui al Tuo cospetto si trova uno che ha fame e sete; dona ristoro alla sua anima!”. Vedrai che così otterrai immediatamente una risposta appropriata!»

5. Roclus, intimamente turbato e timoroso, fece così, ed Io, rivoltoMi a lui, lo guardai con espressione seria ed amorevole, e gli dissi: «Amico, da Tiro e Sidone fino a Cesarea di Filippo, e da lì fino a qui, la distanza è evidentemente minore che non da qui fino all’India orientale, dove i discendenti di Sihin hanno costruito una poderosa muraglia di là dalle più alte montagne dell’India, nelle regioni orientali estreme dell’Asia! Tu cercasti laggiù la verità, però sotto un altro punto di vista non la cercasti, dato che, se anche la verità tu l’avessi trovata, tuttavia non l’avresti riconosciuta! Ma se anche tu l’avessi riconosciuta, non ti sarebbe apparsa affatto piacevole, poiché, se la verità non è completamente congiunta con l’amore, essa è simile alla luce del Sole nelle regioni più settentrionali della Terra. Lì certo il Sole illumina la Terra, ma siccome la luce vi giunge priva di calore, essa non vivifica affatto il terreno, e questo rimane quindi freddo e rigido come la morte!

6. Anche il giudice ricerca la verità secondo la legge; e con ogni mezzo egli cerca di costringere il malfattore a confessare la piena verità, e vengono uditi testimoni sotto rigoroso giuramento. La verità finisce certo con il venire a galla; ma a vantaggio di chi? Ecco, questo è pure un caso nel quale si rivela una verità senza amore, vale a dire una luce senza calore che va in cerca di uccidere! Ora, una simile verità anche tu l’hai cercata, ed in gran parte l’hai pure trovata, ma certo non per la tua intima vivificazione bensì per la morte del tuo spirito, il quale costituisce l’amore in ciascun cuore umano.

7. Ma dato che il tuo spirito si trovava come oppresso a morte dalla massa della verità, rigida e materiale, in te dovette necessariamente svanire ogni traccia dell’esistenza di un Dio, dato che Dio, nel Suo Fondamento originario, è unicamente e puramente Amore, e non può essere riconosciuto e compreso se non unicamente mediante l’amore!

8. In te vi era pure come un oscuro e lontano presentimento che l’amore deve essere l’elemento fondamentale di tutti gli esseri e di tutte le cose, però quello che veramente è in sé l’amore, tu non lo sapevi, né saresti potuto arrivare a saperlo, dato che il tuo sentimento e i sensi della tua anima non sono mai stati toccati dagli impulsi d’amore!

9. La tua nozione dell’amore era simile a quella che tu hai dell’essenza delle stelle. Esse certo risplendono, ma la loro luce non genera calore, ed è impossibile che per mezzo di una cosa, nota soltanto al tuo intelletto, tu giunga a conoscere se eventualmente la loro luce trae anch’essa origine da un fuoco.

10. Invece nel caso del Sole, tu ne percepisci il calore ed arguisci che il Sole deve essere un fuoco incalcolabilmente potente, dato che esso è atto a generare tanto calore sulla Terra, pur trovandosi ad una distanza immensamente grande da essa, cosa questa che tu del resto non ignori.

11. Della Luna tu invece sostieni perfettamente il contrario, visto che la sua luce non ti ha dato mai una sensazione di calore. Di tutte le stelle, poi, non hai un’opinione, perché all’infuori della loro scarsa luce nessun altro influsso proveniente da loro è venuto mai a colpire i tuoi sensi.

12. Ma dato che da parte delle stelle, che a te sembrano piccole, sono affluiti così scarsi influssi alle tue facoltà percettive, è pure avvenuto che mai da una qualche regione della tua vita sei stato indotto in un certo qual modo a pensare che cosa siano veramente le stelle, e se la loro luce sia o no un fuoco, o se siano dei corpi, oppure soltanto dei punti luminosi, forse caldi e senza peso.

13. Ora, per arrivare a raffigurarsi una cosa in qualche modo, è evidentemente necessario cominciare a rifletterci su, prima o poi; ma per poter pensarci con un certo zelo, conviene che la cosa stessa sia reputata degna di riflessione, ed il valore infine che le viene attribuito dipenda sempre dal grado di amore che si è posto in quella stessa e determinata cosa».

 

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Cap. 61

La capacità di riconoscimento dell’amore.

L’insufficienza dell’intelletto e della ragione.

 

1. (Il Signore:) «L’amore però è a sua volta una conseguenza dell’eccitazione della vita interiore suscitata in detta vita da una determinata cosa.

2. La vita interiore è amore, dunque un fuoco con tutto il calore; se questo fuoco viene alimentato per l’influsso di una cosa che ha essa stessa il fuoco in sé, come avviene del fuoco ardente sul focolare qualora vi si aggiunge della buona legna secca, allora esso comincerà ad ardere con maggiore potenza, e quindi si creerà un’atmosfera sempre più ardente e più attiva di vita. Le fiamme si faranno sempre più fitte, la loro luce più chiara, e ben presto l’anima otterrà così molta luce riguardo alla cosa che prima le era del tutto sconosciuta. Ma con ciò l’amore per la cosa si fa sempre più intenso, e non cesserà di scrutarla finché non sarà assolutamente e perfettamente chiaro cosa essa sia realmente, e cosa sia tutto quello che in essa è contenuto! Questo, però, avviene solamente qualora l’amore per la cosa si faccia sempre più ardente ed intenso.

3. Ma quando la vita non viene per niente stimolata da una cosa, essa rimane fredda e non si cura minimamente di tutta la cosa anche per quanto degna di considerazione essa sia, proprio come la fiamma la quale non arriva a lambire quei ceppi che le stanno troppo lontani.

4. L’uomo dunque deve essere stimolato da qualche cosa perché in lui possano sorgere dei pensieri che abbiano il calore della vita. Per mezzo della fredda verità, che è come il luccicare di lontanissime stelle, la vita interiore non può mai essere stimolata, perché il suo calore interiore non ne viene affatto alimentato, anzi indebolito.

5. Finora tu hai però cercato tutto con il tuo gelido intelletto, ed il movente del tuo cercare fu la tua ragione, altrettanto gelida, che non accoglieva niente come vero se non si lasciava percepire con qualcuno dei sensi.

6. Così cercasti Dio con la tavola pitagorica alla mano; e volevi trovare l’alfa, ma non potesti invece trovare nemmeno le linee fondamentali di questa lettera significativa. Sulle distese di neve e di ghiaccio del Settentrione tu andasti in cerca di piante, ma non trovasti nulla, quantunque l’abbagliante riflesso della neve ti avesse quasi accecato.

7. Io qui, con le parole “distese di neve e di ghiaccio” intendo parlare dell’intelletto che giudica freddamente e della ragione che specula ancora più gelidamente e che non può essere adatta ad alcuna visione spirituale interiore, perché, data la sua rozza materialità, non può scuotersi sotto lo stimolo di qualcosa di puramente spirituale.

8. La tua attenzione fu certamente attratta da varie cose, come ad esempio il ripetersi delle forme sempre uguali nella natura, che ti appariva creatrice, e il tuo pensiero correva al permanente consolidamento di una forza vitale, conscia di se stessa e potenziata in intelligenza, la quale, in quanto capace di penetrare e di afferrare tutto, trae poi sempre di nuovo le identiche forme fuori dalle forze rozze, come per effetto di una bacchetta magica. Tutta la Terra, la Luna, il Sole e anche le stelle tu le consideravi come un tempio adibito addirittura a dimora esclusiva di invisibili geni della magia; l’India contribuì poi a fornirti vari elementi che dovevano apparirti come altrettante conferme delle tue deduzioni, e per questa ragione divenisti uno dei principali fautori della vostra stanza magica ad Essea.

9. Ma dato che tutto questo lo facesti ispirandoti solamente al tuo freddo intelletto, non lasciasti mai che si destasse il tuo sentimento, e così è avvenuto che non riuscisti a trovare il fondamento della vita per quanto anche vicino vi fossi arrivato con la tua ragione, ma ti immergesti nuovamente nella materia fredda e morta, e cercasti in essa la tua salvezza, e pure nella stessa materia volesti vedere la possibilità di salvezza di tutta l’umanità.

10. La tua causa procedette allora con successo; perché tu eri e sei tuttora un capo di questo istituto che è perfettamente adatto a sommergere l’umanità profana nella più tenebrosa superstizione, e per sommergere nel materialismo più rozzo quella migliore e più intelligente. Tu hai pure distrutto già più di un tempio vivente degli idoli, ma al suo posto non hai saputo edificare niente di meglio. In te c’era la morte, e anzi tu trovasti in lei un ospite benvenuto, poiché ti sembrava che il non-essere superasse immensamente ogni magnificenza della vita!

11. Ma per quale ragione in te le cose hanno preso questa piega? Ecco, la ragione fu perché non hai mai lasciato che nel tuo cuore germogliasse un qualche amore! Il tuo fuoco vitale interiore non hai cercato di attizzarlo, nemmeno per farlo diventare una fiammella sia pure modestissima! Se però tu non hai ancora indotto le superfici esterne del tuo cuore ad una maggiore attività, come avresti allora potuto indurre ad una qualche attività gli elementi vitali intimi e addirittura intimissimi della parte spirituale del cuore, per effetto della quale ben presto tutto intero il cuore avrebbe cominciato a pulsare più rapidamente entro la fiamma della vera vita e a illuminare la tua coscienza fino ad ottenere il chiaro riconoscimento di te stesso e fuori da questo pure per il riconoscimento di Dio?».

 

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Cap. 62

L’amore e la sua luce di conoscenza.

 

1. (Il Signore:) «Ed ormai non ti sarà certamente difficile comprendere come l’uomo, con la sua ragione pura e col suo intelletto per quanto chiaro ed acuto, non possa capire niente di tutto ciò che è spirituale. Egli non può comprendere la vita e la sua fondamentale meta finale perché la ragione e l’intelletto hanno la loro sede principale nel cervello e nel sangue, il quale mantiene il cervello in un certo stato di tensione operosa, e con ciò il cervello conserva la capacità di accogliere le impressioni e le immagini del mondo esteriore materiale, di istituire dei paragoni tra queste per quanto concerne forma ed effetti, e così di costituirsi finalmente un gran numero di deduzioni di ogni specie.

2. Sennonché tutte queste sono cose e immagini della materia nella quale i sensi della testa, o capacità percettive, non sono mai in grado di scoprire qualcosa di spirituale. Ma dato che la vita non può evidentemente essere altro se non qualcosa di spirituale, è chiaro che essa può venire compresa unicamente in sé e mediante se stessa!

3. Nell’uomo dunque devono esistere ancora degli altri sensi, per mezzo dei quali gli viene reso possibile percepire e scorgere in sé pure l’elemento vitale spirituale, e così pure di comprenderlo in tutte le sue profondità e in tutte le sue attinenze e relazioni.

4. Ora, quali sono questi sensi interiori? Vedi e ascolta! Sotto questo aspetto veramente non esiste che un senso soltanto, e questo si chiama “Amore” il quale ha la propria sede nel cuore; ecco, questo è il senso che prima di ogni altro deve venire rinvigorito, plasmato e purificato, e tutto quello che l’uomo fa, che vuole, pensa e giudica, deve essere illuminato e compenetrato dalla fiamma luminosa ardente di vita generata dal fuoco del puro amore, affinché tutti gli spiriti si destino al mattino del giorno della vita che si annuncia nel cuore umano.

5. Quando si sono destati tutti gli spiriti vitali nei pensieri, nelle parole, nelle azioni e nelle opere, allora essi cominciano pure la loro attività, e l’uomo, colmo della luce spirituale interiore, si accorgerà ben presto e facilmente della loro esistenza, poiché già ai primi inizi della loro attività essi iniziano a manifestarsi sotto le forme più svariate. Tali forme però non sono affatto casuali e vuote, ma ciascuna corrisponde ad una qualche attività spirituale, visibile fuori dalla sfera dell’Ordine proveniente da Dio.

6. Però una cosa simile l’uomo non potrà mai scorgerla con il suo intelletto e con la sua inutile ragione, ma potrà scorgerla soltanto con gli occhi fiammeggianti di vita del proprio spirito, il quale spirito è l’amore.

7. Per conseguenza tu puoi accogliere liberamente tutto questo come norma ben fondata, e puoi dire conformemente a questa: “Non c’è intelletto mondano esteriore che possa mai investigare e vedere quello che esiste nell’uomo, dato che lo può fare solamente lo spirito nell’uomo; e così, ugualmente, nessuno può riconoscere Dio all’infuori dello Spirito di Dio che c’è nel cuore dell’uomo, destato e divenuto perfettamente attivo, Spirito che, come Dio stesso, è l’Amore nella sua assoluta purezza nonché un Sabato[8] eterno nel cuore umano”.

8. Vedi, questa nobilissima parte nel tuo cuore tu non l’hai ancora coltivata, né, per conseguenza, hai mai potuto avere un minimo presentimento del suo valore; ed è perciò facilmente comprensibile perché tu sia divenuto un ostinato negatore di Dio e perché, nonostante tutto il tuo cercare, tu non sia mai riuscito a rintracciare l’eterna Divinità che ha creato tutto, che compenetra tutto e che conserva tutto.

9. Ora però non sarà affatto così facile che tu riesca a riconoscere proprio alla sua intima radice la Divinità nel Suo vero Essere ed Operare, poiché il tuo cervello con tutte le sue formazioni è già eccessivamente indurito. Dovresti ora attizzare un fuoco d’amore veramente violento nel tuo cuore, dovresti rinunciare del tutto al tuo essenismo ed umiliarti profondamente in tutte le sfere della tua vita e nelle tue relazioni; in una parola, dovresti divenire un uomo completamente nuovo, perché tutte le teorie e i modi di considerare la vita che hai avuto finora in base alla Verità interiore, che è l’unica ad essere vera, risultano radicalmente erronei e falsi, e né con questi e neppure con quelle tu giungerai mai nemmeno nell’anticamera della Vita divina, interiorissima in te!

10. Tuttavia, non tutto è perduto in te, anzi, potresti perfino raggiungere grandi cose; ma a tale scopo, operando indipendentemente e volendo del tutto spontaneamente, dovresti diventare un uomo nuovo di tua liberissima volontà e per tua intima convinzione, e dovresti con tutte le tue forze contribuire a fare in modo che le funeste manovre del vostro istituto avessero fine; altrimenti non ti sarebbe mai possibile giungere alla vera vita del tuo uomo interiore e spirituale. Infatti, l’intimissima vita nell’uomo è la verità suprema nella quale tu devi completamente trapassare. Ma questa non può né potrà mai più prosperare qualora la vita venga nutrita mediante l’attività della menzogna e dell’inganno più rozzo.

11. Ogni tuo moto, ogni tuo passo conviene sia accompagnato dalla più alta e più profonda verità nel pensiero, nella volontà, nella parola e nell’azione, qualora la vita vera ed interiorissima debba essere chiamata a diventare la verità più luminosa in te stesso; ma se questo non è accaduto dall’Alfa fino all’Omega, allora - comprendi bene le Mie parole - anche la vita interiorissima in te stesso diventa una perfetta menzogna!

12. Ed ecco che ormai conosci all’incirca a che punto ti trovi con la tua ragione pura e con il tuo acuto intelletto! A te dunque la libera scelta: o pervenire alla vita eterna oppure alla morte eterna! Io però sono Quello che sono; Io posso donarti la vita eterna, ma posso anche lasciarti alla morte eterna!

13. Di quello però che ti ho detto ora non verrà mai meno[9] neppure una sola parola! Questa Terra e questo cielo visibili, come si presentano nella loro forma ed essenzialità, un giorno passeranno, ma queste Mie parole non passeranno mai più in eterno! E adesso fa secondo il tuo gradimento! Io Mi tratterrò qui ancora per un breve tempo!».

 

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Cap. 63

Roclus e i suoi compagni si consigliano.

 

1. Roclus e tutti i suoi undici colleghi restano allora perplessi e quanto mai imbarazzati non sapendo cosa replicarMi.

2. Roclus si avvicina agli altri e riepiloga la situazione dicendo: «Già prima mi era venuto il sospetto, quando il giovinetto mi mandò dal Nazareno, che si sarebbe trattato anzitutto della soppressione del nostro istituto sorto per il bene del popolo; pare che sia proprio questo a dare fastidio più di tutto al prodigioso Nazareno! Ad ogni modo non sarà troppo facile che egli giunga ad intimidirci malgrado tutte le sue frasi teosofiche!

3. Le sue parole sembrano certo contenere molta verità, ma non gli sarà facile fare crollare il nostro istituto così bene organizzato! Del resto io non intendo affatto impormi in nessun modo; voi potete fare come meglio vi piace, dato che come me siete padroni di disporre della cosa»

4. Dice allora un altro che nel frattempo era arrivato egli pure da Cesarea di Filippo: «O amico Roclus! Io ho seguito con la massima attenzione tutta la discussione dal suo inizio ed ho osservato esattamente tutto quello che si è svolto e che è accaduto qui. Devo però dichiararti apertamente che le tue asserzioni non ti fanno apparire per niente dalla parte della ragione, anzi ci sarebbe da uscire fuori dai gangheri a causa della tua cecità spirituale! Tu parli pubblicamente in un modo ma dentro di te pensi invece in modo del tutto differente! Di fronte al giovinetto tu esalti il famoso Nazareno come un Dio, e poi fra te e te lo ritieni come un mago dell’antichissima e misteriosissima scuola egiziana! Ma ormai sappiamo su che cosa si fonda il prestigio di tutti i maghi e le sentenze di quasi tutti gli oracoli a noi conosciuti!

5. Pensaci su bene, e poi facci sapere se ti è noto qualcosa di un’arte magica mediante la quale si possa trasformare in un istante un pezzo di roccia granitica in un masso d’oro puro! Questo solo miracolo basta evidentemente a far scomparire tutti i nostri, i quali non sono fondati su altro che su di un perfetto inganno! Considera, oltre a ciò, questa nuova dimora lussuosa, il suo giardino con la sua ampia cinta murata, il porto con le navi; e guarda quanta magnificenza di alberi fruttiferi e di viti stracariche di preziosissimi grappoli! Quattro ore fa questo luogo era un deserto, e come tale mi è parso quando ci sono passato appunto circa quattro ore fa, considerato che avevo qualcosa da sbrigare da queste parti. Ma tu adesso osserva il deserto! Quanto splendore, invece, e quanta benedizione!

6. Può un uomo compiere una cosa simile con il sussidio di una qualche specie di magia che non ha assolutamente più segreti per noi? Ma io ti dico che qui ha trovato fine tutto quello che finora ha costituito la nostra scienza! Tutto il nostro sapere non è che menzogna ed inganno, e non serve più a nulla! Se d’ora innanzi vogliamo sussistere accanto a quest’Uomo divino, occorre che noi facciamo, spontaneamente ed apertamente, così come ti ha consigliato il Nazareno in maniera quanto mai amichevole!

7. È pure vero che io non faccio parte del vostro consiglio segreto e che vi ho raggiunti qui appena da un paio d’ore, però in base a quanto da me udito ed osservato, posso darvi l’assicurazione con tutta fedeltà che noi con il nostro nobile istituto della menzogna e dell’illusione siamo tutti spacciati! D’altro canto sarebbe una sciocchezza inqualificabile, date le circostanze, voler in qualche modo opporsi al Dio che viene da Nazaret!

8. Senza contare che, come si vede molto chiaramente, tutti i dignitari e i potenti di Roma sono Suoi intimissimi amici! Basta che Egli dica: “SpazzateMi via questo istituto”, e noi siamo sistemati per tutti i tempi dei tempi! E che succederà poi di noi? Visto questo, io sono dunque dell’opinione, che considero molto valida, che noi dobbiamo accettare di fare quello che il divino Uomo da Nazaret ti ha consigliato in tutta amicizia!

9. Del resto hai sbagliato nel supporre – te lo dico apertamente in faccia senza alcun riguardo – che noi ti avremmo creduto quando affermavi che l’Uomo, la cui Divinità risulta in maniera tanto evidente, ti abbia quasi maltrattato, solo perché forse il nostro istituto rappresenta ai Suoi occhi un impedimento alle Sue imprese! Ma questa è una cosa ridicola, anzi, arciridicola! Il nostro straccione di istituto può forse costituire per Lui un ostacolo sulle Sue vie?

10. Io dico, a te e a tutti voi: “Come noi non saremmo mai in grado di ostacolare il sorgere della Luna, per quanto violentemente volessimo soffiarvi contro e urlare, altrettanto il nostro inutile istituto non potrà mai costituire un impedimento sulle vie di questo Uomo-Dio! Non occorre che Egli si dia a soffiare, ma basta invece un minimo atto della Sua Volontà e tutte le nostre cose, come gli edifici, le mura, le catacombe e tutti i nostri apparecchi magici rientrano immediatamente nel nulla! E dopo, che cosa sarebbe di noi? Dunque, ormai conviene non perdere tempo e si impone che voi prendiate migliore consiglio!

11. Ritorna perciò da Lui e diGli veramente come stanno le cose, e che noi intendiamo fermamente fare quanto Egli ti ha consigliato! Infatti, non è possibile che noi perdiamo qualcosa nel cambio, se procediamo alla trasformazione del nostro istituto nel modo a Lui più gradito. Così sarà Lui il signore e maestro del nostro istituto, e noi intendiamo essere, ed anche saremo, i Suoi più fedeli discepoli. Non siete d’accordo con me?»

12. E la maggioranza dei dodici risponde: «Perfettamente, se Egli vorrà accoglierci come Suoi discepoli!»

13. Dice il buon oratore che aveva nome Ruban: «Egli lo vorrà di sicuro; questo senz’altro me lo garantisce la sua affabilissima espressione! E tu, o Roclus, che cosa ne pensi? Mi sembra che tu stia ancora rimuginando su delle cose assai poco giudiziose!».

 

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Cap. 64

Ruban parla a favore del Signore ai suoi compagni.

 

1. Dice Roclus: «Ebbene, in fondo hai ragione tu, e non posso fare a meno di condividere il tuo parere! Ma cosa ne dite se egli, per accoglierci come discepoli, ponesse la condizione che noi dobbiamo finalmente rivelare al popolo tutte le nostre menzogne e risarcirgli i vari danni materiali derivatigli dalla nostra magia illusoria? Ebbene, chi di voi ha tanta voglia e desiderio di mettere il dente in questo frutto acerbo, ve lo metta pure; io per il momento ne ho assai poca, né mi lusinga la prospettiva di venire conciato a dovere dal popolo! L’affare si presenta quanto mai scabroso!

2. Ad ogni modo, però, voglio anzitutto sentire che cosa richiederà veramente da noi sotto questo aspetto! Dunque io ritornerò da lui, e vedrò e sentirò quali condizioni egli vorrà porci in proposito, perché non c’è nemmeno da parlare che noi dobbiamo spogliarci spontaneamente dinanzi al popolo per farci vedere quali siamo veramente!»

3. Dice Ruban: «Una cosa simile certamente Egli non la pretenderà da noi, perché Egli stesso saprà meglio di noi come sta la faccenda. Nessuna cosa va bene se procede a sbalzi improvvisi, e in tutta la Natura che ci è nota, l'una cosa deve procedere dall’altra! Che noi abbiamo talvolta proceduto a sbalzi repentini con i nostri mezzi ingannatori, questo non è un buon motivo per dedurne che Egli vorrà agire similmente verso di noi. Va dunque da Lui e fa sinceramente come ti ho consigliato ora»

4. Osserva Roclus: «Va bene, lo farò; ma farò così perché lo voglio io, e non perché lo volete voi altri o perché tu, Ruban, me l’hai consigliato!»

5. Dice Ruban: «Per me è indifferente che tu lo faccia per una ragione piuttosto che per un’altra; però a te, primo fra gli amministratori sostituti e dirigenti degli affari esterni del nostro istituto, devo dire che questo è sempre il tuo antico modo di parlare e di trattare orgoglioso, in seguito al quale, pure dopo il miglior consiglio avuto da un altro, sei solito dire: “Oh, di questo è da tempo che me ne sono accorto; io ho già ben ponderato la cosa, e quindi farò così perché corrisponde alla mia volontà!”. Ma io mi permetto di dubitare che il divino Nazareno ne sarà soddisfatto per sempre, perché tutto fa credere che Egli sia nemico acerrimo di tutto ciò che abbia anche la sola lontana parvenza di un qualche orgoglio! Io posso dire apertamente, cerca ora di comprendere, di non essermi mai ancora gloriato né della mia ragione né della particolare acutezza del mio intelletto, eppure c’è un lato buono nel mio animo, e cioè che, trovandomi di fronte ad una persona, arrivo a conoscere abbastanza presto quali siano i suoi sentimenti e il suo modo di pensare.

6. Per conseguenza, credo di conoscere perfettamente qual è il desiderio e la volontà del divino Nazareno. Sembra che Egli preferisca l’umiltà a qualsiasi altra cosa, senza la quale non c’è davvero da pensare ad un qualche amore, né meno ancora ad un’assoluta verità. Noi però ci troviamo in una situazione tale per cui ogni nostro sguardo, ogni nostro passo, ciascuna nostra parola e azione risulta essere di fronte al nostro prossimo un grossissimo inganno ed un'astutissima menzogna, come del resto secondo le regole del nostro ordine deve anche essere, dato che il nostro stesso motto è il seguente: “Sia pure illuso ed ingannato il mondo intero da parte nostra, visto che il mondo stesso vuole che sia così!”.

7. Ma questa non è affatto una massima del divino Nazareno; invece presso di Lui ha valore certo quest’altra: “La verità perfetta e purissima nonché la sua giustizia a qualunque costo, anche a quello dell’esistenza di tutto il mondo!”. Dunque concentrati bene, perché ti trovi di fronte ad un Giudice la cui Potenza visiva penetra fin dentro ai tuoi pensieri più segreti; perciò preparati bene in ogni riguardo, altrimenti l’errore che ne risulterà sarà molto grave!»

8. Risponde Roclus: «Ebbene, dato che tu, o Ruban, mio buon fratello, sei certo di intendertene così bene, va tu dal Nazareno al posto mio, e definisci ogni questione con lui secondo il tuo migliore discernimento, e poi tutti noi dovremo essere d’accordo, perché contro una corrente tanto impetuosa non è possibile nuotare! Va dunque, e accomoda ogni cosa: per conto mio non potrò essertene che immensamente grato!»

9. Esclama Ruban: «E perché no! Se voi tutti me ne date l’autorizzazione, vi farò molto volentieri questo piacere; sì, molto più volentieri che non continuare ad essere un insulso mistificatore del popolo!»

10. Dicono tutti i dodici: «Anzi, ti conferiamo piena facoltà di trattare con il Nazareno, e noi ci adegueremo a tutto quello che concluderai con lui, poiché il nostro Roclus è pure assolutamente un eccellente direttore sia per quanto concerne le questioni esterne del nostro istituto della menzogna e dell’inganno che per la sua politica molto sottile, mentre le chiare sfere della verità non sono mai state il suo forte, ed egli vi si muoverebbe con molta goffaggine; perciò è molto meglio che vada tu al posto suo per definire con lui ogni cosa nel migliore e più opportuno dei modi!».

 

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Cap. 65

Il discorso di Ruban al Signore.

 

1. Ottenuto così il consenso generale, Ruban si muove, e non appena Mi è giunto vicino, dice: «Signore e Maestro colmo della vera Forza divina! Roclus, per ragioni che certo non ignorerai, non ha avuto il coraggio di ritornare, né più di lui l’hanno avuto i suoi undici colleghi; così essi mi hanno accordato pieni poteri per definire con Te, o Verissimo, ogni questione concernente il nostro istituto dall’attività assai poco degna di lode. Poi tutto verrà certamente fatto secondo la Tua Volontà; anzi noi vorremmo addirittura mettere a Tua disposizione l’intero istituto e farci Tuoi discepoli, tutti quanti siamo! Facci dunque, in grazia, intendere un cenno solo del Tuo volere certamente sacro per noi, e noi vi ci atterremo rigorosamente! Se però è Tua intenzione che l’attività del nostro istituto abbia completamente a cessare, dicci anche questo, perché siamo d’accordo fra noi che, se Tu lo esigi, il nostro istituto verrà chiuso per sempre!»

2. Dico Io: «Tu sei un’anima onesta; perciò la tua casa è stata risparmiata dal fuoco! Però per quanto riguarda il vostro istituto, vedi, se Io volessi che fosse abolito, di esso potrei fare come tra poco farò di quella grossa rupe che emerge dal mare, e contro la quale più di qualche nave è andata a sfracellarsi spinta dall’uragano! La vedi quella rupe?»

3. Risponde Ruban: «Certo, o Signore, la vedo e la conosco anzi troppo bene, perché io stesso mi trovai una volta in pericolo di finire schiacciato contro le sue pareti!»

4. Dico Io: «Ebbene, scompaia la rupe e non sia mai più di ostacolo ai naviganti!».

5. Nello stesso istante tutto quel masso di roccia del volume di oltre diecimila tese cubiche (19.000 metri cubi) fu disciolto fino alle sue fondamenta sottomarine in maniera tale che di esso non solo non rimase alcuna traccia, ma sul posto dove stava prima non si manifestò neppure un benché minimo intorbidamento, ed invece tutti poterono osservare in quel luogo, con loro grande meraviglia, un forte ondeggiamento provocato naturalmente dal precipitarsi dell’acqua nello spazio lasciato vuoto dalla rupe scomparsa; così che alla fine il mare apparve tutto come una massa acquea ininterrotta.

6. A questo spettacolo Ruban rimase allibito e disse con voce tremante: «Ah, è proprio così come ho detto poco fa a Roclus. Qui non è più il caso di parlare di magia, ma ci troviamo invece dinanzi alla nuda verità! Quello che Tu, o Signore e Maestro, hai fatto ora con quella rupe maligna, potresti probabilmente farlo altrettanto facilmente con questo mondo intero e tanto più sicuramente con il nostro perverso istituto! Perciò io non posso dire altro che: “O Signore e Maestro, sia fatta la Tua Volontà! Infatti, Tu non sei un Uomo come noi, ma lo Spirito di Dio dimora in Te in tutta la Sua Pienezza! Siano con noi la Tua Grazia e la Tua immensa Misericordia, dato che siamo peccatori! Tu solo sei il Tutto nel tutto, e nelle Tue sole mani è concentrata ogni potenza. Per Te nulla è impossibile!”».

 

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Cap. 66

Le parole e i consigli del Signore agli esseni.

 

1. (Ruban:) «Ma che cosa dovremmo fare noi adesso del nostro istituto di menzogna e di inganno?»

2. Dico Io: «Colmatelo di amore e di verità; poi credete nel Mio Nome e seguite la Mia Dottrina! Infatti, se farete così con tutta serietà, riuscirete ad essere utili al mondo non più con l’inganno e la menzogna ma mediante la perfetta verità e l’amore autentico; però conviene che ripudiate tutti gli strumenti della magia menzognera. Se l’uno o l’altro di questi strumenti - come l’elettroforo[10] od altre macchine simili - si dimostrano utili in via naturale, voi potete farne uso, ma non in maniera contraria al vero, bensì in maniera onesta e adeguata alla natura della cosa stessa, ed istruite il popolo riguardo a che cosa esse rappresentano veramente, e come funziona una macchina conformemente a natura, nonché come essa è costruita; e così potrete fare davvero molto del bene!

3. Ma non badate mai al giudizio del mondo, poiché il mondo è e rimane perfido e maligno, ed i suoi elementi principali sono la menzogna, l’inganno e l’orgoglio!

4. Io vi dico che nel Mio Nome voi potrete trasportare le montagne e fare cose ancora più grandi di quelle che faccio Io, però non deve mai sorgere in voi il pensiero di essere stati voi a fare qualcosa per vostra potenza e forza, perché di potenze e forze simili non ne esistono affatto a questo mondo! Soltanto grazie alla Potenza dello Spirito di Dio vi saranno possibili tutte le cose che possono essere di vantaggio agli uomini!

5. Ogni forza diverrà propria ad un animo sinceramente devoto a Dio, e ciò finché non si userà a proprio vantaggio, ma se qualcuno vorrà ritrarne onori e compensi con mire egoistiche, perderà immediatamente ogni facoltà spirituale divina!

6. Pero, non c’è niente che dovete evitare più delle ricchezze del mondo e dei suoi adoratori, perché su tutta la Terra non vi è uomo peggiore di colui che è avido di beni terreni e fa eccessiva economia di essi, dato che con i fatti un tale individuo maledice l’amore ed ogni verità del cuore che proviene da Dio.

7. Se dovessero presentarsi a voi questi tali, mostrate loro la porta, e dite loro che non è lecito che la Parola di Dio e la forza di questa Parola vengano gettate invano in pasto ai porci immondi della Terra! Ma non dovete imprecare contro di loro e neanche maledirli, poiché ogni ira e ogni vendetta sono dello Spirito di Dio! Tuttavia essi saranno puniti abbastanza per la ragione che saranno fatti seriamente allontanare dalla vostra porta e dalla vostra amicizia!

8. Quando questi tali verranno a voi perché visitati dalla sciagura, non esauditeli, poiché il vostro aiuto non renderebbe migliore il loro cuore, al contrario: in seguito essi lavoreranno con più accortezza e prudenza a vantaggio dei loro sacchetti d’oro, e voi ne sarete derisi e scherniti, e si dirà che il vostro aiuto è fondato su una vuota ciarlataneria facendovi apparire dei poltroni, inutili chiacchieroni e imbroglioni! Così però non deve accadere, poiché la Forza di Dio emanata da voi, sia nelle parole che nelle opere, deve essere a vantaggio di coloro che se ne sono resi degni in tutta l’umiltà dei loro cuori!

9. Ma affinché voi sappiate tutto quello che in avvenire dovrete conoscere e fare nel Mio Nome, andate da quel giovinetto ed egli vi consegnerà un libro nel quale troverete scritto tutto ciò che vi è necessario! Ed ora è necessario che Roclus venga qui nuovamente da Me, perché ho ancora varie cose da trattare con lui! Va’ dunque, e digli qual è la Mia Volontà!».

10. E non appena Ruban ebbe portato il Mio invito a Roclus, quest’ultimo assunse un’espressione molto irritata; tuttavia si mosse prontamente, si avvicinò a Me e fece un profondissimo inchino.

11. Io però lo guardai amorevolmente, e gli dissi in tono interrogativo: «Ebbene, o amico Mio dall’intelletto acutissimo, che cosa pensi ora di Me? Cosa trova in Me la tua intelligenza e che cosa sente invece il tuo cuore? Tu hai confessato prima al giovinetto, quando ancora stavi cercandoMi, di ammettere che Io sono un vero Dio, e gli hai detto che Mi amavi anche senza fare la Mia personale conoscenza, e che percepivi in te un impulso vitale sempre più vivo di piegare dinanzi a Me le tue ginocchia e di adorarMi sul serio come un vero Dio!

12. Ed ecco che ormai tu Mi conosci di persona, e non avrai più alcun dubbio che in tutta verità Io sono il famoso Nazareno, secondo la tua stessa ammissione! Eppure tu non hai piegato ancora dinanzi a Me le tue ginocchia, ciò che del resto non avrei mai preteso da te, e sembra che il tuo cuore senta ancora molto poco amore per Me! Ma perché dunque tu, o grande amico della verità, hai asserito di fronte al giovinetto una cosa che non è corrispondente a verità?».

 

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Cap. 67

Roclus tenta nuovamente di giustificare la sua insincerità davanti al Signore.

 

1. Dice Roclus: «O sublime fra i sublimi! Finché io non potevo credere in un Dio, questa era una storia tacitamente pattuita, a cui finora ha reso omaggio tutto il mondo intelligente. E questa storia, che propriamente di per sé non è affatto una storia, con cui però viene fatta la maggior parte della storia mondiale, si chiama politica, abilità politica. Ora questa richiede che ad una persona che ancora non si conosce bene, non si spiattelli sul momento in faccia tutto quello che si ha nel cuore; ma non è ancora detto, però, che così si debba nutrire delle intenzioni non buone verso colui con il quale si viene in qualche modo in contatto. Ed è certo sempre consigliabile restare piuttosto riservati per quanto concerne la verità pura, dato che anche troppo spesso l’esperienza ha insegnato che con la nuda verità alla mano è più facile farsi apportatori di sventura che di salvezza all’umanità.

2. Bisogna sempre studiare bene una persona e imparare a conoscerla con tutta esattezza, mantenendosi un po’ sulle vie secondarie prima di dischiudergli la via ad ogni verità, perché altrimenti non si può certo arrivare a sapere da che parte questa persona è più accessibile alla verità! Infatti, nessun uomo tiene in modo particolare alla luminosa verità, specialmente quando si tratta di se stesso: preferisce di gran lunga un certo alone di oscurità diffuso intorno a lui, ed in ciò va anche ricercato il motivo per il quale, parlando prima con il giovinetto, ho tenuto un po’ celata la mia verità interiore. Del resto è cosa ben nota ovunque che i fanciulli vengono guidati verso la verità ricorrendo ad ogni tipo di cose non vere, e questa bisogna pure dire che è saggezza da parte dei genitori, poiché se questi si accingessero così, di un tratto, a rivelare ai loro fanciulli la piena verità, potrebbero aspettarsene ben poco di buono e di morale dai piccoli.

3. È pure vero che di fronte al giovinetto mi sono mostrato diverso da quello che ero, però non gli ho causato un danno in questo modo, né avrei potuto causargliene dato che questo non era affatto nella mia volontà, e per conseguenza credo che agendo così non ho fatto nulla di male. Se io ho peccato comportandomi così, allora anche tutti i genitori peccano contro i loro figli quando raccontano loro, talvolta assumendo un’espressione addirittura assai seria ed un tono convinto, come su certe montagne lontane e molto alte ci sia una particolare qualità di alberi sui quali i bambinelli prosperano come fossero delle prugne. Là ci sarebbe poi della gente che si occupa della raccolta di simili frutti che poi vengono venduti in tutti i paesi del mondo; ogni tanto, così si va dicendo, qualche frutto di questo genere viene a cadere anche nei ruscelli e nei fiumi che hanno origine da quelle alte montagne, e la corrente li trasporta poi al piano dove infine vengono pescati.

4. Questa è senza dubbio una menzogna evidente, quale più enorme e sciocca non la si potrebbe mai immaginare; eppure i genitori comportandosi così sono certamente animati dalla migliore buona volontà, intenti come sono a preservare i loro piccini da ogni pensiero impuro avvalendosi di simili sciocchezze perfettamente campate in aria, ed a guidarli verso la maturità freschi e sani tanto nel corpo quanto nell’anima; ora questa, si spera, non sarà mica una cosa mal fatta? E quindi io sono dell’opinione che una menzogna, dietro la quale non ci sia nemmeno la più lieve traccia di una perversa intenzione, ma anzi, al contrario, che moltissime volte sia fondata sull’intenzione migliore di questo mondo almeno secondo la nostra capacità umana di conoscenza - non vada considerata affatto come peccato!

5. Così opera il nostro istituto, non si può negarlo, in modo colmo di menzogna e di inganno; ma finora da parte nostra a tutto ciò non è andata assolutamente mai congiunta alcuna intenzione maligna, né una mira dominatrice, nel vero senso della parola: bene inteso fin dove poteva giungere il nostro discernimento. Per quanto riguarda però tutto quello che nei tempi futuri potrebbe risultarne, a noi mancano certo le necessarie facoltà profetiche, e non possiamo fornire una garanzia in proposito, dato che i nostri successori saranno delle persone indipendenti come lo siamo noi.

6. Io sostengo perfino che tutti i fondatori di una qualche religione, sulla quale è basato ogni migliore stato di cultura e di civiltà dell’uno come dell’altro popolo, originariamente hanno sempre avuto, rispetto ai loro popoli, le più buone ed oneste intenzioni. Sennonché i loro successori, e particolarmente i sacerdoti non chiamati da nessuno a tale funzione e che, nonostante ciò, si sono imposti come tali, questi ridicoli e cattivi rappresentanti di Dio sulla Terra, hanno cominciato a spiegare falsamente gli elementi della dottrina da loro stessi mai ben compresa, e vi hanno aggiunto dei principi di loro invenzione per scopi egoistici e ambiziosi, hanno aspramente sanzionato questi sotto il manto della “volontà e della parola degli dèi”, e con queste infine hanno martoriato nella maniera più orribile la misera umanità, come possiamo ancor oggi convincercene anche troppo e sulla scorta di numerosissimi esempi!

7. Basta che noi consideriamo le condizioni del Tempio di Gerusalemme, che io conosco alla perfezione, nonché quelle dei templi di Roma, e avremo più che abbastanza prove riguardo a quale punto siamo arrivati con Mosè, e molto di più ancora già prima con la sapienza antica degli egiziani! Io non voglio assumermi la parte del profeta di sventura; tuttavia non esito a proclamare altamente la mia convinzione anche al tuo cospetto che la tua stessa dottrina, quanto mai pura e divina - i cui punti più salienti quel giovinetto ha già fatto sapere ai miei compagni in maniera prodigiosamente rapida, e per quanto di splendido io ne abbia già appreso - da qui ad alcuni secoli si presenterà ben altrimenti da come si presenta oggi!

8. Un giorno i tuoi discepoli diverranno degli ambasciatori e dei divulgatori dei tuoi insegnamenti divini, ma non potranno recarsi dappertutto; essi a loro volta eleggeranno degli altri discepoli, e li faranno maestri nonché, qualche volta, anche capi spirituali della tua dottrina. Ma è appunto così che viene posto il fondamento al sacerdozio e con ciò alle superstizioni di ogni specie, ciò che io sono pronto a scommettere a mille contro uno!

9. Ma se con il tempo sarà dappertutto così, perché proprio il nostro istituto dovrebbe fare eccezione? Dappertutto agiscono uomini. Se ora un vero Dio si mette a capo dell’umanità intera e l’ammaestra e la guida, allora è certo che essa si manterrà in perfetto ordine. Ma se Egli le concede i necessari periodi di libertà, non passerà molto che verrà collocato un nuovo vitello d’oro sull’altare, come fecero gli antichi israeliti nel deserto, mentre Mosè li aveva lasciati per salire sul Sinai per andare a ricevere i Comandamenti dell’Altissimo».

 

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Cap. 68

Il sacerdozio quale ostacolo maggiore per la diffusione della Dottrina del Signore.

 

1. (Roclus:) «Tu che sei un profeta perfettissimo e che sei pienamente colmo di tutti gli spiriti di Dio, nonché dotato di potenza suprema e di forza quali mai sono appartenute ad alcun uomo su questa Terra, ebbene, tu pure queste cose le vedrai certamente in anticipo! Ma chi ci può fare niente? Ormai è così, e così era sempre, e non altrimenti sarà nel futuro, e noi le cose non le possiamo cambiare!

2. Finché agli uomini viene lasciata la loro carne e la loro libertà, essi in generale resteranno quello che sono e si daranno i più svariati ordinamenti, a seconda delle condizioni del clima: quanto più lontano da noi, a voler essere precisi, e tanto più in maniera peggiore, come appunto ho potuto farne l’esperienza anche troppo spesso durante i molti viaggi da me intrapresi! Quanto più io mi sono allontanato da questo unico punto luminoso spirituale, tanto più cieca e stolta ho trovato anche l’umanità già prima quand’ero ancora ateo, e la cosa mi avrebbe certo colpito ancora di più qualora in quel tempo avessi saputo tutto ciò che so attualmente.

3. È senz’altro vero che non vi può essere tenebra che non possa venire immediatamente annientata da una luce corrispondente. In natura succede certamente così, ma che pure la luce spirituale possa poi fugare in un baleno la notte spirituale, questa è naturalmente una questione ben diversa! Sotto certi aspetti, la mia notte spirituale era di sicuro piuttosto considerevole, e il giovinetto l’ha fugata con poche parole di luce; ma non bisogna perdere di vista che in me egli trovò un uomo il quale non va certo annoverato proprio fra gli ultimi in fatto di conoscenze nei vari campi del sapere umano e della scienza, e che al mondo ha avuto occasione di fare moltissime esperienze.

4. Ma si pensi invece di avere a che fare con un popolo immerso fino ai capelli nella superstizione più assurda e tenebrosa! Per esso non basteranno poche parole per quanto risplendenti, né i miracoli per quanto evidenti saranno assolutamente capaci di illuminarlo! Anzi, un simile popolo diverrà ancora più tenebroso e furioso; ed appunto in presenza della luce si dimostrerà il nemico più accanito di questa, e solo dopo questo subentrerà un’oscurità assoluta presso un popolo bestiale di questa specie!

5. A tale riguardo non occorre andare troppo lontano per convincersene; basta che rivolgiamo i nostri sguardi al Tempio di Gerusalemme, e che ci mettiamo a considerare com’è il fariseismo, tanto al di dentro quanto al di fuori del Tempio; e noi di notte spirituale ne troveremo tanta da dovercene meravigliare al massimo grado! Ma che provi qualcuno ad andare vicino a loro con una vera luce interiore spirituale, anche soltanto all’incirca così come prima il giovinetto è venuto vicino a me, ed io ti dico che di lì a poco egli sarà un uomo morto!

6. Cosa non hanno già tramato e intrapreso contro il nostro istituto questi genuini servi della notte più fitta! Se noi non fossimo protetti sotto ogni aspetto e se essi potessero attaccarci da una qualche parte, sarebbe già da molto tempo che noi non esisteremmo più! Se sorgessero adesso un Mosè ed un Aronne, e se insegnassero loro la verità come l’hanno insegnata ai loro tempi, ebbene, in verità essi verrebbero afferrati e lapidati all’istante, oppure si darebbe loro da bere l’acqua maledetta come fossero nemici, e senza alcun dubbio si darebbe loro quella genuina, dato che essi ne hanno di due specie: l’una genuina, che ha per conseguenza la morte certa e inevitabile, ed un’altra fasulla, che non arreca danno a nessuno, dato che non contiene nessun veleno in sé.

7. Infatti, se per un tale che ha peccato contro di loro, o meglio contro il loro Tempio, nutrono benevolenza per qualche segreta ragione, allora gli danno da bere la falsa acqua maledetta; ma chi si sia opposto a loro con troppa violenza, costui alla prossima occasione può già estinguere la propria sete per tutte le eternità con la genuina acqua maledetta. Ma che i farisei stiano facendo questo a Gerusalemme ed anche in altri luoghi, è ormai una cosa tanto nota fra tutta la gente anche di minima cultura, al punto da non suscitare più meraviglia quasi in nessuno. Ma io mi domando, allora, come potrebbe una vera luce di verità illuminare una notte farisaica di questa specie!

8. E come le cose vanno presso i farisei, non altrimenti vanno in qualsiasi altro luogo dove esista una qualche casta sacerdotale. Nel caso in cui tutti gli uomini accogliessero una vera luce avendone riconosciuti presto e facilmente i benefici, i sacerdoti vi si opporrebbero con ogni mezzo e con tutte le loro forze, e non l’accetterebbero perché, a causa del loro smisurato orgoglio e della loro ambizione, sono tanto ciechi e stolti da non poter affatto accorgersi dei vantaggi della pura luce di verità.

9. Però finché l’istituzione del sacerdozio viene tollerata da Dio e dalle potenze del mondo, non c’è da ripromettersi quasi nulla da qualsiasi luce spirituale! Infatti, questa razza egoista e quanto mai avida di dominio si darà continuamente la massima pena per rendere sospetta ogni luce superiore e per magnificare come oro puro la propria antica immondizia, nonché per imporre questa stessa immondizia ai loro subordinati.

10. Conseguentemente la mia opinione a questo riguardo e che io ritengo assolutamente valida, è che anzitutto si deve completamente spazzare via tutto quanto abbia anche la minima parvenza di avere in qualche modo relazione con il sacerdozio e che si deve dunque pulire dal suo letame l’antica stalla di Augia, e soltanto dopo si potrà far sorgere il vero Sole dello spirito sopra tutti i popoli; altrimenti qualunque semente, per quanto buona, morirà prima di avere avuto il tempo di mettere radici discretamente robuste dentro il terreno della vita.

11. Io riconosco in te, o nobilissimo maestro, la piena Forza divina, senza la quale dovrebbe esserti assolutamente impossibile compiere opere quali soltanto un Dio può essere in grado di fare, dato che tutte le innumerevolissime forze particolari si congiungono in Lui, ed in Lui trovano il loro eterno punto d’appoggio, fuori dal quale esse sono atte ad ottenere un effetto. E dato che tali cose io le ho riscontrate in te, è certo che ti amo e ti stimo illimitatamente, ciò che tu con gli occhi del tuo Spirito vedrai nel mio cuore e nel mio cervello con chiarezza ancora maggiore di quanto vi abbia visto quel giovinetto che è là.

12. Tuttavia ripeto, e sostengo senza alcun timore, che questa tua fatica e questo tuo sacrificio, certo grandissimo, saranno perfettamente inutili, e che essi potranno portare scarsa benedizione all’umanità finché il piede di un solo sacerdote calcherà il suolo della Terra! A meno che non ti proponessi di trasformare improvvisamente con la tua onnipotenza l’umanità di tutta questa Terra, dunque compresi anche i sacerdoti, così come hai fatto con quella vecchia rupe nel mare; allora sì che forse potrebbe venire il momento in cui sarebbe bello vivere su questo mondo! In caso diverso tutta la tua fatica e i tuoi sforzi sono sprecati! Se ti dedicassi a maneggiare ancora la sega e l’accetta, i farisei ti lascerebbero sicuramente tranquillo; ma così, nonostante tutta la tua divinità, della quale ormai non dubito assolutamente, essi ti odieranno, e colmi d’ira e di furore ti perseguiteranno per tutte le tue vie. Né alcuna considerazione potrà trattenerli dal tentare con ogni mezzo a loro disposizione di guastare la semente nobilissima che stai spargendo ora!

13. Infatti, dal punto di vista terreno, si potrà difficilmente trovare una persona che conosca la razza dei farisei meglio di quanto appunto la conosca io che, a causa del nostro istituto, più di altri ho avuto da lottare con loro! Questo però bisogna dirlo: ora essi sono stati completamente sconfitti e vinti da noi, e con tutto il loro furore non sono più capaci di aver ragione di noi, perché le nostre mura di cinta sono più solide di quelle intorno al Tempio, e tutti gli ammalati vengono da ogni parte a cercare salute unicamente da noi, dato che noi risaniamo l’umanità con dei mezzi e con delle cure reali, mentre le cure della gente del Tempio consistono in vuote invocazioni, segni mistici e ogni tipo di reliquie che Dio solo sa quali origini abbiano, ma da cui gli ammalati non avvertono nessun miglioramento.

14. Ecco, o signore e maestro, così ti ho confessato la verità assoluta; tu ora deciderai secondo il tuo piacimento; soltanto, o signore, non rovesciare il nostro istituto prima del Tempio di Gerusalemme! Questa è la preghiera fervidissima che io ti rivolgo; certo noi tutti preferiremo che tu, assolutamente secondo i dettami della tua sapienza, volessi diventare il nostro capo e la nostra guida!».

 

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Cap. 69

La vera via della vita.

 

1. Dico Io: «La Mia Parola voi l’avete e così pure la Mia Dottrina: operate conformemente a queste, ed allora Io divengo effettivamente il vostro Capo e Maestro!

2. Non c’è affatto bisogno della Mia Persona tra le mura del vostro istituto, ma c’è bisogno soltanto della Mia Parola e del Mio Nome, però non soltanto scritti o proferiti aridamente con il linguaggio gelido e indifferente della bocca, ma fatti realtà con l’azione, nella piena fede e nell’ardente amore per Dio e per il prossimo; allora Io Mi troverò certamente fra voi, e poi quello che voi vorrete nel Mio Nome si farà pure realtà; e in tali condizioni voi farete cose ancora più grandi delle Mie.

3. Quello che Io ora faccio, lo faccio per rendere valida testimonianza di Me stesso dinanzi ai vostri occhi, affinché voi uomini possiate così riconoscere che Io sono appunto Quello stesso che dall’eternità procede dal Padre, del Quale tutti i savi e i patriarchi hanno profetizzato.

4. Voi siete chiamati a testimoniare ed anche testimonierete di Me dinanzi ad ogni creatura cieca e sorda, e a questo scopo vi occorrerà più di quanto ora occorra a Me stesso dinanzi a voi, che avete vista acuta ed udito eccellente!

5. Però i vostri prodigi ingannatori devono venire totalmente banditi dal vostro istituto, perché ogni inganno è più o meno un’ispirazione di Satana, e quindi non può mai condurre ad un risultato che possa dirsi veramente buono! Ma finché in un istituto di cura viene adoperato qualche mezzo illusorio, accanto a questo non può avere buona riuscita nessuna opera prodigiosa compiuta nel Mio Nome!

6. Se voi volete operare nel Mio Nome, occorre anche che Io sia completamente in voi in tutta la pienezza di verità grazie all’amore e alla fede vivissima.

7. Ma, essendo tali, voi potrete comandare a quella montagna: “Levati e scagliati nel mare!”, e tutto avverrà come avrete voluto! Però, beninteso, senza di Me voi non potete fare nulla!

8. Io rimarrò continuamente con voi finché serberete in voi con piena fedeltà la Mia Parola, il Mio Amore e la fede vivente in Me, e se procederete senza alcuna falsità nelle vostre anime! Ed ora dimMi se Mi hai ben compreso!»

9. Dice Roclus: «Non del tutto, se devo essere perfettamente sincero al tuo cospetto, perché io ho inteso accennare da te a qualcosa che dovrebbe essere ispirazione di Satana. Questo è l’identico pessimo spirito il quale anche secondo la dottrina degli ebrei dovrebbe sempre costituire la leva invisibile di ogni male e di ogni rovina su questa Terra. Finora io avevo considerato ciò come una espressione allegorica degli ebrei, e adesso non posso frenare la mia meraviglia per aver appreso questo nome anche dalla tua bocca!

10. In verità, io ti considero il più saggio fra gli uomini, ed ormai credo anch’io fermamente che esiste un Dio di Sapienza e di Potenza infinite, dal quale tutto è stato e viene creato, ossia tutto quello che lo spazio senza confini abbraccia, e credo altresì che tu sei un portatore principale dello Spirito di Dio; ma ecco che adesso tu mi vieni fuori con l’antica favola ebraica di Satana; ed infine, per di più, mi vieni fuori con una storia di demoni di ogni specie, non escluso eventualmente qualche poco di inferno ebraico! Ah, questo poi mi colma assolutamente di meraviglia! Ma davvero Satana è proprio qualcosa, oppure i diavoli o l’inferno? Sotto questo aspetto io desidererei apprendere qualcosa che da parte tua fosse spiegato più dettagliatamente!».

 

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Cap. 70

La natura di Satana e della materia.

 

1. Dico Io: «In quale modo sia da capirsi tutto questo, che adesso per te è ancora incomprensibile, tu lo troverai nel libro che ti ha dato il giovane tramite Ruban. Del resto gli opposti, quali sono spirito e materia, vita e morte, amore e odio, verità e menzogna, potrebbero però darti già una piccola indicazione, che tutto questo deve avere una qualche origine, altrimenti non potrebbe mai pervenire ad una qualche sensibile apparenza!

2. Se il male non avesse una qualche origine, da dove allora potrebbe arrivare alla mente degli uomini? Di conseguenza però comincerai certo a scorgere, con la tua esercitata forza di pensiero, che non è possibile rovesciare la colpa di ogni cosa – come verità e menzogna, ed altri simili opposti – addosso al sommo ed ottimo Essere divino!

3. Oppure puoi forse ammettere che Dio, quale la somma, profondissima Verità stessa, abbia posto nel cuore dell’uomo una inclinazione alla menzogna, affinché egli poi pecchi contro l’Ordine di Dio e diventi sudicio in tutto il suo parlare e in tutte le sue azioni? Oh, sia lontano da te un simile pensiero! Dio creò l’uomo, spiritualmente, a Propria immagine e somiglianza, dunque puro, veritiero e buono!

4. Ma poiché l’uomo spirituale ricevette anche da percorrere la via della carne, come condizione per la sua ulteriore esistenza, egli dovette pure prendersi a prestito la carne dalla materia della Terra, secondo la Disposizione del supremo Spirito di Dio. E nella carne è posto, per lo spirito dell’uomo, un contrappeso che lo mette alla prova, e questo contrappeso si chiama “tentazione”!

5. Ma questa tentazione non risiede solamente nella carne dell’uomo, ma risiede pure in ogni materia; e poiché la materia non è ciò che ti appare, ma è invece, nei confronti dell’uomo che sta mettendo alla prova se stesso, menzogna e inganno; dunque uno spirito fittizio che c’è e non c’è. Esso c’è, in quanto l’allettante materia c’è per la carne dell’uomo, ma anche non c’è, in quanto la materia non è ciò che sembra essere.

6. Ed ora ascolta e comprendi rettamente! Questo spirito d’inganno, che in se stesso è in tutto e per tutto menzogna, è appunto lo spirito di tutto il mondo della materia, e appunto ciò si chiama “Satana”, ovvero “il capo di tutti i diavoli”. I “diavoli” però sono i particolari spiriti malvagi che derivano dallo spirito malvagio generale che ora ti ho appena indicato.

7. Un uomo, quindi, che abbracci con amore ogni sorta di materia e vi pone il fondamento del suo operare, costui pecca contro l’Ordine di Dio, il Quale ha posto la materia temporaneamente sotto l’esistenza dell’uomo al solo scopo che egli combatta contro di essa e si rafforzi per l’immortalità mediante l’uso della volontà che gli è stata data completamente libera. E la conseguenza del peccato è la morte, ovvero l’annientamento di tutto quello di cui l’anima dell’uomo si è appropriata dalla materia, perché ogni materia, come ti ho già mostrato, in ciò che appare non è che un nulla.

8. Di conseguenza se tu ami il mondo e il suo agitarsi, e vuoi arricchirti con i suoi tesori, tu assomigli a un folle a cui si è presentata seriamente una sposa ben adorna, ma che lui non vuole e neppure desidera. Costui invece si getta con tutto l’ardore del più cieco dei fanatici sull’ombra della sposa e la vezzeggia oltre ogni misura! Ma se poi la sposa lascerà il folle, certamente anche la sua ombra se ne andrà con lei! Ma che cosa resterà allora al folle? Evidentemente nulla!

9. E come si lamenterà poi il folle, per aver perduto ciò che amava così tanto! Allora però gli si dirà: “O cieco stolto che sei, perché dunque non abbracciasti la piena verità anziché la sua ombra che evidentemente non era nulla?”. E infatti, che cos’altro potrebbe essere l’ombra se non una mancanza di luce che ciascuna forma densa deve provocare dalla parte opposta alla luce, per la ragione che il raggio di luce non può penetrare il solido e denso corpo?

10. Ma ciò che è la tua ombra in rapporto a te, qualora tu stia fermo o cammini nella luce, la stessa cosa è tutta la materia e i suoi tesori nei confronti dello spirito! Essa è un necessario inganno ed è in se stessa una menzogna, perché essa non è ciò che appare ai sensi del corpo.

11. Ma proprio in questo c’è un giudizio della menzogna e dell’inganno: nel fatto che agli occhi dello spirito essa deve manifestarsi come qualcosa di transitorio, e solo come un’esteriore, corrispondente ombra, di una interiore profonda verità, mentre, secondo il cieco amore dell’anima per il mondo, la materia preferirebbe rimanere, in una [perenne] realtà, ciò che sembra essere».

 

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Cap. 71

La sorte nell’aldilà delle anime divenute materialiste.

 

1. (Il Signore:) «Ma se le cose stanno così, a che cosa può giovare all’anima anche se essa riesce ad acquistare tutti i tesori materiali della Terra a vantaggio dell’uomo di carne, sprofondando così nella carne e nelle sue brame volgari e bestiali, quando in questo modo reca un danno alla propria sfera spirituale e perde la vera realtà della vita? Da dove potrà essa, nell’aldilà, trarre poi qualcosa che, divenuto in se stesso un nulla con il nulla della materia, possa rappresentare per lei qualcosa di veramente reale?

2. Sì, amico, per chi già possiede delle cose, ciascun dono costituisce un guadagno, perché così viene a possedere sempre di più! Ma ben differente è il caso di chi in sé e di per se stesso non è nulla e nulla ha! Come si potrà dare qualcosa a colui che già prima si è lasciato imprigionare dalla menzogna e si è lasciato ridurre ad un nulla da questa?

3. Oppure puoi versare un liquido dentro un vaso che esiste unicamente nel tuo pensiero ed in nessun altro luogo, oppure, se anche il vaso veramente esiste, che sia forato in moltissimi punti da tutte le parti? Potrà il vaso contenere sia pure una sola goccia di liquido?

4. Ah, certo, se la materia fosse in se stessa, così com’è, una permanente realtà immutabile - ciò che però non è possibile - essa sarebbe tale quale è una verità, e chi l’acquistasse e la possedesse sarebbe in possesso di una verità; ed allora se l’anima trapassasse nella materia, si farebbe una vera e permanente realtà!

5. Ma poiché la materia non è altro che un giudizio dello spirituale, che non può né deve permanere, mentre invece deve rimanere tale solamente finché l’elemento primordiale-spirituale si sia raccolto nella stessa, si sia riconosciuto e, acquistata una qualche adeguata forza, abbia dissolto la materia che lo circonda e l’abbia convertita nel corrispondente elemento spirituale, ne consegue che un’anima fattasi mondana e materialista deve evidentemente finire con il condividere il destino della materia.

6. Quando questa viene dissolta, altrettanto deve accadere dell’anima. Essa, in gran parte, viene dissolta negli atomi di energia originaria sostanziali psico-eterici, e in seguito a tale processo, dopo la decomposizione del corpo di carne, all’anima non resta altro che l’uno o l’altro tipo fondamentale sotto forma di animale-scheletrico, senza luce e spesso quasi completamente senza vita, il quale non ha la minima somiglianza con un essere umano.

7. Una simile anima viene allora a trovarsi in quello stato che i primi patriarchi, dotati della facoltà della vista spirituale, chiamavano SHE OUL A (inferno = sete di vita), definizione questa quanto mai vera ed esatta.

8. Di conseguenza, però, anche tutta la Terra e, in breve, qualunque cosa tu sia in grado di percepire con i tuoi sensi materiali, è un vero SHEOULA (inferno). Per l’anima, che è uno spirito, o piuttosto deve diventarlo, ciò è morte. Infatti chiunque abbia cessato di essere ciò che era, costui, quanto a ciò che fu, è anche completamente morto.

9. Quindi un’anima, dopo la deposizione del corpo, è da considerarsi essa pure morta qualora per le ragioni già esposte abbia quasi totalmente perduto gli elementi dell’essenzialità umana, e qualora di lei non sia rimasto al massimo uno scheletro animale. Per i tuoi concetti umani, dovranno nuovamente trascorrere periodi di tempo infiniti prima che una tale anima, sprofondata in ogni materia, possa riacquistare una forma simile a quella umana; ma quanti altri poi non ne dovranno ancora trascorrere prima che una tale anima ridivenga perfettamente uomo!

10. Tu certamente stai pensando che a Dio tutte queste cose devono essere possibili in un solo attimo, ed io ti dico che a Dio sono certo possibili tutte le cose. Se Dio vuole crearsi dei fantocci e degli automi, basta un attimo solo e tutto lo spazio visibile ne è letteralmente pieno!

11. Però tutti questi esseri non avranno una propria libera volontà, né una vita propria a sé e indipendente. Essi si muoveranno e agiranno unicamente secondo la Volontà di Dio che li compenetrerà; essi vedranno con gli occhi di Dio e i loro pensieri saranno i pensieri di Dio; e le creature di questa specie saranno allora come le singole membra del tuo corpo, le quali non possono muoversi assolutamente da sé ed essere attive senza il concorso della tua conoscenza e della tua volontà!

12. Ma non succede invece ben diversamente dei tuoi figli che pure sono sorti dalla tua carne e dal tuo sangue? Questi non aspettano più la tua volontà, ma hanno invece una vita, una conoscenza e una volontà assolutamente loro. Essi certo ti seguiranno e daranno ascolto ai tuoi insegnamenti e comandamenti, però non secondo la tua ma sempre secondo la loro volontà assolutamente personale, senza la quale tu non potresti impartire loro un qualche ammaestramento, come non lo potresti avendo a che fare con una statua!

13. Ora vedi, delle creature dotate di libertà, di conoscenza e di libera volontà, e destinate a scegliere esse stesse la loro via ed a perfezionarsi da loro stesse per restare così per l’eternità degli esseri liberi e che decidono da soli, ebbene, è appunto per questo che esse devono venire create da Dio in maniera tale che da se stesse possano raggiungere questa meta che è posta per loro!

14. Dunque, da parte di Dio non può venire creato altro che, per così dire, il seme, provvisto di tutte le possibili ed immaginabili capacità di vita, come racchiuse entro un involucro, mentre l’ulteriore libero sviluppo e la formazione della vita deve venire rimesso al seme stesso. Esso deve cominciare ad attrarre da se stesso la vita proveniente da Dio, che lo circonda esteriormente con la Sua corrente, per formarsi così una vita propria e indipendente.

15. E vedi, questa cosa non può procedere così sollecita come tu credi, poiché non è possibile che la vita dell’embrione sia così potente e vigorosa nell’azione come la vita in Dio la quale è più che perfetta dall’eternità!

16. Dato dunque che un’anima, per quanto corrotta, ha sempre la stessa destinazione, ne consegue che nell’aldilà essa pure non può attendersi alcun altro aiuto per la salvezza della sua vita all’infuori di quello che può venirle da se stessa secondo l’eterno Ordine di Dio, e con gli scarsi mezzi che stanno ancora a sua disposizione.

17. E con ciò Io ti ho spiegato, si spera con sufficiente chiarezza e precisione, che cosa è effettivamente Satana, che cosa è l’inferno e che cosa veramente è la morte eterna, ed è da ritenersi difficile che in te si celi ormai ancora qualche domanda riguardo ad un qualcosa che per te non sia sufficientemente chiaro. Nel caso però tu non avessi compreso ancora qualcosa, allora chiedi, perché, vedi, il Sole si avvia al tramonto, e poi ci attenderà la cena!».

 

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Cap. 72

La spiegazione della parola SHE OUL A (inferno). Della chiaroveggenza.

 

1. Dice Roclus: «Signore e maestro, io mi sono convinto ormai che la tua sapienza e la tua perfetta percezione di tutte le cose arrivano a profondità tali che mai potranno venire esplorate dall’uomo, e qui devo ammettere francamente che tu, da semplice uomo, non potresti assolutamente essere a conoscenza di simili cose, qualora nel tuo spirito non avessi avuto parte grandissima in tutta la Creazione. A me ora riescono chiare, anzi chiarissime, molte cose che prima non mi sarebbero passate neanche per la mente! Ma dato che tu hai avuto la bontà di darmi tante spiegazioni di carattere quanto mai straordinario, io ti prego ancora di chiarirmi un po’ più da vicino l’espressione SHEOULA, e poi - ripeto - quello della morte eterna, perché sotto questo aspetto non posso proprio dire di possedere perfetta chiarezza. Per essere preciso, dirò che della cosa mi sono fatto così a mala pena un’idea, ma se volessi sostenere di comprenderla a fondo, dovrei mentire a me stesso! Spiegami dunque queste due cose un po’ più a fondo!»

2. Dico Io: «Ebbene ascolta! SHE, od anche “SHEI” oppure “SHEA” vuol dire “ha sete”; “OUL” o anche “VOUL” vuol dire “l’uomo abbandonato a se stesso”, si potrebbe quasi dire “l’uomo animale” (bue); “A” significa “secondo la consistenza di ciò che costituisce la sapienza e la conoscenza interiori”

3. Che però il significato della lettera “A” sia tale, lo dimostra la forma delle antiche piramidi egiziane, le quali sono una riproduzione, in scala immensa, delle piramidi del cervello. Esse erano destinate a servire agli uomini da scuole della sapienza, ciò di cui ancora oggi rendono testimonianza il loro nome e la loro disposizione interna. Infatti, PIRA-MI-DAI significa in maniera molto chiara “Donami sapienza!”. E la disposizione interna era essa pure stabilita in modo che lì dentro l’uomo, completamente isolato dal mondo esteriore, doveva cominciare a scrutare nell’interno di se stesso e a trovare la propria interiorissima luce vitale. Perciò anche negli ampi corridoi interni di una simile piramide regnavano le tenebre più fitte e profonde, e non si faceva più chiaro finché l’uomo non avesse cominciato ad illuminare tutto con la sua luce vitale interiore.

4. Questa cosa ha per te una risonanza certamente un po’ strana; e tuttavia tutto è così come ho detto! Infatti, quando ad un uomo viene aperta la vista interiore dell’animo, allora per lui non esiste più sulla Terra né la notte né la tenebra. Una prova di ciò, che si può per così dire afferrare con mano, è fornita da tutti gli uomini molto sensitivi e che si trovino in uno stato di estasi. Simili individui, ad occhi perfettamente chiusi, vedono molto di più e meglio di mille altri provvisti di occhi fra i più sani ed acuti, perché i primi vedono attraverso ogni materia, per quanto compatta ed opaca sia, anzi la loro vista penetra facilmente all’interno di tutto il corpo terrestre, e perfino le stelle non sono così tanto lontane da impedire a loro, cioè agli individui nel vero stato d’estasi (magnetico), di poter scrutarle parte a parte con assoluta precisione.

5. Ma era proprio nell’interno delle piramidi che veniva insegnato - e soprattutto messo in pratica - come gli uomini potevano pervenire allo stato beato dell’estasi, e alla fine si insegnava addirittura quando e quanto spesso essi potevano entrare in questa condizione.

6. Ma dato che le piramidi servivano a questo scopo, così venne anche dato loro il nome quanto mai giusto, che indicava tutto, di SHE OUL A. Da questa parola l’israelita antico trasse in formula abbreviata il suo SHEOL’, il greco la sua SCHOLE, il romano la sua SCHOLA, ed il persiano e l’indiano il loro SCHEHOL. (in tedesco SCHULE, nota di Jakob Lorber. In italiano SCUOLA, nota del traduttore)

7. E considerato che i savi antichi, durante le loro visioni estatiche, si rendevano molto bene conto di quali condizioni deplorevoli fossero quelle in cui giungevano nell’aldilà, dopo la deposizione del corpo, le anime molto materiali e prese da eccessivo amore per il mondo e per se stesse, e così si verificò che essi appunto un simile deplorabile stato lo chiamarono con il nome di SHE OUL A, vale a dire “inferno”!

8. Il fatto però che un simile stato, paragonato alle condizioni di vita di un vero saggio nell’Ordine di Dio, venisse caratterizzato con l’espressione “morte” è evidentemente conforme del tutto alla verità; e dato che questa è una caratteristica sempre necessariamente ed eternamente uguale di tutto ciò che ha nome “mondo” e “materia”, non può non riuscire chiarissimo il perché un simile stato lo si sia chiamato “morte eterna”!

9. Dunque, finché un’anima, sia qui sia nell’aldilà, permane in uno stato simile, essa evidentemente si trova anche nello stato della morte eterna, il liberarsi dal quale costituisce senza dubbio un compito di vita aspramente difficile! È certo che più di un’anima di questo tipo necessiterebbe di un tempo corrispondente all’età di un mondo prima di riuscire ad acquistarsi qualche cosa con le proprie forze. Ed ora dimMi se anche sotto questo aspetto ti sei chiarito le idee!»

10. Dice Roclus: «Sì, o signore e maestro di tutte le cose, anche questo mi è ormai perfettamente chiaro. Ma ora permettimi una piccola domanda, e cioè: “Come può l’uomo trapassare nello stato d’estasi chiaroveggente?”. Se io sapessi anche questo, o almeno se conoscessi la via per giungere a questa meta, farei ogni sforzo possibile per trapassare io stesso di quando in quando in un simile stato certo quanto mai beato! O signore e maestro di tutte le cose, abbi la bontà di darmi qualche buon cenno anche riguardo a questo punto!»

11. Rispondo Io: «Le scuole d’Egitto sono decadute, ed è da molto tempo che non ne esistono più del tipo come erano allora, perché già ai tempi di Mosè avevano cominciato ad avere molti difetti. Già allora l’istruzione che vi si impartiva aveva più che altro un carattere esteriore, e Platone e Socrate furono gli ultimi ad avere ancora qualche pallido concetto di una scuola interiore della vita.

12. Io però Mi sono ora incarnato su questo mondo appunto allo scopo di dare a voi uomini una norma di vita ancora migliore, restando fedele alla quale ciascuno può trapassare alla Sapienza suprema della Vita. E questa norma suona brevemente così: “Ama Dio con tutte le tue forze sopra ogni cosa, e il prossimo tuo come te stesso!”. Chi mette in pratica questa norma e la attua in pieno, costui è uguale a Me, ed appunto con ciò verrà guidato in ogni sapienza, e nella forza e potenza che da tale sapienza derivano!

13. Infatti, in chi è colmo dell’amore per Dio, in costui anche Dio è presente con il Suo infinito e sconfinato Amore e con la Luce suprema derivante da questo Amore. È allora che l’anima e il suo spirito nuotano nell’abbondanza di ogni Luce di sapienza proveniente da Dio, e in tali condizioni non può non vedere e riconoscere tutto quello che vede e riconosce la Luce di Dio. E dato che tutta l’eternissima Onnipotenza e Onniforza di Dio consistono appunto nel Suo infinito e sconfinato Amore, basta che l’anima voglia con la Volontà dell’Amore in lei dominante dello Spirito di Dio, e tutto deve accadere secondo la volontà dell’anima! Questo è così chiaro e vero come non lo può essere alcuna altra cosa a questo mondo.

14. Però sapere e credere questo, per quanto anche in maniera vivente, di gran lunga non basta ancora, ma occorre operare conformemente e sempre, e ciò anche nelle circostanze più difficili della vita, ed è necessario esercitarvisi continuamente, perché in ogni campo della vita l’assurgere da discepolo a maestro presuppone un diligente e costante esercizio!».

 

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Cap. 73

Come si ama Dio al di sopra di tutto.

Il vero lavoro dell’uomo gradito a Dio.

 

1. Dice Roclus: «Ma, o signore e maestro, come posso arrivare al punto di amare Dio, l’eterno Spirito invisibile, con tutte le forze e sopra ogni cosa? Infatti, io ho l’impressione che il cuore umano sia troppo meschino e troppo inetto ad amare sopra ogni cosa lo Spirito infinito ed eterno di Dio, del Quale non è possibile alla mente umana una raffigurazione.

2. Rispetto all’amore del prossimo la cosa si presenta facile; non è così invece riguardo all’amore per Dio: amare così, in misura infinita, è un problema che deve certo lasciare immensamente perplesse delle misere creature umane come noi! Come si deve procedere, dunque, per poter amare Dio sopra ogni cosa?»

3. Rispondo Io: «In tutto il mondo non c’è un problema più facilmente risolvibile di questo! Si consideri con amore le opere di Dio, la Sua Bontà e la Sua Sapienza, e si osservi coscienziosamente i Suoi Comandamenti; si abbia per il prossimo l’amore che si ha per se stessi, e con ciò si ama anche Dio sopra ogni cosa!

4. Ma se tu non puoi farti di Dio un concetto che ti soddisfi, allora guarda Me, e così avrai dinanzi ai tuoi occhi quella forma permanentemente valida per l’eternità, e sotto la quale soltanto puoi raffigurarti il tuo Dio e Creatore! Infatti, Dio è pure un Uomo, però è l’Uomo in Sé e di per Sé eternamente e supremamente perfetto! Hai compreso ora anche questo?»

5. Dice Roclus: «O Signore e Maestro di tutte le cose, ormai ho tutto quanto mi occorre ed io voglio essere il Tuo servitore! Adesso però concedi che io me ne vada in pace, perché non sono degno di restare più oltre qui presso di Te»

6. Dico Io: «Chi ha la pace interiore, costui può andare dove vuole perché sene va in pace! Tu dunque alla pace interiore ci sei ormai arrivato, e in qualsiasi luogo tu vada, te ne vai in pace. Tuttavia tu e i tuoi compagni potete senz’altro trattenervi ancora per qualche tempo qui, dove potrete ancora apprendere varie cose utili per l’ammaestramento di tutti voi!

7. Il giorno ormai va rapidamente declinando, e il Sole, che dal suo sorgere fino al momento presente ha elargito i suoi raggi alla Terra senza che alcuna nube sia venuta ad offuscarlo, ha già raggiunto la sommità dei monti, e fra pochi istanti si celerà del tutto agli occhi degli uomini. Noi tutti possiamo dire in coscienza di avere impiegato bene questa giornata: abbiamo lavorato strenuamente, e nel giro di ore abbiamo ottenuto più di quanto avrebbero potuto ottenere le semplici mani degli uomini impiegandovi degli anni. Ma per chi lavora, vi è anche necessità di mangiare e di concedere ristoro alle proprie membra! Voi pure avete lavorato, e dovete quindi mangiare con noi! Vogliate perciò trattenervi qui ancora per qualche tempo e cenare in nostra compagnia!»

8. Dice Roclus: «Signore e Maestro di tutte le cose! Ma che cosa abbiamo fatto oggi qui, io e i miei compagni, che si possa qualificare come un lavoro? Discorrere e scambiare opinioni ed esperienze, questo è tutto quello che abbiamo fatto, standocene perfettamente in ozio in quanto al resto! Ora questo mi pare che non si possa chiamare “lavorare”!»

9. Io dico: «Dove e quando mai accada che un uomo abbia veramente lavorato per la salvezza della propria anima, allora è là che egli ha anche lavorato veramente e lo ha fatto più che in qualsiasi altro modo, e ciò con il massimo disinteresse, perché una giusta attività per il bene e la salvezza della propria anima esclude completamente e senza ombra di dubbio ogni altra attività di carattere egoistico, per la ragione che l’amore di se stessi e l’egoismo a loro volta escludono completamente l’amore per Dio e per il prossimo.

10. Chi si affanna per il proprio corpo dal punto di vista terreno, costui va in cerca di tesori di questo mondo, grufola nella materia e seppellisce così la sua anima nel giudizio e nella morte. E anche se un simile individuo ha lavorato sul campo ininterrottamente tutto il giorno di vanga e d’aratro e lo ha fatto con tanto accanimento che, giunta la sera, può proprio dire di essersi bagnato nel proprio sudore, ebbene, egli, in rapporto a quello che Io chiamo lavorare, resta pur sempre un perdigiorno e un pigro servitore per i campi del Regno di Dio.

11. Infatti, colui che non lavora in spirito per i veri scopi che gli sono stati fissati da Dio, e ciò secondo quanto è giusto e sacrosanto nell’ambito dell’Ordine di Dio, costui sicuramente non lavora per il benessere temporale ed eterno del suo prossimo, né egli pensa che valga la pena cercare Dio e riconoscerLo più intimamente. Ma chi non si dà la pena di cercare e di riconoscere veramente Dio, ancora meno si darà la giusta pena di essere attivo per il bene del prossimo, e se anche fa qualcosa per il prossimo, lo fa sempre soltanto per amore di se stesso e affinché il suo prossimo si trovi in qualche modo in grado di contraccambiare, a suo vantaggio e in misura moltiplicata, il semplice servizio che egli gli ha reso in precedenza.

12. Ora tu, però, hai cercato Dio e te stesso, e hai trovato Dio e te stesso; e vedi, questa è stata una giusta attività da parte tua; ed Io ti dico che tu adesso nel corso di queste poche ore hai lavorato molto di più di quanto tu abbia lavorato in altri modi per tutto il corso della tua vita! Ed anche perciò puoi fermarti qui e puoi concederti un giusto riposo e prendere parte alla nostra cena!».

 

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Cap. 74

Le domande di Roclus sulle malattie e la loro guarigione.

 

1. Dice Roclus: «Signore e Maestro di tutte le cose! Ciascuna parola che esce dalla Tua bocca vale più dell’oro purissimo, e una verità va sempre più emergendo al di sopra dell’altra! Io posso dire che nessuna delle Tue parole di Luce e di Vita è caduta su un terreno sterile in me, ed ora ho in me la percezione che questa semente darà di sicuro un frutto copiosissimo per i granai della vera vita. Ma dato che ormai mi è concessa la grazia di poter parlare con Te, io desidererei avere da Te una spiegazione anche su un altro argomento, e cioè: “Potremo in futuro continuare a curare gli ammalati avvalendoci dei nostri medicamenti naturali, oppure dovremo fare ciò unicamente ricorrendo con la fiducia più ferma possibile al Tuo Nome?”. Infatti, in me è ora sorto il pensiero che il guarire proprio tutti gli ammalati potrebbe eventualmente anche non essere sempre conforme alla Tua divina Volontà, perché fra questi ce ne possono essere alcuni in cui il Tuo Amore divino e la Tua Sapienza hanno concesso che una malattia venisse ad affliggerne il corpo, o eventualmente anche l’anima, allo scopo appunto del miglioramento delle loro anime.

2. Infatti, è cosa fin troppo nota che le persone fisicamente più sane sono spesso quelle che brillano di meno per virtù e costumatezza. Anzi, spesso è proprio la salute fisica a rendere gli individui prepotenti, materialisti e avidi di godimento, mentre gli ammalati, specialmente se sofferenti di qualche male cronico, sono di solito pazienti, miti e si trascinano rassegnati al volere di Dio. Li si ode lamentarsi rare volte e sono colmi di umiltà, e non nutrono invidia nei loro cuori. Ma il buon carattere delle loro anime non subirebbe forse un cambiamento, qualora all’improvviso li si guarisse perfettamente?

3. Poi c’è un’altra questione, ed è quella che tutti, per quanto riguarda il corpo, sono prima o poi certamente destinati a morire, e se non fosse appunto così, allora dovrebbe ancora trovarsi in vita della gente dei tempi di Adamo. Ma se noi ridoniamo d’un tratto la perfetta salute fisica a coloro nei quali ci imbattiamo, indistintamente - giovani o vecchi, malati ed anche afflitti da una malattia mortale - e se anche noi pure ci liberiamo reciprocamente dai nostri mali fisici, allora sul serio la morte del corpo dovrebbe farsi gradatamente una cosa piuttosto rara su questo mondo, specialmente qualora, per effetto della Tua Dottrina, le guerre dovessero eventualmente diventare superflue!

4. Se noi ci rifiutiamo di guarire qualcuno che è venuto a chiederci aiuto, saremo reputati gente spietata e di cuore duro; d’altro canto se da parte Tua, invece, in un dato caso non venisse concesso che un tale, già ripetute volte guarito da noi, riacquistasse, supponiamo, la salute per la decima volta nonostante la nostra buona volontà e i nostri sforzi, allora dovrebbe apparire sospetta e manchevole o la Potenza del Tuo Nome oppure la nostra stessa fiducia in essa, e la fede rimarrebbe scossa nel popolo! Infatti, non porteremo mai l’umanità, abituata a vivere nella materia, al punto che, al fine di acquistarsi una vita superiore nell’immenso aldilà, cominci ad attribuire a questa vita terrena tanto poco valore da tralasciare di fare una qualunque cosa in caso di malattia per conservarsi la vita del corpo.

5. Perfino un vecchio, sia pure ultracentenario, stenderà la mano verso il rimedio, nella speranza di prolungare la propria vita terrena, anche se sapesse che il trapasso da una vita all’altra si accompagnerebbe al più grande senso di dolcezza possibile. Che sia insaziabile la brama dell’uomo di vivere sano e il più a lungo possibile su questo aspro mondo, in condizioni di vita spesso anche pessime, questo ce lo dimostra in generale un’esperienza più che millenaria. Ma quando fra gli uomini si sarà divulgata la fama che grazie alla sola Potenza del Tuo Nome essi potranno venire liberati da ogni male, anzi, che addirittura anche i morti potranno venire richiamati in vita, allora noi ci troveremo nella situazione di dover sostenere un assedio dopo l’altro da parte del popolo!

6. Dunque, a mio modo di vedere, una direttiva più precisa sotto questo aspetto non sarebbe proprio da chiamarsi superflua, né per noi né per qualsiasi altro! Oppure, per quegli uomini che vivranno interamente secondo il Tuo Ordine, Tu hai totalmente soppresso d’ora innanzi l’antica morte del corpo, in maniera che in futuro essi continueranno a vivere con i corpi già trasfigurati, mentre la morte della carne spetterà soltanto ai peccatori contro la Tua Dottrina e contro le Tue leggi?

7. Signore e Maestro di tutte le cose! Vedi come il Sole già tramontato è ancora prodigo dei suoi raggi dorati al cielo serale, e come la falce della Luna e la stella vespertina sembrano fare a gara tra di loro per supplire alla luce sempre più declinante del padre del giorno. Davvero, lo spettacolo delle Tue opere elargitrici di luce è sovranamente bello, o Signore! Ma infinitamente più bella e maestosa è la percezione della Luce interiore che dalla Tua bocca viene a rischiarare i cantucci più tenebrosi della nostra vita! Considerato dunque che di tempo ce n’è ancora, spero che a Te sia gradito chiarirmi prima di sedere a mensa questo problema, del quale non potrei mai trovare la soluzione da me stesso!».

 

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Cap. 75

Dolore, malattia e morte.

 

1. Dico Io: «Amico Mio, tu vai esplorando un campo che propriamente né per te, né per nessun altro vi è necessità di conoscere, dato che esso rientra nella Mia esclusiva competenza; ciò che equivale a dire: “Questa è un’incombenza che spetta all’eterno Padre che è nel Cielo, o in altre parole si tratta di un Ordine al quale Io stesso, per quanto concerne la carne, non devo e non posso fare eccezioni, né le farò mai!”.

2. Ciò che si è rivestito di carne, dovrà anche spogliarsene, e che questo avvenga con o senza dolore è cosa del tutto indifferente, perché dopo la separazione tutto il dolore di questo mondo viene a cessare, dato che l’aria che respirerà l’anima dell’uomo nell’altro mondo sarà assolutamente differente da quella di questo mondo materiale. Là, dove non c’è più morte, non c’è più neanche un dolore nel vero senso della parola, dato che il dolore della carne è sempre e soltanto una conseguenza di un parziale staccarsi dell’anima dalla carne stessa.

3. Per altro, con ciò non si vuol dire affatto che l’anima nel suo stato puro sia eventualmente priva di sensazione e percezione, perché, se fosse così, essa evidentemente sarebbe morta. Invece nel mondo corrispondente alla sua essenzialità, essa semplicemente non troverà nulla che la possa spingere, premere, opprimere e causarle così una sensazione dolorosa, e per conseguenza essa non percepirà più alcun dolore.

4. O forse una persona perfettamente sana è insensibile perfino nella propria carne al dolore soltanto perché a lei non è ancora mai toccata la sciagura di ammalarsi ed ancora perché nessuno le ha mai inferto un colpo od una ferita? No affatto! In una tale persona è semplicemente mancata la causa che provoca il dolore.

5. Ma la causa principale di un dolore fisico, il quale viene percepito soltanto dall’anima e mai dalla carne, è costituita dunque dalla pressione che una carne fattasi in qualche modo eccessivamente pigra, e quindi troppo pesante, esercita su una qualche parte vitale dell’anima.

6. Dunque, per ogni malattia c’è temporaneamente guarigione, qualora si sappia come alleggerire la massa della carne; tuttavia per la vecchiaia della carne non esiste più alcun alleggerimento, anche se un uomo che è sempre vissuto nell’ambito del buon ordine, anche fino alla più tarda età, potrà raccontare ben poco in fatto di malattie e di dolori. La sua carne fino all’ultima ora conserverà la sua piena adattabilità ed elasticità, e l’anima, giunto il momento estremo, potrà liberarsi, gradatamente e pienamente, nell’ordine effettivo, vero e migliore. È indubbio che di per se stessa neppure una simile anima nutrirà il desiderio di separarsi dalla carne, ma quando essa sentirà provenire dai Cieli la chiamata beatificante a lei ben percettibile: “Esci fuori dal tuo carcere ed entra nella vita vera, liberissima ed eterna!”, allora essa non indugerà certo nemmeno un secondo di tempo ad abbandonare la sua fatiscente dimora terrena per uscire nei campi luminosi della vita vera ed eterna.

7. Questo voi non sarete mai in grado di impedirlo, né ricorrendo a qualche succo d’erbe, né facendo appello alla Potenza del Mio Nome, per la ragione che tale non può essere la Volontà del Mio Spirito. Però grazie alla Potenza del Mio Nome voi avrete il potere di compiere veri prodigi soltanto secondo la Mia Volontà, che vi si renderà chiarissimamente manifesta nei vostri cuori, e mai contro di essa. Voi quindi dovete anzitutto fare completamente vostra la Mia Volontà, la quale è una vera Volontà di Dio, e poi sarà impossibile che non vi riesca una cosa che avrete voluto se ispirata da Me, vale a dire dal Mio Ordine eterno.

8. Per conseguenza, non c’è nemmeno da parlare che qualcuno possa forse evitare per sempre la morte grazie al potere curativo a voi concesso nel Mio Nome e mediante questo Nome; voi certo non dovete negare a nessuno la guarigione quando il Mio Spirito si esprimerà così nel cuore: “A costui sia dato aiuto!”; ma se lo Spirito dirà invece: “Costui lascialo nel tormento della sua carne, affinché la sua anima si stanchi fino alla nausea di compiacere le voglie della propria carne!”, costui lasciatelo, e non guaritelo dai mali della sua carne, perché occorre che egli sopporti simili mali per la salvezza della sua anima!

9. Dunque, devi ormai essere persuaso che la tua preoccupazione era piuttosto inconsistente! Vedi perciò di entrare nel Mio giusto Ordine, e poi ogni cosa ti diverrà perfettamente chiara! Se hai ancora qualche osservazione da fare, parla prima che il nostro albergatore esca con la cena dalla nuova cucina!».

 

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Cap. 76

La libertà del volere umano.

 

1. Dice Roclus: «Ma, o Signore e Maestro di tutte le cose, se noi possiamo operare, in fatto di prodigi, soltanto quello che vuoi Tu, e precisamente tutto nel Tuo totale, eterno Ordine naturale esistente fin dall’inizio, allora è chiaro che la nostra libera volontà si riduce proprio a nulla. E nei riguardi dei prodigi, qua e là certamente quanto mai necessari quali prove eccellenti ed efficacissime della Forza e della Potenza del Tuo Nome, la questione comincerebbe a mettersi parecchio male su questa Terra!

2. I prodigi della Tua Volontà si manifestano comunque ogni giorno, che noi lo vogliamo o no, e la nostra volontà di fronte alla Tua resta sempre come un guscio vuoto di noce. Il Sole, la Luna e le stelle sorgono e tramontano indipendentemente dalla nostra volontà, e così pure rinverdisce il terreno e porta i suoi frutti; le nuvole corrono ed i venti scherzano con le onde del mare; e arrivano gli inverni e le estati, e i tempi passano e non ritornano più; e tutto senza che la nostra volontà c’entri per nulla! Che noi vogliamo pure così o che non lo vogliamo affatto, la cosa è indifferente! Ma allora, come ci si deve comportare con i prodigi speciali che sono spesso anch’essi necessari?»

3. Dico Io: «Eh, caro il Mio Roclus, con te è sempre ancora un po’ difficile accomodare le cose, perché nel tuo animo predominano ancora troppo i punti di vista e le considerazioni terrene!

4. Vedi, chi pone mano all’aratro e guarda indietro, costui non è ancora maturo per il Regno di Dio. Pensi che Dio, nel Suo pensiero e nel Suo volere supremamente chiari, sia forse tanto uniforme e monotono quanto lo è il duro ghiaccio del Nord?

5. O uomo, riconosci prima bene Dio e il Suo Volere onnipotente, e poi arriverai a riconoscere pure se un uomo, il cui cuore è colmo dello Spirito proveniente da Dio, non possa davvero volere e fare altro se non solo e unicamente lasciar venire e passare un giorno dopo l’altro, restando totalmente muto e paziente insieme all’eterna Volontà di Dio, e stare a vedere tutto felice e beato come le diverse erbe crescano e fioriscano, e poi di nuovo si dissechino!

6. Se Dio nel creare gli uomini si fosse proposto unicamente uno scopo simile, allora Egli non avrebbe avuto affatto bisogno di dotarli di una propria volontà, ma Egli avrebbe potuto farli crescere come i funghi fuori dal terreno, provvisti di radici atte a succhiare gli umori nutrienti dalla terra, oppure simili ai polipi del mare, seppure in forma umana. Gli uomini allora avrebbero potuto continuamente stare a guardare come le stelle, secondo la Volontà di Dio, sorgono e tramontano, almeno apparentemente, e come la bella erba verde cresce intorno a loro! Un libero moto agli scopi di cambiare luogo non sarebbe loro per niente necessario, perché ad ogni modo essi non avrebbero una propria volontà, ed essi, da statue quali sarebbero, potrebbero permettere che la Volontà sempre uguale e stereotipa[11] di Dio li compenetrasse e li dominasse molto meglio di quanto faccia un uomo, per quanto pio e devoto a Dio, con la sua volontà!

7. Infatti ad un uomo, che nonostante tutto è ancora in possesso di una propria volontà e dispone della libertà di movimenti, può venire una volta in mente, malgrado il suo sviluppatissimo senso estetico, di fare alcuni passi su di un bel prato verdeggiante. Ma allora sarà inevitabile che l’erba, cresciuta sana e diritta secondo la Volontà e l’Ordine eterno di Dio, venga calpestata da lui, ed oltre a questo che qualche insettuccio appiccicato ai fili d’erba debba rimetterci la vita prima del tempo! Incominci adesso già ad intravedere un po’ l’inconsistenza delle tue preoccupazioni?

8. Ora basta che tu ti metta a considerare come l’uomo, dotato di libero volere, per gli scopi della nutrizione fisica, giorno dopo giorno, tritura fra le mascelle ogni tipo di frutti bellissimi, ricchi di sementi, che poi inghiotte, senza grazia né pietà, a ristoro del proprio corpo; non solo, ma come egli si impadronisca perfino di animali delle varie specie, come li uccida, e alla fine ne mangi con vera bramosa le carni arrostite. Qua e là egli si sceglie dei vasti terreni sui quali decine di secoli prima era cresciuta l’erba più bella ed erano prosperate altre piante salutifere: arbusti ed alberi nel più perfetto e indisturbato Ordine di Dio, e vi costruisce delle case morte e delle città. Dì un po’, amico, come si fa a conciliare una cosa simile con l’Ordine divino quale lo immagini tu?

9. Oppure quando tu accorci le tue unghie, la barba e i capelli fattisi troppo lunghi, non agisci forse contro l’Ordine di Dio, secondo la cui Volontà stereotipa sia i capelli, la barba che le unghie crescono ininterrottamente e non vogliono saperne di restare corte, così come voi, con le forbici in mano, volete loro prescrivere?

10. Se dunque Dio volesse che nessun essere dotato di libero pensiero e di libera volontà operasse contro la stereotipia della Volontà di Creazione, e intervenisse in modo distruttivo contro l’Ordine esistente, e sempre ugualmente immutabile, tanto nel grande quanto nel piccolo, potrebbe dirsi che Egli ha operato saggiamente creandosi degli esseri, i quali già per le necessità della loro esistenza sono costretti a intervenire in modo distruttivo e in svariatissime modalità contro quell’Ordine su cui si fonda la Creazione fino dai suoi primordi, e che è esso pure un’opera dello stesso Dio Onnipotente e supremamente saggio?

11. Ma se Dio, il Signore e Creatore di tutte le cose e di tutti gli esseri, permette che gli esseri viventi, e precisamente in maniera particolare gli uomini che pensano liberamente e sono dotati di libera volontà, Gli distruggano i boschi, che abbattano alberi, che con il legname ricavato si costruiscano capanne e case, e che diano fuoco alla maggior parte di questo legname, che Gli calpestino la bella erba, la falcino e la diano come foraggio alle mucche, ai buoi, agli asini, alle pecore e alle capre, e che facciano innumerevoli altre violazioni al Suo Ordine stereotipo, senza punire nessuno per questo, quanto meno poi si opporrà Egli con la Sua onnipotente Volontà là dove si tratta di educare la minimissima libertà di volere dell’uomo fino a farla diventare la massima Volontà divina!

12. Non hai visto prima come il giovinetto, il quale egli pure davvero non è altro che una creatura di Dio, ha convertito in oro la pietra contro la stereotipia della Volontà divino-primordiale? Qualcuno lo ha forse chiamato a rispondere di aver violato l’Ordine fondamentale di Dio in modo così violento? Al contrario, anzi, è stata la Volontà divina unita a quella del giovinetto che ha compiuto un tale prodigio!

13. Se tu osservi i lievi Comandamenti di Dio ed ami Dio veramente sopra ogni cosa, evidentemente ti unisci sempre più intimamente alla Conoscenza e alla Volontà divina; e così tu aumenti sempre più in sapienza, ed in pari misura anche in acutezza di giudizio ed in potenza di volontà. La tua luce interiore proveniente da Dio allora sarà elevata ad onniveggenza, mediante la quale non soltanto scruterai i lati ancora oscuri della vita, ma vedrai pure le forze vitali agenti, e con il possesso della liberissima Volontà di Dio potrai anche prescrivere a queste forze di essere attive in un senso o nell’altro. Ma appunto per il fatto di vedere e di riconoscere particolarmente e individualmente le innumerevoli forze che continuamente emanano da Dio, tu, quale possessore della Volontà divina, puoi afferrarle e anche indirizzarle e congiungerle per uno scopo saggio da perseguire con l’attività, ed esse si renderanno immediatamente attive precisamente così come se Dio stesso le avesse direttamente indirizzate a quella determinata attività.

14. Infatti, tutte le forze che irradiano da Dio attraverso l’intero infinito sono simili ad altrettante innumerevoli braccia dell’unico e stesso Dio onnipotente, e non è possibile che esse si rendano attive se non in seguito all’incitamento della Volontà divina, dato che esse stesse, in fondo, non sono altro che pure irradiazioni della Volontà di Dio.

15. Ma quando poi l’uomo unisce la sua minimissima libertà di volere con quella infinitamente grande di Dio, dimMi se è sia pure semplicemente immaginabile che egli divenga un puro e semplice ammiratore muto di una Volontà esclusivamente divina, oppure se l’uomo, assurto di sua libera volontà a tanta grandezza, non sarà invece in grado di compiere molte cose avendo a disposizione una simile potente libertà di volere proveniente da Dio!».

 

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Cap. 77

Del giusto e dell’ingiusto zelo.

 

1. Dice Roclus: «Sì, Signore e Maestro di tutti gli esseri e di tutte le cose! Adesso, grazie a questa spiegazione che Ti è piaciuto darmi, tutto mi si presenta certamente in una nuova luce, ed io vi trovo ormai la soluzione perfetta a più di un problema che prima risultava per me irrisolvibile! Ed ora comincio pure a comprendere un po’ che cosa è propriamente un uomo, e che cosa egli debba cercare di raggiungere a questo mondo; anzi, secondo la Tua Parola, che cosa veramente egli può e deve raggiungere! Certo, adesso osservare i Tuoi Comandamenti diventa un compito facile e supremamente delizioso, ed altrettanto dicasi dell’adempiere letteralmente la Tua Volontà, perché così si vede, anzi si deve afferrare in certo modo quello che necessariamente si deve ottenere da parte Tua! Infatti, se il mio occhio vede una località, per quanto lontana essa sia, ebbene, se io mi metto a camminare diritto in quella direzione, deve finalmente venire il giorno in cui vi arriverò!

2. Ora però io non posso fare altro che ringraziarTi al cospetto di tutti, con tuttala forza della mia vita, per tanta fatica che Ti sei dato a mio riguardo, ed assicurarTi che io sarò e rimarrò il Tuo più coscienzioso discepolo. Ed io Ti rendo pure la pienissima assicurazione che da parte mia sarà fatto ogni sforzo possibile per purificare il nostro istituto da ogni immondizia del mondo e della menzogna, e che in esso verrà intrapreso unicamente quello che è conciliabile con i Tuoi insegnamenti, o Signore e Maestro!

3. Già adesso io sento in me un’energia mai percepita prima, dinanzi alla quale, nella ferma fiducia in Te, tutte le montagne devono cedere il passo, e grazie alla quale tutti i morti non possono fare a meno di sorgere dalle loro tombe! Ma che cosa accadrà poi quando la mia vita si sarà completamente trasfusa nella Tua Volontà, ed a quale potenza non assurgerà il nostro istituto quando tutti i suoi membri si saranno fatti di un sentimento solo e di un’unica volontà!

4. Non esitiamo più oltre! Tutti siano pronti, e ciascuno si accinga a prestare mano vigorosa a questa nuova opera da Dio! Chi indugia, pecca in modo ignominioso contro la salvezza di tutta l’umanità di questa Terra!»

5. Dico Io: «Il tuo zelo è buono e giusto, e attuerai ciò che ora ti sei proposto; però questo tuo attuale ardore somiglia ancora molto ad un fuoco di paglia, il quale divampa pure in fiamme tanto potenti che si potrebbe credere doversi estendere in breve tempo addirittura a tutto il suolo terrestre, qualora durasse con un’uguale intensità; sennonché dopo pochi istanti il fuoco della paglia si estingue, e poi è possibile a mala pena distinguere dove il mucchio di paglia grande e floscio ha preso fuoco!

6. Il vero zelo si accentua come fa la luce e il calore del Sole che sorge. Se la luce e il calore del Sole si manifestassero già all’inizio del mattino con un ardore pomeridiano degno della più torrida Africa, essi eserciterebbero un’azione quanto mai devastatrice su tutte le piante e gli animali, ciò che ciascun coltivatore di qualche esperienza può già constatare quando si verificano i cosiddetti “colpi di sole”.

7. Ora si tratta di un colpo di sole quando, durante un temporale, il cielo è coperto da fitte e fosche nubi e l’acqua cade a rovesci; d’improvviso, mentre il terreno ed i suoi frutti si sono già raffreddati, in seguito ad una qualche corrente d’aria, succede uno squarcio nelle nubi, e la luce ed il calore del Sole riprendono all’improvviso ad agire sulle piante, sugli alberi, e su ogni specie di animali di costituzione delicata, con la conseguenza che il danno così arrecato risulta maggiore che non se avesse grandinato violentemente per un’intera ora! Io ti ho citato proprio questo esempio unicamente allo scopo di mostrarti praticamente come uno zelo in certo modo intempestivo è spesso più di danno che non di vantaggio.

8. Dunque, non volere abbattere di un colpo solo tutti gli alberi vecchi e marci del vostro istituto; e comunque dà pure esecuzione al tuo progetto sempre con tale vero zelo, ma fallo gradatamente e quasi del tutto impercettibilmente; solo così si diffonderà la vera benedizione nel tuo istituto. Però di un colpo solo, o amico Mio, la cosa non può andare! Occorre che ne discutiate ancora parecchio tra di voi, e poi vi è la necessità della dimostrazione delle nuove opere prodigiose nel Mio Nome; e quando non solo tu farai così, ma anche tutti gli altri si saranno assuefatti a questa nuova luce, soltanto allora ogni pianta vecchia e putrida si lascerà sradicare con relativa facilità.

9. Quando un saggio agricoltore si accorge che tra il buon grano cresce anche la zizzania, egli lascia che tutto venga su fino al tempo del raccolto; e soltanto all’epoca della mietitura egli fa separare la zizzania dal grano, e così quest’ultimo gli resta sano, mentre la zizzania viene lasciata a seccare e poi viene bruciata sul posto; in questo modo il terreno viene concimato. Vedi, questo procedere sono Io stesso a chiamarlo saggio e conforme a verità!

10. Tu puoi senz’altro credere che Io potrei farla finita con tutta Gerusalemme e con tutti i suoi farisei con altrettanta facilità e rapidità come ho fatto prima con quella rupe che emergeva dal mare; sennonché questo zelo Mi renderebbe un pessimo frutto! Impiegando mezzi di questa specie, tutti coloro che verrebbero a conoscenza del fatto che Io ho causato una simile devastazione usando la Mia divina Onnipotenza, si schiererebbero pure dalla Mia parte, ma non certo per effetto di una convinzione interiore, bensì unicamente per le vie di una costrizione che sarebbe per loro come un giudizio che si sono autoinflitti, e a causa dello spavento e dell’angoscia nessuno si azzarderebbe più a muoversi liberamente, e ciascuno sarebbe ridotto, come una macchina, a fare soltanto quello che Io volessi chiedergli!

11. Ma questo potrebbe forse corrispondere ai Miei piani di formazione della libera volontà, quale bene supremo di ciascuna anima umana, ed all’innalzamento della volontà stessa fino alla Potenza suprema della liberissima Volontà divina, nella quale soltanto sussiste e può sussistere la beatitudine suprema della vita?».

 

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Cap. 78

La formazione del libero volere. Gli svantaggi dello zelo esagerato.

 

1. (Il Signore:) «Ma la prova più inconfutabile del fatto che la beatitudine assolutamente massima della vita consista appunto nel possesso della più illimitata libertà di volere e nella sua effettiva efficacia pratica, la forniscono già su questa Terra tutti gli individui nei quali l’egoismo e l’ambizione costituiscono i tratti predominanti!

2. Pur di godere di qualche briciolo di autorità e di potere, più di uno sacrifica ogni suo avere! Chi potrebbe eventualmente odiare una corona, un trono od uno scettro, particolarmente qualora potesse innalzarsi da se stesso a tali fasti?

3. Ma perché mai queste tre insegne dell’effettivo dominio hanno in sé un tale inesprimibile valore agli occhi dell’uomo? La risposta non è difficile da trovarsi, dato che essa sta nella natura stessa della cosa: perché colui il quale siede su un trono è quello che fra milioni di uomini è in grado e gli è lecito fare il più libero uso della propria volontà, e anche l’uso più efficace nel mondo.

4. Però, subito dopo di colui che siede sul trono, è immensamente felice pure chiunque abbia la fortuna di vedersi conferita una carica da parte del sovrano, perché questa carica gli consente poi, sia pure soltanto nel nome del sovrano, di assumere anch’egli l’atteggiamento di un piccolo sovrano e di concedere uno sfogo un po’ maggiore al proprio volere assetato di libertà. Egli sopprime certo nel modo più vigoroso la sua volontà fondamentalmente libera per fare completamente propria la volontà del sovrano, quantunque non vada spesso assolutamente d’accordo con questa. Sennonché egli fa così solo allo scopo di apparire anche lui un po’ partecipe della sovranità e per rendere in qualche modo effettivamente efficace la propria volontà. Infatti, specialmente agli alti funzionari dello Stato si offrono sempre, qua e là, le occasioni di fare uso anche della reale libera volontà assolutamente loro propria; e questa cosa rappresenta per l’uomo una beatitudine suprema già a questo mondo.

5. Ma che cosa può rappresentare questa beatitudine se paragonata a quella che deriverà, come deve derivare, dall’unione della volontà umana, qui sempre immensamente limitata, con la Volontà di Dio, e, per giunta, se questo avverrà per tutta l’infinità e l’eternità?

6. Però, prima che si possa arrivare a questo punto, devi tu stesso ammettere che occorre introdurre nel modo più saggio un processo di formazione principale, assolutamente serio, della volontà umana attraverso tutti gli stadi della vita, altrimenti sarebbe certo estremamente pericoloso conferire una potenza già perfetta alla libera volontà dell’uomo!

7. Ma per rendere capace di questo la volontà umana, si deve agire in modo che l’uomo stesso si porti del tutto volontariamente sulla via della luce, e che per questa stessa via egli proceda, con il massimo amore e con perfetta rinuncia alle cose del mondo, finché non abbia raggiunto la vera meta grazie alla sua stessa attività ed in seguito alla sua decisione assolutamente libera.

8. A questo scopo, però, non serve affatto una costrizione esteriore od interiore, che in qualsiasi caso rappresenta un giudizio per effetto del quale non c’è spirito umano che possa rendersi libero nella propria volontà. Ora, finché gli uomini non siano capaci di arrivare ad un tale grado di libertà, non si potrà in eterno parlare del congiungimento della loro volontà con la Volontà supremamente libera che è in Dio!

9. Conviene dunque che, grazie a degli insegnamenti ispirati alla massima sapienza, gli uomini vengano prima guidati alla vera conoscenza di se stessi e dell’unico vero Essere divino, e ciò usando tutta la massima bontà, pazienza e mansuetudine possibili. Soltanto i caratteri ostinatamente ribelli che in sé hanno per sfondo una perfidia quasi priva di scopo ed una gioia del male veramente diabolica, questi sì che vanno affrontati facendo ricorso alla giustizia punitiva del mondo, però mai immediatamente ricorrendo ad un atto punitivo prodigioso.

10. Infatti, in simili circostanze si deve sempre tenere d’occhio e fare in modo che stia a cuore il fatto che colui il quale si è reso meritevole di punizione è egli pure un uomo, il quale come ogni altro ha bisogno di venire guidato al giusto uso della propria libera volontà, e il fatto che è facilmente possibile che un demone astuto, perfido e vendicativo abbia preso possesso della sua carne in un modo o nell’altro e che sia riuscito così a fare un essere mostruoso di una persona che altrimenti sarebbe forse completamente innocua!

11. Per conseguenza ogni zelo esagerato, anche trattandosi della migliore fra le cause, deve venire tenuto a freno finché non abbia raggiunto quella maturità di modestia che gli consenta di operare incessantemente e tenacemente in ogni campo, con pacata ed amorevole riflessione e con prudente calcolo, avvalendosi dei mezzi che ha a propria disposizione, e precisamente avendo sempre riguardo a quell’oggetto vivente, in tutti i suoi stadi e in tutte le sue condizioni di cui esso è chiamato ad occuparsi.

12. Che il vostro istituto, come attualmente ancora si trova, non possa certo pretendere di riscuotere il Mio plauso, questa cosa deve esserti ormai chiarissima! Però anche se si trovasse fondato su cento altri principi ancora peggiori di quanto lo sia oggi, ebbene Io ti dico che sarebbe altrettanto imprudente renderlo sospetto e annientarlo di un colpo solo, quanto non sarebbe conforme a saggezza voler adesso spazzare via d’un tratto Gerusalemme, oppure la pagana Roma, malvagia sotto molteplici aspetti, dalla faccia della Terra.

13. Dunque, d’ora innanzi fa solo in modo che venga eliminato gradatamente quanto vi è di falso nel vostro istituto, quasi come se le cose dovessero svolgersi da sé in maniera del tutto naturale; in questa maniera anche il vostro istituto, nonché il popolo che lo sostiene, potrà venire man mano migliorato conformemente alla piena verità. Ma se invece tu e i tuoi compagni voleste rovesciare la situazione, allora i moltissimi altri colleghi ti considererebbero come pazzo frenetico, e cercherebbero con ogni mezzo possibile di renderti innocuo per l’istituto, il quale, secondo la loro opinione, è organizzato in maniera supremamente buona ed efficace. Ma con ciò tu verresti a perdere qualsiasi occasione di poter, senza farsi notare, allontanare pienamente dall’istituto ogni elemento di falsità per sostituirlo con la pienissima verità».

 

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Cap. 79

Cenni del Signore sulla Sua ultima Cena e sulla Sua morte in croce.

 

1. (Il Signore) «Sotto questo aspetto tu hai l’esempio più eloquente qui nella Mia Persona! Tu ormai conosci Me, conosci la Mia Dottrina, nonché a che cosa veramente tenda questa stessa Dottrina nella vita. Tu conosci anche la Mia Potenza, mediante la quale Io potrei far diventare un nulla tutta questa Terra con la stessa rapidità e facilità che Mi sono state necessarie per far svanire prima quell’antica rupe nel mare che tu ben conoscevi! Ma allora dovrei finire con il rimproverare Me stesso dicendoMi: “Se Tu preferivi avere un nulla al posto di un mondo colmo di figli del Tuo cuore, ai quali donasti quella natura e quella costituzione che essi hanno, allora sarebbe stato meglio che, subito fin dall’inizio, Tu non avessi chiamato ad esistere alcun mondo!”. Sennonché ormai esistono sia la Terra che gli uomini, e perciò ora si tratta di mantenere tutto con grande amore e pazienza, e conviene guidare tutto ispirandosi alla Sapienza che proviene da Dio, affinché non vada perduto nulla di tutto quanto questa Terra porta e contiene in se stessa, nemmeno quant’è grande un atomo di pulviscolo solare!

2. Anzi, Io ti dirò di più: su tutta questa Terra gli esseri che a Me maggiormente ripugnano e che Io reputo i peggiori, sono certo e con tutta evidenza i farisei e gli scribi, dentro e fuori Gerusalemme! Ebbene, prima che Io li giudichi e li faccia legare alla croce, concederò che siano essi a legare Me sulla croce!»

3. A queste Mie parole Roclus ha uno scatto violento, ed esclama: «No, no, Signore e Maestro! Questo sarebbe spingere la pazienza oltre ogni limite immaginabile! Anche se venisse completamente dissolta nel nulla qualche dozzina di miserabili, certo il Regno di Dio avrebbe poco da perderci, né su questa Terra né meno ancora nell’aldilà; via, dunque, con quella nera progenie di draghi, ma Tu rimani!»

4. Dico Io: «Di questa cosa tu ora parli come la comprendi; però da qui a circa tre anni il tuo stesso spirito ti farà mutare parere e ti condurrà ad una migliore visione delle cose; perciò lasciamo stare adesso questo argomento e prepariamoci invece per la cena! Bisognerà allungare un po’ questa mensa, e voi, assieme a Ruban, tredici di numero, potrete benissimo prendervi posto e rappresentare simbolicamente una certa cena futura la quale avrà una somiglianza rispondente alla Mia ultima Cena su questa Terra!»

5. Dice Roclus: «Signore e Maestro! Ecco che tutto di un tratto il Tuo linguaggio si fa mistico ed enigmatico! Ma come e perché avviene ciò?»

6. Dico Io: «O amici Miei! Molte cose ancora Io avrei da dirvi, però nelle condizioni attuali non potreste sopportarle! Ma quando, dopo quest’ultima Cena di cui ho parlato, lo Spirito Santo scenderà nei vostri cuori, allora Esso vi guiderà in tutta la pienezza della più vivente verità, e soltanto allora tu comprenderai appieno tutto quello che ora ti ho detto. Ma ecco che ormai Marco viene già da noi, ben provvisto di vivande: disponiamoci dunque lietamente a servircene! Ecco, la vostra mensa è già preparata»

7. Udito questo, Roclus si inchina profondamente dinanzi a Me, ritorna poi dai suoi amici e compagni, e dice loro: «Di andarsene non c’è più da parlare, bisogna che prima noi prendiamo parte alla cena che viene servita appunto adesso, e precisamente alla mensa del Signore che è quella lì! Il Signore e Maestro vuole così, ed un rifiuto non è possibile! Dunque, venite presto con me e prendiamo posto da quella parte ancora libera della mensa, alla quale già da qualche tempo siedono quelle personalità!»

8. Osserva Ruban: «Oh, noi non andiamo a farvi proprio nessuna particolare bella figura! Oh, delle perfette nullità, vicino al gran Signore di tutti i signori della Terra!»

9. Dice Roclus: «Comunque sia, è il Signore e Maestro di tutte le cose che vuole così, ed a noi non resta altro che obbedire, anzi obbedire con la più grande gioia di questo mondo! Andiamo, dunque, affinché nessuno debba aspettare proprio noi! Del resto io sento già una fame più che discreta, e già anticipatamente mi rallegro di tutto cuore alla prospettiva di una cena abbondante e bene preparata! Vedo disporre in buon ordine sulla mensa, oltre alle vivande, anche dei boccali e delle grandi coppe di vino, e quell’incantevole giovinetto sembra avere delle cure particolari per il nostro tavolo; bando dunque agli indugi, e andiamo!»

 

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Cap. 80

Raffaele nella sua parte di formidabile mangiatore.

 

1. A queste parole persuasive di Roclus tutti si avvicinano al tavolo destinato a loro, si inchinano tre volte dinanzi alla nobile comitiva, e poi Raffaele assegna a ciascuno il proprio posto, ed infine egli pure si siede al nuovo tavolo, quale quattordicesimo ospite accanto a loro. Roclus scorge subito di avere dinanzi la vivanda che era il suo piatto preferito: si trattava di agnello arrosto e con il contorno di magnifiche arance amare, perfettamente mature. Egli non poté fare a meno di stupirsi enormemente per il fatto che in cucina avessero potuto indovinare con tanta precisione i suoi gusti. Però si ricompose ben presto pensando in quale compagnia egli si trovava e questo gli forniva la spiegazione di tutto. E anche a ciascun altro dei tredici ospiti venne offerto il suo cibo particolarmente prediletto; soltanto a Raffaele vennero serviti su di un grande vassoio otto pesci ben grandi e molto ben preparati, con i quali, come al solito, non impiegò molto tempo a sbrigarsi, cosa questa che diede molto nell’occhio ai tredici.

2. E Roclus non poté trattenersi dal domandare al presunto giovinetto, in tono cordialissimo ma che tradiva un’immensa meraviglia, come avesse fatto a far sparire con tanta furia otto pesci di quella dimensione, e se egli sarebbe stato in grado di mangiare ancora qualche altra cosa in aggiunta.

3. E Raffaele gli rispose sorridendo amichevolmente: «Oh, anche se si trattasse di dieci volte tanto, me la sbrigherei con la massima facilità e senza alcuno sforzo; sennonché io sono già perfettamente sazio con questi otto che ho mangiato»

4. Dice Roclus: «Da fanciullo devi esserti abituato a rimpinzarti lo stomaco, altrimenti non potrei spiegarmi il fenomeno. Sei forse capace di aiutarmi a consumare anche la mia porzione di agnello? Vedi, per me è più che sufficiente l’ottava parte!»

5. Risponde Raffaele: «Ebbene, dà pure qui; gli altri sette ottavi non m’imbarazzeranno affatto lo stomaco!»

6. Roclus allora, riservatosi un pezzo della coscia sinistra, offrì tutto il resto a Raffaele il quale fece sparire carne ed ossa in un solo istante.

7. La cosa assunse agli occhi di Roclus l’aspetto dell’inverosimile, ed egli con un’espressione sbalorditissima esclamò: «No, in verità, tu sei certo un carissimo giovinetto dotato di meravigliosa sapienza, ma non vorrai dirmi che questi fatti si svolgono in maniera naturale! Per quello che riguarda la carne, passi ancora; ma che tu, peggio di un lupo, te la sbrighi con tanta celerità anche con le cose che nessuna creatura umana è capace di digerire, questa vedi è una cosa che per me ha del favoloso, e bisogna che adesso me la spieghi un po’ chiaramente!»

8. Dice Raffaele: «Ebbene, dai qui una pietra, ed avrai di nuovo il miracolo che aspetti!»

9. Roclus allora levò subito da terra una grande pietra e la porse a Raffaele.

10. E questi disse: «Sta un po’ attento, e vedrai che io divoro anche questa pietra come fosse un pezzo di pane eccellente!»

11. Detto questo, Raffaele prese la pietra, l’accostò alla sua bocca, e non appena essa venne a contatto con le sue labbra, svanì completamente da questa esistenza terrena!

12. E quando Roclus e i suoi compagni ebbero visto una cosa simile, furono colti da raccapriccio e Roclus esclamò: «Oh, mio giovane amico! Con te è pericoloso sedere a mensa, perché potresti benissimo finire con il divorare anche i tuoi commensali! Bisogna che tu mi permetta questa cortesissima osservazione con la quale, in fondo, io non intendo dirti altro che questo: “Se hai proprio voglia di mangiare anche noi, è meglio che ti sbrighi, affinché ci venga risparmiata l’angoscia di attendere la nostra fine!”. No, davvero, lasciamo stare gli otto pesci fra i più grandi che si possano pescare nel mare di Galilea, e non parliamo neppure dei sette ottavi dell’agnello, ossa comprese, nonostante questo sia, permetti che te lo dica, un caso di voracità terribilmente anormale; ma la sparizione nella tua bocca di una pietra che avrà pesato le sue dieci libbre, questo è un fatto che deve evidentemente colmare tutti noi di orrore! Dove mai potrà terminare questa storia? È pur vero che a noi questa cosa interessa poco o niente affatto; ma, per tutti gli dèi, se sta in tuo potere inghiottire anche tutte le montagne della Terra, noi abbiamo poca voglia di essere i testimoni della tua enorme, incomprensibile voracità; hai capito, o mio carissimo giovane divoratore?».

 

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Cap. 81

La persona e l’essenza di Raffaele rispetto a quella dell’uomo terreno.

 

1. Dice Raffaele: «O amico mio, tu sei indotto a parlare così per la ragione che non mi conosci; se tu mi conoscessi, troveresti tutto ciò tanto naturale quanto trovi naturale che, in base alla tua fame, tu sei a mala pena arrivato a mangiare l’ottava parte della tua porzione di agnello!

2. Per il momento anch’io sono certamente un uomo come te, e non mi manca neppure nei riguardi del corpo né un membro né un senso; sennonché il mio corpo è del tutto differente dal tuo, per il fatto che mentre il tuo è ancora mortale, il mio non lo è assolutamente. Tu, quale anima e spirito, non puoi spogliarti del tuo corpo quando vuoi, né puoi dissolverlo e tramutarlo in un attimo nel tuo elemento spirituale; io invece queste cose le posso fare benissimo. Io sono proprio soltanto puro spirito, nonostante questo mio corpo apparente; ma tu sei invece ancora quasi unicamente carne, ed avrai ancora molto da fare per te stesso fino a che tu possa cominciare a sentire di essere un’anima matura e libera nella tua carne.

3. Quando tu hai mangiato qualcosa, occorre un certo tempo perché il cibo ingerito divenga sangue e carne nel tuo corpo, e non sai né hai mai saputo affatto come vada compiendosi una simile trasformazione dentro di te. Tu non conosci nemmeno in minimissima parte la costruzione organica del tuo corpo; a me invece ogni atomo del mio corpo e anche ogni atomo del tuo corpo è noto con tanta chiarezza che qualcosa di più chiaro non può esistere in tutto il mondo intero! Infatti, io sono costretto a formare da me stesso ed a conservare questo mio attuale corpo atomo per atomo, nervo per nervo, fibra per fibra e membro per membro; tu invece fin dall’inizio non sai di che cosa sia composto il tuo corpo e chi sia che lo forma e lo mantiene continuamente.

4. Il tuo è un corpo generato, partorito e cresciuto senza che la tua conoscenza e la tua volontà vi abbiano contribuito; il mio invece è un corpo creato secondo la mia conoscenza e la mia volontà! La tua coscienza dell’esistenza è ancora simile a un sonno; e il tuo sapere, la tua conoscenza e la tua volontà non corrispondono che ad un continuo sognare durante il sonno della tua esistenza; io invece mi trovo nella vita più chiara e desta del giorno di vita perfettissimo ed eterno. Io so sia ciò di cui parlo che ciò che faccio; e di quello che dico e faccio conosco la ragione vera e più profonda, mentre tu non sai nemmeno come, con quale mezzo e perché in te sorgano ogni specie di pensieri! E quindi so anche il perché, finché mi trovo visibilmente fra i mortali, io posso e devo sostentare il mio corpo con del nutrimento in quantità molto maggiore che non tutti i tuoi compagni presi assieme. Certo, ora non posso rendere chiare alla tua intelligenza le ragioni di questo fenomeno, dato che con le tue attuali conoscenze non ti sarebbe assolutamente possibile comprenderle; però verrà il tempo nel quale tu potrai farti un’idea molto chiara di tutto ciò a cui ora ho accennato.

5. Che tu però sospetti che io, a causa della mia grande voracità, possa finire con lo scagliarmi su di voi come una iena o un lupo famelico, questo è alquanto assurdo da parte tua! Io credo che la mia formazione spirituale e la mia sapienza, che deve risultarvi evidente, dovrebbero almeno queste suggerirvi una opinione migliore a mio riguardo! Come avete potuto persuadervene, è nella mia facoltà mangiare non soltanto una pietra, ma la stessa operazione potrei ripeterla con delle montagne intere o con dei corpi mondiali, dato che dispongo di potenza sufficiente per farlo! Ora ecco, se io non fossi saggio pur disponendo della potenza che mi è propria, allora agirei sotto l’impulso di una qualche cieca passione, ed in questo caso certamente non sareste sicuri della vostra esistenza e della vostra vita trovandovi al mio fianco! Sennonché la Sapienza primordiale eterna di Dio, fuori dalla quale è propriamente tratto tutto il mio essere, m’impone innanzitutto la conservazione di tutte le cose create grazie alla Forza e all’Onnipotenza di Dio, delle quali in eterno nemmeno un atomo è lecito che vada perduto, né può andare perduto, poiché la Volontà di Dio e la Luce dei Suoi occhi onniveggenti compenetrano e influenzano tutto lo spazio infinito, dalle cose massime alle minimissime. Quindi il tuo timore della mia presunta voracità è perfettamente inutile! Ebbene, o Roclus, adesso hai compreso almeno un po’ queste mie parole?»

6. Dice Roclus: «Veramente, di una reale comprensione di queste cose non si può ancora parlare; tuttavia credo di poter comprendere dalle tue parole che al tuo fianco non abbiamo alcun motivo di temere per la nostra esistenza e per il momento questo significa già moltissimo per noi! Ma, alla fin fine, dove metti tutta questa massa di sostanza? Hai forse una specie di stomaco come lo struzzo, il quale, a quanto ne so, pare che arrivi a digerire anche le pietre più dure? Anzi, si dice che perfino i più duri metalli costituiscano per quell’animale un cibo davvero graditissimo! Ma che la cosa stia così o in altro modo, è pure un fatto che per noi tu sei e resti un essere meraviglioso!

7. Gli ebrei parlano di certi messaggeri celesti (angeli), creati nei primordi dei tempi; noi greci e romani abbiamo i nostri geni ed i cosiddetti semidei; ebbene, tu stesso saresti forse un angelo travestito, od almeno un genio o un semidio di questa specie? A mio parere, infatti, tutto il tuo essere ha in sé qualche cosa di troppo delicato e di troppo sottile per un uomo terreno, perché nemmeno la più casta vestale[12], per quanto riguarda soavità e bellezza d’aspetto, potrebbe gareggiare con te. Anche per queste ragioni già prima la tua figura mi diede quanto mai nell’occhio, ed io non m’ingannai quando tra di me ritenni che tu, più che un uomo di carne, fossi una specie di fantasma evocato per effetto di magia! Io ho avuto sempre l’impressione che, da un lato, tu fossi davvero qualche cosa, ma dall’altro lato invece una semplice specie di immagine parlante ed operante di un supremo Essere divino, il Quale soltanto per un determinato tempo ti avesse concesso forma, consistenza, nonché la sapienza e la potenza necessarie; quando però non vi fosse più bisogno di te, allora cesseresti anche di esistere! Questi sono almeno i pensieri e le sensazioni avute da me»

8. Dice Raffaele: «Tranne per quello che si riferisce alla cessazione assoluta dell’esistenza, con il tuo parere, a mio riguardo, non hai proprio sbagliato di molto il bersaglio! L’unica cosa in cui ti sei sbagliato è appunto la cessazione assoluta dell’esistenza, perché c’è un divario infinito tra la tua supposizione e la realtà. Vedi, prima ancora che un mondo avesse cominciato a muoversi ed a splendere nell’infinito dello spazio, già prima, da epoche di una durata per te inconcepibile, io ero un servitore perfetto del supremo Spirito di Dio! Ora, tale io lo sono tuttora e tale rimarrò in eterno, quantunque forse un po’ mutato secondo la misura del Signore, verso cui, ora e sempre, si rivolgeranno le aspirazioni di tutti gli spiriti, per quanto perfetti. Però, proprio per questo io rimarrò sempre quello che sono, soltanto in misura ancora più perfetta, per la qual ragione anche, grazie alla Grazia del Signore, io sono venuto ora in questa scuola preparatoria della vita materiale. Ma intanto io resto chi, come e cosa sono! Mi hai compreso un po’ meglio ora?»

9. Dice Roclus, stupefatto al massimo: «Oh, così stanno le cose! Proprio come me le ero immaginate! Tu dunque non sei altro, come si dice, che uno spirito rivestito di un CORPO AD INTERIM (corpo provvisorio), venuto addirittura dai Cieli per servire temporaneamente qui il Signore della Gloria e per dare esecuzione alla Sua Volontà! Ah, ma allora è certo che ci deve essere un divario immenso fra te e noi! Ma allora a noi non si addice veramente di scambiare ulteriormente con te parole terrene!»

10. Chiede Raffaele un po’ impetuosamente: «E perché no, dunque?»

11. Risponde allora Roclus fattosi molto serio in volto: «Io devo ammettere, data la tua sapienza certo illimitata, che tu saprai ancora meglio di me la ragione di quanto ho detto, anche senza la mia spiegazione che ben poco può significare. Ma dato che voi, misteriosissimi esseri spirituali, richiedete sempre da noi, miseri mortali, che ci si debba esprimere, è utile che te lo dica malgrado tu ad ogni modo sia a conoscenza già anticipatamente di ciascuna parola che ti sto per dire! Ti piaccia dunque ascoltarmi.

12. Ci sono a questo mondo delle relazioni e dei rapporti che l’uno accanto all’altro stonano sempre terribilmente. Così ad esempio, un covo di talpe accanto all’immenso Ararat fa certo una figura misera quanto mai ridicola; la stessa cosa dicasi di una stalla di maiali accanto alla residenza imperiale di Roma, di una capannuccia accanto ad una piramide egiziana, di una mosca accanto ad un elefante e di una goccia d’acqua accanto al grande oceano! Eppure tutti questi termini che ho menzionati l’uno di fronte all’altro si trovano in contrasto molto meno stridente che non noi di fronte a te; perfino una misera lucciola che di notte manda i suoi scarsi bagliori, viene evidentemente a trovarsi accanto al Sole in condizioni migliori! Che cosa è tutta la mia eloquenza dinanzi a te? Essa non è che un trebbiare stoltissimo di un mucchio di paglia perfettamente vuota, perché quello che adesso ti dico, tu lo conoscevi parola per parola già un’eternità prima! Sennonché io qui non parlo per te, ma per me e per i miei compagni, affinché sappiano essi pure qual è il concetto che io mi faccio della nostra situazione presente. Chi si somiglia si piglia: l’uomo comune sta bene con i suoi pari, ed il nobile ed il potente stanno bene con il nobile ed il potente!

13. La bilancia ci dà la misura più esatta. Un granello di pulviscolo solare ha certo anch’esso un qualche peso, altrimenti con il tempo non cadrebbe a terra. Ma non sarebbe perfino un autentico bue costretto a scoppiare in una risata qualora vedesse qualcuno porre su un piatto della bilancia un granello di questa specie, e sull’altro qualcosa che pesasse diecimila libbre (56 quintali), per constatare di quanto più leggero sia il granello di pulviscolo in confronto al rilevante peso di diecimila libbre? Ma similmente così avviene che tu ti trovi fuori posto in nostra compagnia e noi altrettanto lo siamo in tua compagnia.

14. Tu, secondo la Scrittura degli ebrei, sei uno dei maggiori nel Cielo, mentre noi su questa Terra ci troviamo a mala pena sull’orlo della culla della vita, e ci manca ancora moltissimo fino a che noi possiamo dire di aver raggiunto, sempre in rapporto soltanto alla vita terrena, lo stato di virilità spirituale! Noi quindi dobbiamo pregarti di lasciarci, dato che in noi - ora al Tuo fianco - avvertiamo troppo fortemente la sensazione del nostro essere nulla! Tu vicino a noi non puoi certo guadagnare niente, e noi similmente quasi nulla vicino a te, considerato quello che tu sei e che puoi fare!».

 

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Cap. 82

Il compimento di prodigi da parte di Raffaele.

 

1. Dice Raffaele: «Che io ora mi trovi in vostra compagnia, questa non è volontà mia ma del Signore, ed a Lui noi dobbiamo altrettanto obbedire quanto voi, nonché quanto tutti gli esseri creati, di qualsiasi specie o natura possano essere. Una lieve differenza consiste unicamente nel fatto che noi non obbediamo alla Volontà del Signore da ciechi ma da veggenti, mentre tutte le altre creature devono obbedire alla Volontà del Signore del tutto ciecamente.

2. E tra me e voi sussiste il divario che io, quale spirito pure dotato di una volontà liberissima, ho fatto, per così dire, perfettamente mia la Volontà del Signore armonizzando la mia volontà con la Sua, mentre voi finora siete a mala pena arrivati a riconoscere che esiste un Signore. Quindi di un riconoscimento della Sua Volontà non c’è ancora, evidentemente, nemmeno da parlare, perché quale sia questa Volontà lo potrete un po’ imparare solo prendendo visione dello scritto che ho compilato poco fa secondo la Volontà del Signore e che vi ho consegnato.

3. Così, quando avrete pienamente riconosciuto la Volontà del Signore e l’avrete accolta nei vostri cuori e poi vi renderete attivi esclusivamente secondo questa nuova volontà in voi, allora fra me e voi non vi sarà assolutamente più alcun divario; anzi, voi sarete in grado di compiere cose maggiori delle mie, per la ragione che voi state percorrendo già ora la via della carne mentre io devo attendere di potermi avviare su di essa, qualora io pure voglia scambiare questo mio stato attuale di semplice “servitore di Dio” con quello di “figlio Suo”. Io preferirei certamente essere quello che voi siete adesso; sennonché unicamente dalla Volontà del Signore dipende il come, il dove e il quando ciò potrà venire concesso!

4. Ma quantunque io desideri questa cosa, tuttavia non la chiedo, perché anche così come sono io godo di una beatitudine suprema e non posso che inneggiare: “Santo, santo, santo” a Colui che ora si è fatto Uomo di carne per trasformare tutti gli uomini di questa Terra e tutti coloro che dimorano nei Cieli in figli Suoi; naturalmente purché gli abitanti dei Cieli lo vogliano, e nei loro cuori preghino il Signore per ottenere questo! Infatti, anche nei Cieli sono innumerevoli i cuori che, ardenti d’amore, si protendono verso il Signore e che ottengono anche sempre l’esaudimento delle loro preghiere.

5. Questa cosa che ora ti dico, però, imprimitela profondamente prima di ogni altra, e cioè: quanto più tu avrai accolto nel tuo cuore la riconosciuta Volontà puramente divina - ma, nota bene, nel tuo cuore - quale norma perpetua della tua vita, allora tanto più prodigiosamente potenti saranno gli effetti della tua volontà che proviene da Dio!

6. Conoscere, comprendere e lodare la riconosciuta Volontà divina non ti possono giovare assolutamente a niente, perché questo non è che un inutile atto di plauso per tutto quanto di grandioso e di meraviglioso si svolge dinanzi ai tuoi occhi; certo, così ti rendi conto del buono, del bello e del sublime, e sai pure molto bene che ciò ha il suo fondamento nella conoscenza e nella volontà dell’artefice. Ammettiamo però ad esempio il caso che tu pure avessi le necessarie conoscenze, ma, naturalmente, di gran lunga non avessi ancora la volontà dell’artefice; potresti essere in grado di produrre qualche cosa mediante la semplice conoscenza? Oppure, supponiamo pure che tu avessi all’incirca la volontà dell’artefice, ma non la sua perspicacia e la sua abilità e diligenza; dimmi: potresti produrre qualcosa in questo caso?

7. Io davvero ti dico: “Per ottenere questo ci vuole una conoscenza vera, una fermissima volontà che procede da Dio ed una grande capacità nell’impiego di una tale volontà!”. Esistendo queste premesse, allora tu puoi certamente comandare a questa o a quell’altra montagna e dire: “Levati, e gettati nel mare là dove esso è più profondo!”. Ed immancabilmente avverrà così come avrai voluto!

8. Ma con il solo conoscere e con il solo fermo volere si approda a poco o addirittura a nulla affatto! Una cosa però è certa: l’abilità nell’impiego della Volontà di Dio nel proprio cuore la si ottiene unicamente mediante la potenza del puro amore per Dio e del conseguente amore per il prossimo. Infatti, questo amore, l’unico vero, genera nell’anima la fede vivente ed una fiducia incrollabilmente saldissima, senza la quale anche l’essere più purificato può pochissimo, o niente del tutto».

 

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Cap. 83

Perfezione della vita e potere di operare miracoli grazie

all’amore per Dio e per il prossimo. Veri e falsi profeti.

 

1. (Raffaele:) «Io voglio citarvi qui un esempio: ammettiamo che tu volessi ridonare la vista ad un cieco per la Potenza della Volontà divina in te, ma che, volendo fare così, vi fosse in te, sia pure così alla lontana, un piccolo dubbio nella riuscita; ecco, questo sarebbe già un immenso errore, perché il cieco allora non recupererebbe affatto la vista. Ma se tu fai invece divampare al massimo grado l’amore in te per Dio, allora questo fuoco ardentissimo d’amore e di vita non soltanto vivificherà la tua anima con tutta potenza, ma esso si espanderà perfino con energia irresistibile molto al di là della sfera della tua forma, e, concentrato al massimo, agirà là dove la tua volontà divina, naturalmente con tutta sapienza e con perfetto discernimento, avrà fatto convergere le sue energie. Se poi in tali condizioni il cieco verrà afferrato dalla tua volontà divina e verrà immediatamente posto nel fuoco, per così dire, dei raggi del più potente amore per Dio, di cui sarà colma la tua anima, egli dovrà di certo riacquistare immediatamente la luce dei suoi occhi, perché dinanzi alla Luce e al Fuoco supremi d’amore e di vita che provengono da Dio, la morte, in qualsiasi sua manifestazione, deve inevitabilmente cedere il passo, quindi anche la morte di un occhio spentosi alla luce, occhio che, naturalmente, senza la luce va considerato morto, come morto è tutto un corpo nel quale non ci sia più respiro né battito del cuore. Ecco il motivo per cui è resa pure possibile l’immediata resurrezione di un defunto, perché, qualora la Volontà divina, che colma il tuo cuore, e la Sua Sapienza non muovano obiezioni alla rianimazione di un qualche essere morto, basta che tu collochi il morto nel punto dove converge il tuo amore per Dio il Signore, ed esso rivivrà completamente!

2. Ma per arrivare a tanto, da voi uomini si esige molta fatica ed un tenace esercizio, perché occorre che il cuore si renda flessibile in modo tale da poterlo portare al grado supremo e alla pienezza massima dell’amore per Dio, e questo in qualunque momento si voglia. Una volta giunto ad un tale punto, allora anche l’uomo, quale uomo, è perfetto, e dovrà accadere tutto quanto egli vorrà, sotto l’ispirazione proveniente da Dio! Se tu, così dotato, vuoi creare un mondo, questo deve anche esistere secondo la Volontà divina e conformemente alla Potenza dell’Amore divino, la cui piena misura avvolge e compenetra il tuo cuore con un supremo fuoco vitale, e avvolge e compenetra la tua sfera vitale esteriore con un’abbagliante luce di vita che splende ed agisce molto al di là del tuo stesso essere. Quello che il tuo saggio riconoscimento di Dio prescrive alla tua volontà, e cioè quello che fuori dalla sostanza della luce di vita d’amore irrompe da te in maniera irresistibile, deve anche immediatamente adattarsi entro la forma ben ponderata e ben riconosciuta in precedenza da te, e così in pochi istanti puoi avere dinanzi a te tutto un mondo che poi è in tua facoltà perfino di fissare e di conservare, purché tu sia, come già detto, nel purissimo e pieno possesso della Volontà divina e dell’Amore divino.

3. Sia ben chiaro, però, che non puoi giungere al pieno possesso della Volontà divina nella sua intensità primordiale qualora tu prima non abbia completamente accolto Dio nel tuo cuore grazie all’amore puro, vero, che esclude qualsiasi altra cosa, perché se Dio non è presente completamente in te, allora non è nemmeno possibile che Egli manifesti completamente la Sua Volontà in te.

4. Però amare Dio sopra ogni cosa e con tutte le proprie forze non è affatto un compito tanto facile come tu lo immagini! Per questo ci vuole innanzitutto un tenore di vita perfettamente puro e conforme alla legge di Mosè. Ora, là dove questo modo di vivere è stato distrutto in seguito ad ogni tipo di errori della vita contrari all’ordine (peccati), hanno dovuto necessariamente soffrirne anche tutte le energie necessarie alla vita, le quali con ciò vengono materializzate e rese come completamente morte.

5. Ma non è possibile che un uomo dalla vita così storpiata poi ami Dio sopra ogni cosa e con tutte le sue forze vitali in perfetto ordine, perché queste sono spesso morte per più di due terzi. Un simile uomo deve poi vivificare di nuovo in sé le forze vitali spentesi, esercitandosi, non di rado per lunghi anni e con il massimo zelo, nell’abnegazione di se stesso e nella rinuncia a tutte le sue antiche passioni e abitudini, e solo così, gradatamente, potrà infine trapassare all’amore più ardente possibile per Dio, cosa questa che non è davvero un compito facile per un individuo già molto unificatosi con il mondo!

6. Infatti, se già un uomo perfettamente sano fa molta fatica volendo salire un’alta montagna, e l’impresa deve apparirgli senz’altro alquanto penosa, quanto più non sarà faticosa una simile salita per un paralitico il quale ha ancora ed a mala pena la possibilità di trascinarsi sul terreno piano, sorretto dalle grucce! Però, se un paralitico, nonostante tutto ciò, volesse fare una salita di questo genere proprio seriamente, egli dovrebbe anzitutto assicurarsi della cooperazione di una guida molto sana, robusta e capace di sostenerlo come si deve durante l’arduo percorso; in questo caso è certo che anche il paralitico riuscirebbe a salire la vetta dell’alta montagna, e il vantaggio che ne trarrebbe sarebbe assai grande.

7. Egli durante la salita gronderebbe senza dubbio di sudore, e ciò tanto più quanto più in alto arriverebbe; ma appunto così egli libererebbe le sue membra da lungo tempo rattrappite dai veleni che le paralizzano, rivivificherebbe le parti morte del suo corpo, e potrebbe infine, certo soltanto dopo un viaggio faticosissimo di più giorni, raggiungere già in stato di perfetta salute la vetta più alta del monte. Ma quale favolosa fermezza di decisione ci vorrebbe in un paralitico per recarsi, ad esempio, sulla cima più alta del monte Ararat! Eppure questa sarebbe pur sempre un’impresa più facile di quella che dovrebbe affrontare un uomo, che si è già ben unificato con il mondo, per scalare le vette della montagna spirituale, la quale porta il nome di perfetta umiltà e totale abnegazione di se stesso!

8. Tu qui ti meraviglierai di certo tantissimo, e dirai dentro di te: “Oh, oh, con queste prospettive saranno ben pochi coloro che su questa Terra riusciranno a scalare la suprema vetta della vera perfezione della vita, e non sarà molto facile operare miracoli in futuro!”. Ed io ti dico con certezza che sotto questo aspetto non hai del tutto torto; sennonché in questi tempi esistono delle guide estremamente esperte della via della vita, con il cui aiuto non è più tanto esageratamente arduo il compito di farsi condurre e accompagnare molto bene fino alla suprema vetta della vita dell’Ararat spirituale, pur essendo dei paralitici nell’anima.

9. Nel tempo attuale, ad ognuno che sia animato da qualche buona volontà risulta facile addentrarsi in ogni perfezione della vita, perché appunto in questo tempo al Signore è piaciuto non soltanto di chiamare dai Cieli su questa Terra delle guide dalla vitalità quanto mai robusta per far preparare, guidare e condurre gli uomini tramite esse, ma Egli stesso si è rivestito di carne ed è venuto qui tra voi, paralitici, per guarirvi e per mostrarvi quale sia la Sua Volontà purissimamente divina, nonché per insegnarvi ad amare Dio sopra ogni cosa e il vostro prossimo come voi stessi.

10. D’ora in poi in nessuno possono sorgere dubbi riguardo il riconoscere la Volontà assolutamente pura di Dio e riguardo l’apprendere come si debba amare Dio e come si possa innalzare il proprio cuore fino a un tale amore. Ora le vie vengono indicate con la massima chiarezza, e chi vuole incamminarsi in esse non può smarrirsi. Però negli anni e secoli futuri sarà nuovamente più difficile familiarizzarsi con la Volontà purissima del Signore, perché allora, accanto ai veri profeti, ne sorgeranno pure molti di falsi, i quali compiranno prodigi nella maniera usata finora da voi, e con ciò inculcheranno a molti dei concetti assolutamente falsi di Dio e della Sua purissima Volontà, ricorrendo perfino alla costrizione. Ma allora vi sarà una grande tribolazione fra l’umanità di questa Terra, e nessuno sarà più in grado di essere di guida affidabile per l’altro, perché l’uno insegnerà e dirà: “Vedi, qui è la verità!”, e l’altro a sua volta: “Ecco, la verità è là!”. Tutti coloro che grideranno così non saranno affatto nella verità, ma nella completa falsità!

11. Nonostante tutto ciò il Signore susciterà ancora, di quando in quando, dei servitori i quali chiariranno, a coloro che saranno di buona volontà, qual è la pura Volontà di Dio come noi ve la mostriamo ora. Beati coloro i quali vi si conformeranno completamente, perché appunto così facendo essi raggiungeranno quello che a voi attualmente è dato di raggiungere con estrema facilità! Solo che in quei tempi ci saranno pochi miracoli da operare, perché lo Spirito del Signore suggerirà ai Suoi di farne uso con grande prudenza allo scopo di non aizzare contro di sé un intero esercito di profeti assolutamente falsi, e di non dover scendere poi in campo con la spada contro l’inferno.

12. I veri profeti di verità il Signore li susciterà sempre nella quiete assoluta del silenzio, ed essi staranno al mondo come un’acqua che scorre tranquillamente, senza alcun rumore né nessun mormorio percettibile; in coloro invece che in qualche modo si presenteranno rumorosamente, in quelli la Verità e la Parola dello Spirito non saranno presenti.

13. Ma i veri profeti suscitati da Dio saranno certamente in grado di compiere benissimo dei miracoli nel mistero del perfetto silenzio; sennonché di tutto ciò il mondo non si accorgerà affatto, ma se ne accorgeranno ogni tanto solo i veri amici di Dio a loro segreta consolazione.

14. Ora certo accadono dei grandi prodigi, ma ciò avviene a vantaggio degli ebrei e dei pagani induriti, affinché nessuno possa infine dire che la rivelazione di questa Dottrina assolutamente nuova non sia stata corroborata da alcun segno dai Cieli. Nei tempi futuri, però, gli uomini ambiranno più alla piena verità che non alla conferma mediante azioni prodigiose, delle quali i sapienti diranno che esse non potranno mai fare loro apparire nero quello che è bianco, dato che la verità resta verità anche senza i prodigi.

15. Da tutto quello che ho detto tu potrai rilevare dunque che io, nonostante lamia voracità, non sono affatto un essere tanto temibile, e che tra di noi non c’è proprio quella enorme differenza come ti è apparso prima, anche se ci troviamo già su di un gradino discretamente pari, anzi, che sotto certi altri aspetti tu, essendo attualmente già uomo nella carne, hai un vantaggio molto considerevole rispetto a me! Ed ora dimmi se io, vicino a te, faccio davvero la figura di un elefante vicino ad una mosca! Ritieni ancora che io debba lasciarvi perché la mia presenza ti ripugna, o devo invece rimanere qui quale quattordicesimo fra di voi, e quale vostro maestro?».

 

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Cap. 84

Il significato della figliolanza di Dio su questa Terra.

 

1. Dice Roclus, cui Raffaele era di nuovo divenuto caro: «Oh, resta, resta! Ormai puoi divorare anche un mondo in nostra presenza, ma il nostro amore per te non ne sarà affievolito, ed il nostro timore di te non potrà aumentare, perché noi ormai sappiamo chi sei tu, e che cosa noi possediamo in te.

2. Ma ora passiamo ad un altro argomento. Io non ignoro il fatto che quello che sto per dirti adesso, tu lo saprai esattamente, sennonché i miei compagni non lo sanno, ed è soltanto per loro che ti espongo la mia questione, affinché essi pure sappiano quello che desidero da te! Dimmi dunque se non sarebbe proprio assolutamente possibile che pure tu divenissi membro del nostro istituto, almeno finché noi perveniamo a quel gradino di perfezione della vita che si rende necessario per la vera salvezza dell’umanità!»

3. Risponde Raffaele: «Per il momento ciò non può essere concesso, dato che ora a me incombono anche altrove dei doveri verso il Signore e gli uomini! Però in caso di bisogno, qualunque esso sia, io sarò sempre fra voi come se mi aveste chiamato. Del resto voi avete la promessa del Signore di poter operare nel Suo Nome, ed Esso solo è più potente delle innumerevoli miriadi di esseri miei pari! A questo Nome, che è Gesù, cioè la Potenza di Dio, attenetevi, ed allora le montagne dovranno lasciare libero il passo, e gli uragani dovranno ammutolire, purché la vostra vita sia tale che voi risultiate degni di questo nome! Infatti, dalle eternità questo è il Nome più autentico di Dio nel Suo Amore, dinanzi al quale tutto si inchina nel Cielo, sulla Terra e sotto di questa!

4. Io non intendo con ciò parlare forse del suolo di questa Terra materiale, la quale nel suo complesso non è altro che una sfera come un altro pianeta qualsiasi, e che al di sotto, cioè dalla parte perfettamente opposta a noi, porta pure continenti, montagne, laghi e mari come qui; né con ciò intendo dire dell’interno proprio della Terra che è costituito da un grandioso organismo di specie animale agli scopi dello sviluppo della vita naturale-organica necessaria ad un intero corpo mondiale, ma con l’espressione “sotto la Terra” io intendo indicare lo stato vitale-morale di tutto ciò che è istintivamente ragionevole sugli innumerevoli altri corpi mondiali, sui quali pure esistono creature umane; sennonché esse, al paragone di voi uomini di questa Terra, non hanno che una destinazione molto limitata.

5. Anch’esse però fanno parte del complesso dell’infinitamente grande, e rappresentano, per così dire, gli anelli di una catena; voi invece rappresentate i cardini, dato che, quali veri figli di Dio, siete destinati, assieme a Dio ed a noi, a reggere l’intera infinita Creazione di Dio, dalla minima cosa alla massima! Ed anche per questa ragione Io vi pongo sopra, ovvero al di sopra, di questa Terra, immediatamente dopo a noi, attuali abitanti dei Cieli di Dio!

6. Dunque, se ora voi comprendete giustamente anche questo, tanto più dovete far tesoro del Nome dell’Altissimo dall’eternità, dato che da ciò potete rilevare come Dio sia il vostro Padre e voi i Suoi figli; e se voi tali non foste, perché mai Egli sarebbe venuto da voi, giù dai Cieli, per educarvi di Persona secondo le Sue intenzioni eternamente grandiose, previste e ponderate fin dall’eternità a vantaggio vostro, figli Suoi?

7. Ma anche perciò tutti voi dovete rallegrarvi immensamente per il fatto che Egli, quale Padre dall’eternità, sia venuto di Persona da voi, per fare di voi completamente quello che Egli già da tempi eterni vi ha chiamati e destinati ad essere.

8. Ora, se voi siete indiscutibilmente Suoi figli ed Egli è venuto da voi, piccoli figlioletti, senza essere stato chiamato da voi, allora con tanta maggiore sollecitudine e certezza Egli verrà da voi, d’ora innanzi, quando avverrà che nell’ardente amore del vostro cuore voi Lo invocherete e direte: “Abba, caro Padre nostro, vieni, noi abbiamo bisogno di Te!”. Voi, dunque, la promessa l’avete già ottenuta dalla bocca e dal cuore del Padre stesso, né vi è per conseguenza necessità che io te ne faccia una seconda. La promessa del Padre resterà in ogni caso eternamente vera, e quindi voi nel vostro istituto potete benissimo fare a meno di me, perché là dove opera il Signore in Persona, è evidente che i Suoi messaggeri celesti sono assolutamente superflui!

9. Del resto, qualora ogni tanto desideriate avermi tra di voi, da amico, non dovrete fare altro che chiamarmi, ed io mi troverò immediatamente presso di voi, purché perseveriate nell’amore e nell’ordine del Signore. Se voi, per ragioni di un qualche mondano ed immondo interesse, doveste abbandonare l’Ordine del Padre, allora io non potrei certo venire da voi anche se mi chiamaste mille volte, ed anche il Nome onnipotente del Padre si dimostrerebbe vuoto in voi e di nessuna efficacia. E se ora avete ancora qualcosa che vi grava sul cuore, esponetela, e vi sarà dato consiglio!».

 

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Cap. 85

I passaggi nel regno degli spiriti naturali.

 

1. Mentre Raffaele stava facendo questa ulteriore concessione a Roclus come pure ai suoi compagni di rivolgergli altre domande qualora avessero avuto qualche dubbio ancora nel cuore, si levò d’improvviso un forte vento dalla parte del mare, il quale cominciò a provare la sua forza particolarmente a spese delle tende regali rizzate vicino alla riva, ad uso di Ouran, che si trovava ancora in nostra compagnia; e si intese l’assordante clamore di uno stormo di gru che volavano disordinatamente nell’aria.

2. Anche le nuove imbarcazioni dentro al porto cominciarono a scricchiolare con violenza, perché il vento, pur essendo il tempo perfettamente sereno, andava sempre più aumentando in forza, tanto anzi che Cirenio finì con l’esclamare rivolto a Me: «Oh, Signore, la tempesta va sempre più acquistando vigore, e, se va avanti così, anche noi saremo costretti a cambiare di posto! Questo volare intorno all’impazzata delle gru non sembra promettere niente di buono! Quegli animali devono essere stati spaventati da qualcosa di grave, altrimenti non avrebbero abbandonato i loro ricoveri notturni! Non c’è dubbio: tra poco non sarà più possibile restare qui! Il vento aumenta continuamente di violenza, e comincia anche a fare discretamente freddo! Dobbiamo ritirarci nei locali della nuova dimora?»

3. Io allora gli dico: «Finché Io Mi trovo qui con voi, non avete da temere né il vento, né il fresco, né il gridio degli animali! Nell’aria, come anche nella terra e nell’acqua esistono molti rozzi spiriti naturali; essi devono rendersi attivi nella loro specie per poter essere messi in condizione di avviarsi verso una sfera di attività nuova e superiore.

4. Simili periodi di passaggio dell’elemento spirituale-naturale si distinguono sempre per un certo manifestarsi naturale e violento; tutto questo è altrettanto necessario per la conservazione e la riproduzione nel complesso delle cose, quanto a te il respirare è necessario al massimo grado per il mantenimento della tua vita naturale-corporale. Se tu hai camminato velocemente per qualche tempo, e così hai provocato negli spiriti della tua carne e del tuo sangue uno stato di grande agitazione, allora essi si uniscono, ponendosi così su un gradino superiore della loro vita. In compenso però si rendono in un certo qual modo vacanti alcuni gradini sulla scala dell’attività; e se questi non venissero già nel prossimo istante occupati da nuove energie lavoratrici, tu immediatamente ti accasceresti a terra come privo di forze, ed ammesso che un simile stato si protragga e che in sé avvenga pure molto rapidamente il subentrante stato di inattività dei gradini inferiori della vita naturale, allora finiresti in breve tempo con il perdere addirittura tutta la tua vita corporale.

5. Vedi, per effetto della luce e del calore del giorno, innumerevoli miriadi di spiriti naturali scioltisi dalla materia trapassano ad un grado superiore di esistenza nel regno vegetale ed animale, e, data la temperatura molto alta durante il giorno, questo trapasso avviene spesso con un ritmo superiore a quello dello svolgersi normale dell’opera di liberazione dalla prigionia dalla materia degli spiriti naturali inferiori! Ed in tale occasione non potrà facilmente sfuggirti come tutto assuma un aspetto stanco, pigro e svogliato, e come il mondo vegetale si presenti appassito e spesso del tutto inaridito. E la ragione di questo fenomeno è appunto questa: degli spiriti vitali-naturali sono trapassati ad un gradino superiore della vita in quantità maggiore di quella costituita da quegli altri spiriti che hanno potuto prendere possesso attivo dei posti che i primi hanno dovuto abbandonare.

6. All’incirca lo stesso fenomeno si verifica in un fiume, il quale altro non è che una raccolta di acque correnti che affluiscono da molte migliaia di piccole sorgenti. Se tu potessi fare inaridire le cinquecentomila sorgenti dell’Eufrate, otterresti l’effetto per cui il suo letto andrebbe man mano svuotandosi, e in poco tempo esso sarebbe ridotto completamente all’asciutto. Ed è veramente così che un chiodo scaccia l’altro, ed è soltanto nell’uomo perfetto che tutti gli elementi spirituali vitali-naturali provenienti dal basso raggiungono la loro destinazione finale. Questo sia detto naturalmente per quanto concerne l’anima e lo spirito umani; la carne invece è e resta materia ancora per lungo tempo, e si scinde infine in svariatissime forme vitali le quali poi risalgono di nuovo fino a dove è posta la loro meta.

7. Per poco quindi che tu consideri la cosa, questo vento che ora soffia con tanta violenza non deve affatto meravigliarti, né devi meravigliarti del clamore delle gru che, da uccelli che sono, si trovano su di un gradino superiore sulla scala dell’intelligenza e per primi percepiscono quando dal basso salgono in quantità per loro insufficiente gli spiriti vitali-naturali primitivi.

8. Il calore molto accentuato del giorno ha fatto in modo che una grande quantità di spiriti vitali-naturali salissero in regioni più alte, ed in generale è subentrata una carenza considerevole e percettibile di tali spiriti provenienti dal basso, e precisamente in questa parte della Terra dove noi ci troviamo. A compensare il fenomeno invece, appunto in seguito alla giornata di oggi, anzi veramente fin da ieri, nelle regioni del nord-est si è appunto resa libera fuori dalla materia una reale sovrabbondanza di spiriti naturali di provenienza bassissima. Essendo ora che nel luogo dove sono sorti e dove hanno ottenuto la libertà essi non possono attendersi alcuna occupazione, allora vanno o, detto in altro modo, si riversano verso quelle regioni dove c’è una notevole carenza di spiriti naturali. Ebbene, gli uccelli migratori, e specialmente le gru, sotto questo aspetto hanno un senso vitale straordinariamente acuto e sottile, e sono i primi fra tutti gli animali a percepire tanto l’eccesso, quanto la carenza di tali spiriti naturali di bassa origine, e quindi si fanno inquieti, salgono più alti in volo e ciascun individuo va cercando nell’atmosfera proprio quegli strati nei quali può trovare in sovrabbondanza ciò che sente che gli manca e, una volta trovatolo, lo assimila mediante una diligente aspirazione, rendendo manifesto con il suo gridare che esso ha trovato quello che gli mancava; questo clamore delle gru può essere un segno perciò tanto di soddisfazione come di malcontento.

9. Questo vento spira ora precisamente da nord-est, ed è assolutamente saturo di quegli spiriti naturali primitivi e bassissimi dei quali c’è attualmente qui una notevole carenza, e che i farmacisti chiamano “ossigeno”. Quindi il fresco che porta con sé non ha alcun effetto nocivo, dato che esso ha soltanto un effetto vivificante e contribuirà ad alleggerire piacevolmente ed a rinvigorire le nostre membra già fiacche. Il vento durerà all’incirca un’ora e poi si calmerà; voi vi sentirete infine tutti d’animo più sereno e vivace, e il vino e il pane li troverete ancora più gustosi».

 

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Cap. 86

Dell’essenza del diamante e del rubino (tummim e urim).

 

1. Cirenio fu pienamente soddisfatto della spiegazione, e poi Mi domandò notizie dei mori che egli aveva perso di vista da circa un’ora, e che non aveva visto prendere parte alla cena seduti a qualche mensa.

2. Io dissi: «Essi sono partiti da più di un’ora provvisti di tutto il necessario, e ormai si troveranno a tre ore di cammino da qui! Io ho disposto che essi se ne andassero a causa degli esseni, considerato che quest’ultimi sono tutti tanto interessati ai fatti miracolosi e non avrebbero mancato di ingaggiare immediatamente qualcuno dei mori per il loro istituto, la qual cosa avrebbe potuto avere degli effetti molto dannosi per i buoni progetti che ho intenzione di attuare nei riguardi dell’istituto stesso! Al posto dell’uno o dell’altro moro con il quale almeno Roclus, molto esperto del mondo, non avrebbe mancato di intrecciare ben presto relazioni strettissime, Io ho posto invece Raffaele il quale ha certamente saputo tenere occupato quell’acuto intelletto, e lo tiene occupato anche tuttora sia per il suo bene che per il bene del noto istituto, nonché per quello dell’umanità sofferente»

3. Dice Cirenio: «Ah, davvero mi dispiace molto che Oubra-tou-Vishar se ne sia andato, perché egli è in verità un portento in fatto di sapienza naturale! Non nascondo che desidererei molto essere presente quando egli si incontrerà di nuovo a Menfi con Giusto Platonico, e senza dubbio gli racconterà per filo e per segno tutto quello a cui ha avuto occasione di assistere qui!»

4. Dico Io: «Ebbene, tu udresti narrare con tutta la più scrupolosa esattezza tutto ciò che è accaduto qui durante le poche ore di presenza dei mori, ed anche quello di cui si è discusso qui! Infatti, quegli uomini hanno in primo luogo una memoria ferrea, e poi - ciò che è la cosa principale - non conoscono affatto la menzogna né l’astuzia; essi per conseguenza non nasconderanno nulla al governatore di Menfi. Del resto di loro ti è rimasto comunque un bellissimo ricordo, quanto mai prezioso, cioè il grosso diamante il quale, dal punto di vista del mondo, è di un valore incalcolabile.

5. Ma dato che Io ho menzionato questa pietra, occorre che ti dica qualcosa anche riguardo alla sua speciale proprietà. Siccome la pietra ha una superficie perfettamente levigata come quella di uno specchio, su questa superficie si sviluppa continuamente una specie di fuoco elettromagnetico, ovvero, detto per te ormai in maniera più comprensibile: sulla sua superficie estremamente liscia giocano continuamente una quantità di spiriti naturali della qualità più nobile. Essi le si affollano intorno da tutte le parti, ed in seguito alla loro ininterrotta attività producono una certa particolare luminosità della superficie stessa, ciò che, anche agli occhi degli uomini, conferisce uno speciale valore a questa pietra.

6. Un valore pressoché uguale ha pure l’urim (rubino) il quale è esso pure una sottospecie del diamante, soltanto che il diamante è costituito da un fascio genuino e difficilmente scindibile di un eone (10180) spiriti naturali della sapienza; ecco anche la ragione della sua estrema durezza. L’urim invece è un fascio di spiriti naturali dell’amore, e perciò si presenta rosso, un po’ meno duro e, specialmente quando è molto bene ed accuratamente levigato, sulle sue superfici si schierano sempre una grande quantità di spiriti naturali dell’amore, ciò che conferisce a questa pietra uno splendore luminoso del tutto particolare, il quale non di rado anche nell’oscurità perfetta si manifesta come un pallido bagliore, visibile perfino all’occhio di carne.

7. Dunque, se tu appendi sul tuo petto le menzionate due specie di gemme, con ciò poni meccanicamente in immediata comunicazione una quantità di spiriti naturali dell’amore e della sapienza con la tua sfera animico-vitale esteriore. Questi spiriti risentono allora l’influenza stimolante delle tue emanazioni animico-vitali, si fanno molto attivi, e così producono nella tua anima una luce maggiore. In questa luce le intelligenze speciali degli spiriti naturali creano poi anche nell’anima un riflesso simile a quello di uno specchio; così l’anima deve trapassare per il momento in una conoscenza superiore e più profonda e in questo modo vede più chiaramente che non altrimenti nella sua normale condizione terrena!

8. Anche per questa ragione Mosè, mediante suo fratello Aronne, raccomandò al sommo sacerdote di portare il pettorale di tummim e urim e precisamente durante il tempo dell’ufficiatura, nel quale allora egli era anche in grado di profetizzare.

9. Ma d’ora in poi al posto del menzionato pettorale, il medesimo effetto ed anche la sapienza che ne deriva, potranno essere ottenuti grazie al vero amore per Dio, anzi si otterrà tutto ciò in misura molto maggiore e vivente. Tuttavia tutto questo Io te l’ho spiegato semplicemente perché tu conosca le speciali proprietà di queste due specie di pietre preziose».

 

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Cap. 87

Dei gioielli d’oro e di pietre preziose dei regnanti.

 

1. (Il Signore:) «Una simile particolarità ed un simile effetto potrebbero venire ottenuti anche con altri corpi, purché fosse possibile levigarne in maniera perfetta la superficie; ma dato che questo, trattandosi di corpi non sufficientemente duri, non è fattibile, a tale scopo non si possono impiegare che il tummim e l’urim. Gli antichi egiziani erano benissimo a conoscenza della cosa ed impiegavano appunto, allo scopo che abbiamo detto, queste due qualità di gemme; perciò gli antichi savi ed i faraoni le portavano sul loro petto, nonché, incastonate in una lista d’oro, sul loro capo.

2. Dunque, chi a quei tempi si ornava di simili pietre era sempre tenuto in conto di patriarca e di sapiente dal popolo. A quell’epoca l’ornamento regale di gemme aveva perciò la sua buona e fondata ragione di esistere; nel tempo attuale invece esso non è che una inutile insegna della ricchezza terrena, dell’orgoglio, e così pure della smania di lusso, dell’egoismo e dell’avidità di dominio, condannabile sopra ogni altra cosa. Gli imperatori, i re, i principi e i gran condottieri si adornano ancora di tali antiche insegne della sapienza, ma dove se n’è mai andata l’antica e vera ragione dell’ornamento? Per conseguenza, quello che un giorno per gli antichi era una virtù principale, ora è divenuto un vizio capitale!

3. Così nei tempi antichi anche il regnare costituiva una virtù principale, perché anzitutto nell’unico e medesimo paese gli individui dotati di sapienza e di esperienza non erano mai eccessivamente numerosi, e colui al quale veniva assegnato il compito di servire da guida a tutto un popolo, si trovava sempre a dover compiere un aspro e duro lavoro, dovendo costantemente fungere da maestro e consigliere di migliaia di persone!

4. Nessuno ambiva davvero ad una simile carica. Il popolo però, convinto dal canto suo della necessità di una saggia guida, gli edificava la dimora più sontuosa e ne ornava le stanze con ogni genere di pietre preziose, di oro, di perle e di conchiglie di valore. In una parola, esso provvedeva la propria guida di tutto ciò che era necessario a renderle piacevole la vita, e ciascuna sua parola era legge per il popolo. Ed è su questo che ancora oggi si fonda la grande autorità dei regnanti, ma con una sola immensa differenza.

5. E cioè il reggente, a quel tempo, non aveva alcun bisogno di armi, perché la sua parola costituiva già da sola il tutto nel tutto. Qualunque cosa egli avesse consigliato e ordinato veniva immediatamente attuata unendo le forze, e tutto ciò con grande amore e gioia. Chiunque avesse trovato un tesoro oppure qualcosa di artistico e di pregevole, lo offriva alla guida del popolo, perché presso gli antichi vigeva il saggio costume di giudicare così: “È bene che venga data alla guida qualunque cosa adatta ad elevare la sua sapienza; perché la sapienza della guida è l’ordine e la felicità dei popoli!”.

6. Sennonché questo non esiste più ormai, perché il posto dell’antica virtù è stato preso da quello che è il peccato sommo tra tutti i peccati commessi dall’umanità. Dove sono ormai i patriarchi? O Babele, o gran meretrice del mondo, tu hai appestato tutta la Terra! Ma Io sono venuto appunto ora per redimere gli uomini dall’antico male ereditario, per coprire di una maledizione ogni cosa reputata preziosa dal mondo e per benedire i cuori di buona volontà.

7. Da questo tempo in poi la Mia Parola sarà per l’uomo la pietra più preziosa, e la Mia Dottrina sarà oro vero e purissimo, e ciascun cuore umano colmo di puro amore per Dio e, come conseguenza di questo amore, di amore per il prossimo, sarà un vero tempio ed una reggia viventi, ed un vero re sarà nel Mio Regno colui il cui cuore sarà il più colmo d’amore!

8. Dunque nessun metallo sonante e nessun diamante levigato vi servirà più quale corona della vita, ma la Mia Parola e le vostre opere secondo la Parola stessa! Infatti, d’ora in poi occorre che per i vostri cuori non abbia più valore nessuna materia, ma, come vi ho già detto, unicamente la Mia Parola e l’operare libero e volonteroso conformemente alla Parola stessa.

9. Certo, sta bene che gli imperatori ed i re, accanto a questo, continuino adornarsi secondo l’antica usanza; però se essi vogliono essere veramente savi e potenti, non devono tuttavia attribuirvi alcun valore, ma un valore devono attribuirlo soltanto alla Mia Parola! Coloro che non faranno così, non tarderanno molto ad essere assediati da molti nemici!

10. Chi però vuole proprio dare un valore alle pietre preziose e all’oro, lo dia soltanto per quanto ha relazione con le particolari proprietà di queste cose, particolarità che sono fondate nella natura delle cose stesse e che sono quindi veramente una realtà, mai invece per il valore immaginario il quale è una menzogna!

11. Qualora un principe facesse ricoprire completamente le pareti della stanza dove egli dimora con delle lamine d’oro perfettamente lucidate, per entrare in uno stato di chiaroveggenza profetica, grazie agli spiriti più puri i quali si raccolgono sempre in quantità grande sull’oro che ha origine dalla luce, ed in particolare sulla sua lucente superficie, egli potrebbe accorgersi in tale stato, in relazione al suo grave compito di guida del popolo, di molte cose che altrimenti nessuno spione, per quanto abile, sarebbe in grado di rivelargli, allora così facendo sarebbe certo un bene, perché l’oro puro ha incontestabilmente una simile virtù, ed unicamente ed esclusivamente in ciò sta il valore di questo metallo.

12. Ma certamente una disposizione di questo genere dovrebbe essere fondata su una vera conoscenza, intelligente e pura, e non su una conoscenza, per dir così, di seconda mano, quindi su una perfetta superstizione, perché l’uomo ha ottenuto da Dio l’intelletto appunto affinché prima egli debba esaminare ogni cosa e riconoscerne la vera ragione, e soltanto dopo ne voglia serbare il buono e l’utile, sempre con le migliori intenzioni, tanto in generale quanto in particolare. Chi agisce così, agisce bene e conformemente al Mio Ordine, e non sarà possibile in nessun campo della sua attività che egli smarrisca la buona via.

13. Ma se invece qualcuno, basandosi soltanto sulle affermazioni di terzi e sulla fede cieca, la quale costituisce una vera superstizione, decidesse di fare altrettanto, e anche se percepisse qualche effetto, ma non fosse in grado di rendersi conto né delle origini del fenomeno, né del suo campo d’azione naturale, né dell’estensione del suo raggio di influenza e neppure dei limiti che necessariamente deve avere, allora è probabile che un tale individuo, il quale in seguito alla propria costituzione vitale-fondamentale possiede facilmente la sensibilità necessaria a percepire simili sottili influenze, finisca con il considerare come effetti di impressioni spirituali-naturali anche tutte le sue stolte fantasie e immaginazioni di ogni specie, e che quindi egli divenga un mostruoso falso profeta atto a spargere moltissimo male intorno a sé. E ciò avverrebbe particolarmente qualora egli rivestisse la dignità di principe, e detenesse tutte le autorità e tutto il potere che la sua dignità gli conferisce. Allora certo le false vie che gli si presenteranno dinanzi, una più tenebrosa dell’altra, potranno essere anche mille».

 

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Cap. 88

Fede e intelletto.

 

1. (Il Signore:) «Per conseguenza chi vuole essere un vero discepolo non deve mai accettare la Mia Dottrina con leggerezza e senza un previo e rigoroso esame. Soltanto quando egli si è fatto una visione radicalmente precisa di quanto vi è contenuto, e se ne è assolutamente convinto, soltanto allora può accogliere in sé il buono e il vero come una verità vitale, e dopo può passare conformemente all’azione con prudenza e saggezza; allora certo egli perverrà a quei risultati che a buon diritto potrà chiamare benedetti dal Cielo.

2. Io sono senza dubbio il Signore e il Maestro dall’eternità, ed ora voi Mi riconoscete pienamente per Tale. Io vi potrei dire questo e quello, storto o diritto, bianco o nero che fosse, e voi Mi credereste, considerato che ormai siete intimissimamente convinti in maniera vivente di Chi Io sono; ma in tali condizioni si potrebbe certo parlare di una cosiddetta “fede d’autorità”! Invece chi di voi può dire che Io pretenda o che abbia mai preteso da qualcuno una cosa simile? Sì, è vero, Io domando la fede, ma non una fede cieca, non una fede morta, ma una fede del tutto vivente! Io vi sto insegnando delle verità quali al mondo non sono mai venute in mente neanche in minima parte; ma così insegnando, Io non chiedo mai: “Ci credi?”, ma chiedo invece: “Hai ben compreso?”. E se tu dici: “O Signore, questa e quella cosa non mi è ancora chiara!”, allora Io cerco di spiegartela con tutti i mezzi che sono a Mia disposizione, finché tu non l’abbia assolutamente compresa fin nelle sue radici più profonde; soltanto dopo Io Mi accingo di nuovo a fare un altro passo.

3. Io potrei pure dare a ciascuno subito da principio una spiegazione tale per cui egli dovrebbe comprendere immediatamente e completamente l’eventuale nuovo insegnamento da Me esposto. Sennonché Io conosco pure che cosa e quanto egli è capace di sopportare in una volta sola, e do ogni volta solo quello che corrisponde alle forze di uno o dell’altro di voi. Lascio poi alla semente gettata il tempo necessario per germogliare e mettere radice, ed Io stesso Mi costituisco l’obbligo di non porgere qualcosa di nuovo finché la cosa precedente non sia compresa a fondo. In una parola, vi lascio tempo per esaminare e scrutare ciò che è stato detto e mostrato da Me!

4. Sono Io stesso a dirvi: “Esaminate tutto e tenete ciò che è buono, e per conseguenza anche vero!”. Ma se Io stesso faccio così, quanto più non dovete fare così anche voi che non avete la possibilità di penetrare nel pensiero dei vostri simili come lo posso fare Io!

5. Non pretendete mai da nessuno una fede cieca, ma spiegate a ciascuno le ragioni di quanto avete insegnato! E qualora egli non fosse capace di afferrare con il suo intelletto le vostre spiegazioni, non rimpiangete la fatica che vi costerà guidarlo nella verità, gradino per gradino, con ogni amore e pazienza, fino al punto in cui egli si sentirà capace di comprendere radicalmente la vostra buona dottrina, perché si impone che nessuno divenga vostro discepolo nel Mio Nome avendo l’intelletto immerso nelle tenebre! Io vi dono una luce chiarissima e la vita, e perciò voi non dovete farvi apostoli delle tenebre e della morte!

6. Chi cerca deve anche trovare, chi prega e chiede, a quegli sia data una giusta risposta, e chi bussa ad una porta chiusa, conviene che questa gli venga completamente aperta!

7. Non vi è niente di più inutile di una mezza risposta ad una domanda che è stata posta; anzi, è molto meglio nessuna risposta del tutto! Ed altresì non vi è nulla di meno pratico di una mezza spiegazione riguardo a una cosa la cui conoscenza esatta è ben spesso di importanza fondamentale per la vita.

8. Conseguentemente colui il quale vuole essere maestro, deve conoscere a fondo, anzi assolutamente in tutte le sue profondità primordiali, quello che egli intende insegnare ai propri fratelli, altrimenti egli si rende simile ad un cieco che vuole guidare un altro cieco, i quali, se durante il cammino giungono davanti ad una fossa, vi cadono dentro ambedue, guida e guidato».

 

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Cap. 89

I pericoli dell’oro.

 

1. (Il Signore:) «Tu ora conosci il vero valore dell’oro e delle pietre preziose; fanne uso nel modo che ti ho appena indicato, e così procederai del tutto nel Mio Ordine come un patriarca dei primordi.

2. Quei patriarchi conoscevano essi pure l’oro e lo impiegavano in maniera giusta e buona; ma coloro che poi cominciarono ad adoperarlo attribuendogli un valore immaginario, non fecero che chiamare ben presto un’immensa sventura sui loro capi. Infatti, in seguito all’immaginario valore attribuito all’oro, alle pietre preziose e alle perle, cominciarono ad esserci appunto i ladri e i briganti, ed un re divenne nemico dell’altro quando apprese che il suo vicino era forse riuscito ad accumulare troppo di quel giallo metallo.

3. Dunque è soltanto la pazzia degli uomini la causa delle reciproche persecuzioni! È essa che infine genera ogni vizio immaginabile, come invidia, avarizia, avidità, superbia, orgoglio, sete di potere, gola, crapula, lussuria e ogni specie di prostituzione, ed infine omicidio, assassinio ed ogni tipo di crudeltà che gli uomini tramano l’uno a danno dell’altro; ma qual è la causa principale di tutto ciò? Ecco: per lo più il misconoscere assolutamente il reale valore dell’oro, delle molte pietre preziose e delle perle! Gli uomini hanno incominciato a distinguersi fra di loro a seconda dell’importanza del loro possesso d’oro; il più forte poté accumularne molto e il più debole restò a mani vuote. Il ricco d’oro si trovò allora ben presto ad avere intorno a sé una numerosa schiera di amici interessati, mentre il povero altrettanto presto venne considerato per lo meno come un mezzo ladro del quale non ci si può fidare, e perciò venne fatto oggetto di disprezzo! Quale meraviglia dunque se, a forza di essere trattato così, egli sia diventato in breve tempo un vero ladro?

4. Io però non voglio dilungarMi di più su questo argomento quanto mai ripugnante, dato che tutte le altre deduzioni non possono fare a meno di presentarsi spontaneamente alla tua mente, o Cirenio, amico Mio! Una cosa però devo aggiungere, ed è questa: se con il tempo volete essere liberati da ogni tipo di nemici, dai ladri, dai briganti e dagli assassini, non avete che da valutare l’oro e tutte le pietre preziose secondo il reale valore loro conferito dalle peculiari proprietà che hanno. Così operando voi ridurrete al minimo il numero dei vostri nemici, perché per effetto della vostra sapienza, molti diverranno essi stessi sapienti e riconosceranno l’Ordine di Dio in tutte le cose! Ma una volta divenuti sapienti in questo modo, essi diventeranno anche uomini accessibili all’amore e ad ogni nobile sentimento, uomini dai quali non avrete più nulla da temere.

5. Ma se voi invece, od eventualmente anche solo i vostri successori, comincerete di nuovo ad attribuire un valore immaginario all’oro, all’argento e alle pietre preziose, allora ristabilirete fra di voi gli antichi rapporti di inimicizia quali sussistono attualmente. Io davvero vi dico: “A certe condizioni, fondate sulla verità, tutto è buono su questa Terra, e mediante il giusto uso tutto è benedizione per il corpo, per l’anima e per lo spirito; vi dico inoltre che tutto è puro per chi è puro, e che per colui il quale è diventato egli stesso luce, non può più esistere notte; invece con l’uso delle cose in modo stolto e contrario all’ordine, anche il migliore deve infine diventare cattivo, e invece di benedizione e di salvezza non può essere apportatore che di maledizione e di sciagura!”.

6. Tu ben sai che l’acqua possiede le più svariate e le migliori proprietà, e come essa sia il più indispensabile fra gli elementi atti a promuovere la vita fisica degli uomini, degli animali e delle piante. Ma se l’uomo volesse edificarsi una dimora in fondo al mare in compagnia dei pesci, egli in tale dimora troverebbe in breve la morte del proprio corpo. Così pure il fuoco è come l’acqua un elemento indispensabilissimo alla vita; ma chi volesse gettarsi nel fuoco essendo dell’opinione di potersi così assimilare una quantità più grande di vita, finirebbe ben presto con il non avere più nemmeno una scintilla di vita naturale, poiché sarebbe ridotto appunto in cenere!

7. E lo stesso succede assolutamente di tutte le cose! Sì, perfino le piante e gli animali più velenosi hanno in loro una grande benedizione per questa Terra, perché essi aspirano dall’aria il cattivo elemento velenoso, e la loro natura è tale per cui il veleno costituito da spiriti vitali naturali e del tutto grezzi, non ancora assoggettati ad alcun processo di depurazione, non possano in nessun modo recare danno alla vita naturale».

 

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Cap. 90

Il compito principale dell’uomo: diventare una perfetta immagine di Dio.

 

1. (Il Signore:) «Lasciate dunque stare queste cose così come sono nelle loro sfere d’attività utili alla Terra, ed ogni vostra aspirazione sia rivolta anzitutto a divenire uomini perfetti; anzi, vedete di diventare perfetti quanto lo è il Padre vostro, ed allora il veleno delle piante e degli animali non avranno più alcun potere su di voi.

2. Fate in modo di ridiventare quello che siete chiamati ad essere, quello cioè che erano i primi padri ai quali obbediva ogni creatura; grazie all’osservanza della Mia Dottrina, fatevi signori delle creazioni del Padre vostro nel Suo Ordine, riguardo a cui i mori vi hanno fornito una piccola prova, e stando così le cose non vi sarà più inimicizia tra di voi, né tra voi e le creature a voi subordinate! Ma se uscite fuori dalla cerchia di quest’Ordine, bisognerà che vi rassegniate di nuovo alla maledizione antica e alla discordia!

3. In questo tempo il Mio Regno su questa Terra richiederà molta violenza, echi non lo strapperà a sé con violenza, non potrà venirne in possesso. Comunque più tardi il compito sarà più facile, ma senza una certa lotta, almeno con se stessi, il Mio Regno non lo si potrà acquistare già su questa Terra. Se già questa vita terrena non è altro che una lotta, quanto più non deve esserlo la vera vita spirituale dell’aldilà, particolarmente qualora essa debba manifestarsi già quale cittadina di questo mondo! Tuttavia la lotta sarà assolutamente lieve per chiunque amerà veramente Dio, perché - e questo sia detto a ciascuno dei Miei veri amici mite è il Mio giogo, e lieve è il carico che Io do da portare!

4. Che tu e voi tutti abbiate ben compreso ogni cosa che ora vi ho detto, questo Io lo vedo, e perciò aggiungo pure che voi siete già ben provvisti di tutto quello che vi occorre per la diffusione della Mia Parola e della Mia Volontà. Nei pochi giorni trascorsi qui, è già stato adempiuto tutto quello che era stato predetto dal profeta Isaia, e così risulta pure ultimato qui un periodo di lavoro.

5. Chi tutte queste cose le riconosce e le osserva fedelmente, costui raggiungerà infallibilmente la perfezione della vita, e non sentirà mai più la morte, né la percepirà minimamente in un qualsiasi modo. Infatti, colui il quale ha già suscitato la vita eterna dello spirito nel proprio corpo, costui nell’abbandono della propria carne vedrà, in piena verità e con tutta esuberanza, null’altro che una liberazione, per lui supremamente beatificante, nella coscienza chiarissima della sua perfettissima esistenza ed i suoi orizzonti saranno ampliati fino all’infinito.

6. Certo però, agli imperfetti, il momento del distacco si presenterà in maniera alquanto differente! Essi anzitutto avranno da sopportare forti dolori nella carne, i quali, naturalmente, nella maggior parte dei casi, andranno accentuandosi sempre di più fino a quel momento che viene chiamato “momento della separazione”. Ma oltre a questi inevitabili dolori della carne, si manifesterà nell’anima anche timore, angoscia ed infine addirittura una specie di disperazione che sarà il tormento per l’anima stessa più ancora che non i dolori della carne, per quanto acuti essi siano. E quando l’anima si sarà ben liberata della sua carne, ci vorranno non di rado molti anni, secondo il computo del tempo di questo mondo, per poter giungere ad una lieve coscienza in qualche modo umana, mentre di una spiritualizzazione perfetta non si potrà parlare nemmeno forse dopo interi eoni (10120) di anni terrestri.

7. Per conseguenza verso i vostri fratelli voi farete un’opera immensamente grande e buona prendendovi cura di loro con quello zelo e quella pazienza che Io stesso dimostro attualmente a voi.

8. Beati voi e i vostri fratelli se al termine della vostra fatica la vostra coscienza vi autorizzerà a dire al fratello: “O fratello mio, la mia giornata di lavoro in te è compiuta! Ora agisci e perfezionati secondo quello che ti è stato indicato come l’Ordine di Dio, che dall’eternità è il Signore di ogni vita e di ogni esistenza!”».

 

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Cap. 91

Ogni cosa a suo tempo.

 

1. (Il Signore:) «Io per voi ho aggiunto una intera giornata al tempo che avevo prestabilito per la vostra salvezza, ed a ciò Mi spinse il grande amore che provo per voi.

2. Ma anche di ciò ricordatevi, e fate lo stesso quando il fratello vi dirà: “O messaggero illuminato del Signore, fermati ancora presso di me, perché il mio cuore attinge dalla tua presenza una grande consolazione e un beatificante vigore!”. In questo caso trattenetevi presso di lui, fosse anche molto oltre il tempo assegnatovi dallo spirito! In verità Io vi dico che una simile, spontanea opera di amore del prossimo acquista un grandissimo valore ai Miei occhi!

3. Si intende da sé che una tale condiscendenza verso un amico la si potrà usare una, due o tre volte; qualora però egli insistesse per indurvi a restare più oltre ancora, lo si consoli con l’assicurazione che vi rivedrete presto, e lo si sproni a farsi instancabilmente attivo secondo la Dottrina che ora ho annunciato a voi tutti, lo si benedica poi nel Mio Nome e si prosegua infine il proprio cammino secondo i suggerimenti dello spirito proveniente da Me e che ormai dimora in voi come una Parola vivente, e che vi conduce e che vi guida verso la vita eterna!»

4. Dice allora Cirenio: «O Signore, come è da intendersi questa cosa? Ieri notte Tu dicesti che, trascorsa la giornata di oggi, saresti partito da qui! Ma ciò è forse da ritenersi come immutabilmente stabilito? Oh, non sarebbe possibile che Tu, o Signore, ci concedessi ancora una giornata?»

5. Dico Io: «Salomone il saggio disse un giorno: “Ogni cosa ha il suo tempo”, e così pure Io ho il Mio tempo che è ripartito molto bene ed esattamente, e quindi questa volta non posso soddisfare la tua richiesta. Infatti, vedi, nel vasto paese di Israele ci sono moltissime città, borgate e villaggi dove dimora dappertutto gente che per lo più non sa ancora nulla di Me; ora anche questi sono figli Miei, e figli che attendono già in modo molteplici la venuta del Padre dai Cieli, ed essi pure proveranno una gioia immensa quando Egli verrà riconosciuto da loro come Lo è attualmente da voi. Tuttavia non resterai proprio a mani vuote con la tua richiesta, o Cirenio, intimissimo fra i Miei amici; e dato che ci tenete così tanto a vederMi tra di voi, Io voglio dedicarvi ancora tutta questa notte e tre ore del prossimo mattino, considerando che il Mio cuore prova grande letizia a trovarsi con voi; ma poi, oltre alle tre ore che ho detto, non vi potrà essere dilazione nemmeno di un istante, dato che, ripeto, a questo mondo tutto ha il suo tempo e il suo ordine!»

6. Dice Cirenio: «Eppure, Tu sei il Signore anche del tempo e se vuoi lo puoi fermare o addirittura annientare!»

7. Dico Io: «Tu certo hai parlato bene e giustamente; sennonché a ciò occorre aggiungere ancora una cosa sola, ed è quella che, appunto essendo Io il Signore del tempo, tempo che fuori da Me ho suddiviso e determinato e visto che sotto certi aspetti in effetti Io stesso sono il tempo, ne consegue che questo medesimo tempo, in fondo, non è altro se non il Mio Ordine che Mi è supremamente proprio ed immutabile, e l’operare contro il quale è quasi, e dico quasi, assolutamente impossibile a Me stesso. Infatti, se Io stesso cominciassi a ledere il Mio Ordine, tu ben presto potresti vedere per poco ancora tutte quelle creature, l’esistenza delle quali è condizionata appunto dal Mio Ordine eternamente immutabile.

8. Annulla per un solo istante la condizione e nello stesso istante anche il condizionato svanirà dall’esistenza! Ovvero, immaginati un solido castello costruito sulla roccia ancora più solida! A vederlo ti sembrerebbe quasi che il castello dovesse sfidare l’eternità, ma se Io permettessi che la roccia potente che lo sostiene si rammollisse fino alla misera consistenza del burro, dimMi, potrebbe mai reggersi il castello anche allora? Oppure, ammesso che tu ti trovassi in viaggio su una buona e solida nave, a che cosa ti gioverebbe la tua nave stessa e perfino il vento più favorevole qualora Io facessi prosciugare il mare fino al fondo? Ebbene, che queste cose Mi sarebbero facilmente possibili, tu non vorrai affatto dubitarne! Dunque, è cosa invariabilmente stabilita che cessando la condizione, cessa anche tutto quello che è stato condizionato da essa.

9. Io regolo il tempo dappertutto, e nel tempo Io sono l’eterno Giudizio; sennonché, nella santa sfera dell’Amore, il tempo propriamente non esiste più, e soltanto all’Amore Io posso ad ogni modo concedere sempre qualcosa di più. Però in qualsiasi caso rimane valido quanto ho detto ora! E adesso converrà che Marco ci porti ancora del vino, affinché noi possiamo sopportare più facilmente la frescura della notte, considerato che anche questa notte noi la passeremo all’aperto!».

 

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Cap. 92

Lo scandalo e lo sdegno dei farisei per il lieto pasto del Signore.

 

1. Allora Marco, che aveva appena inteso accennare così alla lontana da parte Mia all’opportunità di bere ancora qualche goccio di vino, da oste intelligente che era si diresse immediatamente verso la cantina, e di lì a poco fu di ritorno assieme ai suoi due figli recando vari boccali ricolmi di vino squisitissimo. Le nostre coppe vennero riempite fino all’orlo, e tutti bevettero e brindarono al prosperare della nuova Dottrina dai Cieli, e non poterono trattenersi dal rilevare con entusiastiche parole l’eccellenza di quel vino.

2. Che Roclus e i suoi compagni, i quali erano seduti anche loro, per così dire, alla nostra mensa, quantunque fosse stato loro assegnato il posto ad un tavolo aggiunto e messo di traverso accanto alla nostra mensa stessa, venissero provvisti dunque del medesimo vino, e similmente pure man mano tutti gli altri ospiti, questo si intende da sé. Noi tutti facemmo quindi onore al vino, né fu risparmiato il pane eccellente.

3. Alla tavola dei farisei però, che era la più vicina alla nostra ed alla quale sedevano i cinquanta farisei da Cesarea di Filippo con il loro oratore principale Floran, nonché con il loro capo Stahar, diede molto nell’occhio che Io stesso Mi dedicassi con un certo entusiasmo al vino e al pane.

4. E Stahar fece a Floran l’osservazione seguente, a voce abbastanza alta: «Guarda un po’ come questo profeta, che pretende di essere colmo dello Spirito di Dio, si rivela improvvisamente quale individuo beone e vorace di primo rango! Sembra inoltre che egli non sia affatto nemico del bel sesso, visto che quella bella ragazza, molto graziosa davvero, gli siede così vicino come gli orecchi sono appiccicati al capo! Se confrontiamo invece tutto ciò con le nostre massime morali che hanno origine da Mosè in rapporto a tutto quello che rende impuro l’uomo, si arriva al punto da non capire niente! Se egli è veramente colmo dello Spirito dell’Altissimo, non è possibile che egli stesso contraddica con i fatti quello stesso Spirito del Quale era colmo anche Mosè! Hem! Questa è una cosa che mi dà assai da pensare!

5. La sua dottrina e le sue opere testimoniano evidentemente che da parte di Dio gli sono conferite delle capacità superiori a quelle comunemente proprie ad un uomo, e chi vive conformemente alla sua dottrina non può andar perduto al cospetto di Dio; ma è un po’ difficile che chi beve e divora così smodatamente, finisca in Paradiso dopo il giudizio universale che Daniele ha profetizzato! Infatti, sta scritto che i fornicatori ed i beoni non entreranno nel Regno di Dio! Qual è la tua opinione in proposito, o mio stimatissimo Floran?»

6. Risponde Floran, stringendosi nelle spalle: «La presente situazione, davvero smodata in fatto di bere, pare anche a me alquanto strana! Tutto l’assieme mi induce a cominciare a fiutare, così vagamente, un po’ di una certa diavoleria molto ben nascosta! Proprio su di un piano divino mi pare che le cose non si muovano davvero! Ah, ah, fa attenzione! Adesso egli si riempie di nuovo la coppa! Hem! La cosa comincia sul serio a farsi molto strana! E non basta, dopo quel po’ po’ di bevuta, vedi come si dà da fare con la pagnotta che ha in mano! Sono proprio curioso di sentire, quando sarà ben preso dal vino, che specie di dottrina vorrà dare in pasto ai suoi discepoli!»

7. Dice Stahar a sua volta: «La tua osservazione, specialmente per quanto riguarda il sapore di diavoleria che tutto l’assieme sembra avere, mi pare molto a proposito, ed ormai tutta questa faccenda ha un’apparenza terribilmente strana e sospetta! È vero che tutti noi ci siamo professati suoi discepoli; però, considerate le attuali circostanze, sarebbe quanto mai opportuno secondo la mia opinione che rinunciassimo con la massima energia ad un simile onore, perché, come già detto, tutta la faccenda mi appare sempre più come una messa in scena di Satana, molto bene architettata! Le parole di Daniele sono precise ed assolutamente chiare laddove dice che in un certo tempo sorgerà un avversario potente il quale farà tali segni da sedurre perfino gli angeli eletti di Dio, qualora Egli volesse permettere una cosa simile! Che si tratti proprio dell’annunciato avversario di Dio? Amici miei, se così veramente fosse, sarebbe assolutamente indicato prendere il largo al più presto possibile, altrimenti si rischia di cadere da un momento all’altro in carne ed ossa tra le grinfie di Satana!».

8. Alla mensa dei cinquanta farisei erano questi i pensieri e le parole dominanti già dal momento in cui Io avevo finito di vuotare la prima coppa di vino. La cosa però non era sfuggita a Roclus ed ai suoi compagni, per i quali, la presenza dei farisei era, anche senza di ciò, un enorme peso sullo stomaco.

 

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Cap. 93

L’aspro discorso di Roclus ai farisei.

 

1. Roclus, che era più che convinto della Mia Divinità, non poté allora più limitarsi ad ascoltare pazientemente quella maligna conversazione, ma si alzò in piedi già alquanto eccitato dal vino, e disse ad alta voce: «In un’accolita così rara di persone su questa Terra, dove Dio, i Suoi angeli e noi, creature ragionevoli, ci troviamo riuniti come fratelli, non possono né devono trovare posto dei porci! È vero che anche i porci sono delle creature di Dio, però essi non sono adatti a stare in compagnia degli uomini! Dunque, che espressioni deliranti e pazze sono queste! Quando dei porci affamati cominciano a grugnire, di certo in un simile grugnito c’è di gran lunga più sapienza che non in un simile stoltissimo vocìo! In poche parole, qui abbiamo ancora una volta la prova che la cosa più stupida, più ripugnante e oltre a ciò più perfidamente ambiziosa è e resta un fariseo, e particolarmente un anziano e un miserabilissimo scriba degli ebrei!

2. Questi esseri mostruosi non fanno che fiutare dappertutto il demonio! Essi sono persuasi e vanno perfino insegnando come i diavoli vadano continuamente in giro sulla Terra dando segretamente la caccia alle anime umane come tanti segugi, e come ciascuno sia irrimediabilmente perduto e finisca tra le grinfie di Satana qualora non porti indosso gli appositi amuleti consacrati nel Tempio, da rinnovarsi, ben s’intende, almeno due volte all’anno! Però di una cosa pare che non si accorgano, e precisamente che su questo mondo, appunto, sono essi stessi i veri e propri demoni! Per questa ragione è anche del tutto fuori posto il loro stupore quando, trovandosi fra di loro, si sentono le narici offese da un certo puzzo demoniaco! Infatti, sarebbe una condizione diabolica al più alto grado qualora, pur essendo un demonio incarnato in tutta l’estensione del termine, non si arrivasse ad accorgersi ogni tanto di essere veramente un demonio!

3. Tu discepolo (Raffaele), prima hai fatto scomparire una pietra: non ti sarebbe possibile spazzare via anche questi cinquanta porci rognosi? Pensa un po’ a quello che questi figuri hanno avuto il coraggio di dire a voce alta! Egli, il solo Creatore del vino e del pane, secondo loro pecca perché Egli stesso beve del vino e perché concede ad un angioletto di fanciulla, senza dubbio innocentissima, di restare seduta al Suo fianco! Ah, lasciami dire: questa cosa non va assolutamente finché ci sono io qui che ho riconosciuto il Signore! È necessario che se ne vadano! Quante cose essi non hanno mai udito e visto, eppure ora non esitano a dire: “Potrebbe essere che tutto ciò non sia altro che uno spettacolo inscenato da Satana!”. O amico mio dai Cieli, io non sono che un essere di questa Terra, ma anche a prezzo della mia vita non posso affatto tollerare che simili immonde creature insozzino così vergognosamente con la loro bava immonda il Santissimo fra i santi: dunque che se ne vadano là da dove sono venuti!»

4. Proprio a questo punto i cinquanta fecero attenzione ai rimproveri di Roclus, e il loro capo Stahar, alzatosi in piedi, gli domandò in tono serio: «Amico Roclus, intendevi forse parlare adesso di noi?»

5. Roclus disse: «E di chi altri mai? Sì, appunto voi siete i foschi servitori di Satana, e quindi anche la più pallida luce vi è intollerabile! Come potete azzardarvi ad insozzare tanto ignominiosamente con la vostra antica e schifosissima bava il Signore e Maestro dall’eternità, il Quale vi ha fornito pure tante prove straordinarie di essere Tale con le parole e con i fatti? Ma non avete timore che perfino il terreno sul quale posate il piede si apra a vendicare l’insulto? Chi può essere Colui che dice alla rupe che sorge dal mare: “Svanisci e rientra nel nulla!” e la rupe scompare nello stesso istante? Secondo le vostre idee, può un demonio mettersi a predicare l’umiltà e il supremo amore per Dio e per il prossimo? O mostruosa razza di bovi e d’asini assieme! Che vuoto spaventoso e che confusione devono regnare nei vostri cervelli per non vedere che un demonio, se mai ve n’è esistito uno come voi ve lo immaginate, non può essere di fronte a Dio, il Signore, che l’essere più impotente e quindi più miserando; e ciò tanto più quanto più egli si è allontanato dal perfetto Ordine divino!

6. Ma se, conformemente alla Parola di Sapienza e di Verità del Signore, ogni forza ed ogni potenza è insita unicamente nell’amore per Dio, il Signore, che forza e che potenza mai può avere il vostro Belzebù in base all’irriducibile ed obbrobrioso sentimento d’odio verso Dio che, secondo quanto voi asserite, va continuamente rodendolo? Ma se già noi uomini, in seguito alla carenza nel nostro giusto e vero conoscere di Dio - da cui dipende certo anche l’altra carenza in noi del vero amore per Lui che esclude ogni altro amore -, siamo perciò degli esseri deboli e incapaci di fare qualcosa, allora in quali peggiori condizioni devono dunque trovarsi i vostri demoni, i quali, pare, conoscano Dio molto bene, e tuttavia Gli portano un odio che noi non saremmo mai capaci di comprendere? Ma io mi domando adesso come è mai possibile che un essere riconosca pienamente Dio e tuttavia Lo odi sopra ogni cosa! In verità, per comprendere una cosa simile e per digerirla, ci vuole senz’altro uno stomaco maialesco di costituzione perfettamente farisaica! Uno stomaco di questa specie non si impinza di carne di maiale, ma la ragione naturale di questo fenomeno va ricercata probabilmente nel fatto che i porci non si divorano l’un l’altro.

7. Ormai io amo Dio, il Signore, più di ogni altra cosa a questo mondo, quantunque io Lo abbia riconosciuto appena un po’ soltanto; sento come il mio amore per l’Onnipotente vada accrescendosi sempre più, man mano che si accresce la mia conoscenza; ed infine percepisco in me in maniera quanto mai vivente che con ciò anche la mia forza di volontà va effettivamente aumentando in potenza. Nelle condizioni in cui ora mi trovo, sento di poter affrontare da solo mille volte mille legioni di demoni farisaici che tutti insieme non sarebbero capaci di portarsi via un filo di paglia se io non lo volessi; ed ecco qui degli individui simili a sostenere che il Santissimo di tutti i santi di Dio va compiendo le Sue opere con l’aiuto dei loro diavoli immaginari! Oh, incurabili canaglie che siete! Mi incaricherò ben io di cacciare da voi i vostri diavoli ultrapotenti! Devo sul serio stimare una fortuna che questa specie di individui mi sia capitata davanti come già da lungo tempo me l’auguravo!».

 

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Cap. 94

Raffaele spiega a Roclus i concetti di “Satana” e quello di “diavolo”.

 

1. Dice Raffaele: «Roclus, amico mio carissimo, vedi di moderarti, perché questi qui erano certo dei farisei induriti, però ora sono diventati nostri discepoli, e non mancheranno di accorgersi del loro errore. Per quanto concerne poi i diavoli, tu conosci ancora troppo poco l’argomento per poter giudicare con cognizione di causa l’influsso che essi hanno sugli uomini. Quando invece lo conoscerai meglio, allora sarai anche autorizzato a parlarne!

2. Vedi, quello che viene chiamato “Satana” e “diavoli” è il mondo con tutto il suo sfarzo seduttore; certo, tutta la materia che compone il mondo è essa pure esclusivamente un’opera di Dio, ed è anche certo che in essa si cela del divino; tuttavia in essa esiste pure la menzogna, l’inganno e la seduzione, da cui poi viene generata l’invidia, l’avarizia, l’odio, l’orgoglio, la persecuzione, nonché ogni altro genere di vizi, senza numero e senza misura.

3. Orbene, appunto questa falsità, questa menzogna e questo inganno costituiscono, spiritualmente parlando, Satana, mentre tutti i singoli vizi che necessariamente devono derivarne sono appunto quelli che vengono chiamati diavoli. E ogni anima, la quale sia fondatamente dedita a qualcuno fra gli innumerevoli vizi, è un diavolo personificato e un’espressione attiva del male, nell’uno o nell’altro campo, e ciò costituisce in una tale anima un impulso, difficilmente dominabile, ad operare continuamente soltanto il male in quella determinata sfera nella quale essa si è principalmente affermata come vitale nel tempo della sua esistenza terrena.

4. Ma dato che ogni anima continua a vivere anche dopo la morte del corpo, e si trattiene nella regione di questa Terra, così non è proprio raro il caso che un’anima di questa specie si accosti alle sfere vitali esteriori degli uomini, e che attraverso di esse cerchi, con la sua determinata brama maligna, di destare tale brama anche in quell’uomo nella cui sfera vitale essa viene a trovare un nutrimento graditissimo per il fatto che l’uomo, ancora vivente nella carne, ha nella sua stessa carne, e in misura non insignificante, una naturale propensione per quel determinato vizio; propensione comunemente dovuta ad una educazione di base contorta e trascurata.

5. Simili anime si impossessano spesso perfino della carne degli uomini, tormentandone le anime afflitte da una o dall’altra debolezza, e il Signore concede che ciò avvenga appunto allo scopo di turare nelle anime una simile falla! Infatti, soltanto in questo modo l’anima tormentata sente poi sorgere in sé una ripugnanza vera e vivente contro la peccaminosità e la debolezza della propria carne, e finisce con l’impiegare ogni sua energia per rendersi forte là dove si è accorta di essere debole; ma giunte le cose a questo punto, la Grazia del Signore non manca di venirle opportunamente in aiuto.

6. Ecco, questo è quello che, conformemente a ragione, giustizia e verità, va propriamente inteso con il concetto “Satana” e “diavoli”, cosa che invece l’ebreo concepisce in maniera certo molto lontana dal vero, ma dato che non la comprende, egli ritiene che Satana e i diavoli siano una perversa e personificata potenza spirituale di volontà, la quale trova il suo massimo diletto nell’indurre gli umani ad allontanarsi dalle vie dell’Ordine di Dio.

7. Sennonché queste anime corrotte, pur così operando, non sono affatto animate da intenzioni nemiche di fronte a Dio, perché anzitutto esse non conoscono nemmeno alla lontana qualcosa di Dio, e poi sono troppo cieche, ottuse e stolte per poter concepire una qualche intenzione. All’infuori della propria cerchia individuale esse non sentono alcun bisogno, ed agiscono esclusivamente sotto la spinta del loro egoismo. Esse strappano a sé soltanto quello che soddisfa il loro stimolo egoistico, e tra di loro sono estremamente diffidenti; per conseguenza una comunione delle energie non è assolutamente immaginabile presso di loro, e tu hai perfettamente ragione quando dici che il loro potere è nullo.

8. Però, intendiamoci bene, questo potere è nullo rispetto agli individui che sono completamente giunti all’Amore e alla Volontà del Signore, ma rispetto agli altri individui, i quali invece oscillano metà di qua e metà di là, oppure che, se tu poni il loro spirituale e il loro materiale sui due piatti di una bilancia, non scorgi da nessuna parte una preponderanza, allora, nel campo di una determinata passione dell’anima, l’influsso di un demone animato dall’identica passione contribuisce già notevolmente a fare traboccare il piatto della bilancia gravato del peso dell’elemento materiale, e quindi l’anima incontra già una difficoltà molto maggiore nello svincolarsi da se stessa dalla materia per assurgere allo spirituale.

9. Se poi l’anima persevera nella sua materialità, allora gradatamente i demoni di pari tendenza vengono a gravare sempre in maggior numero sul piatto materiale della bilancia della vita, e il traboccamento si accentua sempre più, dunque il materiale va sempre più aumentando, mentre, ovviamente, sempre più diminuisce lo spirituale. E, vedi, da tutto ciò risulta infine che i “diavoli” secondo la definizione degli ebrei, ovvero i “demoni” secondo i greci, possono senz’altro recare grave danno ad un’anima nel tempo della sua autoformazione, anche senza avere una vera e precisa volontà di nuocerle!».

 

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Cap. 95

Le obiezioni di Roclus.

 

1. Dice Roclus: «Come può un essere intelligente nuocere a qualcuno senza che sia in gioco la sua volontà? Anche un demone deve pur essere cosciente di se stesso almeno quel tanto che gli occorre per sapere ciò che vuole, ma se lo sa, egli si rende punibile per la sua cattiva volontà! E io trovo che permettere simili influenze segrete di perfidi demoni a danno di una innocente anima umana non sia proprio ispirato al buon ordine. Ma se anche ciò viene concesso per ragioni basate su una qualche misteriosa sapienza, come può venire imputato come colpa ad una misera anima se viene corrotta da questi signori diavoli?

2. D’altro canto, se i diavoli non hanno né intelligenza, né conseguentemente, meno ancora, una qualche libertà di volere, allora non possono nemmeno nuocere all’anima, e anche se le procurano un danno, allora né l’anima che ha subito il danno, né il diavolo privo di intelligenza e di volontà che ha arrecato il danno possono dirsi colpevoli in qualche modo. La colpa, in un caso simile, andrebbe ascritta semmai a colui che, potendo impedire la cosa, non l’ha impedita! Questa è la mia opinione assolutamente libera in proposito, e non mi faccio alcun riguardo di renderla apertamente manifesta qui!

3. Ma se invece i diavoli hanno, come si dice, un’intelligenza addirittura molto acuta, cosa questa che si dovrebbe dedurre anche dal fatto che essi in una povera anima arrivano immediatamente a fiutare in quale punto della sua sfera materiale essa è debole, allora è segno che essi hanno anche la volontà di nuocerle. Anche in questo caso nessuna colpa può venire imputata all’anima, e ancora i veri colpevoli risultano essere unicamente i diavoli e chi permette loro di agire!

4. Dammi delle armi ed indicami dov’è il nemico, e allora certo saprò bene impedire che possa recarmi danno con tanta facilità; ma se invece il nemico non lo conosco e non lo vedo, egli può nuocermi gravissimamente inducendomi per vie misteriose e impercettibili ai più abominevoli vizi, e se in condizioni simili dovessi per di più venire dichiarato colpevole e condannato a portarne le gravi conseguenze, ah, in questo caso, pur ringraziando molto, ad una vita di questo genere preferirei senz’altro rinunciare!

5. Questo si chiamerebbe lasciare una debole creatura umana nuda in balia di un branco di lupi affamati, di iene, leoni e pantere. Quando si è lasciata sbranare e divorare da questi, essa per di più è reputata colpevole, e il giudice ha il diritto di condannarla perché, quale creatura debole e assolutamente inerme, ha dovuto in primo luogo lasciarsi trascinare in qualche luogo selvaggio da sgherri robusti e armati fino ai denti, e poi perché è stata sbranata e divorata dalle bestie feroci!

6. Ecco un esempio; ed ora dimmi che aspetto assume un simile genere di giustizia agli occhi della tua sapienza celestiale! Amico, se rispetto ai demoni o diavoli che siano, le cose stanno in questi termini, e se la misera e desolata anima umana resta l’unica colpevole e merita da sola di portare la pena di questa colpa, sia che siano o no i diavoli che la portano alla perdizione dotati di intelligenza e di volontà, allora, mio caro amico, vuol dire che un Dio saggio, giusto e amoroso non esiste affatto, ma che tutt’al più esiste forse un Essere agente alla cieca grazie ad una onnipotenza magica, dunque una specie di Fato il quale, come gli altolocati romani, trova il suo più grande compiacimento nell’aizzare in tutti i modi gli animali e nell’inscenare furibondi combattimenti di tori, e contro il quale un uomo può peccare soltanto quando egli stesso, usando mezzi opportuni, si è impegnato per pervenire a questo genere di sapienza!

7. Io ti dico davvero che, se le tue parole sono proprio fondate sulla realtà, poco ci manca che i farisei siano dalla parte della ragione! Tuttavia Io ho udito il Signore stesso parlare riguardo a vari argomenti e, basandomi sulle Sue parole, posso dirti, o mio bel messaggero dei Cieli di Dio, che tu questa volta hai colpito un pochino fuori dal segno. Perciò io insisto nell’affermare che, con l’amore del Signore che attualmente mi riscalda il petto, sento di poter da solo affrontare e mettere in fuga completamente il numero di diavoli farisaici di cui ho parlato prima!».

 

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Cap. 96

I demoni e la loro influenza.

 

1. Dice Raffaele sorridendo con dolcezza: «Vedi, o amico mio, anche tu hai già in testa tre coppe ricolme di vino, cioè l’elemento spiritoso che vi era contenuto, e per conseguenza la critica del tuo intelletto si è fatta ancora più tenace di prima! Tu da una parte hai perfettamente ragione quando sostieni che i demoni non sono in grado di esercitare affatto alcun potere contro chi si trovi definitivamente nell’amore di Dio, per quanto anche grande sia il loro numero, poiché in loro non si può parlare di una comunione delle forze, visto che ciascuno di loro è irretito al massimo grado nel proprio egoismo e nell’amore di se stesso, e quindi a nessuno viene neanche in mente di appoggiare in qualche cosa il proprio vicino, per timore che quest’ultimo possa ricavarne un vantaggio per vie nascoste e misteriose che poi immancabilmente lo costringerebbe a pentirsi senza alcun profitto.

2. Quando essi escono in compagnia, per così dire, e in cerca di preda, nessuno manifesta all’altro le proprie intenzioni ben nascoste dentro di sé; e se si incontrano come per caso sul luogo della rapina, scoppia spesso tra loro stessi la guerra più feroce. Infatti, il primo che si getta su una preda è nemico di chiunque vicino a lui voglia pure gettarsi sulla sua stessa preda e cerca di cacciarlo via; ed un terzo che, assiste lieto alla contesa, approfitta dell’occasione e ruba poi per conto suo. E se un quarto vicino al terzo è là pronto ad allungare le mani, pure per conto proprio, allora anche tra questi due scoppia la zuffa, ed un quinto mette a sua volta a profitto il buon momento e ruba anch’egli tranquillamente per proprio conto. Se un sesto si aggiunge, ne sorge una nuova lotta, ed un settimo può allora rubare comodamente finché non si avvicini un ottavo a contendergli la preda. Ed ecco che così il combattimento diventa generale, e nessuno si lascia cacciare via dal posto da un altro, né permette che l’altro lo spogli della preda già fatta.

3. Dunque tu vedi che nessun diavolo è certo disposto ad aiutare l’altro in alcun modo; però mediante il loro affollarsi supremamente egoistico aumentano la pressione esercitata sulla preda comune, e succede allora all’incirca così come se tu ponessi due pesi perfettamente uguali sui due piatti di una bilancia, pesi che di per se stessi non sarebbero causa di alcuno squilibrio. Ma se tu deponi su uno dei pesi anche una sola minimissima goccia di miele, vedrai che il dolce aroma attirerà immediatamente a migliaia le api; queste allora si poseranno sul peso, e ciò provocherà pure istantaneamente, ma del tutto involontariamente, il tracollo del rispettivo piatto della bilancia.

4. Ora, puoi forse incolpare Dio di carente sapienza per il fatto che Egli ha donato all’ape il fiuto fine e la brama del miele, e conferito al miele stesso la dolcezza profumata e allettante? Oppure è stolto il Signore per aver formato le Sue creature non solo in maniera supremamente opportuna, ma altresì in maniera oltremodo bella, ciascuna nella sua specie? È forse cosa non saggia da parte Sua l’aver concesso alla vergine quelle forme estremamente attraenti che a questo mondo devono costituire il più alto fra i pregi agli occhi e agli altri sensi del maschio di struttura più grezza, visto che egli abbandona il padre e la madre e si lega compiaciutissimo alla sua donna tenera e diletta?

5. Ma come già nel mondo esteriore tutto dà a riconoscere che un essere esercita un’attrazione sull’altro, in questo o in quel riguardo, tanto più questo fenomeno si verifica nel mondo degli spiriti; e se non fosse così, come potrebbero sussistere una Terra, una Luna, un Sole, e come potrebbero sussistere gli innumerevoli altri corpi mondiali che popolano lo spazio incommensurabile della Creazione? Un atomo sente simpatia per il proprio vicino e perciò ambedue si attraggono; e quello che fanno questi due, lo fanno pure gli innumerevoli eoni (10120) di atomi: tutto quello che è simile si raccoglie assieme, e così infine sorge un intero mondo, come il Signore ha dimostrato in modo assolutamente evidente a tutti i Suoi discepoli la notte scorsa, e come troverai diffusamente scritto anche nel libro voluminoso che avete già ricevuto da me.

6. Ma se la cosa è veramente così, agisce forse il Signore in maniera non saggia se, come è assolutamente necessario, Egli lascia a ciascuna anima del tutto incondizionatamente la massima libertà di volere e di conoscere? Oppure, potresti glorificare Dio quale la suprema Sapienza qualora Egli avesse disposto le cose in modo che, se uno, volendo andare da qui a Gerusalemme, si mettesse in cammino, ma nonostante tutta la sua buona volontà e la sua ottima conoscenza della via che conduce a Gerusalemme, non potesse giungervi per la ragione che non sarebbe Volontà di Dio che dal volere e potere di qualcuno dovesse derivare una corrispondente conseguenza, e invece giungesse - anziché a Gerusalemme dove avrebbe degli affari molto importanti da sbrigare - per esempio a Damasco dove non avrebbe niente da fare? Dimmi tu se un simile sistema divino potresti qualificarlo per saggio! O trovi illogico se di giorno vieni addirittura assalito e divorato da vespe, api, calabroni e mosche di tutte le specie quando ti sei recato all’aperto dopo esserti completamente impiastricciata la pelle con del miele?

7. Ma se ora un’anima lascia che nella sua sfera vitale esteriore si espanda l’esalazione di una qualche passione peccaminosa e che per conseguenza delle anime liberate pure dalla carne, ma giacenti ancora in un’atmosfera di esalazioni identiche da loro preferite, fiutano in certo modo un’atmosfera affine nella tua sfera vitale esteriore e si precipitano infine su di te per saziarsi della sovrabbondanza in te di tale esalazione, che è affine alla loro, senza veramente sapere quello che fanno, e si raccolgono pure sempre più numerose intorno a te unicamente per il motivo che esse trovano nella tua propria sfera l’agognato nutrimento, allora non si può per questo tacciare di carente sapienza il Creatore, il Quale in eterno non rispetta niente così tanto quanto la libertà più incondizionata di ogni anima! Ogni anima dispone, sempre e quando vuole, di mezzi sufficienti per sbarazzarsi degli ospiti incomodi!

8. Se all’aperto non vuoi essere molestato da insetti importuni, basta che ti lavi e che ti tolga via dall’epidermide lo stolto impiastricciamento di miele, e allora sarai lasciato in pace. E se non vuoi che alla tua sfera vitale esteriore si accostino dei demoni molesti, che debilitano la tua anima, è sufficiente che tu faccia diventare l’Ordine del Signore, a te ormai noto, una massima della tua vita, ed io ti garantisco che neppure un demonio si avvicinerà più alla tua sfera vitale!

9. Credimi: se non sarai tu ad adescare e ad attirare i demoni con un qualche pervertimento della vita, germinato in te stesso e che si espande fuori da te stesso, essi certo non ti attireranno, né ti adescheranno e neppure ti sedurranno. Ma una volta che tu li abbia attirati, bisogna che poi tu ascriva a te stesso le conseguenze se la tua anima si indurirà sempre di più in quella determinata passione malvagia, a causa del loro affollarsi intorno a te, senza che essi abbiano veramente avuto la volontà di provocare simili effetti in te».

 

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Cap. 97

La libera volontà dell’uomo. L’aiuto della Grazia divina.

 

1. (Raffaele:) «Io ti dico questo: ogni uomo è il primo a rivolgersi egli stesso al male ed a ribellarsi all’Ordine divino! Certo che a questo stato egli per lo più viene avviato mediante un’educazione assolutamente pervertita, e così si immerge nel pantano di ogni passione malvagia; ed in conseguenza di queste passioni, poi precipita in ogni tipo di veri peccati. In seguito a tali peccati, egli apre le porte a tutte le maligne influenze estranee, e può quindi guastare la vita dell’anima fino alle radici, ed in tale stato può permanere, ma sempre soltanto se egli vuole che sia così.

2. Se egli vuole ravvedersi, nessun ostacolo gli viene posto da parte del Signore, perché basta che un oppresso esprima in sé anche il più impercettibile desiderio, ed un aiuto gli verrà dato immediatamente. Se invece egli si trova soddisfatto e a suo agio nella propria perfidia, e non lascia percepire da sé ed in sé mai un desiderio migliore, allora certo sulla sua volontà non verrà esercitata alcuna pressione particolare.

3. L’unico influsso che continuerà ad agire su di lui consisterà in un quasi indiretto suggerimento che gli perverrà nel Sensorium (sensorio) del suo cuore, che l’uomo chiama coscienza, ed oltre a questo gli perverranno ogni tanto degli energici ammonimenti da parte nostra. Per poco che egli si ravveda, non c’è più da parlare di un pervertimento e di una rovina totali; allora l’aiuto segreto affluisce incessantemente dall’Alto e conferisce all’anima sempre il discernimento e la forza necessari a sciogliersi sempre di più dall’intricato groviglio. In tali condizioni è sufficiente soltanto un po’ di buona volontà, e poi la cosa procede già discretamente sollecita, almeno fino al punto in cui l’uomo, resosi maturo per una rivelazione superiore, viene afferrato dallo Spirito di Dio stesso e viene ulteriormente guidato nella vera luce della vita.

4. Naturalmente, quando invece l’uomo, nel suo bestiale accecamento e nell’ebbrezza sensuale del mondo, non dà affatto ascolto alle dolcissime e tacite ammonizioni - che provengono da noi e che si manifestano nel cuore - ma continua a comportarsi come fosse addirittura il signore di tutto il mondo, eh, allora mi pare che dello stato incorreggibile della propria anima non debba andare ascritta a nessun altro la colpa, se non appunto all’anima in sé e per sé.

5. Credimi, e fa bene attenzione a quello che ti dirò adesso. Né nel mondo naturale né in quello spirituale esistono affatto dei cosiddetti diavoli primordiali, ma esistono unicamente diavoli che in precedenza sono vissuti nel mondo come uomini dediti incorreggibilmente al male e al vizio, e che già nel mondo, come veri diavoli incarnati, hanno indotto gli altri uomini ad ogni tipo di vizio e di ignominia con tutti i mezzi costrittivi a loro disposizione! Ma con ciò essi si sono da se stessi preparati una condanna tanto maggiore, a cui sarà in eterno molto difficile che possano sottrarsi completamente! Qui pensa pure come vuoi o come puoi, ma non ti sarà mai possibile neanche in minimissima parte fare apparire colpevole in un qualche modo il Signore.

6. Che però più tardi anche nell’aldilà da parte del Signore, in una maniera ordinata, venga promossa ogni possibile azione adatta a risanare un’anima corrotta, questo puoi facilmente immaginartelo, perché il Signore non ha creato nessun’anima per la rovina, ma ha creato ogni anima per la vita più perfetta possibile. Però di un’altra cosa conviene che tu prenda bene nota: in tutto l’intero incommensurabile spazio della Creazione non c’è neppure una singola anima che possa pervenire ad una perfezione della vita in seguito ad una misericordia in certo qual modo diretta e completamente senza condizioni, ma a tale perfezione essa ci può giungere unicamente mediante la volontà supremamente sua propria! Certamente, il Signore pone a libera disposizione dell’uomo ogni tipo di mezzi affinché egli possa aiutarsi; ma spetta sempre all’uomo stesso riconoscere questi mezzi, afferrarli con la propria volontà e adoperarli egli stesso di proprio impulso!

7. È certo, però, che se poi un uomo comincia ad invocare liberamente e a dire nel proprio cuore: “Signore, io sono troppo debole per aiutarmi da me stesso con i mezzi che mi hai offerto; porgimi dunque il soccorso del Tuo braccio!”, e qualora sia l’uomo stesso ad invocare l’aiuto superiore con la propria volontà, con il proprio discernimento e con la visione chiara dell’insufficienza delle proprie forze, allora il Signore può anche agire immediatamente con tutta la Forza e la Potenza richieste dal caso, e può così venire in aiuto ad una debole anima in un attimo.

8. Però la volontà dell’uomo, come pure la sua conoscenza e la sua fiducia, devono essere accompagnate e compenetrate dalla più ferma decisione. Infatti, altrimenti tutto deve obbedire conformemente all’Ordine secondo il quale ogni anima deve aiutarsi da se stessa con i mezzi che le sono offerti, dato che ogni intervento estraneo, nel campo delle pareti domestiche della volontà individuale, dovrebbe avere come necessaria conseguenza un evidente dissolvimento dell’essenzialità dell’anima. Infatti, se l’anima si deve formare secondo le ineluttabili, eterne disposizioni del Signore, essa deve anche, sempre da se stessa, formarsi e perfezionarsi con i mezzi che le vengono dati, proprio come ogni individuo sulla Terra deve da solo cercare, riconoscere e prendere il nutrimento confacente al suo corpo, se vuole campare sulla Terra.

9. Non c’è Dio e non ci sono angeli che scendano su questo mondo per avvisare dappertutto: “Ecco, quando avete fame, mangiate questo o mangiate quello!”, ma la fame si annuncia da sola! Allora l’uomo mediante il palato assaggia i frutti che crescono dappertutto, e se li trova buoni li coglie e soddisfa con diletto le esigenze del proprio stomaco. Quando ha sete, si affretta ad una fonte fresca per dissetarsi; e se percepisce il freddo, egli ben presto raccoglierà delle sostanze di ogni specie, flessibili e morbide il più possibile in modo da non irritare o pungere la pelle, e si intreccerà alla meno peggio qualche coperta per proteggere il corpo contro l’eccessiva frescura dell’aria. Se infine poi vuole difendersi dalla pioggia o dagli animali selvaggi, si accingerà anche a costruirsi una capanna, perché a tale scopo gli sono certo offerti mezzi in gran numero e di varia specie, ed in qualunque luogo dove rivolge il suo sguardo egli trova subito una quantità di doni che può facilmente riconoscere per tali, e che altrettanto facilmente può adoperare facendo uso delle energie che gli sono conferite».

 

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Cap. 98

L’autodeterminazione dell’anima.

 

1. (Raffaele:) «Ma se il Signore lascia che l’uomo abbia cura da se stesso per le necessità esteriori della vita, per esercitare l’anima nella conoscenza e nell’attività autonome, quanto più non deve essere questo il caso trattandosi dell’anima!

2. Perfino nelle anime animali è in certo modo istillato un impetuoso istinto conformemente al quale esse sono solite essere attive, e precisamente ciascuno nella sua specie; e sarebbe quanto mai erroneo supporre che queste creature apparentemente prive di parola e di ragione agiscano come altrettante macchine animate dall’esterno. Se tale fosse il caso, anche il migliore fra gli animali domestici non potrebbe venire addomesticato nemmeno al lavoro più semplice, né certo darebbe ascolto al richiamo dell’uomo.

3. Ma dato che anche ciascun animale ha una propria anima, che in sé possiede una forza a sé stante, fuor dalla quale l’anima animale mette in movimento il proprio organismo fisico a proprio piacimento, ne consegue che un animale lo si può anche addestrare in vari modi. Un essere animato unicamente dall’esterno non dispone né di memoria, né di una qualche capacità di giudizio; e tutta la sua vita non è che un complesso di atti meccanici, e la sua aspirazione è talmente limitata e rigidamente indirizzata che non si potrà mai parlare di un perfezionamento mediante una qualche specie di istruzione, la quale essa pure non può venire impartita se non in maniera meccanica e per le vie esteriori.

4. Tu puoi metterti davanti ad un albero e puoi continuare a predicargli anche per mille anni di seguito affinché esso debba disporsi in questo od in quel modo per portare più nobile frutto, ma vedrai che ogni tua fatica sarà stata vana! Invece bisognerà che tu cominci a lavorare di coltello e di sega, che tolga i rami da quel ceppo selvatico, che ne fenda prudentemente i tronchetti, che vi innesti dentro dei ramoscelli freschi di natura più nobile, saldando infine accuratamente la fenditura là dove essi si congiungono con i tronchetti. In questo modo, con un’azione puramente meccanica, l’albero viene nobilitato, e poi, con il tempo, ti renderà anche dei frutti più nobili!

5. L’animale, invece, tu puoi ammaestrarlo usando la parola e certi procedimenti, e poi esso ti si renderà utile in determinate occasioni e si regolerà interamente secondo il tuo volere. Ma questo fatto ti rende anche testimonianza inoppugnabile che perfino gli animali dispongono di una specie di libera volontà propria, senza la quale essi potrebbero obbedirti e servirti altrettanto poco quanto una pietra o un albero.

6. Ora se già gli animali possiedono visibilmente un’anima a sé stante dotata di qualche conoscenza e di libertà di volere, la quale all’interno della sua speciale cerchia vitale deve esercitare l’autodecisione, quanto più non deve essere il caso trattandosi di un’anima umana, e quanto più accentuata la necessità dell’autodecisione! Premesso questo, è proprio qui che non si può parlare affatto di influenze estranee provenienti in qualche modo dall’esterno, né di specie buona né meno ancora di specie maligna.

7. L’anima già per se stessa ha tutto quello che mai possa esserle necessario per prendere il primo slancio verso la vita; quando essa, grazie alla potenza di volontà a lei supremamente propria e grazie al libero e spontaneo amore per Dio, si è posta in se stessa in una luce vitale più potente, essa si accorgerà ben presto anche di tutto quello che ancora le manca, e allora tenderà volontariamente con tutte le forze della sua vita ad ottenere ciò che le manca, e riconoscerà molto bene le vie e i mezzi ai quali farà ricorso, di assoluta volontà propria, per arricchirsi dei tesori di una vita sempre più nobile, più spirituale e più perfetta.

8. E quello che l’anima ottiene poi per questa via, la quale è una giusta via secondo l’Ordine di Dio, quello è e rimane sua assoluta proprietà, e non c’è tempo né eternità che possa più strapparglielo. Quello invece che l’anima non ha mai potuto ottenere da se stessa mediante il proprio libero volere e la propria conoscenza, come ad esempio il corpo organico esteriore e con questo i vari vantaggi terreni, non è possibile che le rimanga, ma le viene tolto così come le è stato dato.

9. Ma se tutte queste cose stanno in tali termini, come del resto ciascun uomo lo può apprendere dall’esperienza giornaliera, non si può neanche lontanamente parlare di azioni violente e maligne di carattere demoniaco tendenti ad attrarre l’anima in una determinata orbita e ad influire su di essa. Infatti, tutto dipende dalla volontà, dalla conoscenza ed infine dall’amore dell’anima. Come tu vuoi, conosci e ami così precisamente ti sarà fatto, e non è assolutamente immaginabile che succeda altrimenti!

10. Se tu vuoi, conosci ed ami il giusto secondo l’Ordine di Dio, su questa via tu giungerai sempre infallibilmente alla realtà; ma se invece tu vuoi, conosci ed ami in modo contrario a questo Ordine nel quale esistono soltanto una realtà ed una essenzialità, allora assomigli ad un tale che si ostina a voler mietere su un campo sul quale non è mai stato seminato del grano, ed infine devi attribuire a te stesso la colpa se il tuo raccolto sui campi della vita si trova ridotto ad uno zero assoluto. Ed ora dimmi se ti trovi bene orientato sotto questo aspetto!».

 

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Cap. 99

Floran rinfaccia ai farisei la loro critica senza amore verso il Signore.

 

1. Dice Roclus: «Su questo non c’è dubbio, perché tutte queste cose me le hai spiegate con tanta evidenza e chiarezza che qualcosa di più chiaro a tale riguardo non l’ho mai inteso in vita mia! Ma appunto adesso sento accrescersi in me l’indignazione a causa di quei farisei là, che ricadono nuovamente nel loro antico e solito fariseismo quanto più spesso il Signore va accostando la Sua coppa alle labbra e quanto più piacevolmente Egli va intrattenendosi con Cirenio e Cornelio! Non vedi e non senti come per questi loschi figuri tutto quello che il Signore fa e dice è già abominio e scandalo? Nonostante abbiano già assistito a innumerevoli prodigi per opera Sua, ora siedono alla Sua mensa lodandoLo e glorificandoLo con la lingua di serpenti! Ma tu cosa ne pensi e cosa ne dici?»

2. Risponde Raffaele: «Lascia stare adesso queste cose, perché puoi credermi se ti dico che esse non sfuggono affatto al Signore! Egli stesso saprà ben rimproverarli al momento opportuno; ed un’ammonizione diretta del Signore ha sempre un sapore particolarmente amaro per colui al quale viene impartita meritatamente. Vedi, anche Cirenio e Cornelio, Giulio e Fausto vedono e sentono le stesse cose come te, e come io stesso le vedo e le sento già da quando sono cominciate; sennonché in segreto la Volontà del Signore mi ha esortato ad avere pazienza; e così mi comporto anch’io come se non sentissi quanto questi cinquanta vanno confabulando tra di loro. Però tra breve essi arriveranno al punto in cui verranno contrastati! Rimani dunque perfettamente in silenzio ancora per poco tempo!»

3. Roclus allora fece silenzio e rimase in attesa degli avvenimenti. Quelli che non rimasero in attesa furono i cinquanta farisei, i quali anzi continuavano animatamente la loro discussione.

4. Floran, il loro noto oratore principale, non andava troppo d’accordo con le opinioni molto malsicure di Stahar, il capo della comitiva, e perciò egli disse: «Il fatto che il Maestro mangia e beve non mi fornisce ancora alcuna prova contro la Sua Divinità! Tutto il Suo contegno mi appare piuttosto come una muta domanda per vedere se noi vacilliamo o meno nella nostra fede scorgendo eventualmente in Lui questa o quella cosa.

5. Se Egli è il Messia Jehova Zebaoth, decantato con tanta sublimità di espressione dal re Davide, Egli può fare certo quello che vuole, e da parte Sua tutto non può essere sempre che ben fatto. Infatti, come potremmo noi, miseri, impotenti uomini mortali prescrivere il contegno da tenere a Colui dal Quale evidentemente soltanto dipende se noi siamo e viviamo, Colui che ha costruito i Cieli e la Terra e che ha creato, organizzato e donato le membra ed i vari organi vitali a tutti gli animali e a tutte le creature umane! A mio modo di vedere, tu, o Stahar, e voi tutti pure vi trovate assolutamente su una via che è la più immonda fra tutte, e addirittura la più pericolosa per la vita!

6. Che cosa ci può importare che Egli ora beva del vino e mangi del pane in quantità un po’ maggiore? Ma se è Lui che li ha creati entrambi, in verità, questa cosa non mi rende minimamente perplesso; anzi, sono lieto nel vedere che Egli pure, essendo l’Altissimo e l’immensamente Sapiente, si comporta come noi uomini!

7. Io non posso fare a meno di confessare apertamente che da parte vostra è quanto mai irragionevole comportarvi qui, in presenza delle massime personalità di questo mondo, in maniera tale come se la salvezza del mondo stesso dipendesse sul serio da voi! Ma chi siete voi, e che cosa siete? Niente altro che dei miseri vermi della Terra, striscianti davanti alla Potenza di un Uomo simile, il Quale comanda agli elementi e questi obbediscono alla Sua Volontà!

8. Il vino ha riscaldato anche i vostri animi ed ha annebbiato il vostro intelletto; è per questo che ora tirate fuori sentenze che per la loro enorme stupidità potrei chiamare addirittura classiche. Ma a che cosa volete arrivare con ciò? O credete forse di poter dimostrare in base ai testi di Mosè che gustare ogni tanto del vino in misura un po’ più abbondante del solito sia una cosa proibita? Potete poi sostenere che Noè abbia peccato quando ha un po’ esagerato nel bere il dolce succo dell’uva? Suo figlio certo ha peccato e si è reso degno di maledizione, avendo egli voluto esporre il padre al dileggio dei fratelli; ma quel figlio invece che coprì le vergogne del padre fu colmato di benedizione!

9. Perciò Io vi dico: “Quello che il Signore fa, è sempre ed eternamente benfatto!”. Ed anche se qui Egli volesse vuotare degli otri interi di vino, questa non è cosa che ci deve riguardare; e se anche mille fanciulle Gli stessero intorno, di qualsiasi condizione fossero e quale mai potesse essere la fama da loro goduta, questo non dovrebbe essere per noi oggetto di alcuna critica, perché Egli è il loro Creatore e Conservatore, come lo è di noi! Cosa ci può importare se Egli si avvicina alle Sue opere, qualunque possa essere la loro specie, e se guarisce quanto vi è di malato e danneggiato in loro? In nome del Cielo, siate dunque equi e modesti nei vostri giudizi!».

 

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Cap. 100

La benedizione del dominio romano per il popolo ebreo.

 

1. Dice Stahar: «A quanto mi sembra, tu credi dunque fermamente alla sua divinità?»

2. Risponde Floran: «E che cosa potrebbe indurmi a credere il contrario? Ha forse Dio ai tempi di Mosè compiuto dei prodigi più grandi? Ma se qui c’è un Uomo dotato di Sapienza suprema che compie cose finora mai viste, quali non sono possibili che soltanto all’Onnipotenza divina, che cosa può trattenermi dal considerare un Uomo simile come perfettamente ricolmo del più autentico Spirito di Dio e di vedere direttamente ed immediatamente in Lui l’unico vero Dio! La mia opinione, il mio modo di giudicare e la mia fede che su questi si fonda, sono più fermi e solidi delle piramidi d’Egitto delle quali non si sa quando siano state costruite!

3. Ma ora io non mi limito a credere che così deve essere e non altrimenti, mane sono convinto fino nelle più intime fibre della mia vita, ed in questa mia vivissima convinzione nulla e nessuno sarebbe capace di farmi vacillare, meno che meno poi tu, o volubile Stahar!

4. Sotto questo aspetto e con la migliore coscienza di questo mondo posso anche esclamare con gli eroi romani: “SI TOTUS ILLABATUR ORBIS, IMPAVIDUM FERIENT RUINAE”. (Vada pure tutto il mondo in pezzi, le macerie sosterranno comunque il coraggioso), perché io so quello che vedo e quello che credo, né sono come una banderuola o come una canna in una palude melmosa che si volge o si piega ad ogni agitare di vento. Anzi, io mi sono fatto come una rupe di granito in mezzo al mare, contro le cui pareti devono infrangersi le onde e gli uragani!»

5. Osserva Stahar: «Anche i giudizi di Dio del Tempio di Gerusalemme?»

6. Dice Floran: «Chi ha questo Signore e Maestro ed i potenti di Roma a proprio scudo, non teme i cosiddetti giudizi di Dio che Dio non ha mai istituito. In verità, nemmeno l’ombra di un timore potrebbero suscitare in me le minacce anche più gravi di Gerusalemme! Anche le più tonanti maledizioni del sommo sacerdote passerebbero dinanzi ai miei orecchi senza lasciare traccia! Chi cammina nella luce del giorno, non ha, secondo il mio parere, niente da temere dagli orrori della notte, e così nemmeno io ho timore del Tempio di Gerusalemme!

7. Infatti, basta paragonare questa Dottrina, chiara come il Sole, con le massime del Tempio, a me fin troppo ben note, e non si potrà fare a meno di riconoscere di primo acchito che in questa Dottrina regna la luce più intensa del giorno spirituale, mentre invece la notte spirituale più profonda è quella che domina nel Tempio. Certo, chi appartiene ancora alla notte, avrà molte cose da temere, particolarmente poi la morte della sua anima; a me invece attende tutt’al più la morte del corpo, la quale veramente non può chiamarsi nemmeno tale!

8. Nessuno può più strapparmi la vita eterna della mia anima, perché questa vita io la vedo e la sento in maniera già quanto mai vivente in me e ne percepisco anche vantaggi eternamente incalcolabili. Ma se io conseguentemente non sento in me il benché minimo timore di fronte alla morte del mio corpo, come potrei temere in qualche modo i cosiddetti giudizi di Dio del Tempio? Perciò ribadisco il mio atto di fede ed ancora una volta dico: “Chi cammina di giorno non ha nulla da temere dagli orrori della notte!”»

9. Dice Stahar facendo un’espressione quanto mai fosca tipica della gente del Tempio: «Perché e come puoi reputare sinonimo di notte il luogo dove viene insegnata al popolo la Scrittura e la Parola di Dio?»

10. Dice Floran: «La Scrittura che tutti noi come dottori della legge - dico bene- comprendiamo altrettanto poco quanto chi non ha mai avuto l’occasione di vederla, e che è invece ispirata unicamente a bassi interessi umani, questa pretesa parola di Dio io la conosco anche troppo bene! Perciò è meglio che tu non me ne faccia più menzione! Quale specie di prodigi mai abbiamo noi compiuti, per mezzo della parola di Dio, dalla presunta onnipotenza? Che cos’altro possiamo noi dimostrare, in perfetta coscienza, di aver compiuto all’infuori del fatto che abbiamo ricolmato le nostre tasche e le nostre casse con le offerte volontarie, con quelle prescritte e con quelle imposte con la forza, e che da parte nostra nessun mezzo, neppure il pessimo fra i peggiori, è stato trascurato allo scopo di estinguere con tutto lo zelo possibile ogni barlume di una luce migliore?

11. Non è forse un’ignominia senza nome che noi, l’antico popolo di Dio, abbiamo dovuto lasciarci prescrivere sagge leggi e norme di governo dai pagani? E se questi non fossero venuti ad istituire qui da noi un’amministrazione della giustizia in qualche modo più umana e migliore, allora non si troverebbe il nostro popolo in tali condizioni di disordine che di peggiori non se ne potrebbero trovare nemmeno tra le bestie più feroci.

12. Che cosa erano le nostre istituzioni del diritto prima dei Romani? Niente altro che il più cieco arbitrio di chiunque avesse saputo strappare a sé un potere in una maniera qualunque!

13. Così, ad esempio, un ricco di questa specie, siccome ieri aveva dato un comandamento, ma poi, il giorno dopo, se ne pentì, essendosi accorto a torto o a ragione che il comandamento stesso non era per lui troppo vantaggioso, allora montò su tutte le furie, punì anzitutto il suo consigliere e poi tutti coloro che avevano osservato la legge di ieri, perché, secondo il suo parere, essi avrebbero dovuto presentarsi al legislatore, gettarsi a terra nella polvere dinanzi a lui e fargli notare che la legge da lui emanata tornava più a loro che a suo vantaggio! Ma chi invece avesse osato dire al potente: “Ascolta, o potente e sapientissimo signore, non è possibile osservare la legge data e, qualora venisse osservata, tu e tutti i tuoi sudditi andreste in rovina, perché questa legge è suggerita da un perfido ed astuto consigliere traditore, il quale certo è stato corrotto e indotto a fare così da qualcuno fra i tuoi vicini invidiosi!”. Cosa accadrebbe poi? Ecco, colui che avesse fatto notare al legislatore tali deficienze od errori della legge verrebbe aspramente punito a causa della sua sfrontatezza e della sua audacia, il maligno consigliere verrebbe egli pure punito, e coloro che, conoscendo la manchevolezza della legge, l’avessero osservata, verrebbero infine anch’essi chiamati a rispondere, e ciò spesso già prima ancora che una nuova legge fosse promulgata in sostituzione di quella errata! Come ti pare un sistema giuridico di questa specie?

14. Prima che venissero i Romani, però, il grande paese di Israele aveva una quantità di simili piccoli dominatori, ciascuno dei quali si atteggiava a dominatore tirannico del proprio piccolo popolo, il quale languiva nella massima miseria fisica e spirituale e veniva tormentato giorno per giorno dal dominatore stesso secondo i propri capricci ed il proprio arbitrio, dei quali egli non era responsabile di fronte a nessuno! Non furono allora i Romani, pur essendo dei pagani, dei veri messaggeri celesti quando vennero qui in tutta la loro potenza e spazzarono via come un ciarpame immenso tutta quella schiera di tirannelli senza coscienza? Essi poi promulgarono delle leggi ragionevoli e durature in base alle quali ciascun galantuomo si trovò tutelato nei suoi beni, e pagando delle imposte, commisurate con moderazione, poté accudire indisturbato ai suoi affari e alle sue faccende come meglio gli fosse piaciuto, dentro i limiti fissati dalla legge.

15. Che il Tempio non fu mai amico dei Romani, né lo è attualmente, questo lo sappiamo, e la ragione di ciò noi non lo ignoriamo affatto, poiché i potenti Romani richiesero il tributo anche dal Tempio, mentre prima erano i piccoli tiranni che pagavano al Tempio il tributo allo scopo che i rispettivi sacerdoti mantenessero il popolo nelle tenebre dell’ignoranza e predicassero oltre a questo continuamente la più incondizionata obbedienza.

16. Oh, ma quando mai nei tempi attuali si è udito predicare agli Ebrei incondizionata obbedienza alla signoria di Roma? Si è detto certo al popolo che i Romani erano una verga punitrice impugnata da Dio a cui bisognava rassegnarsi, invece i cento e più abominevolissimi tiranni di prima che tormentavano in continuazione il misero popolo peggio dei demoni, quelli non rappresentavano affatto una verga punitrice nelle mani di Dio, ma degli angeli del Cielo chiamati da Dio a mettere alla prova il popolo. Chi si fosse opposto a loro, veniva immediatamente chiamato nemico di Dio e condannato.

17. Oh, per il Tempio quelli erano certo dei tempi beatissimi, dai quali però il Signore vorrà sperabilmente preservare in futuro e per sempre la misera umanità! I giudizi di Dio del Tempio sono un rimasuglio piccolo, ma tuttavia abbastanza perfido, di simili condizioni, del quale - ne sia resa lode solo al Signore! - io non ho affatto alcun timore! Infatti, ormai io ho abbracciato la causa del Signore e di Roma, e ciò basta per far sì che non si debba tremare mai più dinanzi alle minacce del Tempio! Sei contento ora di questa mia dichiarazione?».

 

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Cap. 101

Roclus e Floran a colloquio su Stahar.

 

1. Stahar si limita allora a fare una faccia assai seria, ma non risponde nulla, perché ad ogni modo le parole di Floran hanno ricondotto tacitamente il vecchio a considerazioni un po’ migliori.

2. Roclus però, il quale aveva seguito questa discussione con la più ansiosa attenzione, si alzò, se ne andò difilato vicino a Floran, e battendogli sulla spalla gli disse: «Bravo Floran! Tu sei proprio l’uomo che mi occorre! Io ti prendo nel nostro istituto che ormai si trova sotto la vera tutela di Roma. Quello che ora tu hai detto ti è stato ispirato dal Signore; ed è stato anche come se io stesso avessi parlato fuori dalla mia anima! Ah, certo, simili parole sono un vero balsamo per me, che desidero solamente il bene dell’umanità! Solo che non comprendo come Stahar, il quale per quanto mi è noto non è proprio uno sciocco, possa ancora covare nel suo petto un qualche dubbio dopo i fatti straordinari cui ha assistito, e dopo tutti gli insegnamenti del Signore che Egli ha udito e certamente anche compreso!

3. Per me, che pure mi trovo qui soltanto da poche ore, quanto ho udito e visto finora è sufficiente in maniera addirittura esagerata! Ma a Stahar, il quale ha visto e udito molto di più, come mai gli è potuto venire in mente di incolpare di diavoleria il Signore di tutto l’infinito? Vino di qua, vino di là, anch’io ne ho bevuto, e sento perfettamente che anche in me il coraggio è andato aumentando; ma le mie convinzioni, una volta che io me ne sia appropriato, non vacillano più, né vacillerebbero nemmeno se le mie membra cominciassero un po’ ad infiacchirsi. Ma forse nel caso del vecchio Stahar va applicato l’antico detto romano: “In vino veritas!”; infatti, il vino ha talvolta il meraviglioso effetto di scostare il fosco velo della politica dalla faccia dell’uomo, e di indurlo a sciogliere la lingua anche contro se stesso. Ed è appunto in simili occasioni che si è riusciti spesso a sapere da qualcuno tante cose che altrimenti per ragioni di egoistico interesse molto ben calcolato sarebbero scese nella tomba assieme all’interessato.

4. Stahar, nonostante il suo fariseismo a prova di diamante, si trovò messo molto alle strette; egli con tutte le sue controargomentazioni si vide perduto ed infine si arrese quando non trovò più nemmeno un buco aperto attraverso il quale fuggire; ma proprio nell’intimo del suo essere egli rimane tuttavia sempre il fariseo quanto mai cocciuto di prima! Adesso però egli ha commesso l’imprudenza di bere questo nobile succo della vite in quantità forse superiore al normale, ed ecco che l’antico indurito fariseo, tenuto nascosto nell’intimo del suo essere, è emerso ed ha parlato per conto suo. Quando i fumi del vino si saranno dileguati nel vecchio capo dei farisei, certamente gli dispiacerà quanto mai di essersi tradito così ingenuamente.

5. Non per nulla la gente si inventò che le baccanti[13] talvolta predicessero agli uomini cose ed avvenimenti futuri, e le loro enunciazioni venivano tenute in gran conto. Ma anche in loro era sempre il vino che produceva il meraviglioso effetto. Anche di Davide, il grande re di Israele, si narra che abbia scritto ed abbia egli stesso cantato molti dei suoi salmi sotto l’influenza del vino che aveva bevuto.

6. Ma se il vino ha un effetto così prodigioso, bisogna ammettere come cosa certa che il vecchio capo dei farisei, nonostante la sua presunta totale conversione di prima e per il bene di noi tutti, si sia ora nuovamente rivelato come il genuino fariseo sempre uguale ed irremovibile, una specie di gente questa dalla quale si tengono a rispettosa distanza perfino le bestie più selvagge dei boschi, per non parlare dei miseri peccatori che stanno curvi sotto il loro giogo! Dico bene oppure no?»

7. Risponde Floran: «Senza dubbio, caro amico, sotto certi aspetti hai perfettamente ragione; però c’è pur sempre un lato della questione che conviene non trascurare! Vedi, se tu vuoi raddrizzare un giovane albero che è cresciuto curvo, la tua fatica sarà ben presto ricompensata; ma se tu persegui uno scopo simile trovandoti di fronte ad un albero curvo e già vecchio, ti sarà anzitutto necessario impiegare ogni tipo di macchine per raddrizzare il vecchio tronco fattosi già molto rigido, e poi bisognerà che ti armi di una buona dose di pazienza! Tu dovrai limitarti ad esercitare giorno per giorno una minima pressione, e dovrai insistere con questo procedimento finché l’albero sarà completamente raddrizzato. Ma se invece tu volessi ottenere questo effetto in una volta sola, impiegando tutta la forza a tua disposizione, finiresti con lo spezzare l’albero stesso e con l’ucciderlo, ciò che non sarebbe certo un compenso adeguato alle tue fatiche. Questa è del resto la norma che, a quanto pare, viene seguita anche dall’Amore e dalla Sapienza del Signore.

8. Il nostro Stahar è in procinto di trovarsi in una situazione nella quale egli, nel suo zelo per Jehova di ebreo all’antica, si sentirà molto scandalizzato. Infatti la sua superstizione considera peccato tutto quello che, al vaglio della ragione pura, non può essere mai peccato al cospetto degli uomini, e meno che meno a quello di Dio! A questa specie di peccati appartiene, secondo la sua morale, l’uso un po’ più abbondante del vino, nonché conversare con una fanciulla che a suo modo di vedere potrebbe essere non ancora perfettamente matura. Ora, quando è del tutto sobrio, a queste piccolezze evidentemente non ci bada affatto; oggi invece ha mandato giù diversi bicchieri di buon vino, e gli spiriti naturali di questo vino hanno scovato nelle sue interiora dei resti ben vecchi del vecchio fariseismo quanto mai cieco, li hanno animati e portati ad un certo grado di ribellione; sennonché, in fondo, di tutta questa storia non vale davvero la pena di continuare a parlarne oltre!

9. Io ad ogni modo ho già esposto al vecchio in maniera assolutamente inequivocabile la mia opinione assai ben fondata, e adesso nel suo stato di dormiveglia egli sta pensandoci su; domani certo apparirà un altro uomo! E se non fosse così come ora ti ho detto, il Signore stesso senza dubbio gli avrebbe obiettato qualcosa. Invece, il Signore, ben sapendo quello che raramente di sostanziale c’è nella questione, sembra tutt’altro che disposto a farci caso. Ma se Egli e gli alti dignitari di Roma ignorano completamente la cosa, possiamo anche noi essere del tutto sicuri che a questo fenomeno non va annessa maggiore importanza di quella che ti ho illustrato ora. E passando adesso a qualcos’altro, non posso che ringraziarti di tutto cuore della tua proposta molto amichevole, dandoti anzi con perfetta letizia d’animo l’assicurazione che io intendo approfittarne del tutto incondizionatamente.

10. Infatti, un uomo quale altra condizione più felice può augurarsi a questo mondo se non quella di vivere e di essere attivo all’interno di una vera società umana che abbia per motto l’amore e la verità, in cui il valore umano dell’uomo viene reciprocamente apprezzato come il pegno santissimo della nostra esistenza, e quindi completamente riconosciuto per quello che è dalla parte di Dio, e in cui tutti i membri riconoscono il Signore come fuori da un cuore solo e in maniera del tutto vivente, che Lo amino, e a Lui solo rendano ogni onore e come da un’unica bocca testimonino: “Il Signore soltanto è il Tutto nel tutto, e noi non siamo altro reciprocamente che fratelli, dei quali nessuno, nemmeno alla lontana, ha la pretesa di essere migliore o in qualche modo di più del proprio simile. E se mai deve esservi qualche differenziazione nella società, questa consista unicamente nel fatto che ciascuno faccia a gara per essere un amico migliore dell’altro per rendersi utile unendo le forze a tutti in pienissima verità!”.

11. Sì, o amico Roclus, questa è nel senso più vero e proprio la celestiale missione dell’uomo su questa Terra: aiutare fisicamente e spiritualmente tutti gli oppressi e i sofferenti, là dove mai un aiuto è in qualche modo ancora possibile! E questa è anche la volontà d’amore espressa in maniera chiarissima dal Signore; chi la segue fedelmente, certo egli stesso non ne uscirà a mani vuote! Non condividi tu pure pienamente la mia opinione?».

 

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Cap. 102

Roclus ragiona sul fariseismo.

 

1. Dice Roclus: «Questo tuo sentire corrisponde veramente appieno a quello a cui io ho dedicato da sempre la mia vita, il mio cuore, il mio sentimento, tutto il mio costante pensiero, le mie aspirazioni e la mia intera volontà, ma tanto più ora che ho riconosciuto il Signore e che ho accolto per sempre tutto il Suo Essere nel mio cuore e nella mia volontà! Così pure io mi sento ora portato a parlare e a giudicare rispetto al vecchio Stahar in maniera molto più equa, poiché a colui che procede nella luce è facile ragionare della notte. Vi è pure dell’ombra anche durante il giorno, ma ad ogni modo sotto qualunque albero c’è sempre più luce che non nella notte più chiara. Ora, come succede in natura, così pure succede nello spirito! Colui nel quale si è già fatto giorno nel proprio cuore e nella propria anima, ha facile gioco nel trarre argomento di scandalo dalla notte del suo prossimo, perché i suoi più foschi pensieri dominati dalle tenebre del Tartaro sono ancora sempre chiara luce in confronto alla notte del più luminoso pensiero celeste di un autentico fariseo.

2. Tu devi sapere che presso di noi greci vige già da parecchio tempo un proverbio quando si parla di un tale che ragiona o agisce in modo superlativamente sciocco, che suona così: “Questo tale è più stupido di un fariseo ebreo!”. Io però non voglio sostenere con ciò che a tale grado di stoltezza giunga la maggior parte dei farisei o addirittura tutti; in ogni caso tra il loro grande numero ce ne sono molti che certo arrivano a tale punto. E non è che io intenda tanto parlare proprio della stoltezza, ma che i farisei siano in grandissima parte della gente animata da estrema perfidia e da un irriconciliabile spirito di vendetta, questa è una verità che non si può contestare e che trova conferma anche troppo irrefutabile in una innumerevole serie di esperienze fra le più dolorose e amare. E anche per questa ragione io sono veramente un nemico dichiarato di questa triste razza, perché con loro non c’è nessuna possibilità di una qualche comunanza o di qualche onesto rapporto. Di fronte a loro cessa tutto, proprio tutto!

3. Con i samaritani sì che merita trattare, quantunque essi pure vivano secondo la dottrina di Mosè; anche con i sadducei vi è possibilità di intendersi; ma con gli ortodossi di Israele, come si denominano i farisei, non c’è nulla da fare! Presso di loro si acquista stima solamente a patto di lasciarsi convincere da loro in modo assolutamente straordinario. Cedi tutto quello che hai ai farisei e lasciati poi morire di fame dinanzi alle loro grasse porte, e allora tu diventi ai loro occhi un autentico figlio di Dio, e dai farisei vieni stimato ed esaltato in sommo grado addirittura come un santo. Ma guai a colui che al loro cospetto mostra di possedere una qualche intelligenza: costui viene sempre guardato con occhio bieco, e non arriverà mai a godere di una qualche considerazione presso quei gelosi, a meno che non faccia loro qualche cospicua offerta e non metta poi il suo chiaro intelletto a disposizione dei farisei, i quali se ne serviranno per i loro bassissimi scopi e a loro esclusivo vantaggio!

4. Ma tutto questo, preso assieme, che idea può dare a chi cerca luce e verità su quegli ortodossi che hanno il titolo ufficiale di “farisei”? Ecco: nessun’altra idea da quella che mi sono fatto io ascoltando con i miei orecchi, del tutto inosservato, due farisei molto ben pasciuti che andavano bighellonando, in ozio perfetto! Io li chiamerò A e B unicamente per distinguerli l’uno dall’altro durante la loro conversazione.

5. Ebbene, A andava dicendo a B, con voce piuttosto roca e velata: “Ascolta, la favola stupida di Mosè, che non è mai esistito, non è in fondo proprio malvagia! Di verità là dentro non c’è traccia, e Jehova è una vuota espressione poetica; d’altro canto tutto quello che la nostra scrittura contiene è pura opera degli uomini – che sono a loro volta opera della natura - la quale crea continuamente e poi distrugge tutto!

6. Il Dio o gli dèi, però, non sono altri che gli uomini i quali dispongono di forza e di energia sufficienti per farsi tali. Per arrivare a questo è difficile solo iniziare. Una volta che, dopo parecchi anni, la faccenda si sia consolidata, non è che un gioco da ragazzi, e con qualche supposto miracolo si fa restare a bocca aperta tutto il mondo. Basta che si edifichino presto templi ben grandi, magari come una montagna, e li si adorni all’esterno e particolarmente all’interno di parvenze mistiche, e vi si insegni all’umanità cieca a conoscere un qualche Dio onnipotente esistente da qualche parte, a cui naturalmente a nessun altro che a noi, sacerdoti, sia lecito fungere da servitori e da esecutori della sua volontà!

7. Inoltre, allo scopo di essere tenuti tanto più in considerazione, si deve imporre all’umanità, come fossero emanate da Dio, ogni tipo di leggi da potersi osservare con molta difficoltà o alle volte anche non osservabili affatto, sanzionandole nel modo il più rigido e punendo sempre inesorabilmente i trasgressori! Così si inculca l’obbedienza al popolo, gli si incute timore e lo si rende fiacco, e quando si è arrivati a questo punto è poi facile assumersi la parte del Signore Dio.

8. Tuttavia bisogna fare sempre la massima attenzione affinché fra il popolo non si diffonda che quel tanto di luce appena sufficiente a renderlo capace di dire che comprende le nostre parole; un solo passo fatto oltre a questo limite avrà per conseguenza che ben presto si faranno innanzi degli uomini i quali domanderanno ogni tipo di spiegazioni! Ma quando gli uomini cominciano a domandare, è segno che essi hanno anche cominciato a pensare; ora dei sacerdoti, ed un popolo moralmente dominato da loro e che pensa, non fanno mai in eterno l’uno per l’altro!

9. È necessario che gli uomini non possiedano più spirito di un bue ammaestrato o di un docile asino; se si oltrepassa questo limite, anche la rispettabilità dei sacerdoti comincia a somigliare ad una barca in cui si sia aperta una falla! Il popolo non deve aver mai nemmeno un vago presentimento di quello che sappiamo noi nel nostro interno, perché, qualora questo dovesse verificarsi, sarebbe ben presto finita per noi!

10. Per conseguenza, particolarmente in questo tempo in cui nel popolo cominciano a sorgere dei dannati illuminatori di ogni specie, si impone anzitutto che questi vengano spazzati via dalla superficie della Terra! È pure vero che una rondine non fa assolutamente primavera, però anche una rondine costituisce un chiaro indizio che ad essa ne seguiranno al più presto molte altre. Ora, di rondini ne possono venire quante si vuole, dato che esse possono farsi pericolose al massimo per i passeri; invece gli educatori del popolo sono pericolosi per noi, perciò, non appena se ne annuncia uno, conviene immediatamente farlo fuori chiunque egli sia!”

11. Questo fu il lodevole discorso di A, cui B, un coso minuscolo e paffuto, diede pienamente ragione; soltanto scrollò alquanto le spalle e lo assicurò dicendo: “Una cosa simile è ormai molto difficile a causa dei romani dall’ingegno assai sveglio, per mezzo dei quali i nostri ebrei sono già stati rovinati in modo incredibile per la nostra causa. Per colmo di abbondanza, poi, qualche autentico Satana si è preso il gusto di mandarci a ronzare intorno il molestissimo sciame degli esseni che per di più si trovano sotto la tutela di Roma! Se noi non cominciamo di nuovo così ad infiltrarci presso il popolo con degli imbrogli fra i più astuti e ben calcolati, sarà in breve finita per noi!

12. Dobbiamo armarci ora di ogni tipo di miracoli, perché è con questo mezzo, più che con altri ancora, che è possibile turare la bocca a gente già illuminata; ma i miracoli devono essere di qualità assolutamente scelta e nuova, in una parola, possibilmente senza precedenti! Altrimenti restiamo conciati per le feste, e quei maledetti maghi che affluiscono a Gerusalemme da tutte le parti finiranno con il renderci sospetti ed infine addirittura ridicoli, particolarmente adesso che, per rendere colma la misura, anche gli esseni iniziano ad operare tali miracoli in nostra presenza da farci svergognare, e che perfino in Galilea è sorto un nuovo taumaturgo fra i più prodigiosi, il quale, pare, sia intenzionato a combatterci a spada tratta con tutta l’energia, volendo mandarci in rovina ad ogni costo! Ma costui è necessario che ce lo leviamo ad ogni costo dai piedi, come pure quel certo battezzatore del Giordano, perché egli ci ha già arrecato dei danni incalcolabili! In poche parole, bisogna fare piazza pulita di tutti questi illuminati, altrimenti il nostro antico sistema di imbrogliare il popolo verrà esposto nella maniera più cruda alla chiarissima luce del giorno, ed allora sarà anche tramontata per sempre la vita comoda e piacevole che facciamo adesso! Che ne pensi tu?”

13. Al che A diede questa risposta: “Sono in tutto e per tutto d’accordo conte; ma bisognerebbe che i rettori del Tempio, fattisi terribilmente avari, si rassegnassero a sacrificare una parte dei loro tesori cui ormai non si può più calcolare il valore! Sennonché essi vanno ragionando così: ‘Noi, ad ogni buon conto, il nostro lo abbiamo; vada pure come vuole andare, dal momento che con i nostri tesori ce la caveremo bene dappertutto! Finché la vacca dà latte, noi la mungeremo: quando di latte non ce ne darà più, sarà meglio che ce la ammazziamo noi, e la sua carne infine ci fornirà ancora un eccellente arrosto!’. Essi hanno già lasciato troppo che le cose progrediscano per la via fatale, ed ormai sarà arduo compito quello di confondere le idee alla gente in modo tale che creda soltanto a noi.

14. Ah, se noi avessimo i romani dalla nostra parte, il problema sarebbe presto e facilmente risolto; ma come stiamo adesso, abbiamo solo Erode dalla nostra parte per una sua strategia politica. Con Pilato non vi è possibilità di intendersi perché è dominato dalla massima superbia romana, e non permette che nessun ebreo, per quanto sia alta anche la sua posizione, si presenti a lui, a meno che non si tratti di qualche serissima questione legale in cui c’entri il diritto di Roma; ed anche in questo caso ad un ebreo di fronte ad un romano tocca sempre la peggio!”.

15. Ecco, in questa maniera andavano discorrendo quei due figuri, dietro ai quali io camminai per qualche tempo. Da quella volta in cui, per combinazione, mi fu dato di sorprendere questa edificante conversazione, saranno forse passate tre settimane. Ora questo succedeva nelle vicinanze di Betlemme dove allora avevo qualche questione da sbrigare, ed un colloquio di questa specie non fece che rafforzare in me il mio ateismo, poiché dallo stesso potei rilevare che perfino coloro nei quali io ritenevo dovesse esserci ancora la massima fede in un Dio, non nutrivano in loro nemmeno il più pallido barlume di una fede in un supremo Essere divino. Per conseguenza non potei vederci che la conferma assoluta dell’opinione già da lungo tempo formatasi in me, e cioè che tutte le dottrine divine sono una smaccata menzogna ed un evidentissimo e perfidissimo inganno».

 

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Cap. 103

Roclus si irrita per la cecità spirituale di Stahar.

 

1. (Dice Roclus:) «Soltanto qui io imparai a conoscere nuovamente un vero Dio in un Uomo perfetto, il più buono e saggio. Egli solo è Dio e non ce n’è nessun altro all’infuori di Lui, perché solo in Lui io trovo riunite tutte quelle qualità che, secondo la critica della ragione pura, devono essere proprie ad un Dio, altrimenti Egli non potrebbe essere tale. Questa cosa io la riconoscevo e la riconosco tuttora in maniera perfetta e vivissima in me: ripeto, io che sono un pagano e che sono stato fino a poco fa un ateo; e questo vecchio e rigido servitore ebreo di Dio non è capace di riconoscere questo! Ma perché non lo riconosce? Per la ragione che egli veramente non ha mai cercato la verità, né ancor meno il vero Dio!

2. Io ho viaggiato quasi per metà di questa Terra allo scopo di trovare la verità e possibilmente un vero Dio, sennonché tutti i gravi sacrifici da me fatti risultarono vani! Allora io rinunciai ad ogni ulteriore ricerca e mi dedicai completamente alla sapienza del mondo, e con il mio spirito animato da eroici propositi trovai ben presto una soddisfazione e quel tanto di luce interiore, sempre apprezzabilissima, negli scritti di Socrate, Platone e Aristotele che mi permisero di cominciare ad accorgermi come un uomo possa, soltanto grazie all’amore e alla sapienza interiori, crearsi una vita trascendentale non così facilmente distruttibile come la vita della carne assolutamente putrida.

3. Qui dalla bocca del Signore di ogni vita io ho appreso ora la stessa dottrina, illuminata però dalla più intensa luce vitale! Fu dunque il Signore stesso a venire incontro a me, che per così lungo tempo ero andato cercando invano, e qui nella immediata vicinanza della mia vera patria Egli mi ha donato quello che per lunghi anni ho cercato invano in tutto il mondo con grande sacrificio e fatica.

4. Ma se io ho potuto trovare qui così velocemente l’eterna e più vivente verità e come tale ho potuto riconoscerla, perché il vecchio servitore israelita di Dio non riesce a pervenire a tutto questo? Ecco la ragione: perché egli, come ho potuto rilevare fin troppo chiaramente non soltanto dalla conversazione tra quei due farisei che procedevano assieme ma altresì in mille altre occasioni, non ha mai cercato la verità né per sé, né molto meno ancora per qualcun altro!

5. A causa di un egoismo e di una ambizione spinti al massimo grado, egli era anzi un nemico dichiarato di ogni verità e di ogni progresso culturale del popolo; ma egli pure venne qui, e si trovò immediatamente in un vero oceano di verità della specie più sublime e profonda. La sua carne certo non poteva ribellarsi, però il suo spirito, destatosi un po’ dall’antica letargia in seguito ai fumi del vino, si assunse il compito di dimostrare a tutti noi in maniera evidente che egli in se stesso è rimasto sempre ancora quel fariseo indurito che era prima!

6. Certo, egli rappresenta un albero vecchio cresciuto curvo, che è ancora più difficile raddrizzare di uno giovane, ma ciononostante non è ingiustificata la supposizione che anche un processo graduale e prudentissimo di raddrizzamento possa non essere del tutto vano! Con questo però, o Floran, caro amico mio, non intendo affatto negare in via assoluta che alla fine possa farsi diritto pure questo antico tronco cresciuto curvo! Tuttavia converrà che egli si astenga dall’uso del vino, altrimenti non ci sarà granché da ripromettersi per quanto riguarda il raddrizzamento del suo tronco ebreo ortodosso!».

 

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Cap. 104

La confessione di Stahar e le sue esperienze di vita.

 

1. Si alzò allora Stahar il quale disse a Roclus in tono un po’ risentito: «Per quanto riguarda in generale la situazione presente del fariseismo, il tuo giudizio non è proprio errato; tuttavia per quanto mi riguarda, ti sei sbagliato e di molto! Infatti, in segreto anch’io al pari di te sono andato sicuramente in cerca della verità della vita, ed io pure l’ho trovata in misura sovrabbondante soltanto qui! In nessuno essa ha suscitato una sensazione benefica quanto in me, e forse nessuno, quanto me stesso, ha tanto gioito nel segreto del proprio cuore per averla trovata! Per me essa era ed è una gemma di pregio inestimabile che io d’ora innanzi non sarei disposto a scambiare nemmeno per tutto il mondo!

2. Io provai e provo tuttora un’immensa beatitudine in questa luce vitale; sennonché il mio animo si annuvolò un po’ quando vidi il Signore fare onore con tanta umana letizia al vino. E perché ciò? Il perché voi l’avete già appreso; Floran con l’alito vitale della sua bocca ha allontanato del tutto dal mio cielo la fosca nuvola, ed ha compiuto a mio vantaggio un’opera molto buona per la quale non gli verrà certo a mancare l’adeguato premio. Tu però, o amico Roclus, mi hai giudicato senza alcun riguardo, e veramente anche in modo piuttosto falso!

3. Ma affinché tu ti convinca che io ora non appartengo, come prima appartenevo, proprio completamente a quella specie di farisei rappresentata dai due a cui hai appena accennato, ti dirò che, in primo luogo, ti perdono di tutto cuore l’opinione assolutamente falsa da te espressa sul mio conto, e, in secondo luogo, che ti faccio in via amichevole la proposta di venire io pure assieme a Floran a far parte del vostro istituto!

4. In questa occasione poi non devo neppure tenerti nascosto che spesso io, in sede di consiglio a Gerusalemme, ho patrocinato, sia pure indirettamente, la causa del vostro istituto, e per questo dovresti essermi molto grato! Infatti, secondo l’antico proverbio che afferma che molti cani sono la morte della lepre, il vostro istituto sarebbe anch’esso andato in rovina qualora si avesse voluto ricorrere proprio a tutti i mezzi: sennonché con le mie argomentazioni, certo molto solide, sono finalmente riuscito a far tollerare presso di noi il vostro istituto! Infatti, io feci comprendere alla gente del Tempio che l’azione dell’istituto stesso era, semmai, adatta a promuovere e non ad ostacolare la causa del Tempio, per il fatto che con ciò molti, che già da tempo avevano perduto ogni fede nel Tempio, appunto in seguito ai prodigi del vostro istituto si sarebbero trovati spinti a rivolgere nuovamente la loro attenzione alle mura antiche del Tempio, di cui essi, o dalla Scrittura e dalla tradizione orale, sanno molto bene ancora quante cose straordinarie si sono verificate, tanto dentro quanto fuori di esso.

5. E fui pure io a sconsigliare al Tempio di scendere in campo contro i miracoli del vostro istituto, perché, così facendo, il Tempio avrebbe reso sospetti i suoi propri miracoli! Orbene, il mio consiglio venne finora sempre molto rispettato da parte del Tempio, e tu non puoi sostenere che il Tempio abbia mai intrapreso proprio qualcosa di serio contro di voi! Ma se io mi sono comportato in tal modo verso di voi, pur essendo ancora un indurito fariseo, come membro del vostro istituto non mi comporterò certo da nemico a vostro riguardo, e ciò tanto meno visto che noi tutti abbiamo trovato qui la Verità massima della vita, e tutti pure l’uno e stesso Signore e Maestro dall’eternità! Se gradisci la mia proposta, dimmelo, e nel Nome del Signore io sono dei vostri con tutti i miei tesori che non sono proprio tanto insignificanti»

6. Allora Roclus, profondamente commosso, porse la mano a Stahar e gli disse: «Sii mille volte benvenuto, o fratello Stahar! Tu governerai l’istituto al mio fianco!»

7. Osserva Stahar: «Eh, certo, per quanto lo concederanno le mie forze, io farò tutto il possibile; sennonché, come tu stesso potrai benissimo persuaderti, le mie forze non giungono troppo lontano, perché con una settantina d’anni sulle spalle non c’è più il caso di provarsi a rovesciare delle case! Certo, io sono ancora arzillo, ed ancora sento di avere una certa vigoria giovanile, particolarmente quando il tempo è sereno. Tuttavia l’energia giovanile in un vecchio si può paragonare, quanto a durata, all’incirca ad una bella e tiepida giornata sul finire dell’autunno; per qualche ora essa non lascia proprio niente a desiderare, ma subito dopo si leva un vento rigido, ed allora la bellezza della giornata è finita!

8. La stessa cosa si può dire di me. Oggi mi sento vigoroso come un giovane leone, ma domani non è escluso che mi trovi fiacco ed estenuato come se i vampiri mi avessero succhiato fino all’ultima goccia di sangue! Per conseguenza sarebbe imprudente che tu contassi in modo particolare sul mio aiuto.

9. Ad ogni modo la mia molta esperienza e tutti i miei beni terreni saranno a tua disposizione! Tu certo sarai in grado di metterli a profitto per lungo tempo, considerato che tu sei appena sulla cinquantina, età questa che si può dire davvero giovanile al paragone della mia. Per quanto alle esperienze, in verità, non sono proprio queste che mi mancano, e forse nelle mie numerose ed importanti esperienze ti lascerò in eredità un tesoro molto più pregevole per la vita che non tutto il mio molto oro, le pietre preziose e le perle!

10. Anch’io fui da principio uno zelante ricercatore della verità; anch’io ho viaggiato per molti paesi, ho visitato molte città ed ho cercato la verità e gli uomini, e devo apertamente confessare che il mio cercare non fu davvero proprio sempre coronato da insuccessi. Spesso ho percepito in me dei momenti lucidi; ma come a questo mondo è sempre accaduto agli uomini, così è accaduto pure a me. Oggi si è assolutamente sereni, domani invece si insinuano sciocche preoccupazioni mondane di ogni specie, oscurando totalmente l’animo dell’uomo, e allora non servono a nulla i tentativi di raccogliersi nello spirito.

11. Il mondo si scaglia poi all’assalto del nostro animo senza alcun riguardo, e non di rado vi distrugge ogni traccia di luce vitale, interiore e superiore. E se ci si osserva dopo che si siano calmate tali tempeste mondane di ogni specie, si può constatare che l’aspetto del cuore è esattamente quello del gran deserto del Sahara nell’Africa; ogni vita superiore vi giace morta, ed anche se più tardi questa comincia a scuotersi e tenta di risollevarsi, la cosa ha tutto l’aspetto come se si volesse ridurre una steppa deserta ed arida a campi, giardini e prati!

12. È vero che a questo mondo trasformare una distesa di sabbia in un terreno fertile non va annoverato proprio fra le cose impossibili; tuttavia la pazienza e il lavoro che ci vogliono sono enormi! Si dovrebbe anzitutto scavare dei buoni pozzi, poi, da distanze forse immense, bisognerebbe trasportare sul posto della buona terra, così da poterne ricoprire di uno strato sufficiente tutta la distesa sabbiosa; poi sarebbe ancora necessario sistemare in tutte le direzioni dei canali, da alimentare con l’acqua tratta dai pozzi, per irrigare accuratamente la buona terra depositata sulla sabbia. Così non c’è dubbio che si riuscirebbe a trasformare ben presto il deserto di prima in un autentico Eden! Ma chi è colui che avrebbe il tempo e la voglia di dedicarsi ad un simile lavoro, per non parlare dei mezzi necessari?

13. Ora vedi, o amico mio, non diversamente stanno le cose rispetto ad un uomo che, per effetto delle svariatissime tempeste del mondo, sia diventato un vero deserto della vita! Non gli manca certo proprio del tutto la possibilità di trasformarsi in una perfetta creatura della luce, ma dove trova l’uomo la forza, la pazienza e i mezzi che occorrono per arrivare a tanto, particolarmente se si trova quasi del tutto isolato? Sì, qui e nelle presenti circostanze di carattere assolutamente straordinario quali non si sono mai ancora verificate, sarà certo facile trasformare in un fiorentissimo Eden tanto fisicamente che spiritualmente anche la steppa sabbiosa più deserta; ma all’opera qui c’è l’Onnipotenza del Signore, la quale può trasformare l’acqua in vino eccellente e le pietre nel pane più saporito!

14. Per ben cinquant’anni io ho lavorato diligentemente su me stesso, e malgrado ciò non sono arrivato a capo di nulla; adesso invece non volevo più lavorare, né volevo più sentire nemmeno parlare di una qualche attività; ed ecco che appunto adesso il Signore, nel mio stato di inattività, mi ha elargito più di quanto io fossi mai andato in cerca! Con ciò anche la mia antica landa sabbiosa della vita si è trasformata nel più opulento giardino della vita; ma la mia azione sotto questo aspetto è stata nulla, perché è il Signore che ha fatto tutto di Sua Volontà! Ma come ora è stato il caso mio e dei miei quarantanove compagni, così è stato pure il caso di molti altri, né tu puoi dire di costituire l’eccezione!

15. Molte volte ho avuto l’occasione di convincermi che gli uomini trovano raramente proprio quello che essi stanno cercando con il massimo zelo, ed è ancora più raro il caso che essi lo trovino cercandolo per la via diritta. Se qualcuno perde qualcosa per strada e si volta indietro e cerca il perduto con il massimo impegno, è certo che egli troverà di tutto ma non quello che effettivamente ha perduto; invece un’altra persona del tutto estranea che più tardi percorrerà la stessa strada, troverà facilmente, ma assolutamente per caso, quello che prima fu perduto dal viandante, a lui certo perfettamente ignoto! Ma perché il perduto viene trovato da chi non l’ha sicuramente mai cercato, e perché invece non può trovarlo colui che veramente l’ha perduto e che l’ha cercato con ogni diligenza? Io non posso dire altro se non che i pagani hanno quasi ragione quando definiscono tali fenomeni come “scherzi del destino”!».

 

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Cap. 105

Le incomprensibili vie della Provvidenza.

I motivi di Stahar per i dubbi espressi riguardo al Signore.

 

1. (Dice Stahar:) «Ecco ancora qualche esempio: un giovane si cerca una sposa; egli batte a questa e a quella porta, ma non trova che rifiuti, l’uno dietro l’altro. Egli si stizzisce e finisce col dire: “No, davvero, ormai ne ho abbastanza! Io resto celibe, e curerò da solo la mia azienda nel miglior modo possibile!”. Ma non appena egli decide del tutto seriamente di rinunciare a cercarsi una sposa, ecco la cosa cambiare improvvisamente aspetto; le spose cominciano a fioccare a dozzine: dieci addirittura per ogni dito, se egli fosse in grado di mantenerle tutte! Ma come si spiega che, quando era andato in cerca di una sposa, aveva ricevuto soltanto rifiuti mentre dopo, quando decise di rinunciare a cercare, addirittura dieci spose per ogni dito?

2. Un terzo se ne va a pescare in un momento di necessità, perché gli occorrono dei pesci da portare al mercato e, ben armato di tutti i trucchi e gli accorgimenti del mestiere che si esigono per la pesca, si affatica tutta la notte, e malgrado ciò le sue reti rimangono vuote. Venuto il mattino, egli, stanco, annoiato e arrabbiato, decide di rinunciare alla pesca, ma tuttavia getta per scherzo ancora una volta la rete, assolutamente convinto che non riuscirà a prendere nulla. Ma ecco che di lì a poco la rete minaccia di lacerarsi per la quantità enorme di pesce bellissimo e pregiatissimo che vi è incappata! Ora si domanda: “Perché adesso inaspettatamente tanto ben di Dio, e prima, durante un’intera notte, assolutamente nulla?”.

3. Similmente avvenne pure che l’umanità per decine di secoli dovette languire sotto il giogo della tenebra più fosca e della multiforme superstizione. Migliaia di migliaia andarono in cerca della luce vera della vita; ma che cosa trovarono? Precisamente quello che abbiamo trovato noi due, cioè niente! E che cosa allora restava da fare a me, a te e così pure a molte migliaia d’altri? Nient’altro, secondo le norme di una politica, che accontentarsi di quello che si aveva e di ciò che avevamo acquisito mediante le molteplici esperienze! Ora invece, sul declinare della nostra vita terrena, noi non andavamo più in cerca di niente, ed ecco che, come per effetto di una bacchetta magica, la porta dell’antica luce divina si è aperta per noi, e tutto il nostro essere aspira a torrenti di questa luce! Ma perché adesso sì e prima no? Vedi, così vanno le cose a questo mondo, ed è evidentemente il Signore a volere che sia così! Ma perché le cose stanno precisamente così e non altrimenti, questo altrettanto evidentemente lo saprà soltanto il Signore!

4. Vedi, laggiù alla mensa del Signore siedono i Suoi discepoli principali. Chi sono essi? Ebbene, io li conosco tutti! Essi sono dei semplici pescatori, tra i quali soltanto alcuni sanno leggere e scrivere; del resto tutta gente onesta e zelante! Certo, nessuno di loro è mai andato, come noi due, in cerca di una luce di verità più alta e più profonda; ebbene, essi hanno ottenuto la luce prima di tutti noi che pure abbiamo dedicato la vita intera a cercarla! Puoi credermi: i nostri nomi svaniranno come svanisce la luce di una stella cadente o quella del lampo, ma la loro luce e i loro nomi risplenderanno invece fino alla fine di tutti i tempi e dell’eternità! Chi dunque ha concluso l’affare migliore: uno che ha vissuto sulla Terra semplicemente come un galantuomo, oppure un altro che ha consacrato tutta la propria vita all’indagine e alla ricerca delle profonde verità interiori della vita?

5. I sistemi di governo del Signore sono e restano perpetuamente un enigma indecifrabile per l’uomo mortale; ma che cosa può fare allora l’uomo impotente se non prendere la cosa con tutta pazienza, così come viene, dato che da parte nostra nessuna decisione può venire presa, né nulla può essere cambiato! Infatti che c’entriamo noi ora, ma anche prima, se siamo pervenuti nella maniera più casuale possibile ad una luce della vita più straordinaria per intensità e immensità di estensione? Per tanto tempo siamo andati cercando, con tutti i lanternini, di farci un minimo concetto di un vero Dio almeno fino al punto di poter formarci la convinzione che un qualche Dio, reggitore di tutte le cose e guida di ogni essere, debba esistere, ma tutto è stato inutile!

6. Quello che andavamo cercando, andava sempre più profondamente ritirandosi nel nulla, e noi, secondo piena verità, ci trovammo ben presto senza neanche un Dio su questa ampia Terra. Tu divenisti un esseno, e come tale un mago in OPTIMA FORMA (forma eccellente); io invece rimasi esteriormente un fariseo indurito e, come tale, produssi dinanzi al popolo cieco veri e propri miracoli di apparente devozione[14]! E così noi due per qualche tempo vivemmo del tutto pacificamente.

7. Tanto tu che io siamo venuti molte volte fin qui dal vecchio Marco, il pescatore, per puro divertimento, ma abbiamo mai avuto, sia pure alla lontana, il benché minimo presentimento che appunto qui sarebbe un giorno sorta per noi due la più fulgida aurora della vita? Appunto qui noi dovevamo imparare a conoscere l’unico vero Dio, del Quale, nonostante tutto il nostro cercare, non potemmo farci prima nemmeno un minimo concetto, e ciò non soltanto in seguito a deduzione logica ed a convinzione intellettuale, ma - INCREDIBILE DICTU (incredibile a dirsi) - in via diretta, personalmente, ed in maniera che assolutamente non permette il benché minimo dubbio! Ecco, in questo modo sono destinati a svolgersi gli avvenimenti da parte di Dio: proprio quando non si cerca più niente del tutto, allora si trova spesso mille volte di più di quanto prima si aveva cercato invano!

8. Tu sicuramente non risparmiasti le critiche a mio riguardo quando feci quelle osservazioni che mettevano in certo modo in dubbio l’indubitabilissima Divinità del Signore. Dentro di me la tua serietà mi piacque, e se i miei pretesi dubbi avessero avuto seria radice in me, credimi, io ti avrei ben ribattuto qualcosa! Invece, in segreto io mi rallegravo molto di te, perché il mio pensiero era questo: “Se tu sapessi perché veramente ho sollevato un dubbio, tu in cuor tuo dovresti giubilare!”. Soltanto io mi meravigliai che in quella occasione a te fosse sfuggita l’imperturbabilità serena del Signore, e che tu avessi compreso troppo poco nella loro vera profondità le parole che Raffaele ti rivolse e perciò insisto adesso nel dirti che le numerose esperienze da me fatte hanno un gran valore! O amico, chi ha visto le spiagge di Albione (Inghilterra), costui certo ha appreso già molte cose!

9. Prova a scegliere venti amici fidatissimi e tutti sincerissimi, e puoi star certo che tra di loro vi è certamente un traditore in agguato il quale alla prima occasione propizia può giocarti una birbonata! Io qui sono a capo di quarantanove di loro! Potresti asserire con certezza che tra di loro non ve ne sia uno ad avere due lingue? Ma “SAPIENTI PAUCA!” (al sapiente basta poco!), spero che tu mi comprenda! Infatti, non occorre ancora parlarne a voce troppo alta; e per questa ragione mi sono alzato da tavola, per poter scambiare con te un po’ più in libertà qualche parola ad una certa distanza dalla mensa stessa. Per quello che concerne Floran, puoi certo avere completa fiducia; ma ne restano sempre quarantotto, rispetto ai quali è quanto mai necessario accertarsi pienamente come la pensino dentro di loro prima che ci si possa accingere a lavorare in loro compagnia su un campo del tutto nuovo!

10. Tu eri completamente ateo, ed io lo ero non meno di te! Ma alcuni fra i quarantanove erano sempre troppo sciocchi per esserlo, e credevano a tutte le frottole e agli imbrogli del Tempio che pure si potevano toccare quasi con mano. È chiaro dunque che quei tali non possono essere altro che dei fanatici superstiziosi, ciechi e stolti! E puoi credermi se ti dico che della gente simile, di fronte a noi veri uomini, è sempre molto più pericolosa di un branco intero di leoni! Per conseguenza, qui dove siamo, una sottile prudenza è certo al posto giusto. In conclusione, come vedi, la mia apparente opposizione al Signore ha avuto un buon effetto! La maggior parte diede torto a me, e si schierò invece dalla parte del saggio Floran; solamente un paio all’incirca dovrebbero essere disposti a stare dalla mia parte che non dalla parte di Floran; ma anche questi ritengono che io forse sia andato un po’ troppo oltre! E adesso, o Roclus, amico mio, giudica tu stesso conformemente ad equità in primo luogo se ho fatto bene ad agire così, ed in secondo luogo se mi stimi altrettanto degno della tua amicizia quanto Floran!».

 

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Cap. 106

La visione limitata degli angeli nel contemplare il pensiero del Signore.

 

1. Dice Roclus: «O Stahar, mio stimatissimo amico, per questo non ci sarebbe stato bisogno di tante parole, perché a tuo riguardo, comunque, ho saputo subito che cosa pensare, ed io credo e spero fermamente che noi due, associati nel servire l’una e medesima causa, possiamo riprometterci i più benedetti successi. Il Signore non ci abbandonerà col Suo aiuto, e così andiamo incontro a un futuro sicuramente bellissimo, che anche se non sarà mai realizzato completamente qui sulla Terra, lo sarà tuttavia nell’aldilà nel modo più splendido. Ma adesso ritorniamo ai nostri posti; il vento, alquanto spiacevole, va calmandosi, e il firmamento, fattosi perfettamente puro, ci delizia con il luccichio delle sue innumerevoli stelle. Se però non mi sbaglio, pare che il Signore si accinga a fare nuovamente qualcosa, o ad insegnare qualcosa di nuovo! Se è così, occorre tenere occhi ed orecchi bene aperti!»

2. Anche Stahar se ne è accorto, e dice: «Sì, sì, hai veramente ragione, succederà di certo qualcosa e, come vedo, neppure coloro che Gli sono proprio vicini sembrano sapere che succederà! Si vede bene che Cirenio sta segretamente chiedendoGli informazioni, ma pare che questa volta il Signore indugi nel dare una risposta! Eh, certo, caro il mio Cirenio: un Dio rappresenta sempre un po’ di più di una cesarea maestà di Roma!»

3. Dice Roclus: «A quanto mi pare, i romani ti stanno ancora un pochino sullo stomaco! Ma ciò non fa nulla. Ogni tanto essi hanno senza dubbio assunto una posa esagerata di dominatori del mondo; ma adesso torniamo a sederci!».

4. Allora tutti e due se ne vanno alle rispettive mense, e avendo Stahar rioccupato il suo posto, viene subito interrogato da molti dei suoi compagni per conoscere cosa mai abbia discusso con il greco; Stahar però li rimprovera per tale loro curiosità da donnicciola, e per il momento non rivela nulla.

5. Frattanto Raffaele si avvicina un po’ a Roclus e gli dice: «Ebbene, ti senti sollevato ora?»

6. Dice Roclus: «Certamente, perché ormai per mia esperienza so cosa pensare del vecchio Stahar, poi mi rallegro particolarmente di aver trovato pienamente confermata la mia opinione nei suoi riguardi, secondo cui quasi nessun sacerdote, di qualsiasi fede possa essere, crede per conto suo quello che con il ferro e con il fuoco vuole fare credere al prossimo! Infatti, anche Stahar era come me completamente ateo e solo qui, come me, è diventato un vero credente. Ma adesso non perdiamo tempo a discutere di ciò! Amico mio dai Cieli, non pare anche a te che il Signore voglia intraprendere qualcosa? Egli farà qualcosa, o Lo udremo di nuovo parlare?»

7. Dice Raffaele: «Certamente, perché il Signore non riposa mai, ed ha sempre infiniti progetti in mente, perché dunque proprio adesso Egli dovrebbe essere meno attivo del solito?»

8. Dice Roclus: «O mio celestiale amico, so altrettanto bene quanto te che le cose stanno così; ma qui si tratta di sapere piuttosto se Egli ha ora delle intenzioni proprio particolari!»

9. Risponde Raffaele: «Ebbene, vedrai certamente anche tu quello che succederà. A noi stessi il Signore non sempre rivela tutto quello che ha intenzione di fare, quantunque noi siamo l’espressione personificata della Sua suprema Volontà. Noi, come emanazione della originale divina Vita, Volontà ed Esistenza, siamo i più vicini a Lui, e in fondo non siamo altro che l’espressione della Volontà divina e della Forza divina, però non nella Sua Entità personale, ma come esseri esistenti e operanti al di fuori di essa. Noi, attorno a Dio, siamo all’incirca quello che è la luce emanante dal Sole rispetto al Sole stesso, la quale pure anima, forma, produce, matura e perfeziona tutto, in qualsiasi luogo dove essa giunge.

10. Se tu tieni uno specchio contro il Sole, in questo stesso specchio scorgi esattamente l’immagine del Sole, e i raggi riflessi dall’immagine del Sole ti riscalderanno altrettanto bene quanto i raggi provenienti direttamente dal Sole stesso; e se tu raccogli questi raggi con uno specchio alessandrino, che viene anche chiamato specchio concavo, i raggi riflessi produrranno addirittura una luce ed un colore molto più intensi di quelli generati dalla luce emanante direttamente dal Sole! Ora, noi arcangeli abbiamo spiritualmente la stessa funzione; però ciascun uomo nello stato di perfezione avrà la stessa facoltà, anzi in un grado ancora molto superiore.

11. Ma siccome, nonostante tutto ciò, non esiste specchio, comune o alessandrino che sia, capace di accogliere, con l’immagine del Sole, anche tutto quello che nell’interno del Sole esiste e succede, così nemmeno io posso percepire in me tutto quello che il Signore pensa e delibera in Se stesso. Al momento opportuno la Sua Volontà comincerà bene ad irradiare fuori da Lui, ed io con i miei simili accoglieremo istantaneamente tale Volontà in noi, e la convoglieremo in tutto l’infinito; e questo è il motivo per cui anche noi portiamo il nome di “primi messaggeri”, dato che siamo i portatori e gli esecutori della Volontà divina. Ora vedi, o mio stimatissimo amico Roclus: appunto in questo momento il Signore delibera una qualche cosa in Sé, ed io però non so di che cosa si tratti per la ragione che il Signore trattiene ancora in Sé la Sua intenzione, e non la lascia trapelare fuori da Sé!

12. Oh, nel Signore si celano ancora infinite cose che noi non conosciamo affatto, né arriveremo mai a conoscere con il nostro impulso alla ricerca! Ma quando Egli lo vorrà, allora noi lo sapremo, e ci renderemo completamente e conformemente attivi. Del resto, vedi di fare attenzione tu stesso! Certamente avverrà qualcosa di importante; ma di che cosa si tratterà veramente, questo lo vedremo senz’altro tra breve!».

13. Roclus comprese le parole di Raffaele e rimase ammirato per le conoscenze di costui in fatto di specchi alessandrini, che lui stesso aveva avuto occasione di vedere e di provare durante i suoi viaggi in Egitto, ed anzi ne aveva acquistato un esemplare per il suo istituto.

 

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Cap. 107

Una predizione del Signore: l’emigrazione dei popoli.

 

1. Verso la mezzanotte, e sotto la volta celeste disseminata di brillantissime stelle, si era fatto un profondissimo silenzio. Tutti gli occhi e gli orecchi erano ansiosamente rivolti verso di Me, perché tutti si aspettavano qualche nuovo insegnamento o qualche nuova opera da Me. Sennonché Io li lasciai ancora per qualche tempo in un tale stato di tensione quanto mai benefico per le loro anime.

2. Trascorsa così una buona mezz’ora, Io Mi alzai d’improvviso e dissi ad alta voce: «O Miei figli, amici e fratelli! Vedo che tutti voi siete nell’ansiosissima attesa che Io dica o faccia ancora qualcosa. Io però vi dico che in verità, e qui fra voi, questa volta non avrei proprio nient’altro da dire o da operare, perché nel giro di sette giorni della Mia permanenza con voi ho esaurito quasi tutto ciò che per il momento vi occorre per il successivo accoglimento completo del Mio Regno nei vostri cuori. Sennonché la vostra grande ansietà Mi costringe sempre a dire e a fare qualcosa, quantunque anche le Mie membra di carne siano un po’ stanche. Ma che cosa non fa l’Amore per l’amore? Perciò il vostro orecchio sia molto teso, e il vostro occhio bene aperto!

3. Domani ci lasceremo per un tempo piuttosto lungo, ed a mala pena entro un anno Io rivisiterò questa regione e la calpesterò di nuovo con i Miei piedi, ma poiché Io qui ho riportato una vittoria così grande ed ho perciò eretto un monumento duraturo in queste terme e in questo nuovo porto - monumento che non potrà venire completamente distrutto con tanta facilità se non quando la fede in Me scomparirà, e con la fede anche l’amore - allora Io voglio fare ancora qualcosa. Però è certo che, quando l’amore e la fede non regneranno più tra gli uomini, delle orde di barbari invaderanno queste contrade e distruggeranno tutti i monumenti di questo grande tempo, che da Mosè fino a Me si è sparso[15] su questi paesi.

4. Una cosa simile si potrebbe impedire facilissimamente, e tuttavia non verrà impedita. Queste terme ed il porto sussisteranno ancora, e non verranno distrutti quando Gerusalemme cadrà. In ogni caso però non raggiungeranno i cinquecento anni, perché Io vi dico che il principio della fine sarà segnato in Gerusalemme. Sennonché l’umanità non si convertirà affatto dopo l’ammonizione che verrà data a Gerusalemme, ma invece si sommergerà in ogni tipo di perfidie, di mondanità, di maligna astuzia, di orgoglio, di menzogna, di egoismo, di ambizione sfrenata, di fornicazione ed adulterio. In quel tempo nel lontano Oriente verrà suscitato un popolo il quale si scaglierà su questi paesi inondandoli come uno sciame di locuste egiziane e distruggerà tutto: gli uomini, il bestiame, tutte le città, le borgate, i villaggi e le singole abitazioni e poi quel popolo sottometterà dappertutto i popoli della Terra: in Asia, in Africa e in Europa, e ciò finché su tutti coloro che avranno ripudiato Dio non scenderà un maggiore giudizio esteso a tutti!

5. Ma tutti coloro che Mi resteranno fedeli nella fede e nell’amore, il giudizio li risparmierà, perché Io stesso cingerò la Mia spada a loro tutela, e scenderò in campo alla loro testa, e dinanzi alla Mia spada ciascun nemico dovrà cedere il passo! Ora questa spada porterà il nome di “Emmanuele” (Dio, il Signore, con noi), e la sua acutezza sarà la verità, e il suo grande peso l’amore che proviene da Dio, il Padre dei propri figli fedeli. Chi vuole combattere, combatta con l’acutezza della Verità proveniente da Dio e con il peso dell’Amore dal cuore del Padre dall’eternità! Con quest’arma in pugno egli trionferà su ogni nemico del Mio Nome, e quindi nemico della Vita e della Verità!».

 

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Cap. 108

L’epoca della tecnica.

 

1. (Il Signore:) «Ma infine verrà un tempo nel quale l’umanità perverrà ad una grande perspicacia e ad un’abilità spiccata in tutte le cose, ed allora si costruiranno ogni specie di macchine le quali compieranno ogni tipo di lavori come se fossero eseguiti da esseri umani pensanti e da animali, ma in conseguenza di ciò molte mani d’uomo non avranno più lavoro, e le viscere dei miseri disoccupati saranno dilaniate dalla fame. Allora la miseria dell’umanità raggiungerà un livello incredibile. In quei tempi, per duecento anni Io susciterò di nuovo degli uomini i quali annunceranno la Verità del Mio Nome. Beati coloro che si convertiranno, anche se il loro numero sarà estremamente esiguo!

2. Quando però il numero dei buoni e dei puri sarà ridotto come ai tempi di Noè, cioè al minimo, allora converrà che la Terra sia visitata da un nuovo giudizio generalizzato, il quale non risparmierà né gli uomini, né gli animali, né le piante. Allora all’umanità superba non serviranno a nulla le sue armi che vomitano il fuoco e la morte, e ad un nulla gioveranno le sue fortezze e le sue vie ferrate sulle quali essa si muoverà con la velocità di una freccia scoccata dall’arco, perché un nemico scenderà dall’alto dell’atmosfera, e condurrà alla rovina tutti coloro che avranno sempre fatto del male. Quello sarà un vero tempo di mercanti e di cambiavalute.

3. Ma quel poco che ho fatto di recente ai cambiavalute ed ai mercanti nel Tempio a Gerusalemme, Io allora lo farò in grande stile su tutta la Terra, e distruggerò tutte le botteghe dei mercanti ed i banchi dei cambiavalute mediante il nemico che dagli ampi spazi dell’atmosfera terrestre Io farò scendere come un fulmine con rombo tremendo. In verità, contro quel nemico si schiereranno invano tutti gli eserciti della Terra, ma ai Miei pochi amici il grande ed invincibile nemico non arrecherà alcun danno, e li risparmierà agli scopi della formazione di un vivaio del tutto nuovo dal quale sorgerà un’umanità nuova e migliore!

4. Questa cosa comprendetela bene! Non crediate però che sia Io a volere che tutto ciò avvenga e che tutto ciò sia una cosa già predestinata! No, un simile pensiero sia ben lontano da Me e da voi! E tuttavia accadrà così come al tempo di Noè: l’umanità comincerà a fare un uso sempre più malvagio delle sue molte conoscenze mondane e delle capacità acquisite, e si attirerà volontariamente ogni tipo di giudizi su di sé, ed infine anche su tutta la Terra, traendoli fuori dalle profondità della Mia Creazione. Ma devo Io stesso concludere con voi, o Miei onesti romani, e dire: “VOLENTI NON FIT INIURIA!” (Per chi è consenziente non è un’offesa! - cioè - Chi è causa del suo male, pianga se stesso!).

5. Certo, si procurino pure gli uomini tutto quanto loro conviene, e lo facciano pure in una misura equa e a scopi onesti, e si procurino pure le più svariate comodità per la vita terrena, né nulla si oppone a che essi risparmino i lavori gravosi alle loro mani, purché tutto ciò avvenga per dedicare tanto più tempo ad elaborare e a nobilitare i loro cuori e le loro anime, ed infine purché tutti siano senz’altro colmi in modo uguale di letizia nel Mio Nome e per tutto il tempo della loro vita; ma tra di loro non ci deve essere alcun sofferente o afflitto, a meno che non si tratti di qualche peccatore indurito che vada contro a qualsiasi buon Ordine esistente nel Mio Nome!

6. Ma quando, parallelamente all’abilità degli uomini, che in via naturale è sempre crescente, si accrescerà pure il loro egoismo, l’avidità dei beni terreni e del dominio, e con ciò anche l’ottenebramento dei loro animi, allora sicuramente le pessime conseguenze non potranno arrestarsi a mezza via! Infatti, se voi con i vostri piedi muovete rapidamente un passo dopo l’altro, le conseguenze del rapido procedere non possono mancare. Ma chi indugia invece nel muovere il passo, deve rassegnarsi se perfino una lumaca riuscirà ad oltrepassarlo. Il cadere giù da una grande altezza causa evidentemente la morte del corpo; ma se qualcuno conosce questa cosa in base all’esperienza, e tuttavia vuole saltare giù da una considerevole altezza, come si può chiamare quest’atto?

7. Ecco: questo si chiama cieca temerarietà, e la mala conseguenza che ne deriva non corrisponde alla Mia Volontà, ma alla Legge immutabile del Mio eterno Ordine, la quale non può venire revocata né particolarmente in un determinato luogo, né meno ancora dappertutto, in qualche maniera! Oppure è forse vostra opinione che Io debba togliere al fuoco il suo ardore distruttore affinché un pazzo che vuol gettarvisi dentro non abbia a riportarne danno? O forse devo fare in modo che l’acqua non sia quello che essa è e che l’uomo non debba trovarvi la morte per soffocamento qualora vi cada dentro o per imprudenza, o perché qualcuno l’ha spinto o perché è un temerario?».

 

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Cap. 109

Dell’auto giudizio degli uomini.

 

1. (Il Signore:) «Considerate un po’ le montagne ricoperte di boschi e di altra vegetazione! Vedete, queste piante assorbono in corrispondente equa misura tutti gli spiriti naturali che alla loro natura si confanno (elettricità, fluido magnetico). Ma andate adesso, e spogliate tutte le montagne della loro vegetazione, e in brevissimo tempo vi accorgerete delle conseguenze quanto mai fatali del vostro operato! In seguito a ciò masse enormi di spiriti naturali liberi ed ancora estremamente rozzi cominceranno a radunarsi colmando sempre più l’atmosfera che circonda la Terra. Essi, non trovando più corrispondenti dimore e campi di attività adatti per loro, cominceranno ad afferrarsi in cumuli enormi tra di loro, e per effetto della loro irrequietezza e della loro fame e sete (impulso di assimilazione) provocheranno le più terribili tempeste che distruggeranno tutto, e devasteranno interi paesi in modo tale che passeranno cento, e spesso anche mille anni, prima che in quei luoghi possa a mala pena mostrarsi di nuovo qua e là qualche minima pianticella di muschio. Saranno come quei luoghi che ci sono tuttora su questa Terra, i quali per molte giornate di cammino non hanno più vegetazione di quanto ne possa avere una distesa di pietra calcare deserta e morta come è quella delle rive del Mar Morto nella Palestina meridionale, verso cui scorre il Giordano.

2. Ebbene, è forse Mia Volontà che succeda così? Oh, no affatto! Infatti, quando gli uomini vogliono liberamente, come anche devono operare liberamente per farsi veramente uomini pure nello spirito, allora - per quanto anche pazze siano le loro imprese - per Me non voglio assolutamente nulla, e Mi limito a concedere che gli uomini raggiungano, senza timore di venire disturbati, quello di cui con tanto zelo hanno desiderato di possedere, come se da ciò dipendesse tutta la felicità della loro vita. Che le conseguenze poi siano buone o cattive, questo deve essere per Me del tutto indifferente! Quello che uno si crea da se stesso, conviene pure che ce l’abbia! Anche se Io conosco in precedenza quali saranno queste conseguenze, tuttavia non posso né devo intervenire od essere di impedimento con la Mia Onnipotenza a tutto ciò, perché, se faccio così, allora l’uomo cessa di essere un uomo, e si riduce ad essere soltanto una semplice macchina animata, e non altro; e così per Me egli non può avere nessun valore in eterno! In tali condizioni egli è simile allora ad uno scrivano che da sé non sia capace di scrivere nemmeno una sillaba; ma ammesso che debba proprio scrivere, non resterà altro che colui che sa scrivere gli conduca la mano dal principio alla fine, e anche quando avrà ultimato il suo lavoro in questo modo, non ne comprenderà tuttavia niente. Ma supponendo pure che così sia riuscito a scrivere centomila lettere, egli sarà sempre altrettanto poco scrivano quanto potrà esserlo la penna con la quale avrà scritto. E similmente anche l’uomo di questa Terra non sarebbe uomo qualora non gli si lasciasse la perfetta libertà di volere e conseguentemente pure la perfetta libertà di agire secondo tale volontà.

3. La volontà può pure venire debitamente regolata mediante ogni specie di insegnamenti e di leggi; però nessun insegnamento e nessuna legge possono essere di impedimento alla libera volontà nel fare come piace ad essa. Se la volontà dell’uomo è disposta ad accogliere un insegnamento o una legge per servire da norma alle proprie azioni, essa vi si conformerà da se stessa senza alcuna costrizione interiore. Ma se così non vuole, allora non vi è potenza al mondo o nei Cieli che possa costringervela, né deve costringervela, perché, come ho detto: senza la libera volontà l’uomo non è più uomo, ma è unicamente una macchina animata per forza naturale, della specie di quella che gli uomini un giorno effettivamente inventeranno, e cioè macchina automatica che compirà lavori così ingegnosi che ora a mala pena esiste un uomo capace di compierli. Ma non per questo una simile macchina sarà un uomo, né nella forma né meno ancora nella realtà interiore liberamente agente, poiché essa non avrà una propria volontà libera, né potrà in eterno essere idonea ad una operatività autonoma. Quello che la volontà dell’uomo vi porrà dentro, quello verrà anche compiuto da essa, però mai qualche altra cosa.

4. L’uomo, invece, può di per sé volere tutto ciò che è mai possibile immaginare, e nessuno può impedirglielo! E così egli, anche rispetto alla Terra che lo porta e nutre il suo corpo, può fare ciò che vuole, ma d’altro canto bisogna che si lasci ammaestrare per lo più mediante l’esperienza, e le conseguenze del suo operare poi gli diranno se la sua volontà sarà stata buona oppure cattiva.

5. A tali scopi ciascun uomo è in possesso di una ragione e di un intelletto che sorge dalla prima; con gli insegnamenti, con leggi esteriori e con ogni genere di esperienza egli può venire avviato per il sentiero della saggezza, e poi da solo può scegliere il buono, il giusto e il vero, e prendere la decisione di conformare a questi la propria attività; però così non gli viene inflitta una costrizione da nessuna parte, dato che egli stesso sceglie, certo liberamente, quello che riconosce come buono, giusto e vero.

6. Che però vi siano degli uomini i quali per lo più per interessi mondani calpestano spesso tutto ciò che prima avevano riconosciuto come buono, giusto e vero, con l’impostare le loro opere in termini perfettamente contrari, questo noi lo possiamo ora constatare in centinaia di casi: giorno per giorno e nella maniera più evidente. E tutto ciò non fa che confermare sempre più come la libertà del volere umano non può venire messa in pericolo o limitata in nessun modo. E così non è affatto escluso che con il tempo gli uomini possano inventare grandi cose, e che possano pure influire sulla natura terrestre in modo tale che la Terra stessa ne risulti alla fine danneggiata sul serio. Le conseguenze allora non saranno certo gradevoli, ma queste non potranno apparire che come una punizione sicura della volontà umana usata male, e questa punizione scenderà sugli uomini non perché Io l’avrò voluta in qualche modo, ma perché a volerla sarà stata la volontà degli uomini stessi.

7. Se gli uomini vogliono un nuovo diluvio, essi non hanno che da spianare diligentemente le montagne, e scavarvi al di sotto, e così lasceranno libero il varco alle acque sotterranee! Se vogliono appiccare il fuoco a tutta la Terra, basta che comincino a distruggere con impegno i boschi, e gli spiriti naturali (elettricità) si moltiplicheranno in misura tale che la Terra si troverà d’improvviso come avvolta in un mare di fulmini e di fuoco! Ma allora sarò forse stato Io a voler visitare la Terra con il fuoco? Dunque, insegnate all’umanità ad essere saggia, altrimenti sarà essa stessa ad attirare i giudizi sul proprio capo! Io so che succederà così, però non posso e non devo intrometterMi per impedirlo con la Mia Onnipotenza, ma unicamente mediante gli insegnamenti. Comprendete voi queste cose?».

 

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Cap. 110

La futura tribolazione della Terra. La sicurezza dei figli di Dio.

 

1. Dice Cirenio: «Per comprenderle, le abbiamo certamente comprese, sennonché a tale comprensione si accompagna una ben magra consolazione per gli abitanti di questa Terra! A che cosa serve in condizioni simili anche la più eccellente dottrina, se gli uomini possono con il tempo non volerne più sapere, per poi contribuire alla rovina di tutta la Terra? Ah sì, se noi, Tuoi testimoni attuali, potessimo vivere almeno mille anni, ed i nostri ultimissimi discepoli potessero a loro volta vivere altrettanto, questo certo basterebbe per mantenere pura la dottrina. Ma se Tu stesso, in primo luogo, abbandonassi corporalmente questa Terra, fatto questo a cui hai già accennato con sufficiente chiarezza e se, in secondo luogo, anche i prodigi divenissero sempre più rari, allora davvero non so a chi si dovrebbe attribuire la colpa se alla fine la Terra venisse ridotta in completa rovina unicamente in seguito alla stoltezza degli uomini! A che cosa può giovare anche se l’umanità riuscirà a sostenersi con molti stenti ancora per un paio di millenni a cominciare dal tempo presente se poi, come è chiaro, dovrà essere precipitata nell’abisso della rovina?»

2. Dico Io: «Amico, anche se tu in quei tempi non vivrai una vita materiale e grezza come ora, né penserai né parlerai così grezzamente come fai ora, tu, quale spirito, continuerai a vivere nell’eternità con una consapevolezza di te stesso molto più chiara, più forte e potente in eterno. Tu sarai testimone con i tuoi occhi e con i tuoi orecchi di tutto quello che accadrà e che dovrà essere concesso da parte Mia affinché accada, ma allora riterrai certo che tutto sarà fatto per il meglio, ed oltre a ciò contribuirai tu stesso, sotto vari aspetti, alla punizione dell’umanità, e tu stesso assieme a milioni di altri spiriti Mi pregherai ripetutamente di dare alla Terra un’altra costituzione e un altro aspetto! Però Io allora vi esorterò sempre alla pazienza e all’amore.

3. E quando il pazzo tramestio sulla Terra andrà avvicinandosi al suo culmine, tu nel Mio Regno gioirai enormemente e dirai: “Oh, finalmente il Signore si è deciso una buona volta ad impugnare di nuovo anche sulla Terra materiale la Sua verga punitrice contro l’atrocissima ingiustizia dell’umanità!”. Pensa però che sulla Terra Io non ho mai fatto mancare uomini colmi del Mio Spirito, nemmeno fra i pagani più tenebrosi; e non sono mai passati cinquant’anni senza che a questo mondo non siano apparsi degli uomini nuovi, incaricati di mostrare la retta via all’umanità! Ora sono venuto Io stesso, in veste umana, su questa Terra consacrata ai più alti destini; e dopo di Me verranno continuamente inviati ai figli del mondo, e fino alla fine del mondo, dei messaggeri del genere di cui ho detto, i quali in continuazione convertiranno molti alla vera Luce.

4. Della Dottrina che ora vi ho annunciato non andrà perduta nemmeno una sillaba, e tuttavia per la totalità del mondo ciò non avrà affatto importanza, perché esso, finché esiste e deve esistere la materia, si troverà in un perpetuo stato di lotta contro l’elemento puramente spirituale. Ma ciò non deve essere motivo di turbamento per nessuno, perché sempre molti saranno i chiamati, ma fra questi sempre pochi saranno gli eletti!

5. Per coloro che si schiereranno con gli eletti, la Terra avrà sempre un posticino sicuro; ma coloro i quali saranno eccessivamente sordi e ciechi nel cuore verranno, di volta in volta, costantemente separati dagli altri, come la zizzania dal buon grano.

6. Nonostante ciò la Terra continuerà a esistere come è esistita dopo di Noè, e sarà la portatrice di Miei figli più illuminati; solo che dovrà avvenire che l’immondizia che si è accresciuta eccessivamente sarà allontanata da essa e verrà trasferita in qualche altro istituto di purificazione, del quale davvero nel Mio Regno immenso ed eterno non c’è mancanza, né ce ne sarà mai in eterno. Però gli esseri di questa specie non diverranno mai “figli Miei”, perché per giungere a tanto occorre che Mi si riconosca bene e che Mi si ami sopra ogni cosa!

7. Ora non è il medico prodigioso Gesù di Nazaret che vi parla, ma Colui che dimora in Me dall’eternità, quale Padre colmo d’Amore e di Misericordia, e quale unico vero Dio, il Quale dice così: “Io sono l’Alfa e l’Omega, l’eterno Principio e la Meta finale eterna ed infinita di tutta l’infinità; all’infuori di Me non esiste altro Dio!”».

 

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Cap. 111

La fine della materia terrestre.

 

1. (Il Signore:) «Perciò Io vi dico: “Chi Mi cercherà, Mi troverà, Mi riconoscerà e poi Mi amerà sopra ogni cosa ed amerà pure con tutta pazienza il suo prossimo già qui, o almeno nell’aldilà, con tutte le sue forze, costui sarà figlio Mio e figlia Mia! Ma chi invece non Mi cercherà, non Mi troverà, non Mi riconoscerà e per conseguenza neppure Mi amerà e sarà senza alcun amore anche verso i suoi simili, costui non perverrà mai nemmeno alla dignità di figlio Mio, dato che i Miei figli devono essere altrettanto perfetti quanto sono perfetto Io stesso, il loro vero Padre!

2. I figli del mondo però, i quali possono purificarsi più tardi, diverranno gli abitanti spirituali di quei mondi sui quali si saranno purificati, dove faranno parte di quelle comunità di spiriti che risulteranno corrispondenti alle loro peculiarità spirituali. Ma essi non potranno mai andare e venire nell’eterna Casa paterna, nel centro del supremo dei Cieli, al pari dei Miei figli che assieme a Me avranno sempre continuamente in eterno il governo di tutto l’Infinito.

3. Questa Terra però, dopo la grande purificazione già nominata che sarà l’ultima, sarà portatrice di uomini come avviene attualmente; sennonché questi uomini futuri saranno molto migliori degli attuali e saranno continuamente in possesso della Mia Parola vivente.

4. E un giorno, dopo un numero di anni per voi incalcolabile, questa Terra restituirà tutti i suoi prigionieri e verrà trasformata a sua volta in una Terra spirituale nel mare di luce del Sole. Infatti, l’infimissimo involucro materiale, nel quale dimoravano prima gli spiriti viventi e le anime, somiglia in qualche modo ad una pomice[16], la quale, pur non essendo più in se stessa un vero e proprio elemento vitale, rappresenta pur sempre una materia organica rozza e logora che cela in sé una specie bassissima di spiriti giudicati.

5. Ma che cosa deve succedere di questo substrato quando tutta la vita intelligente si è sottratta ai suoi ceppi? Dovrebbe esso forse, quale in un certo modo un ammasso di scoria bruciata, essere lasciato errare nello spazio infinito come cosa perfettamente morta e assolutamente inutilizzabile? Oppure dovrebbe o potrebbe esso, nonostante tutto, rappresentare qualcosa nelle sfere degli spiriti viventi e quanto mai perfezionati in maniera molteplice? Certo, qualche cosa dovrà rappresentare anch’esso, perché nello spazio infinito, che è pure Mio Regno e Mia eterna dimora, non può sussistere niente di completamente morto e privo di destinazione! Ma perché si possa parlare di destinazione, si deve parlare senza alcun dubbio di qualcosa di permanente, dato che mai ed in nessun luogo può esserci una destinazione che sia allo stesso tempo materiale ed eterna.

6. Ogni materia, quale entità racchiusa in sé e limitata nel tempo e nello spazio, non può evidentemente che avere una destinazione temporanea; quando però, in un certo periodo di tempo, essa ha corrisposto pienamente a questa destinazione, e quando così, tramite ad essa, è stato raggiunto un qualche scopo superiore della vita e quando inoltre questa materia, quale un vaso originariamente sano e perfettamente adatto al raggiungimento di un determinato scopo, ha cominciato a rilassarsi, a tarlarsi e a presentare delle forature qua e là, rendendosi così assolutamente inadatta all’ulteriore perseguimento di uno scopo simile, a quale altro scopo si deve impiegare questa pomice?

7. Considerate il secchio di un pozzo! Che cosa si farà di questo secchio che ha servito per lunghissimi anni ad attingere l’acqua? Tarlato e bucato com’è in ogni sua parte, può forse venire adoperato ancora per il suo scopo originario? No, certamente; ed è per questo che esso verrà tolto via e bruciato, e così verrà dissolto completamente in fumo, aria ed un po’ di cenere, che però con il tempo dall’umidità dell’aria verrà a sua volta dissolta in un gas semplice; solo in questo stato dissolto potrà nuovamente servire da buon supporto alla reale esistenza spirituale. Se anche poi non potrà risultarne quel secchio di prima, se ne potrà tuttavia fare nuovamente un involucro estremamente delicato e sottile atto a divenire portatore dell’Acqua Vivente che proviene da Me”».

 

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Cap. 112

La trasformazione dei mondi materiali in mondi spirituali che un giorno si verificherà.

Figli di Dio e creature di Dio.

 

1. (Il Signore:) «Quello che succede, o che almeno verosimilmente può succedere del vecchio secchio inservibile per la ragionevolezza degli uomini, succederà un giorno con la Terra, come pure con tutti gli altri corpi mondiali, non esclusi i soli-centrali-primordiali, che saranno tutti trasformati in corpi mondiali perfettamente spirituali e destinati a portare gli spiriti beati e ad offrire a loro una dimora.

2. Però tali corpi mondiali saranno allora abitati non solo esteriormente, ma più ancora interiormente in tutti i loro templi interiori della vita, simili, per corrispondenza, alle loro forme organico-materiali di prima.

3. Soltanto allora gli uomini, quali spiriti perfetti, potranno imparare a conoscere completamente la struttura e le particolarità interiori dei mondi che li avranno portati materialmente, e in grande letizia potranno ammirare la disposizione organica interiore stupendamente complicata dei mondi stessi estremamente ingegnosa e complicata, dall’organo più piccolo fino al più grande.

4. I piccoli pianeti non dotati di luce propria, come questa Terra, la sua Luna, la cosiddetta Venere, Mercurio, Marte, Giove e Saturno, e vari altri pianeti simili appartenenti a questo Sole, assieme alle molte comete destinate a diventare esse pure un giorno dei pianeti atti ad offrire dimora agli uomini – in parte mediante la loro eventuale unione ad un pianeta già popolato da uomini, e in parte dopo che si sarà maturata la loro individualità planetaria – ebbene, tutti questi, dopo un numero di anni terrestri per voi inconcepibile, troveranno il loro dissolvimento nel Sole.

5. Il Sole, assieme agli altri numerosissimi suoi compagni, si dissolverà nel suo particolare Sole-centrale-planetario; questi soli-centrali-planetari, i quali sono atti a raggiungere un’età immensamente grande e per i quali un eone (tre decilioni = 10180) di anni terrestri rappresenta precisamente quello che per questa Terra è un anno, si dissolveranno nei soli-centrali-di-ammassi-stellari, i quali sono naturalmente sotto ogni aspetto, per usare le espressioni numerali usate dagli arabi, milioni di milioni di volte più grandi dei soli della categoria precedente. Questi soli-centrali-di-ammassi-stellari si dissolveranno a loro volta nei soli-centrali-galattici ancora più grandi nella stessa precedente proporzione. Infine, poi, anche questa terza categoria di soli-centrali troverà il suo dissolvimento finale nell’unico Sole-centrale-primordiale, la grandezza del cui corpo è per i vostri concetti addirittura incommensurabile.

6. Ma poi dove troverà questo il suo dissolvimento finale? Esso lo troverà nel fuoco della Mia Volontà, ed in seguito a questo dissolvimento finale tutti i corpi mondiali saranno restituiti al loro ordine e alle loro mansioni precedenti, però allo stato spirituale, e poi sussisteranno per l’eternità, spiritualmente, in tutta la loro grandezza e in tutto il loro splendore e magnificenza.

7. Naturalmente, per quanto riguarda il tempo, voi avete già capito in precedenza che ciò non si può avverare domani o dopodomani, ma in modo tale che se voi attribuiste il valore di un anno terrestre a ciascun granello di sabbia, e ne prendeste tanti granelli quanti ne può contenere tutta la Terra, allora la cifra che ne otterreste sarebbe appena sufficiente a indicarvi l’età alla quale arriverà materialmente la Terra stessa. Per non parlare poi del sussistere enormemente più lungo del Sole, oppure del sussistere di uno dei primi soli-centrali, o quello dei più lontani soli-centrali-di-ammassi-stellari, come pure di quello per voi incalcolabilmente lungo dei soli-centrali-galattici, e per non parlare infine della durata di un Sole-centrale-primordiale. E ciò tanto più, in quanto i soli sono sempre destinati a generare nuovi corpi mondiali, i soli-centrali a generare sempre nuovi soli-planetari, e i soli-centrali-primordiali a generare sempre intere schiere di soli di ogni specie.

8. Ma nonostante la durata del tempo dei grandi corpi mondiali, che è inconcepibile per voi, un giorno il loro tempo sarà finito, e allora un altro periodo creativo avrà esaurito il suo compito e sarà da considerarsi concluso; dopo tale trapasso, in un territorio situato a distanza infinita da questo attuale spazio senza confini, verrà dato inizio ad una nuova Creazione, alla quale, come pure alle innumerevoli che dovranno seguire a questa nuova, avrete anche voi la vostra parte attiva, dato che sarete dotati di perfezione di potenza sempre maggiore, però unicamente come Miei veri figli!

9. Infatti, chi non avrà raggiunto la figliolanza di Dio per la via già prescritta, costui, quale creatura pure perfetta, ragionevole e ad ogni modo beata, rimarrà sulla sua Terra spirituale dove potrà vivere, muoversi ed operare, e potrà pure visitare altri mondi spirituali vicini; anzi potrà andare peregrinando per tutto il suo Globo-involucro! Però oltre i confini di questo egli non potrà pervenire mai in eterno, né del resto si renderà manifesto in lui il bisogno di un’aspirazione di vitale attività a qualcosa di più alto.

10. Invece i Miei figli saranno sempre accanto a Me, e con Me penseranno, percepiranno, vorranno ed agiranno come fuori da un Cuore solo! Ed è questo il divario infinitamente grande che vi sarà tra i Miei veri figli e le beate creature dotate di ragione e di intelletto. Abbiate dunque grande cura affinché un giorno possiate essere voi pure trovati adatti a divenire Miei figli e degni di essere chiamati tali!».

 

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Cap. 113

Gli uomini dei mondi stellari e la figliolanza di Dio.

 

1. (Il Signore:) «Io dico che nello spazio per voi incommensurabile, esistono innumerevoli globi-involucro. In ciascuno di questi globi-involucro che per i vostri concetti di per sé ciascuno occupa uno spazio che non si può misurare, essendo esso il portatore di eoni di eoni (10120 per 10120) di soli e di sistemi-solari, vivono certo innumerevolissime creature umane, sia ancora dentro ad un corpo materiale, sia in uno stato puramente spirituale, ed essi nella loro specie possiedono una ragione molto chiara e un intelletto sviluppatissimo, il quale spesso raggiunge un tale grado di acutezza, che voi al confronto dovreste andare a nascondervi per un bel pezzo.

2. Questi abitanti delle stelle, ogni tanto, come in sogno, hanno pure dei presentimenti che in qualche luogo debbano esistere dei figli dello Spirito supremo ed eterno, e non di rado nutrono segretamente nel loro cuore il desiderio di diventare essi pure tali a qualunque costo; sennonché il più delle volte una cosa simile non è affatto possibile. Infatti, tutto deve sussistere e restare nel proprio ordine così come anche in un uomo le parti della giuntura del ginocchio non possono essere trasformate in quelle nobili degli occhi, né le dita dei piedi possono passare al posto degli orecchi. Tutte le membra di un corpo devono restare quelle che sono, e per quanto anche, ad esempio le mani, si sentissero portate a desiderare di vedere esse pure, tale desiderio non potrebbe venire corrisposto; esse restano ambedue mani sanissime e felici, le quali tuttavia ottengono luce perfettamente sufficiente per mezzo dei nobili occhi del capo.

3. Così anche la Terra non ha bisogno di essere un sole perché venga illuminatala sua superficie di per sé tenebrosa, dato che riceve certo luce più che sufficiente dal Sole a cui essa appartiene. Con l’alimento che l’uomo assimila, devono venire nutrite nella loro specie tutte le parti del corpo, quindi anche gli occhi e il cuore. Però soltanto le particelle più pure e più affini alla luce vengono elette a nutrimento degli occhi, e soltanto le particelle animiche più affini all’elemento vitale d’amore si assimilano alla sostanza del cuore; le altre parti invece più o meno grezze passano agli altri svariatissimi organi che compongono il corpo, sotto forma di corrispondente alimento. L’occhio non se la caverebbe di certo bene qualora delle parti atte soltanto ad alimentare le ossa volessero esse pure concorrere alla formazione dell’occhio.

4. E similmente avrebbe conseguenze molto negative nel grande ordine generale della Creazione se Io ammettessi le creature umane degli altri mondi a diventare dei veri e propri figli del Mio Cuore. Certo, una tale concessione ogni tanto è essa pure possibile, ma per fare così ci vogliono importanti processi di purificazione ed un’ampia preparazione! A tale grazia pervengono, con maggiore facilità di tutte le altre, le anime di questo Sole, oppure gli arcangeli primordiali, ai quali spetta il compito di governare, guidare e mantenere nel migliore ordine, come giudicati, degli interi globi-involucro. Ma per quanto immensamente grandi possano essere sotto ogni aspetto questi arcangeli primordiali, bisogna che si accontentino di essere altrettanto piccoli qui, come ho fatto Io, e di sopportare ogni umiliazione.

5. Anche dal Sole-centrale di questo sistema a cui appartiene anche questo vostro Sole, delle anime possono essere trasferite su questa Terra per ottenere la dignità di figli di Dio; così pure dagli altri soli-centrali, della galassia e dell’Ammasso-galattico, possono essere fatte trasmigrare delle anime qui. Ma solo dall’ambito dello stesso Ammasso-stellare in cui si trova questa Terra, possono venire qui anche delle altre anime, però è estremamente difficile che qualche anima possa essere trasferita qui dal Sole-centrale-primordiale comune, perché le anime di quegli uomini, necessariamente di colossale grandezza, contengono in sé una quantità di sostanza talmente enorme, da non poter venire accolta dentro al piccolo corpo di un uomo di questa Terra.

6. Ma quantunque su quel corpo solare dalla grandezza per voi incommensurabile, vari continenti siano popolati da uomini di dimensioni tali per cui già il loro capo risulta essere almeno un migliaio di volte più grande di tutta la vostra Terra, eppure il più debole tra i Miei veri figli di questa Terra è, grazie al Mio Spirito insito nel cuore della sua anima, più potente in misura infinita di miriadi di quegli uomini dalle proporzioni inimmaginabilmente colossali che popolano i soli-centrali-primordiali.

7. Ponderate dunque bene su che cosa significhi essere un figlio del Dio altissimo, e quale immensa, assolutamente non giudicata e intangibile prova della libera volontà sia necessaria affinché l’anima possa diventare una cosa sola con il Mio Spirito in voi; ora è appunto questa unificazione, ed è essa sola, quella che è adatta a fare completamente di voi dei veri figli Miei!».

 

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Cap. 114

Il grande Uomo-cosmico e la Terra

 

1. (Il Signore:) «Certamente, è spiegabilissimo se ora sorge in voi la domanda su come mai sia possibile che proprio a questa Terra meschina ed ai suoi piccoli uomini il destino abbia voluto riservare tanto onore ed una simile grazia, considerato che nello spazio sterminato della Creazione vi sono in quantità incalcolabilmente grande dei mondi di luce più grandiosi e più splendidi, i quali dovrebbero essere molto più adatti a portare i figli di Dio, a nutrirli e a provvederli nel modo migliore di tutto ciò che è necessario a loro. Così, ad esempio, gli uomini di grandezza planetaria, che dimorano sul Sole-centrale-primordiale, dovrebbero evidentemente essere più indicati ad essere dei figli di Dio che non gli uomini di questa piccola Terra che sono dei miseri vermi striscianti nella polvere! Considerata la stessa cosa in base alle apparenze superficiali, a questa domanda non si potrebbe certo opporre proprio nulla, o in ogni caso pochissimo; ma se si considera la cosa sotto il suo aspetto vivente e interiore, questa sarebbe addirittura una specie di impossibilità.

2. L’organismo di ciascun uomo ha quasi nel mezzo del cuore il proprio nervo vitale, un piccolissimo grumetto, fuori dal quale viene data vita a tutto il resto del corpo. Le parti di quest’unico grumetto nerveo del cuore sono disposte in modo tale da poter attrarre a sé l’etere vitale dal sangue e dall’aria atmosferica inspirata, cosicché, in primo luogo, esse stesse permangono in uno stato di intensa attività vitale, e in secondo luogo comunicano questa attività vitale all’intero organismo, infondendo così vita a tutto il corpo per le vie più appropriate.

3. Se Io ti tagliassi un piede oppure una mano, tu continueresti a vivere come ne sono la dimostrazione molti vecchi soldati che in battaglia hanno perso le mani, i piedi, gli orecchi o il naso, e che pure continuano a vivere benché mutilati; invece la minima lesione del cuore, nel quale si trova quel minimo nervo vitale principale, porta immediatamente con sé la morte di tutto il corpo.

4. Ma come questa disposizione viene adottata per il corpo umano, nonché per quello di ciascun animale a sangue caldo, precisamente tale è anche la disposizione adottata nel grandioso spazio della Creazione dei mondi. Tutto l’incalcolabile numero dei globi-involucro rappresentano nella loro totalità un Uomo che per i vostri concetti ha una grandezza e un’estensione infinita. In quest’Uomo, questo globo-involucro nel quale ci troviamo noi, è il cuore, e proprio questa Terra è, per tutto il grande Uomo, il nervo vitale immensamente piccolo, il quale non è situato proprio nel centro del cuore, ma più nella parte sinistra dello stesso.

5. Nel centro del cuore si trova pure un complesso di nervi molto grande, che però non è la sede principale della vita. È solo un apparato per raccogliere e conservare il materiale vitale nutriente proveniente dal sangue e dall’aria. Da qui questo elemento viene assunto dal nervo vitale principale che lo feconda o benedice, lo rende sostanza atto alla vita, vale a dire per la futura vita naturale comune del corpo e dell’anima, la quale senza questo nervo non potrebbe assolutamente entrare in contatto con l’organismo del corpo.

6. Il nervo vitale in questione è dunque una piccolissima papilla di nessuna evidenza, situata in qualche punto nella parte sinistra del cuore, simile ad una minimissima papilla tattile come è quella del punto più basso del polpastrello del dito mignolo del piede sinistro, e in modo corrispondente a quello del destro. Queste papille tattili, coperte solamente dall’epidermide, costituiscono i principali trasmettitori delle sensazioni e che servono da guida al piede; eppure chi bada a loro e chi sa che esistono?

7. Chi avesse la sventura di perdere i due mignoli dei piedi, avrebbe molta difficoltà a camminare, molta di più che non se avesse perso i due alluci. Ora, chi può venirMi a dire e a chiedere: “Ma perché, o Signore, nella Tua sconfinata Creazione hai affidato le funzioni più importanti e la massima potenza d’azione per lo più precisamente alle minime cose?”

8. Io però farò un’altra domanda e dirò: “Perché mai, presso di voi uomini, la prima pietra di una casa è spesso più di mille volte più piccola dell’intero edificio, il quale appunto nella prima pietra, collocata a regola d’arte, trova il suo principale punto d’appoggio? Perché mai le menzogne sono tante, mentre nel Regno delle verità non esiste che una sola verità fondamentale? Perché la quercia è un albero così grande, mentre il germe del suo frutto, che già cela in sé una quantità innumerevole di querce gigantesche, è una cosa tanto meschina, non più grande di un minutissimo granello di sabbia?”.

9. Si, Miei cari figlioletti ed ora amici, nella grande Creazione ci sono ancora molte altre cose la cui costituzione ed il cui scopo vi apparirebbero piuttosto strani qualora conosceste tutto quanto esiste in essa; e se ora Io volessi richiamare la vostra attenzione soltanto su qualcuno di questi fatti strani, voi vi prendereste il capo tra le mani ed esclamereste: “No, o Signore, non è possibile che le cose stiano così, perché tutto ciò è in contrasto troppo stridente con la ragione, anche solo relativamente pura!”. In breve, nessuno di voi sarebbe in grado di comprendere simili cose, e soltanto volerne enumerare una piccolissima parte richiederebbe un numero di millenni di tempo superiore al numero dei granelli di sabbia nel mare!

10. Quando però, dopo che Io avrò fatto ritorno alla Mia dimora, il Mio Spirito scenderà su di voi, allora Questo da Se stesso vi sarà di guida in ogni verità, e voi non avrete più la necessità di chiedere: “O Signore, perché questo è così e perché quell’altro è in un altro modo?”. La benda che copre i vostri occhi sarà tolta, e poi potrete contemplare in una luce chiarissima quello che attualmente intuite a mala pena in modo quanto mai oscuro. Perciò accontentatevi intanto di ciò che avete appreso adesso! Questo non rappresenta che una semente deposta nel vostro cuore, i cui frutti potranno venire raccolti da voi allo stato di piena maturità soltanto quando in voi stessi sarà sorto il Sole del Mio Spirito.

11. Avete compreso almeno una piccola parte di quello che vi ho esposto ora? Siate aperti di cuore e parlate sinceramente, dato che Mi restano ancora sette ore piene da dedicare a voi! Parlate dunque, e se a qualcuno questa o quella cosa non riesce chiara, che lo dica ed Io lo guiderò verso la luce, anche se questa non sarà proprio ancora la Luce pienissima della vita spirituale!».

 

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Cap. 115

Natura e contenuto di un Globo-involucro

 

1. Allora il nostro Mataele, dopo aver taciuto per lungo tempo, apre nuovamente la bocca per dire: «Signore, queste cose per noi hanno ancora tutto l’aspetto dei villaggi degli Sciti che è come se non esistessero da nessuna parte, e dei quali perciò non ci si può fare nemmeno alcuna idea! Per Te è certo facile parlare della Tua Creazione infinitamente grande, ma a noi, che non sappiamo neppure esattamente quant’è grande la nostra Terra e quale forma ha, quello che Tu ci hai comunicato non è tanto facile da capire.

2. Nella mia accesa fantasia ho capito sì certe cose, però solo come in un fuggevole sogno, intuendo qualcosa di grande. Però moltissimi dei miei compagni lo ritengono una specie di vaneggiamento incomprensibile, di cui nessun intelletto umano naturale, per quanto sano, può capirci qualcosa. Infatti, per comprendere più chiaramente, anche solo pressappoco, cose di questo genere, dovremmo essere molto profondamente esperti nel calcolo e nell’antica astronomia degli Egizi, ed essere perfettamente padroni del loro grande sistema numerico! Ma poiché a noi mancano quasi del tutto gli elementi scientifici, allora la Tua attuale grandiosissima spiegazione non può esserci in alcun modo chiara.

3. È pur vero che in una precedente occasione ci hai concesso di gettare qualche sguardo nel grande spazio della Tua Creazione, ma, per lo meno a me, sono rimaste ancora parecchie cose da chiedere. Tu ora Ti sei dilungato un po’ di più, specialmente riguardo alla parte materiale delle Tue Creazioni, però questo non ci giova particolarmente né tanto né molto. Infatti si deve certamente prendere atto molto chiaramente e facilmente che è del tutto impossibile per noi comprendere completamente una cosa simile, dato che ci mancano tutti gli elementi preliminari dei concetti.

4. Per capire un po’ meglio tutto questo, dovremmo ugualmente avere conoscenza per lo meno di uno di quei globi-involucro di cui hai accennato, nonché delle diverse specie di soli e soli-centrali che dominano in un tale Globo. Se così fosse, allora noi potremmo già rappresentarci un po’ più chiaramente anche i molti altri innumerevoli globi-involucro, e i sistemi, gli ammassi e i raggruppamenti dei soli-centrali. Sennonché già rispetto ad un solo Globo-involucro la cosa si presenta enormemente difficile, per non parlare poi dei molti altri, ciascuno dei quali ha sicuramente un allestimento del tutto diverso e uno scopo completamente diverso.

5. Come stanno dunque le cose, e propriamente riguardo ai soli-planetari, e più oltre alle questioni dei soli-centrali-di-ammassi-stellari, degli ammassi-galattici, e infine addirittura alla questione dei soli-centrali-primordiali, tutte cose di cui il già anticamente famoso Tolomeo, come pure Giulio Cesare che fu anche astronomo, non si sono mai sognati?»

6. Dico Io: «Mio caro Mataele, Mi accorgo che ti stai un po’ arrabbiando, in parte per il fatto che Io ora vi ho mostrato delle cose che voi non capite affatto oppure capite molto poco, e in parte per motivi proprio tuoi. Tu infatti, che del resto hai una grande erudizione in moltissime cose ed altre esperienze e opinioni molto rispettabili, ora non riesci proprio a capire tanto bene quello che ho appena detto. Ma vedi, tutto questo non è del tutto retto da parte tua; infatti l’uomo non diventa sapiente solo da ciò che ode e capisce subito interamente e perfettamente, ma per lo più da ciò che pure ode, e non capisce!

7. Nessuno, una volta che abbia capito una cosa, torna a riflettervi e ad indagarvi, poiché una volta che si ha una cosa, non si cerca più di ottenerla da qualche parte o di guadagnarla faticosamente, e invece ci si riposa molto comodamente su ciò di cui si ha già il pieno possesso. Ma quello che non si possiede ancora, specialmente nell’ambito di ciò che può avere un altissimo valore, lo si cerca con ogni zelo fino a quando si arriva a possederne almeno qualcosa.

8. Vedi, se ci tenessi a fare di voi, alla fine, degli uomini molto pigri nel pensare, sarebbe facile per Me far comparire qui nell’aria, dinanzi ai vostri occhi, un Globo-involucro, e allora voi capireste tutto il sistema del Globo-involucro in questione con altrettanta facilità così come capite che 2 stateri più 2 stateri fanno certamente 4 stateri! Sennonché Io invece voglio che voi restiate attivi nel pensare, ed è per questo che vi ho mostrato, nella spiegazione datavi da Me, qualcosa che vi sveglia e vi toglie il sonno.

9. Io però già in un’altra occasione vi dissi qualcosa riguardo a questo argomento, che ovviamente non comprendeste proprio assai bene per ragioni assolutamente identiche; e così ora potrei dirvi anche questo, senza contare che voi lo comprenderete subito pienamente, ma contando sul fatto che, quando si presentano delle buone occasioni, ci rifletterete in vario modo, specialmente nelle chiare notti stellate.

10. Ma per facilitare solo un po’ la vostra riflessione, voglio rendervi attenti a fenomeni simili su questa Terra. Considerate la vostra organizzazione militare e avete già pressappoco l’organizzazione di un Globo-involucro con i suoi soli-centrali e con il suo Sole-centrale-primordiale! La gerarchia comincia con un capo [sergente] che ha il comando su dieci fino a trenta soldati. Poi c’è un altro capo [tenente] già superiore, che ha il comando su dieci capi del primo ordine. Il primo capo [sergente] assomiglia a un Sole-planetario mentre i dieci fino a trenta comunissimi soldati sono per l’occasione simili ai pianeti che ruotano attorno ad uno di questi soli. Il secondo capo [tenente], il superiore delle dieci squadre dette prima, assomiglia già ad un primo Sole-centrale del sistema, attorno al quale si muovono, a diverse distanze, una quantità di soli-planetari con i loro spesso numerosi pianeti. Questi soli-planetari, che si muovono attorno ad un grande Sole-centrale, costituiscono, col loro unico Sole-centrale, un Ammasso-stellare; questo intanto tenetelo a mente, per poter capire più chiaramente ciò che segue.

11. Ed ora passiamo ad un altro capo militare di terza classe! Costui a sua volta ha sotto di sé circa dieci capi del secondo tipo [tenenti], e a lui spetta dare ordini e far da guida a costoro. Però gli ordini di questo terzo capo, che vogliamo chiamare ‘capitano’, sono dati solamente ai capi dei plotoni [tenenti] a lui subordinati, e costoro li annunciano poi ai piccoli capi delle squadre [sergenti], e questi, a loro volta, li trasmettono ai comuni individui [soldati]. Noi prima abbiamo parlato di un Ammasso-stellare, ma si capisce da sé che nello spazio della Creazione ce ne saranno anche parecchi di ammassi-stellari, i quali a loro volta devono avere una guida comune in un corpo ancora più grosso.

12. Chiamiamo ora ‘compagnia’ una formazione militare al comando di un capitano, e rappresentiamoci ora da dieci a venti compagnie sotto un comandante superiore, che è per esempio un colonnello che solitamente ha il comando di una legione che per lo più consiste di dieci fino a venti compagnie! Una tale legione è allora già una forza militare molto considerevole e costituisce già una parte molto importante di un’intera armata. Una legione possiamo paragonarla ora a buon diritto ad un Ammasso-galattico. Ma come più legioni sono di nuovo agli ordini di un generale, così anche gli ammassi-galattici sono allora sotto un Sole-centrale, anche questa volta più grande e più possente, che noi, per distinguerlo dai precedenti, vogliamo chiamare Sole-centrale-galattico.

13. Ma a questo punto, però, tutte le numerose armate stanno sotto ad un unico monarca, e così pure i molti ammassi-stellari stanno sotto il comune Sole-centrale-primordiale principale, che naturalmente deve essere di una grandezza supercolossale per attrarre a sé tutti i numerosi ammassi-stellari, come fanno appunto i soli-planetari con i loro singoli pianeti insieme alle loro lune, per farli ruotare attorno a sé in orbite di un’ampiezza per voi incommensurabile. Una tale vera ‘monarchia solare’, Io la chiamo per buone ragioni un Globo-involucro.

14. Esso è un Globo a motivo del suo aspetto comunque pienamente rotondo, mentre gli involucri (baccelli) sono invece tutti i corpi mondiali contenuti in esso, perché tutti questi racchiudono una vita spirituale giudicata. Alla fin fine anche questo contenitore (globo) si può chiamare ‘involucro’, perché esso stesso è un involucro universale. Infatti in esso, eoni di eoni (10120 per 10120) di soli appaiono come racchiusi tutti insieme in un involucro atto a mantenere l’ordine stabilito. DimMi ora tu, Mataele, se adesso Mi hai capito meglio di prima!».

 

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Cap. 116

L’inaccessibilità della conoscenza umana – La consolazione nel divino Amore

 

1. Dice Mataele: «Io Ti ringrazio, o Signore, per questa spiegazione ulteriore, perché solo grazie a questa ho potuto farmi un concetto discretamente chiaro di un Globo-involucro, e per il momento sono perfettamente soddisfatto. Per quello che riguarda i suoi innumerevoli altri vicini nello spazio immenso della Creazione, di loro non mi curo proprio, perché sono dell’opinione che uno spirito umano ne avrà più che in abbondanza per tutte le eternità già di quest’unico.

2. Io rivolgo adesso il mio pensiero semplicemente a questa nostra piccola Terra: quanto tempo impiegherebbe un uomo per visitarla punto per punto ed esaminarla in tutta la sua superficie per terra e per mare? Io stento a credere che forse in cinque o seimila anni qualcuno arriverebbe al punto di poter dire: “Ora su questa vasta Terra non c’è più un luogo sul quale non si sia posato il mio piede!”. Qualora si volesse calcolare anche il tempo da dedicare per serie esplorazioni, nonché quello necessario al riposo e al divertimento che in verità non potrebbero venire trascurati, dato che l’interessato sarebbe logicamente portato a contemplare - il che è costantemente edificante - le Tue opere meravigliose, le regioni attraenti e i paesaggi a volte celestialmente belli dove ci si sentirebbe indotti spesso a fermarsi per degli anni interi; certo, in condizioni simili per visitare per bene solo questa Terra ci vorrebbero parecchie centinaia di migliaia di anni!

3. Ma quanto tempo ci vorrebbe poi, limitandosi sempre a questa Terra, se fosse possibile penetrare con lo sguardo negli innumerevoli luoghi che si celano nelle viscere di questo nostro pianeta! Oh, per fare questo non basterebbe un milione intero di anni, specialmente qualora fosse possibile osservare gli immensi laboratori interni della natura e dei suoi spiriti ed esaminarne scrupolosamente le innumerevoli opere, dalle loro prime origini fino al loro completo sviluppo, e come esse vanno poi tramutandosi in cose e forme del tutto differenti!

4. Certamente, se si volesse includere anche questo nel programma già solo rispetto a questa Terra, ci sarebbe, per un uomo naturalmente limitato nel tempo e nello spazio, da fare per oltre mille milioni di anni terrestri, per usare il sistema numerico degli arabi, per poter infine asserire con tranquilla coscienza: “La Terra ormai io la conosco perfettamente nella sua essenza e come essa funziona e produce, organo per organo, e punto per punto, nei modi più svariati”.

5. Dopo la Terra si dovrebbe in primo luogo prendere in considerazione la Luna. Per conoscere anche questa a fondo ci vorrebbero di nuovo varie centinaia di migliaia di anni terrestri. E soltanto dopo ci si troverebbe a dover esaminare e studiare gli altri pianeti, che spesso sono molto più grandi della Terra, e che non a torto li si può ritenere dei corpi mondiali del tutto differenti dal nostro e sicuramente molto più meravigliosi, al punto che non si potrebbe infine staccarsene per un numero incalcolabile di millenni a causa delle loro immense meraviglie.

6. E dopo i pianeti bisognerebbe passare al Sole grandioso con tutte le sue innumerevoli distese di luce colme di opere fra le più prodigiosamente belle e spettacolari! Per parte mia credo che qui si potrebbe restare addirittura per un’eternità senza paura che venisse mai a mancare qualcosa di nuovo da vedere e da indagare. Se poi oltre a questo si voglia ammettere che gli uomini che vi dimorano siano estremamente belli, cortesi e quanto mai saggi, eh sì, allora di andare via non si parlerebbe nemmeno più! Tutto intero il grande sistema numerico arabo non avrebbe davvero più cifra per indicare in anni terrestri il tempo che si richiederebbe per esplorare e scrutare il grandioso Sole!

7. Ma a questo punto noi avremmo finito di esplorare solo un piccolo Sole-planetario! Resterebbero poi ancora da esaminare altri soli il cui numero arriva a eoni di eoni (10120 per 10120), ed infine i soli-centrali ultragrandi. A me pare che qui convenga fermarci! Già per fare la conoscenza piena di questo ‘solo’ Globo-involucro ci vorrebbe addirittura un numero non so quanto grande di eternità. Ora, a chi mai potrebbe venire il pensiero di riservarsi di esaminare ancora un secondo Globo-involucro di questa specie? Io dunque dichiaro di averne più che abbastanza in eterno di quest’uno, e lascio senz’altro di buon grado che gli innumerevoli altri se li scruti ed esamini qualche altro spirito superiore! Io, per conto mio, mi sento sempre più colto da vertigine soltanto al pensiero di questo solo Globo-involucro!

8. Oh, Signore! Per me, la più grande consolazione è il Tuo Amore, ed in questo mi trovo perfettamente bene, mentre invece l’immensità della Tua Potenza e della Tua Sapienza mi divora come possono fare le enormi fauci di una balena rispetto ad un minimissimo vermiciattolo che adesso esiste, ed immediatamente dopo non c’è più. Infatti, nella Tua Grandezza, o Signore, Tu sei come un terribilissimo mare di fuoco, ma nel Tuo Amore invece sei come un miele soave e purissimo! Per conseguenza io mi attengo al Tuo Amore, mentre la Tua Potenza e Sapienza, prodigiosamente grandi, almeno per me, è come se non esistessero affatto, perché non le comprendo né potrò mai comprenderle, ma l’amore invece che lo comprendo, ed esso ristora deliziosamente il mio cuore e mi rende gradevole la vita.

9. Il mio intelletto certo afferra adesso molte cose grandiose, ma chi arriverà a comprenderle dopo di me? E dato che vedo che tutte queste cose molto grandi che Tu, o Signore, ci hai rivelate non possono non essere che incomprensibili a milioni e milioni di uomini, confesso che io non sento in me una vera gioia per ciò che ormai vedo molto bene e per il fatto che comprendo varie cose fra le più grandi, ma non posso a mia volta renderle comprensibili a nessuno, dato che l’umanità si trova, in generale, su un gradino troppo basso dello sviluppo spirituale!

10. Io sento certamente, o meglio ho il presentimento piuttosto vago che non deve essere proprio impossibile portare gran parte dell’umanità al punto che essa, sia pure soltanto stentatamente ed esteriormente, Ti riconosca per il Dio che ha creato tutto e che mantiene tutto, e cominci poi anche ad amarTi, a temerTi e ad adorarTi, ma la questione del rendere Te percettibile più da vicino alla sua mente storpiata, questa mi sembra una cosa davvero assolutamente impossibile.

11. Infatti, là dove si vuole costruire qualcosa, bisogna bene che ci sia un qualche fondamento solido; perché su un cedevole banco di sabbia o addirittura su un terreno paludoso non si possono costruire solide fortezze. Perciò, in avvenire, tanto per quanto riguarda me quanto il mio popolo, io voglio attenermi esclusivamente all’amore; ciò che questo mi darà e mi rivelerà sarà anche accolto per sempre nell’ambito della mia sapienza! Non ho forse ragione giudicando così?».

 

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Cap. 117

Il riconoscimento della divinità di Gesù come premessa al vero amore divino.

 

1. Dico Io: «Non c’è dubbio che tu abbia ragione a restare fedele all’amore, perché chi si trova nel Mio Amore, costui si trova anche in tutto quanto procede da Me! Sennonché grazie al Mio solo Amore è ben difficile che tu arrivi a conoscerMi per Quello che sono veramente! Infatti, vedi, anche tua moglie tu puoi amarla di grande e intenso amore, e viceversa puoi con pari intensità venire anche amato da lei; ma non perciò tu sarai un dio per tua moglie, né tua moglie lo sarà per te!

2. Se tu ami Me considerandoMi unicamente come un uomo, per quanto anche buonissimo ed intelligentissimo, ed Io amo te allo stesso modo, allora noi due potremo stare assieme per eoni (10120) di anni, ma tu potrai riconoscerMi e salutarMi come Dio altrettanto poco quanto Io te, che certo un dio non sei, ma sei soltanto una Sua creatura.

3. Se tu vuoi riconoscerMi per Quello che sono veramente e Quale ti sto dinanzi, Io Mi devo dare a riconoscere per Tale mediante parole e opere. Ma quando Mi avrai veramente riconosciuto così e, sulla scorta della Mia Potenza e della Mia Sapienza, avrai appreso che Io evidentemente sono di più di un uomo buono e intelligente e basta, soltanto allora il tuo cuore si umilierà nella polvere al Mio cospetto, e in questa giusta umiltà esso comincerà ad ardere di vero e viventissimo amore per Me; e solo in ciò tu troverai davvero la ragione più vivente di amare Me, tuo Dio e Creatore, sopra ogni cosa. Ma quello che vale per te, vale pure per qualunque altro uomo!

4. Chi non Mi riconosce come Dio, come Dio non può nemmeno amarMi veramente e sopra ogni cosa! Avresti mai potuto riconoscerMi come Dio qualora avessi osservato in Me opere e parole puramente ed unicamente umane? Certo che no! E il tuo amore per Me si sarebbe fatto tanto potente se tu non avessi scoperto niente di divino in Me? Per il solo fatto che Io ti avessi tratto a Me con tutto il Mio Amore e il Mio Affetto, come all’incirca uno sposo attira a sé la sua sposa, tu non saresti potuto venire a conoscenza del fatto che in Me dimora ed agisce lo Spirito dell’altissimo Dio nella parola, nel consiglio e nell’azione, ma sono state la Mia Sapienza e la Mia Potenza che ti hanno rivelato tutto ciò. Quindi, per l’appunto, non è del tutto giusto da parte tua chiamare “terribilissimo mare di fuoco” l’immensità della Mia Sapienza e della Mia Potenza ed essere dell’opinione che gli uomini debbano tenersi assolutamente lontani da esse. Anzi ti dirò: al contrario!

5. L’uomo deve essere avidamente desideroso di cercare il Mio Regno in qualsiasi campo e prima di ogni altra cosa; e colui che è destinato a diventare Mio figlio deve cominciare a trovarsi sempre più a suo agio nell’immensa dimora di suo Padre, sotto ogni riguardo e in qualsiasi sfera! E poi, per effetto di ciò, egli si irrobustirà nel vero amore colmo di umiltà; così egli avrà nel Padre, ed il Padre a Sua volta in lui, motivo di sempre maggiore letizia, colma di puro amore.

6. Dunque, se gli uomini vivranno di vera vita e saranno attivi nel e con il Mio Amore, con la Mia Sapienza e con la Mia Potenza, allora essi saranno anche del tutto quello che sono veramente chiamati ad essere. Appunto in questo modo, quali Miei veri figli, essi si faranno precisamente così perfetti come lo sono Io stesso, ed allora certo la Mia divina Sapienza, la Mia Potenza e la Mia Immensità non appariranno a loro come un terribilissimo mare di fuoco. Io spero che ormai anche queste cose ti saranno chiare!

7. Tuttavia Io aggiungo e dico a tutti che voi per il momento non dovete insegnare alle genti proprio tutto quello che vi ho mostrato ora. Anzitutto insegnate loro a conoscere Dio, a credere in Lui in maniera vivente e ad amarLo sopra ogni cosa! Tutto il resto sarà lo Spirito stesso a rivelarlo loro a seconda delle rispettive necessità».

 

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Cap. 118

Norme d’oro per la diffusione del Vangelo.

 

1. (Il Signore:) «È vero che attualmente l’umanità si trova sepolta nella notte più profonda e che è immersa in un sonno come di morte: tutto il suo sapere è simile ad un vano sognare, né nessuno è capace di illuminare l’altro. Certo ci sono pure numerosi maestri e guide di ogni specie, ma a che cosa servono? Essi sono tutti ciechi altrettanto quanto lo sono i loro allievi; se, camminando, arrivano davanti ad una fossa, guida e guidato vi cadono dentro, e nessuno dei due è più in grado di trovare una via d’uscita da quell’abisso mortale.

2. Ma non bisogna però pensare che gli uomini non siano disposti ad affidarsi volentieri ad una giusta guida! Che cosa vi può essere di più desiderabile per un cieco che trovare una guida che ci veda sul serio, tanto più poi qualora la guida possa, in perfetta onestà e tranquillità di coscienza, dire al cieco: “Amico, è vero che tu sei ancora cieco, ma se vorrai seguirmi con fiducia, fra breve sarai tu stesso reso capace di vedere!”. E quando poi il cieco, affidatosi fiducioso alla guida che ci vede, si accorgerà dopo poco tempo che i suoi occhi cominciano a percepire dei bagliori di luce non disprezzabili, ebbene, come si sentirà gonfiare il cuore di gioia!

3. Oh, davvero ti dico che non è proprio così difficile come tu credi diventare l’onesta guida di un cieco veramente bisognoso di luce! Tale compito diventa difficile soltanto quando il cieco che si deve guidare alimenta il fuoco fatuo della propria illusione, credendo di vederci. Ora a dei ciechi di questo tipo appartengono appunto i nostri farisei e scribi, né fanno eccezione i sacerdoti pagani di ogni specie. Ma che cosa si può fare in simili casi? Un piccolo esempio varrà a chiarire tale problema nonché i metodi da seguire in condizioni simili!

4. Una volta un capitano alla testa del suo esercito scese in campo contro il principe molto perfido e molesto di uno stato confinante, il quale aveva munito il proprio territorio di fortezze poderose e di solidissimi castelli, e li aveva provvisti di guerrieri e di armi, nonché di materiale bellico di ogni specie. Quando il comandante con le sue truppe cominciò ad avvicinarsi al territorio nemico, i capitani e gli ufficiali in sottordine gli dissero: “Signore, riusciremo a fare ben poco o addirittura assolutamente niente, perché il nemico si è fortificato in maniera del tutto strana, si è armato fino ai denti, e noi, nonostante il nostro numeroso esercito, non potremo intraprendere nulla contro di lui e finiremo con il morire tutti! Perciò per questa volta sarebbe più consigliabile rinunciare completamente alla campagna e aspettare una eventuale occasione più favorevole!”

5. Ma allora il capo supremo rispose: “Trattandosi di un nemico di quel genere, l’occasione più favorevole non si presenterà mai, e tutti i numerosi avvertimenti che gli abbiamo inviato si sono sempre infranti contro i suoi orecchi sordi e il suo cuore duro. Quindi conviene dargli la dimostrazione con le armi in pugno che egli non è la sola persona autorizzata ad appropriarsi di tutti i beni della Terra. Egli nel suo paese ha pur costruito una quantità di luoghi fortificati e di castelli e si è armato fino ai denti; sennonché tutto ciò non ci interessa, perché noi invaderemo il suo paese in quei punti dove non ci sono né fortezze né castelli, e poi con poca fatica guadagneremo alla nostra causa i popoli che sono estremamente scontenti di lui, daremo a loro luce e delle leggi sagge, ed infine si vedrà a che cosa potranno giovargli tutti i suoi luoghi fortificati e i suoi castelli. Ma se egli si azzarda ad attaccarci, noi, che siamo armati dal capo fino alle unghie dei piedi e che conosciamo alla perfezione il maneggio della spada, delle lance, dell’arco e del giavellotto, gli prepareremo una tale sconfitta che egli ci rimetterà fino all’ultimo uomo grazie alla nostra preponderanza numerica e grazie al nostro coraggio e alla nostra riconosciuta grande abilità nel maneggio delle armi!”

6. E quando i comandanti in sottordine e gli altri ufficiali ebbero udito questo saggio piano d’attacco del comandante supremo, essi non solo si fecero l’opinione molto lodevole che in questo modo le cose si sarebbero messe certo per il meglio, ma ottennero anche il vero ardore guerriero e la convinzione piena della riuscita certa del loro piano di battaglia. Essi arrivarono dunque in quei punti di confine del territorio nemico che erano sguarniti, e l’invasione si effettuò senza colpo ferire. Il popolo allora venne a loro incontro a schiere sventolando bandiera bianca e acclamandoli salvatori delle loro vite.

7. Quando poi i guerrieri del tiranno ebbero visto dalle loro fortificazioni come tutto il popolo andasse man mano schierandosi sotto le bandiere dell’esercito straniero, cominciarono seriamente a consultarsi su cosa avrebbero dovuto fare. Il tiranno certo comandò loro di fare tutto il possibile per cacciare il nemico fuori dal paese, ma i suoi capitani gli dissero: “È troppo tardi! A che cosa possono giovarci adesso le nostre fortezze e i nostri castelli? I nemici hanno ormai tutto il popolo dalla loro parte, ciò che rappresenta già una forza immensa! Ingaggiare battaglia con loro sarebbe come impegnare un uomo contro mille; noi siamo completamente vinti e le nostre fortezze non ci servono più a niente, perché la fortezza più formidabile è costituita dal popolo, e questa è ormai nelle mani del nemico; dunque a noi non resta altro che arrenderci con onore!”. Il tiranno certamente arricciò terribilmente il naso a questo discorso, ma che altro poteva fare? Egli dovette dunque rassegnarsi ad accettare il consiglio dei suoi capitani.

8. Ora vedete, lo stesso conviene che facciate anche voi, destinati ad essere i savi divulgatori della Mia Dottrina! Lasciate stare i templi e le molte dimore dei sacerdoti, e dedicatevi invece ad ammaestrare soltanto il popolo! Una volta che esso sia passato dalla vostra parte - ciò che non costerà gran fatica - allora gli antichi templi degli idoli perderanno in brevissimo tempo ogni significato e crolleranno da sé. Ed i loro servitori, di loro proprio impulso e spinti dal bisogno, passeranno essi pure a voi, accoglieranno la nuova Dottrina e cominceranno ad operare conformemente ad essa.

9. E spero che tu, o Mataele, da quanto ho detto avrai attinto tanta saggezza da convincerti che la diffusione di questa Mia Dottrina non è un’impresa poi tanto difficile, purché si cominci a diffonderla con sufficiente perspicacia. Certamente, se l’inizio è alquanto goffo, anche gli effetti non mancheranno di avere lo stesso carattere! Hai tu, e avete voi tutti compreso bene tutto ciò?».

 

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Cap. 119

Il divario tra una vera ed una falsa guida.

 

1. Dice Mataele: «Sì, Signore e mio Dio, ora mi è tutto chiaro, e poi mi è chiarissimo anche questo: per poter amare un Dio bisogna prima credere in Lui! La fede però non deve essere cieca, ma colma di luce, vale a dire bisogna aver chiaro il concetto del “chi” e del “che cosa” sia un Dio. Si deve anzitutto farsi un’idea limpida e conforme a ragione della Sua Sapienza, Potenza, Grandezza e Durata, per poi su tale fondamento erigere l’edificio del pieno e ardente amore per il Dio così accolto.

2. Questa certo non si presenta come un’impresa troppo facile, se si tratta di un uomo che sia già completamente reso prigioniero di ogni tipo di errori, ma qualora si sia in possesso di una vera luce, si può anche ben presto darla a chi ne ha bisogno. E le cose assumono senza dubbio tutto un altro aspetto quando si apprende qualcosa da qualcuno che comprende perfettamente e a fondo quello che va insegnando, rispetto a quanto si può apprendere da un altro, il quale, pur dandosi le apparenze di un sapiente e pur avendo udito sussurrare molto sul vago qualcosa riguardo all’argomento che va trattando, alla fine egli, da maestro quale egli vorrebbe essere, ne comprende altrettanto poco quanto il suo discepolo.

3. Il maestro che realmente sa il fatto suo, giovandosi di ogni tipo di immagini e di similitudini corrispondenti e ben concepite, renderà comprensibile con lieve fatica la materia in sé difficilmente comprensibile, mentre il saccentone, allo scopo di apparire sapiente in maniera eccezionale, farà di tutto per avvolgere l’argomento da insegnare in frasi talmente oscure e mistiche che, dopo l’istruzione, nella mente del discepolo regnerà una confusione dieci volte maggiore di quanto ne fosse regnata prima.

4. Io mi raffiguro la cosa in questo modo: il maestro che sa realmente il fatto suo sta, in rapporto al suo discepolo, come un tale munito di un grande fanale ben chiuso mentre è notte tenebrosissima rispetto ad un altro intenzionato ad attraversare il deserto durante la notte appunto per evitare il grande tormento dell’ardente calore durante il giorno. Il viaggiatore certo domanderà subito alla guida provvista del fanale chiuso: “Come potremo muoverci nel deserto senza un lume, data la profonda oscurità? I nostri cammelli e i nostri cavalli in questa oscurità resteranno perplessi e non vorranno muovere un passo!”

5. Ma allora la guida autentica ed esperta gli dirà: “Non darti assolutamente alcun affanno! Vedi, in questo fanale chiuso c’è già una luce, la quale, non appena io aprirò i rispettivi sportelli, diffonderà su tutto il deserto un chiarore intenso simile a quello del Sole nascente, e vedrai che nessuna delle nostre bestie da soma si troverà in difficoltà!”.

6. Quindi, in piena fiducia ha inizio il viaggio. Da principio la guida si limita ad aprire semplicemente un minuscolo sportellino della sua lanterna meravigliosa, e già così ne sfugge tanta luce da poter evitare benissimo tutte le pietre che ingombrano la via. Allora il viaggiatore dirà: “Ah, certo, con una luce simile è comodo viaggiare, e il deserto, in questo modo, non potrà crearci delle preoccupazioni!”.

7. Ma quale non sarà poi la sorpresa del viaggiatore quando la guida avrà aperto tutti gli sportelli della grande lanterna, ed una luce intensa quanto quella del Sole si sarà diffusa in un attimo per tutto il deserto in modo tale che gli animali selvaggi e feroci, usciti qua e là in cerca di una buona preda, si daranno ad una fuga disperata, ed invece i pacifici uccelli del cielo si desteranno e cominceranno ad intonare le loro liete canzoni, come se il Sole fosse davvero apparso sull’orizzonte! Ecco, questa sarebbe la luce della giusta guida!

8. Ma ecco adesso presentarsi invece la pseudo-guida con in mano una lucernetta, e dice a colui che è intenzionato a mettersi in viaggio: “Vieni con me ed attraversiamo il deserto!”, e l’altro dirà: “Ma basterà poi questo tuo lumicino a farci chiaro in questa notte tenebrosa?”. La guida allora risponderà con mistica enfasi: “Amico, il mio lanternino sembra pure diffondere un chiarore piuttosto debole; sennonché qui si tratta di una luce magica, mediante la quale ci si può orientare assai bene anche in notti molto più tenebrose di questa!”

9. Allora il viaggio comincia, ma i cammelli si arrestano ad ogni istante e non vogliono saperne di procedere oltre, perché con quel genere di illuminazione la loro vista non fa che offuscarsi sempre più, tanto che ad un certo punto non vedono più nulla, si coricano a terra e non li si può indurre a nessun costo a continuare ulteriormente il cammino.

10. E il viaggiatore farà naturalmente questa esclamazione: “Ma se l’ho detto prima che con un simile lumicino non sarebbe stato possibile attraversare un deserto anche di minima estensione! Che si deve fare ora? Ormai siamo su questa via desolata!”. E la guida, in se stessa completamente sconcertata, riprenderà il suo tono grave e risponderà: “Gli animali sono stanchi e, anche se a grande distanza, hanno fiutato delle bestie feroci, tanto che è una vera fortuna per noi se non sono andati avanti!”. Ed il guidato replicherà: “Ma che cosa succederà poi se le bestie feroci arriveranno a fiutare noi, e se vorranno onorarci di una visita quanto mai sgradita in una simile oscurità?”. E la guida, molto più spaventata ancora del guidato, cercherà di rassicurarlo con le parole: “Oh, data appunto una simile notte, non c’è nulla da temere, perché non si è ancora mai sentito che un viaggiatore sia stato molestato dalle bestie feroci in simili condizioni!”. E per fortuna queste belve non si fanno vedere, particolarmente all’inizio del deserto. E così guida e guidato attendono non senza angoscia che spunti il giorno, e mentre attendono vanno consolandosi a vicenda.

11. Ora mi pare che appunto lo stesso avvenga riguardo alla guida spirituale che viene assunta da uno pseudo maestro. Anche nel deserto e nella notte di questa vita terrena, dove sia maestro che allievo non vedono niente, il maestro che vorrebbe apparire saggio tenta di consolare il suo discepolo assicurandogli che tutte le cose avvolte anche nel più profondo mistero verranno rivelate un giorno nell’aldilà. Ma nonostante tutto ciò, il maestro che si atteggia a sapiente teme per conto suo la morte del corpo ancora di più del suo inesperto discepolo, perché quest’ultimo ha almeno come in sogno una specie di fede cieca, mentre il preteso sapiente di un maestro già da lungo tempo ha perso anche questa».

 

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Cap. 120

Il futuro e la conservazione della purezza della Dottrina del Signore.

 

1. (Mataele:) «Io adesso credo certamente che nell’opera di diffusione di questa Tua Dottrina puramente divina non dovremo sottoporci a fatiche troppo grandi, e meno ancora noi, reggenti e detentori del potere terreno; sennonché qui sorge una questione di tutt’altro genere e di notevolissima importanza, e cioè di come si dovrà fare per mantenere nella sua purezza questa Dottrina per l’umanità, senza che le genti vi facciano delle aggiunte o delle omissioni. Infatti, noi ora siamo in molti a ricevere questa nuova Dottrina non solo per noi, ma anche per i nostri moltissimi fratelli e sorelle, Dottrina che cercheremo di propagare con ogni zelo! Ma già noi forse esporremo all’umanità questo Vangelo, verissimo e purissimo, in maniera del tutto differente in più di un suo punto, ciò che sta senz’altro nella natura delle cose.

2. Infatti, agli ebrei converrà parlare in un modo, ai greci e ai romani in un altro, e così via ai persiani, agli indiani, agli egiziani ed infine addirittura agli sciti, dato che ciascun popolo è dominato da preconcetti del tutto differenti l’uno dall’altro. È dunque evidente che dovranno verificarsi ogni tipo di mescolanze ed anche di gradazioni. Quando poi, dopo un paio di secoli, gli appartenenti alle più svariate nazioni confronteranno tra di loro gli insegnamenti originariamente avuti da noi, insegnamenti che certo saranno stati messi per iscritto da molti, si domanderà: si rassomiglieranno essi ancora abbastanza? Non cominceranno invece gli ebrei a dire subito: “Noi soli siamo in possesso della Dottrina del tutto pura e vera?”. Ed allora i greci replicheranno: “No, siamo noi che abbiamo esclusivamente la vera Dottrina, tale e quale essa è sgorgata dalla bocca del Signore!”. E poi non vorranno forse i romani sostenere la stessa cosa, e gli armeni pure? Io voglio sperare che riguardo ai punti essenziali nessuno si differenzierà troppo dall’altro, ma nelle questioni che riguardano i dettagli, data la perfetta libertà del volere umano, è quanto mai probabile che si manifestino varianti e che si verifichino delle crepe e scissioni assai gravi!

3. Ma se è abbastanza certo che bisogna attendersi qualcosa di simile, io credo, senza alcuna pretesa ad una speciale competenza, che sarebbe pure opportuno fare in modo che, fuori di questa luminosissima Dottrina, non dovesse un giorno sorgere un vero caos nel quale a nessuno sarebbe più facile ritrovare la diritta via. Qual è il Tuo parere, o Signore, sotto questo aspetto?»

4. Dico Io: «Amico Mio caro, le tue preoccupazioni sono certo fondate sul sentimento onesto del tuo cuore preoccupato, tuttavia Io devo farti osservare che questa tua preoccupazione è un po’ prematura! Che la Dottrina nelle tarde epoche future non si conserverà presso tutte le nazioni così pura come essa è sgorgata ora dalla Mia bocca, questo occorre ammetterlo già fin d’ora come qualcosa di assolutamente sicuro.

5. Dopo di noi ben presto appariranno in quantità i Vangeli scritti, ciascuno dei quali sosterrà di contenere la verità pura, mentre non sarà affatto simile ad un altro Vangelo scritto che asserirà la stessa cosa. Anzi, accadrà di peggio, perché il principe della menzogna, che testimonia contro di Me, arriverà al punto di operare grandi prodigi, anche se falsi! Nel terreno dove Io adesso ho sparso una semente purissima, egli seminerà ogni specie di zizzania per soffocare il nobile grano.

6. Sennonché, tutto sommato, tali manovre non danneggeranno assolutamente la Mia vera e purissima Dottrina, perché la Mia Parola, ora indirizzatavi, sarà trasmessa e discussa da voi agli altri, e voi stessi non vi servirete più esattamente delle Mie espressioni, ciò che del resto non è nemmeno necessario. Ma tuttavia lo Spirito interiore rimarrà.

7. Chi crederà in Me e nel Mio Nome sarà battezzato con l’acqua e con lo Spirito, e costui riceverà anche il Mio Spirito, e poi procederà nella Luce della Verità purissima, nel tempo e per l’eternità! Ed in lui, poi, anche questa Dottrina si ritroverà come una cosa nuova in tutta la sua purezza. Chi però non progredirà fino ad un simile stato di grazia, costui comunque non percepirà mai la Luce pura dell’eterna Verità della Mia Dottrina, e per lui sarà allora indifferente se si rimpinzerà lo stomaco spirituale con una specie di cibo oppure con un’altra!

8. CrediMi! Ammesso pure che qualcuno avesse fatto propria ciascuna Mia espressione, letteralmente così come Io l’ho enunciata, ma non ne avesse accolto lo spirito per penetrare grazie ad esso nelle profondità dove regna soltanto la luce, dove opera la forza e pulsa la vita della Mia Parola, in verità a costui le Mie parole gioverebbero altrettanto poco quanto poco potrebbero giovargli le lunghe orazioni dei farisei.

9. Ma se qualcuno ha in sé lo spirito delle Mie parole, allora egli non ha più bisogno della loro lettera. Ma chi ha lo spirito ha anche la Dottrina pura. Io però rimarrò fino alla fine dei tempi di questa Terra presso coloro che, in piccolo numero sì, ma in piena verità, professeranno il Mio Nome. E così, amico Mataele, verrà ben provveduto affinché la Mia Dottrina possa venire mantenuta sempre allo stato di perfetta purezza!».

 

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Cap. 121

Senza operatori della Parola non ci saranno conoscitori della Parola!

 

1. (Il Signore:) «Quello che all’uomo esteriore è necessario sapere e credere, viene messo per iscritto per Mio Comandamento dai Miei due scrivani che vedi là. (Matteo e Giovanni: annotazione di Jakob Lorber). Chi accoglierà quanto da loro viene scritto e vi conformerà le sue opere, costui pure giungerà ad ottenere il Mio Spirito. E se egli ha Questo, non ha più bisogno d’altro.

2. Ma se egli si mantiene tiepido di fronte a quanto ha appreso da Me, e non sicura di rendersi zelantemente e completamente attivo conformemente ad esso, ebbene, allora gli rimarrà la lettera delle Mie parole tale quale stanno mettendola su pergamena i Miei scrivani e come anche Raffaele l’ha già scritta per te e per qualcun altro; però egli non raggiungerà mai lo spirito profondamente nascosto dentro alla lettera!

3. A nessuno gioverà in qualche modo il semplice esclamare con fede: “Signore, Signore!”, poiché chi fa una simile professione del Mio Nome si troverà sempre al Mio cospetto come un essere che non Mi conosce né è conosciuto da Me.

4. Per tutte le eternità, e quale verità da Dio, Io vi dico: “Chi non traduce completamente in opere la Mia Dottrina, ma si limita ad ascoltarla e ad ammirarla e glorificarla ogni tanto, costui non riceve il Mio Spirito, e quindi tutta la Mia Dottrina non gli è, in fondo, che di poco o di addirittura nessun giovamento!”. Infatti, quando alla fine, dopo la deposizione del corpo, egli si troverà nudo quale anima nell’aldilà, ebbene, egli di Me e della Mia Dottrina ne saprà tanto come se sulla Terra non ne avesse mai sentito parlare nemmeno per una sillaba! Questo però è un fenomeno perfettamente naturale.

5. Infatti, ammettiamo ad esempio che qualcuno avesse udito narrare molte e svariatissime cose di Roma, la grande città imperiale, e che conoscesse la via che vi conduce e che avesse pure i mezzi e l’occasione di intraprendere il viaggio per visitarla. Anzi, ammettiamo che venisse ripetutamente spronato all’impresa dai suoi amici che ci sono già stati! Sennonché egli non può trovare mai il momento buono, poi per natura è molto pigro e teme i possibili e probabili disagi di un lungo viaggio, tanto che termina con il dire: “Suvvia, che scopo ha mettersi in viaggio per Roma? I miei amici mi hanno ormai descritto questa grande città in maniera talmente particolareggiata che io la posso contemplare per intero nella mia fantasia come se io stesso vi fossi già stato parecchie volte!”.

6. Così la pensa il nostro uomo; ma facciamogli scorrere oggi sotto gli occhi un panorama il più fedele possibile della città di Roma, senza però rivelargli di che cosa si tratta, e vedrete che il presunto perfetto conoscitore di quella città si troverà dinanzi al panorama come un bue davanti ad un portone per lui del tutto nuovo! E anche se lo lasceremo pensarci su per degli anni, egli non potrà mai dire con convinzione e piena certezza che quella è una immagine fedele della città di Roma!

7. Ma Io vi dico ancora di più: facciamo che per combinazione questo tale capiti davvero a Roma, ma da solo e che, una volta giunto, nessuno gli dica che egli si trova in tale città, ma gli dica invece di trovarsi in una città del tutto differente; state certi che egli finirà con il crederlo, e che farà la figura di colui che, montato sull’asino, ne va disperatamente in cerca.

8. Per conseguenza non basta assolutamente che l’uomo si procuri conoscenze di una cosa qualunque con l’udirne o con il leggerne la descrizione scritta. Tutte le conoscenze di questo genere restano mute e senza un reale valore per la vita qualora non vengano fatte associare alla vita dell’anima mediante l’attività.

9. Se colui il quale, avendo udito narrare molte cose della città di Roma e che gli appaiono meravigliose, si accinge ad intraprendere il viaggio per visitarla ed effettivamente ci si reca, e una volta giunto prende visione di tutto quanto è mai possibile vedervi, egli avrà poi impressa profondamente la piena verità anche nella sua anima, e non potrà mai più raffigurarsi Roma diversamente da come i suoi stessi occhi l’hanno vista.

10. Ma se Roma egli non l’avesse vista con i suoi stessi occhi, la sua raffigurazione di Roma si troverebbe radicalmente mutata in seguito ad una nuova e differente descrizione della città stessa; un quadro fantastico allora caccerebbe l’altro e così via, finché egli non sarebbe infine più assolutamente in grado di farsi della città una raffigurazione che avesse una qualche consistenza nemmeno in piccola parte.

11. Se invece, come abbiamo detto, egli stesso ha visto Roma, allora gli si possono presentare anche centinaia di chiacchieroni e di ciarlatani per fargli delle nuove e più strane descrizioni della città, ed egli non potrà che ridere alle loro spalle, od eventualmente adirarsi per le sfrontate menzogne di alcuni sfaccendati e perdigiorno che cercano di mettersi in mostra, e cacciarli tutti fuori dalla porta di casa sua, perché in lui vive ormai di fatto la vera immagine di Roma, e questa non può venire più sostituita da nessun’altra immagine sorta solamente dalla fantasia.

12. Voi direte: “Ma come è possibile che sia così?”. È possibile per la ragione che in seguito alle proprie fatiche e al proprio lavoro egli si è impressa la piena verità nella sua anima vivente e non soltanto nel suo cervello. Egli ha accolto così il vero spirito della cosa nella propria anima; e l’immagine fedele e vera vive ora in lui, né può venire più uccisa e distrutta da nessuna immagine esteriore e sbagliata, dato che essa si è fatta una vera immagine vivente.

13. Questa similitudine mostra sotto ogni aspetto e rapporto in maniera molto chiara il divario tra l’apparenza ingannatrice e la piena verità, e da ciò chiunque può trarre facilmente e molto radicalmente la deduzione che anche la più esatta e fedele descrizione di Roma viene immensamente superata dalla convinzione attinta alle proprie effettive esperienze, poiché la raffigurazione sorta in quel modo è e resta soltanto un prodotto dell’immaginazione, ed essa può venire sempre cancellata e sostituita benissimo da un’altra che ha un fondamento diverso, per la ragione che non ha potuto farsi immagine vivente nell’anima; e precisamente così stanno pure le cose per quanto concerne la Mia Dottrina».

 

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Cap. 122

L’importanza del cristianesimo operante.

 

1. (Il Signore:) «La Mia Dottrina voi potete inciderla sul durissimo acciaio per tutti i tempi dei tempi, così che non una minima cosa possa venirne alterata, e potete predicarla e leggerla tale e quale ai popoli; e tutti i popoli poi possono gridare quanto vogliono a squarciagola: “Ah, ecco! Questa sì che è una Dottrina eccellente e davvero degna della bocca di Dio!”, ma nonostante ciò nessuno vuole mettere mano all’opera, né vuole rendersi pienamente attivo conformemente alle massime e alle esigenze della Dottrina stessa. Ora si domanda: “Può giovare in qualche modo a qualcuno questa Mia Dottrina, per quanto conservata nella sua originaria purezza?”. Ed Io vi dico: “In questo modo essa non può giovare a nessuno! Infatti, giova forse una medicina a chi è ammalato, se egli non vuole prenderla e usarla secondo la prescrizione del medico ricco d’esperienza?”.

2. Ma se qualcuno invece sa anche solo poco di questa Mia Dottrina, però lamette immediatamente in pratica, è chiaro che egli ne otterrà un vantaggio più grande e più vivente che non l’altro, il quale parla certo con il massimo rispetto di Me e della Mia Dottrina, ma in sé non decide mai di operarvi conformemente. Infatti, il primo, grazie alla attività conforme al poco che ha appreso e fuori dallo spirito vivente, trasformerà quel minimo granello di semente in un raccolto abbondante che nessuna maligna potenza sarà mai più in grado di guastare, mentre il secondo, fervido lodatore e fedele custode della Mia Dottrina, tormentato dalla fame spirituale, schiererà accanto alla Mia anche tutte le altre dottrine, ma nonostante ciò morirà di fame spirituale. Ora si domanda: “Mi riconoscerà nell’aldilà la sua anima, se questa non si sarà appropriata già qui, mediante le opere conformi, dello spirito vero delle Mie parole in tutta la pienezza della Verità?”.

3. Mettiamo il caso che qualcuno non conoscesse altro della Mia Dottrina all’infuori del dovere che ha l’uomo di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo suo come se stesso, e che cominciasse a ponderarvi su con assoluta serietà dicendo tra sé: “Ecco una Dottrina davvero eccellente! Ci deve essere certo un supremo Essere divino e Creatore di tutto quanto si vede esistere, vivere e muoversi conformemente a leggi buonissime ed immensamente sagge. Questo Essere dunque quanto mai buono, sapiente e potente va senz’altro stimato, onorato ed amato più di ogni altra cosa al mondo. Il mio prossimo è costituito esso pure da uomini come me, posti tutti dal Creatore a questo mondo con uguali diritti; conviene dunque non disprezzarli, anzi la ragione stessa è quella che, in un certo modo, mi obbliga a fare loro quello che faccio a me stesso, perché, se io tolgo loro il valore che hanno, lo tolgo anche a me, dato che io, come loro, non sono altro che un uomo. Io riconosco ormai questa come una massima suprema della vita, e perciò voglio io stesso osservarla scrupolosamente per primo e con i fatti!”.

4. E vedete, un tale uomo si applica effettivamente a fare così, e cerca di attrarre alla sua idea quanti gli sono vicini, in parte grazie all’esempio e in parte mediante quella sua dottrina quanto mai piana e semplice, e così va formando la sua casa ad un vero modello di devozione e di amore per Dio. Ma quali saranno in breve i frutti di una simile impresa lodevolissima? Ecco, la gente vivrà in pace, nessuno vorrà innalzarsi al di sopra dell’altro, chi comprende si darà seriamente, e con ogni pazienza e grande amore, la pena di innalzare fino a sé chi non comprende, e gli farà notare tutti i prodigi esistenti nella Creazione che sono a lui noti, ed infine si rallegrerà di aver rafforzato il più debole di lui.

5. Ma dato che tutto ciò si svolge nell’ambito delle opere e non delle sole parole, avviene pure che tutto viene accolto nella vita dell’anima, e con ciò evidentemente l’anima si renderà sempre più attiva e la vita pulserà in lei con energia sempre maggiore».

 

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Cap. 123

La sapienza come effetto dell’attività d’amore.

 

1. (Il Signore:) «Ma quanta maggiore attività comincia a manifestarsi nell’anima, tanta più luce anche va facendosi in lei, poiché l’elemento fondamentale della vita dell'anima è il fuoco; e con quanta maggiore veemenza però questo elemento comincia in qualche modo ad agire, tanta maggiore luce anch’esso diffonde in sé e fuori da sé. Dunque, quando nell’anima il fuoco vitale divampa con veemenza sempre maggiore, essa si rende pure sempre più ricca di luce vitale, e per effetto di questa sua potenziata luce di vita comincia anche a penetrare sempre più nei misteri interiori della vita e a comprenderli.

2. Questa visione e questa comprensione più profonda infondono poi all’anima sempre nuovo coraggio ad amare e ad adorare Dio ancora più intimamente, e questo amore costituisce allora già una prima scintilla dello spirito di Dio nell’anima; essa poi cresce e si intensifica enormemente; in breve tempo l’anima e lo spirito di Dio divengono una cosa sola, e l’anima allora viene guidata dallo spirito di Dio in ogni verità e sapienza.

3. Ma se ora un uomo è pervenuto così a tutta questa sapienza, come Io vi ho predicato e vi ho mostrato con i fatti per vari giorni, diteMi un po’ se la causa di ciò va forse attribuita proprio al fatto che al suo orecchio sono eventualmente giunte punto per punto esatte ed intatte tutte queste parole da Me rivolte a voi? Oh, no affatto! Al suo orecchio non è giunto nulla all’infuori delle due leggi dell’amore, ma è stata invece e soltanto la precisa e coscienziosissima osservanza di queste due leggi a procurargli tutto il resto!

4. Tuttavia, malgrado Io vi abbia esposto la cosa in maniera certo molto chiara ed evidente, ci sono tra di voi alcuni i quali vanno chiedendosi tra di loro: “Ma come è mai possibile che l’osservanza fattiva dei due comandamenti innalzino l’anima fino a un simile grado di sapienza?”. Ed Io rispondo: “È possibile per la ragione che l’anima è disposta così già originariamente!”.

5. Com’è che l’uva si fa matura, dolce e colma di elemento spiritoso, eppure non è altro che una semplice pianta naturale? Questo è l’effetto della luce e del calore del Sole! Per l’azione della luce e del calore gli spiriti naturali nell’uva si rendono sempre più attivi, ma diventando sempre più attivi e in un certo modo muovendosi sempre con maggior zelo e sfregandosi l’uno contro l’altro, avviene che in se stessi alimentano sempre di più anche il calore e la luce. Ma facendosi sempre più chiari e luminosi in se stessi, naturalmente si potenzia anche la loro reciproca intelligenza specifica; ma quanto più chiara si fa la loro intelligenza, tanto più si riconoscono come appartenenti all’uno e stesso ordine, ed allora cominciano ad afferrarsi tra di loro, ad ordinarsi e ad unirsi. Quando questo processo si è completamente svolto, allora anche l’uva è giunta a maturazione ed è commestibile.

6. Quando poi se ne sarà spremuto il succo e lo si sarà raccolto in un vaso, gli spiriti naturali bene ordinati che vi si celano dentro non tollereranno più che un qualche corpo estraneo, che cela in sé degli spiriti naturali di un ordine differente, venga a turbare il buon ordine ormai stabilitosi tra gli spiriti naturali ordinati del succo d’uva, che essi hanno ormai accettato. Quel qualcosa di estraneo e di appartenente ad un altro ordine che si trova nel mosto provoca allora una effervescenza ed una fermentazione che dura finché l’entità estranea non si sia separata dal mosto o non si sia rassegnata pienamente al suo ordine. Soltanto dopo che questo è avvenuto, fuori dal buon ordine della totalità degli spiriti naturali del succo d’uva purificatosi si desta lo spirito della luce e del calore interiori, e così il mosto, prima ancora molto impuro, diventa un vino puro e forte.

7. Dunque, tutto ciò è un effetto del Sole, vale a dire della sua luce e del suo calore. E appunto altrettanto avviene dell’uomo e della sua anima! Se egli può incitare la propria anima ad un’attività sempre maggiore mediante l’osservanza della Mia Legge dell’Ordine supremo dettato da Dio, allora in ciascuna sfera vitale dell’anima stessa si svilupperanno sempre di più la luce ed il calore vitali. Essa stessa con ciò si riconoscerà in maniera sempre più chiara e pura, e riconoscerà anche la Forza divina che in lei affluirà in misura sempre maggiore e susciterà pure una vita sempre più intensa.

8. Se però riconosce questa Forza, essa riconosce anche Dio dal Quale la Forza stessa emana. Ma se deve riconoscere necessariamente tutto ciò, essa deve anche amare Dio sempre di più. Grazie a tale amore essa separa poi dal proprio ordine vitale, che si fa sempre più puro e perfetto, tutto quanto è estraneo a simile ordine, e va sempre più unificandosi all’Ordine dello spirito di Dio in lei. Ora, dato che, come è facilmente comprensibile, tale situazione non può mancare di verificarsi, si comprende evidentemente da sé che una simile anima, compenetrata in ciascun suo punto dallo Spirito di Dio, deve aumentare in forza e potenza sotto ogni riguardo e divenire così una vera e perfetta figlia del Dio altissimo.

9. Quando infine una simile anima abbandonerà il corpo e giungerà nell’immenso aldilà in stato di coscienza necessariamente perfettissimo, essa certo riconoscerà pure immediatamente Dio, dato che sarà già diventata una cosa sola con Lui e si sarà fatta cosciente di Lui in maniera piena e chiarissimamente vitale, e ciò per la ragione evidente che la coscienza dello spirito di Dio, certo eternamente la più chiara fra tutte, sarà diventata in certo modo la coscienza chiarissima dell’anima stessa per effetto di un processo di unificazione».

 

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Cap. 124

Dell’erudizione senza opere di vita.

 

1. (Il Signore:) «Ma se le cose stanno tutte esclusivamente in questi termini, come altrimenti in eterno non possono essere, quanto sciocca non deve mai apparire la vostra preoccupazione per la conservazione dello stato di purezza di una Parola che vi è stata data! All’uomo è necessaria una minimissima particella di ciò, cioè soltanto un piccolo granello di senape; se egli lo deporrà nel terreno della vita del proprio cuore, e poi lo curerà amorevolmente e con i fatti, lo vedrà ben presto svilupparsi come albero sotto i cui rami anche gli uccelli dei cieli verranno a prendere dimora.

2. I farisei sono tuttora in possesso dei libri di Mosè e dei profeti nel loro stato di originaria purezza e non manca nulla; ma tutto questo serve forse qualcosa a loro? Essi rimangono sempre quei lupi rapaci che sono, e sotto le mentite spoglie della pecora escono fuori per portare tanta maggiore devastazione tra le greggi degli agnelli che pascolano pacificamente!

3. Questo Io vi dico: “Tutto ciò che è esteriore, per quanto in se stesso sia anche puro, uccide; soltanto nello spirito c’è vita, ed esso vivifica tutto ciò che compenetra”. Voi quindi potrete riassumere facilmente e brevemente la Mia Dottrina, riducendola a quello che è in generale necessario all’umanità. Chi vi opererà conformemente, costui anche in proporzione della propria attività desterà in sé lo spirito che proviene da Dio, e soltanto questo vivificherà la sua anima nella luce e nel fuoco di ogni verità, e l’anima allora sarà guidata in ogni verità e sapienza da Dio ed apprenderà chiarissimamente da sé ed in sé quanto Io vi ho detto ora, nonché altre cose ancora ed in numero indicibilmente grande.

4. Immaginatevi per un momento che Io volessi rivelarvi in modo meraviglioso la Mia Creazione tutta intera in modo analitico, dalla massima alla minima cosa, richiamando qui molte migliaia dei Miei angeli perché mettessero per iscritto ogni cosa per voi, approfittando della loro prodigiosa e massima celerità nello scrivere! In primo luogo ci occorrerebbe tanta pergamena bianca che non basterebbe di gran lunga lo spazio occupato da un intero Globo-involucro a contenerla; e in secondo luogo, quando l’innumerevole quantità di pergamene si trovasse tutta coperta fittamente da minutissimi caratteri, dite un po’ voi: quando finireste di leggerle? Io spero che adesso comincerete a convincervi un po’ della vostra stoltezza!

5. Andate a Menfi, a Tebe, a Karnag e ad Alessandria! Dappertutto voi troverete delle biblioteche, tutte il più possibile autentiche e buone; però Io vi garantisco che non c’è uomo capace di leggere completamente tutte quelle opere nemmeno dedicandovi cinquecento anni! Ci vorrebbe davvero l’età di Matusalemme per poter semplicemente leggere una volta sola tutti quegli scritti e quei segni. E che vantaggio avrebbe colui che si fosse accollata una simile stupefacente fatica? Egli finirebbe con il dimenticare assolutamente quanto avrebbe letto, regolarmente di giorno in giorno, e più tardi, quando la sua mente fosse proprio ben confusa, di ora in ora, anzi addirittura di minuto in minuto; ma in questo modo egli non potrebbe trarre nemmeno un minimissimo profitto per la sua vita.

6. Ebbene, cominciate ora ad accorgervi quale altra via del tutto differente Io intendo mostrarvi con questa Mia Dottrina, procedendo per la quale ci si può trasferire in brevissimo tempo sul campo immenso di ogni sapienza proveniente dai Cieli, purché lo si voglia seriamente?

7. Ma questa “Via” sono Io ed Io sono altresì la “Verità” e la “Vita”. Chi Mi ha accolto nella sua anima con vero amore, ma non soltanto semplicemente credendo alla Parola datagli bensì operando perfettamente secondo la Parola, Io verrò a lui sempre in spirito, ed a lui Mi rivelerò e lo illuminerò come il Sole nascente illumina i campi, prima tenebrosi, della Terra.

8. Con un solo sguardo spirituale interiore egli imparerà a conoscere le cose fin dalle più riposte radici e meglio che non leggendo un’infinità di scritture, impiegandovi anche dieci volte centomila anni, ammesso che all’uomo fosse dato di vivere così a lungo.

9. Voi stessi avete visto e appreso molte cose durante i vari giorni che ho passato con voi, sempre insegnando e operando, e le vostre anime in seguito a ciò si sono destate parecchio, e nei vostri cuori hanno trovato posto l’amore, la fede e una fiducia assoluta; ma se ora voi vi fermate soltanto a questo, in verità, le vostre anime ne trarrebbero ben poco vantaggio, e la vostra conoscenza e la vostra scienza rimarrebbero tali e quali esse sono attualmente.

10. Ma d’ora innanzi conviene che vi facciate indipendentemente attivi secondo la Mia Dottrina; e allora la vita e la luce si accresceranno nelle vostre anime, e soltanto dopo il Mio Spirito prenderà dimora in queste e vi sarà da guida in ogni sapienza.

11. In ciò consiste dunque la nuova scuola della vera vita, e la conoscenza unica e vera di Dio e di se stessi; ed è perciò che la Mia Dottrina può dirsi un vero Vangelo, perché essa insegna agli uomini a procedere per la sola via che è vera e giusta, e quella sola che conduce alla vita vera ed eterna, nonché alla sapienza e all’amore che sono gli unici e veri da Dio!

12. La Dottrina è pur breve, e se si volesse farne un libro, ciascuno che fosse capace di leggere lo esaurirebbe in pochissime ore. Però limitarsi a leggerla, sia pure con il massimo zelo, non potrà mai arrecare un qualche vantaggio a nessuno, se non quello per cui il lettore arriverà a conoscere la Mia Dottrina semplicemente dal suo lato esteriore, ciò che certamente è dovuto avvenire in primo luogo.

13. Quest’atto è come un primo passo necessario per chi vuole intraprendere un viaggio, perché, se Io dovessi eventualmente recarMi da qui a Damasco, ma non Mi decidessi mai a muovere il primo passo, si comprende da sé che non potrei nemmeno fare il secondo, né meno ancora i molti ulteriori passi necessari a condurMi fino a Damasco. Ma ammesso pure che Io con ferma decisione faccia il primo passo, ed eventualmente anche il secondo, il terzo e il quarto, tutto ciò non Mi servirà a niente se Io dopo Mi fermo ritenendo troppo faticoso procedere nel cammino fino ad aver raggiunto Damasco.

14. Ecco: Io vi ho mostrato ormai in maniera chiarissima quello che dovete fare per arrivare veramente alla vita eterna e a tutta la sua giustizia. Operate dunque così come ho detto, e allora la Mia promessa troverà pienissimo adempimento a vostro riguardo, poiché di tutte le numerose cose che Io finora vi ho rivelato questa però è senz’altro la più grande e la più notevole per la vostra vita.

15. Io vi ho certamente mostrato e rivelato moltissimi fra i prodigi delle Mie Creazioni, e conseguentemente avete appreso da Me un numero immenso di cose; tuttavia voi conoscete soltanto quello che avete visto e udito, ma oltre a questo non sapete null’altro. Sennonché mediante la rivelazione che vi ho appena fatto, vi ho chiarissimamente indicato per filo e per segno quello che ciascuno do voi deve fare allo scopo di pervenire alla illimitata, libera contemplazione di tutti i prodigi esistenti nella Creazione infinitamente grande di Dio, i quali non trapasseranno mai più, ma sussisteranno in eterno».

 

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Cap. 125

La necessità dell’autoanalisi.

 

1. (Il Signore:) «Cominciate dunque con ogni zelo ad operare conformemente alla Dottrina; datevi ogni cura, ed esaminate attentamente voi stessi perché non vi accada di trascurare nulla, affinché alla fine non siate costretti a dire: “Ma guarda un po’! Ormai sono circa vent’anni che faccio tutto quello che la nuova Dottrina mi aveva prescritto, eppure mi trovo ad essere sempre continuamente al medesimo punto, io non sento nulla di una luce particolare in me, ed altrettanto può dirsi di una cosiddetta vita eterna in me! Che cosa mai può mancarmi ancora?”

2. Ma appunto perciò vi dico: “Esaminatevi con ogni cura per accertarvi che alcuni pensieri ancora intensi del vantaggio mondano non vengano ancora a tentare il vostro cuore, e che eventualmente l’orgoglio, una certa esagerata propensione all’economia - sorella più giovane dell’avarizia - l’ambizione, la tendenza a voler fare da giudice, la prepotenza, la brama dei piaceri carnali ed altre simili passioni non tengano prigioniero il vostro cuore e così anche la vostra anima! Finché questo accade con l’uno o l’altro di voi, costui non potrà nemmeno giungere alla promessa, vale a dire al pieno adempimento in lui della stessa!”.

3. Infatti, basta che osserviate il mosto ed il vino puro e ricco di spirito contenuto in una botte od in un otre! Finché nel mosto si trovano delle sostanze grezze ed estranee, esso fermenterà e non potrà farsi puro; ma una volta allontanate le sostanze estranee, nella botte andrà man mano ristabilendosi la quiete, il mosto schiarirà e si trasformerà in puro vino dal contenuto spiritoso e perfetto.

4. A più di uno accadrà spesso che gli mancherà ancora ben poco per il possesso pieno del Regno di Dio nella sua anima e tuttavia non riuscirà a conquistarselo perché egli esamina troppo poco se stesso, e non fa attenzione a quello che di terreno è eventualmente ancora appiccicato alla sua anima. Ma se si esaminerà con maggior cura, troverà ben presto che, ad esempio, egli è ancora parecchio suscettibile e che fa presto ad offendersi per ogni piccolezza.

5. Allora qualcuno dirà: “Un uomo deve proprio rinunciare ad ogni sentimento dell’onore?”. Oh, no, rispondo Io, l’uomo può certo avere un sentimento dell’onore, però bisogna che questo sia della specie più nobile! Se un fratello ancora debole nello spirito ti ha offeso in qualche modo, non serbargli rancore, ma va invece da lui e digli: “Amico mio! Non è possibile che tu mi offenda, dato che io amo te come anche amo tutto il mio prossimo; io benedico coloro che mi maledicono, e a coloro che cercano di farmi del male io non rendo che il bene che posso con tutte le mie forze! Però non è bello che un uomo offenda l’altro, e perciò per il tuo stesso bene in avvenire vedi di desistere da ciò, poiché con la tua crescente smania di offendere potresti un giorno imbatterti in qualcuno capace di procurarti dei gravi fastidi e certo quanto mai indesiderabili, ed allora dovresti attribuire a te stesso unicamente la colpa per le conseguenze spiacevoli che ne potrebbero risultare”.

6. Se voi parlerete così, senza alcuna traccia di rancore ad uno che vi ha offeso, allora avrete pienamente giustificato il nobile e divino sentimento dell’onore nel vostro cuore. Ma se per tale motivo vi accorgete che in voi c’è ancora una traccia di un qualche rancore, per quanto minima, e se reagite con parole amare e in qualche modo nemiche, allora è segno che nella vostra anima si cela tuttora un sia pure lieve sentimento di orgoglio, e questo è più che sufficiente per impedire ancora l’unificazione della vostra anima con il Mio Spirito della Luce!

7. Oppure vi si presenta ripetutamente uno stesso mendicante per chiedervi un’abbondante elemosina; voi siete dei benestanti e potreste donare a quel mendicante ancora mille volte di più di quanto gli avete già dato; tuttavia in un certo qual modo vi offende quella che in lui si potrebbe chiamare sfacciataggine, e voi gli mostrate la porta dicendogli che non sta bene che egli si presenti tanto spesso e che non deve immaginarsi di poter ottenere l’elemosina ogni volta che gli salta in mente!

8. Eh sì, per un uomo del mondo questo è certo un linguaggio intonato perfettamente a ragione, ed al mendicante sta bene se gli viene impartita così una lieve correzione; però chi tiene al povero un simile discorso non è di gran lunga ancora maturo per il Mio Regno, cioè per il Regno di Colui che tutti i giorni fa sorgere il Suo sole e che lo fa splendere sul buono e sul cattivo e per il benessere di tutte le creature!

9. Quel raggio solare che magnifica le dimore sontuose dei re e che nell’uva depura, matura e addolcisce il più nobile di tutti i succhi, ebbene, quello stesso raggio splende anche sulle paludi e sulle cloache, e non si scandalizza del gracidare delle rane e del frinire delle cicale. Ma il comportamento descritto prima ha dietro di sé ancora qualcosa della spilorceria, e sia questa che l’esagerata parsimonia non sono situate proprio a grande distanza dall’avarizia e turbano il mosto vitale dell’anima, e finché continua ad essere così, l’anima non si può trasformare in vino vitale puro e ricco di elementi spirituali.

10. Chi invece, essendo benestante, nel donare prova unicamente una grande letizia, e non fa assolutamente caso se un povero gli chiede l’elemosina pur essendo ricorso a lui già parecchie volte, costui allora, per quanto riguarda questo punto, è già maturo per il Mio Regno, purché non vi sia eventualmente qualche altro piccolo difetto nella sua anima.

11. Dico quindi a voi tutti di aver cura di scrutare sempre esattamente in voi e di fare in modo di innalzarvi fino a quello stato della vita, dal quale si possa formare in voi la chiara e vivente convinzione del fatto che voi stessi vi siete resi liberi da ogni scoria terrena».

 

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Cap. 126

L’amore del prossimo come regolatore della parsimonia.

 

1. (Il Signore:) «Certo, qualcun altro tra di voi penserà e dirà: “Andrebbe tutto bene con l’esame di se stessi, ma dove trovare la misura sempre giusta del sentimento puro e della coscienza?”. Fin dalla culla l’uomo cresce in un ambiente nel quale domina il senso morale popolare, e reputa buono tutto quello che egli fa rendendo omaggio a questo senso morale; anzi, qualora vi operasse in contrario, riterrebbe di commettere peccato.

2. Ad esempio, ammettiamo che la parsimonia presso un popolo sia considerata una virtù principale, raccomandata e lodatissima, e che la relativa massima suoni così: “Chi risparmia in gioventù e nell’età virile, non languirà nel tempo della vecchiaia, e chi non lavora e risparmia, non ha nemmeno diritto di mangiare!”.

3. Miei cari amici! Questi principi, in sé per niente disprezzabili, Mi sono benissimo noti, ed è bene che essi sussistano e vengano mantenuti dappertutto laddove un popolo vive in comunità, però devono sempre sussistere nel senso più nobile della vita; ma affinché possano sussistere fra le comunità degli uomini soltanto in questo senso, e non vi sia esagerazione né in più né in meno, occorre che venga posto al loro fianco uno stabile e fidato regolatore. Ma chi potrebbe assumersi una tale funzione regolatrice? Niente e nessun altro che il vero e puro amore del prossimo, a cui massima ragionevole e suprema deve consistere nel desiderare e nel fare di tutto cuore al prossimo precisamente tutto quello che, naturalmente, si può desiderare in maniera ragionevole e saggia che gli altri facciano a noi.

4. Chi considera questa massima con attenzione, si accorgerà ben presto che essa come nessun’altra possa spronare tutti ad una certa diligenza e ad una vera e nobile parsimonia, perché, se a me riesce sgradito vedere qualcuno fare l’ozioso al mio fianco, è necessario che anch’io non mi faccia vedere ozioso al suo fianco!

5. Se ciascuno si comporterà così, ispirandosi al vero e nobilissimo amore del prossimo, in breve tempo in una comunità ci saranno ben pochi che si possano giustificatamente chiamare poveri. All’infuori degli zoppi, degli storpi, dei ciechi, dei sordi e dei lebbrosi, ben pochi resteranno a carico della comunità; poi certo bisognerà prendersi a cuore le sorti di questi con tutta premura e animo lieto.

6. Oltre a questo in una comunità ci saranno uno od anche più insegnanti, i quali non avranno il tempo di procurarsi il sostentamento con il lavoro delle loro stesse mani, e allora per le necessità materiali di quest’ultimi converrà che provveda la comunità affinché loro non siano obbligati a dedicare ai lavori dei campi il tempo che devono invece dedicare all’istruzione dei vostri figli e di voi stessi! Questa è pure un’opera particolare di amore del prossimo che va stimata molto alta! Infatti, non va bene che voi lasciate languire nella sfera corporale chi vi procura i tesori della vita spirituale, che in quanto tali sono i tesori autentici.

7. Ma chi ha ottenuto da Me la Grazia di essere chiamato a fungere da maestro agli uomini nel Mio Nome, costui rifletta sul fatto che tale Grazia l’ha ricevuta gratuitamente da Me, e che quindi non gli è lecito pretendere compensi per distribuirla agli altri! Dunque un vero maestro dividerà gratuitamente con gli altri quello che avrà ricevuto gratuitamente da Me. Però per vero amore verso di Me coloro che saranno beneficiati in tal modo devono fare poi spontaneamente e con tutto amore buona accoglienza al maestro che Io ho mandato loro, e che non gli lascino mancare nulla di quanto gli occorre, perché qui è superfluo menzionare che quanto essi faranno a chi è inviato da Me, verrà considerato precisamente come fatto a Me stesso!

8. E quanto fanno, è bene che lo facciano sempre con grande letizia, affinché il cuore del maestro non si senta oppresso dalla tristezza vedendo la durezza di cuore dei membri della comunità, anzi, lo devono fare in modo che il maestro si senta il cuore pervaso dalla gioia constatando come la Mia Parola che sgorga dalla sua bocca abbia cominciato subito a portare nobilissimi frutti di vera vita interiore.

9. Voi dunque vedete che l’amore del prossimo vero, nobile e, dico, ragionevole, è per questa vita terrena senz’altro il più fidato termine di confronto per scrutare in se stessi allo scopo di verificare lo stato di purezza dell’anima. Mettetelo in pratica perciò prima di ogni altra cosa, e non mancherete di raccogliere in voi quanto prima i frutti più colmi di benedizione per i granai della vita eterna nella luce del Mio eterno Spirito! E tu, o Mataele, che ne dici adesso riguardo al mantenimento allo stato di purezza di questa Mia Dottrina che ora vi ho dato? Ritieni o no che così essa potrà venire mantenuta pura per l’umanità intera fino alla fine dei tempi?»

10. Dice allora Mataele, profondamente toccato dalla verità delle Mie parole: «O Signore, concedimi solo una breve pausa affinché io possa raccogliermi e ringraziarTi anche con la mia bocca per questa importantissima chiarificazione che ha avuto la virtù di fare svanire ogni mia preoccupazione! Certo occorre che questa lode venga espressa ad altissima voce! Sennonché il mio cuore è ancora troppo commosso e afflitto; permetti dunque, o Signore, sapientissimo dall’eternità, una breve pausa alla mia anima!».

 

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Cap. 127

L’amore come la più vera lode di Dio.

Le parabole della Terra e del raccolto narrate dal Signore.

 

1. Dopo un po’ di tempo il nostro Mataele, ritrovato l’equilibrio, voleva dare inizio alla sua lode nei Miei confronti in termini quanto mai altisonanti.

2. Io però gli dissi: «Amico, quello che tu vorresti adesso esprimere ad alta voce, Io lo conosco già da lungo tempo dalla prima all’ultima parola; e perciò puoi senz’altro farne a meno! Io non amo affatto le lodi roboanti di questa specie. La lode assolutamente a Me più gradita è che in tutta verità tu Mi ami fuori dalla più intima profondità vitale del tuo cuore!

3. Ah, certo, quando sarai presso il tuo popolo, tu potrai dire di Me cose grandi con il massimo entusiasmo, ed Io te ne ricompenserò con ogni tipo di doni della Grazia per il cuore, l’anima e lo spirito; ma qui, in Mia presenza, ciò è tanto meno necessario in quanto tutti gli altri che sono qui comunque Mi conoscono altrettanto bene quanto te, e Mi rendono onore perfettamente come te.

4. CrediMi: non è stato mai scritto, né cantato su questa Terra qualcosa di più grande, di più maestoso e più degno di Dio dei salmi di Davide e del Cantico dei Cantici di Salomone dai tempi di Noè; eppure non perciò né Davide, né Salomone hanno acquistato maggiori meriti al Mio cospetto, né Mi sono diventati più graditi! Anzi, Salomone è alla fine decaduto addirittura da ogni Mia grazia per sua stessa colpa, e non furono i salmi a fare di Davide un uomo gradito al cuore di Dio, ma unicamente il fatto che egli aveva riconosciuto la Mia Volontà e spontaneamente vi aveva conformato le proprie azioni. E dato che egli fece così, proprio per questo i suoi salmi acquistarono valore di fronte a Me. Tu dunque ora vedi cos’è che soltanto rappresenta un valore per Me? Quindi fa pure tu così, e allora Mi onorerai al massimo grado con Mia vera gioia e con genuino vantaggio della tua anima!

5. Ma adesso occorre che il Mio Roclus venga nuovamente qui da Me, perché Io vedo che egli ha ancora qualcosa che gli grava sul cuore e riguardo alla quale desidererebbe avere una spiegazione più chiara che gli sarà anche data. Roclus avvicinati a Me, perché ho ancora qualche questione da regolare con te!»

6. E come Roclus ebbe udito questo appello, si affrettò a venire da Me e disse: «O Signore e Maestro, ecco dinanzi a Te l’ultimo e il Tuo più inetto servitore pronto ai Tuoi comandi! Fammi conoscere la Tua santa Volontà, ed io mi renderò immediatamente attivo con la massima precisione secondo questa! Infatti, io ho inteso esattissimamente le Tue parole di prima, le ho messe alla prova al fuoco d’amore del mio cuore, ed ho trovato vero, addirittura anche dal punto di vista naturale, tutto quello che Tu, o Signore, hai insegnato e spiegato con assoluta fedeltà e chiarezza. Il sapere ed il conoscere devono certamente avere la precedenza, però subito dopo deve venire l’agire conformemente ad essi, perché ogni scienza e conoscenza, per quanto siano grandi, non hanno affatto alcun valore senza le opere! Io sono ormai assolutamente convinto che tutti i sapienti di questa Terra non sarebbero capaci di farmi scostare nemmeno di quanto è largo un capello da questa mia convinzione! Perciò comanda, o Signore, ed io metterò mano all’opera al più presto!»

7. Dico Io: «Oh, senza dubbio, il lavoro che ci attende è grande, e di lavoratori ce ne sono ancora pochi! Il raccolto potrebbe essere abbondante: le messi sono mature ma i mietitori e gli spigolatori sono soltanto in piccolo numero! Perciò è ormai giunto il tempo di mettere mano al lavoro, affinché il grano venga portato nei Miei granai prima che si annuncino le tempeste annientatrici e disperditrici del nobile grano della vita, che poi sarebbe esposto al pericolo di venire divorato dagli uccelli per saziare la loro immensa fame.

8. Nel Libano esiste certo ancora più di un cedro sotto ai cui rami Samuele un giorno ha innalzato le sue preghiere a Dio. Allora quegli alberi erano come dei giovinetti, esuberanti di bellezza e di energia, e le tempeste più rabbiose tentavano invano di sfogare su di loro il malumore da cui erano invase. Con la vecchiaia però vengono gli acciacchi, e l’affievolimento dei muscoli si accompagna al decadimento del corpo; perciò i cedri antichi del Libano conservano tuttora qua e là una certa energia in qualche ramo, e con la loro parte sana sfidano ancora più di una tempesta; tuttavia più di due terzi dei loro rami sono già inariditi, e dei rimanenti - che sono a mala pena un terzo - soltanto per metà sono sani e buoni ad offrire solo alle scimmie uno scarso ricovero e una debole protezione contro le tempeste che di solito imperversano in Libano. Ora ecco: spetta a te raccogliere una semente del tutto matura e, quale esperto giardiniere, affidare al terreno del Libano le nuove piante di cedro; ma come fare per sbrigare il lavoro prima che sopravvengano le paurose tempeste? Mi comprendi bene, amico Mio?»

9. A queste parole Roclus rimane stupefatto e dice: «Signore, che Tu questa voltaTi sia espresso in perfetto idioma greco, di questo sono convinto; devo dire però di non aver afferrato nemmeno una sillaba del vero senso delle Tue parole! Dove possiedi Tu, o Signore, su questa Terra un campo che sia ora colmo di grano maturo e pronto per la mietitura? Dimmelo, e già domani mille mietitori e spigolatori si daranno da fare su di esso per occuparsi del raccolto, in modo che poi le tempeste che verranno potranno a loro volta infuriare contro le stoppie che vi rimarranno!

10. Ma che cosa ci può interessare il Libano ormai già molto spoglio di cedri? Chi ne è il possessore, ci pensi lui a rimboscarlo, e che le molte scimmie si sbizzarriscano pure a saltare sui rami e rametti ancora un po’ robusti dei cedri antichi che hanno dato ricovero a Samuele e fornito legname a Davide e a Salomone! Secondo il mio parere, sarebbe certo meglio attivarsi per promuovere il più possibile la vera cultura degli uomini e lasciare il Libano in pace. Mi incarico senz’altro io del campo che Tu possiedi, o che hai forse solamente in affitto, probabilmente in qualche luogo vicino a Nazaret, e garantisco che fino a domani sera non uno stelo rimarrà più all’aperto sul campo, esposto al pericolo degli uragani! Dunque ordina, o Signore, ed entro qualche ora io faccio mettere in moto con ogni facilità anche seimila braccia se occorre».

 

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Cap. 128

Il senso spirituale di entrambe le parabole.

 

1. Dico Io: «O amico Mio, vedi, gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, ma Io, che attualmente sono il Figlio dell’Uomo, su questa Terra non possiedo di legalmente Mio nemmeno una pietra su cui posare il capo, e tanto meno un terreno coltivato a grano che abbia bisogno di mietitori!

2. Il campo di cui Io intendo parlare è questo mondo, e il grano maturo rappresenta gli uomini, mentre i mietitori sono coloro che Io chiamo quali Miei discepoli. Occorre che questi escano fuori in tutto il mondo, che ammaestrino gli uomini e che riconducano sulla retta via tutti coloro che vanno vagando per vie contorte ed errate e che con gli occhi tre volte chiusi vanno in cerca di un asilo sicuro senza poterne trovare nessuno.

3. Essi sono maturi perché si è destata e si è fatta vivente l’aspirazione ad una meta superiore. Tutti cercano la pace vivente coronata da una beatitudine perfetta; solo che la cercano procedendo per vie sbagliate e per conseguenza, nonostante il loro cercare, non pervengono alla fine a nient’altro che alla morte del corpo, oltre alla quale regna per tutti una notte profondissima nell’aldilà.

4. Finché l’uomo non percepisce una tale necessità in sé, ma vegeta proprio come un animale e mangia senza affatto curarsi di come la propria sfera vitale possa trapassare in qualsiasi cosa si voglia, e mangia come un polipo in fondo al mare, egli non è affatto maturo per una rivelazione di genere superiore. Ma uomini invece, quali ce ne sono attualmente fra i pagani su quasi un terzo della Terra abitata, che vanno indagando e cercando ogni tipo di cose e che con ardente desiderio pongono a traguardo delle loro ricerche una beatitudine sia pure sognata, anche essendo immersi in ogni tipo di passioni, questi costituiscono una messe matura per una visione più nobile della vita, per la verità e quindi per il Mio Regno. Conseguentemente molti sono i mietitori, vale a dire i maestri della Mia scuola, che occorre vengano mandati sul campo, armati di tutto il possibile amore, pazienza, mansuetudine, sapienza e forza.

5. Ora vedi, attualmente ce ne sono ancora pochi di questi; all’infuori di voi non ce ne sono altri in nessun luogo, eccezione fatta dei mori che erano qui e che si sono provvisti della necessaria luce per la loro stirpe, grazie alla quale arricchiranno il loro paese di opere feconde! Perciò conviene che voi pochi d’ora innanzi non ve ne stiate con le mani in mano, ma che invece lavoriate senza tregua affinché il numero dei mietitori vada aumentando sempre di più sul grande campo vitale delle Mie messi! Questo è quello che ho voluto dirti quando prima Io ti ho parlato del Mio campo, dei frutti maturi e del numero troppo meschino dei mietitori per il raccolto.

6. Per quanto poi riguarda il Libano antico con i suoi cedri, esso rappresenta la Scrittura da Mosè fino ai tempi attuali. Certo, essa sussiste ancora, ma le sue immagini si sono fatte vecchie e ammuffite come i cedri magnifici di una volta con i quali, soprattutto all’interno, venne costruito il Tempio di Gerusalemme e molto tempo prima ancora la miracolosa Arca dell’Alleanza.

7. I cedri significano dunque le parole e le leggi contenute nella Scrittura. In altri tempi, quando i cedri del Libano erano ancora giovani e robusti, questi furono di grande utilità agli uomini, e Samuele, il giudice, poté davvero pregare sotto ai loro rami. Sennonché l’avidità dei beni terreni accentuatasi negli uomini ha quasi completamente disboscato il bel Libano, e al posto dei cedri antichi e del tutto sani, cominciarono anche troppo presto a crescere ogni tipo di erbe e di arbusti selvaggi, e perfino i vecchi cedri ancora rimasti, con i loro rami ammuffiti, offrono ormai tutela e vantaggio più alle scimmie che non agli uomini, ma naturalmente anche questo avviene soltanto per puro caso, perché la scimmia non può conoscere il valore di un cedro, né è capace quindi di apprezzarlo o di stabilire l’uso al quale può servire.

8. Però, non altrimenti avviene ora dell’antica Scrittura e dei profeti: si rende onore all’antico libro collocato su di un altare, e lo si adora come fosse una divinità in una maniera stolta e cieca tanto da far rizzare i capelli sul capo, mentre nessuno si cura affatto di quello che vi è contenuto, né, meno ancora e più raramente, qualcuno pensa di conformare le proprie azioni a tale contenuto! Ma effettivamente allora un uomo di questa specie (un fariseo) somiglia proprio ad una scimmia che salta allegramente di ramo in ramo, pronta a caricare di legnate chi volesse cacciarla via, dato che una scimmia resta scimmia e, come tale, essa fa dell’albero prezioso un uso ben differente da quello che per ragioni naturali è da cercarsi e da trovarsi nell’albero stesso.

9. Dunque, così succede che la Scrittura non rappresenta per gli uomini nulla di più di quanto per le scimmie possa rappresentare un cedro ammuffito, e tutto il Libano è ormai stracarico di ogni specie di piante selvagge e spesso velenose, le quali sono altresì simili alle tombe di putrefazione e imbiancate dei profeti che all’interno sono colme di morte, di putridume e di fetore, mentre la parola vivente dei profeti, ricordata nei libri, rimane inosservata proprio in quella sfera nella quale invece dovrebbe venire osservata. Però, la si adora come una cosa sacra, ed a coloro che osano toccare il libro dei profeti essendone indegni, vengono fregate le mani con il sale fino a farne uscire il sangue; oh, ma del fatto che qualcuno si prenda a cuore le parole dei profeti e che voglia rendersi attivo in base ad esse non vi è alcuna traccia in nessun luogo! Ma che cosa rappresenta in questo caso la cosiddetta sacra Scrittura? Essa non rappresenta nient’altro che un Libano coperto da cima a fondo da una sterpaglia selvaggia, atto ad offrire dimora alle scimmie e non più ad uomini entusiasti di Dio!

10. Con il tempo, anche della Dottrina che ora Io vi do può accadere che, nella sua qualità di reliquia santa, venga adorata come un idolo, e che con leggerezza d’animo e di coscienza non ci si curi assolutamente più del suo senso interiore e del suo spirito, limitandosi a prendere per norma i principi degli uomini ed a concludere con le parole: “Di che cos’altro abbiamo bisogno?”.

11. Ma qualora ciò dovesse avverarsi, allora scenderà sulla Terra quella grande tribolazione della quale ha annunciato il profeta Daniele dicendo: “Ci sarà un tempo di angoscia quale non vi fu mai da quando ebbe inizio il mondo!”. Io credo che adesso tu avrai ben compreso le Mie due immagini di prima!».

 

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Cap. 129

La maturità spirituale dei mietitori del Signore.

 

1. Risponde Roclus: «Sì, Signore, ora le comprendo alla perfezione; tuttavia appunto questa comprensione suscita in me un senso di tristezza! Però, per quanto riguarda il numero attualmente troppo esiguo dei cosiddetti mietitori, Tu, o Signore, hai certo in riserva ancora una grandissima quantità di Raffaeli. Questi, sotto forma di Raffaeli, potrebbero presentarsi agli uomini, convertirli e addirittura guarirli, come Raffaele ha radicalmente guarito me dal mio ateismo, e la questione risulterebbe definita su tutta la Terra in poche ore! Sono un uomo anch’io, eppure questo metodo di insegnamento non mi ha nuociuto minimamente, e quindi a tutti gli altri lo stesso metodo non potrà certo nuocere di più, anzi forse di meno»

2. Io dico: «Va benissimo, amico Mio, d’ora innanzi questo si verificherà in parte, però soltanto con gente fornita delle tue conoscenze e dotata delle tue esperienze nonché del tuo spassionato senso di giustizia. Però di uomini di questa specie non ce ne sono proprio molti su questa Terra. I migliori e più puri di tutto questo mondo si trovano adesso qui, perché è stata Mia Volontà che tutti, da lontano e da vicino, venissero a radunarsi intorno a Me.

3. Già molto tempo fa Io stesso ho previsto, sistemato e avviato le circostanze in modo tale che essi, precisamente in quest’epoca, dovessero essere presenti qui, per venire istruiti da Me stesso e dai Miei angeli. Essi dunque, come te, sono stati tutti ammaestrati LINEA RECTA (in linea diritta) dai Cieli, ma questi ormai sono radunati tutti qui!

4. Per tutti gli altri invece una simile istruzione, che procede dalle fonti supreme e che è eminentemente coercitiva dal punto di vista spirituale, non va bene; ed è chiaro che risulterebbe più di danno che di vantaggio, dato che essi, tutto ciò che è stato insegnato qui, sarebbero costretti a crederlo in seguito ai prodigi che hanno accompagnato l’insegnamento, ed in questo caso sarebbero pregiudicati forse per sempre, o per lo meno per un lunghissimo tempo, la libera conoscenza e la libera volontà. Nei vostri confronti invece questa preoccupazione non esiste, dato che voi siete in possesso di una conoscenza già fondata su solide basi e di una vasta esperienza.

5. DimMi tu se ormai vi è qualche specie di prodigio capace di suscitare in un certo modo confusione nel tuo animo! Tu, nell’inscenare i tuoi stessi miracoli, partisti sempre unicamente dal punto di vista che in tutto questo mondo non vi può essere assolutamente alcun prodigio soprannaturale, ma che però ci sono degli individui i quali con il loro talento e con le loro facoltà sono riusciti a carpire più di una cosa alle forze segrete della natura, e l’hanno essi stessi messa in opera, ottenendo così il risultato di suscitare il massimo stupore in tutto il rimanente gregge umano, per la ragione che quest’ultimo non può nemmeno lontanissimamente avere la benché minima idea di come un certo miracolo, a cui ha assistito con i propri occhi, possa venire compiuto grazie all’aiuto di forze del tutto naturali.

6. Per un uomo come sei tu non c’è miracolo che possa avere forza costrittiva, perché di fronte a un miracolo un uomo come te si metterebbe ben presto ad indagare di nascosto e a chiedere: “CUR, QUOMODO, QUANDO, QUIBUS AUXILIIS?” (Perché, in che modo, quando, con quali mezzi?) come anche è stato il caso tuo. L’improvviso sorgere della nuovissima casa, del giardino, del porto e delle cinque navi non suscitò in te una particolare meraviglia, perché tu in India avevi già fatto la conoscenza di un mago che faceva sorgere per forza magica in un istante addirittura degli interi paesaggi; dunque non era da escludere che anche qui potesse esserci qualcuno capace di fare comparire ad un sol cenno una casa con relativo giardino ed un porto con delle navi!

7. Raffaele ha avuto alquanto da fare per ricondurti ad una maggiore comprensione, tuttavia tu non ti dichiarasti ancora pienamente soddisfatto, ma continuasti ad indagare ulteriormente, e per conseguenza dovette venirti completamente rivelata la ragione spirituale di come un fatto simile sia concepibile per le vie puramente spirituali della volontà! Questa cosa poi fu dimostrata a te e a tutti coloro che sono qui presenti, fino alle sue intimissime radici, cosa di cui tu rimanesti certamente soddisfatto; altrimenti dopo ciascuna spiegazione tu stesso non avresti certo soggiunto: “Questo mi è ormai chiaro fino all’evidenza!”. Ma ciò che tu assicuravi di comprendere, ti era anche certamente chiaro, perché in caso diverso non ti saresti accontentato di una cosa non chiara e di un mistero! Ora vedi, quello che è accaduto a te, è accaduto pure al discreto numero di persone che sono qui; tutte quante non erano soddisfatte di contemplare soltanto la superficie del mare, ma volevano sapere altresì che cosa esso tiene nascosto nei suoi profondi abissi!

8. Ma così è anche bene che sia, perché soltanto questi individui, i quali hanno già una capacità di comprensione molto desta e lucida, sono atti ad afferrare il senso di una rivelazione più profonda della vita di questo genere, pur restando perfettamente liberi nella loro conoscenza e nella loro volontà; e solo questi individui Io posso poi utilizzarli come veri mietitori sul campo immenso della Mia seminagione umana. Però ora puoi contarli tu stesso, e renderti conto del fatto che essi non sono davvero troppo numerosi per questa vasta Terra!

9. Se dunque dico che il raccolto è maturo e abbondante, mentre invece sono pochi i mietitori, si spera che tu adesso vedrai molto facilmente la ragione per la quale Io Mi esprimo così. A voi, che avete le attitudini necessarie, Io non ho tenuto nascosto niente, e vi ho mostrato e svelato nelle sue linee principali tutta l’infinità e tutta l’eternità, inoltrandoMi in estensione ed in profondità il più possibile in rapporto alle vostre facoltà intellettive, non proprio eccessivamente acute; e addirittura vi ho pure mostrato in maniera palpabile tutto quello che deve venirvi rivelato dal Mio Spirito in voi.

10. Tutto questo però, come detto, Io non potevo rivelarlo che a voi, ma a nessun altro su tutta questa cara Terra, per la ragione che gli altri non possiedono affatto la necessaria capacità priva di pregiudizi, né la possederanno ancora per lunghissimo tempo, dato che da un lato essi sono ancora troppo stretti nei ceppi di ogni tipo di superstizione, e dall’altro sono ancora troppo intenti a grufolare nel terreno dei più egoistici e sudici interessi mondani. E perciò ogni fenomeno, per quanto abbia un carattere puramente spirituale, in primo luogo non rappresenta affatto per loro una necessità, ed in secondo luogo, anzi, ai loro occhi è qualcosa di assolutamente non necessario alla vita, e per lo più qualcosa di supremamente noioso, perché intralcia la libertà di movimento e di azione sul loro campo immondo.

11. Vorresti tu forse mandare a loro un angelo come Raffaele? Io ti dico in verità che questa specie di individui anzitutto non hanno alcuna capacità di comprensione per simili apparizioni straordinarie, poi non c’è in loro il sentimento necessario, ed in terzo luogo esse sarebbero per loro molto più di danno che di vantaggio.

12. I superstiziosi, e coloro che sono inclini alla fede facile e cieca, crederebbero certo a tutto anche troppo presto, però si farebbero delle immagini di Me e di Raffaele, nonché infine anche di voi, amici Miei, ed a queste immagini erigerebbero dei templi per renderle senz’altro oggetto di venerazione e di adorazione come i loro idoli, mentre i veri eroi dell’arrabattarsi mondano ci caccerebbero via come imbroglioni e parassiti che vogliono schivare il lavoro. E qualora noi cominciassimo a trattarli con Forza e Potenza divine, non ci porgerebbero ascolto, anzi, considerandoci dal loro punto di vista dei nemici acerrimi dell’umanità, tenterebbero tutti i mezzi possibili pur di ucciderci e di liberare il mondo dalla nostra presenza, come appunto infine toccherà a Me stesso!

13. Ma da quanto ti ho detto ora, ti sarà facile rilevare su quanti esperti mietitori noi possiamo contare per questa cara e grande Terra! Ed allora cos’altro resta da fare se non mettere mano all’opera e lavorare assiduamente finché la luce e la serenità del giorno lo concede, poiché quando la notte è completamente scesa, allora non sarà più facile lavorare per nessuno. Dunque, noi siamo radunati tutti qui, ed oggi, dopo che si sarà levato il sole, ci accingeremo tutti alla grande opera».

 

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Cap. 130

Cenni di ammaestramento del Signore per la diffusione del Vangelo.

 

1. Il Signore: «Noi non vogliamo affatto esprimerci in anticipo ed affermare: “Comunque succederà così e così!”, perché, se la grande opera deve avere successo, Io stesso devo astenerMi dal rivolgere degli sguardi troppo acuti al lontano avvenire, affinché tra Me e gli uomini da Me creati non venga a frapporsi la benché minima cosa capace di esercitare una qualunque influenza sulla liberissima volontà umana.

2. Da parte nostra perciò non abbiamo altro da fare che annunciare semplicemente agli uomini la piena venuta del Regno di Dio, del puro amore e della verità, con la piccola aggiunta, in caso di necessità, di un qualche prodigio da compiere però sempre solo come beneficio, e mai come una qualche punizione, né meno ancora come un atto di vendetta suggerito dall’ira, e ciò neppure quando dovesse toccarci di sopportare le molestie più gravi da parte di gente cieca e per conseguenza certo anche molto ingrata. Chi di voi si comportasse in maniera contraria a questi dettami, spargerebbe la semente del male anziché del bene, ed Io sarei allora costretto a privarlo di tutta la Mia Grazia ed infine a guardarlo con occhio adirato.

3. È opportuno quindi che questa Mia Dottrina venga annunciata agli uomini e ai popoli del mondo intero assolutamente senza alcuna costrizione esteriore né, meno ancora, interiore, e che miracoli si operino unicamente là dove anzitutto la gente ha una ferma fede vivente che compenetra l’intero cuore, e non minata da alcun dubbio esteriore, e nei luoghi dove la gente già possiede molte esperienze e svariate conoscenze.

4. Ma dinanzi a gente credulona e superstiziosa non si devono operare prodigi, perché in questo modo non si farebbe che privarli anche dell’ultima scintilla della loro libertà di volere, già comunque molto debole! Ed allora questa Mia nuova Dottrina dai Cieli non sarebbe per nulla più utile a loro di quanto non lo sia la loro antica superstizione, perché essi comincerebbero ad attribuire alle parole dai Cieli una particolare azione magico-divina, a subirne ciecamente l’influenza, ad accettare passivamente ogni cosa ed ogni situazione, mentre resterebbe più che mai lontano dai loro pensieri l’operare secondo la Dottrina per essere degli uomini buoni e devoti!

5. Anzi, alla fine diverrebbero così pigri come attualmente lo sono molti fra gli ebrei benestanti, i quali spingono la loro poltroneria al punto da evitare di innalzare personalmente le loro preghiere a Dio e di pagare i farisei od anche altri sostituti perché preghino per conto loro, dato che essi dispongono di troppo poco tempo per tale scopo, e d’altro canto è per loro eccessivamente scomodo sciorinare macchinalmente le preghiere lunghe varie braccia conformemente alle prescrizioni.

6. Se un giorno anche rispetto a questa Mia Dottrina si dovesse arrivare ad un simile limite estremo della miseria, certamente allora un altro Giudizio universale, allo scopo di ricondurre tutto allo stato antico di verità, non si farebbe attendere molto, come è avvenuto ai tempi di Noè.

7. Insegnate dunque a tutta l’umanità la verità più pura, tenendovi il più possibile lontani da ogni misticismo e da ogni cosa meravigliosa dal sapore magico; l’agire diversamente sarebbe un errore immenso! Infatti, se un uomo esce dal campo di attività del proprio libero volere e trapassa ad uno stato di devota indolenza, egli cessa di essere un uomo e si colloca addirittura al di sotto dell’animale, rendendosi in tal modo simile ad un cespuglio sordo e selvaggio, il quale sotto l’influenza della luce e del calore solari non fa che vegetare inutilmente quale arboscello selvaggio, e non è più quasi assolutamente capace di una qualche attività autonoma come si richiede.

8. In simili individui poi anche l’amore va spegnendosi, ed il misero prossimo diventa per loro come una mosca noiosa venuta a molestarli nel loro piacevole sonnecchiare mondano! E per quanto concerne l’amore per Dio, essi si sdebitano offrendo ogni tipo di sacrifici e pagando altri che si incarichino di pregare per loro! Oh, dimMi adesso tu che aspetto può assumere il Regno di Dio nel cuore di gente di questo tipo? Io però non intendo sostenere che un tale stato di cose deve verificarsi per forza con coloro che in futuro avranno parte a questa Mia Dottrina nel modo che in generale si verifica attualmente presso i farisei e gli ebrei; però può comunque verificarsi senz’altro, e precisamente in un tempo non molto lontano da questo, se voi divulgatori della Dottrina stessa non vi accingerete all’opera con la massima accortezza e saggezza.

9. Ora, eleggendovi Miei messaggeri, non intendo in alcun modo vincolarvi, ma vi mando, perfettamente liberi, ad annunciare il Regno di Dio nel mondo! Voi certo riceverete sempre istruzioni da Me su cosa sarà opportuno dire o fare qua o là; però da parte Mia non vi sarà mai aggiunta una costrizione a pregiudizio della libera volontà, e questo vale tanto più per il fatto che voi siete anzitutto anche i Miei cari figlioletti, anzi, i Miei primi, in verità!

10. Mai e poi mai, né a voi, né a nessuno Io imporrò la Mia Volontà secondo la Mia Sapienza, ma ve la renderò nota mediante la parola e il consiglio; starà poi in voi fare vostra la Mia Volontà mediante la vostra volontà e le vostre opere, e precisamente con l’abnegazione di voi stessi in tutti gli svariati campi di attività di questo mondo.

11. Infatti, voi non ignorate che tutto il mondo con la sua multiforme materia esiste per lo spirito, e mai lo spirito può esistere per la materia; dunque da parte vostra sarebbe più che immensamente stolto se voi, uomini già più che per metà nel vostro essere trapassati nello spirito, voleste decidervi per la materia. Però che Io vi costringa in qualche modo a decidervi per lo spirito, questo non avverrà mai, poiché ogni costrizione a questo riguardo è e rimane un fatto assolutamente di ciascun uomo, dato che appunto da ciò dipende la sua vita eterna.

12. La conoscenza e la fede, per quanto priva di dubbi, da sole non giovano granché a nessuno, mentre quello che veramente giova è soltanto l’operare secondo la conoscenza e la fede! Perciò voi dovete esortare tutte le genti che in avvenire apprenderanno la verità che procede da Me per bocca vostra, anzitutto all’azione conforme alla verità appresa, perché senza l’azione le promesse contenute nella Dottrina potrebbero trovare adempimento altrettanto poco quanto potrà arrivare, ad esempio a Damasco, uno che, pur essendogli perfettamente nota la via e pur avendo l’assoluta convinzione e la fede più ferma che quella stessa via deve condurlo direttamente a Damasco, non si decide mai a muovere un passo su tale via, oppure che si propone spesso di intraprendere effettivamente tale viaggio, ma, impedito da ogni tipo di affari di poco conto, non si decide mai a mettersi sulla via che conduce a quella città».

 

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Cap. 131

Agire secondo la Dottrina e le promesse di Dio. Del servizio cerimoniale.

 

1. (Il Signore:) «È opportuno dunque, per quello che riguarda i vostri futuri discepoli, avere anzitutto la massima cura affinché essi non rimangano dei vani ascoltatori e degli zelanti teorici della nuova Dottrina, ma che si facciano dei zelantissimi traduttori in opere della Dottrina ricevuta e accolta per vera convinzione. Infatti, in ciascuno questa Dottrina diventa piena verità soltanto quando l’interessato comincia a sentire che si vanno avverando in lui le promesse della Dottrina stessa, così che infine egli deve confessare a stesso e dire: “Certo, la Dottrina proviene veramente da Dio, dato che io sento come in seguito alla sua effettiva osservanza le promesse che vi sono incluse vanno compiendosi in me l’una dopo l’altra in tutta la loro assoluta realtà e verità!”.

2. Una volta che qualcuno sia arrivato a questo punto, egli ha già partita vinta, e con lui anche la Mia Dottrina, perché ciò servirà da esempio per molti altri i quali sono ancora, per così dire, allo stato sperimentale e non hanno ancora potuto pervenire ad un risultato positivo. In questo modo essi si sentiranno spronati a mettere mano all’opera con zelo ancora maggiore, e solo così cominceranno a raccogliere i frutti della loro attività, per quanto da principio in misura piuttosto scarsa.

3. Nell’annunciare e nel divulgare la Mia Dottrina siate dunque furbi e accorti come i serpenti e le volpi, ma contemporaneamente sempre mansueti come le colombe, il cui tubare - che spesso sembra adirato - non è che amore nascosto, ed è per questo che la colomba era considerata come un simbolo dell’amore anche presso gli antichi.

4. Ebbene, la cosa dipende principalmente da voi: così come voi seminerete, così anche quanto da voi seminato continuerà a sussistere. Se voi commetterete un qualche piccolo errore durante l’opera della semina, da esso nel giro di alcuni secoli potrà sorgere addirittura una montagna intera di errori contro il vero Ordine.

5. Perciò non fatevi traviare da nessuna cosa reputata venerabile, perché consacrata da antiche usanze! Non il Sabato, né il novilunio, né la Scrittura, né il Tempio, né le tombe dei profeti, né i luoghi dove Io stesso ho insegnato ed operato con voi, non la magia pura del Mio Nome, non i templi né le dimore dei patriarchi, né alcune determinate ore del giorno od altre simili pazzie esteriori, ebbene, niente di tutto ciò vi induca mai a deviare in qualche modo dalla Verità che avete appreso qui!

6. Infatti, tutto ciò finora è stato un simbolo, una rispondenza di quello che ora si trova dinanzi a voi in pienissima luce quale Verità pura e svelata in grado supremo. Tutto ciò è stato come un’immensa scritta impressa sulla vasta distesa della Terra, e come una lettera grandiosa del Padre nel Cielo ai Suoi figli su questa Terra, lettera che ormai giace dissigillata dinanzi ai vostri occhi e che voi tutti avete potuto leggere benissimo. Ma dall’attuale momento in poi questa lettera non ha più né un valore, né un significato che condizionino la vita.

7. Ogni importanza invece è adesso concentrata nell’amore per Dio e per il prossimo, però non semplicemente nella teoria, ma in tutta verità nella pratica, ed a tale scopo non c’è bisogno né di un Sabato, né di un novilunio, né di un Tempio, né di un qualche periodo di tempo particolare, né di vesti ornate, né di lunghe preghiere, né di un qualche sacrificio espiatorio ancora più insensato, e nemmeno di buoi, vitelli e montoni da macellare e bruciare, ma quello che occorre è unicamente l’amore quale Io ve l’ho rivelato già tante volte.

8. Voi, quali divulgatori di questa Mia Dottrina, resistete dunque e sempre contro qualsiasi attacco di debolezza provocato dalla considerazione di una massima antica o dalla considerazione della scelta dei cibi, perché quello che entra in bocca in debita misura e ad uno scopo preciso, non rende mai l’uomo impuro, ma impuro lo rende quello che, salendo dal cuore, esce dalla bocca per il danno del prossimo! Procedendo così, con questa Mia Dottrina sarete per l’umanità gli apportatori della vera benedizione e della vera salvezza, la quale per mille anni e poi ancora mille anni rimarrà nell’identico stato di purezza, tale quale Io stesso ora ve l’ho annunciata e sto annunciando tuttora!

9. Ma se voi vorrete accompagnare questa Mia Dottrina anche ad una minima cerimonia di sapore antico, e comincerete ad osservare qualche speciale giorno commemorativo o ad attribuire un qualche valore sia pure ad una minima cosa del Tempio, ciò andrà poi di anno in anno sempre più ampliandosi, e in pochi secoli aumenterà fino a diventare una vera stalla di Augia di cui parla il mito, stalla che infine esigerà nuovamente un giudizio universale per venire ripulita».

 

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Cap. 132

La liberazione dal giogo del servizio cerimoniale e della legge.

 

1. (Il Signore:) «La Dottrina che Io vi do è una Dottrina di Dio e della Vita, la quale è tanto distante da ogni cerimonia quanto lo è un polo celeste dall’altro; qui non occorre né Sabato, né Tempio, né casa di preghiera, né digiuno, né una speciale verga e uno speciale mantello di Aronne, né copricapo a due corni, né Arca dell’Alleanza, né incensiere, né acqua benedetta e meno che meno acqua maledetta! In questa Dottrina l’uomo in sé è tutto in tutto, e non ha bisogno di nient’altro che di se stesso!

2. Negli antichi insegnamenti prefigurativi l’uomo, che sempre più si andava nobilitando e formando come vera persona spirituale, veniva ancora rappresentato solo molto parzialmente e in modo del tutto materiale. Ed è per questo che era necessario rappresentarlo sotto svariate forme, recipienti, e procedimenti cerimoniali corrispondenti allo spirito.

3. In questa Mia nuova Dottrina, invece, l’uomo appare completamente raccolto in sé e con sé come in un punto ed in una unità, nella stessa maniera come Io stesso ora Mi trovo qui dinanzi a voi, riunito, per così dire, in un solo punto con tutta la Mia Divinità precedente, primordiale ed eterna ed infinita. Ed ora sono Io stesso a dirvi che da questo momento in poi il Regno di Dio e la Sua Giustizia non andranno più cercati nel Tempio di Gerusalemme, né sul monte Garizim, né in quei luoghi si dovrà adorare Dio, ma un simile servizio divino si potrà farlo in qualunque luogo dove ci sarà un uomo!

4. Il cuore umano sarà l’unico tempio vivente dell’unico vero e solo Dio, e l’amore tradotto nelle opere sarà l’unico e vero servizio divino, e l’amore per Dio sarà esclusivamente l’unica adorazione vera e propria!

5. Ma dato che né un vero amore per Dio è immaginabile senza il fattivo amore per il prossimo, né d’altra parte questo è immaginabile senza il vero amore per Dio, ne consegue che, considerata proprio a fondo la cosa, queste due specie di amore sono anch’esse un amore soltanto, e costituiscono per conseguenza l’una e medesima vera adorazione di Dio. Colui che ha questo in sé, ha anche riunito nel proprio cuore tutto, compresa l’intera legge ed i profeti, e non ha assolutamente bisogno d’altro in nessun modo.

6. Io con ciò abrogo ogni disposizione antica, non esclusa la legge di Mosè, ma non come se questa non fosse da osservarsi d’ora innanzi, questo no, ma Io l’abrogo solamente per quanto essa era finora una legge costrittiva sanzionata esteriormente da pene terrene che obbligava ad agire in un determinato modo, poiché, così com’era, la legge costituiva per l’uomo un giudice che lo teneva continuamente stretto alla gola, ed era un permanente giudizio al quale nessuno si poteva sottrarre. Ora un uomo che giace oppresso sotto il peso della legge si trova evidentemente in uno stato di giudizio perpetuo; ma chi si trova in tali condizioni, è spiritualmente morto e maledetto dalla interiore libertà divina della vita.

7. Solamente quando la legge diviene una sua proprietà e questa è sottoposta alla libertà del proprio liberissimo volere, soltanto allora ogni giudizio, ogni maledizione ed ogni morte hanno cessato di esistere per l’uomo; e principalmente per questo Io sono disceso appunto sulla vostra Terra: per portare a tutti gli uomini la Redenzione dal giogo della legge, del giudizio, della maledizione e della morte. Ma perciò d’ora in poi Io tolgo via anche ogni esteriorità, e così vi restituisco davvero a voi stessi, e così appunto Io vi rendo veramente figli del vero Dio, e vi creo signori sopra tutta la legge e sopra ogni giudizio.

8. Se voi, e così pure i vostri discepoli, rimarrete sempre invariabilmente fedeli a questa norma, non sarà mai possibile che un giudizio scenda su di voi, dato che voi certamente signoreggerete sul giudizio. Ma se voi lascerete che una qualche antica legge esteriore riprenda il sopravvento in uno o nell’altro punto, sia pure uno solo, e che una qualche antica formalità esteriore vi contamini nuovamente, allora vi sottoporrete di nuovo ad un giudizio, e la morte si aprirà un varco in voi nella misura nella quale voi stessi avrete riaccolto il giogo di un’antica legge formale!».

 

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Cap. 133

Il rapporto dei figli di Dio con le leggi politiche dello Stato.

 

1. A questo punto osserva Roclus: «Ma, o Signore, come stanno poi le cose per quanto riguarda l’osservanza delle leggi politiche statali? Bisogna adeguarsi ad esse anche se, da un lato, si sia giunti al punto di avere la signoria su se stessi? Queste leggi possono venire trattate alla stessa stregua di quelle del grande profeta Mosè?»

2. Rispondo Io: «Ma, amico, come possono gli ordinamenti di uno Stato venire chiamate leggi? Come legge va considerata unicamente l’annunciata Volontà di Dio; le tue leggi statali invece non corrispondono ad altro che alla volontà quanto mai incostante di un uomo, e non possono riguardare una persona se non per quanto concerne esclusivamente le circostanze e le cose della vita corporale umana assolutamente esteriori e materiali. Se le leggi sono buone, allora tu stesso le approverai e le accoglierai con la tua liberissima volontà, ma così ti farai tu stesso un signore sopra le leggi dello Stato, e grazie a loro nessun giudizio potrà venire su di te. Ma se sono cattive, sta a te liberartene e andare là dove ci sono leggi più sagge, oppure puoi anche far notare con tutta dolcezza al legislatore delle carenze di alcune leggi e dargli un saggio e buon consiglio. Se egli accetterà il tuo buon consiglio avrete convenienza a restare; se invece non lo accetterà, accecato nel suo orgoglio di dominatore, allora andatevene! Infatti, la Terra è grande ed ha molti paesi e popoli, e regni e re e principi.

3. Una volta che vi siate fatti puri nel vostro interno, per voi allora tutto sarà puro, poiché per chi è puro, anche tutte le cose sono pure, dato che egli può allora rendersi ragione di tutto, ciò che con altre parole vuol dire: “Per chi vede, tutto è chiaro mentre è giorno, e per chi ha la vista acuta perfino la notte non è completamente priva di luce; per il cieco invece tutto è sempre tenebra, ed il giorno non differisce dalla notte”.

4. Dunque, quando qualcuno è arrivato al punto di essere in perfetto ordine nel proprio interno, così egli si è fatto anche signore sopra ogni disordine che in un modo o nell’altro possa eventualmente regnare a questo mondo. Ma dato che si è fatto signore ed in tali condizioni non è possibile che si manifesti in lui un qualche disordine, ne consegue che egli può anche vivere in ogni società comunque sia politicamente costituita, poiché egli vede ben chiaro dove e come deve muovere il passo.

5. Io stesso ora Mi trovo su questa Terra, e nella Mia Personalità esteriore Mi adeguo agli ordinamenti stabiliti dall’imperatore di Roma, e non Mi ribello in nessun modo ad essi, nemmeno all’apparenza; ma agendo così, perdo forse qualcosa nell’ordine della Mia interiorissima Essenzialità divina? Oh, no affatto! Io sono invariabilmente Quello che sono, ed il Mio consiglio è ascoltato anche da coloro che detengono nelle loro mani i poteri del reggente, e per conseguenza sono un Maestro ed un Signore di questi, e nessuno è qui a dirMi: “Signore, com’è che fai così?”.

6. CredeteMi: chi è veramente riuscito a dominare se stesso, con tutta facilità può rendersi signore anche di tutto un popolo, e nessuno verrà a dirgli: “Amico, com’è che fai questo?”, perché sarà il popolo stesso a nominarlo signore accorrendo tutti a lui per averne consiglio. Ma che cos’altro è un saggio consigliere se non un saggio legislatore? Ora chi prescrive leggi, sarà evidentemente un signore sopra coloro che avranno accolto le sue leggi! O non sono forse dei sovrani e dei signori costoro che sono qui: Ouran, Mataele, il nostro amico e nobile Cirenio, Cornelio, Fausto e Giulio? Eppure tutti loro hanno accettato leggi da Me e Mi chiamano il loro Signore! Ma perché si sono decisi a fare così? Perché hanno potuto riconoscere in Me la Verità nonché la sua forza e potenza più che a sufficienza e con la massima chiarezza! Però quello che ora Io dico e faccio, altrettanto e di più ancora lo farete voi in un prossimo tempo, e così dovranno manifestarsi perfettamente gli identici effetti su tutta la Terra.

7. Certo che a tale scopo si richiede quella determinazione e quel coraggio che non rifuggono dall’affrontare la morte del corpo: come potrebbe essa incutere timore a colui che porta in sé la vita eterna in tutta la sua suprema chiarezza, che in se stesso si è fatto perfetto signore della vita e che quindi deve sapere benissimo come, in primo luogo, coloro che pure possono uccidere il corpo non possono assolutamente recare più in nessun modo danno all’anima e all’eterno spirito della vita che vi è in lei? E costui, in secondo luogo, deve sapere come l’anima, con la liberazione del greve corpo, ottenga per l’eternità un vantaggio incalcolabile e tale che tutti i tesori di questa Terra non saranno mai capaci di pareggiarne in qualche modo il valore!

8. Ma chi può contemplare questa cosa in se stesso in tutta la suprema e più profonda chiarezza fin dai fondamenti della vita, ebbene, costui probabilmente non avrà alcun timore della morte del corpo! Se un simile timore vi fosse in lui, egli evidentemente sarebbe simile ad uno stolto che si mettesse a piangere perché lo si vuole liberare dalla camicia di forza per fargli indossare invece la veste comoda della suprema libertà e chiarezza, assolutamente prive di costrizione, della vita eterna! Una cosa simile perciò non è nemmeno immaginabile, e al momento giusto certissimamente neppure a voi verrà a mancare il coraggio necessario.

9. Dunque, cercate anzitutto di rendervi perfettamente signori di voi stessi, e così vi farete anche signori di tutte le leggi e di ogni giudizio e vi terrete lontani da ogni maledizione che può eventualmente procedere da una qualche sciocca legge del mondo!

10. Ma quello che voi diverrete, fate in modo con ogni zelo che lo divengano pure tutti coloro che impareranno da voi qual è l'ordine interiorissimo della vita; allora essi si sentiranno vostri veri amici e fratelli, né si sogneranno più di emanare leggi, dato che anche loro come voi si renderanno conto che la legge interiorissima della vita è una legge tale da controbilanciare e da rendere perfettamente inutile ogni altra!».

 

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Cap. 134

I trattati fondamentali dell'educazione dei bambini.

 

1. Dice Roclus: «Signore, le parole che hai detto sono come oro purissimo, e la verità di tutto ciò risulta tanto chiara che si può afferrare con mano! In questo modo, dunque, questa Dottrina non può per tutte le eternità delle eternità che rimanere limpida e pura come un diamante, e rimarrà tale anche quando sarà trapiantata nel mio istituto. Ogni cura da parte mia e dei miei compagni sarà rivolta a questo scopo!

2. Ma ora scopro nel mio animo ancora un piccolo punto interrogativo che mi procura qualche imbarazzo; quando saprò ciò che devo fare anche sotto questo aspetto, allora tutto si troverà fondato nell'ordine più solido e più puro, che più solido e puro non me lo potrei davvero immaginare! Ecco, la questione verte su come far apprendere la Tua Dottrina ai fanciulli! Si deve anche di fronte a loro evitare il più possibile ogni raffigurazione simbolica e sensibile delle cose da insegnare?»

3. Rispondo Io: «Certamente, perché le raffigurazioni mediante immagini in nessun luogo rimangono così fortemente impresse quanto nell'animo dei fanciulli, e successivamente è difficile cancellarle del tutto da loro!

4. Anzitutto insegnate loro meccanicamente a leggere, a scrivere e a contare; dopo rivelate loro ancora qual è la forma della Terra e mostrate loro subito il fondamento vero delle cose, qualunque sia la materia di insegnamento, naturalmente nella misura in cui tali cose si confanno loro e per quanto essi sono in grado di comprenderle! Arricchiteli di ogni tipo di conoscenze utili e rendeteli pure partecipi ad ogni specie di piccole esperienze; suscitate in loro entusiasmo per ogni buona cosa e vera.

5. E credeteMi: i piccoli riescono a comprendere il vero e il buono molto prima di tutte le altre corbellerie spesso insensate nella loro complicazione dalle quali sono poi proprio loro chiamati a cavare fuori una qualche verità profondamente sepoltavi dentro, lavoro questo che deve stancarli e renderli alla fine inattivi! Del resto, quando sarà il Mio Spirito a guidare voi stessi in ogni sapienza, vedrete e riconoscerete nella luce chiarissima che cosa vi converrà fare sotto questo aspetto! Se qualcuno di voi ha ancora qualcosa da domandare, che si faccia avanti, perché si sta avvicinando il giorno che segnerà la Mia partenza da qui e inoltre Marco è già occupato a preparare la colazione»

6. Dice Roclus: «No, Signore e Maestro dall'eternità! Per essere proprio sincero, io davvero non vedo cos’altro potrei volere o desiderare ancora di conoscere, così da indurmi a infastidirTi con qualche altra domanda, perché tutto mi è già chiaro e con ciò mi si è fatta chiara la via che devo percorrere. Certo, io potrei domandare innumerevoli cose che per me costituiscono ancora un mistero impenetrabile, sennonché ormai so che secondo la Tua promessa tutto ciò mi verrà dato a tempo debito, e per conseguenza una ulteriore domanda riguardo a cose così svariate sarebbe in verità come voler trebbiare la paglia vuota!

7. La cosa principale è adesso che ci è perfettamente nota la via per la quale dobbiamo incamminarci per pervenire al dominio su di noi stessi, dominio lungamente desiderato. Se abbiamo questo, abbiamo in ogni caso tutto; ma se non l'abbiamo, allora non può servirci che a poco o a nulla del tutto un sapere parziale e frazionato. Io, da parte mia, non saprei davvero cos’altro domandare! Però non intendo assolutamente che questo venga interpretato come un invito o un consiglio a qualcuno di non fare più altre domande!

8. Ricevi ora, o Signore, i miei ringraziamenti per tanta immensa luce che a Te è piaciuto elargirmi; a Te solo sia dedicato d'ora innanzi tutto il mio amore e resa ogni lode! Con la Tua benevola licenza io ora ritornerò subito dai miei compagni, e con loro mi consulterò a lungo riguardo al come noi potremo procedere nel Tuo Nome alle necessarie riforme del nostro istituto. Infatti in esso tutti gli attuali ordinamenti devono venire eliminati e sostituiti di fatto con la Tua Parola!»

9. E detto questo Roclus fece cenno di volersi ritirare; Io però gli dissi: «Non andartene ancora, perché ho dell'altro da chiarire con te!».

 

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Cap. 135

Le difficoltà dell'istituto degli Esseni.

 

1. Dice Roclus: «O Signore, qui forse non c'è un altro che preferirebbe più dime restare vicino a Te! Qualunque cosa sia, quello che da Te emana è per il mio cuore la delizia e la beatitudine suprema! Io ardo addirittura dal desiderio di apprendere ancora qualcosa da Te per quanto riguarda la ricostituzione del nostro istituto!»

2. Dico Io: «Appunto, o amico Mio, tu l'hai indovinato! Sotto questo aspetto c'è più di una cosa ancora che durante il nuovo lavoro cui intendi accingerti potrebbe esserti motivo di qualche perplessità, e sareste esposti all'eventualità di trovarvi discordi tra di voi; perciò sarà bene che, in proposito, vi metta Io stesso sulla buona strada!

3. Prima di tutto vi do per ora l'assicurazione che Raffaele, il Mio servitore, verrà ogni tanto da te e ti assisterà con il consiglio e con l'azione; per quanto riguarda gli altri momenti, egli ad ogni modo ha già le più precise istruzioni e sa precisamente quello che dovrà fare durante la Mia permanenza su questa Terra e dove dovrà trattenersi temporaneamente. Questa assicurazione che ti do vale però soltanto per i casi assolutamente straordinari che potrebbero verificarsi durante il periodo di ricostituzione del vostro istituto.

4. Ma quello che tu stesso dovrai fare, te lo dirò adesso con pochi cenni concisi. Presso il vostro istituto sussiste, invariato da molto tempo, il complesso riservato alla resurrezione dei morti, organizzato con astuzia raffinata. Attualmente sono raccolti là, in numero preciso, centosette fanciulli fra i tre e i quattordici anni, dei quali poco più della metà sono bambine. Voi attualmente vi trovate in un grave imbarazzo, dato che tutti i vostri reparti con i vivai umani dispongono a mala pena di venti casi di sufficiente somiglianza e avete inviato in tutte le parti del mondo dei messi provvisti di immagini dipinte allo scopo di comperare a qualunque prezzo dei fanciulli che somiglino a queste immagini! Sennonché tali messaggeri stanno facendo ben magri affari, dato che, anche se riescono a trovare in qualche luogo qualcosa di somigliante, tuttavia non riescono a indurre il possessore a venderlo, e d'altro canto ciò che non è somigliante non può servire! Cosa ne dici di tutto questo imbroglio?»

5. A queste parole Roclus fa loro un’espressione molto imbarazzata e poi dice: «Ah, Signore, se la cosa è così come del resto è facilmente comprensibile che sia, allora certo l'istituto viene a trovarsi in un grave impiccio! È stata senza dubbio una grande sciocchezza, commessa - devo dirlo - contro la mia volontà, quella di accogliere in una volta tanti fanciulli morti; sennonché il nostro primo dirigente, quello cioè addetto alla sfera della resurrezione dei fanciulli, mi aveva assicurato che le cose si sarebbero accomodate benissimo; ma la questione invece cominciò ben presto a delinearsi sotto tutt'altra forma. Appena venti somiglianze; ma per gli altri che cosa si potrà fare? Non si riuscirà a trovarne di simili neanche ad andarli a cercare con la lanterna adoperata da Diogene, il famoso cinico, per trovare degli uomini in pieno giorno!

6. Il dirigente di cui ho detto prima ha avuto cura di mandare in tutte le direzioni degli incaricati ben provvisti di mezzi, ma se le cose continuano ad andare come sono andate finora, noi con il nostro istituto siamo belli che spacciati, e verremo a trovarci nel più grave imbarazzo, esposti agli scherni che con maligna gioia i farisei, invidiosi e gelosi all'estremo, non vorranno certo risparmiarci. Tanto più che questa volta, a quanto mi consta, tra i fanciulli accolti, ce ne devono essere appunto alcuni appartenenti ai farisei stessi, con i quali essi, nella loro furiosa gelosia, si sono certamente proposti di metterci alla prova!

7. Purtroppo, questa è una situazione aggrovigliata all'estremo e che può essermi di grave impedimento nell’attuare il fermo proponimento di agire d'ora innanzi unicamente nel Tuo Nome! Ma cosa di ragionevole si può ormai intraprendere? Confesso che tutta la mia intelligenza minaccia di fare naufragio contro questo scoglio! Tu, o Signore, potresti certo aiutarci in questo frangente, qualora fosse la Tua santa Volontà, e da parte Tua non dovrebbe esserci neppure un ostacolo a fare questo, considerato che almeno noi, con il nostro istituto, non abbiamo mai perseguito, con volontà e con cognizione di causa, neanche lontanamente dei piani malvagi!

8. Tu però, quale Dio, Signore e Maestro amorosissimo che sei, non vorrai farci carico della nostra ignoranza di cui noi non siamo colpevoli? Ma anche se la Tua Sapienza, che non è mai commensurabile in eterno, dovesse scoprire in noi stessi delle macchie di cui a dire il vero non potremmo essere ritenuti responsabili, allora il Tuo infinito Amore sarà potente più che a sufficienza per cancellarle! Io e i miei principali compagni abbiamo ormai riposto in Te tutte le nostre speranze, e confidiamo fermissimamente che per questa volta ci vorrai aiutare a tirarci fuori da questo terribile imbarazzo; per questo noi ti promettiamo nella maniera più solenne che in ogni tempo futuro sarà nostra massima cura mantenere la Tua santa Parola continuamente così pura, quale con la maggiore riconoscenza dei nostri cuori la abbiamo ora appresa da Te!»

9. Dico Io: «Ma perché chiami questo un imbarazzo così tanto terribile, dopo che da parte Mia hai avuto la fedele ed evidentissima assicurazione di ogni possibile aiuto? Infatti, quello che Io prometto a qualcuno, lo mantengo in maniera ancora più sicura di quanto è certo che il Sole deve sorgere ogni giorno e che deve sempre illuminare una metà della Terra, sia che il cielo sia sereno oppure turbato da nuvole e da nebbia! Qual è il termine stabilito per il ritorno dei centosette fanciulli risuscitati alle case del loro genitori?»

10. Risponde Roclus: «O Signore, che cosa devo, che cosa posso risponderTi se non: “O Signore, a Te sono certo fin troppo ben note tutte le cose; e per conseguenza non ignorerai sicuramente nemmeno le nostre stoltezze!”»

11. Dico Io allora: «Certo, hai dato una risposta assai buona questa volta! Voi avete davvero commesso una grande stoltezza fissando dei termini di gran lunga troppo brevi per le vostre pretese resurrezioni! È vero che siete stati incoraggiati a fare questo dal buon successo di alcuni tentativi, e avete naturalmente dovuto fare l'esperienza che il fissare un termine per una resurrezione la più breve possibile era agli scopi del vostro istituto non solo il sistema meno costoso, ma anche il più raccomandabile, dato che il complesso della questione veniva ad assumere un aspetto maggiormente prodigioso, ben s’intende che è tale solamente all'apparenza!

12. Se aveste a disposizione un sufficiente numero di fanciulli somiglianti ai defunti, la cosa, considerata dal vostro punto di vista, potrebbe ancora andare bene, ma poiché a questo scopo vi manca proprio l'elemento principale che occorre per compiere l'inganno sottilmente architettato, è ben comprensibile che siate venuti a trovarvi nel più angoscioso imbarazzo. Io certo potrei questa volta trarvi dal gravissimo impiccio nel quale vi siete messi, ma allora evidentemente dovrei fare da complice dei vostri inganni; e vedete, questo non potrebbe assolutamente essere, per quanto cari Mi siate voi tutti! Occorre dunque affrontare il problema convenientemente da tutto un altro lato!».

 

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Cap. 136

Il divieto delle ingannevoli resurrezioni da morte degli Esseni.

 

1. (Il Signore:) «Guarda un po' là, alla sinistra di Cirenio, quel ragazzo che ora sonnecchia un po'; il suo nome è Giosoe! Egli giaceva già da più di un anno nella tomba, e le sue ossa erano ormai prive di carne. Egli era stato deposto in un sepolcro non lontano da Nazaret, ed Io gli ridonai la vita, ed ora nessuno direbbe che egli giaceva del tutto consunto in una tomba!

2. Ebbene, come Io ho potuto fare con lui, potrei certo fare altrettanto anche coni tuoi centosette fanciulli, anche senza muoverMi da qui, ed in un istante solo! Sennonché nemmeno in questo modo ne avreste grande giovamento, considerato che i fanciulli farebbero così ritorno alle case paterne prima del termine prestabilito. Dunque, è necessario che i termini vengano scrupolosamente osservati, affinché in tutta questa faccenda non venga creata nessun’altra menzogna. Al compiersi del termine, però, il Mio servitore verrà da voi, e certo un po’ contrariamente al Mio Ordine richiamerà alla vita terrena i veri fanciulli. È opportuno che ciò venga compiuto in presenza dei loro genitori, i quali dovranno essere chiamati appositamente, affinché anch’essi possano, come per effetto di una scossa violenta, riconoscere nella loro grande cecità che ormai il Regno di Dio è vicino.

3. Riguardo a ciò che avrai da dire in quella occasione, questo ti verrà ispirato da Me, qualunque possa essere il luogo dove Io Mi troverò corporalmente; però devo farti serissimamente notare per il presente e per l'avvenire che né tu né nessuno del vostro istituto deve mai più accettare fanciulli morti per risuscitarli, neanche se vi venissero offerti tutti i tesori del mondo.

4. Infatti, se Io permetto che un fanciullo muoia, è certo che ho delle buone ed importantissime ragioni per farlo, e quindi sarebbe operare contro la Mia Volontà e contro il Mio Ordine restituire alla vita terrena simili fanciulli! Comunque sia, per quanto riguarda questi centosette fanciulli, Io la cosa l'avevo già prevista da lungo tempo, e quindi ciò non accadrà contro la Mia Volontà, né in senso più ampio, nemmeno proprio contro il Mio Ordine; ma in seguito un fatto simile non potrà verificarsi che rarissime volte soltanto, e precisamente nell'unico caso in cui tu o qualcun altro dei tuoi successori vi sentiste incitati a fare così, immediatamente ispirati dal Mio Spirito.

5. Guarire degli ammalati, una, due o anche tre volte, è una cosa a cui potete dedicarvi quanto volete, però non occupatevi mai più del risveglio di chi ha dovuto abbandonare la propria carne in preda alla morte, perché così facendo voi procurate alle anime già liberate dalla carne una devastazione ancora più mostruosa che non quella del peggiore assassino e brigante di strada fra gli uomini che devono vivere ancora il tempo loro assegnato a questo mondo.

6. A questo mondo viene reputato una grave sciagura venire uccisi! Ma una sciagura molte migliaia di volte peggiore viene considerata nell'aldilà quando un'anima, che si trovi già in stato di libertà, viene costretta a fare ritorno nella sua spoglia mortale, grevissima e immonda! Per conseguenza non fareste niente di bene a nessuno qualora voleste richiamarlo in vita per questa Terra.

7. Nell'aldilà vi sono certo delle anime malvagie che meritano davvero il nome di demoni. Questi nell'aldilà si trovano senz'altro in condizioni diecimila volte peggiori di un mendicante su questa Terra, per quanto misero e perseguitato; ma tra quei moltissimi, il cui numero fino al giorno d'oggi può benissimo venire stimato a diecimila milioni secondo il sistema di computo degli arabi, non c'è nessuno che si auguri di dover percorrere ancora una volta la via della carne. Ma se già gli sciagurati non desiderano fare più ritorno qui, quanto meno lo desidereranno coloro che sono felici nell’aldilà! Perciò porgete bene ascolto a questo Mio consiglio, e non vogliate mai più risuscitare chi è morto! Hai compreso adesso anche questo?»

8. Dice Roclus: «Sì, o Signore! L'ho compreso perfettamente, ed io non potrò esserTi mai abbastanza grato in eterno per lo straordinario aiuto datoci in circostanze per noi tanto imbarazzanti; noi però, veramente, di resurrezioni nel vero senso della parola non ci siamo mai occupati, dato che le nostre resurrezioni non sono state in fondo che degli inganni segretissimi con cui miravamo di fare il bene dell'umanità afflitta, beninteso, per quanto un bene dell'umanità potevamo concepirlo prima con il nostro limitato intelletto! Tirate le somme, a noi ne è sempre derivato un vantaggio ben meschino, considerate le spese enormi che abbiamo dovuto sostenere per mantenere i vivai umani e per gli acquisti di fanciulli che erano necessari per alcuni casi.

9. Con le nostre resurrezioni gli uomini nel grande aldilà non hanno sicuramente patito alcun disturbo, per conseguenza io credo che con ciò, a prescindere dal piccolo inganno, abbiamo in qualche modo arrecato ben poco male e poca molestia al regno delle anime, poiché le anime dei defunti non sono mai state costrette da parte nostra a rientrare in questo mondo della carne!»

10. Dico Io: «Questo è pure vero; tuttavia un certo turbamento è pur sempre stato provocato nel mondo degli spiriti da questa vostra manipolazione, perché il fanciullo defunto è diventato un cittadino del mondo degli spiriti. Ebbene, con il tempo anche i suoi genitori sono morti per questa Terra, ed è pure morto anche il loro pseudo figlio; ed in circostanze favorevoli, come comunemente avviene, si sono ritrovati nell’aldilà.

11. Ora, che cosa hanno dovuto pensare i genitori stupefatti del vostro modo di far risorgere quando appunto si sono trovati là, evidentemente anche troppo presto, con un figlio autentico e con uno falso, che però loro sulla Terra ritenevano quest’ultimo il loro vero figlio senza nessuna ombra di dubbio? Prova ad immaginarti!

12. Infatti, nell'aldilà ogni minimissima cosa viene interamente rivelata, per quanto ben nascosta possa essere stata tenuta a questo mondo terreno. Quello che qualcuno fa qui, per quanto segretamente, nell'aldilà sarà reso manifesto e verrà predicato, come siete soliti dire voi, dai tetti delle case, ad altissima voce e dinanzi a milioni di occhi e di orecchi! Pensa adesso di trovarti entro la sfera di una simile rivelazione, quale falso risuscitatore che fosti! Che figura crederesti di poter fare?

13. Se l'uomo con le sue limitatissime facoltà di percezione è capace di riconoscere a questo mondo più di un disordine e più di un male, nonché di esaminarlo, di giudicarlo e infine anche di punirlo a dovere, quando per lo più ancora gli manca la potenza della verità interiore, quanto più non sarà questo il caso nell'aldilà, dove la verità, quale forza tra le più invincibili, è essa sola signora sopra tutte le cose esistenti!

14. Ascolta, fra i piccoli uccelli rapaci ce n'è uno al quale è stato il proprio canto a dare il nome, e che per conseguenza si chiama cuculo! In questo uccello la pigrizia per la cova è istintivamente innata; esso perciò depone le proprie uova dove può, nell'uno o nell'altro nido di uccelli di altra specie, non risparmiando nemmeno i nidi dei passeri. Ma quando questi uccellini più miseri si accorgono che invece dei loro simili sgusciano fuori dalle uova soltanto dei cuculi, perfino essi, da animali irragionevoli che sono, fanno tanto d'occhi e cominciano a tenersi sempre più lontani dal nido, e quando un qualche cuculo con il suo grido tradisce la sua presenza, essi gli si scagliano contro a schiere, e lo inseguono tentando di colpirlo con il becco.

15. Ebbene, se già degli animali irragionevoli e dotati di un semplice istinto, si vendicano di un imbroglione, quanto più certamente non bisogna attendersi che avvenga così nel caso di uomini ragionevoli, ed in quale grado ancora maggiore poi nel caso di spiriti dinanzi ai quali non c'è più la possibilità che un inganno resti nascosto, dato che la loro conoscenza ed avvedutezza sono diventate già troppo chiare!».

 

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Cap. 137

I principi dell’istituto essenico fondato recentemente.

 

1. (Il Signore:) «Da ciò puoi rilevare che nell'aldilà tutto verrà manifestato, come anche deve venire, altrimenti le innumerevoli e varie comunità degli spiriti non potrebbero affatto sussistere. Ed ora si domanda che faccia farà nell'aldilà colui che qui avrà goduto presso gli uomini di grande considerazione a causa delle sue produzioni prodigiose, mentre dall'altra parte risulterà ben presto e anche troppo chiaramente che tutti i suoi miracoli non erano altro che dei volgarissimi imbrogli i quali, anche se perpetrati con la migliore intenzione, dovettero tuttavia venire pagati, perché furono acquistati dal cieco compratore per merce autentica e spesso a prezzo assai caro!

2. Ora vedi che finora è stato questo e non altro il vostro metodo di resurrezione, particolarmente nel caso dei fanciulli, perché le vostre resurrezioni pubbliche e periodiche, che avevano luogo una volta al mese nelle note stanze sotterranee a forma di catacombe, sono state una combinazione di imbrogli già troppo rozza perché meriti di parlarne più oltre, dato che voi avete al vostro soldo degli individui i quali hanno la mansione di camuffarsi da morti una volta al mese e di sdraiarsi entro quelle certe bare, per poi, ad una vostra parola d'ordine a loro nota, sorgere dalle bare in presenza di vari spettatori disposti a credere ciecamente a tutto, ed infine dileguarsi così che nessuno degli spettatori colmi di ammirazione, a volte abbastanza numerosi, abbia il tempo di domandare loro come stanno, e di informarsi eventualmente sul loro nome e sul luogo di loro dimora.

3. Sai, questo inganno adescatore è davvero troppo volgare perché meriti che vi si spendi una parola di più, ma dato che in seguito a ciò molti si sono trovati indotti ad affidarvi per la resurrezione uno dei loro diletti figli morti, questa cosa va presa senz'altro nella dovuta considerazione, essendo quanto mai atta a procurarvi degli imbarazzi non lievi anche nell’aldilà.

4. Però, come detto, quello che finora è successo da voi, intendo prenderlo Io a Mio carico e anche lo farò e risarcirò tutto il vostro conto; ma in avvenire nel vostro istituto non deve verificarsi più a nessun prezzo qualcosa che abbia sia pure una piccola parvenza o sapore di inganno, qualora vogliate che Io vi rimanga continuamente agente con tutta evidenza in Spirito fino alla fine dei tempi di questa Terra.

5. Vi regnino soltanto il più perfetto amore e l'assoluta verità, e sia del tutto bandito anche il minimo inganno; così questo istituto potrà sussistere per sempre, e anche se ogni tanto si annunceranno dei persecutori invidiosi e tenebrosi, essi non potranno intraprendere nulla contro lo stesso!

6. È vero che in questo paese esso non potrà reggere ancora per lungo tempo, come neppure vi potrà reggere a lungo questa Mia Dottrina, perché questo paese verrà calpestato dai pagani fra i più tenebrosi. Un giorno, però, in Europa si costituirà una sede principale di tutti coloro che crederanno e spereranno nel Mio Nome, e là voi vi ritroverete radunati in diversi istituti filiali, amati e stimati da vari reggenti, o semplicemente tollerati da altri. Soltanto alcuni pochi ciechi nello spirito vi cacceranno oltre i confini dei loro regni; ma coloro che faranno così saranno certo oppressi dall'una o dall'altra calamità, dalla quale sarà loro difficilissimo liberarsi. Però anche quei regni i quali si limiteranno a tollerarvi a mala pena, non si troveranno in uno stato eccessivamente fiorente.

7. Vi sia come un dono benedetto la promessa, che ora vi faccio, che voi rimarrete sempre i veri costruttori, e là dove vi si accoglierà con amore ed onore, saranno assicurate a quel regno delle buone e solide fondamenta. Io non voglio in avvenire fare di voi dei medici, ma dei muratori con il compito di costruire dappertutto le mura di una nuova Gerusalemme celeste avvalendovi delle più solide pietre preziose, nonché molte splendidissime dimore nella città stessa che ora certo ha avuto principio, ma che dopo il muro iniziale deve continuare a venire costruita attraverso le eternità.

8. Ma dato che ora siete i Miei muratori e liberi costruttori, e che Io voglio chela Mia Città sia costruita con solidissime pietre preziose, voi tutti, e in particolare tu, o amico Mio Roclus, potrete facilmente convincervi che a Me non servono dei volgari mattoni e del comune cemento, tutte cose queste con le quali intendo indicare appunto ogni specie di opere della menzogna e dell'inganno che non possono aver alcuna consistenza per l’eternità! Soltanto la Verità purissima e perfettamente immacolata costituisce quel materiale adamantino che può sfidare sempre ugualmente tutte le eternità.

9. Certo, più di una volta voi sarete tentati di fare un'altra espressione da quella che dovreste fare, secondo la verità dei vostri sentimenti, ma allora non lasciatevi sedurre e non ingannate nessuno nemmeno con i vostri occhi, ma la pienissima verità abbia espressione in tutto ciò che voi siete e che voi fate; così potrete sempre fare affidamento sulla Mia Grazia, sulla Mia Potenza e Sapienza.

10. Non fate mai a nessuno alcuna promessa che più tardi non foste eventualmente in grado di mantenere o che per qualche ragione non voleste mantenere, perché in verità vi dico che per un uomo non vi è nulla di più amaro e di più angosciante di una promessa fattagli, che però poi tacitamente non viene mantenuta! Se non gli fosse stata fatta alcuna promessa, non ci avrebbe contato, ed egli avrebbe potuto intraprendere qualcos’altro per averne un qualche aiuto o per trarre un vantaggio da qualche altra parte. Ma avendo invece contato con certezza sulla promessa poi non mantenuta, egli con ciò viene a trovarsi in una situazione disperatissima e simile a quella di chi, disilluso e afflitto, è costretto a starsene sdraiato sulla nuda sabbia pur avendo vicino a sé due sedie, una per lato, e finisce con il maledire soprattutto coloro che l’hanno fatto precipitare nella più squallida miseria con la promessa inadempiuta.

11. Quando dunque avete fatto una promessa a qualcuno, voi siete tenuti a mantenerla anche a costo della vostra vita terrena, altrimenti non Mi sarebbe possibile restare membro perpetuo del vostro istituto. Ponderate bene però Chi è che vi dà questo Comandamento! Egli è un eterno Signore sopra tutto ciò che si chiama vita e morte; e se anche la punizione da parte Sua non venisse già in questo mondo, certo non mancherebbe di venire nell'altro, qualora qualcuno promettesse al suo prossimo una cosa, e poi per un qualsiasi motivo egoistico non volesse mantenere la promessa fatta!

12. Se tu rifiuti la ricompensa promessa a colui che ha lavorato per te, commetti un peccato più grave che non se tu avessi derubato qualcuno! Se egli si è dimostrato pigro e trascurato nell'eseguire il servizio richiestogli, tu puoi certo farglielo capire e dirgli che in avvenire non potrà attendersi più una simile ricompensa se non dedicherà la necessaria diligenza al compimento del servizio richiesto, ma per la sua prestazione, per quanto negligente sia stata, devi mantenere la parola data, affinché egli riconosca che in te vive ed opera lo spirito della piena verità.

13. Ed è per questa ragione che Io vi aiuterò a risuscitare in pienissima verità i vostri centosette fanciulli morti, affinché non sembri che voi siate di quelli che mentono e non mantengono le promesse dinanzi a coloro ai quali con il più solenne giuramento di verità avete promesso la resurrezione dei loro diletti figli morti! In avvenire però, ve lo dico serissimamente, badate molto bene a quello che fate! Infatti, tutto quello che voi vorreste fare o intraprendere contro questo Mio consiglio facilmente eseguibile, non mancherebbe assolutamente di portarvi i frutti peggiori!

14. Ma adesso vedo che tu cominci ad avere un’espressione quanto mai preoccupata; vi sembra forse tutto ciò che ho detto una cosa così difficile da osservare? DimMelo pure apertamente se trovi qualcosa da obiettare! Adesso noi ci troviamo ancora assieme personalmente e possiamo intrattenerci su varie cose che in seguito sarebbero evidentemente un po' più difficili da discutere, dato che non è probabile che noi ci incontriamo di nuovo così presto! Parla dunque allora ed Io ti ascolterò!».

 

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Cap. 138

Il tentativo di Roclus di giustificare menzogne necessarie.

 

1. Risponde Roclus: «Tutto quello che Tu, o Signore, hai ora detto, è più che vero, e non vi si può fare assolutamente nessuna obiezione! Il fatto però che Tu sei rigidamente contrario a qualsiasi cosa che abbia anche soltanto una lontanissima apparenza di inganno, anche quando si tratti di giovare seriamente a qualcuno sia dal punto di vista fisico che da quello spirituale, questo è chiaro che non può che rendermi quanto mai perplesso, considerato che trovo in me la convinzione, quasi radicata e corroborata da mille esperienze, che ormai a moltissimi individui non può venire recato aiuto per altra via che non sia quella di un sottile inganno, che io per altro certo non qualifico per tale, ma come una misura dettata da abilità politica.

2. Detto sinceramente, Signore, secondo le mie esperienze fatte a questo mondo, c'è della gente alla quale spesso non può venire dato aiuto che ricorrendo a qualche piccolo inganno architettato con buona intenzione! È chiaro che i fanciulli, ad esempio, da principio bisogna ingannarli, altrimenti non si può arrivare a nessun risultato con loro; infatti, in che modo si potrebbe aiutarli presentando dinanzi ai loro occhi la pienissima e pura verità senza nessuna forma di mediazione? In una precedente occasione Ti ho umanamente esposto, in maniera per quanto possibile chiara, come io non abbia mai voluto ingannare deliberatamente qualcuno a suo danno, ma sempre a suo vantaggio, in una forma o nell'altra! Ed io mi sono comportato così perché già in precedenza vedevo in modo assai chiaro che con l'una o l'altra persona non si sarebbe potuto arrivare a qualche risultato adottando degli altri sistemi. Ma se anche questo è reputato un peccato presso di Te, allora certo, o Signore, sarà un compito ben difficile quello di essere un uomo!

3. Voglio citare un esempio: io sono diretto verso un qualche luogo e, strada facendo, da pagano che sono, incontro per combinazione un ebreo ortodosso perfettamente cieco, il cui fanatismo templare ultrazelota gli fa individuare immediatamente, in chiunque incontri, un’intera legione di demoni fra i più feroci. Se un pagano gli si accostasse con la sua scienza, egli ne resterebbe senz'altro immondo per un anno, e sarebbe, in una simile condizione creata dalla sua immaginazione, il più infelice degli uomini, perché allora non potrebbe né gli sarebbe consentito di prender parte ai molti beni del Tempio. Se io gli rivelo che sono un pagano, ammesso che egli chieda chi io sia, egli preferirà sopportare tutti i tormenti piuttosto che lasciarsi condurre da me fino a superare una parte pericolosissima della strada montana per la quale è avviato. Ma se gli dico invece con tutta sicurezza di essere anch’io un ebreo di Gerusalemme, egli mi darà la mano tutto lieto e, pieno di gratitudine, si lascerà condurre per quel tratto di strada quanto mai pericoloso. Quando avrò guidato il povero cieco fino al punto dove proseguire non presenterà alcun pericolo per lui, ed egli comincerà, per così dire, a fiutare l'odore della sua casa ormai non più molto lontana, non essendoci più il pericolo che si smarrisca, gli porgerò i miei saluti ed auguri e proseguirò con animo lieto il mio cammino. L’ebreo cieco non sentirà assolutamente più parlare di me durante tutta la sua vita, né sarà così facile che qualche altro gli riveli che colui che l'avrà guidato per il tratto di strada pericoloso sarà stato un pagano.

4. Ma adesso voglio che qualunque persona ragionevole e onesta mi dica se una simile menzogna, certo innocentissima, non sarà stata ispirata a maggiore assennatezza che non se io avessi rivelato a quel misero la verità, e cioè che io sono un pagano! Io sono davvero pronto a dichiarare mille volte in faccia a Te e a chiunque altro che soltanto un itterico e un pazzo col cervello malato del più tenebroso collegio di farisei può reputare peccato una simile menzogna dettata dalla necessità, mai però una persona dotata anche solo di un po’ di sana ragione, e tanto meno un Dio lo può reputare un peccato! Infatti, per quanto riguarda la vita, non credo che i punti di vista nell'aldilà e quelli dell'aldiquà siano tanto diversi fra di loro da dover considerare cattivo e non equo, dal punto di vista puramente spirituale, quello che ogni ragione pura su questa Terra deve invece riconoscere come equo e buono! Se nell'aldilà per lo spirito puro è nero e tenebroso tutto quello che qui un'anima sempre benevola reputa invece essere bianco e luminoso, allora o questa vita oppure l'altra nell’aldilà è senz'altro degna del manicomio!

5. Signore, la mia vita Tu la conosci certo fin dalla culla, e sono sicuro che neanche a me sarebbe proprio facile citare un momento della mia vita nel quale sia germinato in me un pensiero avverso a qualcuno, o in cui io abbia deliberatamente progettato di arrecare il benché minimo male a qualcuno! Se è possibile dimostrare questo, allora voglio essere maledetto mille volte dalla Tua bocca onnipotente e divina! Ma se nonostante questo mi sono macchiato di peccato, dovendo purtroppo far ricorso molto spesso, particolarmente nel caso di gente debole di spirito, alla politica per poter fare qualcosa di bene assecondando l'impulso del mio cuore e conformemente alla mia conoscenza umana, allora non mi resta altro che confessare apertamente di deplorare molto di essere uomo; in questo caso, o Signore, usa la Tua Onnipotenza e fa di me un asino, ed io te ne sarò molto grato!

6. Sotto questo aspetto la mia opinione, certo ragionevole solo dal punto divista umano, è la seguente: “Faccia ciascuno, secondo la sua migliore conoscenza, scienza e coscienza, tutto quanto egli giudica essere la cosa migliore. Si dimostri pacifico e conciliante, e faccia del bene secondo le proprie forze alla misera umanità sofferente, ed allora il suo agire non potrà non essere visto e riconosciuto per equo, buono e conforme al vero ordine anche da un Dio; né nessun Dio potrà esigere dall'uomo, che evidentemente è una Sua creatura e una Sua opera, più di quanto all'uomo è consentito dalle capacità e dalle attitudini che Egli stesso ha posto in lui. Oppure è possibile che un Dio supremamente sapiente richieda che la Sua opera Gli renda ancora più di quanto Egli ha posto nell'opera stessa? A me pare che la cosa dovrebbe essere alquanto difficile; sarebbe come se qualcuno volesse sul serio versare dieci emeri (566 l) fuori da una botte o da un otre piccolo capace di contenerne a mala pena uno”. Perciò, io Ti prego, o Signore e Maestro, di volerTi esprimere con maggiore chiarezza a questo proposito, perché, così come credo di aver prima compreso le Tue parole, secondo la Tua Dottrina non sarebbe affatto immaginabile su questa Terra una esistenza umana neanche in misura limitatissima e ragionevole!

7. Sì, la Verità, quella santa, deve essere data agli uomini; essi devono imparare a conoscere nel modo più esatto la Casa dove abitano e dove propriamente, secondo la Tua promessa, dovranno abitare in eterno, così come l’Ordine e la Giustizia di questa Casa. Però la verità nuda, per quanto pura, almeno a me sembra essere una medicina certo molto salutare, ma per il resto estremamente amara che ciascun palato, per poco sensibile che sia, si sente spinto a rigettare fuori non appena assaggiata; ma allora cosa si può fare? Ecco: si avvolge la medicina amara dentro qualcosa di dolce e di gradevole, e allora l'ammalato la inghiottirà facilmente e la riceverà, senza febbre, nello stomaco, dove essa inizierà poi presto a dare i suoi effetti salutari. Ora io penso che questo sia pure il modo da usare quando si comunica la verità! Non la si dia agli altri, particolarmente da principio, altrimenti se non velata, e poi la si denudi gradatamente! Così, secondo la mia opinione, non mancherà mai di produrre i migliori effetti. Ma se la si somministra già da principio svelata e nuda, essa il più delle volte od almeno molto spesso sarà più di danno che di vero vantaggio.

8. Io con questo non intendo scusare in nessun modo i nostri miracoli naturali, e io stesso sono perfettamente convinto del fatto che siamo andati troppo oltre, però posso sempre aggiungere con tranquilla coscienza che nemmeno così abbiamo fatto mai del male a nessuno, ma che, tutto ben ponderato, il nostro operare ha ottenuto sempre e soltanto dei vantaggi, e di solito anche doppiamente. In primo luogo non abbiamo fatto che asciugare le lacrime di genitori spesso infelicissimi, ciò che certo non è né può essere un male! E in secondo luogo abbiamo ottenuto l'effetto di provvedere nel migliore dei modi all'avvenire di molti figli di genitori davvero poverissimi, mettendoli in condizione, facendoli accogliere in casa di gente ricca, di poter fruire anche di una educazione migliore e conforme ai migliori costumi secondo l'attuale ordinamento del mondo, mentre, in caso diverso, abbandonati nella miseria più nera e senza alcuna cultura, sarebbero cresciuti come veri animali sotto forma umana, come purtroppo ai nostri tempi non mancano davvero gli esempi. Allora non c’è angelo che scenda dai Cieli luminosi e che si prenda a cuore la sorte di questi miserrimi che sono metà esseri umani e metà animali, e che li educhi; d'altro canto se noi - gente certo un po' migliore e colta, e secondo la migliore nostra volontà e secondo la nostra scienza e la nostra coscienza - facciamo qualcosa a loro vantaggio in un modo qualunque, corriamo il rischio di peccare al cospetto di Dio e di venire qualificati da Lui come ingannatori dell'umanità!

9. Signore e Maestro, è facile per Te insegnare e parlare, dato che la Tua Volontà è la direttrice di tutto l'infinito! Ma noi, deboli uomini, noi che siamo dei nulla assoluti in rapporto a Te, percepiamo invece sempre e soltanto l'oppressione, ma raramente o forse mai un sollievo; oltre a questo le nostre aspettative per l'aldilà si presentano quanto mai tenebrose.

10. In verità, o Signore e Maestro, i Tuoi insegnamenti di poco fa mi avevano completamente confortato l'animo facendo sorgere in me le più beate aspettative; ora invece sono come completamente annichilito e mi trovo nel più grave imbarazzo, avendo Tu richiesto da me cose che non riesco a far andare d'accordo con la mia ragione, e io non posso agire contro la mia ragione!

11. E detto questo, Roclus tacque e non disse assolutamente più niente».

 

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Cap. 139

La legittimazione della ragione e dell’accortezza.

 

1. A questo punto volle interloquire Cirenio, il quale disse: «Ebbene, che cosa succede adesso così all'improvviso? Roclus si è dimostrato fino a poco fa una vera pietra angolare della nuova e santa Città che si deve edificare, ed ora tutto ad un tratto la situazione appare quasi del tutto capovolta, nonostante Tu gli abbia promesso ogni aiuto!»

2. Dico Io: «Egli è e resta quello che era prima, quantunque egli non Mi abbia compreso perfettamente. Io però vidi che in lui c’era ancora questa cosa, e perciò l'ho posto nella condizione di poter eliminarla da sé. Ma ben presto la questione si presenterà sotto un aspetto ben differente, come potrai convincertene fra poco!»

3. Allora Io Mi volsi a Roclus e gli dissi in tono amichevolissimo: «Ma Roclus, caro amico Mio, se tu comprendi la cosa quasi del tutto alla rovescia, allora non c'è Dio che possa aiutarti finché vai contrapponendo il tuo intendimento di prima ad un’illuminazione superiore che avverrà in seguito! Il bello della questione è però che tu vai sostenendo con tutta energia e serietà appunto quello che Io sto effettivamente chiedendo! Ma se sono stato Io stesso a raccomandarti di essere accorto come i serpenti e le volpi, come potrebbe adesso venirMi in mente di proibirti una tale accortezza?

4. Come si debba procedere con i fanciulli e come istruirli, Io te l'ho spiegato più che a sufficienza nella giornata di ieri, e se anche non sei stato presente a tutto quello che è successo, queste cose le hai ormai tutte per iscritto per opera del Mio veloce scrivano! Dunque non c'è più niente che possa lasciarti perplesso e di cui, per quanto riguarda un’istruzione qualunque, si possa dire: “Ecco, questa cosa è incomprensibile!” oppure: “Non si confà per questo o per quello!”.

5. E similmente, volendo e potendo giovare ad un ammalato facendo uso di medicinali naturali, e non essendo talvolta possibile all'ammalato di inghiottirli a nessun costo a causa di una decisa ripugnanza, mentre voi siete perfettamente convinti del fatto che soltanto quella determinata medicina, ed unicamente essa, può portare alla sicura e rapida guarigione dell'ammalato, allora va senz'altro da sé che voi potete presentare sotto un altro nome tale medicina e che potete mescolarla a qualche altra sostanza, affinché l'ammalato non la riconosca per quella che suscita ripugnanza in lui e non la respinga da sé a suo grave danno.

6. Per quello che riguarda l'insegnamento di questa Mia Dottrina divina della vita, Io aggiungo per vostra norma espressamente questo: “Esteriormente siate con tutti quello che essi sono, allo scopo di ispirare fiducia a tutti e conquistarli per il Regno di Dio! Siate ebrei con gli ebrei, pagani con i pagani, ridete con coloro che ridono e piangete con coloro che piangono, siate deboli e colmi di pazienza con i deboli, ma d'altro canto dimostrate ai forti che siete forti anche voi, affinché la consapevolezza della loro forza non li insuperbisca e non li renda orgogliosi! Dunque, Mio caro amico, Io credo che ti basterà questo per conoscere ciò che la suprema Sapienza di Dio, quale creatrice della vostra ragione pura, richiede da voi!

7. Credimi, la Mia Sapienza non si trova mai in qualche modo in opposizione alla ragione di un uomo perfettamente sana, sincera e priva di pregiudizi! Infatti, appunto questa è chiamata a giudicare se una qualunque cosa è propriamente buona e giusta!

8. Una verità, per quanto sia velata, tuttavia è e resta verità in eterno, e un giorno sarà rivelata come tale. O amico Mio, qualora la necessità lo esiga, una verità tu la puoi velare ed ammantare come meglio sai e come meglio ti piace; tutto dipende dalla capacità di comprensione di colui cui la verità viene predicata. È opportuno saziare i fanciulli con latte, miele e pane tenerissimo, mentre all'adulto si può porgere un alimento più solido. Questo allora rientra nell'ambito dell'ordine perfetto purché la parte interiore sia verità; invece l'involucro che si rende eventualmente necessario adoperare ha pochissima importanza o non ne ha proprio per niente. Infatti, sarebbe davvero supremamente stolto e contrario ad ogni sana ragione se ad esempio qualcuno che avesse bisogno del Mio aiuto, ed Io, pur conoscendo le sue oneste intenzioni, Mi rifiutassi di considerare le sue condizioni per la ragione che egli indossa una veste persiana. Il celare una verità all'occorrenza non è affatto peccato, ma invece il celare sotto il manto della verità una manifesta menzogna ed un evidente inganno, questo si è peccato, e da parte Mia è vietato per l'eternità!

9. Se tu ora consideri come le tue resurrezioni dalla morte sono state ottenute finora, ti convincerai che, malgrado tutta la tua buona volontà, non sono state altro che delle grosse menzogne, quantunque molto bene ammantate, considerato che in tali operazioni non c'era neanche la traccia di una vera resurrezione dalla morte, ed altrettanto dicasi di numerose altre manipolazioni eseguite nel vostro istituto. Dagli egiziani e dagli arabi voi avete imparato a calcolare quando può aver luogo un’eclisse di Sole o di Luna, solo che questo è rimasto sempre un mistero per il popolo. Voi, però, che cosa dicevate al popolo? Ecco le vostre parole: “O popolo, poiché tu non vuoi dare ascolto alla nostra voce, allora il nostro capo dell’istituto” - che attualmente sei tu - “darà agli dèi l'incarico di oscurare il Sole, oppure la Luna, in questo o in quel giorno!”. Allora il popolo in preda alla più grande angoscia cominciava a pregare, scongiurare e sacrificare in modo insensato, e voi infine vi limitavate ad offrirgli consolazione dichiarando che la minaccia avrebbe ad ogni modo dovuto avere il suo corso, ma che si sarebbe tentato ogni mezzo per renderla innocua il più possibile! Ora, non potrai negare che questa sia stata un’evidentissima menzogna avvolta entro il manto onorevole della piena verità!».

 

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Cap. 140

Verità velate e menzogne velate. Falsi profeti e i loro miracoli.

 

1. (Il Signore:) «Ma adesso immagina che una cosa simile venisse resa manifesta improvvisamente! Che cosa avrebbe fatto di voi, ad esempio, il popolo, qualora metti il caso che Io stesso lo avessi di un tratto illuminato un po’ sotto questo aspetto, ed esso fosse arrivato a comprendere, in modo chiaro quanto voi, le vere cause di un'eclisse di Sole o di Luna? L'effetto della rivelazione non occorre che te lo dica, perché te ne potrai fare un'idea tu stesso.

2. Se invece, mediante una verità per quanto velata, hai guidato qualcuno sulla retta via, e se poi, fattasi in lui una certa luce, vede che soltanto la verità pienissima, anche se molto velata, lo ha posto sulla linea della vera vita, quanto bene non sarà pronto a renderti una simile persona? Io credo che tu, da uomo dal chiaro intelletto che sei, non avrai più difficoltà a comprendere il divario che passa tra una verità velata ed una menzogna velata.

3. Quello che Io ho qualificato come un’azione o un discorso che non si deve verificare nel vostro istituto, è una menzogna velata, ma mai una qualche verità velata per buoni e saggi motivi.

4. Anche se dalla menzogna ci si può ripromettere una conseguenza momentaneamente buona, e dalla verità invece una conseguenza almeno apparentemente cattiva - o meglio, ciò che gli uomini con il loro intelletto mondano giudicano cattivo -, tuttavia è sempre da preferirsi la verità alla menzogna, perché il risultato finale della menzogna sarà sempre permanentemente cattivo, mentre quello della verità sarà buono e tale rimarrà in eterno.

5. Certo che, a giudicare dall'apparenza esteriore, la differenza tra una menzogna velata ed una verità velata non la si percepisce sempre con facilità, nella stessa maniera in cui è molto difficile o non è quasi affatto possibile che un semplice intelletto umano con un po’ di esperienza possa distinguere un autentico miracolo da uno falso, perché un miracolo autentico non è assolutamente esaminabile da parte dell'intelletto mondano, e d’altra parte i maghi e i falsi profeti non permettono che il popolo ci veda chiaro dentro ai loro prodigi come non l'avete permesso voi rispetto ai vostri prodigi. Ma appunto perciò è assolutamente necessario evitare che presso di voi si insinui una qualche menzogna per quanto insignificante, né un qualche inganno per quanto piccolo, affinché sulla Terra possa esservi permanentemente un istituto dove solamente la verità sia ammessa a regnare, e dove sia permanentemente custodita una pietra di paragone per il mondo, allo scopo di poter riconoscere bene e facilmente, grazie a questa, l'oro puro di ogni verità e distinguerlo da quello falso.

6. Se non si procederà così, già entro pochi anni dopo di Me sorgerà una quantità sbalorditiva di falsi profeti di ogni specie e di altri simili operatori di prodigi che deformeranno del tutto questa Mia Dottrina. I falsi profeti si serviranno del Mio Nome, ma la loro dottrina non somiglierà per nulla alla Mia, e i loro prodigi saranno del genere menzognero che tu conosci e procureranno ai falsi profeti un gran numero di seguaci convinti.

7. Io dunque ti ammonisco per tempo! Non prestate mai ascolto a coloro che andranno in giro gridando: “Ecco, l'Unto di Dio è qua oppure è là, questa è la verità!”. In verità Io dico a voi tutti: “Coloro che parleranno così, e grideranno, e faranno perfino dei prodigi nel Mio Nome, non sono che dei falsi profeti! Non ascoltateli, e volgete loro le spalle! E se vengono da voi, minacciateli, e se non vogliono andarsene allora minacciateli nel Mio Nome ed operate dinanzi ai loro occhi un vero prodigio”; in ogni altro caso però astenetevi il più possibile dall'operare miracoli, cosa che certo seduce e cattura l'occhio e l'orecchio dell’uomo sciocco, ma che a causa del miracolo stesso il più delle volte ne indurisce il cuore tanto che questo diventa insensibile come una pietra! La verità deve parlare e testimoniare da sé e non necessita di alcun prodigio ulteriore.

8. L'unico vero prodigio consista invece nella propria esperienza che ciascuno farà attraverso il fatto che appunto la verità l'avrà veramente reso libero in ogni suo pensiero, nella sua volontà e in ogni sua azione, e gli avrà aperto la visione interiore alla contemplazione di tutte le cose e di tutti i rapporti così come sono nella verità, e non così come sono affastellati a piacere nel cervello sconvolto di un qualche sapiente del mondo che ha la pretesa di venire considerato qualcosa. E adesso dimMi, o Mio Roclus, se la questione ti è più chiara di prima o no!»

9. Risponde Roclus: «Sì, Signore e Maestro, ora mi è tutto tanto chiaro ed evidente come in vita mia non lo è mai stato nessun'altra cosa! Io del resto ho sempre avuto fisso nella mente, ed ho anzi percepito in maniera vivissima, che un Dio non può contrapporre nulla alla ragione umana pura che possa apparire come in aperta contraddizione con essa. Ciascuna delle parole da Te proferite ora si addice invece alla ragione in misura tanto perfetta quanto la luce del Sole è adatta alla produzione del giorno su questa Terra! Ora io sono totalmente nella chiarezza, e anche il nostro istituto deve restare così»

10. Dico Io allora: «Sta bene; e adesso va ed esponi ogni cosa ai tuoi colleghi! Tra poco ci sarà ancora qualche avvenimento, poi faremo colazione e infine seguirà la Mia partenza da qui per qualche tempo!».

 

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Cap. 141

Umiltà e amore fraterno. Roclus e i suoi compagni in imbarazzo.

 

1. Roclus allora si inchinò profondamente e si affrettò a ritornare dai suoi compagni i quali frattanto si erano intrattenuti riguardo a svariati particolari importanti della sistemazione del loro istituto, il cui senso però corrispondeva in tutto e per tutto agli insegnamenti da Me dati allo stesso Roclus come norma della sua vita.

2. Ma Roclus rimase non poco stupito quando sentì i propri compagni esporre precisamente le stesse cose che egli intendeva comunicare loro come qualcosa di assolutamente nuovo ed importantissimo, e ciò dietro Mio espresso invito, per fornire così la prova di come Io, il Signore, gli avessi affidato delle mansioni del tutto speciali e adeguate all'alta importanza del suo incarico! Egli, quale capo dell'istituto, avrebbe cioè voluto dimostrare ai suoi subordinati di aver discusso con Me e deliberato riguardo a molte questioni straordinarie, e che egli appunto in quel momento veniva per metterli al corrente di tutto.

3. Sennonché i suoi compagni gli fecero osservare: «Puoi risparmiartene la fatica perché siamo consapevoli di ogni cosa, e anzi in effetti ne sappiamo veramente più di te, nonostante tu abbia trattato della questione con il Signore in Persona! Guarda un po' qui! Ecco un bel numero di fogli tutti ricoperti di caratteri! Qui potrai ritrovare fedelmente tutto ciò che ti ha esposto il Signore. Tu però, a quanto sembra, non sei troppo soddisfatto che sia avvenuto così; cosa vuol dire ciò?»

4. Risponde Roclus: «Oh, io non ho proprio nulla in contrario; tuttavia considero che è stato il Signore stesso ad ordinarmi in un certo modo di comunicarvi e di discutere con voi di quanto Egli mi ha rivelato riguardo alla nuova sistemazione da dare a tutto il nostro istituto, e d'altra parte ora mi convinco che voi siete già istruiti anticipatamente in ogni cosa quasi meglio di me, e deve pur essere naturale che io cerchi di spiegarmi quale scopo il Signore si sia prefisso a mio riguardo con questa piccola burletta certo quanto mai innocente!»

5. Interviene allora Raffaele che si aggirava intorno al gruppo dei compagni: «O amico mio, questa faccenda te la chiarirò subito io, basta che tu mi presti ascolto per qualche momento! Vedi, costoro sono pure i funzionari del tuo istituto che gerarchicamente vengono subito dopo di te! Il Signore stesso, conformemente a pienissima verità, non poteva attribuirti altro titolo di quello che hai ricevuto dallo Stato, titolo che anche puoi avere, dato che i mezzi dei quali personalmente disponi te ne conferiscono il diritto. Sennonché il Signore vuole che tutti gli uomini si abbraccino come fratelli, e che riconoscano solo Lui come il verissimo Signore e Maestro.

6. Però, considerato che tu sei già un signore nel tuo istituto, è stato anche perfettamente conforme al buon ordine che il Signore stesso ti abbia impartito le direttive su che cosa tu dovrai fare in avvenire e quali disposizioni dovrai prendere! Ma altrettanto conformemente al buon ordine è stato che il Signore abbia fatto contemporaneamente istruire i tuoi compagni per mezzo mio e riguardo agli stessi argomenti: in primo luogo per risparmiarti l'inutile fatica di metterli al corrente tu stesso; e in secondo luogo per smorzare in te quel certo sentimento profetico di superiorità che con molta facilità potrebbe assumere, per quanto in lieve gradazione, le caratteristiche dell'orgoglio; e in terzo luogo per renderti il più possibile facile ed efficace la discussione dei vari argomenti con questi tuoi compagni, come ti venne raccomandata.

7. Infatti, quando il Signore disse: “Dunque ora va ed esponi queste cose anche ai tuoi compagni!”, Egli non ha affatto voluto decretare con ciò in un certo qual modo il fatto che essi avrebbero dovuto imparare da te tutto quello che tu stesso hai imparato e appreso da Lui, ma ha voluto decretare semplicemente il fatto che avresti dovuto riferire loro, come tu stesso hai esattamente imparato e perfettamente compreso, tutte le riforme che in avvenire si dovranno apportare al vostro istituto. Ma da tutto ciò non risulta in nessun modo che debba proprio essere tu, esclusivamente, l'istruttore dei tuoi compagni, come se fossi attualmente in certo qual modo solo tu iniziato in tali questioni! Non serve dunque per niente che tu faccia un’espressione preoccupata, come se fosti tu stesso a comprendere in maniera errata l'incarico del Signore! Mi comprendi bene adesso, oppure si nasconde ancora in te qualcosa che ti preoccupa?»

8. Dice Roclus: «No affatto, ora sento che in me si è di nuovo stabilito l'equilibrio, ed a questa faccenda non penso assolutamente più; ma è una preoccupazione ben differente quella che adesso tiene occupata la mia mente! Sarà facile rimettere tutto in pieno ordine; soltanto sarà un po' difficile per noi eliminare la credenza popolare secondo cui le eclissi di Sole e di Luna dipendono dalla nostra volontà! Infatti, queste si ripeteranno regolarmente, e noi non potremo più dire a nessuno: “Ecco, dato che tu e il tuo popolo non avete voluto credere e fare esattamente e rigidamente quello che ti abbiamo comandato, gli dèi in questo o in quel giorno oscureranno la Luna oppure il Sole!”. Come faremo a tirarci fuori da questo impiccio? Tutto il resto si può aggiustare, ma qui io non vedo davvero una via d'uscita. Qual è la vostra opinione riguardo a quest'unica questione, e qual è la tua, Raffaele, amico mio?»

9. Dice Raffaele: «Consultatevi intanto fra di voi; qualora non arriverete a concludere proprio nulla, il mio consiglio giungerà sempre in tempo!»

10. Dice uno dei colleghi: «Veramente questa è una faccenda quanto mai spinosa! Non ce la caveremo a buone condizioni di fronte al popolo, il quale è ormai abituato a crederci già da una serie discretamente lunga d'anni. E se i più ragguardevoli rappresentanti del popolo, dopo aver assistito ad un'eclisse di Luna o addirittura di Sole, verranno da noi e ci domanderanno certo seriamente le ragioni per le quali abbiamo chiesto agli dèi l'eclisse senza avvertirli, ebbene, che risposta fondata sulla verità potremo dare a queste domande per evitare di fare una figura terribilmente meschina di fronte a loro?»

11. Un terzo osserva allora: «Mah, con una piccola bugia ci si potrebbe ancora tirare fuori dalla pozzanghera; senza di questa però, per quanto ci pensi, non vedo davvero una onorevole via d'uscita. Ma, come vedo, anche in molti altri punti c’è da temere che ci venga alquanto a mancare il terreno sotto i piedi, non meno che in quello delle eclissi! A mio parere siamo già adesso abbastanza malconci! Ma quali difficoltà non ci si prospetteranno poi dinanzi quando cominceremo a lavorare intorno al nostro antico edificio per cercare di migliorarlo! Ostacoli insuperabili, in quantità innumerevole come un esercito di locuste dall'Arabia, verranno a sbarrarci il passo da tutte le parti, e non ci sarà più possibile raccapezzarci! Quello che mi sembra più consigliabile è prendere il largo e stabilirci in qualche luogo ben lontano da questo!»

12. Dice Roclus: «Eh sì, tutto sarebbe bello e giusto, ma cosa fare di tutti questi nostri possedimenti e di queste istituzioni che pure non conviene vengano lasciate così alla leggera in balia alla curiosità dei nostri avversari? In verità, il vostro consiglio verrebbe a costare parecchio caro, specialmente per quanto mi riguarda! Noi ormai abbiamo come alleato Dio, il Signore, l’unico che sicuramente ci libererà da ogni ulteriore preoccupazione assolutamente superflua, di questo io sono più che certo! Non c'è dubbio che noi dovremo affrontare più di una difficoltà; sennonché - per come vedo le cose ora - questo non potrà certamente essere per noi che un'importantissima scuola nella quale attingeremo di certo la consapevolezza dal punto di vista pratico riguardo a ciò che conviene venga spazzato via dalla propria vita terrena e al come deve venire eliminato per poter giungere dentro di sé alla vera vita interiorissima proveniente da Dio.

13. È per questo che noi rimarremo comunque qui! Per tutto il resto io non ho affatto timore, poiché io stesso dirò a ciascuno: “D'ora innanzi le resurrezioni sono finite per sempre!”. E se mi si chiederà il perché, io risponderò: “Dio non lo vuole più, dato che l'umanità non vive così da meritare una simile grazia particolare!”.

14. Coloro però i quali vivono conformemente alla Volontà di Dio, saranno anche sufficientemente accorti per rendersi conto del perché Dio ha richiamato a Sé l'uno o l'altro dei loro figli, e potranno in seguito essi stessi farsi ammaestrare dal Suo Spirito. E nessuno troverà certo qualcosa da obiettare!».

 

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Cap. 142

Le proposte di Roclus di riforme da apportare all’istituto esseno.

 

1. (Roclus:) «Per ciò che riguarda gli altri trastulli scientifici, credo senz'altro che possano restare come sono, visto che comunque noi non ne abbiamo mai fatto uso diverso da quello del procurare una distrazione del tutto innocente ai nostri ospiti. Noi però possiamo anche disfarcene, e credo che nessuno in questo caso potrà avere qualcosa in contrario. Prima di tutto conviene che sparisca la luna piena artificiale, perché l'esperimento è ormai troppo stantio e goffo, e non serve più nemmeno a produrre un’illusione ottica dinanzi alla gente più lenta di intelletto. È opportuno che gli alberi, gli arbusti, le statue, le colonne, le sorgenti ed i pozzi parlanti vengano annientati e che qualcosa di meglio prenda il loro posto. Gli apparecchi elettrici invece possono restare, e così pure i vari specchi ustori, perché queste cose rientrano nell'ordine della scienza e con il loro aiuto possono venire curate diverse malattie. La stessa cosa dicasi delle nostre nozioni farmaceutiche e dell'arte di fabbricare il vetro, di molarlo e di levigarlo.

2. In poche parole, tutto quello che presso di noi esiste come cosa puramente scientifica, conformemente alla verità, che rimanga, mentre tutto il resto venga eliminato! E se procederemo a delle eliminazioni, non saremo certo tenuti a renderne conto a nessuno, dato che l'istituto è di nostra proprietà, e secondo le leggi di Roma abbiamo l'indiscutibile diritto di farne ciò che vogliamo. Se vogliamo fare qualcosa per il popolo, lo facciamo perché così vogliamo noi stessi, considerato che non siamo al servizio né al soldo di nessuno. Noi siamo uomini e signori noi stessi, e come cittadini romani e fedeli sudditi godiamo per noi della tutela legale come qualsiasi altro cittadino di Roma; oltre a questo possediamo ancora tante sostanze e tesori che anche facendo una vita da Creso non ci basterebbero mille anni per consumarli tutti. Ma oso dire che perfino dal punto di vista mondano non vedo dinanzi a chi dovremmo vergognarci! Al cospetto del Signore noi non abbiamo altri misteri, ed Egli sarebbe veramente l'unico dinanzi al Quale dovremmo arrossire; ma ormai anche con Lui ogni cosa è appianata. Ma se Egli già ora ci è propizio, dato che Egli certo anticipatamente sa che noi adempiremo fino alla fine dei tempi la Sua Volontà in maniera così pura come l'abbiamo accolta finora, Egli non solo ci rimarrà propizio fino alla fine di tutti i tempi, ma perfino eternamente nell'aldilà.

3. Pensateci un po’ e dite voi stessi se non sarebbe quanto mai sciocco da parte di qualcuno fra di noi mettersi a disputare con un cieco perché ha inciampato in una pietra su una strada a lui non conosciuta, e perché di conseguenza è caduto a terra riportandone delle ferite! Ah, certo, se egli fosse dotato di buona vista gli si potrebbe senz'altro dire: “O amico, a che cosa ti servono i due occhi che hai in testa?”. Ma un simile rimprovero non lo si può invece fare ad un cieco, perché egli non possiede i lumi della vita, e per lui non c'è sole che sorga o che tramonti. Ora noi pure eravamo spiritualmente ciechi, e nessuno poteva nemmeno aiutarci e condurci su una buona strada! Ma anche se siamo caduti spesso su quella via che non ci era possibile distinguere, chi mai può venire a chiedercene conto a nostra vergogna? Sapevamo noi allora quello che sappiamo adesso? Da chi mai avremmo dovuto apprenderlo? Ma ora che lo sappiamo, certo agiremo anche conformemente, e lo faremo nella stessa maniera di come finora abbiamo agito conformemente a quanto sapevamo.

4. Ora non è importante che, da parte nostra, rispetto all'opera di riforma dell'istituto ce la caviamo con più, meno o niente onore del tutto, ma l’unico fatto importante è che noi non possiamo essere sospettati di inganno agli occhi del mondo, considerato che la nostra intenzione è di lavorare, ed anche effettivamente lavoreremo in avvenire, per il bene degli uomini sul campo della verità, ed a tale scopo ci vuole una certa fiducia e una certa stima da parte della gente che noi siamo chiamati ad ammaestrare e a guidare, cosa alla quale non dobbiamo rinunciare a nessun prezzo se vogliamo che le nostre fatiche portino dei buoni frutti.

5. Dunque, ogni cosa sarebbe già in perfetto ordine, e noi possiamo anche eliminare tutto senza che ciò abbia a dare proprio nell'occhio; soltanto le eclissi di Luna e di sole ci daranno del filo da torcere, almeno da principio, perché esse continueranno certo a sussistere! C'è da prevedere che allora, naturalmente, si presenterà a noi una quantità di gente di ogni ceto, la quale ci domanderà: “Perché lasciate che si verifichino queste cose spaventose? Se noi siamo dei peccatori al vostro cospetto e a quello degli dèi, perché non ci esortate a fare penitenza e a sacrificare agli dèi e a voi stessi?”. Che cosa risponderemo?

6. Ecco, qui sta il vero inghippo! Io proprio non vedo come potremo tirarci fuori da questo impiccio restando fedeli alla verità divina purissima, e senza ricorrere ad una bugia che pare addirittura imposta dalla necessità. D'altro canto una bugia, anche se imposta dalla necessità, non dovrebbe mai salire alle nostre labbra, secondo la Volontà del Signore! Ma allora che fare? Oh, quanto mai disperatissima è questa situazione! Come ho detto, i miei buoi sono giunti ormai davanti ad una montagna, e non sono più in grado di trascinare il carro su per le sue pareti scoscese!»

7. Interviene allora uno della compagnia, e dice: «Ebbene, interpella in proposito il Signore e Maestro di tutte le cose! Egli certo ti darà un buon consiglio anche sotto questo aspetto! Noi potremo romperci il capo anche per degli anni in cerca di una soluzione senza arrivare a concretizzare niente di saggio! Però ora ci troviamo ancora vicini alla Sorgente e possiamo attingervi il miglior consiglio. Non saremmo folli se, in una simile questione della massima importanza, non volessimo informarci dal sapientissimo Autore di tutte le cose riguardo a ciò che converrebbe fare, affinché per il bene del Regno di Dio sulla Terra non veniamo rovinati di fronte alla cieca umanità mondana?»

8. Dice Roclus: «Tu hai senz'altro ragione, e certamente io potrei fare anche questo per promuovere la diffusione della Sua divina Dottrina. Tuttavia, prima abbiamo anche il dovere di pensarci su onestamente, e vedere se appunto una simile richiesta, da rivolgersi al Suo divino Amore e alla Sua Sapienza, non sia eventualmente già in se stessa una grave stoltezza che forse sarebbe meglio non commettere, perché così facendo renderemmo manifesta appunto la nostra immensa stoltezza ed una ben minima stima di fronte alla Sua indiscutibile Divinità!»

9. Dice allora un altro della compagnia: «Va tutto bene, e il tuo ragionamento non fa una grinza; sennonché in pratica tutto ciò non ci può servire niente! Quando uno è caduto in acqua ed invoca aiuto, c'è poco da mettersi a discutere se egli è caduto dentro per un malaugurato incidente oppure per sua stessa inettitudine o stoltezza; chi si dibatte nell'acqua e si sente soffocare, non ha davvero tempo per pensare alle cause che l’hanno fatto cadere dentro, ma ogni suo sforzo è concentrato nell'invocare aiuto. Se l'aiuto può o non può venirgli dato, questa è certo tutta un'altra questione che dipende unicamente dall'esperienza e saggezza di coloro cui l'invocazione di aiuto è stata rivolta! Questa è pressappoco la mia opinione!»

10. E Roclus allora conferma: «Questo si chiama azzeccarla giusta! Perciò resta deciso che la miglior cosa è chiedere consiglio al Maestro di tutti i maestri! Dunque io andrò subito da Lui e Gli esporrò quello che ci tiene ancora in angoscia!».

 

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Cap. 143

Il consiglio del Signore a Roclus.

 

1. Detto questo, Roclus si affretta a venirMi nuovamente vicino, e Mi espone del tutto apertamente la vicenda imbarazzante che lo angoscia.

2. Ed Io allora gli dico: «Come vedo, tu cominci già a convincerti un po’ che per l'uomo qualunque inganno deve presto o tardi portare indubbiamente con sé in svariati grattacapi! Perciò Io vi dico: “Soltanto la verità purissima a qualsiasi prezzo, perché questa dura più a lungo di tutto e non causa mai alcun particolare imbarazzo!”.

3. Può certo essere, anzi effettivamente avviene, che di fronte a gente che fonda la propria vita e la propria reputazione sulla menzogna e sull'inganno, la verità sia oggetto di grande odio e di timore, e che venga perciò anche perseguitata con il ferro e con il fuoco! Ma a che cosa giova ai persecutori di tutta questa verità il loro cattivo zelo? Non tarda molto che la verità finisce con il farsi strada, ed i suoi nemici rimangono svergognati agli occhi di tutti; essi vengono disprezzati ed evitati da chiunque, immersi come sono nella melma dalla quale riuscirà loro ben difficile tirarsi fuori. Ebbene, quello che ti angoscia è un po’ stupido e non si può sistemare con tanta facilità in modo da evitare completamente la critica del mondo! Tuttavia c'è pure ancora un mezzo per affrontare anche questa critica con il dovuto onore.

4. Voi avete dato ad intendere al popolo che gli dèi vi hanno conferito il potere di governare le eclissi di Sole e di Luna. Ebbene, ora vi conviene annunciare al popolo che gli dèi hanno cessato di esistere e di regnare, e che l'unico, vero e grande Dio, al Quale tutti i pagani hanno edificato anche un tempio dedicandolo “al grande Dio sconosciuto”, è venuto Egli stesso, addirittura corporalmente, su questo mondo, e che Egli vi ha tolto simile potere, e d'ora in avanti governerà e dirigerà tutto Lui stesso, e non affiderà mai più a nessuno la guida dei corpi mondiali e celesti!

5. Ad una tale dichiarazione la gente resterà certamente alquanto sbalordita, ed alcuni penseranno che voi abbiate avuto troppo poca cura nell'adempimento dei vostri doveri e di aver così peccato al cospetto degli dèi; altri invece crederanno di essere stati troppo avari nelle offerte, e degli altri ancora, un po' più desti di intelletto, diranno: “Essi rimettono così facilmente il loro incarico nelle mani del grande Dio sconosciuto per la ragione che non l'hanno mai ottenuto, ma se lo sono arrogati al solo scopo di tenere sotto controllo il popolo cieco con tanta maggiore facilità, e gli dèi che dovrebbero aver conferito loro un tale potere erano i detentori del potere di Roma! Ora invece deve essere sorto in qualche modo misterioso un qualche vero Dio che li ha minacciati, e perciò restituiscono in grembo all'unico vero e grande Dio con tanta facilità una mansione divina che veramente non era mai stata loro affidata da nessun Dio. Ma visto che sono pure così onesti da confessarlo, è da aspettarsi che finiscano con il confessare varie altre cose ancora, ciò che sarà molto buono, perché così arriveremo a scoprire delle altre verità. Il vento che li ha indotti a prendere questa direzione deve evidentemente essere un vento buono”. Ecco, così ragioneranno i più intelligenti e se la rideranno nello stesso tempo sotto i baffi.

6. I farisei poi, dal canto loro, non saranno in segreto meno contenti, e così parleranno al popolo: “Vedete, questo tiro deve essere stato Jehova in Persona a giocarlo a questi irritatissimi pagani per mezzo di un qualche potente profeta; costui li ha costretti a tradirsi da soli in faccia ai popoli”

7. Ma allora voi potete esprimervi così: “Anche i farisei hanno detto una volta tanto la verità! Questo potente Profeta però non è altri che il Profeta di Nazaret a loro stessi molto noto! Il Suo nome è Gesù, ed Egli, dal punto di vista terreno, è figlio del carpentiere Giuseppe, questi pure ben noto, che però fu unicamente Suo padre putativo, inoltre Egli è nato da Maria, la vergine, anche lei conosciutissima, della casa di Gioacchino e di Anna, a Gerusalemme! Ed è precisamente Lui che quest'anno, durante la Pasqua, mediante una sferza fatta di cordicelle cacciò fuori dal Tempio la spregevole genia dei mercanti e dei cambiavalute. Ma questo Profeta è evidentemente più che un profeta! Giovanni, il Battezzatore nel deserto, molto noto a tutti loro, ha già reso una vera testimonianza di Lui, testimonianza che sarà anch’essa a loro ben nota.

8. E questo Inviato di Dio ci ha pure tolto il potere sul Sole, la Luna e le stelle che noi stessi ci avevamo arrogato, ma in compenso ci ha conferito un incarico molto più grande ed importante fondato sulla verità. E questo alto incarico consiste nell’essere chiamati ad annunciare ai popoli, in tutta serietà e verità, che il Regno di Dio è ormai vicino e che tutti coloro i quali crederanno nel Nome di Gesù otterranno la vera vita eterna!”.

9. Quando parlerete così, voi turerete completamente la bocca ai farisei che certo finora sono stati i vostri peggiori avversari, ed essi si asterranno prudentemente dal pronunciare sia pur una sola ulteriore parola di critica sul vostro scomparso potere sulle eclissi di Sole e di Luna, e ciò tanto più in quanto essi sapranno molto bene che voi continuate a godere della tutela di Roma!

10. Ebbene, Io spero di averti esposto queste cose in maniera chiara a sufficienza, e spero che ti sarai convinto come a tale riguardo tu non debba temere più nulla! Ma dato che adesso hai avuto il consiglio e hai quindi la chiara visione della situazione, va dai tuoi amici e compagni e comunica loro tutto ciò. Oppure, c'è ancora in te qualcosa di nascosto che ti assilla?»

11. Risponde Roclus: «No, o Signore e Maestro dall'eternità! Ormai non c'è più nulla che possa opprimermi, e il mio cuore è colmo di letizia! Infatti ora io sento di trovarmi perfettamente al sicuro con il mio istituto, e quei figuri vestiti di nero avranno ben poco da rallegrarsi per il nuovo vento che comincia a soffiare!»

12. Dico Io allora: «Perfettamente bene; ma adesso va ed esponi le cose ai tuoi amici e fratelli, affinché possano anch’essi partecipare alla tua gioia! Tuttavia la fatica e il lavoro che vi attende non sarà lieve: di questo potete starne più che sicuri; sennonché là dove non c'è lotta, non c'è nemmeno vittoria, e dove non c'è vittoria non c'è neppure la gioia della vittoria che presso gli uomini è ritenuta la gioia più grande! Prima di tutto, dunque, occorrono coraggio e costanza, e poi la vittoria non potrà mancare! Io, che certissimamente sono il Testimone più degno di fede, Mi rendo di fronte a voi sicurissimo garante di tutto ciò! Pensi che tutto questo non sia sufficiente?»

13. Dice Roclus: «Oh, Signore, a chi Ti conosce come Ti conosco io non dovrebbe bastare tutto ciò? Io non posso che esprimerTi i miei più sentiti ringraziamenti; ed ora corro dai miei compagni per annunciare loro anche questo verissimo Vangelo».

14. E con queste parole, dopo essersi inchinato dinanzi a Me, egli si affretta tutto lieto dai suoi compagni, i quali frattanto sono lì quanto mai curiosi e ansiosi di conoscere se il responso sia per loro favorevole o sfavorevole.

 

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Cap. 144

Il futuro rapporto degli esseni con il sacerdozio.

 

1. E quando Roclus ha comunicato ai suoi compagni quanto ha appreso da Me, costoro se ne rallegrano immensamente, e quello che ha parlato prima, dice: «Vedi, amico mio, come è stata buona la mia idea di andare a prendere consiglio in tale contingenza direttamente dal Signore finché Egli si trova qui! Ormai sappiamo cosa pensarne e come comportarci, né abbiamo più bisogno di ricorrere a menzogne imposteci dalla necessità, ma ora possiamo presentarci armati della pura verità, e possiamo ridurre al silenzio con poche parole chiunque volesse chiamarci a rispondere. Oh, questo sì che è un consiglio vero e santo! Certo, quando il Signore viene in soccorso di qualcuno, il soccorso è vero e pieno, e come tale ha valore e significato per tutti i tempi!»

2. Interviene allora Raffaele, ancora presente, e dice: «Sì, tu hai giudicato molto bene! Questo consiglio vi sarà davvero di grande aiuto; ciononostante però con il tempo non verranno a mancare nel vostro istituto ogni tipo di difficoltà e di tentazioni, e voi in ogni tempo - prendete ben nota di questo! - avrete molti amici, ma accanto a questi ci saranno sempre dei nemici in numero mille volte maggiore, i quali vi perseguiteranno in tutti i tempi a testimonianza contro loro stessi, ed anche a testimonianza che il Signore stesso su questa Terra è stato continuamente perseguitato dall'umanità cieca e perversa.

3. Dunque, Egli è odiato da tutti i maghi di professione e da tutti i sacerdoti di qualunque confessione essi siano, più di tutto però dalla gente del Tempio di Gerusalemme. Ma poiché appunto la casta sacerdotale è stata sempre quella che ha cercato di rendersi la vita su questa Terra quanto mai comoda e si è sempre riservata i vantaggi maggiori, non la si potrà mai estirpare del tutto, e non passerà molto che perfino i frammenti di questa attuale nuovissima Dottrina di Dio serviranno da pretesto ad ogni specie di demagoghi e di poltroni per un sacerdozio al paragone del quale questo del Tempio di Gerusalemme dovrà a mala pena apparire come un semplice gioco d’ombre.

4. E contro questo sacerdozio voi avrete sempre un'aspra lotta da sostenere; esso non potrà in realtà farvi nulla, né potrà nuocervi in nessun modo, ma ad ogni modo cercherà di perseguitarvi, quando mai ne avrà la possibilità, nello stesso modo in cui ora i farisei perseguitano il Signore della Vita ogni volta che se ne presenta l'occasione. Sennonché questo sarà il segno vero del fatto che voi appartenete al Signore e che conservate pura la Sua Parola sia nella scrittura che nell'azione; e da tale testimonianza voi potrete sempre trarre motivo per essere immensamente lieti.

5. Voi però non dovrete mai e poi mai temere i vostri persecutori, dato che vivrete sempre sotto la visibile tutela del Signore; ma i vostri avversari invece vi temeranno oltre misura, e perciò anche vi perseguiteranno. Però, tutte le persecuzioni gioveranno loro tanto poco, quanto poco giova alla gente del Tempio il fatto che essi ora stanno perseguitando il Signore con tutte le loro forze, come ne avrete ben presto qui una piccola prova. Tu, o mio Roclus, fosti già avvertito in anticipo dal Signore che qui sarebbe accaduto ancora qualcosa prima di colazione, ma non sai di che cosa si tratta veramente! Ebbene, ascolta!

6. I perfidi uomini del Tempio hanno appreso, per bocca di un non meno maligno fuggiasco da Cesarea di Filippo, che il profeta da Nazaret si trova qui a proseguire la “Sua funesta opera”, e che il governatore supremo che Gli serve da protettore si trova egli pure qui. Perciò essi hanno escogitato in tutta fretta un piano maliziosissimo allo scopo di accalappiare il Signore, per renderLo sospetto agli occhi di Cirenio come ribelle e sobillatore del popolo. La trama è ordita con astuzia veramente satanica, tanto che non potrai fare a meno di meravigliartene.

7. Non c'è dubbio che quei figuri faranno pessimi affari con Cirenio; ma ad ogni modo l'avvenimento non mancherà di suscitare una grande impressione qui, anche se l'impresa è destinata ad andare in poco tempo incontro ad un inevitabile naufragio. Voi stessi verrete messi un po’ in gioco, però non a svantaggio, ma a profitto della buona causa. Preparatevi dunque per ogni evenienza: ancora un quarto d'ora e poi la storia avrà inizio! Frattanto però restiamocene tranquilli; Cirenio stesso ignora completamente la cosa, perché tale è la Volontà del Signore! Ma appunto perciò la sorpresa sarà tanto più grande. E adesso tutti zitti!».

8. Il silenzio si fece allora generale, cosa a cui certo contribuì molto l'imminenza del levare del Sole; ma principalmente ciascuno attendeva qualcosa di particolare, e stava quindi ansiosamente, per non dire angosciosamente, in attesa di quanto sarebbe accaduto.

 

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Cap. 145

I farisei accusano il Signore presso Cirenio di sovvertire l’ordine dello Stato.

 

1. Ben presto però i figli di Marco si accorsero di come una nave andava vagando incerta, ancora al largo, come se il timoniere non sapesse dove si trovava, cosa questa che si spiegava naturalmente con il fatto che dal giorno prima quella parte delle rive del mar di Galilea aveva subito delle considerevoli trasformazioni. La poderosa rupe che prima usciva dalle acque non esisteva più come punto principale di riferimento; un'altra rupe poderosa nonché un albero colossale sul contrafforte del monte dei serpenti erano stati, come si sa, rovesciati e spostati dai mori. A tutto ciò bisognava aggiungere ancora il nuovo edificio lussuoso, il giardino e il bel porto con le cinque nuove navi imbandierate, in modo che il timoniere, che avrebbe dovuto dirigere la nave verso Cesarea di Filippo, non sapeva assolutamente più orientarsi, e perciò era già da qualche tempo che andava volgendo il timone da tutte le parti tentando di farsi un'idea della località che gli stava di fronte.

2. Sennonché una forte brezza da oriente, levatasi improvvisamente, cominciò a spingere la nave con forza irresistibile direttamente verso la riva dove ci trovavamo noi. Da lì a pochi istanti i figli del vecchio Marco, dotati di vista acutissima, poterono benissimo distinguere che la nave aveva a bordo dei romani e un paio di farisei. Essi allora si avvicinarono a Cirenio e gli riferirono il fatto. E Cirenio, avendo appreso questa cosa, ordinò immediatamente a Giulio di sorvegliare con la massima attenzione l'approdo della nave che gradualmente si avvicinava sempre più velocemente alla riva. E Giulio, udito il comando, mise in allarme i suoi uomini con un fischio, e quasi in un batter d'occhio egli si trovò con cinquanta uomini armati alla riva pronto a ricevere la nave che non si fece attendere molto.

3. Quando coloro che erano a bordo della nave scorsero i soldati romani che erano schierati sulla riva, innalzarono subito bandiera bianca per indicare che essi non erano nemici e che avrebbero potuto lasciarli sbarcare tranquillamente. Giulio però si accorse che fra i romani che erano a bordo c'erano anche due facce da farisei ortodossi che egli si ricordava di aver visto altre volte; perciò inviò sollecitamente a Me e a Cirenio un messo per chiedere cosa avrebbe dovuto fare, se cioè rimandarli in mare o farli scendere a terra! Quella gente gli appariva molto sospetta, e tutto faceva credere che perfino i romani non fossero altro che dei farisei travestiti, o almeno quasi certamente degli erodiani.

4. La risposta concisa di Cirenio però fu questa: «Comunque sia, fateli sbarcare!».

5. A quest'ordine i neo-arrivati furono fatti scendere a terra, e Giulio sbrigò rapidamente le formalità dell'esame dei passaporti, secondo l'usanza d'allora, i quali portavano la firma di Pilato in Gerusalemme perfettamente in conformità alle disposizioni di legge. Una volta che l’identificazione fu avvenuta, uno dei romani sbarcati domandò a Giulio se il governatore generale si trovasse ancora presente in quella località. Un sì tonante uscito dalla bocca di Giulio, tutto corrucciato, fu la risposta a quella domanda indiscreta, risposta che mirava ad incutere un certo timore reverenziale.

6. Allora un centurione che era fra gli sbarcati si presentò con faccia molto seria a Giulio e lo apostrofò: «Chi ti ha autorizzato a parlarci in questo tono?»

7. E Giulio, più rigido ed aspro ancora di prima, rispose: «Se io non avessi delle eccellenti ragioni per fare così, ti avrei certo risposto in altro modo! Sennonché la tua stupida faccia d'asiatico mi prova che tu non sei affatto un romano, ma qualcos'altro! Dunque il tono della mia risposta non deve proprio farti grande meraviglia!»

8. Dice il centurione: «E che cosa posso essere se non un romano?»

9. Dice Giulio: «Di ciò parleremo un po' più tardi! Frattanto sei in mio potere ed è bene che ti adatti a fare rigidamente come ordinerò io! Il mio nome è Giulio, il severissimo comandante di Roma in questa regione, e sono un parente prossimo del nobile Cirenio, il governatore generale! Questo era necessario che te lo dicessi, visto che di romano in te non c'è proprio niente, perché, se tu fossi anche soltanto alla lontana un po’ romano, mi avresti riconosciuto già da lontano!

10. Vedi, in questo modo noi romani siamo soliti pigliare al laccio le volpi astute! Ma adesso andiamo avanti, perché il meglio deve ancora venire! Eh, il paese ormai un po’ coltivato vi è apparso alquanto estraneo, altrimenti già un'ora prima ci avreste onorati della vostra visita inattesa! Ma non fa nulla, nonostante la località abbia cambiato aspetto, vi assicuro che siete arrivati proprio alla meta!

11. Tu puoi convincerti dunque che sono già informato anticipatamente di tutto! Certo, certo, nel territorio dove comanda Giulio, non si arriva così facilmente senza preavviso, come si potrebbe credere. So che ti secca un po’ sentire che sono già a conoscenza di tutto quanto riguarda la vostra comparsa qui; del resto, per voi che siete delle teste tanto fine, ciò probabilmente non ha grande importanza, cosa questa che naturalmente si vedrà ben presto! Procediamo dunque innanzi, e sentiremo cosa dirà in proposito il governatore generale!»

12. Dice allora il centurione con visibile imbarazzo: «Cosa sai tu di noi, e chi mai ha potuto rivelarti sul nostro conto delle cose che non esistono?»

13. Dice Giulio: «È inutile che perdiamo tempo in chiacchiere! Là c'è il governatore, ed è lui a decidere. Avanti dunque, o falsi romani! Il resto verrà poi!»

14. Il centurione allora, seguito dai suoi otto militi, nonché da due principali farisei dalla corporatura massiccia e pasciuti a dovere, si presentarono a Cirenio e gli consegnarono uno scritto che appariva firmato da Erode, nel quale non era detto altro che nell'intera Celesiria e in buona parte della Galilea e della Samaria era stata scoperta una congiura assai vasta contro tutti i romani. A capo della congiura doveva trovarsi il famigerato profeta Gesù di Nazaret, il noto agitatore, il quale in segreta alleanza con la misteriosissima setta degli esseni andava facendo ogni tipo di prodigi per abbagliare il popolino che non poteva capirne niente, ammantandosi così di una specie di aureola divino-profetica, e che aveva, a quanto si diceva, la sfrontatezza abominevolissima di spacciarsi di fronte al popolo addirittura per un vero figlio di Dio.

15. (Ecco una parte della lettera di Erode:) “È inoltre risultato, in base a parecchie deposizioni di testimoni da vari paesi, che concordano fra di loro, che quell'empio sovvertitore è riuscito perfino ad insinuarsi nell'amicizia dei più alti funzionari di Roma assieme alla schiera già discretamente numerosa dei suoi cosiddetti discepoli. Sennonché è opinione, già in segreto accettata generalmente, che lo scellerato si comporti così allo scopo di poter ucciderli tutti con un attacco improvviso in un determinato giorno, dopo di che si sarebbe proclamato egli stesso re di tutti i giudei. Considerato dunque che per decreto degli alti dèi tali cose sono venute a mia conoscenza, e visto che io sono esperto in simili questioni, io te lo faccio notare com’è mio dovere sperando che tu saprai fare quanto ti spetta e prenda i provvedimenti del caso! Con profondissima devozione, Erode, ora tetrarca in Gerusalemme”.

16. Non si può ripetere qui testualmente tutto il contenuto della missiva erodiana con le sue molte ingiurie volgari, e sarebbe davvero anche perfettamente inutile; ad ogni modo il contenuto essenziale è quello che è stato qui esposto ora.

 

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Cap. 146

Lo smascheramento dei falsi accusatori.

 

1. Quando Cirenio, serio in volto, ebbe letto questa missiva con la massima attenzione, si volse verso di Me con uno sguardo di compassionevole amicizia e disse: «O Signore, non pare possibile, eppure ancora si osa tentare di renderTi sospetto presso di me nella maniera più ignominiosa! Che ne dici? Infatti, Tu certo conosci il contenuto di questa lettera!»

2. Dico Io: «Fa chiamare Raffaele e Roclus, perché non sarebbe bello che Io Mi mettessi a discutere con questi messaggeri del principe della menzogna!»

3. Allora Cirenio chiamò a sé immediatamente Raffaele e Roclus; quest’ultimo sembrò subito essere fin troppo noto agli inviati di Erode, perché, non appena l’ebbero scorto, distolsero i loro visi da lui.

4. Una volta che Raffaele fu vicino a Cirenio, gli consegnò egli pure un rotolo di pergamena e gli disse: «Ecco, qui hai il duplicato della presunta missiva di Erode; leggila e riconosci che io, e per mezzo mio anche Roclus, eravamo già informati di questa ignominia perfettamente farisaica. Dopo la firma di Erode, il quale però non ha mai visto la missiva e che non sa assolutamente nulla di questa lurida trama, troverai ancora una brevissima annotazione che ti renderà consapevole di tutta la questione, e per conseguenza converrà che tu la legga. Ma quando avrai letto tutto, consegna il rotolo agli inviati e fa che lo leggano anche essi! Poi le cose faranno il loro corso naturale».

5. Cirenio allora prese in mano il rotolo e lo lesse rapidamente, e lesse anche l'annotazione che lo colmò di meraviglia, dato che essa conteneva precisamente quello che aveva subito immaginato dovesse contenere. E quando ebbe preso visione di tutto, egli consegnò il rotolo stesso al falso centurione dicendogli: «Ed ora leggi anche tu ad alta voce questo dinanzi ai tuoi compagni!».

6. Il centurione prese il rotolo di Raffaele con visibile imbarazzo, e si mise a leggerlo facendo una faccia sempre più lunga man mano che procedeva nella lettura, fino a che, giunto all'annotazione, parve come colto da un attacco di febbre, e tutti gli inviati cominciarono a cambiare colore, ciò che, naturalmente, non sfuggì affatto all'occhio acuto di Cirenio e di tutti gli altri presenti. Quando il falso centurione ebbe terminato di leggere tutto a voce alta, così da poter essere sentito anche dai suoi compagni, egli restituì a Cirenio il rotolo di Raffaele facendo un profondo inchino, e, come ben si comprende, senza aprire bocca, perché tanto egli quanto i suoi compagni erano rimasti troppo sbalorditi da tale avvenimento e venivano a trovarsi come dei viandanti capitati proprio sotto una parete di roccia dove non era possibile scoprire nemmeno un pessimo sentiero per uscirne fuori e procedere innanzi.

7. Dopo alcuni istanti di perfetto silenzio, questo venne interrotto da Cirenio il quale disse: «Dunque Erode mi consiglia di fare ogni sforzo possibile pur di impadronirmi di quel certo profeta e di fargli staccare il capo dal busto, così come niente fosse, riservando lo stesso trattamento anche ai Suoi discepoli?»

8. A questa domanda nessuno diede risposta.

9. Allora la faccia di Cirenio si oscurò, e in tono aspro disse: «Voi mi risponderete, e presto! Altrimenti sconterete questo crimine in una maniera che non ha precedente! Da chi proviene questa missiva, chi l'ha compilata, chi ha avuto la spudorata audacia di raccontarmi una fenomenale bugia di questa specie, e quale ignominiosa intenzione si nasconde sotto a questa indegna manovra?»

10. A questa energica domanda gli inviati furono sul punto di smarrire i sensi, perché sapevano che avevano a che fare con il governatore generale romano assolutamente inflessibile. Tutti, come colti da timor panico, cominciarono a tremare ed a febbricitare, né fu loro possibile articolare una sola parola.

11. Giulio allora disse: «O nobile signore, cosa penseresti se noi pagassimo a questi inviati addirittura un anticipo sul compenso per la denuncia, contemplato dalla legge, e li facessimo trasferire intanto a Sidone affinché vengano scrupolosamente custoditi fino al giorno nel quale, secondo le loro indicazioni, dovrà scoppiare la rivolta, giorno nel quale potrà venire versato a loro tutto il premio del tradimento, e cioè o sulla croce o sul ceppo? Si capisce già da lontano e si può vedere fin troppo chiaramente come questi romani non costituiscano che una combriccola di farisei della peggiore specie, i quali per denaro si prestano anche alla cosa più abominevole!»

12. Risponde Cirenio: «Tu hai ragione da vendere; sennonché, considerato che qui noi non siamo i soli padroni, ma che invece c'è Qualcun altro ancora cui compete il diritto di fare delle osservazioni, converrà che noi restiamo in attesa degli avvenimenti con la maggior calma possibile!».

 

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Cap. 147

Le trattative con i farisei.

 

1. Allora si fece avanti Roclus e disse a sua volta: «Elevato signore, permettimi che dica anch’io qualcosa all’orecchio di questi esseri mostruosi, a queste larve umane, perché nella lettera anche il mio istituto viene attaccato molto duramente, cosa questa che io, che ne sono il capo, non posso assolutamente digerire! Bisogna che io domandi loro come e quando quel profeta da Nazaret, che secondo loro è famigerato, perfido e sacrilego, abbia imparato da noi le arti magiche, mediante le quali Egli va, dicono loro, abbindolando e seducendo il popolo! Com’è vero Dio, se non ritrattano qui all'istante questa calunnia madornale, nessuno mi tratterrà dal mettere loro le mani addosso e di torcere loro il collo, e Dio, il Signore, certo vorrà aiutarmi!»

2. Avanza allora uno dei due farisei e dice: «Ammesso pure che tutta la questione fosse veramente soltanto una maligna invenzione, che colpa si potrebbe attribuire a noi? La missiva non l'abbiamo scritta noi, né meno ancora l'abbiamo compilata; tirate dunque in causa coloro che ci hanno mandati, mentre a noi, da semplici messaggeri che siamo, non spetta di rendere ragione o di dare spiegazioni a chicchessia! Noi non facciamo che aspettare una risposta adeguata che sarà nostro dovere trasmettere a coloro che ci hanno mandati qui. Dunque, secondo me, è qui che va concentrato il senso di tutta la lunga questione!»

3. Ma Roclus, dietro suggerimento di Raffaele, ribatte: «Sta bene! Però cosa direste voi se noi riuscissimo a dimostrarvi punto per punto che siete voi gli autori della vostra sconcia missiva, e che voi, qualora il piano ottenesse un buon risultato, sareste autorizzati a prelevare AD PERSONAM (personalmente) un compenso di mille libbre d'oro dalla cassa principale del Tempio?»

4. Il fariseo reagisce urlando: «Chi mai può accusarci di una simile indegnità? La missiva è pur firmata da Erode!»

5. Allora Roclus fa avvicinare Zinca e gli dice: «Non c’è nessun altro a questo mondo che possa conoscere la scrittura del tuo padrone come te. Dimmi, è questa la sua firma?»

6. Zinca osserva attentamente la lettera, e dice infine: «Neanche lontanissimamente! Erode non sa scrivere, ma sa a mala pena decifrare i caratteri greci. Quando vuole firmare qualcosa, si avvale di un sigillo che egli imprime sul documento; per conseguenza questa firma deve essere falsa! Questo lo posso giurare su quello che volete!»

7. E Roclus esclama: «Ebbene, o fariseo sapiente, o teologo insigne e verissimo nel nome di Mosè e di Aronne, che cosa ne dici adesso? Io credo di colpire nel segno dicendo che tu preferiresti trovarti a casa tua dinanzi ad una mensa bene imbandita piuttosto che qui sotto simili “gloriosi” auspici! Sicuro, non può essere altrimenti: quando l'uomo non si accontenta di ciò che Dio, il Signore, gli ha donato, bisogna che si adatti al proprio destino ed ai suoi tiri mancini!

8. È chiaro che il famigerato Profeta da Nazaret non può entrare nelle vostre grazie, dato che Egli con la Sua santissima Dottrina di Verità minaccia di danneggiarvi nei vostri affari. Qui è la chiave del mistero! Sennonché la cosa ormai sta così, e non cambierà più in eterno, neanche ammesso che Egli, per farvi piacere, acconsentisse un giorno a lasciarsi pacificamente uccidere da voi, almeno PRO FORMA (all’apparenza), perché Egli, in quanto la Vita stessa dall’eternità, non può assolutamente venire ucciso. Io ho finito, ed ora tocca a te! Che cosa mi sai dire riguardo a tutto questo?»

9. Il fariseo era rimasto come pietrificato, e nessuno degli inviati si azzardava adire la benché minima cosa.

10. Dopo qualche istante Cirenio, che aveva avuto segretamente un cenno da Me, seguendo una tattica quanto mai astuta fece venire a sé i due irriducibili farisei e così parlò loro: «Adesso potete calmarvi! La tempesta è passata; e non urtatevi per la nostra serietà romana da principio sempre invariabile. Ora invece subentra la seconda fase della discussione durante la quale io non intendo affatto dibattermi tra finzioni e firme apocrife, ma intendo sentire da voi la verità intera e pura. Soltanto dicendo la verità potete sottrarvi al mio potere inesorabile, altrimenti la prigione, la croce e la scure saranno il vostro destino con altrettanta certezza quanto è vero che io sono il governatore generale di tutte le province dell'Asia soggette a Roma.

11. Ma se voi direte la verità, qualunque essa possa essere, potete affidarvi alla mia piena parola d'onore romana che vi lascerò liberi incondizionatamente di andarvene dove vi pare. Sta adesso a voi scegliere! Se volete insistere in questa menzogna, avete già appreso dalla mia bocca qual è la sorte che immancabilmente vi attende, perché qui in Asia io, nel nome dell'imperatore, detengo un potere illimitato, e duecentosessantamila guerrieri sono ad ogni ora del giorno ai miei ordini. Se questa cosa eventualmente prima voi la ignoravate, ora sapete come stanno le cose! Chi mi chiamerebbe a rispondere se io, anche per un capriccio, facessi uccidere con la spada tutti gli ebrei? Di autorità e di forza ne dispongo in abbondanza! In quale luogo di tutta l'Asia si può tramare una congiura senza che io possa venirne avvertito al più tardi tra gli otto e i quattordici giorni? Ma poi, guai ai ribelli!

12. Se, come voi asserite, vi fossero realmente degli indizi anche minimi di una sommossa, per quanto segretamente preparata, io certo ne sarei informato, ed i miei molti esecutori di giustizia sarebbero già a quest’ora occupatissimi. Dunque, tanto la vostra denuncia quanto la firma di Erode non sono che perfide menzogne, mediante le quali, se io fossi cieco, voi mi avreste usato come strumento per realizzare uno scopo ben differente. Però del fatto che la cosa con me non va, né mai potrà andare, di questo spero che voi vi sarete già più che persuasi. Per conseguenza si tratta adesso di venire fuori con la verità, affinché mi sia possibile vedere chiarissimamente in quali condizioni mi trovo di fronte a voi. Ma, intendiamoci prima e bene: vedete, come ora il Sole sorge puro sopra le montagne di là dal mare, altrettanto pura deve risultare la verità di quello che avrete da dirmi; se così sarà, io manterrò la parola data! Ed adesso parlate!».

13. A questa intimazione, i due farisei, come pure i falsi romani che per metà erano farisei e per metà degli erodiani, fecero una faccia disperata, perché nessuna cosa riesce meno desiderabile per l'uomo del doversi accusare da sé e del dover confessare pubblicamente le proprie vergognose e perfide intenzioni. E questo era appunto il caso di questi farisei. Ma che cos'altro restava loro da fare? L’inflessibilità di Cirenio come pure il suo senso rigidissimo di giustizia erano più che noti, ed evidentemente non potevano fare altro che cominciare a confessare la piena verità.

 

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Cap. 148

La confessione dei farisei.

 

1. Perciò uno dei farisei prese il coraggio a due mani e cominciò a parlare così: «No, supremo e severissimo signore di tutti i paesi dell'Asia ed in gran parte anche dell'Africa! Dato che non ci resta altra via d’uscita se non quella di confessare la piena verità, devo dire anche a nome di tutti i miei compagni che la missiva è una pura finzione e che noi stiamo combattendo con estrema determinazione, come fosse il nostro maggiore nemico, il famigerato profeta di Nazaret esclusivamente perché siamo gelosi di quello che opera. Infatti, egli sta facendo prodigi tali da superare di gran lunga tutto ciò che si è visto finora; oltre a questo, quanto egli insegna è diametralmente contrario al Tempio e alla sua legge, che davvero non abbiamo emanato noi.

2. Sul monte Sinai, circa mille anni fa, Mosè ricevette delle leggi dalla mano infuocata di Dio, e successivamente anche una quantità di norme vitali per lo Stato; ora fra le leggi, la prima è importantissima, e suona così: “Tu crederai soltanto in Me, come nel tuo unico e vero Dio, e non adorerai accanto a Me alcun altro dio estraneo, perché Io solo sono il tuo Dio e il tuo Signore!”. Il profeta (da Nazaret) sostiene invece di essere egli stesso, e nessun altro, un vero figlio di Dio, anzi addirittura Dio stesso, ed a questo proposito si richiama alle enunciazioni dei profeti che arbitrariamente riferisce a se stesso, nonché alla testimonianza dei prodigi che va compiendo.

3. Se la cosa si lascerà andare avanti così impunita, in pochi anni a Gerusalemme sarà la fine dell’istituto di origine divina del Tempio! E poi che cosa succederà? Che figura faremo di fronte al popolo noi, chiamati da Dio a tale funzione? E di che cosa vivremo, considerato che per disposizione divina non ci è stato mai lecito possedere né un campo né una vigna? Da una parte abbiamo quei rinnegati di samaritani, i sadducei ed i semipagani, dall’altra gli esseni che ormai hanno saputo attirare a sé la metà del popolo! Ed ecco che ora, come se non bastasse, arriva pure il Galileo in aggiunta! E così a me pare che la faccenda finisca con il passare ogni limite!

4. Per mezzo di Mosè e di Aronne, fra tuoni e fulmini sul Sinai, Jehova ci ha dato delle leggi e le ha sanzionate, ha stretto inoltre un’alleanza eterna con noi e ci ha ingiunto nel modo più rigoroso di restare fedeli a questa alleanza. Egli, l’Onnipotente, ci promise i massimi vantaggi della vita qualora noi fossimo rimasti fedeli all’alleanza e alla legge, però ci minacciò pure dei più gravi svantaggi qualora avessimo rotto il patto in modo sconsiderato. D’altro canto Egli ci ha conferito il diritto di combattere i nostri nemici con il ferro e con il fuoco, come anche a suo tempo ha fatto Giosuè davanti a Gerico, e più tardi Davide, il gran re, con i Filistei, quando, secondo il comandamento di Jehova, era vietato risparmiare perfino i bambini nel corpo materno.

5. Ma se adesso Jehova, contrariamente alle Sue solenni promesse, forse a causa dei nostri peccati e della nostra tiepidezza e tolleranza verso i nostri nemici, volesse sciogliere l'antica alleanza e abbandonarci del tutto, Egli lo farebbe certo in una maniera molto più grandiosa di quella da Lui usata quando, circa mille anni fa, Egli strinse l’alleanza, affinché ciascuno potesse rendersi conto della situazione nella quale si trova, con precisione e senza alcun dubbio! Ora una cosa simile non si è verificata finora; ma allora come può un mago, per quanto straordinarie siano anche le sue arti, avere la sfrontatezza di cominciare ad agire nella maniera più ignominiosa contro di noi che ancora rappresentiamo un’istituzione sempre e continuamente voluta da Dio?

6. Che egli guarisca pure quanti ammalati vuole, e se proprio vuole divertire la gente, che trasporti di qua e di là le sue montagne e faccia pure altre cose ancora più grandi, ma che non scenda in campo contro il Tempio ed i suoi sacri misteri! Però egli fa sempre di più queste cose: sta scalzando completamente la fede e la fiducia del popolo nel Tempio, particolarmente presso i galilei, e così succede che questi spesso si rifiutano di corrisponderci la decima, e per di più ci denigrano qualificandoci per spudoratissimi e matricolati imbroglioni del popolo e dell'umanità. Se noi effettivamente siamo tali, che Jehova ce lo dica per bocca di un vero profeta, e non per quella di uno stregone galileo il quale va spacciandosi per uno tra i maggiori profeti, anzi addirittura per un Figlio dell'Altissimo, mentre sta scritto con tutta evidenza che dalla Galilea, troppo infestata dai pagani, non potrà mai sorgere un profeta, e tanto meno poi un Figlio di Dio discendente dai Cieli!

7. Ma se dunque noi ci troviamo costretti - in primo luogo dalla legge divina, e in secondo luogo dalla necessità chiaramente impostaci dalle circostanze - a perseguitare un simile individuo tanto pericoloso per l’antica causa di Dio e, qualora sia possibile, di liberare con le nostre mani il mondo dalla sua presenza e di annientarlo dalla faccia della Terra con tutti i diritti che ci derivano da Dio, allora facciamo forse male se, in mancanza purtroppo di altri mezzi, ricorriamo in questi tempi a qualche mezzo suggerito dalla politica allo scopo di sbarazzarci di un soggetto tanto pericoloso nei nostri riguardi? Io credo che in te non vi sarà ormai più alcun dubbio riguardo la perfetta veridicità di questa nostra confessione pubblica, ben motivata!».

 

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Cap. 149

La testimonianza di Cirenio a favore del Signore.

 

1. Risponde Cirenio: «No davvero, in me non c'è più proprio alcun dubbio, perché questa volta - cosa che di solito non succede tanto facilmente ad un fariseo - tu hai detto la piena verità, ed hai così ricondotto la serenità nel mio animo! Del resto però, per quanto riguarda il tuo Profeta o addirittura Figlio di Dio che tu reputi terribilmente pericoloso, devo anzitutto farti notare che presso di voi Egli deve essere stato calunniato in maniera inaudita; e poi devo ancora dichiararti apertamente che quest’Uomo estremamente degno di essere ricordato io Lo conosco molto bene, e posso darti pubblicamente l'assicurazione che Egli è l'Uomo più innocuo che ci sia, che si da ogni cura soltanto per giovare al prossimo, e ciò perfino rispetto a voi che siete apertamente i Suoi peggiori nemici, malgrado gli siano anche troppo noti tutti i vostri inganni e il vostro menzognero procedere, ciò di cui né Mosè, né Aronne si erano mai neppure lontanamente sognati.

2. Oh, sì! Io vi dico che Egli è un ebreo in tutto e per tutto, però solo nel senso più vero e genuinamente mosaico! Ma dov'è Mosè e dove siete invece adesso voi con i vostri nuovi precetti umani? Egli dunque non scende in campo contro le vostre persone, ma contro quello che c'è di antimosaico in voi! Da parte del popolo sono già giunte ai miei orecchi così tante accuse fra le più rivoltanti contro il vostro modo di agire scandaloso e contro i vostri imbrogli, che, in verità, già varie volte c'è mancato poco che io non deliberassi di mettere fine una volta per sempre ai vostri soprusi con le armi in mano! Fu solo Lui che mi trattenne dal dare esecuzione ai miei piani! Se Egli, che sa di poter contare sulla mia alta considerazione e sulla mia perfetta amicizia, fosse vostro nemico, Egli stesso non potrebbe che essere immensamente lieto se riuscisse per mezzo mio a farvi scomparire completamente da questo mondo in brevissimo tempo; invece succede precisamente il contrario!

3. Egli deplora la vostra immensa cecità, della quale però portate voi stessi in grandissima parte la colpa; e il Suo più vivo desiderio è anzi quello di ricondurvi alla Verità e all'unico vero Dio dal Quale vi siete allontanati in conseguenza delle vostre innumerevoli brame mondane, nonché desidererebbe rinnovare l'antica alleanza con voi, mentre è ben lontano dal Suo pensiero volere la vostra rovina. Ma se questo è il Suo più grande desiderio e la Sua Volontà, come può Egli essere vostro nemico? Se voi disponeste di quei mezzi dei quali Egli dispone, quante volte l'avreste già ucciso! Ma Egli invece si comporta forse verso di voi così, Egli che ad ogni ora del giorno può ricorrere a mille mezzi uno più efficace dell'altro per raggiungere il Suo scopo? Usando dei poteri che detengo, io ho sottoposto anche Lui ad un esame rigorosissimo che Egli ha sostenuto nella maniera più gloriosa.

4. Io ho trovato appunto in Lui quell'Uomo che trent'anni fa tutelai contro le crudelissime persecuzioni del vecchio Erode, ed Egli è precisamente Quello stesso che trent'anni fa, quando mio fratello Augusto decretò il censimento in tutto il vasto impero di Roma, e quindi anche nella Giudea, nacque a Betlemme in una stalla, dalla giovane moglie del carpentiere Giuseppe, fra ogni tipo di apparizioni prodigiose, Quello stesso che dai savi dell'Oriente venne riconosciuto grazie ad una stella cometa che li condusse nel luogo dove Egli si trovava e venne salutato come un futuro Re dei giudei e colmato di ricchi doni, ed al Quale i pastori stupiti inneggiarono come ad un'apparizione assolutamente straordinaria per questa Terra, cose queste delle quali dovreste ricordarvi!

5. Qualora però, nonostante voi dovreste essere già sulla sessantina, non fosse pervenuto niente di tutto ciò ai vostri orecchi, qui c'è mio fratello Cornelio, a cui allora era stato affidato l'incarico del censimento a Betlemme, quale testimone ancora ben vivo, ed accanto a lui poi ci sono io stesso, che ebbi l'occasione, quanto mai inattesa, di percepire e di sperimentare in Lui, che allora era un bambinello di appena quattordici giorni, tali indizi di evidente origine divina che con mio massimo reverentissimo stupore dovette svanire in me anche il minimo dubbio sul fatto che in quello stesso bambinello si celasse molto di più di un qualche figlio d'uomo, per quanto perfetto.

6. Ed ora, nella mia età avanzata, avendo ritrovato il bambinello d'allora in un Uomo colmo dello Spirito e della meravigliosa Potenza divini, ho riconosciuto pure, ben presto e facilmente, che Egli è appunto Colui che è cresciuto dal bambinello di cui ho già detto, e quindi spero che non sarà difficile comprendere come io stesso mi sia trovato costretto, spintovi dal mio stesso sentimento, a chinare il mio capo canuto dinanzi a Lui con la più profonda reverenza e con il massimo amore.

7. Ed è forse quest'Uomo che voi andate perseguitando con tanto accanimento e che vorreste annientare e mandare in rovina? O pazzi, ciechi e stolti al massimo grado che siete! Non ha già predetto Mosè la Sua venuta, e dopo di lui quasi tutti i profeti grandi e piccoli che i vostri padri hanno lapidato nella loro miserevole stoltezza, così come ora voi vorreste fare altrettanto per sbarazzarvi di Costui! Proprio Lui, il solo che può e addirittura vuole salvarvi tutti, state perseguitando ora facendo uso di tutta la vostra astuzia e malizia? E Lo chiamate un essere mostruoso e abominevole, e scagliate contro di Lui le più tremende maledizioni cercando perfino di ucciderLo!

8. Voi non avete riconosciuto questa regione, che stavate perlustrando, perché è scomparsa la grande e temuta rupe che si elevava dal mare, e perché questa baia, che prima era un vero deserto, è stata trasformata in un vero paradiso. Ma chi ha compiuto quest'opera? Io e tutti coloro che sono qui presenti siamo testimoni che la mano di un uomo non ci ha messo neanche un dito. È stato Egli solo, ed è qui fra noi, a compiere un simile prodigio, semplicemente mediante un Suo atto di Volontà!

9. Qui al mio fianco vedete un ragazzo, ed il suo nome è Josoe. Già da quasi due anni egli giaceva nella tomba, e soltanto un cumulo di misere ossa risparmiate dalla putrefazione era quanto ancora rimaneva di lui! Eppure per quell'Uomo, che voi state perseguitando con tanta ferocia e ostinazione, fu facilissimo ridargli la vita ed una forma umana, grazie ad una sola parola, in modo da renderlo esattamente come egli vi sta ora dinanzi!

10. Qui, a questa mensa, siedono le mie due figlie che mi erano state rapite da infami mercanti di schiavi. Durante una traversata per mare e in seguito ad un uragano loro caddero in acqua, legate tutte e due insieme da quei feroci, ed i loro cadaveri restarono in balia delle onde che li trascinarono di qua e di là. Mentre noi tutti l’altro ieri stavamo pescando, le ritrovammo e le trasportammo qui. E sapete chi è stato a ridare loro la vita e a restituire loro l'aspetto che potete constatare che hanno ora? Ebbene, fu la Parola del vostro nemico ad operare questo prodigio; a Lui perciò io rendo ogni onore e gloria!

11. Ma adesso io vi domando se anche un mago qualunque sarebbe in grado di compiere simili cose, o se forse questi stessi prodigi non sono già in se stessi molto più grandiosi di quelli che furono compiuti nel deserto ai tempi di Mosè! Questo che ora vi dico è così rigidamente ed assolutamente vero com'è vero che io mi chiamo Cirenio e che posso convalidare maggiormente ancora la mia asserzione con molte centinaia di testimoni; e Colui che opera prodigi di questa specie voi Lo chiamate un essere orribile e mostruoso, e Lo state perseguitando e volete addirittura ucciderLo? Oh, che grado a mala pena concepibile di cieca stoltezza ci vuole per nutrire simili sentimenti!».

 

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Cap. 150

La stupidità e la cecità dei farisei.

 

1. Dice il fariseo: «O altissimo e giustissimo signore! Noi siamo dei dottori della legge e abbiamo studiato le Cronache; credo dunque che non dovremmo essere proprio tanto sciocchi!»

2. Risponde Cirenio: «Vedete, perfino questa vostra osservazione non avrebbe potuto essere più stolta, ed altrettanto stolta è la maniera da voi usata per tentare di sbarazzavi del Santo di Nazaret! Infatti, anche disponendo di scarso intelletto voi avreste pur dovuto immaginarvi che noi romani avremmo ben saputo distinguere un ebreo tanto malamente camuffato secondo la foggia romana da un romano autentico, e che non ci avremmo messo molto a capire che dietro ad una simile messa in scena si nascondeva qualche astutissima bricconata! E altrettanto vi sarebbe dovuto venire in mente che io dovevo ben conoscere la firma di Erode, né sarebbe dovuto sfuggirvi il fatto che io di primo acchito, scrutandovi, avrei riconosciuto le vostre perfide intenzioni e che perciò la vostra impresa era quanto mai stupidissima e arrischiata, ed avrebbe potuto costarvi tutto, perfino quello che avete di più caro, sacro e prezioso, cioè la misera vita del vostro corpo! Io vi dico in verità che perfino un fanciullo dotato di qualche ingegno naturale avrebbe potuto predire con sicurezza quale sarebbe stata la sorte di una simile impresa; ma ecco, ce n'è proprio abbastanza per fare venire le vertigini! Voi, sapientissimi dottori della legge, non siete stati capaci di prevedere questo!

3. Ma sapete invece dove va ricercata la causa di questo fenomeno? Io ve lo dico subito: “Il crapulone abituato ai bagordi, che non ha mai provato come si sta a stomaco vuoto, non è possibile che si faccia un'idea della sensazione che dà la fame; il sordo non può immaginarsi quale sia lo stato d'animo di colui che percepisce l'armonia di un'arpa eolica bene accordata, e così pure il cieco non può assolutamente rendersi conto delle impressioni suscitate nell'animo dal vedere e dal guardare, e per lui è come se tutti fossero ciechi; ma precisamente così ed anzi peggio ancora succede a chi è cieco nello spirito, e per conseguenza davvero stolto! Egli non si limita a considerare tutti i suoi simili tanto stolti quanto lo è lui, ma ancora molto di più; e questo perché egli stesso non si ritiene affatto uno stolto, ma si ritiene un sapiente di primo grado. Non riesce in nessun modo a capire come anche B possa essere intelligente e saggio altrettanto quanto egli sente di essere quale A!”. E questo appunto è il motivo per il quale quando simili uomini oltremodo presuntuosi e sciocchi intraprendono qualcosa, vi si cimentano nel modo più stupido possibile, come voi avete voluto fornire la prova evidente qui dinanzi a me.

4. Ma è appunto perché voi siete talmente stolti che non vi è in nessun modo possibile comprendere i segni indicibilmente grandi di questa nostra epoca, come pure, nonostante tutta la vostra mai abbastanza lodata sapienza nelle Scritture, voi non avete nemmeno la più vaga idea di quello che Mosè e tutti gli altri veggenti hanno profetizzato riguardo al tempo attuale, e particolarmente riguardo al Messia dei Giudei e al Suo Regno sulla Terra. E questa vostra ignoranza, come anche questa vostra impresa, vanno attribuite alla vostra enorme e rozza cecità spirituale, perché, se vi fosse in voi anche solo un minimo bagliore di luce spirituale, dovreste pur comprendere nel Nome di Jehova che contro una potenza quale è la nostra non vi sarà mai possibile intraprendere qualcosa in eterno, e molto meno ancora poi contro un Uomo che è colmo dello Spirito onnipotente di Dio, al Quale è sufficiente il più lieve Atto di Volontà perché tutta la Terra cessi di esistere in un momento!

5. Io davvero vi dico che con centomila dei miei militi ben addestrati io non temo cinquecentomila uomini della vostra specie, ma d'altra parte a che cosa potrebbero giovare a me anche mille volte tanti militi di fronte all'onnipotente Volontà di un simile Uomo? Basta un Suo solo pensiero, ed essi non esisterebbero più! E vorreste essere proprio voi a mettere le mani addosso ad un simile Uomo divino e addirittura ucciderLo, ed oltre a questo senza alcuna ragione plausibile? Ma ditemi sinceramente se proprio non vedete ancora e non toccate addirittura con mano la vostra enorme e grossolana stupidità!»

6. Dice il fariseo: «Se mi fosse lecito parlare apertamente con te, potrei a mia volta dirti una cosa che sarebbe adatta ad aprire anche a te, o altissimo signore, un pochino gli occhi a tale riguardo; sennonché con te non si può ragionare e discutere come siamo soliti fare tra di noi, savi del Tempio! Ma se invece mi fosse concesso parlare dinanzi a te impunemente e con tutta franchezza, non è escluso che tu stesso cominceresti a meravigliarti molto!».

7. Dice allora Cirenio, trattenendo a mala pena un sorriso: «In verità, da parte mia ti sia concesso di parlare con tutta schiettezza; per qualsiasi tua parola ti è assicurata l'impunità!».

 

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Cap. 151

La morale del Tempio del fariseo.

I miracoli di Mosè nell’interpretazione farisaica.

 

1. Allora il fariseo parve voler prendere il debito slancio, si rizzò nella persona e così cominciò a dire: «O altissimo signore! Tu conosci molte cose, e il tuo intelletto risplende come un diamante purissimo alla luce del Sole; ma io pure conosco qualcosa, anche se, secondo la nostra usanza, non lo porto sempre pubblicamente scritto in faccia, ciò che veramente non mi è nemmeno lecito fare! Ma là dove c'è bisogno, conviene pure che venga reso manifesto. Quando un uomo ha cominciato una volta a far parte di una istituzione su questa buona Terra, e quando purtroppo per effetto di nascita, di costumi e di leggi, nonché in seguito alla pressione terrena delle circostanze si è costretti a giurare sulle sue insegne per i dovuti riguardi al proprio stomaco, allora con ciò si è certo spiritualmente morti su questo mondo. All’inizio forse ancora non del tutto, ma poi man mano sempre di più!

2. Infatti, quando si è continuamente costretti con tutti i mezzi della violenza terrena a far vedere agli occhi di tutti, senza distinzione, che una U non è tale ma che invece è una X, allora cessa di esistere il pensiero! Addirittura non resta che cominciare a maledire se stessi per ciascun pensiero un po’ più chiaro che si venga ad affacciare alla mente, e concludere: “Vattene dove vuoi, o pura luce dei Cieli! Se sono proprio condannato ad essere un demonio, ebbene, che sia io pure un demonio! Se furbo o sciocco, questo non interessa davvero più niente! Se devo essere una X invece di una U, che vada pure così, perché una simile inveterata situazione io non la posso cambiare!”.

3. Con il tempo l'uomo va pacificamente immedesimandosi nelle sue diavolerie, e fa la seguente riflessione: “Visto che sei nato pazzo e da pazzo fosti allevato ed educato, resta quello che sei! Se il tuo stomaco è in regola, allora è in regola anche tutto il resto! Mangia, bevi e godi la vita nel miglior possibile dei modi, finché la puoi godere!”. Quando poi viene l'ultimo giorno e l'ultima ora, anche tutti i ceppi si sciolgono, ed ogni legge per l'eternità cessa di esistere rispetto a colui che è rientrato nel proprio nulla!

4. Là dove regna il nulla assoluto, lì la menzogna e la verità si porgono amichevolmente la mano. Ma con queste prospettive certissime e verissime è poi del tutto indifferente sotto quale costume buffonesco si abbia vissuto la vita su questa Terra! Per conseguenza, finché si vive, per il proprio benessere terreno conviene cercare con ogni cura di tenere lontano tutto ciò che può amareggiare e rendere sgradevole questo straccetto di vita che ci resta; tutto il resto non è che favola e chimera! Colui che vede nella vita qualcosa di più alto e di più nobile, non fa che ingannare se stesso.

5. Questa opinione però io non la esprimo come una cosa fondata nella natura delle cose, ma come una conseguenza di quello stato a cui deve pervenire quasi qualunque individuo che appartenga ormai stabilmente a qualche casta dei pazzi del mondo, e che deve finire con l’immedesimarvisi completamente, considerato che egli non può pensare, né parlare, né agire diversamente da come gli prescrivono le leggi stereotipe della sua casta. Io posso essere una ed anche mille volte convinto chiarissimamente che le cose riguardo al Nazareno stiano precisamente così come me l’ha appena annunciato la tua nobile bocca, ma a che può giovarmi tutto questo? Finché sono un membro giurato della mia casta, non mi resta da fare altro che urlare a squarciagola: “Abbasso il Nazareno!”, perché egli è un pericolo per la nostra istituzione, e la sua opera diminuisce le entrate necessarie ad essa.

6. Tra me e me io posso senza dubbio pensare e dire segretamente: “Il complesso della casta vuole così, e il destino ha voluto che tu divenissi un suo strumento!”. E così anch’io me ne esco fuori e opero ciecamente secondo le prescrizioni avute, né posso o mi è lecito fare qualcosa di più o di meno conformemente alla mia opinione personale! Oltre a questo, posso pensare ancora più segretamente: “Se il perseguitato rappresenta veramente qualcosa, egli non tarderà molto a sopraffarci, e noi, una volta vinti, potremo a mala pena rivedere ancora una volta le nostre stanze consacrate; ma se lui è solamente un nuovo ciarlatano, come già ne abbiamo visti mille volte, allora per lui sarà finita non appena lo si potrà avere fra le mani! Infatti, in fondo, a quale scopo tende mai egli? A nessun altro se non a fondare una nuova casta probabilmente ancora peggiore!”.

7. Oh, all’inizio le cose vanno lisce come l'olio, e tutto ha un aspetto perfettamente divino! Consideriamo un po’ la vita di Abramo e dei suoi primi successori! Si vede spesso la Divinità trattare con loro pubblicamente e guidarli per le vie dei giusti; ma, nota bene, noi non eravamo certo presenti allora! Ma più tardi, già ai tempi di Mosè, che figura facevano mai i figli di Abramo? Mosè era evidentemente ancora uno di quei tali che doveva aver studiato a fondo la sapienza degli antichi Egiziani. Egli era perfettamente consapevole di tutte le debolezze della corte egiziana, e probabilmente avrà accarezzato l'ambizioso piano di impadronirsi egli stesso di quel regno cominciando a sbarazzarsi dei legittimi principi del Faraone.

8. Il piano iniziale così escogitato fece però naufragio; egli prese la fuga e ideò un secondo piano allo scopo di incitare a dovere, mediante dei propagandisti segreti, il popolo appartenente alla sua stirpe, ormai caduto sotto al livello animalesco, contro il Faraone snervato dalle mollezze. Quando Mosè ebbe notizia che il suo popolo era pronto, allora si fece innanzi egli stesso armato di grande potenza magica, e cominciò a dettare condizioni al re. Al proprio popolo però, il quale forse aveva ancora un vago ricordo delle condizioni divine dei primi patriarchi, egli si presentò come un inviato di Jehova, e si esibì al suo cospetto con ogni tipo di prodigi che, come è facilmente immaginabile, il popolo stesso non poteva affatto comprendere, ed allora questo lo seguì come le greggi delle pecore seguono la pecora-guida.

9. Egli conosceva benissimo la proprietà del mare di innalzarsi e di abbassarsi due volte al giorno, e già da molto tempo aveva studiato il punto più favorevole possibile per effettuare la traversata. Tutta l'insenatura è larga due ore scarse di cammino; al tempo del riflusso, attraverso il tratto di mare, rimane sempre all'asciutto, per il tempo di buone tre ore, una zona larga più di un'ora di cammino su terreno solido e pietroso, la quale serve ai viaggiatori da eccellente ponte di passaggio quando il mare non è sconvolto da qualche tempesta. A passo veloce si può forse percorrere in poco più di un'ora, e ci si viene così a trovare per la via più breve immediatamente nel deserto arabico, il quale altrimenti, per via di terra, dato che le acque si estendono oltre questa scogliera ancora per parecchie ore di cammino e sono discretamente profonde, può venire raggiunto solo in quattro, cinque e anche sei giorni.

10. Mosè fece il suo calcolo con molta cura, dato che egli, come nessun altro alla corte del Faraone, era in possesso di conoscenze geografiche assolutamente solide; egli perciò condusse a passo rapidissimo le sue schiere oltre la scogliera, e pervenne al deserto arabico, e poi alle regioni aspre e montagnose di cui, all'infuori dei suoi suoceri, è probabile che non ci fosse stato nessuno a conoscere qualcosa. Quei paesi dunque gli erano benissimo noti, e le loro prodigiose qualità naturali saranno pure state note al nostro profeta il quale certo non avrà mancato di trarne vantaggio.

11. Ma lasciamo adesso da parte tutto questo, e consideriamo invece ancora un po’ gli ebrei che oltrepassano il mare e che noi vediamo come trasportati sulle ali del vento compiere il passaggio proprio nel momento in cui il Faraone, in preda all’ira e al furore, dà ordine al suo esercito di inseguire gli ebrei seguendo la stessa via. Se il Faraone fosse arrivato un po’ prima, il nostro buon Mosè non se la sarebbe certo cavata tanto a buon mercato; sennonché il suo indugio e la necessità di aprirsi la via attraverso molti ostacoli hanno contribuito a ritardare l'avanzata del suo esercito: Mosè perciò ottenne un considerevole vantaggio sui suoi nemici e sfuggì felicemente all'inseguimento. Quando invece il Faraone, che dava la caccia a Mosè per quella stessa scogliera, fu giunto neanche a metà della lunghezza della già citata scogliera, il mare, come al solito, cominciò a salire rapidamente e a spingere le sue onde sopra l'esercito del Faraone, e l'esercito stesso, come facilmente si comprenderà, divenne in poco tempo preda sicura del mare».

 

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Cap. 152

Ulteriori spiegazioni dei miracoli dell’Antico Testamento.

 

1. A questo punto Cirenio interruppe il narratore e gli disse: «Vedo che non sei tanto sciocco quanto avevo creduto da principio; ma dato che sembri comprendere e spiegare le cose alla perfezione sotto il punto di vista del naturale, vorrei sentire da te che spiegazione sai dare di quel noto fenomeno dell'Arca dell'Alleanza, e precisamente per quello che riguarda la colonna di fumo di giorno e la colonna di fuoco che appariva di notte sull'Arca stessa. Come si verificava ciò, ammettendo che le cause di questo siano state del tutto naturali ed escludendo qualsiasi intervento prodigioso?»

2. Risponde il fariseo in tono di assoluta sicurezza: «O nobile signore! Basta gettare uno sguardo agli antichi metodi di guerra, e il mistero dell'arca famosa e tanto venerata è facilmente spiegato! L'arca stessa non era che una macchina ben costruita alla maniera degli Egiziani antichi e capace di sviluppare una gran massa d'elettricità: dietro al cassone, quanto mai complicato, c'erano dei carri di ferro per produrre il fumo; li si caricava di materiali di ogni tipo per svilupparne tale fumo, bruciando piume, peli di animali e anche capelli umani; si gettava sopra questo materiale fumogeno puzzolente dello zolfo, pece e salnitro e poi li si bruciava. Tutto questo produceva una massa di fumo densissimo, la quale, particolarmente se i carri venivano trascinati velocemente, lasciava dietro di sé in breve tempo una nuvola densa che celava agli occhi del nemico inseguitore le posizioni e i movimenti dell'esercito inseguito, e in pari tempo riusciva insopportabile ai cammelli, ai cavalli ed agli elefanti in tale grado da indurre questi animali da guerra a voltarsi e a fuggire, ciò che, naturalmente, per il nemico inseguitore costituiva un fatto sicuramente non auspicabile. Che dietro ad un esercito in fuga venissero trascinati dei carri di questa specie molte volte in gran numero, è cosa che si comprende da sé. Ecco dunque che così sarebbe raffigurata fedelmente la famosa arca dell'alleanza di Mosè, tanto prodigiosa e tanto sacra, ed io, o altissimo signore, non posso che aggiungere con tranquilla coscienza: “SAPIENTI PAUCA!” (al sapiente basta poco!)»

3. Osserva Cirenio: «Sta bene, sta bene! Ma che spiegazione sai darmi adesso del crollo delle mura dell’antica e grande città di Gerico? L'Arca dell'Alleanza venne portata tutto intorno alle mura della città, accompagnata dallo squillo potente delle trombe secondo l'usanza degli antichi Egizi i quali le suonavano nei templi e, se ben mi ricordo, già al terzo giro le mura crollarono come se si fossero improvvisamente rammollite. Come fu possibile questa cosa? Lo squillo anche di un milione trombe non avrebbe certo mai potuto provocare tale fenomeno! Dammi una spiegazione naturale anche di questo!»

4. Dice il fariseo, mal celando una sonora risata: «Suvvia, la cosa mi pare che sia più che evidente! Riguardo agli antichi Egiziani si racconta, con la massima certezza, che essi mediante l'uso appropriato dell'elettricità mandavano in pezzi e incendiavano le navi nemiche; nel nostro caso vediamo quella certa arca venire portata varie volte in giro intorno alle mura di Gerico; ma Giosuè sapeva benissimo perché aveva ordinato di fare così! Senza alcun dubbio egli deve essere stato perfettamente consapevole degli effetti che l'arca poteva produrre e di come andava manovrata! Ed anche qui mi pare che basti concludere come prima: “SAPIENTI PAUCA!” (al sapiente basta poco!)»

5. Dice Cirenio: «Va bene, quanto hai detto è credibile! Però, se l'Arca non era altro che una macchina atta a produrre l'elettricità, essa dovrebbe produrre gli stessi effetti anche oggi! Dunque, perché adesso questo non succede?»

6. Dice il fariseo: «Ebbene, non ci vorrà proprio molto per rendersi conto di questo fatto! Consideriamo un po’ una casa che sia vecchia di mille anni, oppure una nave od una veste; tutte queste cose dopo dieci secoli è probabile che abbiano tutto un altro aspetto da quello che avevano in origine! In mille anni perfino la pietra si sgretola e si disgrega in misura rilevante; quanto più non sarà dunque il caso trattandosi di un legno morto e di metalli non nobili, come ad esempio il rame e il ferro; perfino l'oro risente l'azione disgregatrice di un millennio!

7. Noi siamo pure in possesso dell'arca antica dall'ingegnosissima costruzione, sennonché essa si è talmente deteriorata con il tempo che dell'originaria disposizione interna per la produzione dei miracoli, gliene resta proprio tanta quanti sono i denti sani che può vantare di possedere la bocca di un vecchio decrepito, il quale già da tempo li ha persi tutti! Oltre a questo non bisogna dimenticare che i babilonesi conoscevano benissimo il mestiere quando hanno saccheggiato il Tempio, arca compresa. Noi però non sappiamo affatto come era costruita l’arca in origine: per quanto riguarda la forma, ne abbiamo certo fatta costruire una perfettamente simile, ma la nuova arca sicuramente non può ottenere gli effetti di quella antica, poiché la disposizione interna manca del tutto, e ciò non potrebbe essere diversamente per la ragione che attualmente, almeno per quanto c'entriamo noi, nessuno è più capace di riprodurre la disposizione originaria. Ora io spero, o altissimo signore, di essermi spiegato anche sotto questo aspetto con la maggiore chiarezza possibile!»

8. Dice Cirenio: «E sia, sono disposto a concederti per buona anche questa spiegazione! Ma se tutto si basa, per così dire, su una menzogna pia e raffinata, come puoi continuare tu, data la tua avvedutezza e il tuo modo sanissimo di giudicare le cose, ad aver parte cospicua in una simile istituzione che ha l'inganno quale principale fondamento?»

9. Risponde il fariseo: «Ecco, è appunto qui il nocciolo satanico della questione: aver cominciato a fare parte della casta quando si è ancora ciechi; se si avesse avuto la vista, ritengo che il decidersi a mettersi per una via simile sarebbe stato alquanto difficile! Ma una volta che ci si trova presi dentro e che si è constatato che tutto il mondo non è che un manicomio, eh, allora ci si rassegna per necessità a fare il pazzo fra i pazzi, assillati dalle esigenze del proprio stomaco e della propria pelle che ambisce sempre a mantenersi intatta e sana! La diserzione nella nostra casta viene sempre punita inesorabilmente con la morte, che avviene con il sistema della lapidazione proprio per niente piacevole, e ciò per motivi plausibilissimi! Io penso che anche questa risposta sia ben chiara e comprensibile più che a sufficienza».

 

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Cap. 153

La filosofia naturale del fariseo.

 

1. Dice Cirenio: «Da tutto quello però che mi hai raccontato adesso e di cui si è discusso, risulta ben chiaro che tu, un devoto servitore di Dio, non hai mai veramente creduto in un Dio! Ma come si fa ad essere il servitore tanto rigoroso di un Essere che per voi non esiste affatto?»

2. Risponde il fariseo: «Ebbene, anche questo si spiega molto facilmente con le ragioni esposte prima, molto calzanti e valide per tutti i tempi! Che cosa può fare un fanciullo, per quanto desto di intelletto, contro il potere e la forza fisica dei propri genitori e dei propri maestri spesso arcistolti? Bisogna che si adatti! Io cito un esempio: voi Romani ci avete soggiogati con la vostra potenza irresistibile; e chi di noi potrebbe opporvi resistenza? Ammettiamo ora che voi, al posto delle vostre leggi molto sagge e giuste, ci aveste imposto delle leggi fra le più stolte con l'obbligo di una rigida osservanza. Cosa mai potremmo fare noi, deboli, se non appunto esattamente osservarle come osserviamo le leggi sagge attuali? La potenza esteriore agisce con forza irresistibile, e conviene rassegnarsi a quello che essa dispone. Su questa Terra tutto non è che apparenza, ma di concreto non c'è invece nulla.

3. Si cerca la verità, si cerca Dio. Ma dove e che cosa è la verità, e dove e che cosa è Dio? Ciascun popolo ha e riconosce un altro Dio, ed in conformità a questo stabilisce le massime che al popolo stesso vengono scodellate come una santa verità; ma sono esse forse una verità anche per noi? Oh, noi non facciamo che riderne, e non possiamo comprendere come un popolo possa credere ad una simile mistura stupidissima e che contrasta enormemente con la logica! Ma se poi noi avviciniamo quel popolo e gli domandiamo un parere riguardo a quello che crediamo noi, allora, qualora ne sappia qualcosa, ci persuaderemo che esso a sua volta non comprende come noi facciamo a credere quello che crediamo ed a rimanere fedeli alle massime che derivano da una tale fede! Qualcosa di buono per il mantenimento dell'ordine generale lo si trova dappertutto; ma non per questo si può parlare, neanche alla lontana, di una verità, né meno ancora di una qualche divinità realmente esistente in qualche luogo!

4. Là il Sole è una verità ed una divinità agente per sé e anche per noi, quantunque ci si debba accontentare soltanto del suo splendore; ecco perché anche su questa Terra esiste assolutamente piuttosto “l'apparire” che non un qualche vero “essere”. O non è forse vero che qui è tutto un effetto dello splendore del Sole? Tutto quello che esiste sulla Terra trae origine dal risplendere della luce solare e dal calore meraviglioso che ne deriva, e finché esiste, esiste e vive grazie allo splendore del Sole davvero onnipotente, poiché ogni cosa viene illuminata costantemente da una sola parte e quindi a metà, mentre l'altra metà rimane nell'ombra.

5. Sul firmamento dunque il reale Sole di luce fa pompa di sé in tutta la maestà equale perfetta verità; la Terra invece, e tutto ciò che esiste su di essa, è un’opera della sua luce, ovvero del suo splendore; dunque si tratta piuttosto di un'apparenza che di una reale esistenza. Dietro all'essere apparente di tutta la Terra e di tutte le cose si trova, indistruttibile, l'ombra, quale perfetta menzogna! Ed è precisamente l'ombra che per lo più tutti i viandanti cercano e preferiscono, ed il sonno all'ombra generale della Terra, ombra che noi siamo soliti chiamare “notte”, è e resta il ristoro massimo e più gradito della vita dopo il lavoro e le fatiche del giorno!

6. E perciò a me sembra che l'uomo sotto il dominio della verità più pura possibile, moralmente parlando, potrebbe sussistere altrettanto poco quanto il suo essere corporale senza il sonno. Dunque, quello che è il sonno rispetto al corpo, lo è pure una menzogna bene impostata rispetto all'uomo come essere morale; ma in questo caso certo interessa poco quale aspetto debba avere una menzogna! Se essa procura all'uomo, quale essere morale, quella certa pace basata sulla speranza, sufficiente a recare ristoro, nonché quella certa fiducia irrorata per metà di luce facilmente accettabile, allora la menzogna è buona, ed anche la verità più pura può andare da lei a mendicare il pane!

7. Da quando esiste l'uomo sulla Terra, è stato sempre così, ed è così attualmente e così sarà anche fino alla possibile fine di tutti i tempi. L'uomo andrà continuamente in cerca della verità, ma nello stesso tempo continuerà a mangiare dal piatto della menzogna, e vivrà di esso. Fra l'immensa quantità degli stolti ci saranno sempre anche dei savi i quali si affanneranno a predicare al prossimo la luce della verità. Ma quanto più essi illumineranno la gente, naturalmente sempre da una parte sola, con tanta maggiore precisione e tanto più marcatamente - dietro all'uomo illuminato intensamente di fronte - verrà sempre formandosi l'ombra, quale una perpetua conseguenza della luce stessa!

8. Ora, come la luce genera sempre l'ombra, appunto così anche la verità purissima genera conseguentemente la più perfetta menzogna. Infatti, se non ci fosse la verità, non ci sarebbe nemmeno la menzogna, e probabilmente senza la menzogna non ci sarebbe neanche la verità. Ciascuna verità cela sicuramente dentro di sé almeno l'attitudine a generare una menzogna, come la luce rispetto all'ombra. Volendo giudicare quale delle due vie sia la migliore per l'uomo, che ciascuno consulti se stesso, però sinceramente senza nascondersi nulla! Un giudice coscienzioso giudica il mentitore e il truffatore secondo la legge e vive del suo incarico; ma dov’è colui che possa provarmi, con argomenti di valore universale, che la legge stessa è una verità? Si tratta semplicemente di una massima accettata e sanzionata; qui, in un modo, e altrove in un altro! Dove sta la verità, quando si vede una menzogna assumere pose punitrici contro l'altra menzogna? Mi pare che per concludere convenga dire anche qui: “SAPIENTI PAUCA!” (al sapiente basta poco!)»

9. A questo punto Cirenio ritenne di averne abbastanza, fece perciò ritirare i farisei e, venutoMi vicino, disse: «No, davvero! Hai inteso? Una cosa simile non mi è ancora mai capitata! Roclus ha saputo anche lui molto bene esprimersi nella sua sfera della ragione pura, tuttavia nel mio interiore sono sempre rimasto padrone di me. Questo fariseo invece mi ha ora talmente stretto con i suoi ragionamenti, che non trovo proprio cosa potrei ribattergli! I farisei me li sono sempre raffigurati molto più sciocchi; questo però mi ha fornito la prova che essi non lo sono davvero tanto! E adesso si domanda: cosa si potrà fare di loro?».

 

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Cap. 154

Il cenno di Cirenio al miracolo del Signore.

 

1. Gli dico Io: «Fatti ora spiegare da lui i Miei prodigi, e ti persuaderai che di questi egli saprà darti una spiegazione naturale altrettanto quanto quelli di Mosè! Soltanto dopo noi gli mostreremo il grave errore nel quale va persistendo. Richiamalo e procedi così, perché si tratta di un esemplare proprio tipico di fariseo».

2. Cirenio allora fece subito come gli avevo consigliato, e la compagnia dei farisei si presentò tra profondi inchini dinanzi al governatore generale. Il fariseo che sembrava essere il capogruppo domandò in tono di grande sommissione che cosa essi avrebbero dovuto attendersi secondo la sua alta decisione.

3. Risponde Cirenio: «Nient’altro all'infuori del fatto che noi continueremo a trattare la questione degli dèi, della fede umana, dei profeti e di quei fenomeni che si verificano spesso che si denominano miracoli e che tu sai spiegare alla tua maniera che a me è sempre più evidente, perché vi è necessità che sotto questo aspetto io finisca con il vederci chiaro, sia in un modo, sia in un altro!

4. Prima tu mi hai reso davvero molto comprensibile la storia di Mosè e degli antichi prodigi, e ora riesco a spiegarmi tali fenomeni meglio con le tue parole che non con altre; naturalmente, a causa del popolo, la cosa deve restare rigorosamente fra di noi! Tuttavia, vedi, malgrado la tua spiegazione, io sento pesare su di me come una grave preoccupazione ed una grande responsabilità! Di quanto io stesso ho visto accadere con i miei occhi qui nella maniera più meravigliosa di questo mondo e quanto ho avuto modo di udire con i miei orecchi, di tutto ciò può rendere testimonianza la gente venuta qui, si può dire, da tutte le parti del mondo: pagani ed ebrei, esseni, il re del Ponto Ouran con il suo seguito, ed infine non mancano nemmeno i persiani, autorità tutte queste di primo rango in fatto di sapienza, per come la sapienza può essere rappresentata attualmente.

5. Dunque, considera un po’ questa splendida villa, e poi la sua magnifica e inapprezzabile disposizione interna e il giardino ampio con il suo muro di cinta e di protezione; guarda i frutti splendidi nel giardino, frutti di tutte le più svariate e nobili specie: tutto è meravigliosamente rigoglioso e molti frutti sono già pienamente maturi. Osserva inoltre le ricche sorgenti termali quali di meglio sistemate non sarebbe facile trovarle in nessun luogo! Rivolgi poi il tuo sguardo al mare e considera il solidissimo muraglione di difesa che si innalza dal fondo; le cinque magnifiche navi e la catena di sbarramento! Poi dà un'occhiata là, più innanzi, dove prima si elevava la grande rupe che molte volte rappresentava un grave pericolo per le navi! Vedi, tu puoi guardare fino in fondo al mare e puoi convincerti che non ne esiste più alcuna traccia!

6. Guarda più ancora avanti, di là del mare, dalle parti di Genezaret! Ebbene, non esisteva forse là, due o al massimo quattro settimane fa, un gruppo di rocce terribilmente alte le cui pareti verticali sembravano scendere a precipizio nel mare e la cui sommità non era mai stata raggiunta prima da piede mortale? Delle decine di secoli erano passate dinanzi alla loro fronte superba, e il dente del tempo non aveva potuto nulla contro quella solidissima massa granitica. Eppure circa quattro settimane prima del tempo di cui ho detto, venne appunto in quel luogo il profeta da Nazaret che è perseguitato da voi e, oltre a molte altre opere prodigiose, Egli fece anche quella di rendere così facilmente accessibile quella montagna di dura roccia, che ora perfino i fanciulli vi possono salire su da tutte le parti con la massima facilità e senza il minimo pericolo.

7. Chi è che non ha conosciuto i dintorni di Genezaret quanto mai insalubri e notissimi per le febbri che vi regnavano? Nessuno poteva sfuggire agli attacchi di quel male che annichiliva la vita per consunzione, particolarmente gli stranieri che non di rado restavano là immobilizzati e languenti per degli anni prima di riacquistare per acclimatazione quel tanto di salute indispensabile al proseguimento del loro viaggio; perfino i nostri soldati, tutta gente sanissima e robustissima, là si ammalavano spesso mortalmente e colmavano gli ospedali. Ebbene, il profeta da Nazaret venne un giorno in quella località, la benedisse ed ora essa è una delle più salubri regioni di tutta la Galilea, e tutti gli ammalati si trovarono risanati in un istante!

8. Ecco, questi sono fatti reali accaduti davanti ai nostri occhi, e nessuno davvero può tacciarci di creduloni ai quali qualunque giocoliere dall'Egitto, dall'India o dalla Persia può far passare per autentici i suoi miracoli artificiosi. Queste sono cose tali per cui non c'è intelletto d'uomo che possa spiegarli. Io non voglio escludere che tutti gli avvenimenti che la cronaca registra come verificatisi al tempo di Mosè possano venire spiegati in una maniera del tutto naturale, perché, in primo luogo, considerati così nella tua luce, essi portano in modo abbastanza accentuato l’impronta della naturalità, e in secondo luogo, all'infuori dei libri difficilmente comprensibili dei quali si dice che egli sia stato l'autore, noi non abbiamo altri testimoni capaci di fornirci dei dati più precisi in proposito. I cronisti greci, ad esempio, ne sanno poco o nulla.

9. Ma comunque stiano le cose che si riferiscono a tempi lontanissimi, lasciamole pur stare e vediamo piuttosto di occuparci del tempo presente che risplende di avvenimenti fra i più grandiosi e meravigliosi! Come potresti spiegarmi adesso questi nuovi prodigi? In verità, da parte mia ti è riservata una ricompensa addirittura regale, nonché altre distinzioni ancora, se sei capace di distogliermi in un modo uguale dal mio sogno divinatorio, e ti prometto perfino la mia assistenza fattiva nella tua opera di persecuzione e di annientamento del tuo famigerato profeta!».

 

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Cap. 155

L’ammaestramento dei farisei per mezzo di un miracolo del vino.

 

1. Dice il fariseo: «Quando è venuto qui questo Nazareno, quanto tempo si è trattenuto da queste parti, e vi è stato altre volte?»

2. E il vecchio Marco, che si trovava dietro a Cirenio, prese la parola e disse: «Quest'Uomo divino prima di adesso non è stato neanche una volta da queste parti, Egli venne qui con certi Suoi discepoli da soli otto giorni circa, portando con sé unicamente la Sua onnipotente Volontà, ed i Suoi discepoli Gli sono stati sempre intorno come le pecore al proprio pastore.

3. Il primo prodigio da Lui compiuto consistette però nel fatto che Egli mi ordinò di riempire d’acqua i miei otri, che sono in discreto numero, cosa che io feci immediatamente fare dai miei figli. Ebbene, non appena gli otri furono colmi, l'acqua, come quella che è contenuta nel lago, si trovò trasformata nel vino più delizioso! Qui ce n'è ancora una coppa ricolma! Assaggialo e poi dì cosa ne pensi!»

4. Il fariseo allora prese la coppa, ne assaggiò il contenuto a grandi sorsi quasi fino a vuotarla, e poi esclamò: «Davvero, un vino migliore non ha mai deliziato il mio palato! Ma la tua asserzione, o vecchio soldato, è proprio sincera?»

5. Risponde Marco: «Chi mi conosce, sa bene che la menzogna non ha ancora insozzato la mia lingua. Chi però interroga, dimostra che la sua fede non è ancora molto ferma. Ma allo scopo di renderti un po’ più evidente la cosa e di scuotere alquanto il tuo rigido intelletto naturale, io ti prego di venire con me in riva al mare con questo boccale perfettamente vuoto, affinché tu stesso lo riempia d'acqua, ed io ti garantisco che il Profeta, il Quale si trova tuttora fra noi, trasformerà in un istante l'acqua che avrai attinta in vino! Oppure qualora tu sospettassi che il boccale fosse stato eventualmente preparato preventivamente per questo, prendi uno dei tuoi vasi ed accostati alla riva, attingi dell'acqua in un punto a tuo piacimento, e vedrai che nello stesso istante si sarà trasformata in vino del tipo come ne hai assaggiato adesso! Se io mento, mi impegno a cederti in assoluta proprietà questa casa nuova assieme al giardino e assieme a tutti gli altri miei considerevoli tesori!»

6. Allora il fariseo trasse dal suo sacco una tazza d'oro, e disse: «Voglio proprio vedere! Se l'acqua del mare si trasforma davvero in un vino di questa specie, questa preziosa tazza è tua!»

7. E detto questo, il fariseo assieme ai suoi compagni si avviò sollecito verso la riva, vi attinse ripetutamente dell'acqua con la tazza, e questa continuava ogni volta a trasformarsi in vino.

8. Quando anche tutti i suoi compagni si furono convinti di tale grande e prodigiosissima verità, ritornarono in fretta da Marco meravigliandosi enormemente, e il fariseo disse: «Ecco, prendi la tazza, perché hai vinto la scommessa! Devo però confessare che ormai neanche a me l'intelletto serve più a qualcosa, e non so più cosa dire! È escluso che il fenomeno lo si possa spiegare in maniera naturale! Davvero, è da rimanere sbalorditi: non soltanto il sapore, ma perfino lo spirito del vino vi erano contenuti in abbondanza, ed è mancato poco che noi tutti ne restassimo inebriati. Qui in verità bisogna ammettere che agisce unicamente la volontà del Nazareno, e questo ci fornisce contemporaneamente la prova che sul serio anche le sue altre opere prodigiose devono essere state compiute nella stessa maniera!

9. Quando si tiene continuamente presente la naturalezza dei fenomeni su questa Terra, e non si è mai visto nel corso della propria vita un qualche prodigio all'infuori che dei giochi di prestigio dei Persiani e quello che ci viene tramandato per iscritto dalla storia, che però appare avvolta entro un denso velo di misticismo, si finisce davvero con il restare addirittura increduli di fronte a quei fatti che si sono svolti indubbiamente dinanzi ai nostri occhi.

10. Ma in fondo, anche tutto questo a che cosa può giovare se non si è in grado di spiegarsene le ragioni? Certo, supremo signore, di fronte a questo genere di fenomeni, che sono assolutamente reali, non vi è più posto per una spiegazione naturale! Infatti, qui si tratta veramente di un prodigio! E questo lo si può spiegare altrettanto poco quanto la creazione del mondo fuori da un originario “nulla” che è inconcepibile per noi. Tutta la Creazione, allora, non deve essere nient’altro che la Volontà fissata della Potenza divina originaria e dell'Essere primordiale di tutti gli esseri».

 

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Cap. 156

I dubbi del fariseo sull’esistenza di Dio.

 

1. Cirenio allora riprende a parlare e dice: «Va benissimo, per il momento io sono soddisfatto di voi, e così anche resti; ma adesso si impone un'altra domanda, e precisamente: dato che tali opere sono senza dubbio dei prodigi quanto mai autentici, e dato che Mosè, nonché molti altri veggenti e profeti, descrissero e indicarono in anticipo quest'Uomo che ora opera dinanzi a noi simili cose inaudite in maniera tanto precisa e minuziosa che non è possibile ammettere che essi abbiano voluto indicare qualcun altro, almeno a me sembra che il loro agire e il loro parlare simbolico abbiano pur potuto avere in sé l'impronta del prodigioso! Che sotto questo aspetto anche il naturale abbia avuto qua e là la sua parte, lo si può certo ammettere; però nel complesso tutto ciò deve certamente essere stato in massima parte un gran prodigio, il quale, come questi qui, venne compiuto unicamente dall'onnipotente Volontà di Dio che si manifestò quale Spirito di Dio per mezzo dell'uomo. Questa è la mia opinione. E tu, che cosa ne pensi?»

2. Risponde il fariseo: «Ebbene, se le cose stanno davvero così, a quanto ne so io ben poco si potrebbe obiettare contro questa tua alta opinione; una sola cosa resta ad ogni modo difficile da comprendere oppure non la si può comprendere affatto, e cioè perché Dio, se proprio ne esiste uno, lasci per tanto tempo che l'umanità precipiti così in basso, e che dopo susciti nuovamente un veggente e profeta incaricato di procurare ancora una volta un po’ di luce all'umanità divenuta completamente cieca, profeta che però finisce con il diventare egli stesso vittima delle scatenate passioni selvagge dell'umanità degenerata. Dio conferisce certo al profeta delle facoltà indiscutibilmente meravigliose che io non posso ormai più mettere in dubbio; eppure di solito viene il momento nel quale il profeta deve soccombere sotto al pugno rozzo degli uomini. Quasi tutti i profeti, a quanto ne so io, finirono sempre con il rimetterci violentemente la vita del corpo; perché allora l'onnipotente Spirito di Dio non li protesse?

3. Io con questo non voglio avere l'aria di rimproverare la Divinità, e dire che non è stata cosa saggia lasciare che un uomo così colmo dello Spirito di Dio cadesse vittima della potenza rozza e materialissima degli uomini, tuttavia il suo sorgere come profeta viene così gravemente pregiudicato di fronte all'umanità sempre egoista perché evidentemente non può non riuscire quanto mai strano vedere come un uomo, il quale prima era in grado di trasportare di qua e di là le montagne mediante un semplice atto di volontà, possa di lì a poco venire fatto prigioniero dagli uomini, gettato in un carcere e dopo qualche giorno, o tutt'al più una settimana, possa venire messo a morte in una maniera spesso indegna. In questo modo perfino i suoi più ferventi seguaci e veneratori restano scoraggiati e ritornano spesso alla loro antica stoltezza, la quale dà loro almeno una garanzia di sicurezza rispetto a questa vita terrena.

4. Quanto tempo è trascorso da quando un certo Giovanni, nel deserto, in riva al Giordano faceva una quantità di prodigi veramente grandi a testimonianza della sua divina missione? Ebbene, Erode lo fece mettere in prigione e subito dopo, ferocemente e ignominiosamente, di nascosto lo fece decapitare in carcere. Egli poteva vantarsi davvero di avere già discepoli in grande numero, e già molte migliaia si erano fatti battezzare da lui nel Giordano in segno di accettazione della sua dottrina veramente purissima, poiché egli, predicando, aveva percorso quasi tutta la Galilea e la Giudea. Ma quando i suoi numerosi seguaci appresero la sorte toccata al loro maestro, furono presi da grande spavento e angoscia, e cercarono che nulla trapelasse del fatto che essi erano stati battezzati con l'acqua da Giovanni, perché temevano di dover condividere da un momento all'altro l'aspro destino del loro maestro. Questa è l'unica cosa che io, con il mio intelletto che finora non è mai stato ottuso, trovo essere sul serio alquanto incongruente; e qua si scorge poca saggezza per il bene dell’umanità e, secondo le nostre concezioni, davvero troppo poca buona volontà.

5. Sotto l'invisibile signoria di un cieco Fato[17] dei pagani, una cosa simile si può benissimo pensarla, ma è difficilissimo ammetterla sotto la signoria di un Dio immensamente saggio, buono e giusto nonché potente! E questo fu anche in grandissima parte il motivo per cui in me è completamente svanita la fede in Dio. Un vero profeta dovrebbe poter disporre fino alla sua fine di una invincibile capacità di difesa, contro la quale tutte le potenze della Terra dovrebbero essere incapaci di intraprendere qualcosa, e così l'autentico elemento divino lo si potrebbe riconoscere bene e potrebbe venire mantenuto per tutti i tempi. Invece succede il contrario, e la gran parte dei veggenti e dei profeti fanno una fine miserabile dal punto di vista terreno, e con ciò rendono di nuovo sospetto tutto quello che di divino essi avevano prima seminato. Così è accaduto che a Mosè stesso non venne concesso di posare il piede sulla terra promessa, e l'arcangelo Michele dovette lottare tre giorni con Satana per il suo corpo, e finì con il ritirarsi senza aver riportato vittoria! Ma perché deve essere così? Perché su questa Terra il principio del male deve avere quasi sempre il sopravvento sul principio del bene?

6. Noi diciamo, e non a torto, che tutta l'umanità, ovvero il mondo morale, giace sommersa nel male, ed è perversa! Però basta che andiamo adesso ad indagare la ragione di un simile fenomeno, e la troveremo a grandi linee nel fatto che ho appena esposto! Noi uomini possiamo fare quello che vogliamo, ma non arriveremo a migliorare né noi stessi, né gli altri, perché in questo campo vengono le potenze del mondo a tracciarci dei limiti, e dappertutto ci si trova di fronte a quel fatale: “Fino a qui, poi però neppure una piccola spanna più avanti!”. Noi non possiamo indagare, né lambiccarci il cervello! Una legge di ferro costringe tutte le teste a starsene sotto ad un solo cappello; chi osa muoversi, è perduto per il mondo. Che con questo sia però guadagnato per un altro mondo? Anche sotto questo aspetto noi abbiamo una qualche certezza in grado molto inferiore che non riguardo a ciò che accadrà dell'umanità da qui a cent'anni!

7. Unicamente dei veri profeti e dei veri veggenti potrebbero ovviare a questo male; così gli uomini avrebbero sempre ed in eterno davanti agli occhi la Forza e la Potenza invincibili di Dio, manterrebbero la vera fede e così sarebbero uomini buoni e per bene. Invece nella realtà, ogni tanto, allorché l'umanità è già sprofondata al disotto di un livello animalesco, ecco sorgere finalmente un profeta il quale, per un certo tempo va predicando sagge dottrine e rende agli uomini piena testimonianza della divinità della propria missione mediante ogni tipo di sbalorditive opere prodigiose; sennonché, quanto tempo dura una simile condizione?

8. Considerato che l'umanità, assetata di Dio e di verità, va sempre più schierandosi al Suo fianco, gli antichi oracoli e le caste sacerdotali, dominate terribilmente dalla materia e dall'egoismo, per paura che la falsità della loro causa venga resa di dominio pubblico e che per conseguenza ne derivi un gravissimo danno alla loro autorità e dignità nonché alle loro ricche entrate, ebbene, spinte dalla gelosia esse si infuriano e cominciano a perseguitare il profeta in qualunque modo. Per un certo tempo esse rimangono impotenti contro di lui, perché mediante la Forza divina a lui propria egli le ricaccia sempre nella polvere.

9. Ma dopo alcuni anni, e dopo aver aperto gli occhi a molte migliaia di persone, ecco la Potenza divina ritirarsi da lui, e allora egli cade vittima della più volgare vendetta degli uomini! Ed i suoi seguaci rimangono sgomenti e assolutamente indecisi sulla via da seguire! L'angoscia, lo spavento e il dubbio si impadroniscono dei discepoli se non sono in gran numero; ma se sono invece già tanto numerosi da formare un esercito, allora di solito ha inizio una terribile, crudelissima guerra di religione la quale non termina prima che una fazione in lotta non abbia completamente annientato l'altra.

10. Ma adesso io mi domando e dico: “Se tali cose e se un simile andazzo li si considera con mente serena, da persona ragionevole e di una certa esperienza, allora come si fa a giungere ad una fede vivente in un Dio?”. O non ci si trova piuttosto indotti a pensare: “Ecco, questo è tutto opera degli uomini”. E Dio, da parte Sua, è qualcosa di eternamente lontano, e non vicino come si potrebbe arguire dalle scritture! Ho ragione o torto?»

11. Risponde Cirenio: «Secondo il modo come sei solito pensare tu, la tua opinione potrebbe ancora avere qualche valore; ma beninteso, unicamente rispetto alla società umana di questo mondo quale essa è costituita attualmente. Noi però siamo già un po’ più profondamente iniziati nei piani supremamente savi di Dio per quanto riguarda l'umanità di questa Terra, e conosciamo pure il grande divino “Perché”! Io dunque non ti posso dire altro se non che la tua opinione è completamente errata di sana pianta. Tuttavia io spero che tu pure arriverai al punto di pensare diversamente. Ed ora ritirati con i tuoi compagni, e quando sarai chiamato, ritorna qui! Prendi visione di tutti i prodigi che sono accaduti, riflettici su, e poi ti diventerà chiaro quanto siano stati stolti e azzardati i tuoi tentativi di persecuzione contro il grande Maestro da Nazaret!».

12. I farisei allora fecero un profondo inchino e si diressero verso la nuova dimora di Marco per ispezionarla. Ad un Mio cenno, Marco stesso si unì a loro per fare da guida tanto nella nuova casa miracolosa quanto nel giardino e infine al mare, allo scopo di mostrare e di spiegare loro ogni cosa.

 

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Cap. 157

La Terra, una scuola di esercizio per i figli di Dio.

 

1. Cirenio si rivolse di nuovo a Me e disse: «O Signore, è pur vero che a me è noto, per averlo appreso dalla Tua bocca divina, il perché a questo mondo tutto avviene così, e ormai conosco i Tuoi piani ispirati a somma Sapienza divina per quanto riguarda l'educazione degli uomini in tutti i tempi e in tutte le regioni di questa Terra. Tuttavia io devo confessare che, dal punto di vista terreno, l'opinione di questo fariseo non è del tutto priva di fondamento. Non si può davvero negare che questo mondo non sia, dal principio alla fine, assolutamente un mondo dell'amore e della verità, ma un mondo pessimo, colmo di odio e di menzogna, di falsità e di inganni! Esso potrebbe essere anche diversamente! Ma comunque sia, esso è ormai così e non cambierà mai più e la Terra è condannata a restare una dimora dell'affanno e del dolore, ed i suoi figli sono destinati a languire sul suo suolo! Ma le cose potrebbero essere diverse?»

2. Dico Io: «Oh, sì, potrebbero senza dubbio essere diverse, come diverse sono su un numero infinito di altri corpi mondiali, ma allora questa Terra non sarebbe appunto stata eletta a culla e ad istituto di educazione di quegli uomini i quali sono destinati e chiamati a diventare Miei figli.

3. Può il potente vero amore riconoscersi pienamente come tale fra degli uomini che sono essi stessi unicamente amore? A chi è già colmo d'amore fin dalla nascita, quale pietra di paragone si può mai offrire per esercitarvi la pazienza, l'umiltà e la mansuetudine?

4. Ma se Io avessi stabilito la natura di ciascun uomo in modo tale che egli già al suo nascere si trovasse nello stato di suprema perfezione, senza che egli vi avesse concorso in qualche modo, quale esercizio nella vita e nel progredire autonomo sarebbe ancora immaginabile per lui?

5. In quale genere di attività si potrebbero infine impiegare simili spiriti? Te lo dico Io: “Gli alberi dei boschi e le rupi delle montagne in fatto di attività autonoma indispensabilissima alla libera vita si troverebbero in condizioni molto migliori in confronto ad un uomo già perfetto fin dalla nascita sotto ogni riguardo!”.

6. Un uomo, una volta che fosse sviluppato fisicamente in modo completo e che potesse avere dinanzi a sé una mensa sempre apparecchiata e fornita delle più squisite vivande e dei vini più preziosi, non potrebbe sviluppare in sé i concetti di fame e di sete. Ed ammesso, oltre a questo, che egli possedesse una sontuosissima dimora e che fosse dotato di tutte le capacità spirituali al massimo grado della percezione, così da poter vedere e percepire tutto, tanto il vicino che il lontano nei suoi più minuti dettagli, nonché approfittare di tutto e comunicare dappertutto e con tutti senza che mai neppure la minima cosa spiacevole venisse a turbare il decorso della sua vita uniformemente lieta, ebbene un tale individuo certo non sceglierebbe mai di abbandonare per qualche istante il luogo della sua pace!

7. Io ti dico che agli occhi di un simile uomo perfino le Mie massime opere prodigiose risulterebbero altrettanto indifferenti quanto la neve che avvolgeva nella veste dell'innocenza eterna le montagne ai tempi di Adamo! O forse tu pensi che la Perfezione eterna ed infinita della Mia Vita sarebbe, di per se stessa, di qualche vantaggio a Me stesso e fonte di beatitudine per Me? In verità ti dico: “No affatto!”.

8. La Mia propria somma felicità sta nella innumerevole partecipazione a crescere nei Miei altrettanto innumerevoli, incompleti figlioletti, nell’aumento della loro conoscenza e del loro perfezionamento, e nella loro crescente attività che ne consegue. La loro gioia per una facoltà più completa, raggiunta faticosamente, è anche la Mia gioia sempre rinnovata. E certamente è solo così che la Mia infinita Perfezione acquista il valore inestimabile: quando ad essa aspirano sempre di più i figlioletti ancora infanti, e quando essa parzialmente si dà a conoscere anche in loro, crescendo in maniera inconfondibile! Comprendi quello che con ciò voglio dirti?

9. Se così non fosse, credi che Io avrei mai formato un mondo, e un qualche essere vivente su di esso? Tutto ciò è stato per Me, già da tempi eterni, sempre una imprescindibile necessità, senza la quale un qualsiasi mondo non sarebbe mai stato né creato né popolato di esseri di ogni specie.

10. Ma come è stato finora, così deve restare anche in avvenire! Io non sono venuto per portare la pace al mondo e una tranquillità morta, ma sono venuto per portare la spada e la lotta sui campi dell'attività sempre più intensa e nobile. Infatti soltanto di fronte all’odio, l'amore si fa vera energia e vivente azione, e la placida morte è costretta a fuggirgli dinanzi. Il bisogno che perseguita l'umanità la rende attiva, e con il tempo la rende poi paziente, mansueta e sottomessa alla Mia Volontà. Se non esistesse la menzogna, con le sue amare conseguenze, che valore avrebbe in sé e di per sé la Verità? Chi mai si affatica per procurarsi la luce quando è giorno pieno, e chi mai apprezza la luce di una lampada ad olio accesa mentre splende il Sole?».

 

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Cap. 158

Il bisogno come mezzo di educazione.

 

1. (Il Signore:) «Dunque, tutto quello che ormai esiste per il fatto che è stato concesso che fosse così, è necessario che esista per servire da stimolo al miglioramento dell'umanità. Ciascun divenire ha per naturale premessa un'attività, e questa a sua volta ha per premessa il motivo e la leva, i quali certo devono essere sempre pienamente corrispondenti alla specie e al modo dell'attività stessa.

2. Per conseguenza, tutto quello che viene qualificato come contrario alla legge morale, e come maligno e cattivo, va considerato come un sistema di leve che viene permesso allo scopo dell’incitamento all'attività; ma per chi è puro, tutto è puro e buono. Per il debole e impuro, invece, la cosa è e deve essere diversa, dato che egli ha bisogno ancora di più di una leva atta a spingerlo all'attività.

3. I figli di Abramo, ai tempi di Mosè, di Aronne, di Giosuè ed ancora sotto i primi giudici, potevano vantarsi di essere visibilmente guidati da Dio, di possedere una illimitata sapienza, e oltre a questo di godere di un grande benessere terreno; essi invece si fecero pigri come i polipi e come i molluschi attaccati alle pietre sul fondo del mare. Da parte Mia e per bocca dei profeti essi vennero incoraggiati spesso, anzi perfino esortati, all'attività e alla vigilanza; sennonché la loro risposta era questa: “Se facciamo qualcosa, possiamo anche commettere peccato il quale poi distrugge tutto quello che abbiamo fatto di buono; ma se non facciamo niente, allora non possiamo nemmeno peccare, e così veniamo a trovarci giusti e privi di colpa al Tuo cospetto, o Signore!”. E così filosofando essi andarono sempre più sommergendosi nell'inattività e nella pigrizia. La conseguenza fu quella di una crescente miseria, e con il tempo l’indebolimento fisico ed infine anche morale.

4. Tuttavia in simili condizioni essi si rivolsero nuovamente a Me e Mi promisero di diventare attivi entro la sfera del vero ordine della vita. Per qualche tempo la cosa procedette di nuovo bene e in buon ordine, ma non appena si fu ricostituito un certo grado di benedetto benessere, anche l'antica pigrizia ricomparve in scena. Il popolo si sentiva ricco sotto tutti gli aspetti e voleva brillare; e perciò reclamò un re terreno quale rappresentante della ricchezza e del benessere.

5. Come essi desideravano, fu fatto, ed un re venne loro dato ed unto. Però anche il patto fra re e popolo non tardò a entrare in vigore, in modo che il male richiesto ed ottenuto dal popolo fu di nuovo, per il popolo stesso, uno stimolo doloroso ad una rinnovata e maggiore attività imposta dal bisogno.

6. Quando qualche tempo dopo re e popolo caddero in una specie di letargo, si rese immediatamente necessario suscitare dei nemici esterni molto pericolosi come lo furono i Filistei, popolo rozzo e divenuto potente. Ne seguirono guerre, e la miseria, costante accompagnatrice di queste, si diffuse nel paese del Mio popolo, lo destò e lo rese di nuovo attivo e forte.

7. Nella sua grande miseria e nelle angustie esso ritrovò la via che conduce a Me, e crebbe poi in grazia, sapienza e benessere in misura quasi incredibile. Questo stato però già ai tempi di re Salomone provocò un forte rilassamento dell’attività originale, così che il regno fu ridotto addirittura in pezzi già sotto i primi successori di Salomone. Ecco dunque che questo popolo dovette sempre venire assillato continuamente per mezzo di ogni specie di miseria e di tribolazioni per poterlo mantenere almeno in una certa attività.

8. Attualmente, parlando in generale, esso si trova parecchio al di sotto del regno animale a causa dei sacerdoti e della loro dottrina. Ma è per questo che sono venuto Io stesso nella carne, appunto per portare il più grave imbarazzo e la maggior confusione tra la parte più pigra del popolo, ed essi ora provano in tutti i modi a prenderMi e ad ucciderMi appunto per la ragione che temono di vedersi privati del pane della loro pigrizia in seguito alla Mia intensa e tenace attività. Va da sé però che la loro fatica è del tutto inutile.

9. Il germe della pigrizia assoluta ha messo radici troppo forti in loro e per questo il sentimento della pigrizia dovrà essere tolto loro e dovranno disperdersi in tutte le direzioni e condurre una vita da nomadi, oppure dovranno accedere al nuovo patto di attività e di vita ora fondato da Me, secondo il quale nessuno può starsene pigramente con le mani in mano se vuole campare.

10. Chi non accetterà questo patto si condannerà alla fame e alla sete, e dovrà andarsene ramingo per il mondo, coperto di miseri stracci e appoggiato al bastone del mendicante, ed alle sue invocazioni verrà spietatamente risposto: “Chi non lavora, non ha nemmeno il diritto di mangiare!”, perché ciascun lavoratore merita la sua ricompensa.

11. Oh, allora sì che ognuno cercherà di essere attivo il più possibile; ma se nonostante tutto ciò qualcuno si manterrà inattivo e pigro, egli comincerà ben presto a mettere in mostra i solchi della sferza punitrice che saranno di esempio per molti altri.

12. Ed Io ti dico: “Ogni popolo, fattosi pigro e abbandonatosi alle mollezze della vita, dovrà portare, come accadrà a ciascun individuo in sé e per sé, permanentemente la verga punitrice sulla propria schiena, e perderà per sempre il suo nome dal Libro della vita, e la sua grandezza, la sua potenza e la considerazione goduta!”. Ciò renderà gli uomini man mano sempre più stupiti e li spronerà ad ogni genere di azioni secondo le giuste regole, e ciò sarà buono. Hai capito bene ora tutto questo?».

 

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Cap. 159

Il modo giusto di compiere le attività mondane e quello sbagliato.

 

1. Risponde Cirenio: «Sì, o Signore e Maestro dall'eternità, è così; tuttavia ora sorge ancora un quesito, ed è il seguente: se gli uomini si rendono attivi con ogni zelo negli svariatissimi campi della vita, con i suoi mille bisogni, nasce certo spontaneo il pensiero che essi allora saranno trascinati troppo fuori dalle vie della vita spirituale contemplabili soltanto in se stessi, e gettati invece su quelle del mondo, esclusivamente materiali; ma allora di una rinascita dello spirito si potrà parlare ben poco.

2. Oltre a questo io ricordo il Tuo insegnamento secondo il quale non ci si deve curare troppo delle necessità della vita terrena come sono soliti a fare i pagani, ma occorre cercare anzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia, e poi tutto il resto verrà successivamente dato in aggiunta.

3. Ora, come si fa a stabilire armonia fra una tale dottrina e questa Tua nuova enunciazione, secondo la quale si deve sempre lavorare assiduamente? Ecco, o Signore, in me queste cose non riesco a farle andare d'accordo tra di loro; perciò sarebbe bene che a Te fosse gradito di rendermele un po' più comprensibili»

4. Dico Io: «Abbiamo ancora un'ora e mezzo di tempo a nostra disposizione, e quindi posso certo dare una risposta alla tua domanda. Vedi però di fare bene attenzione a quello che ti esporrò a questo riguardo attraverso delle immagini.

5. Ecco, una volta due uomini si recarono da una persona espertissima in un’arte quanto mai utile e bella! L'uno, che chiameremo A, si era deciso a fare così per imparare l'arte e, grazie a questa, per potersi guadagnare il pane con il tempo. Egli imparò con ogni diligenza facendo bene attenzione a tutto ciò che occorreva per impadronirsi dell'arte, e fu infine quanto mai lieto quando ottenne dal suo maestro un certificato nel quale stava scritto che egli aveva ormai imparato completamente l'arte e che era a sua volta abilitato all'insegnamento. Quell'arte aveva ancora qualche mistero nel quale egli non era affatto iniziato; sennonché questo lo interessava poco, dato che ormai l'ambìto certificato si trovava nelle sue mani e, così provvisto, egli si sarebbe potuto procurare un discreto pane senza gravi fatiche.

6. Il motivo invece che aveva spinto l'altro, che chiameremo B, a recarsi dal maestro, era di tutt'altro genere, e per conseguenza doveva provocare nei suoi riguardi degli effetti ben diversi. Egli non aveva di mira il pane al quale non pensava per niente, ma a lui interessava l'arte in se stessa; ogni sua aspirazione era rivolta esclusivamente ad approfondire al massimo quell'arte, così che questa non avrebbe dovuto avere più alcun mistero per lui.

7. Il maestro però, essendosi accorto che quell'allievo non ci teneva affatto al pane ma unicamente all'apprendere a fondo l'arte divina, ne fu egli stesso immensamente lieto e cominciò ad istruirlo e ad iniziarlo con ogni cura in tutti i possibili misteri dell'arte. E la conseguenza fu che B, subito, quale perfetto maestro, compose un'opera d'arte così insuperabile che la fama andò molto lontano e giunse perfino agli orecchi di un re, e questo re fece allora chiamare l'artista affinché facesse vedere anche a lui la sua opera. E l'artista acconsentì, ma non per il guadagno che era legittimo attendersi, ma certamente per procurare una grande soddisfazione al re.

8. E quando il re poté ammirare il capolavoro e si convinse della sua immensa bellezza e utilità, così parlò: “Cosa vuoi tu, o grande maestro, che io ti faccia? Richiedi da me un compenso, e questo ti verrà dato assieme all'assicurazione che tu d'ora innanzi potrai rimanere alla mia corte, dove avrai una posizione privilegiata e dove potrai esercitare la tua arte!”.

9. E l'artista, profondamente commosso per la benevolenza del re, così rispose: “O altissimo signore e reggente sapientissimo! La tua grazia e il tuo compiacimento per quest'opera d'arte costituiscono per me la massima delle ricompense, perché non è stato per brama di lucro né per guadagnarmi il pane quotidiano che io mi sono sforzato di approfondire quest’arte con tutte le mie forze e con tutta la mia anima, ma unicamente per puro amore all'arte stessa; ma appunto perciò io provo grandissima gioia e reputo già un massimo premio quello che la mia opera abbia trovato tanto gradimento perfino agli occhi del più sapiente re”.

10. Cosa credi che il re, più lietamente sorpreso di prima, abbia disposto nei riguardi di questo artista? Vedi, egli così gli disse: “Solo ora mi convinco che tu sei un perfetto maestro nella tua arte! Infatti, se tu avessi coltivato quest'arte, per quanto nobile essa sia, solamente a causa del guadagno e del pane quotidiano, non saresti mai arrivato ad un simile grado di perfezione, dato che chi impara qualcosa allo scopo di trovarvi il proprio sostentamento, costui non fa che pensare continuamente al sostentamento, e si accontenta ben presto di quel poco che ha superficialmente imparato, cercando nello stesso tempo il modo di coprire con una falsa apparenza la carenza del suo sapere, affinché il prossimo non si accorga della sua debolezza e continui a stimarlo un grande maestro! Sennonché tutto ciò poco gli gioverà per l'avvenire, poiché saranno appunto le sue opere imperfette e lacunose a tradirlo.

11. Tu invece, che l'arte l'hai imparata per amore dell’arte stessa, avevi rivolto il tuo pensiero unicamente al come ti sarebbe stato possibile penetrare tutti i suoi misteri, per quanto grandi e profondi avessero potuto essere, pur di poter raggiungere la piena verità dell'arte, ed appunto per effetto di questo sei diventato un vero e raro artista che io desidero avere presso di me. E considerato che tu finora per amore dell'arte non ti sei preoccupato né del guadagno né del pane quotidiano, presso di me ti sarà permanentemente riservato un vero, ottimo e permanente pane e guadagno. Infatti, per veri artisti e per veri eruditi e sapienti, io, il re, ne ho sempre in quantità di incarichi, e di pane e guadagno connessi agli incarichi”. Ecco, o Cirenio, questa è la spiegazione evidentissima della tua osservazione».

 

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Cap. 160

Colui che aspirava alla rinascita in modo egoistico.

 

1. (Il Signore:) «L'aspirazione esclusiva al Regno di Dio presuppone la massima delle attività; quando poi un vero discepolo se ne sarà impadronito pienamente, si troverà bene anche quel Re il quale saprà davvero premiare il vero merito, e perciò rispetto a tutte le buone sfere della vita umana, resta sempre vero che, dove e in qualsiasi condizione avvenga che un uomo operi il bene e il vero per amore del bene e del vero in sé e per sé, ed in ciò aspiri alla vera perfezione, ad un uomo del genere il giusto riconoscimento e il guadagno gli si aggiungano e dovranno aggiungersi da sé.

2. C’è ad esempio un tale, il quale ci tiene a pervenire alla rinascita dello spirito in conformità a questa Mia Dottrina, rinascita che davvero non mancherà di farsi realtà per chiunque vi aspiri con tutto zelo e con giusto amore. Questo tale, citato ad esempio, sa che la sola ed unica via che conduce alla rinascita è quella dell'amore per Dio e per il prossimo. Egli osserva rigidamente tutti i Comandamenti di Dio e cerca di amare Dio il più possibile nel suo cuore, fa a tutti soltanto del bene, e lo fa nella misura delle sue forze, quindi soccorre abbondantemente i poveri e, dove sa che c'è un vero saggio di Dio, si reca da lui, lo sostiene largamente e se lo rende amico.

3. Egli continua a comportarsi così per tanti anni, e tuttavia la rinascita dello spirito, ambita e promessa, non si annuncia ancora; egli ha pure dei momenti luminosi, ma questi somigliano semplicemente a dei lampi il cui bagliore non riesce a prendere consistenza! Allora questo aspirante alla rinascita dello spirito che ha perseguito con zelo la meta per tanti anni finisce col dire: “Ormai comincio a credere che tutta questa storia della rinascita dello spirito non sia altro che una favola! Per vent'anni e fino a questo momento io ho fatto proprio tutto quello che la Dottrina richiedeva da me, eppure io mi accorgo di trovarmi sempre allo stesso punto dove mi trovavo quando cominciai a vivere e ad indirizzare le mie aspirazioni secondo la Dottrina! In base alle mie esperienze, questa via non conduce ad alcuna meta, quindi la cosa assolutamente più indicata è che io riprenda la mia vita di persona qualsiasi in contatto con il mondo, rinunciando a qualsiasi cosa che abbia relazione con una spiritualità che si è dimostrata ingannevole!”.

4. E qui adesso si presenta la domanda principale: “Perché questo onesto aspirante non poté pervenire alla rinascita dello spirito?”. Ecco: appunto perché tutto il bene che egli fece, lo fece al solo scopo di ottenerla!

5. Chi ama Dio e il prossimo per amore di un’altra cosa e non unicamente per amore di Dio stesso e del prossimo stesso, costui non può pervenire alla rinascita perfetta, dato che essa costituisce l’unione, la più immediata che si possa immaginare, tra Dio e l'uomo.

6. E per effetto appunto di questa “altra cosa”, l'uomo pone così tra sé e Dio una parete divisoria la quale, per quanto sottile anche sia, impedisce tuttavia il passaggio alla luce spirituale e perciò egli non può diventare una cosa sola con lo Spirito di Dio. Ma finché tale unione non si sia fatta realtà, non si può nemmeno parlare di una rinascita completa.

7. Io ti dico davvero: “Conviene che ogni egoismo di qualsiasi forma venga totalmente eliminato dall'anima, e l'uomo deve farsi completamente libero; soltanto allora egli può raggiungere la meta suprema”. E adesso dimMi se la cosa ti è chiara»

8. Risponde Cirenio: «Sì, ormai anche sotto questo aspetto io mi trovo in una luce e in un ordine perfetti! È verissimo che tra fare e fare rispetto ad una e medesima cosa può esservi un divario enorme! Ma conoscendo come stanno le cose, allora certo si può anche fare secondo la giusta e vera maniera, purché ci sia la ferma volontà; e questa non può davvero mancare in una persona che abbia riconosciuto l'unica, vera e chiara ragione, nonché la via che porta a questa. Però ci vuole molto tempo e molta fatica per riconoscere appunto questo, perché, quando si crede di essere arrivati alla meta, ci si accorge poi anche troppo presto che manca pur sempre qualcosa, e di molto importante anche. Ad ogni modo dal canto mio credo che ormai non dovrebbe mancarmi proprio molto! Ma se anche dovesse mancarmi ancora qualcosa, io spero che il Tuo Amore, o Signore, me lo procurerà al tempo opportuno.

9. Ecco però che, come vedo, i nostri farisei sono già di ritorno, ed il loro capo sta discutendo vivacemente con Marco. Sono davvero curioso di sapere che impressione ha fatto su di loro la visione più precisa di tutte queste Tue opere prodigiose!».

 

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Cap. 161

L'impressione suscitata dai prodigi del Signore sui farisei.

 

1. Dico Io: «L'impressione è stata senza dubbio straordinaria; sennonché essi reputano impossibile che qualcosa di simile possa essere stata compiuta in un attimo, in seguito ad un semplice atto di volontà simile a quello di Dio. Essi dunque stanno ora discutendo riguardo alla possibilità che sia stato impiegato eventualmente qualche mezzo naturale tenuto finora nascosto.

2. Il capo dei farisei sta appunto dicendo a Marco, che comincia ad irritarsi un po’: “Va tutto bene, ma noi non eravamo presenti al fatto, e tutti coloro che si trovano qui, ammesso che fossero d'accordo, è certo che potrebbero con la massima facilità farci vedere lucciole per lanterne! Noi sappiamo benissimo come gli Esseni compiono i loro grandiosi miracoli, ma non possiamo più intraprendere niente contro la superstizione, o la fede che voglia chiamarsi, convinta del popolo. Mille persone che siano tutte d'accordo tra di loro possono produrre i miracoli più spettacolari e possono trarre nell'illusione anche diecimila volte mille altre persone. In questo cantuccio della Terra, isolato e nascosto, potete aver lavorato anche dieci anni di seguito a quest'opera prodigiosa senza essere osservati da nessuno all'infuori che da voi stessi! Compiuto il lavoro, invitaste poi degli stranieri e diceste poi loro, tutti voi d'accordo, che questo edificio l’ha fatto sorgere in un attimo questo o quell’uomo prodigioso, e così pure il giardino e il porto. E di fronte alla testimonianza seria di mille persone tutte d’accordo, lo straniero deve cominciare a credere al miracolo, che lo voglia o no! Che avvenga invece un miracolo dinanzi ai nostri occhi; soltanto allora ci crederemo anche noi!”.

3. Vedi, o Cirenio, è proprio in questi termini che quella volpe di un fariseo va adesso esprimendosi! Ma Io ti ho detto questo allo scopo che, quando sarà ritornato qui, tu sia in grado di esporgli addirittura letteralmente quello che, trovandosi ancora ad almeno trecento passi da noi, egli ha detto a Marco, e questo sarà qualcosa di terribilmente sbalorditivo per lui e per i suoi colleghi, dato che tale tua esposizione, quale un evidente prodigio, testimonierà come una spada taglientissima contro la sua asserzione. Egli richiederà pure un prodigio ancora, però altro non gli sarà dato altro prodigio all'infuori di questo: noi qui gli riveleremo varie cose da lui ritenute quanto mai segrete, ciò che lo colpirà straordinariamente. Cerca dunque di essere pronto, perché Io stesso non parlerò, ma ti suggerirò invece tutto nell'anima, e ti lascerò trattare e discutere con lui. E adesso preparati, perché egli sarà qui ben presto!».

4. Cirenio allora raccoglie tutte le sue energie e rimane in attesa, rallegrandosi tra sé di potersi lavorare a dovere il fariseo.

5. I farisei si avvicinano a Cirenio in un atteggiamento del più profondo rispetto, e il loro capo, dopo essersi inchinato fino a terra, dice: «O nobile reggente! Noi abbiamo preso visione di tutto, e non abbiamo potuto fare a meno di stupirci tantissimo, poiché qui lo sfarzo appare tanto strettamente accoppiato al senso di opportunità e di utilità, che quasi ci si trova spinti addirittura a dichiarare: “Questa cosa non è stata fatta da mani d'uomo, ma è stata creata di punto in bianco!”. Purtroppo, però, da nessuna delle epoche anteriori a questa è stato tramandato all'umanità che, su tutta la Terra finora conosciuta, si sia verificato un qualche esempio di un fatto simile! Oltre a questo, in questo nostro tempo gli uomini sono troppo progrediti, specialmente per quanto riguarda l'edilizia, perché in loro si possa escludere a priori la capacità di produrre anche un’opera artistica di questa specie. Se consideriamo che ai greci e ai romani il paese miracoloso d'Egitto deve essere conosciuto molteplicemente fin giù nella Nubia anche sotto il punto di vista dell'architettura, non sarebbe affatto qualcosa di straordinario o di prodigioso se essi pure, riunendo le loro forze, fossero in grado di compiere delle opere come queste. Infatti, se tutto quello che si può vedere qui sia sorto veramente in un istante solo oppure successivamente, questa mi pare che sia una questione da prendere in considerazione, perché un gruppo di gente molto esperta può fare molte cose e può poi sostenere con voce potente e con le armi in pugno: “Questo, oppure quello è sorto in questo modo”, e la gente piccola, debole e impotente deve allora rassegnarsi a credere, dato che un eventuale contraddittore troppo rumoroso avrebbe immancabilmente delle conseguenze quanto mai grosse e spiacevoli.

6. Guardiamo un po’ quella combriccola astuta degli Esseni! Ormai non c'è più nulla che essi non siano capaci di fare. Ma ci si provi a sostenere che tutto ciò che fanno non è un affatto miracolo e che invece viene ottenuto impiegando i mezzi più naturali di questo mondo, e se ne avrà un responso da ricordarsene davvero per tutta la vita. Con ciò per altro io sono ben lungi dall'affermare che si tratti anche qui di un caso simile, nonostante che questo prodigio abbia una somiglianza sorprendente con quelli degli Esseni! Del resto la cosa vada pure come deve andare; tu ci hai raccomandato di ammirare queste opere come un effettivo miracolo, e noi lo vediamo tale per la ragione che il nostro non credere potrebbe venirci a costare enormemente caro. Se tu, o alto reggente, ci comandassi di credere in Giove e nelle sue opere divine e prodigiose, noi esteriormente vi crederemmo all'istante e senza restrizioni; ma poi come la penseremmo dentro di noi, questa è una questione di tutt'altro genere. Perdonami, o nobile signore, questo mio linguaggio assolutamente schietto!».

 

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Cap. 162

Cirenio svela le opinioni del fariseo sui prodigi del Signore.

 

1. Dice Cirenio, all'apparenza un po’ sdegnato: «Se tu avessi voluto parlarmi proprio schiettamente, avresti dovuto usare con me il linguaggio che hai usato poco fa, laggiù sulla riva, con il vecchio Marco e con i tuoi colleghi. È pure vero che dinanzi a me non hai potuto tenere completamente nascosta la tua interiorità, e il tuo reale pensiero si è qua e là manifestato malgrado tutto; e tuttora dentro di te stai pensando in modo diverso, come in maniera diversa hai parlato anche con Marco e con i tuoi colleghi.

2. Certamente, sarà per te quanto mai sgradito sentire dalla mia bocca quello che hai detto, e molto più sgradito è ancora quello che veramente pensavi allora; ma per quanto la cosa possa anche esserti spiacevole, eppure è quanto mai necessario che tu la senta! Stammi dunque bene a sentire assieme ai tuoi cari compagni!

3. Quando laggiù, sulla riva del mare, stavi ammirando le navi e la costruzione del porto, il vecchio e onesto Marco ti domandò cosa ne pensassi. Tu, dubbioso, scrollasti allora le spalle e dicesti: “Qui c'è da dire molto e, sotto certi riguardi, anche pochissimo; molto, qualora nonostante tutte le più alte assicurazioni e testimonianze non si tratti di un miracolo ma di un'opera perfettamente naturale, e, ovviamente, pochissimo o nulla del tutto, qualora si tratti sul serio di un prodigio! Che io però, come pure tutti i miei compagni, malgrado le più alte assicurazioni non possiamo accettare questo per un miracolo, lo deve poter comprendere chiunque sia dotato di un po' di intelletto sul fatto della semplice considerazione che noi non ne fummo affatto testimoni, e che questa porzione di paese sono già dieci anni che non la vediamo, e meno ancora abbiamo mai avuto occasione di porvi il piede. Quante cose possono essere accadute in questo cantuccio isolato, data l'abile politica dei Romani! Per mezzo di spioni si può essere venuti a conoscenza del fatto che in questo paese noi cominciavamo a muoverci per indagare su tutto quello che viene macchinato contro di noi e nello stesso tempo per informare le persone che lavorano attivamente ai nostri danni. Di certo si sapeva che noi ci trovavamo sul mare di Galilea, e allora si inviarono delle guide a cercarci e ci attiraste qui dove si trova uno degli accampamenti principali dei romani.

4. Che la cosa abbia dovuto sorprenderci molto, spero non sarà difficile da comprendere qualora si pensi che i romani non intendono assolutamente scherzare e che qualcosa di serio con loro non si può ottenere. È già da tempo che ci siamo accorti come i romani ci tollerano a mala pena a causa del popolo, mentre in segreto danno man forte agli esseni i quali, naturalmente, trovano il massimo piacere nello scalzare le nostre posizioni in tutti i modi e maniere. Noi conosciamo bene le astuzie degli esseni nonché i loro miracoli a base di imbrogli; tuttavia di ciò non ci è lecito muovere un dito, e siamo costretti a sopportare cose che sono diametralmente opposte alle nostre istituzioni religiose, come ad esempio il censimento, l'imposta personale e l'introduzione di dazi e di pedaggi. E malgrado nel loro codice sia scritto: “I figli di Abramo sono liberi nel paese” ebbene, nonostante ciò tale principio non trova applicazione nella pratica, e i figli di Abramo, quando si presentano davanti alla barriera del dazio, vengono fermati come un qualunque straniero.

5. Perfino noi sacerdoti, dobbiamo pagare lo statere (piccola moneta antica) del dazio se vogliamo passare oltre, noi, che da parte di Mosè siamo stati esonerati da qualsiasi tassa, anzi che noi stessi abbiamo il diritto di prelevare la decima dai figli di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, dato che non ci è lecito possedere né terre, né campi! Gli Esseni invece, cioè i nostri più dichiarati nemici, sono liberi di andare dappertutto senza pagare né tributi né meno ancora dazi! Ebbene, in base a tutto ciò, chi non si persuade della spiccatissima antipatia che i romani hanno verso di noi, deve essere davvero più cieco di una talpa. Dunque, considerato che noi non abbiamo assolutamente amici presso le alte autorità di Roma, e d'altro canto non abbiamo la forza necessaria per scuoterci via di dosso tale opprimentissimo giogo, non ci resta infine evidentemente altro che muoverci quel tanto che ci consente la nostra condizione di vermi calpestati, e cercare, per quel tanto che ci è possibile secondo il buon diritto, di premunirci contro i nemici del nostro istituto, troppo chiaramente schierati contro di noi, e di costringerli a tacere là dove mai è possibile.

6. Il Nazareno di cui stiamo parlando, allievo raffinatissimo, senza alcun dubbio, della scuola segreta degli esseni, noi lo conosciamo anche troppo bene per un avversario principale del nostro collegio e come nemico deciso del Tempio; senza parlare del fatto che egli è figlio di un capomastro! In seguito alla perspicacia della sua parola, e particolarmente poi per effetto dei suoi artificiosi miracoli, già una quantità di nostri colleghi che risiedono qua e là nella Galilea sono diventati apostati! Per non parlare poi del popolo il quale, a quanto si dice, lo va seguendo a schiere. Non deve meravigliare dunque nessuno che abbia un briciolo di sana ragione se finalmente anche noi ci diamo da fare per vedere cosa sia possibile fare per arginare un simile stato miserabilissimo di cose.

7. Qui si è voluto tendere delle trappole anche a noi, per indurci, con la violenza o con l'astuzia, ad abbandonare la causa del Tempio, ed a questo scopo viene messo in scena per noi un miracolo istantaneo, a compiere il quale però si può avere di nascosto impiegato benissimo anche vari anni, tentando così di abbindolarci. Ma considerato che anche noi siamo della gente di qualche esperienza, la cosa sarà sul serio piuttosto difficile! Il fare miracoli dinanzi al popolo cieco non presenta eccessiva difficoltà, ma altrettanto non si può dire quando ci si trova di fronte ad un fariseo perspicace! Noi sappiamo chi siamo e che cosa è il mondo, e non ignoriamo come il mondo se la sappia cavare bene dappertutto quando si tratta di mettere in opera ogni specie di mezzi a proprio vantaggio, e perciò concludiamo: “Quella villa assieme al magnifico giardino e a questo porto, anche così fanno molto onore ai signori Romani come architetti NON PLUS ULTRA (eccezionali), senza bisogno che noi consideriamo queste costruzioni come un prodigio istantaneo!”».

 

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Cap. 163

La fede materialistica del capo dei farisei.

 

1. (Continua Cirenio:) «A questo punto Marco provò con le sue sincere assicurazioni a distoglierti dalla tua vaga idea; sennonché tu, sorridendo placidamente e battendogli sulla spalla, gli rispondesti: “Sì, sì, mio caro amico, io non ti biasimo affatto anche se parli così, poiché in primo luogo tu stesso sei un astuto romano di provata sottigliezza, e in secondo luogo qui tutto si muove nella cerchia di un certo “dovere” ineluttabile, in cui l'agire o il parlare contro sarebbe quanto mai imprudente. Attieniti dunque solo a quello a cui ti è di grande vantaggio restare attaccato, noi però per il momento continueremo a restare attaccati a quello che ci dà garanzia di un qualche vantaggio, e vi diverremo infedeli soltanto quando da qualche altra parte ci verranno assicurati dei vantaggi maggiori e di carattere permanente! Noi non ci troviamo a disagio nella nostra istituzione, nonostante questa sia caduta parecchio in discredito; se però da una qualche altra parte ci venissero offerti dei vantaggi maggiori, come detto, di carattere permanente, in un simile caso potremmo benissimo anche noi voltare le spalle alla nostra vecchia istituzione ormai marcia, come notoriamente hanno fatto molti dei nostri colleghi che si sono resi infedeli al Tempio; e se proprio lo si volesse esigere, anche noi con molti altri saremmo disposti ad adorare come un Dio il carpentiere di Nazaret!

2. Ma per arrivare a questo non abbiamo davvero bisogno di miracoli, ma unicamente di tangibili vantaggi terreni; in questo caso si può fare di noi quello che si vuole, e ciò tanto più in quanto noi, da gente che conosce il mondo, vediamo fin troppo chiaramente e sappiamo fin troppo bene, in base ad innumerevoli esperienze, che valore si può mai attribuire veramente a tutti i sistemi religiosi. I miracoli sono un antico mezzo per fare restare a bocca aperta gli inesperti figli della Terra. Dunque, perché mai nell'epoca attuale in cui di ciechi non c'è davvero penuria avrebbero dovuto perdere il loro valore, purché vengano presentati in maniera più raffinata e scaltra di quanto lo siano stati nei tempi antichi, e particolarmente quando si vedono i più alti rappresentanti dell'autorità prendervi parte i quali di certo hanno i loro motivi che, naturalmente, vengono tenuti segretissimi? Infatti, non bisogna dimenticare che una religione rigidamente mantenuta e tutelata per i regnanti ha sempre un valore maggiore di diecimila grandi carceri bene fortificate e di ventimila legioni di guerrieri fra i più valorosi.

3. Sono solo le religioni bene imbastite ad incitare l'umanità a quell'attività mediante la quale uno Stato e il rispettivo regnante possono diventare ricchi e potenti, mentre le molte carceri e le spade affilate non possono fare a meno di rendere inattivi tutti coloro che devono farne la conoscenza. Considerato dunque che un uomo, il quale vive nella società, è costretto per misure di prudenza politica a professare una qualche religione, qualora non sia un pazzo o un nemico di se stesso, è infine proprio del tutto indifferente che si adori, come Dio, un Jehova o un Giove o addirittura il carpentiere di Nazaret; perché tanto comunque sono sempre i potenti ad emanare le leggi più efficaci sotto il titolo generalizzato ed universale di “comandamenti di Dio!”! Per conto loro, poi, essi possono fare in aggiunta quello che a loro piace, ed in caso di bisogno non hanno alcuna difficoltà a collocarsi al di sopra di tutti i più bei comandamenti divini.

4. Se posso scambiare la mia religione con una cosa più vantaggiosa, allora io, come qualunque altro di noi, sono senz'altro disposto al cambio; ma se nelle condizioni tollerabili nelle quali attualmente ancora ci troviamo dovesse venirci tolto qualcosa senza adeguato risarcimento, oh, allora pure noi sapremo correre ai ripari con tutti i mezzi a nostra disposizione! Infatti, qui si tratta del nostro esistere o non esistere.

5. Ammesso che, come stanno ora le cose, noi non siamo più di alcuna particolare utilità al governo, che questo ci assegni un congruo indennizzo e noi ci impegniamo a non avere più niente a che fare con tutti i ferrivecchi del Tempio, ebbene, se sarà così allora a noi ci importerà assai poco di ciò che l'imperatore vorrà fare del Tempio! Agli Esseni, per esempio, il Tempio potrebbe servire benissimo, e con i loro nuovissimi prodigi alla foggia indiana essi potrebbero realizzarvi degli utili dieci volte maggiori degli attuali! In questo campo ormai noi non ce ne intendiamo troppo e gli Esseni ne approfittano per renderci dappertutto sospetti accusandoci dei più abominevoli inganni. Ma quando un istituto teocratico è stato reso, per opera di un partito avversario, completamente sospetto per quanto riguarda i suoi misteri, è come se le sue mura, per quanto solide, fossero state colpite dal cancro divoratore, il quale, anche se lentamente, pure man mano e sicuramente non mancherà di trascinarlo alla rovina!

6. Un tale istituto è simile ad un mago: basta che si presenti un secondo mago invidioso e che egli sussurri negli orecchi di quelli che sono provvisti di qualche intelligenza: “Quel mago imbroglione compie i suoi miracoli in questo modo!” e che egli dimostri praticamente che quanto dice si basa su dati di fatto, allora sarà bene che il mago reso sospetto prenda al più presto il largo prima che la cosa divenga di dominio pubblico, altrimenti le cose potrebbero andargli storte! Buon per lui se può contare su un qualche potente protettore! Senza di questo egli è in pochi giorni spacciato assieme a tutta la sua arte magica, e per bene che si mettano le cose a suo riguardo, egli non può che aspettarsi di dover, d’ora in poi, tirare a campare a forza di stenti. È vero e naturale che egli si difenderà fino ai limiti del possibile, ma questo non potrà mai salvarlo dalla rovina!

7. Infatti, quello che è stato sospettato una volta, ha cessato di prosperare, ciò che del resto è anche perfettamente naturale, perché un mago non può esibirsi che avvalendosi di mezzi naturali, ma essendo tali, le sue esibizioni devono necessariamente finire con l'apparire del tutto prive di valore, e veramente sono anche troppo raffazzonate perché perfino un pazzo autentico possa trovarvi diletto, per non parlare poi di una persona saggia. D'altro canto, è chiaro che colui che non può arrivare a comprenderne le cause, deve considerare simili esibizioni per dei miracoli autentici e deve conseguentemente meravigliarsi notevolmente e pagare, poiché egli deve confessare a se stesso che, a quanto lui ne capisce, le cose non si svolgono in maniera naturale. Ma se poi qualcuno che conosce il trucco si incarica di chiarirgli che il prodigio che l’ha sbalordito, e che egli ha pagato carissimo come fosse davvero qualcosa di straordinario, è stato invece ottenuto con mezzi assolutamente naturali, allora per lui il mago di prima ha finito di essere tale, e questo viene a trovarsi come un volgarissimo truffatore al suo cospetto! Potrà tale mago discolparsi in qualche modo dinanzi a colui che era suo ammiratore? Per conto mio rispondo: “Mai, e mai più! Per lui è finita per sempre!”.

8. In fondo un istituto teosofico-teocratico non è altro che una fucina di magie- ben organizzata e velata da ogni genere di cerimonie mistiche quanto si vuole ma che in se stesse non significano proprio nulla - con l'aggiunta di legioni di sagge sentenze, dottrine e leggi. Così anche a tale istituto si prospetta quell'identico inevitabile destino che ogni artefice di magie, fattosi un po’ fiacco, deve attendersi da un giorno all’altro. Da quanto però ho detto ora, o Marco, vecchio amico mio, ti risulterà chiaro il motivo per cui a me, qualsiasi dottrina teosofica, anche ben presentata, deve essere del tutto indifferente, purché io vi scorga dei vantaggi maggiori per questa vita. Ma se questi non è possibile vederli con tutta evidenza in prima linea, come sembra essere il caso qui, nessuno potrà farmi oggetto di critica se io continuo a difendere con tutta la forza e l’astuzia possibile il mio istituto finché esso mi offre il modo di vivere discretamente. Spero che non ti sarà difficile comprendere perché la difesa debba restare entro i limiti di una modesta possibilità, data la presenza qui dei potentissimi romani. E adesso suppongo che non insisterai più nel volermi indicare tutte queste storie presentandomele sul serio come un miracolo!

9. Ah sì, se in cambio del mio credere e del mio abbondante lusingare mi offri dei sicuri vantaggi, allora certo puoi anche dirmi: “Ecco, quel Nazareno non ha fatto soltanto questo, ma ha pure chiamato all’esistenza all’improvviso, grazie alla sua sola volontà, questo mare con tutti i pesci che vi nuotano dentro, e in generale ha creato tutta questa Terra appena due anni fa!”, ed io lo crederò! Cosa questa che tu, anche senza bisogno di altre dissertazioni e spiegazioni dettagliate, avrai certo compreso molto bene».

 

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Cap. 164

La filosofia religiosa del fariseo.

 

1. (Continua Cirenio:) «Allora Marco si espresse così: “Amico, da questa tua lunga relazione io vedo che sei già molto indurito di cuore, e che sarà difficile farti accettare dei consigli e darti aiuto! Infatti, quando un uomo non può più prestare sincera fede alle supreme autorità che hanno diritto ad essere credute, e ritiene e dichiara che proprio tutto sulla Terra è inganno, allora per lui ha cessato pure di esistere tutto quello che avrebbe potuto servirgli per arrivare ad una luce migliore sulla via della vita! Dimmi dunque, o almeno pensa fra te e te, che utile avremmo mai noi ponendoti in una luce migliore? Di tesori delle specie più colossali noi ne abbiamo in quantità al punto che non si può descrivere; da noi l'oro, l'argento ed altre cose preziose non mancano, e così pure i nostri granai sono zeppi e le nostre cantine abbondano del più nobile vino, del quale voi aveste già occasione meravigliosa di assaggiarne, cosa questa della quale sembra che non vi ricordate più! Noi dunque non abbiamo nessuna necessità di attenderci un guadagno da voi e, essendo noi stessi dei testimoni assolutamente sbalorditi, non è immaginabile che asseriamo altro da quello che è la purissima verità; ma perché allora non volete crederci?

2. Ecco, è l'egoismo più abbietto quello che impedisce a te e ai tuoi compagni di credere, e per amore di questo egoismo voi sareste disposti ad assumere le forme più mostruose che possano degradare un uomo; questo lo confermasti tu stesso quando dicesti: ‘Per un vantaggio maggiore di carattere permanente in questa vita, si può fare di noi quello che si vuole!’. Dunque, anche dei ladri e degli assassini? No, devo proprio dire, in verità, che la tua confessione è assai preziosa e perfettamente adatta a fare nella sua specie il massimo onore anche al più maligno fra i diavoli! Ed è proprio questa razza di gente che va proclamandosi maestri ed educatori del popolo! Ebbene, ormai sarà facilmente chiaro a chiunque pensi anche solo un po’ umanamente che noi romani, che amiamo e cerchiamo la verità, non possiamo fare a meno di sentire accrescersi in noi sempre più l'antipatia e l'avversione verso il vostro istituto. Dato un simile sistema educativo, a quali estremi non può mai venire ridotta in breve tempo quella parte dell'umanità che sta sotto la vostra tutela? Certo, certo, o amico, ormai è davvero giunto il tempo di porre degli argini formidabili al vostro malgoverno, altrimenti quanto prima tutto il paese di Israele si inabisserà nella melma della morte!”.

3. A questa osservazione molto ben calzante del vecchio ed onesto Marco, tu per qualche tempo non obiettasti nulla; però fra te e te andavi pensando così: “Maledizione! Ecco che adesso mi sono scottato da me stesso! Succede quando si viene fuori con quella stracciona di verità! Finché a questo mondo si dispensano panzane, le cose filano sempre lisce; ma basta che una sola vera parola si intrufoli in un pasticcio di bugie, anche se confezionato al meglio, ed eccoti il lupo che già ti prende alla gola. Che faccio adesso per ammansire questo romano? Suvvia, farò come il camaleonte che assume un altro colore, e che il diavolo mi porti via se non riesco a portare questa vecchia volpe di un romano su un terreno più favorevole a nostro riguardo, altrimenti questo stupido chiacchierare a vanvera rischia di metterci nel più grave imbarazzo! Facciamo dunque la faccia più onesta di questo mondo e distribuiamo a destra e a sinistra le più grosse fandonie possibili; scommetto che egli finirà con il ridiventarci amico e con il rivolgerci parole affettuose! La questione adesso è come e da dove iniziare! Mi pare che il compito non sarà proprio difficile, perché anche lui sembra che stia meditando, forse riguardo al come fare per convertirci e guadagnarci alla sua causa con altre prove ancora più decisive!”.

4. Ecco, questi erano i tuoi pensieri nascosti che avevi nel porto, e precisamente su una delle cinque grandi e nuove navi. Ben presto riprendesti coraggio e dicesti a Marco: “Mi sembra che tu te la sia presa a causa del modo nel quale mi sono espresso prima! Ma vedi, se io avessi voluto essere sleale e contemporaneamente giocare d'astuzia, certamente non ti avrei parlato in modo così aperto, e non mi sarei mostrato come veramente penso e come sono nel mio intimo! Infatti, vedi, a noi farisei l'arte del navigare secondo il vento è molto ben nota; ma dato che ci siamo accorti che le tue intenzioni nei nostri riguardi erano oneste pur considerando le tue idee un po' limitate e forse radicate in te già dai tuoi anni giovanili, sarebbe stato davvero una cosa troppo vile da parte mia mostrarmi a te sotto Dio sa quale maschera di pio credente! Credi che per noi sarebbe stato forse difficile mostrarti apparentemente di credere sulla parola a quello che ci hai raccontato sul conto del Nazareno? Ecco, allora tu saresti rimasto contento di noi e ci avresti poi ripresentati a Cirenio come della gente completamente convertita; sennonché un onesto agire chiama l'altro, e perciò io ti ho veramente parlato come mi sentivo nel cuore, né ti ho nascosto nemmeno uno jota del mio pensiero e giudizio interiore.

5. Credere a cose del genere come dovrebbero essere accadute qui senza esserne stati personalmente testimoni, è senza dubbio immensamente difficile per un uomo dall'intelletto sveglio, tanto più qualora la cosa si presenti in modo tale da doversi stimare unica nella sua specie, mai vista prima, tanto da indurre uno a buttare a mare tutta la scienza e tutta la sapienza accumulata in lunghi anni! Infatti, finora su tutta la Terra conosciuta, a memoria d'uomo, qualcosa di simile non è mai stato compiuto; d'altro canto i cosiddetti miracoli e prodotti di arti magiche noi li conosciamo e sappiamo pure come vennero ottenuti. Dappertutto ci sono sempre stati degli uomini i quali, fra le molte centinaia di migliaia di loro simili, si sono distinti per la loro acutezza di ingegno; essi scoprirono nella grande natura delle forze fino allora sconosciute, e seppero metterle a profitto, e per conseguenza vennero reputati uomini di classe superiore ed onorati come profeti o addirittura adorati come semidei. Un genio di questa specie vedeva ben presto formarsi intorno a sé dei nuclei di discepoli avidi di sapere, i quali si sforzavano in tutti i modi di imitare il loro geniale maestro. In origine essi non erano che dei discepoli, poi necessariamente divennero essi stessi maestri, sulle orme del primo, ed essi assieme ai loro discepoli andavano tributando onori grandi al primo maestro anche dopo la sua dipartita da questo mondo; ciò tanto più in quanto gli insegnamenti e le opere del primo maestro si erano dimostrate sempre utili all'umanità. Con il tempo i successori del primo maestro si trasformarono in sacerdoti, i quali fecero per lo meno un semidio del loro primo maestro.

6. Noi ebrei facemmo, di questi primi maestri, dei profeti, mentre gli egiziani, i greci e i romani ne fecero altrettanti semidei e, con il tempo e sotto il manto della leggenda, attribuirono a questi primi, certo rispettabilissimi, dei fatti soprannaturali e prodigiosi al fine di farli apparire, con più facilità e più comodità, come degli esseri di specie superiore agli occhi delle folle, e per ottenere delle offerte dalle stesse folle. Questa usanza si protrasse poi per molti secoli finché dal grembo di una madre più sveglia non sorse un genio ancora più grande che si assunse il compito di svelare al cospetto del popolo, da lungo tempo abbindolato, le sconce manovre della rispettiva casta sacerdotale, in modo tale che il popolo stesso dovette giungere senz'altro alla convinzione di essere stato completamente ingannato. Da questo fatto il popolo dovette poi logicamente arguire che i suoi sacerdoti o, detto in altre parole, i servitori di Dio, altro non erano che degli autentici perdigiorno e degli imbroglioni di primo rango, i quali a mala pena essi stessi avevano conservato qualche barlume della vera dottrina, nella sua originaria purezza, del loro primo maestro, e perfino quel poco che conoscevano ancora, per ragioni di politica, lo tenevano nascosto alla povera umanità, assetata di conforto e di sapere: in una parola, dunque, il popolo comprese di essere stato nutrito da tali sacerdoti, già da allora, con le immondizie di ogni specie invece che con oro genuino e perle.

7. Eh sì, ma a questo punto, quando arriva un simile neo-grande maestro, a costui non è proprio così difficile aprire gli occhi al popolo divenuto per varie ragioni già molto diffidente verso i propri sacerdoti; ecco che allora i vecchi sacerdoti si possono considerare spacciati e soltanto ricorrendo alla violenza, alla politica e ad artifici e stratagemmi di ogni genere possono mantenersi a galla ancora per qualche tempo; nell'animo del popolo però si possono considerare completamente morti. Questa è la sorte che sovrasta minacciosa anche noi; il maestro più grande ha già dato inizio alla sua opera, realtà ben triste questa per noi, e a migliaia stanno voltandoci per sempre le spalle. Il fatto che a noi, esposti all'infuriare dell'uragano, la cosa non possa essere affatto indifferente, è cosa che tu non avrai difficoltà a comprendere, come del resto non è difficile capire la necessità che ci obbliga a fare ogni tentativo possibile per salvare quello che si può ancora salvare. Sarebbe quindi davvero strano da parte tua, che sei sotto ogni riguardo un galantuomo, se tu volessi serbarci rancore per averti fatto conoscere senza alcun velo lo stato del nostro animo, noi che saremmo stati liberi di propinarti invece delle frottole fra le più grosse di questo mondo!”».

 

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Cap. 165

Il discorso di Marco sul credere e il non credere.

 

1. (Continua Cirenio:) «A queste tue ultime parole, e mentre vi eravate già avviati verso quella direzione, Marco ti rispose: “Di serbarvi rancore, non ne parliamo neppure; però comprenderete bene che non mi può proprio fare piacere se voi intendete dimostrarmi così, seccamente, che io mi prendo adesso lo svago di raccontarvi con questi fatti prodigiosi una colossale panzana al solo scopo di affrettare la vostra rovina. Io non sono né un mentitore né un imbroglione, ma un amico quanto mai affezionato della più schietta verità, più di quanto lo siate mai stati voi. Che vantaggio potrei ripromettermi qualora vi propinassi delle frottole? Che io già sapessi che sarebbe stato difficile che voi avreste prestato fede a queste cose, quantunque siano perfettamente e rigorosamente vere, questo appunto già lo sapevo per il fatto che conosco bene parecchie delle virtù dei farisei, non ultima quella della loro totale mancanza di fede in tutte le cose che riguardano Dio.

2. Del resto, come potrebbe esistere una fede in gente della più rozza specie materiale, il cui occhio interiore dell'anima da lungo tempo è già gravemente offuscato da una spessa cateratta? Eppure è la fede che costituisce l'occhio dell'anima, per mezzo del quale essa accoglie le immagini spirituali, e soltanto successivamente e gradatamente comincia nel proprio spirito a giudicare il loro valore e il loro scopo, nello stesso modo in cui gli occhi del corpo accolgono le immagini del mondo esteriore, i quali non possono, subito dal primo momento, rendersi conto del significato, del valore e dello scopo di quanto hanno visto, ma questo avviene spesso dopo lungo tempo per l'azione dello Spirito divino destatosi nel cuore dell'anima. Però uno che è completamente cieco, visto che il suo occhio si è fatto rozza e tenebrosa materia, non può più accogliere alcuna immagine dal mondo esteriore, e non può per conseguenza presentare nulla alla propria anima per essere vagliato e giudicato, inoltre non può emettere alcuna sentenza riguardo al valore e allo scopo dei colori perché non sa né cosa sia l’ombra né cosa sia la luce, né meno ancora quale sia la forma delle cose.

3. Dunque, chi non può credere a nulla, costui ha un'anima cieca che ha reso tale con i suoi molti peccati! E questo è adesso, come già da lungo tempo è stato, appunto il caso di tutti i farisei; perciò pure essi non possono credere a nient’altro se non a quello che riescono ad afferrare con le mani, come succede al cieco nel corpo, il quale soltanto tastando una cosa può farsi un'idea della sua forma, sempre però quanto mai incompleta.

4. Da quanto ho detto fin qui, vi sarà chiaro perché io abbia potuto sapere anticipatamente che, data l'assoluta cecità della vostra anima, voi avreste difficilmente creduto a quello che avete visto e udito riguardo a questi fatti; tuttavia il mio pensiero era che i ciechi sarebbero stati più disposti ad avere fiducia in una guida che ha gli occhi sani, dato appunto che di una guida essi hanno estremo bisogno. Sennonché voi, pure essendo completamente ciechi, vi ritenete veggenti, e pensate che io sia, se non proprio cieco, addirittura perfido, e ciò è molto peggio. Ed è questo che non mi piace in voi e che dimostra come appunto il vostro cuore deve essere assai malvagio e che voi stessi dovete essere i più grandi imbroglioni, visto che non potete avere assolutamente in nessun modo e in nessuna forma una qualche fiducia nemmeno nella persona più sincera ed onesta.

5. Che per una simile gente non sia possibile nutrire una particolare simpatia, spero ne converrete voi stessi, poiché questi tali abusano sempre della bontà di coloro che alle volte sbadatamente eccedono nel dimostrare la loro bontà d'animo. Ma adesso ritornate dal governatore generale e riferitegli le vostre impressioni su quanto avete visto e udito qui!”

6. Allora tu dicesti a Marco: “O amico mio, prevedo che la faccenda ci andrà male! Egli pretenderà una ferma fede da noi; e tuttavia è davvero impossibile credere che tutto quello che abbiamo visto adesso sia solo un’opera compiuta in un istante dalla pura Volontà del Nazareno, mentre invece abbiamo scorto qua e là sulle pietre le tracce evidenti dello scalpello! Sarebbe in verità mostruoso essere costretti a credere per la vita e per la morte una cosa simile!”

7. E Marco ti obiettò: “Qui non esiste costrizione per nessuno! Tuttavia io sono convinto che voi finirete con il credere liberamente anche a questo per effetto di un altro prodigio! Eccoci ormai vicini di nuovo alla nobile compagnia; andate dunque da Cirenio e con lui vedete di pervenire ad una conclusione!”».

 

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Cap. 166

La conversione dei farisei.

 

1. (Conclude Cirenio:) «Ebbene, o amico mio, puoi tu negare dinanzi a me anche questo, e cioè che tu poco fa abbia ragionato con il vecchio Marco parola per parola e tu abbia pensato tra te e te esattamente come ora ti ho esposto, quantunque poi, costretto dalla necessità, tu abbia parlato in tutt’altro modo? Qual è la tua opinione?»

2. Il fariseo rimane come pietrificato davanti a Cirenio e non sa rispondere una sola parola.

3. Marco però, che si trova dietro di lui, gli dice: «Orbene, o sapientissimo scienziato, non ti spiacerebbe darmi una spiegazione naturale anche di questo prodigio? Io sarei davvero molto curioso di apprendere da te a quali astuzie misteriosissime possano aver fatto ricorso questi romani dalla politica raffinata per impossessarsi perfino dei tuoi pensieri più intimi!»

4. Dopo una breve pausa il fariseo finalmente disse: «No, in verità, questa cosa non è affatto naturale! Di quello che dissi apertamente a Marco quando eravamo laggiù al porto, non voglio discutere, perché qualcuno dotato di un udito eccezionalmente acuto avrebbe potuto percepire anche a distanza i nostri discorsi, ma percepire anche quello che ho pensato dentro di me, questa è certo una cosa che sta al di sopra e al di là di ogni sapere umano per quanto profondo! Questo è realmente un prodigio; ma là dove è possibile un massimo prodigio, esiste già di per sé la possibilità per ogni altra cosa, e sul serio io comincio a credere che anche queste costruzioni magnifiche siano sorte in una maniera prodigiosa! Di più adesso non posso dire. Se però tutto ciò è avvenuto ed ancora avviene per la potenza del famoso Nazareno, bisogna convenire che in lui si deve evidentemente celare un Essere superiore, un Dio in tutta la piena estensione del termine al Quale umilissimamente obbediscono tutti gli spiriti dell'aria e della terra, dell'acqua e del fuoco, né si può immaginare forza umana capace di opporsi a Lui.

5. Ma se è così, allora per noi farisei la faccenda è finita, e tra breve non ci resterà altro che adagiare nella fossa e chiudere la nostra vita come gli animali! Cosa possiamo fare con il nostro vecchio ciarpame della menzogna ora che sopra di noi vanno ammassandosi da tutte le parti, come montagne, simili verità inconfutabili! Noi saremo perseguitati e ci daranno la caccia come alle belve dei boschi, e finiremo sommersi dentro il fango della nostra notte tenebrosa! Così sembra volere il destino; su questa Terra le notti ed i giorni continuano ad alternarsi, e noi non possiamo in nessun modo evitare che sia così. Come il giorno divora la notte, così poi la notte a sua volta divora il giorno; e come una notte lunga segue un giorno assai breve e freddo, ben presto invece succede il contrario. Infatti all'inverno segue l'estate, ed a questa di nuovo l'inverno: tutto sulla cara Terra va perpetuamente soggetto a cambiamenti. Chi oggi ride, domani può sempre aspettarsi di dover piangere ed essere afflitto!

6. Ebbene, è stabilito che così deve essere, né altrimenti sarà mai su questa Terra. Se un uomo da lungo tempo possiede qualcosa, sia pure di immensamente splendido, bello, buono e nobile, questo pure finirà con il diventargli tanto indifferente quanto indifferente gli diventa una qualsiasi altra cosa che da tempo si possiede in misura sovrabbondante. Ma una volta che si sia perduta infine questa cosa da lungo tempo posseduta, soltanto allora si conosce quello che si possedeva e si può apprezzarlo nel suo giusto valore.

7. Noi uomini siamo degli stolti e non comprendiamo ancora come e perché tutto sia e perché avvenga così, e perciò non siamo mai completamente contenti di una cosa, né del buono né, ancor meno, del cattivo! La tomba, in fin dei conti, mi appare come un vero porto della felicità: là non si cambia più niente, e chi vi riposa dentro non sente più bisogno di nulla, e così per noi, vermi della terra, malgrado le mille e mille perdite subite, resterà pur sempre la consolazione che anche noi diverremo presto degli abitanti contenti delle tombe, e chi passerà poi vicino alle nostre fosse non potrà che dire: “Qui essi riposano in pace!”.

8. Sì, certo, come vedo, sento e credo, qui c'è una luce immensa quale non è stata ancora mai vista; sennonché la notte altrettanto grande che seguirà ad una simile luce non mancherà di manifestarsi! Beati coloro che possono stare al Sole in un giorno così grande, ma tanto più guai a coloro che saranno sorpresi dalla notte che seguirà a questo giorno! Essi invocheranno la luce con grandi grida, ma con ciò desteranno invece gli spiriti della notte i quali li ridurranno a mal partito. Ecco, io ora ho parlato; ma va da sé che spetta a voi, detentori del potere, giudicarmi secondo la vostra volontà!»

9. Dice Cirenio: «Nelle tue parole io non ho riscontrato nulla che sia meritevole di venire portato davanti ad un tribunale. Che tu abbia patrocinato la tua causa, è cosa ben comprensibile; tuttavia, anche se alquanto faticosamente, tu sei giunto ora ad una migliore convinzione ed hai cessato di essere il nemico ed il persecutore di Colui che prima avresti annientato tanto volentieri. Ma io più di questo non ho mai preteso né da te, né dai tuoi compagni, e per conseguenza da parte mia siete liberi e potete ritornarvene in pace! Che se voi voleste ancora di più, non avrete che da parlare, e vi sarà accordato tutto ciò che è equo»

10. Dice il fariseo: «Che cosa dobbiamo fare adesso? A casa nostra, nel Tempio, noi abbiamo dovuto giurare nelle mani del sommo sacerdote di non concederci pace, né di fare ritorno finché non fossimo riusciti a rendere innocuo il Nazareno. Ebbene, questa cosa è ormai impossibile per varie ragioni! In primo luogo, come abbiamo potuto comprenderlo tutti noi fin troppo chiaramente, voi, potenti romani, siete diventati suoi amici, e contro di voi noi non potremmo intraprendere né intraprenderemo mai nulla. In secondo luogo, a giudicare da tutto quello che qui testimonia della sua potenza, egli stesso è talmente insuperabile in ogni cosa e in tutte le sue vie che nessuna forza terrena può opporsi a lui in qualche modo. Ed in terzo luogo, date le sue qualità impareggiabilmente alte che a memoria d'uomo non sono mai emerse in nessuno, noi stessi siamo divenuti, dal più profondo della nostra anima, suoi amici, tanto che non c'è più da parlare nemmeno alla lontana di un’ulteriore persecuzione alla sua persona.

11. Ma che cosa dovremmo fare adesso? Meglio di tutto sarebbe diventare suoi discepoli per poter contemplare, in tutto il suo splendore, il giorno del quale abbiamo qui intraveduto l'aurora e per poter incamminarci per le sue vie! Sennonché dubitiamo che questo possa venirci concesso! D'altro canto non ci è concesso ritornare a casa nostra a mani vuote; a che partito dunque dobbiamo appigliarci? Se noi vogliamo aver cura della nostra pelle e del nostro stomaco, non ci resta altro che continuare ad essere, almeno all'apparenza, dei persecutori di colui che vorremmo invece portare in palma di mano! Un buon consiglio dunque, per quanto caro possa risultare, nelle nostre condizioni ci è estremamente necessario!»

12. Dice Cirenio: «Se le vostre intenzioni sono serie, ciò di cui non ho più ragione di dubitare, la questione non sarà difficile da accomodare. Per quanto riguarda il diventare addirittura Suoi discepoli, questo evidentemente non dipende da me, ma da Lui soltanto. Ma dato che voi, da quanto ho potuto arguire dai vostri discorsi, siete sotto ogni riguardo della gente molto accorta ed esperta, sono io stesso in grado di darvi una occupazione, e ciò tanto più per quanto voi conoscete anche gli idiomi greco e romano. Io però la Sua Dottrina della vita la possiedo scritta in un libro, dal quale voi tutti potrete riconoscere qual è la Sua Volontà! Più tardi poi si troverà bene un tempo nel quale potrete fare la Sua conoscenza più da vicino, e precisamente quando vi sarà possibile presentarvi a Lui in una veste più degna della vostra attuale. La veste dei farisei Egli non l'ama affatto, perché essa porta sempre le tracce di una unzione fatta con l'olio pessimo e putrido dell'inganno. Ecco, questo è il mio consiglio sul modo in cui dovete operare. Se volete seguirlo, non avete che da dirmelo, e in questo senso vi sarà dato aiuto!»

13. Dice il capo dei farisei ai suoi compagni: «Voi, come me, avete udito tutto! Chi è d'accordo con questa proposta amichevolissima, che lo dica, perché ciascuno è perfettamente libero di fare quello che gli pare e piace! Da parte mia non trovo nulla da obiettare»

14. Rispondono allora tutti: «E nemmeno noi; tuttavia, se non fosse indiscrezione, noi desidereremmo prima fare la conoscenza personale del nobile Nazareno!»

15. Osserva Cirenio: «Per ora questa cosa non si può fare, ma quando sarete più consapevoli della Sua Dottrina, allora sarà certamente possibile. Frattanto il mio speciale addetto avrà cura di voi; fate quanto vi dirà, e alla prossima buona occasione vi condurrà a Sidone dove vi saranno date delle altre vesti e assegnati degli incarichi adeguati alle vostre conoscenze! Andate dunque e seguitelo!».

16. A queste parole venne loro subito incontro uno dei molti funzionari particolari addetti alla persona del governatore generale, e li condusse con sé, ed alla prima occasione propizia che si presentò partì con loro alla volta di Sidone.

 

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Cap. 167

L'ultima ora del Signore in casa di Marco.

 

1. Sbrigata il più rapidamente possibile anche questa faccenda, Cirenio Mi domanda se egli avesse agito del tutto conformemente alla Mia Volontà che percepiva in sé.

2. Io dico: «Sì, assolutamente! Essi non sono di gran lunga ancora maturi pervederMi e per parlarMi! Ma quando lo saranno, ti avvertirà il Mio Raffaele e anche Josoe.

3. Ma ecco che si avvicina l'ora nella quale converrà che Io parta da qui. Però non chiedete dove volgerò i Miei passi! Ciascuno ritorni alla propria normale occupazione, ed abbia buona cura della propria casa, affinché, quando ritornerò da voi, Io trovi ogni cosa in perfetto ordine! Io rimarrò ancora qui con voi soltanto per un'ora scarsa per benedirvi completamente; ma poi dovrò andarMene da molti altri figli di questo mondo, oppressi ed afflitti, allo scopo di portare anche a loro una vera consolazione ed un giusto aiuto.

4. Però non andate cercando dove sia la Mia Persona, ma vivete nello Spirito della Mia Dottrina, ed allora neanche la Mia Persona sarà lontana da voi! Chi brama qualche cosa ancora, venga e chieda!»

5. E Cirenio: «Signore, proprio a nessuno sarà concesso accompagnarTi almeno fino ad una prossima località?»

6. Io rispondo: «All'infuori dei Miei dodici, questa volta a nessuno, nemmeno a Raffaele, il quale nel frattempo, fino alla Mia ascensione, dimorerà alternativamente presso di te e presso la Mia diletta Giara! Tuttavia occorre che voi non riveliate in nessun modo la sua identità al mondo, perché ciò significherebbe per voi l'immediata perdita della sua visibile presenza. Chi di voi ha ancora qualcosa da chiedere, che si faccia avanti!»

7. Allora si presenta Marco con la moglie e i suoi figli, e dice: «O Signore, se li reputi degni, venga anche su di loro la Tua benedizione!»

8. Ed Io gli rispondo: «Non dubitare, che già da tempo la Mia benedizione è con loro e pure con te! Certo, per esaudire il tuo ardente desiderio, Io tra non molto verrò qui nuovamente da te. D'ora innanzi da te verranno però molti ospiti! Chi si bagnerà nelle tue terme guarirà da qualsiasi forma di artrite, per quanto acuta, e chi berrà dell'acqua che scaturisce gorgogliando nel tuo giardino, sarà liberato da qualsiasi specie di febbre. I lebbrosi però bisognerà che si bagnino fuori dal recinto, nel punto dove l'acqua termale fluisce nel mare e là saranno liberati dal loro male.

9. Perciò sarà molta la gente che verrà da te, e qui tutti cercheranno e troveranno la salute della loro carne. Anche se verrai aiutato dai tuoi figli tu non potrai accudire da solo ai tuoi numerosi ospiti, e per conseguenza dovrai assumere dei collaboratori. Da principio, sotto questo aspetto ti verrà in aiuto il Mio caro amico Cirenio; più tardi, però, di spiriti pronti a servirti né avrai in tutta abbondanza, perché tutti i poveri e i disoccupati sapranno dove trovarti. Chi viene da te e ti chiede lavoro, concediglielo nella misura delle sue forze; però a tutti è opportuno che venga predicato anche questo Mio Vangelo, affinché pure agli schiavi sia dischiusa la via per diventare uomini liberi.

10. Quando tra poco Io verrò nuovamente a visitarti, troverai appena il tempo di parlare con Me; tuttavia ciò non avrà grande importanza, perché l'operare secondo la Mia Parola vale di più del molto parlare e predicare.

11. Infatti, chi si limita ad ascoltare la Mia Parola, cioè questo Vangelo da Me annunciatovi, ma non vi agisce conformemente e completamente, pure compiacendosene, costui non ne trae alcun vantaggio, e rimane invece sempre ugualmente l'antico pazzo del mondo di prima e non arriva a posarsi non solo sull'albero della vita ma nemmeno su di un tenero ramoscello di questo!

12. Chi ha molto, come è il caso tuo adesso, dia anche molto, e chi ha poco, dia poco, affinché chi non ha niente abbia egli pure qualcosa!

13. Ma se ti accorgi che vi è qualche avaro fra i tuoi servitori oppure fra i tuoi ospiti, mandalo via, perché l'avaro è un cancro divoratore nel corpo di una società un po’ migliore ed appesta il cuore degli uomini con la rabbia e con l'ira! Ora dov'è l’uomo che non si senta accendere d'ira di fronte ad un avaro per amore del bene? Egli lo avrà in spregio e lo rimprovererà, però da tali sentimenti il suo cuore non trarrà alcun vantaggio! Dunque, allontana da te ogni avaro e non permettergli di ritornare, a meno che non sia riuscito a vincere completamente la sua pessima passione!».

 

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Cap. 168

Sull'avarizia e sulla parsimonia.

 

1. (Il Signore:) «Tutti i vizi, nei quali l'umanità di questa Terra sia mai potuta cadere, hanno sempre avuto la loro origine dall'avidità dei singoli; l'avarizia è la madre di quasi tutti i vizi che si possano immaginare. Infatti, anzitutto con l'avarizia si cerca di accumulare una grande sostanza, e ciò avvalendosi di qualsiasi mezzo, anche il più losco e malvagio, non escluso la truffa, il furto e la rapina. Quando poi si è raggiunta la ricchezza, allora si diventa superbi e ambiziosi, e ci si incomincia ad isolare ed a barricarsi prezzolando della gente incaricata di cacciare via chiunque, non chiamato, osi avvicinarsi alla dimora di un simile avaro divenuto così illustre. Il ricco poi si rende ben presto padrone di un intero paese, diventa un dominatore dello stesso, estorce molte volte ai propri sudditi tutto quanto essi possiedono, e verso di loro si comporta come un vero tiranno.

2. Poi l'avaro, una volta che ha immense ricchezze, si immerge in una vita di piaceri sensuali, seduce le fanciulle, si dà alla fornicazione e all'adulterio, nonché ad altre nefandezze senza numero né misura. E dato che è un primo del suo paese, egli ben presto corrompe tutto un popolo con il suo esempio perverso, perché il popolo comincia a ragionare così: “Il signore deve certo saperlo meglio di noi che cosa è bello e che cosa è brutto; se lo fa lui, allora significa che possiamo farlo anche noi!”. E alla fine in un simile paese tutti cominciano a rubare, a rapinare, a uccidere e a fornicare, e non vi è più traccia di una conoscenza di Dio!

3. Va pure in ciascun paese e regno della Terra, sfoglia le cronache locali, e troverai che i rispettivi dominatori erano originariamente per lo più gente quanto mai avara, avida e dedita di solito al commercio, gente che con i tesori ottenuti comperò paesi e popoli, e che da questi trasse profitto usando ogni specie di mezzi violenti e corrompendo i costumi e le religioni – i quali erano talvolta eccellenti – dei popoli che erano ad essa soggetti in maniera tale da non lasciar sussistere più quasi la minima traccia dell'antica purezza.

4. Fa dunque, o caro Marco, anzitutto bene attenzione che in questa casa di cura, che già in brevissimo tempo avrà molti visitatori, non si insinui l'avarizia; anzi sia qui bandita perfino una esagerata economia, dato che di solito questa è il germe della stessa avarizia!

5. Ciascuno abbia tanto quanto gli è necessario per vivere; il di più conviene che in casa tua non sia concesso a nessuno! I doni che non di rado verranno offerti privatamente dagli ospiti ai tuoi servitori, prendili tu in sicura custodia, e restituiscili assieme agli interessi solo quando essi saranno vecchi e inabili al lavoro! E qualora morissero, avvenga che i risparmi vadano ai loro figli e nipoti.

6. Tale consiglio vale naturalmente in primo luogo per te, ma poi anche per tutti i tuoi servitori; però se ti accorgi che qualcuno pecca di generosità, allora esortalo ad essere equamente parsimonioso e trattieni per qualche tempo la tua benevolenza verso di lui, e cerca di dimostrargli che sotto vari aspetti anche il generoso è egli pure un egoista, il quale con il tempo finisce per restare a carico dei propri fratelli anziché venire in aiuto, con i risparmi giustamente accumulati, ai fratelli più poveri nel momento del bisogno.

7. Chi risparmia soltanto per sé, o - in senso sia pure un po' più vasto – anche per i suoi, costui non risparmia secondo il Mio Ordine; ma colui che risparmia allo scopo di poter soccorrere anche gli altri suoi poveri fratelli nel giorno della calamità, costui sì che è degno della Mia lode, e il suo risparmio è meritevole della Mia benedizione; ed egli non soffrirà certamente mai la miseria.

8. Io con questo non intendo dire che non si debba risparmiare per i propri figlie per la propria famiglia, dato che questo è il primo dovere dei genitori. Tuttavia i poveri, estranei alla famiglia, non devono venire esclusi dal beneficio, perché Io pure lascio che il Mio Sole risplenda ugualmente per tutti, anche per coloro che non sono Miei figli!

9. Chi farà come faccio Io, sarà pure come sono Io, e un giorno sarà anche là dove Io sarò eternamente. Ma chi sarà avaro con i propri fratelli, Io pure sarò avaro e anche molto parsimonioso verso di lui.

10. Queste norme vengano dunque sempre osservate in casa tua, ed allora la Mia benedizione non verrà mai più ritirata da essa! Ed ora, se qualcuno ha ancora da chiedere qualcosa, che si faccia avanti e chieda!».

 

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Cap. 169

Una promessa per coloro che cercano aiuto.

 Il congedo del Signore dalla casa di Marco.

 

1. Allora Ebal, il padre di Giara, Mi viene vicino e dice: «Ormai non c'è davvero più niente che richieda i Tuoi chiarimenti, perché qui, durante questi sette giorni, noi abbiamo assistito a prodigi e abbiamo appreso delle verità in numero tanto straordinariamente grande che, ripartite anche su settemila anni, a ciascun anno toccherebbe un’adeguata porzione, e l'umanità potrebbe, anno per anno, trarne sufficiente argomento di meraviglia e di riflessione. Ormai noi siamo diventati immensamente ricchi dei tesori quanto mai preziosi dello spirito; tutto sta adesso dare espressione effettiva, nella nostra vita, a questi stessi tesori; altrimenti essi rimangono privi di valore per le nostre anime, ed in questa vita è appunto la salvezza delle anime che in prima linea, anzi dirò esclusivamente, deve venire presa in considerazione. Ma ora si domanda: “Noi deboli uomini avremo sufficiente potenza di volontà per arrivare a tanto? Che cosa faremo quando con il tempo verremo colti da debolezze di ogni genere, le quali non risparmiano nemmeno chi è animato dalla migliore buona volontà?”».

2. Rispondo Io: «Io sarò sempre l'aiuto, la forza e l'appoggio in ogni onesto e serio sforzo! Nel momento del bisogno Io non abbandonerò nessuno che Mi sia rimasto fedele in tutte le altre circostanze e, amandoMi, abbia camminato per le Mie vie. Ma se in seguito agli svariati allettamenti del mondo egli si sarà allontanato dalle Mie vie, allora dovrà ascrivere a se stesso se il Mio aiuto si farà attendere nel momento del bisogno, e ciò finché il caduto non si sarà rivolto nuovamente a Me, con pentimento e con piena fede!

3. Io senz'altro rimarrò sempre ed in eterno lo stesso Pastore fedele, e andrò in cerca delle pecorelle che si saranno eventualmente smarrite, però è necessario che la pecora renda manifesta la sua presenza in qualche modo, belando, e che si faccia trovare secondo la sua propria e intangibile volontà.

4. Chi nella vita si sente oppresso da un peso troppo greve per le sue forze, che venga da Me nel proprio cuore, ed Io lo ristorerò e gli infonderò vigore, poiché Io do da portare a qualcuno un peso maggiore delle sue forze, affinché egli si convinca della propria debolezza e affinché nel suo cuore venga a Me e Mi preghi di concedergli il vigore necessario a sopportare più facilmente il maggior peso assegnatogli; ed allora Io lo fortificherò in ciascuna circostanza avversa della sua vita, e gli darò una luce equa affinché egli possa percorrere le vie tenebrose della vita su questo mondo. Chi però scorge che il peso è troppo greve per lui, ma non si rivolge a Me nel proprio cuore, costui deve attribuire a se stesso la colpa se finisce con il soccombere sotto il peso troppo greve della vita terrena.

5. Eccoti, o Ebal, amico Mio, la risposta alla tua domanda! Chi ha bisogno ancora di qualcosa, che venga e chieda!»

6. Si fa allora innanzi, con i segni della più profonda venerazione, Schabbi, l'oratore di quel gruppo già noto dei venti persiani tutti ancora presenti, e dice: «Permetti, o Signore, una parola ancora pure a me»

7. Dico Io: «Parla pure, o Schabbi, Io ho detto appunto a tutti: “Chi ha bisogno, venga e chieda!”»

8. Dice Schabbi: «Che Tu, o Signore, aiuterai chiunque Ti invocherà, questo è ormai assolutamente chiarito, ma che cosa devono fare coloro che senza loro colpa non possono sapere niente di Te, o Signore, né per lungo tempo ancora saranno in grado di apprendere e di sapere qualcosa sul Tuo conto, i quali attualmente vivono immersi nelle tenebre più profonde e devono sopportare dei carichi della vita indicibilmente grevi? A chi devono rivolgersi per ottenere aiuto e vigore per poter reggere all'immane peso loro assegnato?»

9. Dico Io: «Non esiste cantuccio sulla Terra dove non giunga la luce del Sole, e così non esiste uomo che non abbia almeno una intuizione di un Essere divino ed onnipotente: che egli preghi, dunque, e chieda e speri secondo la sua fede, e allora troverà anche aiuto! Ma ora ci sono in numero fin troppo grande degli uomini i quali non hanno assolutamente alcuna fede; e per tale fatto costoro si aiutano da se stessi, ed il peso della loro vita essi se lo rendono il più lieve possibile a spese del prossimo; ora, questi tali non hanno davvero bisogno del nostro aiuto. Infatti, chi vuole proprio essere seguace di Satana, che lo sia pure, perché chi vuole una cosa, non si può mai dire che gli succeda a torto. Del resto basta che tu ripensi a quello che Io dissi riguardo agli svariatissimi rapporti della vita di tutta l'umanità su tutta la Terra e per tutti i tempi, e tu vi troverai ben chiarita ogni cosa!

10. Ma ora ecco che anche l'ultima ora della Mia presenza tra voi è trascorsa. Voi potete trattenervi qui ancora a lungo, raccolti nel Mio Nome; Io però, mosso dalla necessità, dovrò allontanarMi da qui assieme ai Miei discepoli. Tuttavia, nessuno di voi Mi chieda dove, dato che per il momento, quale semplice Figlio degli uomini[18], Io stesso non lo so; lo sa unicamente il Padre che è in Me, ed Egli dice: “Ora alzati e va; cammin facendo Io Ti rivelerò dove dovrai andare!”. La Pace e il Mio Amore siano con voi!

11. Dopo di che Io dissi a Marco: “Slega la tua grande nave! Io ed i Miei discepoli vi saliremo. E voi, Miei discepoli, alzatevi e seguiteMi! Di un timoniere noi non abbiamo bisogno; tuttavia la nave a tempo debito farà ritorno al suo porto perfettamente illesa anche senza timoniere”.

12. E quando Io con gli apostoli fui salito sulla nave, tutti scoppiarono in pianto. Io però confortai i loro cuori turbati, e poi la nave, a gran velocità, si trovò di lì a poco in alto mare e scomparve ben presto ai loro sguardi. Ma essi rimasero assieme sia quel giorno che tutta la seguente notte, e si intrattennero ragionando di Me, dei Miei insegnamenti e delle Mie opere; si ritirarono soltanto il mattino successivo e se ne andarono ciascuno al suo luogo, e Cirenio diede disposizioni per condurre alla loro nuova destinazione i molti farisei convertiti. Molti avrebbero voluto affidarsi essi pure al mare per venirMi dietro, ma Raffaele li dissuase dicendo che comunque Io sarei stato ben presto di ritorno a Kis, a Genezareth e anche là da Marco. Allora tutti si tranquillizzarono e resero lode a Dio per averli reputati degni di tante e tali grazie. Già dopo pochi giorni da Tiro e da Sidone venne una quantità di ospiti per ammirare tutti quei prodigi e per utilizzare le terme salutari, e Marco dovette subito provvedere ad assumere della servitù in numero adeguato».

 

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Cap. 170

Il cieco zelo di Pietro e la sua premura verso il Signore.

(Matt.16, 20-23)

 

1. (Continua il Signore:) «E quando ci trovammo in alto mare, Io dissi ancora una volta ai Miei discepoli: “Qualunque sia il luogo dove noi possiamo arrivare, tacete e non rivelate che Io, Gesù, sono il Cristo!”». (Matt.16, 20)

2. Pietro si avvicinò a Me e Mi domandò se Io sapessi dove la nave ci avrebbe portato; perché era lui che sedeva al timone e avrebbe voluto conoscere dove dirigere la nave.

3. Io però gli dissi: «Lascia che vada dove deve andare; il Padre già sa dove dobbiamo arrivare stavolta[19]! Attualmente noi ci troviamo ancora nel periodo destinato all'insegnamento, e la meta del nostro viaggio è la grande insenatura meridionale che sta alle spalle di Cesarea di Filippo; là noi ci concederemo un po’ di riposo, ma entro un paio d'anni noi su questa nave viaggeremo in direzione contraria, alla volta di Gerusalemme, e là si tratterà di ben altra cosa. Ora però arriveremo ad una località molto vicina alla città che ho detto, dove, malgrado la nostra permanenza di vari giorni dalla parte opposta vicino alla detta città, nessuno ha saputo niente di noi. Perfino il grande incendio scoppiato nella città non è stato in grado di scuotere la calma di coloro che dimorano in quella località. Sennonché così dovette essere, affinché voi in tale occasione possiate venire a conoscenza di una nuova specie di rivelazioni»

4. Pietro allora si avvicinò di nuovo a Me, e disse: «O Signore, di che cosa mai si potrà trattare a Gerusalemme, nel luogo della grande corruzione? Infatti, da quella gente e da quella parte non è mai venuto qualcosa di buono né di lieto per l'umanità, e mai un galantuomo ha avuto occasione di apprendere qualcosa di consolante! L’orgoglio e la persecuzione ne sono sempre i principali abitanti. Io penso quindi che sarebbe stato meglio che Tu, o Signore, avessi punito Gerusalemme come pure questa piccola città, la quale aveva certamente già da lungo tempo ben meritato la punizione. Circa otto mesi fa eravamo anche noi a Gerusalemme, e abbiamo potuto convincerci che con quegli abitanti non c'è proprio niente da fare, se si eccettua qualche singolo che però, come una rondine isolata, non può fare di certo primavera. La mia opinione dunque sarebbe che noi non dobbiamo avere eccessivi riguardi per quella superba città degli abomini, dove non è molto che è stato decapitato Giovanni, e ritengo che noi dobbiamo evitarla per sempre, perché una tale città non sarà mai degna che Tu ne calpesti il suolo con i Tuoi santi piedi! Così certo sono semplicemente io a pensare; ma dimmi ora cosa ne pensi?»

5. Da quel momento Io cominciai a dichiarare in tono più serio ai Miei discepoli che, secondo la Volontà del Padre, Io sarei andato a Gerusalemme e che vi avrei sofferto molte cose da parte degli anziani, dei principali sacerdoti e degli scribi, e che sarei stato ucciso da loro. Però il terzo giorno Io sarei risuscitato da morte (Matt.16, 21), e sarei poi rimasto in eterno trionfatore di ogni morte e di ogni nemico della vita, come avevo già menzionato quando Mi trovavo sul monte di Marco.

6. A queste Mie parole Pietro fu colto da vero spavento e, dopo averMi preso da parte, con accento quasi di rimprovero e di ammonizione Mi disse: «Signore, che questo non avvenga a te; Tu, di fronte a noi e a tutta l'umanità, sei in dovere di risparmiarTi!» (Matt.16, 22)

7. Io però Mi volsi rapidamente ed esclamai in tono serissimo: «Vattene indietro da Me, Satana! Tu Mi sei di scandalo, perché non intendi le cose di Dio, ma soltanto quelle volgarissime, umano-mondane!» (Matt.16, 23)

8. Allora Pietro temette ancora più forte, si gettò ai Miei piedi, implorò perdono, ed aggiunse piangendo: «O Signore, il giorno nel quale appunto su questo mare noi navigavamo alla volta del luogo dove ci trattenemmo ultimamente per vari giorni, Tu mi dicesti a causa della mia fede: “Simon Giuda, tu sei Pietro, una pietra sulla quale Io edificherò la Mia chiesa, e tutte le porte dell'inferno non la potranno vincere. A te Io darò le chiavi del Regno dei Cieli, e tutto ciò che avrai sciolto sulla Terra, sarà sciolto anche in Cielo! E quello che avrai legato sulla terra, sarà legato anche in cielo!”. Queste, o Signore, furono letteralmente le parole che con la Tua santissima bocca rivolgesti a me, misero peccatore; ma non per questo io mi sono mai innalzato, e anzi mi sono sempre ritenuto il più piccolo fra noi, e ora, a causa di una esortazione certo solo di natura umana ma pur sempre germinata unicamente dal mio grande amore per Te, Tu hai fatto di me niente meno che il principe dell'inferno! O Signore, mostra Grazia e Misericordia a Pietro, il povero pescatore, che per primo lasciò la sua rete e che abbandonò moglie e figli per seguire Te!».

 

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171. Capitolo

L’essenza di Satana e della materia.

(Matt.16, 24-28)

 

1. Allora Io Mi rivolsi di nuovo a Pietro, con un’espressione molto amichevole, e gli dissi: «Anche se ti ho parlato severamente per mostrarti quanto ancora vi è di umano in te, Io non ti ho affatto abbassato! Tutto ciò che nell’uomo vi è di umano dal punto di vista di questo mondo, come la sua carne e le svariate esigenze di questa per considerazioni unicamente mondane, tutto ciò giace nel giudizio, ed è quindi “inferno e Satana”, il quale costituisce un compendio di ogni giudizio, di ogni morte, di ogni tenebra e di ogni inganno, perché tutta l'apparente vita della materia non è che una vita illusoria, e tutto il suo valore si riduce ad un perfetto nulla!

2. Chiunque ricada in un certo senso nuovamente nella materia stessa, diventa allora nello stesso tempo anche un Satana, per quanto egli sembra ancora andar cercando una qualche salvezza nella materia stessa e nella sua vita illusoria.

3. Qualora però qualcuno voglia liberarsi di Satana, pur essendo ancora nella carne, allora conviene che costui prenda sulle proprie spalle la croce che Io porto già ora in spirito e Mi segua! (Matt.16, 24), poiché Io vi dico: “Chi vuol salvare la propria vita (terrena), la perderà (quella spirituale); ma chi per amore Mio perderà la sua vita (terrena), costui la troverà (quella spirituale)!” (Matt.16, 25).

4. A che cosa potrebbe giovare all'uomo anche se conquistasse il mondo intero con tutti i suoi tesori, ma con ciò perdesse la sua anima? Oppure, che cosa può dare l'uomo per redimere nuovamente la sua anima dai lacci della materia, del giudizio e della morte? (Matt.16, 26)

5. Certo, verrà un giorno nel quale Io, ora Figlio dell’uomo[20], verrò di nuovo nella Gloria del Padre con tutti gli angeli, la cui potenza già conoscete, però allora, come ora, Io non potrò che soccorrere e premiare ciascuno a seconda delle sue opere. Chi sarà trovato morto, costui rimarrà morto fino al tempo di quella grande resurrezione di tutti coloro che saranno rimasti nelle tombe del giudizio; ed anche allora il giudice di ciascuno sarà sempre il proprio amore, la propria volontà e la propria coscienza! (Matt.16, 27)

6. Ma coloro che vivono secondo la Mia Parola e fanno opere di vera abnegazione di se stessi e di intimo, libero e vero amore, costoro non vedranno, né avvertiranno mai più in eterno la morte. Io in verità vi posso dire, a Mia e a vostra grande gioia, che alcuni di coloro che sono qui presenti non gusteranno e non avvertiranno la morte e saranno testimoni di ogni cosa fino a quando il Figlio dell'uomo entrerà nel Suo Regno, nella maniera anzidetta, ed essi Lo vedranno e regneranno in eterno con Lui! Ma per pervenire a questo, ci vuole molto amore per Dio e per il prossimo. (Matt.16, 28)

7. In verità, se un padre o una madre non hanno altra cura per i propri figli se non quella che essi siano ben provvisti nei confronti di questo mondo, e non ritengono che valga di più la vita dell'anima dei figli stessi, allora essi si sono già scavati una tomba per la morte eterna sia per se stessi che per i propri figli, e questo perché qualunque cosa del mondo è di Satana, dunque del giudizio e della morte della materia!

8. La materia è destinata a venire destata a resurrezione dai lunghi giudizi grazie alla forza di uno spirito puro proveniente dall'aldilà, ma allora la materia, secondo la libera intelligenza che è insita in essa, deve trapassare nella giusta forma e nella essenzialità del suo spirito proveniente dall’aldilà, il quale è la Luce proveniente da Dio. Se ciò non si verifica da parte della materia, lo spirito fa allora ritorno dall'aldilà alla sua sorgente originaria, e la materia, che avrebbe dovuto venire vivificata per sempre, precipita nuovamente nel suo antico giudizio, nel quale dovrà rimanere finché eventualmente uno spirito dall'aldilà venga a destarla un'altra volta per una nuova prova di vita.

9. Ma considerato che le cose stanno dunque così, né possono essere altrimenti, allora sono disceso Io stesso dall'Alto a voi uomini di questa Terra, ed ora vado mostrandovi la piena verità di tutte le forme in cui si presenta la vita, e dei rispettivi buoni o cattivi rapporti. E spero che a te, o Mio Pietro, sarà ora chiaro perché io prima ti ho detto: “Vattene via da Me, Satana!”. Ma adesso volgiamo la prora verso la grande insenatura!».

 

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Cap. 172

Il Signore con i Suoi apostoli nel villaggio dei pescatori presso Cesarea.

 

1. A due ore di strada a meridione delle terme di Marco si trovava la grande insenatura di cui abbiamo già parlato, che veniva anche chiamata dai pescatori il “Mar Bianco”, e noi ci dirigemmo da quella parte. Quella insenatura costituiva la parte più bassa di tutto il lago, ed era perciò difficilmente accessibile a navi di grande portata, perché era necessario conoscere esattamente i punti più profondi per non andare in secca su qualche banco di sabbia. Ciononostante la nostra nave entrò senza inconvenienti nell’insenatura e senza incagliarsi in nessun luogo. La cosa suscitò molto stupore perfino nei dodici apostoli, dato che remi e timone erano rimasti perfettamente inattivi; la nave dunque veniva spinta da una forza invisibile e veniva governata in maniera eccellente come ammisero gli stessi apostoli, tutti molto esperti in fatto di navigazione.

2. Noi perciò pervenimmo già prima di mezzogiorno alla nostra nuova destinazione, e giunti là entrammo da un povero pescatore, il quale ci accolse tutti con grande cordialità. Il luogo non aveva un proprio nome, ed era semplicemente conosciuto come “il villaggio di pescatori presso Cesarea”. Allora uomini e donne, tutti poveri pescatori, vennero a noi e ci chiesero cosa stessimo cercando là e cosa intendessimo fare in quel villaggio miserrimo.

3. Io però li tranquillizzai e dissi: «Queste cose voi le saprete più tardi, ma prima di tutto diteMi se noi tredici potremo restarcene qui in santa pace per qualche giorno!»

4. E l’oste che ci aveva ospitati rispose: «Io non ci vedo davvero alcun ostacolo; sennonché, o amici miei cari, devo avvertirvi anticipatamente che io pure sono animato dalla migliore buona volontà, ma che non possiedo davvero i mezzi per offrirvi un sostentamento neanche nella misura più ristretta e necessaria, perché i miei affari vanno assai male soprattutto in seguito all’incendio di Cesarea! La piccola rendita giornaliera che vi facevamo con i nostri pesci è cessata del tutto, ed altre fonti di guadagno noi, miseri abitanti di questo villaggetto, non ne abbiamo. Dunque, siamo tutti, senza eccezione, ridotti alla mendicità e non abbiamo altro cibo all'infuori dei nostri pesci, e per conseguenza non possiamo offrirvi altro che pesci, così come sono, come li prepariamo e li mangiamo. Per quanto riguarda la cottura, il procedimento è da noi quanto mai semplice; il pesce viene soltanto lessato e lo si mangia così, senza sale né pane e senza nessun condimento. Infatti, per dirla proprio schietta, l'incendio di Cesarea ci ha ridotto a chiedere l’elemosina più noi che non gli stessi abitanti della città, e non abbiamo più neanche quel tanto di denaro che occorre per comperare un po' di sale! Ah, in verità ci troviamo veramente assai male; se siete disposti a soffrire la fame assieme a me ed ai miei per un paio di giorni, siete i benvenuti di tutto cuore!

5. Ma adesso ditemi un po', per favore, chi o che cosa è stato a spingervi da queste parti, nella nostra baia che è così poco accessibile alle grandi navi e quasi mai visitata da qualche forestiero! Un temporale non di certo, perché in questo angolo circondato da tutte le parti da alte montagne, neanche il temporale trova, per così dire, la via per entrarvi. Oppure siete forse dei fuggiaschi venuti a cercare asilo qui finché sia passato un certo pericolo? Ad ogni modo per me fa lo stesso, e se posso rendervi un servizio, sarà una grandissima gioia per me. Le mie domande vi appariranno certo alquanto indiscrete, ma voi, amici cari, me la dovete perdonare! Io per mia natura sono piuttosto curioso, e amo sempre sapere chi è colui al quale dare ospitalità. Che voi non siete dei poveri, me lo prova più che a sufficienza la vostra grande nave quasi nuova, che senza dubbio deve esservi costata un centinaio di denari d'argento. È chiaro che per noi è una grande rarità quando qualche straniero si smarrisce dalle nostre parti, e se ci capita una simile fortuna, bisogna arguire che un qualche motivo particolare lo abbia spinto a visitare questa regione poverissima e isolata dal resto del mondo. Vi prego dunque di dichiarare a me, che sono il capo di questo villaggio di mendicanti, quello che anzitutto desidererei sapere da voi in piena verità!»

6. Allora Io gli dico Io: «Ebbene, se la curiosità ti tormenta proprio tanto, sappi che in primo luogo noi siamo dei Galilei come lo sei tu. E non siamo affatto venuti fin qui perché inseguiti da qualcuno, ma siamo venuti spontaneamente, e il nostro scopo è anzitutto quello di visitare questa località molto interessante, e poi quello di salire su una di queste alte montagne e, se mai possibile, di portarvi qualche aiuto nello stato di grande miseria nel quale vi trovate e che è a Me molto ben noto! Se così sei contento, dimMelo!»

7. Risponde il capo: «Perfettamente contento; che voi siate dei Galilei, nessuno lo potrà contestare, anche per questo si può prestare completa fede alle vostre parole, mentre altrettanto non si può dire dei greci e dei romani, i quali quasi sempre parlano differentemente da quanto pensano, ciò che noi chiamiamo “mentire”. Riposati frattanto all'ombra di questo mio unico albero, ed io adesso me ne andrò nella mia capanna per vedere come potrò fare per mettere assieme del cibo sufficiente per il pranzo!».

 

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Cap. 173

Lo stoicismo degli abitanti del piccolo villaggio di pescatori.

 

1. Il nostro oste si avvia in fretta verso la sua capanna accompagnato da sua moglie e da alcuni figli già adulti, ma ben presto è di ritorno tutto lieto e colmo di gratitudine, ed esclama allegramente: «Chi di voi è stato a farmi di nascosto questo dono? La mia dispensa l'ho trovata così splendidamente provvista che ci metteremo un intero anno per vuotarla, anche se fossimo assieme! Oh, adesso sì che potete restare qui anche un anno se volete, e non c'è pericolo che in questo tempo noi riusciamo ad esaurire tutte quelle provviste! Ma come mai io e i miei abbiamo potuto essere così distratti da non accorgerci come e quando le mie dispense sono state colmate in questo modo? Eh sì, ora non si parla più di pesce bollito in semplice acqua non salata, perché del sale ce n'è ormai in quantità! Ed ora all’opera!»

2. E quando tutto il popolo di questo villaggetto, dato che era mezzogiorno, si ritirò nelle proprie capanne, Io chiesi ai dodici: «Che cosa pensate di questa gente?»

3. Pietro rispose: «Mah, che cosa si dovrebbe pensarne veramente? Essi sembrano essere dei perfetti galantuomini, e se sono poveri, la colpa non è loro. Il mestiere del pescatore e un terreno seminato di pietre non hanno mai reso ricco nessuno, ciò che posso sempre dimostrare, secondo verità, in base ad una mia esperienza di molti anni. E ad un simile genere di pescatori appartengono anche questi qui; e dispongono probabilmente della più misera insenatura di tutto il mare di Galilea. Le loro capanne sono di certo solide perché sono costruite sulla roccia, però su di un simile terreno non cresce neanche un filo d'erba; da che parte dunque potrebbe derivarne loro una ricchezza?

4. Per questi motivi appunto essi devono restare onesti, perché in un paese di questa specie non c'è niente da rubare, né meno ancora da rapinare, e se è vero che soltanto l'occasione fa l'uomo ladro e brigante, allora questa gente non può fare a meno di mantenersi onesta per tutta la vita, considerato che il proverbio a cui ho accennato ora non può trovare mai applicazione nel loro caso. Questa sarebbe dunque all'incirca la mia opinione sul conto di questa gente che certo non conta nel suo numero alcuno scriba, né alcun fariseo»

5. Dico Io: «Dal punto di vista di questo mondo il tuo giudizio è esattissimo; sennonché dietro la condizione terrena di un uomo si cela, come ormai sapete per averlo sentito sotto svariate forme, anche una condizione animica ed infine una condizione spirituale pura. Come pensi tu che questa gente sia costituita sotto un simile aspetto?»

6. Pietro allora si stringe un po’ nelle spalle, e risponde: «O Signore, farsi da se stessi un giudizio definitivo a questo proposito sarà cosa piuttosto difficile! Tuttavia, se consideriamo che qui se non altro abbiamo a che fare con della gente di costumi assai semplici e necessariamente onestissima, essi rappresentano almeno un terreno molto fertile per una semina spirituale. Infatti, come riesce più facile confezionare una veste adattandola ad una persona ben formata che non per chi sia storpio o gobbo, così anche queste anime semplici, naturali e pure devono trovarsi certo più a loro agio dentro una veste spirituale che non le anime estremamente storpie ed irrigidite dei farisei e degli scribi. Dunque io credo che, se in un’occasione propizia si volesse esporre a questa gente qualcosa riguardo al Regno di Dio sulla Terra, per essa tutto sarebbe presto chiaro. Ecco, questa è la mia opinione, e credo, quantunque senza sfoggio di parole ad effetto, di non aver colpito troppo lontano dal segno!»

7. Dico Io: «Tu hai giudicato benissimo; anche per questo faremo un tentativo con loro e vedremo fino a quale punto essi sono accessibili a qualcosa di superiore! Sennonché Io qui non assumerò direttamente la parte del maestro, ma questo compito sarà affidato a voi quali inviati e addirittura discepoli del Sapiente di Nazaret. Soltanto quando essi avranno prestato ascolto a voi, ed avranno accolto la parola della venuta del Regno di Dio sulla Terra, solo allora potrete indicarMi e rivelare che appunto sono Io Colui del Quale avete predicato.

8. E così, in questo villaggio piccolissimo, tra i più dimenticati fra tutti quelli di questo mondo, noi compiremo un'opera grandissima! Tuttavia non dovete ritenere già anticipatamente che il compito sia proprio molto facile, poiché, per quanto semplice sembri esteriormente questa gente, il loro interno è invece quanto mai complicato ed aggrovigliato!

9. Essi hanno qualche pretesa di essere dei saggi del mondo, e sono immersi quasi fino ai capelli nel cosiddetto stoicismo, che è uno stato d'animo fra i più difficili da combattere! Ed Io vi ho appositamente condotto qui allo scopo di darvi un’occasione per mettervi alla prova anche con gente di questo tipo, dato che in casa del vecchio Marco avete potuto approfittare moltissimo per quanto riguarda la vera sapienza interiorissima.

10. Però già fin d'ora vi dico che vi converrà chiamare a raccolta tutte le vostre forze! Infatti, a nessuno è tanto difficile prescrivere efficacemente una legge, quanto a chi non ha nemmeno il più piccolo timore delle avversità anche maggiori della vita, e addirittura anche della morte più tormentosa del corpo, e che non attribuisce alcun valore nemmeno alle soddisfazioni più grandi della vita. Ed a questa specie di eroi appartiene appunto anche la gente che vive qui, per la quale tutto non conta nulla e che ritengono una virtù soltanto quella di ridurre al minimissimo possibile ogni loro bisogno, ritenendo loro dovere vivere e fare qualcosa unicamente per la ragione che è stata la natura a chiamarli in vita, natura che per loro rappresenta il tutto nel tutto.

11. Dei tipi come questi qui, noi finora non ne abbiamo mai incontrati! Quindi è necessario concentrarsi bene! Con loro bisogna usare poche parole, ma ciascuna parola deve avere una qualche sostanza! Il loro lato migliore è che, nonostante tutto il loro stoicismo, sono estremamente curiosi, e per loro soltanto la scienza di un uomo rappresenta qualcosa. Ma ecco che ora viene verso di noi il nostro uomo con i suoi e con una cesta colma di pesci e di pane. Dunque noi pranzeremo qui all'ombra di quest'albero»

12. Il pescatore allora, assieme a sua moglie e ai suoi figli, si avvicina e fa depositare dinanzi a noi la cesta del cibo.

13. Mettendola giù dice: «Ecco, o amici miei sconosciuti, qui è il pranzo che mi avete domandato. Tavole, panche, piatti e posate noi non ne possediamo, e le nostre necessità che sono assai ridotte possono benissimo venire soddisfatte anche senza tutti questi utensili; d'altro canto i mezzi finora a nostra disposizione sono stati così esigui che non avremmo potuto mai procurarci queste cose, le quali, in fondo, sono piuttosto inutili. Noi mangiamo soltanto quando la fame si fa sentire, ed allora una cesta e le nostre mani sono più che sufficienti; il resto si intende da sé. Auguro a tutti che queste semplici vivande vi facciano buon pro».

 

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Cap. 174

La fede che opera miracoli.

 

1. Dico Io allora al pescatore: «Aziona, Io so che in casa tua hai un boccale nuovo; fallo dunque riempire d'acqua e portalo qui!»

2. A questa Mia domanda Aziona risponde tutto sbalordito: «Non è difficile che tu abbia potuto conoscere in qualche maniera il mio nome, ma come hai potuto sapere che io possiedo un boccale nuovo il quale costituisce davvero la mia massima ricchezza, questo non lo sanno nemmeno i miei vicini; come fai a saperlo tu che sei uno straniero? In verità, ciò comincia ad apparirmi addirittura favoloso! Ve lo ha forse detto di nascosto qualcuno dei miei figli? Il boccale in sé e per sé non vale niente, perché è di pietra comune come ce ne sono tanti in questo paese, ma invece quello che importa moltissimo è come tu possa sapere che in casa mia si trova, ben custodito, un boccale nuovo!»

3. Dico Io: «Anche questo non ha grande importanza, dato che una cosa simile la si può pure apprendere in qualche modo! Invece ha più importanza che tu adempia alla Mia richiesta di poter bere!»

4. Allora Aziona se ne va sollecito e ritorna con il boccale colmo d'acqua fresca. Il boccale però era uno dei più grandi nella sua specie e conteneva un buon quarto d'emero (circa 14 litri), così che ci voleva un discreto sforzo per portarlo alla bocca. Quando il boccale colmo si trovò deposto davanti a noi su di una lastra di pietra, Io benedissi l'acqua e questa si tramutò all'istante in vino.

5. Io ne bevvi e porsi poi il boccale ai discepoli, e quando essi pure ne ebbero bevuto, diedi il boccale anche ad Aziona dicendogli: «Bevi, affinché tu pure possa sincerarti della squisitezza dell'acqua che ci hai portato qui nel tuo nuovo boccale!»

6. Esclama Aziona: «Oh, sarebbe forse cattiva l'acqua, o avrebbe sapore di muffa? Eppure il boccale l'ho sciacquato tre volte, e l'acqua che sgorga dalla mia sorgente fra le rocce è ritenuta la migliore e la più pura di tutta questa località! Ad ogni modo voglio assaggiarla; forse il cattivo sapore dipende dal boccale che è nuovo!». Egli allora accosta il boccale alla bocca, ne beve alcuni sorsi abbondanti e dice poi stupefatto: «Oh, oh, che altra specie di stregoneria avete mai combinato? Questa non è acqua, ma vino eccellente, anzi un vino di cui posso dire di non averne bevuto proprio mai! Ditemi dunque, per favore: come avete fatto per ottenere un simile risultato? No, a dire il vero, cambiare l'acqua in vino è una cosa che non si è mai vista! Scommetto che non siete galilei, ma egiziani o persiani, perché fra tutti gli ebrei non c'è mai stato finora un mago capace di trasformare dell'acqua in un vino di primissima qualità! Ditemi dunque come vi è possibile fare dei prodigi di questa specie! Se me lo dite, mi impegno a servirvi come schiavo per venti anni!»

7. Dice allora Giovanni, al quale Io avevo fatto cenno di intervenire: «Amico mio, per fare questo non occorre altro che una fede saldissima ed una ferma volontà! Chi ha una simile fede, tale cioè da non ammettere assolutamente alcun dubbio, costui può anche dire ad una di quelle alte montagne: “Alzati e gettati nel mare”, e allora accadrà secondo quanto avrà creduto e come avrà detto! Ecco, questa è tutta la vera e genuina spiegazione della cosa, e questi sono anche i mezzi con i quali si possono ottenere degli effetti di questa specie! Dare un'altra spiegazione è quindi impossibile, per il motivo che un'altra spiegazione non esiste»

8. A queste parole Aziona apparve ancora più meravigliato, e dice: «O amico mio, io non conosco per niente cosa sia la fede, e perciò come potrei credere a qualcosa? Cos'è propriamente quello che voi chiamate “fede”?»

9. Risponde Giovanni: «Ammettiamo che noi ci troviamo dinanzi ad una persona quanto mai sincera la quale ci stia raccontando di questa e di quella cosa di cui prima noi non avevamo mai udito parlare. Se accettiamo per assolutamente vero quanto egli dice e non dubitiamo della verità di ciascuna sua parola, ebbene comportandoci così noi crediamo a questa tale persona sincerissima, e dato che quello che crediamo è certissimamente piena verità, noi metteremo in pratica quanto crediamo, e questa è appunto la fede fattiva e prodigiosa alla quale non è impossibile nessuna cosa che si trovi dentro la sfera della verità espressasi nella fede stessa; cosa quindi che deve essere realizzabile in qualunque momento. Ed ora sai cosa vuole dire avere fede?»

10. Risponde Aziona: «Sì, adesso questa cosa la conosco; ma come fare poi per sapere se colui che vuole farmi credere qualcosa sia proprio sul serio una persona quanto mai sincera? Il semplice credere che essa sia tale perché ha l'apparenza di esserlo, sarebbe imprudente e rivelerebbe una imperdonabile credulità che, a mio parere, rappresenterebbe qualcosa di molto peggiore che non la mancanza assoluta di fede! Come si fa dunque per riconoscere che la persona nella quale si dovrebbe e si vorrebbe credere è perfettamente degna di fede, e tale da poter essere creduta in ciascuna sua parola senza alcuna possibilità di dubbio?»

11. Dice Giovanni: «Per giudicare questo, ciascun uomo che abbia anche solo un po’ della migliore buona volontà dispone a sufficienza di ragione e di intelletto per sottoporre il proprio uomo a un doveroso esame, perché sarebbe stolto comperare qualcosa a scatola chiusa. Mi chiedi i mezzi di prova, mentre tu stesso stai impiegandoli verso di me! Per quanto riguarda te, sono anticipatamente più che convinto che non comprerai mai a scatola chiusa!»

12. Dice Aziona: «Va bene, amico mio! Tutto quello che hai detto è molto bello e vero, e l'uomo non ha proprio nulla all'infuori del suo intelletto per scrutare quanto lo circonda; ma dove sta la misura secondo la quale io potrei in anticipo giudicare se il mio stesso intelletto sia capace e sufficientemente acuto per sottoporre ad esame quanto mi circonda?»

13. Risponde Giovanni: «Sì, questo è precisamente il punto più scabroso di tutta la questione! Chi crede di avere un intelletto chiarissimo, costui per lo più esce sempre con le mani vuote; chi invece vede chiaramente che al proprio intelletto manca ancora più di una cosa, costui, mediante l'esercizio, arriverà ben presto al punto di poter giudicare con grande acutezza tutto quello che c’è e che succede intorno a lui!

14. Un intelletto che presume molto di sé è simile alla vetta di una montagna, la quale fa pompa di sé nella sua altezza vertiginosa, e quanto più si innalza nella vuota atmosfera, tanto più spesso viene avvolta dentro ad ogni tipo di nubi e di nebbie. Invece, la piccola punta di un ago con il quale si cuciono assieme le vesti è, per quanto riguarda grandezza e importanza, quasi un niente; eppure essa penetra dappertutto, e per mezzo suo si potrebbero congiungere assieme tante stuoie da poter coprire con queste per un tratto considerevole anche le vette delle più grandi montagne, mentre con le grandi e superbe punte dei monti non si potrà mai cucire una veste!

15. Questa similitudine è senz'altro alquanto esagerata, però è tale da dimostrarti in maniera completa il rapporto esistente fra un intelletto che si stima elevato e saggio sopra ogni cosa ed un intelletto umile che agli occhi dell'umanità sapientissima ed espertissima appare come qualcosa di assolutamente insignificante. Però, mentre l'intelletto elevato si erge rigido nell'aria e, nonostante le sue nitidissime vedute, viene ben presto circondato da fitte nebbie, l'umile intelletto opera invece continuamente il bene, e dopo ciascun lavoro compiuto si rende più chiaro e più acuto, e sempre più utilizzabile per il futuro. Qui da voi, a quanto pare, l'intelletto ha invece una spiccata somiglianza con le più elevate cime dei monti, le quali rare volte soltanto sono esenti da nubi, e per conseguenza dovrebbe esserti piuttosto difficile giudicare esattamente la piena sincerità di colui dal quale dovresti accettare una verità come verità piena e indiscutibile! Qual è la tua opinione in proposito?».

 

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Cap. 175

Le vedute stoiche del pescatore Aziona.

 

1. Dice Aziona: «Ebbene, la cosa dipenderebbe in primo luogo dal come e dal quanto vi fosse impegnata la mia volontà! Certo è che noi non accettiamo con tanta facilità una cosa se prima non ne abbiamo constatato degli evidentissimi effetti. Ora, nel nostro caso, di effetti visibilissimi di una causa da te indicatami qui apertamente non ne mancano affatto; la mia dispensa è colma di provviste, e qui c’è ancora del vino che prima era invece dell'acqua purissima! Queste sarebbero senza dubbio delle prove abbastanza evidenti! Sennonché adesso si tratta solamente di questo: di sapere cioè in maniera chiara se voi non siete segretamente in possesso di un qualche specifico che, aggiunto all'acqua anche in minimissima quantità, renda possibile la trasformazione in vino! È probabile che non sia stato questo il caso, tuttavia, considerando attentamente questo autentico prodigio, non ci si può liberare completamente da un simile pensiero, e finché ciò non sarà possibile, non c'è da parlare di una totale assenza di dubbi, né degli effetti della fede assoluta da te così ben delineata! E perciò io sono convinto fin d'ora con precisione del fatto che noi, abitanti di questo villaggio, anche tutti assieme non saremmo mai in grado di conferire il sapore del vino nemmeno ad una sola goccia d'acqua!

2. Noi qui ci troviamo inoltre nelle più misere condizioni possibili, e il nostro nutrimento consiste esclusivamente in latte di capra, pesce e acqua fresca, dato che non prospera altro in questo vero deserto; tuttavia siamo contenti di vivere nel nostro stato perfettamente naturale. Ma ciò non esclude che le esperienze di vario genere da noi fatte un po’ dappertutto abbiano il loro valore, perché noi abbiamo girato in lungo e in largo tutto il mondo. Eravamo dei cantori e dei maghi; ad Atene io ho imparato anche l'arte del farmacista, e so che si possono preparare certi specifici misteriosi mediante i quali, chi conosce l'arte, è in grado di produrre cose che agli occhi di molti profani devono apparire dei veri miracoli.

3. In poche parole, per quanto semplice sia qui il mio aspetto, io ho una grande quantità di svariatissime conoscenze scientifiche e di esperienze. Io conosco l'erba vitale del serpente boa, e conosco la pietra miracolosa Bezoar. Ho viaggiato per l’Asia fino in fondo all'India, conosco l'Europa; sono stato in Spagna, nel paese dei Galli e anche in Britannia, conosco i costumi e gli idiomi di questi paesi; poi sono ritornato in Grecia, là feci la conoscenza di vari sapienti della scuola del grande sapiente Diogene, e finii con il concludere esclamando: “Oh, che animale pazzo è mai l'uomo! Peregrinare faticosamente per il mondo e attraversare immensi imperi per amore di quello stupidissimo denaro! Ed ecco invece che il più grande tra i savi, Diogene, si trovava felice nella sua botte, dato che come nessun altro prima di lui aveva visto, compreso e dimostrato in maniera chiarissima la perfetta nullità del mondo e dei suoi tesori, nonché il valore nullo della fugace vita terrena!”.

4. Allora io abbandonai Atene con la mia compagnia, pressappoco dieci anni fa, e mi ritirai lontano dal mondo in questo deserto, e ci edificammo queste capanne nelle quali dimoriamo contenti. Il piccolo gregge di capre che avevamo condotto con noi ci nutrì assieme al pesce che qui si trova in abbondanza, e con quanto pescavamo oltre ai nostri bisogni abbiamo fatto finora un piccolo commercio con gli abitanti di Cesarea unicamente per poterci acquistare del sale.

5. Siccome questa città pochi giorni fa è diventata preda delle fiamme, anche questo piccolo commercio è naturalmente venuto a mancare, e noi tutti già da quattro giorni con nostra grande gioia stiamo sperimentando che alla fin fine si può vivere anche senza sale, visto che, da parte di una qualche potenza naturale invisibile, si è condannati a vivere!

6. Infatti, io, come tutti gli altri che vivono qui, consideriamo la vita come una punizione inflitta alla piccola natura rappresentata da noi, esseri viventi, per essersi separata dalla natura grande e universale. L'essere pensante e conscio di se stesso è costretto a percepire tutte le seduzioni della vita, per doversene separare infine, con tanto maggiore dolore, per effetto di una morte sicura. Per conseguenza la massima del vero sapiente, massima della quale noi tutti siamo interamente compenetrati, è questa: cominciare già per tempo a disprezzare quello che meno di ogni altra cosa ha un valore, e considerare la morte come la riconciliatrice con la grande natura, nonché come la massima felicità di ogni essere vivente! Quando l'uomo è diventato grande e abile in tale massima, allora con ciò ha anche raggiunto l'unica vera e grande felicità della vita. Egli vive poi contento, e gli resta una sola brama ardente, quella cioè della morte la quale è la più grande amica di ciascun essere vivente.

7. Noi certo cogliamo con gioia ogni occasione che ci si offre per renderci utili a chiunque con i pochi mezzi cui disponiamo, ma non possiamo fare a meno di compiangere per molte buone ragioni chiunque dedichi tutti i suoi sforzi per farsi una posizione a questo mondo. Infatti, perché tormentarsi e affannarsi per una cosa che può durare letteralmente soltanto dall'oggi al domani? Ma a chi tentasse di convincerci che la questione non è così, basta che mostriamo le tombe dove giacciono i morti, fuori dalle quali finora nessuno è risorto a nuova vita! Quello che si era un giorno, lo si ritorna ad essere: cioè terra per il nutrimento delle piante, che sono esseri più felici di noi perché “sono e non sentono di essere, e non pensano che anch’esse dovranno trapassare”. Oh, quanto santo è il “non-essere” al paragone della vita chiaramente conscia di se stessa!

8. Secondo ogni apparenza, voi pure dovreste essere una società di artisti molto bene organizzata, il cui scopo è quello di tentare di raggiungere la cosiddetta felicità terrena! Noi però, che siamo perfettamente felici, non possiamo che compiangervi se volete andare in cerca della vera beatitudine della vita su un altro campo che non sia quello sul quale soltanto la si può trovare in modo permanente. Fermatevi invece qui e costruitevi delle piccole capanne come le nostre; accontentatevi del meno possibile durante questa vita transitoria che non dice e non significa affatto niente, e soltanto poi, gradatamente, imparerete e vi convincerete di quanto sia giusto e vero quello che ora vi ho detto!

9. E tu, che ti sei assunto la parte di oratore principale, comprenderai finalmente che questa mia realissima scienza vale molto di più della tua salda fede priva di dubbi. A che cosa ti serve riuscire a trasportare addirittura delle catene di montagne con la tua fede se poi devi morire anche tu, trapassando in un nulla che non ha mai fine? Noi tutti non siamo altro se non un gioco che la grande natura va facendo fra la Terra, la Luna e il Sole! La legge che si è casualmente stabilita fra questi tre e le conseguenze di questa legge conferiscono momentaneamente una certa vitalità al suolo terrestre, ed i ciechi esseri, debolmente animati, questa cosa certo non la vedono; ma noi che siamo passati attraverso a molti raggi di Sole, abbiamo imparato a conoscerla e possiamo, con la coscienza più sicura di questo mondo, dichiarare a chiunque che cosa sia veramente la vita e che cosa da essa ci si possa attendere!».

10. Detto questo, Aziona tacque.

 

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Cap. 176

Giovanni svela la vita di Aziona.

 

1. Ma Giovanni gli disse: «La tua eloquenza mi stupisce, e non meno il tuo modo di giudicare la vita, un modo che, in parte, non è davvero da rifiutare; tuttavia, per quanto riguarda questa vita, quando dici che essa non ha alcun valore e che è semplicemente un gioco della grande natura, qui in verità cadi in un grave errore! Non hai proprio mai sentito parlare di un Dio, il Quale avrebbe creato fuori da Sé il Cielo, la Terra ed ogni altra cosa che esiste? Del resto non è difficile da constatare come regni un certo ordine in tutte le cose che esistono: ad esempio la maniera, quanto mai adeguata allo scopo, nella quale sono formate e disposte le membra di un animale, e tanto più quelle di un essere umano! Com'è perfetta la costruzione dell'occhio e dell'orecchio!

2. Per quanto poco ti collochi con il tuo pensiero su un piano più elevato, puoi davvero ammettere che tutto ciò sia l'effetto unicamente di certe leggi del tutto morte e senza vita? Oh, io ti dico che, malgrado la tua presunta grande sapienza, appunto in questo campo dimostri di essere ancora parecchio misero, ed io non ho difficoltà a comprendere perché tu hai tanto disprezzo per questa vita terrena e perché non vi attribuisci alcun valore! Tu hai pure visitato molti paesi con la tua compagnia, affrontando gravi disagi e fatiche, hai visto molto e hai fatto numerose esperienze; però non ti sei mai curato di scrutare nella parte migliore della vita!

3. Da principio ti sei sacrificato unicamente per la salute materiale della vita; sennonché, come spesso succede a questo mondo, non riuscisti nel tuo intento, poiché nel campo della magia tu non potesti mai eccellere, né a questo scopo possedevi in misura sufficiente quell'arte politica esteriore che è assolutamente indispensabile per illudere o ingannare completamente il mondo. Tu dunque, nonostante i tuoi lunghi viaggi, con l'ausilio della tua arte che, come detto, non era granché raffinata, non potesti raggiungere la felicità terrena da te tante volte sognata prima. Io però ti rivelerò in aggiunta la ragione semplicissima del tuo insuccesso, affinché tu apprenda come, con l'aiuto della fede, sia possibile scrutare anche le cose più intime e nascoste di un uomo.

4. Vedi, nel tuo cuore eri perfettamente conscio di essere, per quanto riguardava le tue arti e le tue scienze, niente più di un raffazzonatore, e che non avresti potuto azzardarti ad esibirti con le tue arti da quattro soldi in una qualche città al cospetto di gente molto colta, esperta e intelligente; eppure soltanto nelle grandi città ti sarebbe stato possibile raccogliere in abbondanza dei tesori terreni! Tu fosti dunque sempre costretto a cercare qualche popolo ben scimunito da poter abbindolare con maggiore facilità. Qualche volta lo trovasti, ma dato che un popolo stolto è sempre povero, la conseguenza fu che un guadagno per te non lo potesti mai racimolare.

5. E quando arrivasti nell'Illiria e vedesti che dappertutto gli affari si mettevano male, finisti con l’uscire fuori dai gangheri. Allora, trovandoti nel villaggio chiamato Ragizan, fosti avvicinato da un greco il quale cominciò a decantarti la città di Atene, e ti fece vedere che là avresti potuto accumulare oro a montagne. Sennonché il greco in questione non era altro che un comune proprietario di barche il quale esercitava la navigazione costiera e che perseguiva unicamente lo scopo di prenotare dei viaggiatori per i suoi battelli affinché tali battelli non ritornassero vuoti in Grecia; e per lui era del tutto indifferente se tu avessi o meno tratto vantaggio dal tuo viaggio ad Atene. A farla breve, tu pattuisti con il greco le condizioni per il viaggio fino ad Atene dove arrivasti contento, sano e salvo dopo una noiosa traversata di tre settimane. Là ti esibisti, ma in quella antica città dell'arte classica tu fosti fischiato senza misericordia già alla prima esibizione.

6. Questo fatto fece arrabbiare quanto mai te e la tua compagnia, e da quel momento in poi, viste le esperienze, cominciasti a fare sfoggio della tua sapienza con i greci, e ben presto trovasti molti ascoltatori i quali per i tuoi racconti ti compensarono a volte anche riccamente, perché nessuno più dei greci, che per i viaggi sono fanatici, ascolta con il massimo diletto il racconto di viaggi avventurosi. Ed avendo così frequentato qualche tempo i greci, ti si offrì l'occasione di fare la conoscenza di una classe di sapienti della scuola di un certo Diogene; questa gente ti piacque subito, perché nonostante la loro evidente povertà erano sempre sereni e pieni di buoni propositi. A te sembrò quasi impossibile che della gente simile, quanto mai misera, che teneva savi discorsi ed era estremamente moderata nel mangiare e nel bere, fosse tanto serena d'animo e contenta del proprio stato. Allora cominciasti a scrutare sempre più da vicino le cause di un tale fenomeno, e queste cause ti vennero anche spiegate.

7. Ma quando tu ed i tuoi compagni foste iniziati in questa dottrina dell'accontentarsi del poco per questa vita, allora voi decideste di fare ritorno nel luogo da dove eravate partiti, di stabilirvi in qualche cantuccio isolato vicino alla città di Cesarea e di fondare là una colonia povera, ma la più possibile felice. E nella stessa condizione in cui voi arrivaste qui circa dieci anni fa e vi stabiliste la vostra dimora, così siete rimasti fino ad oggi.

8. Siete nati ebrei, ma avete abbandonato la religione dei vostri padri, religione che voi certamente non avete mai considerato seriamente, perché l'operare dei farisei vi è stato di scandalo, ed avete invece accolto la religione dei pagani per il motivo che la reputaste più saggia. Ma facendo così avete finito col diventare completamente atei, e sul trono di Dio avete collocato invece la potenza della grande natura. E così ritenete ora di aver trovato la pietra filosofale! Sennonché io ti dico e posso assicurarti, con la migliore coscienza di questo mondo, che in questo modo invece non avete fatto altro che tenervi sempre più lontani dalla stessa.

9. E adesso, se sei veramente un saggio, racconta tu a me quello che io ho fatto dal tempo della mia gioventù, quello che ho imparato, quello che io fui e quello che veramente sono al momento in cui parliamo! Ebbene, ora tu hai visto che, in poche ma chiare parole, io ti ho esposto in maniera esattissima tutte le tue vicende fin quasi dalla nascita e, se il tempo lo avesse permesso, avrei potuto fare per filo e per segno la narrazione di tutta la tua vita! Ma ora giudica tu stesso chi fra di noi due è il più saggio: se io con la mia incrollabile fede, oppure tu con la tua assoluta mancanza di fede!».

 

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Cap. 177

La vera fede vivente.

 

1. Allora Aziona, con un’espressione sbalordita, guardò in faccia Giovanni che con tutta pacatezza gli aveva posto tale domanda, e disse: «Ascolta un po’, o stimatissimo amico mio! Quello che ho sentito ora dalla tua bocca vale più di una intera dispensa colma di provviste, e moltissimo di più dell'acqua pura convertita in vino! Infatti, quello che tu hai detto è letteralmente vero dalla A alla Z. Tu non mi hai mai visto prima d'ora, né hai mai avuto occasione di parlare con me, eppure conosci le vicende della mia vita e di quella di tutti i miei compagni con tanta precisione come se tu pure avessi partecipato ai nostri viaggi e alle nostre avventure. Questo è in verità molto e mi da assai da pensare; che il tuo collega, il quale per primo prese la parola, conoscesse il mio nome, non mi aveva affatto colpito, perché in fondo il mio nome lo conosce tutta Cesarea, e da qualche parte avrete potuto apprenderlo anche voi. Ma le vicende e le esperienze della mia vita non sono mai state rese note a qualcuno da parte di nessuno di noi, e quindi nessuno può avertele raccontate, e tuttavia tu sei a conoscenza di ogni minima cosa, addirittura anche di quanto passava in quel tempo per la mia mente, delle decisioni prese e delle intenzioni che io covavo talvolta nel mio intimo e delle quali non feci mai cenno neanche ai miei compagni! Questa, o amico mio, è una cosa che per vie naturali non è assolutamente possibile spiegarla!

2. Si dice che un giorno in Egitto vi siano stati dei sapienti, i quali esaminandole linee della mano e della fronte potevano leggere nel passato di una persona e predirle l'avvenire; e pare che nei templi, in altre epoche, ci fossero certuni che cadevano in un sonno estatico, e che in tale stato potevano rivelare cose che erano state o che avrebbero dovuto verificarsi. Ma tali manifestazioni di oracoli venivano presentate con una tale complessità di quadri simbolici che si rendeva poi necessario l'intervento di altri sapienti ai quali spettava il compito di spiegare ai profani, in maniera quanto mai arguta ed astuta, queste enunciazioni perfettamente incomprensibili degli oracoli. E dopo queste spiegazioni, tenute spesso in tono molto enfatico e che venivano a costare ben care, l'interrogato finiva o con il conoscere quello che non aveva mai domandato di sapere, o con il sapere quello che egli già sapeva da molto tempo. Ma ora invece con te è successo senza sonni estatici, senza consultazioni delle linee delle mani e senza nessun mistico blaterare! Davvero, questo è un genere di profezia che mi va a genio! Sennonché appunto adesso la questione comincia a vacillare e viene da chiedersi: “Come mai dunque è possibile una cosa simile? Se non si ammette l'intervento di una forza divina che tutto vede ed è presente a tutto, la cosa non è affatto spiegabile!”. Ma si può davvero arrivare a simili risultati grazie alla sola e ferma fede?»

3. Risponde Giovanni: «Senza dubbio, o amico mio! Certo però moltissimo dipende da che cosa si crede! Qualcuno, ad esempio, potrebbe venire fuori con una menzogna; se tu vi prestassi fede, e anche se questa fede fosse incrollabile, il risultato sarebbe nullo, per la semplice ragione che non si può costruire una casa dove non esiste un solido fondamento»

4. Dice Aziona: «Tutto questo va bene; ma dove trovare poi la pietra di paragone mediante la quale poter arrivare alla convinzione perfetta che sia piena verità quello che qualcuno ci espone perché noi dobbiamo credervi?»

5. Dice Giovanni: «Riguardo a questo argomento noi abbiamo veramente già ragionato una volta; tuttavia, allo scopo di fornirti un indizio ancora più preciso, io ti dico che Dio, il Signore del Cielo e di questa Terra, ha posto nel cuore di ciascun uomo che va seriamente in cerca della verità un sentimento che riconosce e comprende la verità molto prima anche dell'intelletto più colto.

6. Ebbene, è proprio in questo sentimento che dimora anche l'amore per la verità, che percepisce la verità come tale, che la compenetra del proprio calore e la rende così vivente. Ma quando la fede si rende vivente quale verità compenetrata dall'amore, allora essa comincia anche a dar segni di vita e a muoversi, e infine agisce essa stessa. Ed è in questo operare, fondato su una fiducia assoluta, che trova la sua ragione la perfetta riuscita di quello che si crede senza possibilità di dubbio, ma che si crede non con il cervello, ma con il cuore.

7. Nel cervello, infatti, l'anima non possiede che i suoi occhi, gli orecchi, l’olfatto e il gusto, ma da questi sensi non deriva mai una vita, dato che essi stessi non sono che gli effetti della vita stessa.

8. Se dunque una fede vuole farsi operante, conviene che essa si faccia una cosa sola con la vita stessa, e non che resti isolata a sé come gli occhi, gli orecchi, il naso e il palato, quale un semplice effetto della vita e senza una unione più intima di quella costituita dal semplice e necessario uso esteriore. Ma una volta che la fede sia diventata nella verità una cosa sola con la tua vita, a questo punto essa ha già eliminato ogni dubbio da sé, ed allora basta che essa voglia, e tutto accadrà secondo quanto una simile fede vivente avrà voluto».

 

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Cap. 178

La via per la vera fede.

 

1. (Continua Giovanni:) «La fede vera e genuina, in un essere umano che comincia a credere, è simile ad un mosto che viene versato negli otri. Se è un vero mosto d'uva, esso inizia ben presto a fermentare. Mediante tale fermentazione il mosto elimina da sé tutto quello che non è completamente vino; quando poi ha allontanato da sé quello che non gli era affine, esso allora diventa un vino puro e ricco di sostanza, il quale, quando lo si degusta, vivifica tutto per la ragione che in certo modo rappresenta la vita in esso stesso. Ma se tu invece versi un altro liquido negli otri, questo non andrà in fermentazione, oppure tutt'al più avrà inizio una fermentazione putrida e fetente che intaccherà e rovinerà pure gli otri.

2. Ma anche il cuore umano è come uno di questi otri, perché grazie alla verità esso diventa sempre più vivente e ricco di sostanza, mentre anch’esso, pur essendo fatto per essere un portatore della vita, finisce - sotto l'influsso della menzogna e dell'inganno - con il diventare completamente preda della morte.

3. Se nel tuo cuore credi in un Dio, Lo amerai, dato che nel cuore tutto viene compenetrato dall'amore. Ma se tu ami Dio, allora anche la Forza suprema di Dio penetra nel tuo cuore e quindi nella tua vita.

4. La Forza di Dio non è in nessun modo limitata, ma essa domina tutta l'infinità eterna. Se dunque, trovandoti congiunto alla Forza divina in te, vieni in qualche modo stimolato nel fondamento della tua vita, anche la Forza divina in te ne sarà mossa, e se questa in te vorrà, allora immancabilmente accadrà pure come tale stessa Forza avrà voluto.

5. Io, esteriormente, sono un uomo come te, ma nel mio cuore io non sono più solo in me stesso, ovvero isolato, ma - per effetto del mio amore per Dio - nel mio cuore dimora appunto la Sua Forza ed essa si è unificata con il mio amore. Ed è per questo motivo che io, grazie alla Forza di Dio, ho potuto vedere e percepire quello che riguardava te e i tuoi compagni in rapporto ai vostri viaggi e alle vostre avventure. Ed è soltanto qui che sta tutto il nocciolo della questione!

6. Bisogna anzitutto che tu riconosca Dio, e tu possiedi un’intelligenza disposta a tale scopo. Però la cosa non deve arrestarsi al solo intelletto, ma occorre che tu accolga quanto prima nel tuo cuore, ovvero nella tua vita, ciò che tu comprendi, e così doni vita a quanto comprendi, e vedrai che poi ti troverai già sulla retta via! Hai bene afferrato il senso delle mie parole?»

7. Risponde Aziona: «Compreso ti ho di certo; ma che cosa si può fare quando il cuore è già ricolmo di ogni specie di immondizia, di menzogna e di inganno? Come eliminare tutte queste brutture?»

8. Dice Giovanni: «Accogli intanto la verità ed essa non mancherà di produrrei suoi effetti anche senza il tuo contributo diretto! Se tu consideri la tenebra mentre è mezzanotte, è possibile che tu ti chieda con ansia come potrà accadere che essa svanisca per cedere il posto al nuovo giorno. Chi la spazzerà via? Io però ti dico: “Non ti curare di ciò e lascia che all'orizzonte si levi il Sole del giorno, e sarà quest’ultimo a vedersela con la tenebra, per quanto fitta essa sia! Ma come Dio opera nella grande natura dei mondi, così Egli opera anche nel cuore degli uomini grazie al Sole vitale della Sua Grazia. Comprendi tu queste cose?”

9. Risponde Aziona: «Sì, ora le comprendo; ma adesso lascia che io vada in cerca di alcuni miei vicini e che racconti loro ampiamente quello che ho appreso qui!».

10. Dopo di che il nostro Aziona si congedò e si affrettò dai suoi vicini, che radunò presto ad alta voce, e raccontò loro minuziosamente tutto quello che egli aveva appreso, visto e udito di recente.

 

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Cap. 179

Il sogno di Hiram.

 

1. I vicini rimasero estremamente meravigliati da questo racconto, ed uno fra di loro esclamò: «È strano; io di solito non attribuisco alcun significato ai sogni, eppure quello che ho avuto stanotte mi sembra che trovi la sua conferma in questi curiosissimi avvenimenti!»

2. Domanda allora Aziona con l'impeto che gli è proprio: «Ebbene, racconta, racconta presto il tuo sogno, ma vedi di non trascurare nessun particolare, perché ogni minima cosa può avere la massima importanza!»

3. Risponde il vicino: «Un po' di pazienza ancora, o Aziona, amico mio, perché un sogno bisogna prima ricostruirlo un po’ ordinatamente, frugando bene in tutti gli angoli vitali del proprio animo, dato che di fronte a te non è concesso esporre una narrazione malamente raffazzonata. Ma ormai la mia memoria lo ha già discretamente ricostruito e perciò ascoltami con pazienza.

4. Io mi trovavo sulla riva di questa nostra insenatura pressoché inaccessibile alle navi piuttosto grandi, quand'ecco che dalla parte di Levante vidi salire uno splendore tale da superare quello del Sole di mezzogiorno. I miei occhi cominciarono allora a scrutare di qua e di là, in alto e in basso, però essi non poterono scoprire nulla di simile al sole da cui avesse potuto emanare un simile splendore!

5. Stavo osservando quell'immenso splendore con sempre maggiore diletto, quando improvvisamente scorsi una grande nave la quale volgeva la prora appunto verso l’insenatura. Quella nave però era tanto splendente che ben presto dovetti convincermi del fatto che la luce da me osservata prima non era potuta provenire che dalla nave stessa. Io subito dopo mi accorsi anche che su quella nave splendente c'erano degli uomini, tra i quali uno irradiava una luce più intensa di quella del Sole di mezzogiorno, ma, ad eccezione di uno, anche gli altri risplendevano di luce intensa, però ciò accadeva come se si fosse trattato della luce di quell'uomo riflessa da loro, nella stessa maniera di come risplendono le bianche nuvolette illuminate dal Sole. La nave veniva avvicinandosi rapidamente al nostro villaggio; la luce che si faceva sempre più intensa cominciò ad incutermi un grande timore e per questo io cercai in tutta fretta di nascondermi nella mia capanna. Ma in quello stesso momento mi destai e soltanto allora mi accorsi che si era trattato di un semplice sogno.

6. Però, quantunque io, come voi tutti, non attribuisca alcuna importanza ai sogni, devo confessare che questo strano sogno luminoso tiene ancora occupata la mia mente, e spesso mi trovo costretto a dire a me stesso: “No, in verità, questo non può essere uno dei soliti vuoti sogni, e sicuramente, in qualche modo corrispondente, esso diverrà realtà!”. Ed ecco che ora esso si trova già realizzato davanti a noi!

7. Ma adesso andiamo là senza indugio, perché io ardo dal desiderio di esaminare la nave per vedere se essa non abbia nella forma almeno qualche somiglianza con quella che ho visto in sogno! Anche le persone che erano a bordo le ho potute distinguere abbastanza bene quando la nave si avvicinò, in modo che sono riuscito benissimo a fissarne le fisionomie nella memoria! Sarebbe davvero una cosa quanto mai meravigliosa se la nave e le persone che vi erano dentro, viste nel mio sogno, avessero qualche somiglianza con la nave di cui ora parli e anche con i tuoi ospiti prodigiosi. Andiamo dunque immediatamente per non rischiare che essi partano senza che io li abbia visti!»

8. Allora tutta la compagnia si mosse e si affrettò verso di noi.

9. Quando ci furono dinanzi, colui che aveva sognato esclamò ad alta voce: «Sì, certo, o Aziona, fratello mio! Questa è precisamente la stessa nave, e queste sono anche appunto le stesse persone, soltanto che lo splendore tanto dell'una quanto delle altre non c'è più!»

10. In quel momento Io lo chiamai per nome e gli dissi: «Hiram! Cosa ne pensi del tuo sogno e cosa ne pensi tu, o Aziona?»

11. E Hiram rispose: «Ma, o meravigliosi e cari amici miei! Sotto questo aspetto io non so dire altro che, almeno per quanto riguarda la forma, il mio sogno si è pienamente avverato; solo la luce adesso non è più visibile, ma forse noi tutti la vedremo di nuovo quando questa magnifica giornata di Sole si sarà avvolta nel mantello stellato della notte!»

12. Dice Aziona: «Per conto mio non credo che ci sia bisogno di uno splendore esteriore, perché questi cari amici dispongono in misura quanto mai abbondante di una luce interiore di sapienza di vita che è davvero incomprensibile! Ed io sarei quasi dell'opinione che tu, Hiram, amico mio, nel tuo sogno veramente particolare non abbia visto altro che la loro luminosità spirituale! Ad ogni modo una precisa spiegazione potranno dartela soltanto essi stessi, questi cari ospiti ed amici ancora sconosciuti!».

 

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Cap. 180

La visione dell’anima in sogno.

 

1. Riprende poi la parola Giovanni e dice «Ma lo vedi, o Aziona, amico mio, come in te comincia a farsi luce dal punto di vista spirituale? Perché al tuo vicino ed amico Hiram hai dato una spiegazione assolutamente giusta riguardo allo splendore da lui visto durante il suo sogno. Le cose stanno appunto così: nel sogno è soltanto l'anima che vede spiritualmente con i suoi occhi spirituali, e per conseguenza non può vedere niente altro all'infuori dello spirituale! Perciò anche tu, o Hiram, hai potuto vederci prima che arrivassimo, bene inteso, soltanto spiritualmente»

2. Dice Aziona: «Hiram però non ha visto unicamente la luce, ma anche la materia secondo la forma che ha realmente qui! Con che occhi l’ha vista?»

3. Risponde Giovanni: «Quando noi arrivammo qui circa tre ore fa, eri presente tu e vari tuoi vicini; soltanto Hiram non c'era. Venuto mezzogiorno, tutti si affrettarono verso le loro capanne per consumare il moderato pranzo che li attendeva, mentre tu solo rimanesti qui per ospitarci. Se Hiram si fosse trovato fra quelli che ci accolsero qui assieme a te, tu già prima avresti potuto persuaderti di come con gli occhi spirituali dell'anima si possa talvolta vedere e percepire anche le forme materiali. Però nelle condizioni presenti occorre che questa cosa ti venga dimostrata un po' alla volta, poiché in questi casi trova applicazione l'antico proverbio secondo il quale per abbattere un albero non è sufficiente un colpo solo»

4. Domanda Aziona: «Ma, mio caro e sapientissimo amico, perché avrei potuto persuadermi di questo prima, se quando arrivaste fosse stato presente anche Hiram?»

5. Risponde Giovanni: «Eh, mio caro, anche questo ha le sue eccellenti ragioni! Hiram in tal caso ci avrebbe immediatamente riconosciuti per quelli che egli aveva visto nel suo sogno luminoso, ed allora la nostra conversazione avrebbe certamente preso anche un'altra piega, e noi avremmo discusso di questo argomento parecchio prima. Invece siamo giunti a parlarne solo ora, e per conseguenza è del tutto naturale che tu possa chiarire un tale mistero soltanto più tardi!»

6. Dice Aziona: «Sì, la cosa è perfettamente naturale, perché a questo mondo succede sempre così: quanto più tardi si comincia un lavoro, tanto più tardi se ne viene a capo»

7. Dice Giovanni: «Però qui c'è ancora un'altra ragione che tu non puoi scorgere così presto; tuttavia con il tempo anche questa ti risulterà assai chiara, bisogna anzitutto che tu cerchi di avere un po' più di pazienza! Infatti, soltanto con la pazienza si arriva infine a trionfare su tutto il mondo in noi e fuori di noi»

8. Dice Aziona: «La pazienza? Davvero questo non è veramente il mio lato forte, perché mi ha fatto sempre enormemente difetto; ma se proprio deve essere così, potrò anche io armarmi di pazienza»

9. Dice Giovanni: «Tu hai veramente voluto dire che la pazienza non è il lato forte del tuo animo, ma che invece è sul serio un lato molto debole visto che la tua pazienza si esaurisce velocemente e con facilità. Non è così, o Aziona, amico mio?»

10. Risponde Aziona: «Un linguaggio perfetto non è proprio quello che dovete venire a cercare da noi, perché noi parliamo così, secondo l’antica usanza, la quale, per quanto riguarda il senso, è quasi dappertutto un'altra. Ma dato che adesso hai fatto appunto menzione di corde forti e deboli, sarei quasi portato a credere che voi, fra l’altro, siate anche dei musici e dei cantori»

11. Dice Giovanni sorridendo: «Sì, infatti, è possibile che tu non abbia proprio torto, perché la musica ed il canto hanno avuto sempre già dagli antichi tempi un'importanza maggiore presso gli ebrei che non presso qualsiasi altro popolo della Terra, quantunque noi non siamo né musici né cantori nel vero senso della parola, come attualmente non è raro trovarne in Galilea. Del resto, con l'espressione lato debole e forte, non intendevo accennare alla corda di uno strumento musicale, ma unicamente al lato morale dell'animo umano; nonostante ciò siamo anche dei musici e cantori, però in un senso profondamente spirituale! Comprendi questo?».

N.B. Qui deve essere notato, per facilitare la comprensione dei tedeschi[21], che nel linguaggio ebraico antico la corda di uno strumento musicale e il lato di un uomo erano ancora più somiglianti che nel tedesco attuale[22]. Infatti “corda” si diceva STRANA, o anche STRAUNA, e “lato” si diceva ugualmente STRANA o anche, più brevemente, STRAN oppure STRANU, e così si può dedurre facilmente perché Aziona cominciò a ritenerci musicisti e cantori.

 

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Cap. 181

La visione stoico-naturale del mondo di Hiram.

 

1. Dice allora Aziona: «A dire il vero no, non lo comprendo affatto! Come devo intendere questa cosa?»

2. Dice Giovanni: «Dato che sei anche tu un ebreo, avrai pur udito parlare qualche volta dei salmi di Davide, del cantico dei cantici di Salomone e delle lamentazioni del profeta Geremia?»

3. Dice Aziona: «Oh, sì, ne ho certo udito parlare, benché ne abbia ascoltato ben poco e compreso molto meno ancora»

4. Dice Giovanni: «Vedi, questa è appunto musica e canto spirituali, perché si tratta di musica che ai cantori che ho menzionato era stata ispirata dallo Spirito di Dio! E adesso comprendi meglio la cosa?»

5. Dice Aziona: «Ebbene, devo dire che comincio a intravedere un po' di luce; però ne devo fare ancora di strada per potermi vantare di avere una visione chiara della cosa! E tu, o Hiram, cosa ne comprendi tu?»

6. Risponde Hiram: «Proprio quanto ne comprendi tu! Io sento spirare qui una indefinibile brezza spirituale; ma se a questi cari e prodigiosi amici venisse in mente di ammannirci adesso, mettiamo ad esempio, il cantico dei cantici di Salomone, io quatto quatto prenderei il largo. Infatti, con quel cantico, chiunque sia a cantarlo può soltanto ridurmi a dover fare la conoscenza dei camosci su per le vette dei monti; si tratta infatti, secondo l'espressione - ben nota anche a te - dei farmacisti, di una quintessenza della stupidità umana, a prescindere dal fatto che, del resto, sembra che Salomone sia stato uno fra i più saggi re di Israele.

7. Contro i salmi di Davide e le lamentazioni di Geremia non voglio proprio muovere critiche, perché in essi dovrebbero esserci molte cose nobili e buone e delle profezie di varia specie tenute in un linguaggio discretamente oscuro riguardo ad un Messia degli ebrei che dovrebbe venire un giorno, un po’ come succede nell’Iliade dei greci[23]. Sennonché questa non è che poesia, certo bella e buona, ma dietro la quale non c'è nemmeno il mio bel sogno luminoso di oggi che si è avverato qui. La misera umanità, destinata a morire, cerca pure di consolarsi come meglio può facendo ricorso a tutte le illusioni possibili; ma dov'è la realtà, la quale non si fa mai avanti? Essa resta eternamente a metà strada e ciascuno, nonostante le sue più belle speranze, finisce con il trovare l'adempimento di ogni promessa proprio là, sotto la nuda e gelida terra; questa è e rimane sempre l'uguale eterna verità, mentre tutto il resto ritorna nella vecchia polvere, inutile e nulla!

8. È vero che Aziona mi ha raccontato poco fa varie cose ed anche notevoli sul vostro conto, dietro le quali non nego che può celarsi qualche misteriosa verità di cui non abbiamo ancora conoscenza, sennonché dai tempi di Mosè, di Socrate e di Platone, questo nostro caro mondo ha portato già più di un uomo sapientissimo che si sarebbe potuto considerare come un dio. Essi certo esisterono, e tutte le forze della natura obbedivano ai loro cenni! Ma ecco che, nonostante tutto ciò, anch’essi invecchiarono, divennero deboli e pieni di acciacchi, e alla fine dei loro giorni ciascuno poté persuadersi che essi pure non erano che degli uomini mortali e di passaggio, ed essi pure si sono inabissati nell'identico nulla come succede a delle nullità come noi, a cui non è mai venuto in mente di voler essere qualcosa a questo mondo. Perciò tutto è vano su questo campo della morte che noi chiamiamo mondo!

9. E oltre a ciò è pure ancora abbastanza diffusa la credenza in un regno delle anime che dovrebbe trovarsi in qualche luogo nell'aldilà. Ora io mi domando: “Dov'è questo regno, chi ha mai visto un'anima e chi poi ha visto il luogo di dimora dell'anima stessa?”. Sotto questo aspetto le belle invenzioni e le leggende più svariate non mancano davvero in nessun luogo; ora noi qui siamo in molti, cioè molti per questo cantuccio del tutto appartato dal mondo, ma fra di noi non c'è nessuno che possa dire con sicurezza di aver mai visto un'anima o di averne almeno percepito l'esistenza in un modo qualunque e in maniera convincente! Quello però che non si dà a riconoscere a chiunque che, per essere una creatura umana, avrebbe pure il diritto di conoscerlo mentre vive, lo si dà per lo più unicamente agli appartenenti alle caste sacerdotali e ad altri individui che somigliano assai a questi. Ebbene, a dire il vero, per un uomo almeno un po’ spregiudicato e intelligente non deve essere proprio molto difficile indovinare come e a vantaggio di chi siano sorte simili leggende, nonché tutte le altre manifestazioni poetiche o addirittura dottrine del genere! Davvero beato è colui per il quale queste chiacchiere, ben infiorate ma campate in aria, possono essere fonte di consolazione e di pace! Noi, amici miei cari, abbiamo chiaramente riconosciuto e compreso qualcosa di meglio, vale a dire l'antichissima verità, sempre uguale in tutta la sua profondità, e la nostra massima consolazione e la nostra massima tranquillità noi l'abbiamo nella certezza di dover quanto prima ritornare nel primordiale ed eterno nulla, perché nel non-essere sta evidentemente la pace più grande e più beata.

10. Se ora noi siamo, se viviamo, pensiamo e percepiamo, questo non è altro che un incomprensibile capriccio della natura. I venti scherzano con le onde del mare, e queste si agitano, rumoreggiano ed infuriano come se volessero subissare il mondo; ma ecco che poi i venti si calmano, e tutta la furia delle onde si riduce ben presto a niente. Così anche le nubi si levano e si ammassano gravide di tempesta; si dovrebbe credere che si prepari la fine del mondo, ma non appena l'uragano si è sfogato, anche l'antica quiete fa ritorno. E così vanno avvicendandosi gli scherzi della natura: tutto passa e tutto ritorna; solamente la grande natura resta sempre la stessa. Il Sole, la Luna, le stelle e questa Terra sono sempre uguali a se stessi, e così pure avviene per i fenomeni nonché per i capricci della natura.

11. Vedete, miei cari e stimatissimi amici, voi potete fare quello che volete oche sapete, e potete anche parlare, scrivere o predicare secondo qualsivoglia sapienza, ma tutto è inutile! Soltanto quello che io vi ho dichiarato, certo nella mia semplice povertà assolutamente disinteressata, quello soltanto è e resta vero, perché è l'esperienza di ogni giorno che istruisce l'uomo, e l'esperienza, che è la maestra più antica di tutte le creature, non conosce assolutamente eccezioni, dato che essa è propria a tutte le creature come a me sono propri questi due occhi con i quali io vedo, finché resto in vita. Tutti i sapienti e tutti i profeti hanno attinto la loro sapienza e le loro conoscenze da quello che sapevano e conoscevano i loro predecessori, ed hanno voluto così sfidare l'esperienza antica; sennonché tutto è perfettamente fatica sprecata! Anche loro sono scomparsi già da lungo tempo, e di loro non sono rimaste che le dottrine ispirate a inutile sapienza e il ricordo di qualche loro prodezza; soltanto degli spiriti deboli e fortemente attaccati a questa inutilissima vita possono trovare ancora qualche compiacimento e qualche volta addirittura una vuota consolazione in queste idee confuse del loro cervello.

12. Questo è il mio modo sincero di considerare la vita. Se siete più ottimisti dime, fateci conoscere il vostro pensiero e non mi rincrescerà davvero se sarete in grado di esporci qualcosa di ancora più vero! Ma io già prima che mi rispondiate so che non potete oppormi nulla di più reale e di più vero, per la ragione che qualcosa di simile non c'è, né ci può essere»

13. Allora Pietro, rivolto a Me, disse sottovoce: «O Signore, davvero, costui con la sua lingua sa parlare molto chiaro! In verità, se io vicino a Te non avessi fatto già tante esperienze del genere più straordinario, costui adesso sarebbe il primo in grado di affievolire il mio sentimento e la mia fede!»

14. Dico Io: «Oh, conviene che tu aspetti un po’! Infatti, ce ne vuole molto perché questo che hai udito si possa considerare il nocciolo della questione; anzi, vedrai che la questione si farà più densa e aspra di quanto non sia già adesso! Ma perciò Io già prima vi ho fatto notare il fatto che avreste dovuto chiamare a raccolta tutte le vostre forze per indurre questa gente ad un'altra convinzione, ma quello che più importa è di restituirla all'amore per la vita! Ed ora, Giovanni, continua pure tu a parlare: avanti!»

15. E Giovanni, un po' titubante, Mi disse a bassa voce: «O Signore, è però necessario che Tu mi assista continuamente con il Tuo suggerimento, perché prima hai lasciato che io parlassi per qualche istante da solo, ma in simili condizioni chissà dove sarei andato a finire! Io tuttavia non ho detto nulla di sconveniente, ma ad ogni modo avevo la sensazione di non trovarmi sempre sulla giusta via!»

16. Dissi Io: «Mio caro Giovanni, sta pur tranquillo! Quello che hai detto era in perfetto ordine, perché bisognava che tutto avvenisse così. Fatti dunque coraggio e continua pure; vedrai che finiremo con il celebrare qui una delle più belle vittorie!».

17. Queste parole infusero coraggio a Giovanni, ed egli immediatamente riprese a parlare con maggior scioltezza e lucidità di prima.

 

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Cap. 182

Il potere di rappresentazione dell'anima umana in sogno.

 

1. Ed ecco quello che Giovanni obiettò allo stoico: «Hiram, amico mio! Questa notte tu hai fatto un sogno luminoso, come lo chiami tu, ed hai affermato di averci visto tutti assieme sulla nave mentre noi entravamo in questa baia; oltre a questo la tua confessione di poco fa, secondo cui noi eravamo quegli stessi che avevi visto nel tuo vivido sogno, tu l'hai fatta spontaneamente! Ma adesso spiegami, secondo la tua sapienza la quale nella sua specie non è affatto da disprezzarsi, come ciò sia stato possibile! Infatti, se noi non avessimo che i nostri corpi e non delle anime, che infine, nonostante tutto ciò, possono continuare a vivere pure non avendo un corpo, come sarebbe stato possibile a noi, quali anime, mostrarci alla tua anima vegliante e attiva nel tuo corpo immerso nel sonno, mentre questi nostri corpi in quel tempo si trovavano senza dubbio ancora laggiù, nelle vicinanze settentrionali di Cesarea?»

2. Risponde Hiram: «Questo va bene! Ma se erano proprio sul serio le vostre anime le quali, libere dal corpo, si sono trovate a gironzolare in anticipo per questa baia, sarebbe pure interessante sapere se la vostra nave ha forse essa pure un'anima! Ecco, o amico mio, noi finiamo sempre con il ritornare alla vecchia questione un po’ controversa, della quale il mio amico Aziona già prima aveva voluto una spiegazione, spiegazione che tu rinviasti ammonendolo ad avere pazienza; ma adesso sono davvero assai curioso di sentire cosa potrai rispondere a questa domanda che a me sembra molto scabrosa!»

3. Giovanni allora prende il boccale, e dice: «Io vedo che tu, amico, hai sete! Prendi dunque, e intanto bevi, soltanto dopo riprenderemo la discussione!»

4. Dice Hiram: «Si tratta forse di qualche bevanda magica indiana che provoca l'ebbrezza con l'effetto poi di far credere a tutte le pazzie degli uomini?»

5. Risponde Giovanni: «Vicino a te c'è Aziona; domanda a lui se si tratta di una bevanda magica dell’India!»

6. Aziona subito dice: «Bevi pure senza timore, e vedrai che dopo ti sentirai benissimo!»

7. Dice Hiram: «Ebbene, io bevo sotto tua responsabilità, fratello!». Hiram prese allora il boccale e ne beve alcune energiche ed abbondanti sorsate, dato che egli pure era una persona forte e robustissima. Ma quando ebbe estinto la sete, si voltò verso Aziona e gli disse meravigliato: «Ma guarda un po’! A che sorgente hai mai attinto questa specie di acqua deliziosa?»

8. Dice Aziona: «Questo te l'ho già detto quando eravamo nei pressi della tua capanna! Si tratta semplicemente di acqua presa alla mia sorgente che tu conosci molto bene, acqua che però è stata convertita in vino per opera di questi amici prodigiosi!»

9. Dice Hiram: «Ebbene, sia pure! Ad ogni modo sarebbe bello davvero conoscere quest'arte, perché qualche sorsata di questo genere potrebbe ogni tanto rendere ad uno di noi un po’ meno monotona questa vita fugace! In verità, questo è il miglior vino che abbia mai deliziato il mio palato, e un vino simile è secondo me una delle poche cose che potrebbe giustificare la brama di vivere un paio di migliaia di anni! Andiamo, lascia che io ne beva ancora un sorso!»

10. Allora Aziona porse il boccale a Hiram il quale ne bevve abbondantemente e, ringraziato Giovanni, gli disse: «Questa cosa, mio caro amico, ti è davvero riuscita, ma se otterrai un uguale successo rispetto alla dimostrazione che anche la nave ha un'anima, ebbene questa è un'altra faccenda!»

11. Dice Giovanni: «Mio caro amico, la cosa sarà molto più facile! Però tu devi anzitutto sapere che ogni anima, già spiritualmente perfetta e che si trovi in più stretta congiunzione con lo Spirito di Dio, è pure un po’ onnipotente e che quindi per lei è facilissimo crearsi al momento una nave di questo tipo allo scopo, qualora sia proprio necessario, di presentarla ad un'altra anima quale un prodotto della sua potenza creatrice esistente in natura. Ora vedi, questo fu il caso anche nella scorsa notte, e per conseguenza la tua anima ha captato e potuto vedere pure una nave che ci portava, e ciò senza nessun bisogno che la nave avesse in qualche modo una propria anima. Tu ci vedesti, fra l’altro, anche vestiti così come ora ci troviamo dinanzi a voi; ma allora anche le nostre vesti avrebbero dovuto avere un'anima! Sennonché questi sono dei prodotti creativi ispirati soltanto all'opportunità del momento dell'anima che si trova in stretta congiunzione con lo Spirito di Dio.

12. Tu dunque ci hai visti nel tuo sogno così come siamo, evidentemente con gli occhi spirituali della tua anima, e noi sapevamo benissimo che tu, quale appunto il più ostinato nella tua fede, avresti dovuto vederci, e volemmo che così fosse allo scopo di avere qualcosa in via preliminare di adatto per cominciare ad aprirti un po’ gli occhi. Infatti, se noi non fossimo veramente mai esistiti in qualche modo in questo mondo, sarebbe stato assolutamente escluso che tu potessi mai vederci, pure se il tuo sogno fosse stato ancora molto più vivido. Ma dato che invece siamo ed esistiamo in Dio, e cioè, per quanto riguarda lo spirito, esistiamo già dall'eternità, è accaduto che per noi è stata una cosa facilissima destare la tua anima fuori dal tuo corpo per alcuni istanti, durante questa tua notte di sogno, per prepararla a questa visita prevista già da lunghissimo tempo, affinché essa potesse contemplare anticipatamente in grandissima luce quello che sarebbe dovuto seguire. Puoi chiamare anche questo un capriccio della grande natura?»

13. Dice Hiram: «Amico mio caro, non devi avertene a male se io, come sono solito, ti parlo schiettamente come penso! Vedi, il fatto che tu a modo tuo sia un grande sapiente e un non meno grande oratore, questo l'ho già appreso dalle tue prime parole! Data la tua eloquenza, non devi avere difficoltà a far vedere lucciole per lanterne, per dirla secondo quello che è in voga qui da noi.

14. Il sogno che realmente io ho avuto, te l'ho raccontato fedelmente ed ampiamente, e per conseguenza ti è facile farne quello che vuoi. Però, devi convenire con me che fare il profeta con il senno di poi non è proprio un'arte assai grande, perché chi è in possesso di una buona dialettica può liberamente usufruire di qualsiasi circostanza per improvvisare, come si suol dire, con un’idea che nel suo genere non lasci niente a desiderare. La gente frivola, superficiale e dotata di poca esperienza sarebbe già ben che liquidata e catturata, ma l'intelletto freddo, calmo e privo di passioni e timori di un uomo ricco di esperienza pretende qualcosa di più di una dialettica, per quanto eccellente, di un giovane di talento e certamente anche molto onesto!

15. Per dirla schiettamente, quello che mi hai dichiarato riguardo al mio sogno non è affatto da rifiutare a priori, anzi ritengo che valga la pena di meditarci su profondamente; tuttavia attingendo alle mie molte esperienze e conoscenze, io avrò qualcosa da obiettarti. Se tu potrai spiegarmi in modo e misura sufficienti anche questo, allora non tarderemo ad andare d'accordo tra di noi!»

16. Dice Giovanni: «Aspetta un po', amico, per convincerti con maggiore efficacia della potenza vitale spirituale interiore dell'anima nel corpo umano, io, attingendo dalla tua anima, ti esporrò adesso per filo e per segno quello appunto che tu ti accingevi a narrarmi per confutare la mia spiegazione e le mie asserzioni rispetto al tuo sogno, e che tu reputavi una buona controprova e, come si suol dire, un osso ben duro per me. Per ogni parola non vera che dovesse uscire dalla mia bocca, io ti autorizzo a darmi senz'altro un ceffone!»

17. Dice Hiram: «Ebbene, racconta! Io sono davvero curioso di sentirti, ovviamente però senza i ceffoni da te richiesti nel caso di un’inesattezza, perché un simile genere di giustificazioni e di correzioni non è in voga qui da noi, e non ne abbiamo mai avuto l’abitudine tranne che nei casi di difesa necessaria e urgente. Raccontami dunque senza alcun riguardo tutto quello che sai delle mie esperienze e delle mie passate vicende!».

 

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Cap. 183

Le esperienze magiche di Hiram.

 

1. Dice Giovanni: «Ora armati di un po' di pazienza e ascoltami! Ecco: nel tempo in cui tu, come tutti i tuoi compagni, eri un po’ versato nelle arti magiche, prima di entrare in società con il farmacista Aziona in Grecia, intraprendesti un viaggio in Egitto assieme ad una incantatrice di nome Klia, nella quale occasione, a causa dell’eccessiva meschinità tanto della tua arte quanto di quella della tua assistente, la tua impresa fu coronata da uno scarso successo.

2. Ad Alessandria perfino i monelli riuscivano ad imitare le vostre magie ed anzi a farne ancora di migliori e più riuscite. In quella città gli affari da voi fatti furono dunque assolutamente magri, e perciò vi trasferiste al Cairo. Arrivati là, intendevate esibirvi; sennonché vi venne detto: “Fateci un po' vedere quello che sapete fare!”. Allora voi forniste qualche prova della vostra arte, ma il risultato fu che vi compiansero e vi dissero: “Benedetti voi, eccovi qualche denaro per il viaggio; in qualche piccolo villaggio potrete forse ancora guadagnarvi la cena con la vostra arte, ma nelle città più grandi è meglio che non vi facciate vedere!”.

3. Allora vi dirigeste verso Karnak dove non otteneste alcun risultato, e così pure ad Elefantina, ed infine vi cimentaste perfino anche a Menfi. Sennonché questa città segnò la vostra fine! Ebbene, se un governatore provinciale romano che risiedeva là non avesse avuto compassione di voi, avreste fatto una brutta fine! Il governatore però, una buona pasta d'uomo, per riguardo a Klia che era del resto bellissima, vi concesse alloggio e vitto per tre mesi, e nello stesso tempo ti fece fare la conoscenza di una compagnia di maghi persiani molto facoltosa, affinché tu potessi o dovessi imparare qualcosa da loro!

4. Orbene, la compagnia di maghi in questione si dichiarò d'accordo, però unicamente alla condizione che tu, oltre che a pagare una considerevole tassa di ammissione, ti fossi mostrato disposto a servirle da schiavo-assistente per dieci anni! Allora facesti il tuo conto così: “Dieci anni di schiavitù e l'enorme tassa di cento libbre? E se dopo averli serviti in schiavitù per nove anni, essi, visto che sono uno schiavo, mi ammazzassero nel decimo ed ultimo anno? Ma in tal caso addio a me e alle cento libbre, ed i coccodrilli del Nilo finiranno col mangiarmi!”. Tu allora, per conseguenza, convenisti che l'affare non ti andava!

5. Questa fu dunque la buona e ferma decisione che prendesti fra te e te nel tuo intimo. Ai maghi però facesti il seguente discorso: “O miei artisti, rispettabilissimi e sapientissimi! Quando alla prossima occasione avrò potuto assistere da spettatore alla gran parte delle vostre più interessanti e misteriose esibizioni, soltanto allora eventualmente mi impegnerò con voi in un contratto forse ancora più vantaggioso!”. Allora i maghi si sono lasciati ingannare, e durante le loro esibizioni, che avevano luogo due volte alla settimana, presentarono i loro numeri più arditi e sensazionali.

6. Di tutti questi molti episodi, per non perdere un tempo prezioso e dato che non hanno niente a che fare con la nostra questione, io non parlerò, ma mi limiterò a menzionare soltanto quello che ebbe il potere di sconcertarti al massimo. Questo consistette in ciò: a un dato momento si fece avanti un arabo, una persona robusta di circa trent'anni, il quale, con grande gravità ed accento energico, annunciò che mediante la semplice forza della sua volontà e l'imposizione delle sue mani nude avrebbe messo una giovinetta in condizione di poter rivelare a chiunque, a richiesta, perfino i suoi pensieri ed una quantità ancora di cose segrete note a lui soltanto. Lei avrebbe anche indovinato l'età di chiunque, e se qualcuno lo avesse desiderato sarebbe stata in grado di predire all'interessato la futura buona o cattiva sorte, e ciò con assoluta precisione e senza possibilità di errore.

7. Questo fu per te come un vero colpo di fulmine. La giovane fu poi presentata al pubblico e fatta coricare su un lettino; il mago le impose le mani, dopo di che si addormentò. Ben presto la giovane entrò in una specie di estasi e cominciò a rivolgere la parola al mago, il quale poi disse: “Chi ha piacere di ricevere qualche informazione, che venga, ma non più di tre persone per volta; devo avvertire però che le persone a cui lei farà cenno di allontanarsi, converrà che obbediscano immediatamente, altrimenti potrebbero accadere a loro delle cose spiacevoli! E se c'è qualcuno che non ha la coscienza molto pura, non si avvicini alla giovane, ma che rivolga a me la sua domanda per mezzo di un intermediario, e poi da parte mia gli verrà data la risposta assolutamente in segreto! Lo stato d'estasi della giovane durerà un'ora e mezza!”.

8. A questo annuncio si presentarono diverse persone le quali fecero le più disparate e strane domande, e ciascuno ricevette delle meravigliose risposte. Tu pure chiedesti che ti fosse detta la tua età e che ti venisse predetta la tua sorte. E ciò che quella volta ti disse la giovinetta, ha trovato esatto adempimento! Quello che finora non si è ancora verificato, sembra che sia sulla via di verificarsi appunto in te, adesso e per l'avvenire! Dimmi ora se i fatti, per quanto riguarda te, non si sono svolti proprio come ho detto io!»

9. Esclama Hiram, completamente sbalordito: «No, davvero! Questo è più di mille di quelle giovinette in preda all'incantesimo! Infatti, di tutto questo, addirittura a te, Aziona amico mio, ho narrato poco anzi quasi niente, e ad altri ancor meno! Come puoi dunque tu essere a conoscenza di questi avvenimenti con tanta precisione? No, no! Senti un po’, secondo me tu sei un essere assai strano, e confesso che comincio a sentirmi parecchio a disagio vicino a te!»

10. Dice Giovanni: «Suvvia, non vedere le cose da questo lato. Noi non siamo qui affatto per arrecarvi nemmeno il più piccolo danno, anzi soltanto per portarvi la felicità più grande possibile, particolarmente dal punto di vista spirituale, perché se prima voi non siete spiritualmente felici, a nulla può giovarvi qualsiasi felicità terrena! Adesso devo forse raccontarti anche i misteri del fabbricare i sogni del noto mago di Menfi, cosa questa che ancora molto più di altre allora ti sbalordì completamente? E devo forse menzionare anche di quell’arte magica che tu prima avevi intenzione di annunciarci a proposito del tuo sogno vivido?»

11. Risponde Hiram: «O amico mio caro, lascia stare ormai queste cose! Quantunque io non abbia la minima idea di come abbia fatto quel mago a comandare al suo soggetto di sognare un determinato sogno, io sono convintissimo già ora che a te tutto è noto esattamente e che, se tu volessi, saresti in grado di fare lo stesso in una maniera anzi mille volte migliore. Infatti, come i tuoi occhi - o il cielo sa quale dei tuoi sensi - possano leggere in me le cose più nascoste come in un libro aperto, questo per me è e sarà un assoluto mistero fino alla tomba!»

12. Dice Giovanni: «Non dire così, o amico mio! Per me non si tratta affatto dispiegarti il modo egiziano di fabbricare i sogni magari perché tu ne venga a conoscenza affinché in un prossimo avvenire tu possa eventualmente guadagnarti un pane migliore esibendoti come mago di qualità speciale; infatti, a questo scopo basta che tu ti rivolga agli esseni, i quali ti faranno vedere la stessa cosa e forse anche te ne sveleranno il mistero. Quello invece che a me interessa è di mostrarti la differenza immensa tra come noi possiamo davvero apparire spiritualmente a qualcuno in un vivido sogno e come quel tuo mago, che più tardi passò agli esseni, fabbricava i sogni in quei dormienti»

13. Allora Hiram ed Aziona, i quali erano tutto orecchi, dicono assieme: «Oh, questa cosa saremmo curiosi a morte di sentirla! Ti preghiamo dunque caldamente di spiegarcela in qualche maniera che sia comprensibile!»

14. Dice Giovanni: «Ebbene, ascoltatemi! Come abbiamo provocato in te il sogno che riguardava noi e il nostro arrivo qui, io te l'ho già dichiarato con la stessa fedeltà e verità con cui ti ho raccontato poco fa il tuo giro artistico in Egitto assieme alla bella Klia, la quale ti lasciò ritornare da solo in Grecia visto che si era trovata meglio a Menfi! Non occorre dunque che io ripeta quello che ho già detto, dato che tu hai sempre avuto, come tuttora hai, una memoria eccellente. La questione verte perciò unicamente riguardo a come quel mago provocasse i sogni nei suoi dormienti!

15. Vedi, il complesso della compagnia di quei maghi era molto grande! Di coloro che si esibivano apertamente e pubblicamente, ce n'erano pochi, mentre gli altri, d'accordo con loro, che possiamo definire i loro compari, erano invece molto numerosi. Questi ultimi però non dovevano fare mai la loro comparsa in una grande città contemporaneamente agli artisti principali; essi invece entravano in città solo dopo, alla spicciolata, chi in veste di viaggiatore e chi in veste di curioso che aveva già udito raccontare le cose più strane sul conto di quei famosissimi artisti i quali forse si sarebbero tra breve esibiti in città, e che perciò era ansioso di godersi lo spettacolo! Questi avevano il compito di attirare l'attenzione e di suscitare la curiosità del popolo; però vivevano della stessa attività, considerato che in una città grande la compagnia guadagnava sempre delle migliaia di libbre.

16. Accadeva dunque che questi segreti collaboratori della compagnia dei maghi facevano, ad esibizione cominciata, la parte di semplici ed onesti spettatori, però sapevano bene quando, ad un dato segnale, il loro intervento sarebbe stato necessario per aumentare l'illusione nel popolo. Tra quelli ce n'erano diversi che dovevano concorrere alla fabbricazione dei sogni mediante le loro prestazioni segrete; ciascuno sapeva già prima che cosa avrebbe dovuto sognare, anche se, a richiesta del mago, si annunciava come per caso tra gli spettatori e con grande enfasi sosteneva ad alta voce di essere pronto a scommettere mille libbre che il mago non sarebbe stato capace di farlo sognare nonostante tutta la sua potenza magica.

17. La scommessa veniva di solito accettata, e allora quel rumoroso ciarlatano saliva sulla tribuna dove PROFORMA (in apparenza) gli veniva dato da bere una pozione soporifera che certo non conteneva nemmeno una goccia di succo di papavero. Di lì a poco l'uomo coricato su di un lettino veniva colto da un profondo sonno dal quale tutto il chiasso di questo mondo non sarebbe riuscito a svegliarlo. Quando poi il nostro uomo si era, ben si intende soltanto all'apparenza, così profondamente addormentato, il mago si faceva innanzi, e in tono patetico e grave diceva rivolto al pubblico: “Non c'è nessuno fra gli spettatori qui radunati disposto a suggerire un sogno da imporsi da parte mia a questo dormiente che ha voluto calpestare e disprezzare la mia arte?”.

18. Non passava molto che si faceva avanti uno fra i numerosi compari presenti, sia sotto la veste di un mercante straniero di Roma o di Persepoli sia sotto quella di un'altra persona molto ragguardevole, e diceva: “Lascia che provi io a suggerire un sogno che ho pensato e che vorrei fosse sognato da lui!”

19. Allora il mago rispondeva con tutta gentilezza: “O stimatissimo ospite che mostri interesse per questa nostra esibizione! Abbi ora la bontà e comunica in segreto quello che hai pensato a qualcun altro tra questi nobilissimi spettatori affinché faccia da testimone, ma non direttamente a me, perché i tuoi pensieri io li coglierò dall’aria mediante questa bacchetta magica, e li farò apparire poi a questo addormentato in un vivido sogno!”.

20. Naturalmente, il richiedente si affrettava a fare ciò tra l'ansiosa attenzione di tutto il pubblico; il mago allora accostava l'estremità della sua bacchetta magica alla sua bocca e si atteggiava come se sul serio stesse succhiando qualcosa dall'aria. Infine posava la bacchetta sul suo capo e con l'altra estremità toccava per qualche istante il capo del dormiente.

21. Dopo di che, per aumentare l'effetto, il dormiente veniva svegliato per mezzo di un potente squillo di tromba. Allora il destato si fregava per qualche tempo gli occhi con l'aria di chi non sa raccapezzarsi riguardo al luogo dove si trovava; tuttavia ben presto mostrava di aver rimesso in ordine le sue idee, e questo era anche il momento in cui gli veniva chiesto cortesemente se sapesse dire che cosa aveva sognato, poiché c'era in ballo una scommessa di mille libbre che egli avrebbe evidentemente perso qualora avesse realmente sognato quello che il mago aveva voluto che sognasse, ma se invece avesse fatto un altro sogno, allora il mago gli avrebbe pagato le mille libbre! Ad ogni modo veniva esortato ad essere assolutamente sincero, in caso diverso si sarebbe ricorsi alla prodigiosa giovinetta ed egli sarebbe stato punito come un mentitore alla presenza di tutti!

22. Dopo questa esortazione il dormiente di prima, apparentemente con una certa titubanza, cominciava a raccontare il suo sogno, e quando aveva finito, tutti gli spettatori in coro ed a alta voce testimoniavano che quello appunto era lo stesso sogno che essi avevano conosciuto già prima che il mago l'avesse risucchiato fuori dall'aria per mezzo della sua bacchetta magica e che l'aveva poi fatto sognare al dormiente.

23. Allora egli assumeva un’espressione quanto mai afflitta al cospetto della potenza del mago, ed il mago faceva il più delle volte la parte del generoso e restituiva le mille libbre al temerario e inesperto scommettitore, con l'osservazione che un'altra volta il suo ardire non avrebbe più trovato tanta indulgenza, ciò che contribuiva, ovviamente, ad accrescere le buone disposizioni del pubblico che non risparmiava poi gli applausi.

24. E così tu hai al completo i dettagli della fabbricazione dei sogni secondo l'uso egiziano! Adesso dimmi se ti piace questo gioco di prestigio e quale divario trovi fra questo e la nostra arte di provocare i sogni!»

25. Esclama Hiram «Se le cose a Menfi si sono svolte esattamente così, punto per punto come tu me le hai narrate, questo è davvero un imbroglio senza nome! Ah, la cosa è proprio incredibilmente stupida, ed io, imbecille, quella volta non mi sono accorto subito del bel giochetto! Adesso capisco che anche la storia della vergine profetessa andrà certo spiegata nell'identico modo!»

26. Dice Giovanni: «Senz'altro, perfettamente nell'identico modo, ad eccezione di quello che lei ti predisse, perché in quel momento dietro di lei si trovava nascosto un altro Mago del tutto invisibile, il Quale già da lungo tempo aveva gettato il Suo occhio onniveggente su di te! Cominci a comprendermi ora un po' meglio?».

 

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Cap. 184

La pre-esistenza e la post-esistenza dell’anima umana.

 

1. Risponde Hiram: «O amico mio infinitamente stimato, per capire te ci vuole davvero di più di una intelligenza rigida e molto limitata di un cinico! Voi, con la vostra strana e mai immaginata comparsa, ci ponete qui delle pulci ben grosse nell'orecchio, e io comincio quasi a percepire che nell'uomo ci deve essere evidentemente un essere molto superiore a quello estremamente limitato che noi ci rappresentiamo quale uomo. Ed ora io mi sento come se dovessi quasi credere che questo essere superiore, nell'uomo, debba avere sia una preesistenza al corpo, sia anche una post-esistenza, perché, vedi, quando io ero in Egitto, a mala pena tu puoi essere stato già al mondo!

2. Il tuo spirito interiore, però, deve essere esistito tuttavia già molto tempo prima per poter essere presente, come testimone invisibile, a tutte quelle mie azioni che, per ragioni a me sconosciute, forse lo riguardano più da vicino. Soltanto in questa maniera posso spiegarmi almeno un po’ la tua totale conoscenza e comprensione di tutte le situazioni della mia vita. Ovviamente tu conoscevi anche le situazioni della vita di Aziona altrettanto bene quanto le mie. Qui tuttavia non fa poi molta differenza; infatti, essendo tu uno spirito primordiale ancora puro, hai diretto sicuramente anche su di lui, come su di me, i tuoi onniveggenti occhi spirituali! Dunque una preesistenza del tuo spirito interiore non la si può più mettere in dubbio tanto facilmente, e neppure la tua attuale esistenza corporea; ma come la mettiamo adesso con la post-esistenza? Sotto questo aspetto mi sembra che ci troviamo ancora davanti a porte e chiavistelli chiusi!»

3. Dice Giovanni: «La porta a tale riguardo è ancora molto meno chiusa che non rispetto alla preesistenza! Questa ha già anche qualcosa [di reale], ma non proprio così liberamente individuale come la post-esistenza. Infatti, proprio affinché l'esistenza spirituale non rimanga in continuazione legata nel modo più duro allo e nello Spirito originario dell’eterna e infinita Divinità, la Divinità stessa appunto ha posto la materia tra Sé e lo spirito destinato a diventare uomo, affinché lo spirito umano, divino per origine, volendo giungere ad una autonomia che lo rende simile a Dio, si crei, [attingendo] dalle parti più etereo-animiche, un essere a lui simile, lo animi con un'anima sostanziale e nello stesso tempo anche spiritualmente intelligente, e poi continui formare quest’anima in modo del tutto inosservato e nella massima libertà possibile del volere dell’anima stessa. E quando quest’anima è cresciuta così tanto, in ogni buona conoscenza e conseguente attività, da essere diventata simile al proprio spirito divino primordiale - principalmente attraverso la vera conoscenza del solo vero, eterno Dio, nell'amore per Lui così come, da questo, anche per il prossimo - e intanto l’anima stessa è piena di umiltà, pazienza e modestia, allora avviene un’unificazione, inscindibile per le eternità, dell'anima col proprio spirito primordiale eterno.

4. Ma in tal modo avviene poi questo: L'anima, che proviene dalla materia, diventa poi essa stessa totalmente spirito, e lo spirito diventa poi anima nell'anima, ed è con ciò un essere eternamente libero, autonomo ed operante in maniera autonoma completamente simile a quella di Dio; e cioè un essere dotato di tutte quelle caratteristiche che sono proprie all’originaria eterna Divinità.

5. Dunque, che in seguito il corpo non ha e non può averci più nulla a che fare, ciò lo si capisce certo facilmente da sé, senza ulteriori spiegazioni! Infatti il cibo, che un uomo assume giornalmente, costituisce sì anch’esso, per un certo tempo, un periodico elemento nutritivo del corpo umano, dal quale il corpo già più puro e poi anche l'anima prendono il loro nutrimento sostanziale-specifico e il loro completamento. Ma una volta che l'elemento nutritivo periodico ha compiuto la sua funzione nutrice, esso, in quanto inutilizzabile ulteriormente, viene eliminato dal corpo umano più puro, il quale è ancora strettamente collegato all'anima. Se questo elemento, ora impuro e grossolanamente materiale, rimanesse nel corpo che è più puro e già molto più affine all'anima, esso causerebbe inevitabilmente la morte del corpo stesso.

6. Ma una volta che l'anima nel corpo si è adeguatamente formata - vale a dire sia nella sua entità formale, sia anche nel conoscere, amare, volere e agire, e tutto ciò liberamente in qualunque ambito - allora si verificano due casi: o l'anima risulta con ciò già completamente matura per il suo spirito divino, vale a dire essa è già tutta spirituale, oppure essa è sì già di per sé formata come entità spirituale ed è per così dire consistente, però l'elemento interiore spirituale è ancora molto incerto ed essa, in seguito alla sua vocazione grande e necessariamente del tutto libera, mostra molta più propensione a trapassare interamente di nuovo nella materia che a innalzarsi liberamente nel proprio elemento spirituale; in entrambi i casi comunque essa viene liberata dal corpo.

7. Nel primo caso, che ovviamente è il più felice, il divino spirito umano ha già raggiunto con essa il suo scopo, e non necessita dunque più in eterno di un mezzo materiale, avendo con quello già anche raggiunto ormai il suo scopo perfettamente, per l’eternità. Oppure lo spirito, che tutto vede e tutto percepisce, si accorge che la sua anima, da lui suscitata e formata a partire dalla materia, comincia col tempo di nuovo a propendere verso l'elemento da cui propriamente era stata tratta. Allora il suo divino spirito primordiale la strappa dal corpo, sia pure fra i più grandi dolori, e la forma poi per sé nell'aldilà, dunque nel regno delle anime, ma tutto ciò viene comunque sempre fatto nella maniera più inosservata possibile, poiché ogni educazione non libera e giudicata di un'anima sarebbe ancor peggio che nessuna educazione.

8. Ad ogni modo qui bisogna fare però questa osservazione, da prendere molto a cuore, e cioè che una formazione dell'anima realizzata solo nell'aldilà, in primo luogo, dura molto più a lungo, e ciò nonostante non può mai raggiungere quel grado supremo come quando la formazione dell’anima è avvenuta già nell'aldiquà, mentre dimorava ancora nel corpo. In quest’ultimo modo, infatti, anche la parte più nobile del corpo viene santificata insieme all’anima, e quasi tutta la sua carne raggiunge, con l’anima e col suo spirito unito ad essa, una specie di trasfigurazione e istantanea resurrezione, e con anima e spirito forma poi per l'eternità un essere completamente unificato. Tuttavia questo lo raggiungono sulla Terra solo pochissimi, ma moltissimi l’ottengono poco tempo dopo la morte del corpo. Ecco che ora hai spiegato dinanzi a te la post-esistenza di ciascun uomo, e ciò esattissimamente e secondo assoluta verità!

9. Se c'è ancora qualcosa che ti appare strano e difficilmente comprensibile, allora tu non devi far altro che rivolgermi delle altre domande in merito. Adesso tocca a te esprimerti, o anche l'amico Aziona. Ponderate dunque e parlate, e dal canto mio vi darò di nuovo una giusta risposta!».

 

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Cap. 185

I dubbi di Hiram riguardo all'eterna continuazione dell’esistenza umana.

 

1. E Hiram, che è quello che ha la lingua più sciolta, prende la parola e dice: «O carissimo amico, per quanto ci riguarda non si può proprio dire che abbiamo capito chiaramente tutto quello che hai detto; tuttavia ti crediamo in considerazione della tua immensa sapienza. Infatti, chi possiede tante conoscenze e una vista talmente acuta da penetrare in tutti i possibili fenomeni su questa Terra, e può leggere come in un libro aperto perfino i più reconditi pensieri dentro la mente umana, costui deve avere una profonda e verissima esperienza in ogni possibile sfera e via della vita; su questo non è più possibile il minimo dubbio.

2. Quanto tu hai detto, lo crediamo ormai fermissimamente, quantunque la preesistenza spirituale pura e l'esistenza di prova terreno-materiale agli scopi dello sviluppo dell'anima non lascino più adito a quasi nessun’altra domanda, dato che la cosa può venire immaginata e può sussistere soltanto in questo modo e non in un altro, poiché effetti ben definiti e continuamente uguali devono necessariamente avere sempre le stesse cause; su questa cosa per noi non c’è possibilità di dubbio! Per quello che riguarda dunque la post-esistenza, molte sono ancora le questioni estremamente importanti che possono venire sollevate, il risolvere le quali dovrebbe essere anche per te un compito un po' più difficile.

3. Vedi, anzitutto io non posso ancora rendermi ben conto delle ragioni di un’esistenza addirittura eterna, come hai detto tu, dopo la deposizione del corpo! Che cosa potremo fare nel corso di un'eternità che non ha mai fine? Quale noia spaventosa dovrà subentrare alla fine, pure nel godimento delle massime e più indescrivibili beatitudini! E peggio di tutto verrà a trovarsi poi lo spirito già perfetto al massimo grado al quale certo non resterà più niente da imparare! È chiaro che dovrà subentrare in esso un'atmosfera di monotonia di cui noi non potremo farci mai neanche la più piccola idea.

4. Per conto mio comprenderei una vita che durasse anche diecimila anni in circostanze molto favorevoli, però in un corpo su questa Terra, perché qui nessuno potrà esaurire quanto c'è da imparare, né potrà mai dire: “Ormai non c'è assolutamente nulla a questo mondo che mi sia sconosciuto!”. Ma adesso io voglio mettere su questa Terra uno spirito supremamente perfetto, dotato, per esempio, della tua onniscienza estremamente meravigliosa! Con un unico sguardo egli è consapevole di tutti i misteri di questo mondo per tutti i tempi futuri ed anche passati! Ma a che cosa potrebbe dedicarsi poi se fosse proprio costretto a restare su questa Terra? Non gli resterebbe altro che tentare di divertirsi osservando le sciocchezze e le pazzie che commettono gli uomini, oppure usando la sua potenza per inscenare ogni tipo di spettacoli e creare confusione e conflitti tra i popoli, altrimenti è chiaro che la noia dovrebbe finire con il portarlo alla disperazione al di là di ogni limite credibile!

5. La mia ragione non mi concede davvero di vedere il perché, reale ed immensamente beatificante, di una post-esistenza eterna! Un'altra cosa ancora che ci dà poi da pensare è la questione del posto o dello spazio! Se, ad esempio, per centomila volte centinaia di migliaia d'anni venissero continuamente generate su questa Terra delle creature umane come succede adesso, e tutto il mare non si trasformasse in terraferma: dove, domando io, potrebbe trovare posto e nutrimento tutta questa gente? E quanto spazio non occorrerebbe poi a tutti gli spiriti viventi in eterno? Infatti, alla fin fine, dentro ad un qualche spazio devono pure trovarsi anche gli spiriti, dato che fuori dallo spazio, il quale secondo Platone deve essere infinito, non è immaginabile una esistenza in nessun luogo.

6. Dunque, secondo me, è molto più logico e molto più conforme alla ragione pura ammettere una post-esistenza soltanto temporanea piuttosto che una eterna, la quale quest’ultima è in qualche modo parecchio difficile da conciliare tanto con il gusto per la vita quanto con lo spazio. Per noi almeno, considerata la cosa nella sua vera luce, il definitivo svanire di un essere reso vivo nel tempo, ha sempre un immenso vantaggio rispetto ad un prolungarsi della vita, anche nelle condizioni più favorevoli, e sento sempre in me come una voce che mi suggerisce: “Nonostante quello che possa dire anche la massima scienza umana, la morte del corpo è e resta l'ultimo limite di tutte le cose!”. Che cosa ne dici tu, o nobile e prodigiosissimo amico?».

 

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Cap. 186

Infinità, eternità e beatitudine.

 

1. Dice Giovanni: «Beh, miei cari amici, certamente questo dipende soltanto da quale punto di vista si vuole considerare la vita in generale, e la vita spirituale poi in modo del tutto particolare; e se si ha o meno sotto questo aspetto una giusta nozione di se stessi, nonché con ciò una conoscenza giusta e vera di Dio e delle Sue innumerevoli opere prodigiose e creazioni, le quali hanno da mostrarvi, già nel campo quasi sconfinato della materia, delle cose che, a contemplarle tutte, al vostro occhio sbalordito non basterebbe un eone (10180) di anni, per non parlare poi delle creazioni spirituali pure, delle quali si può senz'altro dire: “Finora a nessuno è stato mai dato di percepire, nemmeno in minimissima parte e nemmeno sotto la forma di un qualche vago presentimento, tutte le beatitudini che Dio ha riservato a coloro che veramente Lo riconoscono e che Lo amano sopra ogni cosa e che per amore Suo amano, quando e dove mai sia possibile, anche il loro prossimo con il consiglio e con l'azione”. Come si può parlare di noia quando lo spirito, anche il più perfetto, comincia a convincersi di trovarsi soltanto agli inizi della rivelazione dei prodigi infiniti della Potenza e della Sapienza eterne e del supremo Amore di Dio, il Signore e Padre dall'eternità? Oh, quali pensieri maturano nella vostra grande limitatezza in ogni conoscenza più profonda della vita!

2. Basta che voi consideriate un po’ questo nostro Sole che genera il giorno sulla Terra; cosa sapete voi di questo fulgido astro? Niente! Voi non conoscete nemmeno qual è il suo ordine e quali sono i suoi rapporti materiali rispetto a questa Terra! Voi subordinate la vostra opinione e la vostra fede soltanto a quello che vi suggeriscono i vostri sensi; sennonché la realtà è del tutto differente! Non è questa Terra a stare ferma come in un centro eterno, né è il Sole a girare intorno ad essa, quantunque sembri che sia così, ma è il Sole che costituisce il centro per la Terra così come per la Luna e per tutti gli altri pianeti a voi conosciuti, mentre la Terra, con la sua Luna, nonché tutti gli altri pianeti girano intorno al Sole in svariati periodi di tempo; ed il sorgere ed il tramontare giornaliero del Sole è dovuto al moto di rotazione della Terra sul proprio asse polare che le fa compiere un giro in quasi venticinque ore.

3. Queste cose certamente non potete comprenderle, data la ristrettezza della vostra conoscenza; però ai popoli che in avvenire si succederanno su questa Terra, Dio, il Signore, concederà una giusta luce, ed essi saranno in grado di calcolare questi moti nella maniera più precisa.

4. Potete senz'altro credere a quanto vi dico, considerato che ormai sapete come sotto a questo aspetto mi sia possibile avere delle conoscenze benissimo fondate in tutta verità. Visto però che abbiamo già accennato al Sole, devo dirvi che esso è mille volte mille più grande di questa Terra. Di quali prodigi, da voi nemmeno mai potuti avere in sogno, non è mai ricoperta la sua immensa superficie! Quale innumerevole quantità delle più meravigliose creature di Dio non vive mai in perfetta armonia sui suoi sterminati campi di luce, godendo di un'esistenza beata! La loro bellezza è talmente grande che una di quelle figure umane, trasportata su questa Terra, voi potreste contemplarla ed ammirarla per un'eternità senza potervene mai saziare! Quello che vi dico è assoluta verità e non è in nessuna maniera minimamente esagerato.

5. Ma se, su tua stessa confessione, non ti sarebbe proprio sgradito vivere in condizioni tollerabilmente buone già su questa Terra per diecimila anni, allora io vorrei pur sentire da te il numero degli anni che saresti disposto a trascorrere in condizioni decenti sul Sole!

6. Ad ogni modo, questo non è l'unico Sole esistente nello spazio infinito della Creazione; ce ne sono anche degli altri in quantità innumerevole, e fra questi ce ne sono molti di una grandezza talmente incommensurabile che perfino questo nostro Sole, che per i vostri concetti è già enorme, rappresenta in fatto di grandezza al paragone di quei soli primordiali giganteschi a mala pena quello che è un piccolo fiocco di neve paragonato a tutta questa Terra.

7. Ebbene, se tanta varietà e grandiosità si possono riscontrare nell'ambito delle creazioni materiali, quanto più non sarà il caso nel regno infinito delle creazioni spirituali di Dio, il Signore e Padre dall'eternità! Ma se le cose stanno così, come puoi parlare di noia trattandosi dell'esistenza futura eterna di un uomo divenuto completamente spirito?

8. E quando tu, quale spirito puro, libero e indipendente, avrai ammirato per eoni di eoni (10120 per 10120) di anni terrestri, certo in celestiale compagnia di spiriti puri simili a te, le opere prodigiose di Dio sempre più grandi, tu, a quel punto, non sarai ancora arrivato infinitamente di gran lunga là dove tali opere prodigiose hanno il loro vero inizio! Se adesso consideri spassionatamente questa cosa, dovresti provare una gioia sempre crescente nel vivere e non avere invece in orrore la vita! Ed ora parla liberamente, e dimmi se questo ti convince, oppure no!».

 

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Cap. 187

Tre obiezioni contro la continuazione della vita dopo la morte.

 

1. Risponde Hiram: «Non posso fare a meno di esternare la mia meraviglia perla tua chiara conoscenza delle cose, perché questa non te l'ha data né una qualche scuola di questo mondo né la tua fantasia! Così dovrebbe essere senz'altro, visto che tali cose ce le hai esposte con tanta facilità come se ti fossero note in modo precisissimo già da tempi immemorabili! Infatti, a dire il vero, qualcosa di simile nessuno se lo può inventare di sana pianta! Dunque, premettendo anzitutto con sincerità che noi, in fondo, di tutto ciò non ne comprendiamo quasi niente, eppure dobbiamo dirti che ti crediamo ormai completamente, visto che a dircelo sei tu che, durante il breve tempo trascorso finora assieme, ci hai fornito con la massima abbondanza prove evidentissime della tua onniscienza e della tua incorruttibilissima verità, nella maniera più semplice e chiara di questo mondo.

2. Tuttavia per quanto riguarda la post-esistenza io dovrei porti ancora tre importanti quesiti; e se tu puoi presentarci una soluzione soddisfacente anche riguardo a questi, noi siamo disposti per amor tuo ad abbandonare tutta la nostra sapienza cinica[24] e a pregarti di avvicinarci verso una sapienza migliore! I quesiti, nella loro brevità e semplicità, sono i seguenti.

3. A che specie appartengono quegli spiriti i quali pongono le anime da educare dentro a dei corpi di sordomuti o a dei corpi che già dalla nascita portano le impronte della completa idiozia e della pazzia? In che modo ci si può, in base ai dettami di una sana ragione, ripromettere una educazione spirituale di un'anima che si trovi dentro a simili corpi? Questo sarebbe il primo quesito.

4. Cosa succede poi delle anime dei fanciulli i quali muoiono molto prima che abbiano acquistato una qualche coscienza di se stessi, nel qual caso è escluso che si possa parlare di una educazione spirituale? Da quali spiriti perfetti e puri di Dio dall'aldilà discendono dunque questi? Vedi, o amico mio, questo sarebbe il secondo importantissimo quesito!

5. Ed ora viene il terzo: cosa si deve pensare di quelle anime le quali nella loro carne su questa Terra sono pur pervenute ad un certo grado di intelligenza e di cultura mondana, ma che poi di propria assoluta volontà diventano degli esseri mostruosi terrorizzando la parte migliore della società umana? Perché hanno permesso che accadesse questo i loro spiriti certamente provenienti da Dio e savi come te, che li hanno chiamati ad esistere? E perché non si curano più di quelle anime che sono sorte per mezzo loro e che dovrebbero unificarsi con loro? Oppure, allo spirito puro è forse indifferente quale gradino sulla scala del progresso raggiunga, a questo mondo, un’anima nel suo corpo?

6. Vedi, o amico mio, qui emergono ancora alcune contraddizioni che, per quanto noi crediamo di vedere, sono contenute in quanto hai detto prima, contraddizioni che, nonostante la migliore buona volontà, noi non sapremmo come fare per eliminarle! Infatti, o l'atto culminante in una simile unione della vita è una cosa eminentemente seria dalla quale dipende poi il bene o il male dell'interessato per tutta l'eternità, ed allora non è possibile che allo spirito potente dall'aldilà sia indifferente se un'anima formata mediante la sua potenza e intelligenza da Dio, oppure sviluppatasi fuori dalla materia, divenga un essere spirituale perfetto simile a lui oppure un vero mostro, oppure l'atto in questione non è una cosa supremamente seria e addirittura santa, ma soltanto uno scherzo e un capriccio. E allora, a prescindere dalla tua sapienza per quanto grande anche possa essere, noi abbiamo incontestabilmente ragione se nel vasto mondo della Natura tutto non è che un vano gioco delle sue forze, e sosteniamo inoltre che la nostra vita è unicamente la conseguenza di un capriccio transitorio della grande Natura, e che infine con la morte tutto è terminato per sempre, indipendentemente da quello che possono fare o non fare in qualche luogo degli spiriti pur perfetti ed immortali ma noncuranti di tutto quello che avviene in natura!

7. Infatti, se ad esempio un qualche spirito primordiale dell’aldilà proveniente da Dio ha voluto chiamare anche me all'esistenza, ma poi non intende curarsi più di me, allora evidentemente è come se non ci fosse, e se io, quale anima, sono abbandonato esclusivamente alle mie forze per formarmi a suo vantaggio senza il suo particolare contributo, allora è meglio che uno spirito di questo genere si tenga alla larga da me per tutta l'eternità! Ed ora, o amico, io sono in attesa di una tua buona e saggia risposta»

8. A questo punto Pietro si rivolse a Me e sottovoce Mi disse: «Signore, in verità, sento che qui tutta la mia sapienza naufragherebbe! Sono proprio preoccupato al pensiero di come Giovanni riuscirà a trarsi fuori da questo groviglio!»

9. Io dissi: «Non preoccuparti! Vedrai che con Me e mediante Me tutto si risolve in bene!».

 

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Cap. 188

La necessaria varietà degli esseri e dei rapporti sulla Terra.

 

1. Allora Giovanni riprese a parlare, e disse: «Miei cari amici, se la vostra perspicacia giungesse almeno un po’ al di là del solito e del materiale, la cosa potrebbe essere esaminata ed esaurita in poche parole; ma considerate le vostre attuali condizioni ci vorrà qualcosa di più. Ma affinché possiate ben comprendere, devo farvi prima una rivelazione del tutto nuova. Siccome una cosa tira l'altra, prima ancora che voi pensaste di presentarmi le tre domande critiche, io ne ero già a conoscenza, ed ho quindi già gettato le fondamenta della risposta nella raffigurazione vera della creazione materiale come espostavi prima. Oh, certo, voi non potreste mai venir fuori con una domanda che non mi fosse stata già nota molto tempo prima! Ma se già da molto tempo prima io ero a conoscenza delle domande future come lo ero rispetto ai vostri viaggi avventurosi, potrete facilmente immaginarvi che non incontrerò proprio gravi difficoltà a darvi una risposta definitiva! Cosa ne dici tu, o Hiram?»

2. Risponde Hiram: «Ecco, tu sei sempre lo stesso! Io non ti ho rivolto le tre domande per mettere più severamente ancora alla prova la tua sapienza già ben severamente provata; ma dato che, come hai detto, una cosa tira l'altra, vorrei pure avere da te una risposta definitiva riguardo a questo argomento quanto mai serio, risposta che all'infuori di te credo che nessuno dovrebbe essere in grado di darmi. Ciò sia detto senza voler fare alcun torto alla sapienza certo acuta anche dei tuoi compagni. Abbi dunque la bontà di esprimerti, e da parte nostra non mancherà di certo la più grande attenzione!»

3. Dice Giovanni: «Ebbene, ascoltate! In tutto ciò che mai può colpire i vostri sensi su questa Terra, esistono dei divari. Cosa direste se a questo mondo tutte le creature si somigliassero come per esempio si somigliano i passeri fra i quali non si può distinguere quale sia il maschio e quale la femmina?»

4. Risponde Hiram: «Questo sarebbe qualcosa di tanto noioso da essere addirittura insopportabile!»

5. Dice Giovanni: «Va bene! Altrettanto insopportabilmente insulso sarebbe qualora tutti gli uomini avessero la stessa forma, la stessa forza, la stessa età, la stessa voce e lingua, e la stessa intelligenza istintiva!»

6. Dice Hiram: «Oh, questa sarebbe una cosa proprio da far disperare!»

7. Prosegue Giovanni: «Sarebbe forse la Terra così tanto attraente e bella da vedere se non avesse delle montagne, oppure se ci fossero siano però tutte uguali, oppure ancora se sulla Terra non esistesse che una sola specie di alberi ed una sola qualità di erba? E sarebbe bello e attraente se non ci fosse alcun mare, ma unicamente dei piccoli stagni, poco profondi e in tutto e per tutto l'uno simile all'altro, senza fiumi, né torrenti, ma soltanto dei magri ruscelletti larghi poche spanne, che scorressero stentatamente in linea perfettamente diritta, e oltre a questo nelle alte regioni dell'aria delle nuvolette dalla forma rigidamente quadrangolare, tutte uguali, che si spostassero lentamente e continuamente in una stessa direzione? E inoltre sarebbe piacevole per te vedere sul firmamento, invece degli astri della specie più svariata, una grande quantità esclusivamente di soli oppure di lune, senza l'alternarsi del giorno con la placida notte?»

8. Risponde Hiram: «Oh, te ne prego, amico mio, non continuare a prospettarci delle cose di questa specie, perché già il solo pensiero della loro possibilità deve portare alla disperazione un uomo del nostro stampo! Infatti, soltanto la massima varietà in ogni campo è capace di conferire un aspetto piacevole alla vita!»

9. Osserva Aziona: «O Hiram, fratello mio, non ti accorgi ancora dove andrà a finire la cosa, e come tu sei già impigliato nella rete?»

10. Dice Hiram: «Veramente, una vaghissima idea comincia a farsi strada in me! Ma per adesso lasciamo che questo nobilissimo e sapientissimo amico continui indisturbato il suo discorso per il nostro bene!»

11. E Giovanni riprende il suo discorso e dice: «Miei buoni amici, se già dunque sulla Terra dovrebbe essere per voi fonte della noia più spaventosa il vedere la massima uniformità possibile in tutti i campi della vita, e se viceversa soltanto i maggiori e i più numerosi possibili divari e cambiamenti potrebbero essere atti a recarvi diletto, allora come vorreste sostenere che degli spiriti ancora infinitamente più perfetti, quali delle intelligenze vitali principali, dovessero vivere eternamente in una uniformità assoluta in tutto l'infinito? Oh, vedete, quanto terribilmente ristretta e superficiale è la maniera in cui avete compreso Dio stesso e il Suo infinito Regno spirituale!

12. Nell'aldilà come nell'aldiquà ci devono per conseguenza essere dei divari, e precisamente in quantità innumerevole, altrimenti per nessun essere più perfetto vi sarebbe possibilità di gioia e di beatitudine nel contemplare le prodigiose creazioni di Dio. Ma così anche su questa Terra vi sono tra di voi uomini tante diversità, affinché vediate la necessità di aiutarvi l'un l'altro. Che cosa importa poi che uno spirito dell'aldilà termini o no completamente l'opera da lui intrapresa qui? C’è l’eternità, che si spera sia abbastanza lunga, per mettersi in pari con quello che qui è stato trascurato solo apparentemente.

13. Oltre a questo - nota bene! - questa Terra è appunto un mondo espressamente scelto da Dio affinché su di esso, agli scopi del raggiungimento della figliolanza di Dio che è possibile esclusivamente qui, vi debba essere tra le svariatissime razze umane e gli svariatissimi caratteri individuali, appunto, una diversità talmente grande quale ad un simile grado non la si può riscontrare su nessun altro fra gli innumerevoli corpi mondiali esistenti nell'Universo.

14. Ma dato che soltanto qui si può pervenire alla vera ed unica figliolanza di Dio - ciò che tutti gli spiriti primordiali puri che si trovano nell’intera infinità sanno benissimo e riconoscono profondamente -, potete immaginare anche voi che moltissimi spiriti, con anime provenienti da altri corpi mondiali, ambiscono a venire ammessi su questa Terra allo scopo di sottoporre anche l'anima, proveniente da un mondo straniero, alla fermentazione nella materia di questa Terra. Ora, a molti la cosa riesce già al primo tentativo, a moltissimi altri invece no. Qualora l'anima straniera, già al suo iniziale ingresso in un corpo proveniente da questa Terra, risulti assolutamente incapace di sostenere la molto opprimente materia terrestre, in un simile caso il rispettivo spirito la riporta subito là da dove essa è venuta.

15. Varie anime, provenienti per lo più da altri corpi mondiali, non possono sopportare l'aspetto di questo magrissimo mondo, uno fra i meno belli di tutti, e allora voi troverete di solito i loro sensi sviluppati in maniera molto trascurata. Esse resistono qui spesso per un tempo più lungo [di quelle che se ne vanno subito] e fanno parecchie cose, però solitamente fanno solo poco di ciò che è conforme agli effettivi uomini di questa Terra. Ma dopo un simile periodo di vita, che ha pur sempre un profondo significato per loro e che però non dura mai troppo a lungo, esse fanno ritorno alla loro patria d'origine - e ciò spesso dopo qualche decennio, naturalmente senza venire riconosciute dagli uomini di questo mondo - vedendo spesso le loro grandi fatiche coronate dal migliore successo e pervenendo certamente a quello che hanno cercato una prima volta.

16. Alcune di tali anime straniere vanno spesso perfino peregrinando per molti altri corpi mondiali prima che, guidate dai loro spiriti, si azzardino a cimentarsi nella carne di questa Terra. Qualcuna proviene anche dall'uno o dall'altro mondo solare; tra di loro ce ne sono alcune che ben presto fanno rilevanti progressi; altre invece si lasciano spesso sopraffare da un sentimento d'ira contro tutto ciò in cui si imbattono su questo aspro mondo. In seguito a ciò tali esseri divengono spesso molto perversi, e rapinano e uccidono tutto quello che capita loro a tiro. Solitamente questi individui non provano nessun amore per gli uomini di questa Terra, anzi cercano in tutti i modi di recare loro danno. Essi però soltanto raramente sfuggono qui alla giusta punizione per i delitti commessi contro le vigenti leggi dell'ordine terreno. Spesso anch'essi fanno ritorno alla loro antica patria, dove però non li attende una sorte fra le migliori, perché là il loro spirito spesso mette in atto con loro una disciplina terribilmente aspra e dolorosa che, a seconda del grado di superbia, di durezza e di egoismo acquisito dall'anima, dura anche terribilmente a lungo!

17. Anzi, lo stesso succede perfino ai cittadini di questa Terra, qualora si lascino sedurre dagli stranieri a compiere il maggior male possibile. Tali anime, le quali purtroppo non sono poche, costituiscono appunto quelli che vengono chiamati demoni; tuttavia i loro spiriti provenienti dall'aldilà divengono allora le loro guide aspramente punitrici finché esse non si siano del tutto migliorate. Ora vedi, questa è la ragione per la quale su questa Terra esiste tanta diversità nelle cose e tanta varietà nei caratteri degli uomini, nelle loro condizioni e nelle circostanze che influiscono sulla loro vita. Dunque io credo che voi se, come evidentemente dovrebbe essere, siete capaci di un pensiero più acuto e profondo di quello di altra gente comune di questa Terra, troverete in quanto ho detto una risposta già perfettamente chiara alle vostre domande! Oppure, vi manca ancora qualcosa?».

 

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Cap. 189

La questione del Messia.

 

1. Dice Hiram: «Tutto è ormai in regola, e noi non abbiamo più niente da obiettare; perché crediamo che certamente tu solo puoi sapere e comprendere con sufficiente lucidità che le cose stanno effettivamente così e non diversamente. Noi, ovviamente, non possiamo vedere a fondo e comprendere la questione, dato che non sappiamo nulla degli innumerevoli altri corpi mondiali, e meno ancora dei loro abitanti quanto mai enigmatici, e cosa essi siano, quale aspetto abbiano e da quale spirito siano veramente animati! Tuttavia sotto questo aspetto io penso che almeno qualcuno fra i migliori uomini su questa Terra, mentre vive ancora qui, dovrebbe pur ricevere qualche cenno dall'Alto, per potersi regolare conformemente e difendere da simili individui!»

2. Risponde Giovanni: «Ascolta! Di tali uomini ce ne sono stati sempre su questa Terra, e queste ed altre cose simili essi le hanno annunciate in ogni tempo a questa umanità sotto forma di ogni specie di simboli e di immagini corrispondenti; per esempio, nel Cantico dei cantici di Salomone di simili accenni se ne possono riscontrare ripetutamente. Sennonché gli uomini, anzi le loro anime, hanno sommerso troppo i loro sensi nella materia del mondo, voltando così le spalle al loro spirito proveniente dall'aldilà, e conseguentemente non possono più comprendere nulla delle cose altissime e puramente spirituali! Ma appunto perciò siamo ora venuti noi a questo mondo per risollevare le anime andate in rovina per colpa assolutamente loro propria, e per mostrare loro le giuste vie che conducono all’eterna salvezza spirituale della vita!

3. In avvenire, dopo di noi, ci penserà lo Spirito Santo di Dio a rivelarlo alle migliaia in maniera molto più chiara di quanto abbia potuto rivelarlo io ora a voi. Egli vi guiderà in tutte le profondità della Sua Sapienza primordiale-divina, e soltanto allora voi vedrete con assoluta chiarezza anche quello che adesso avete appena cominciato a credere debolmente. Ma finché non sia giunto un simile momento, allora credete e indagate nelle Scritture, nonché in tutta la natura, ed esse pure vi diranno che è così e non altrimenti! Ma la piena ragione di tutto ciò voi la comprenderete completamente, come già detto, solo più tardi. Avete forse dell'altro da obiettare?»

4. Dice Hiram: «No, o nobilissimo e sapiente amico mio! Ormai in noi non sussiste più alcun dubbio riguardo a queste cose! Ma visto che sul declinare di questa magnifica giornata noi abbiamo scambiato delle parole già su tanti argomenti, io vorrei domandarti ancora una cosa. Io pure non sono che un autentico greco, tuttavia con l’andar del tempo mi sono familiarizzato parecchio con il Giudaismo, e vi ho trovato varie cose che mi hanno divertito; particolarmente interessante mi è sembrata l'asserzione degli ebrei sulla comparsa di un messia, il quale dovrebbe essere né più né meno che il supremo Essere divino stesso, e il quale verrebbe per renderli, ovviamente, tutti immortali, per poi insediarsi a Gerusalemme come il loro re invincibile per l'eternità e per reggere infine, da quella residenza, addirittura tutto il mondo, e nello stesso tempo, ben s’intende, anche tutta l’infinità eterna.

5. Di noi invece, a causa del nostro mito degli dèi, già quasi dappertutto ridono a più non posso, e si dichiara che tale mito non è altro che un'antica insensatezza! Ma che cosa non si dovrebbe dire agli ebrei se si considera un po’ questo loro messia? Altro che assurdità! Una stupidaggine talmente sconfinata ed una confusione tanto enorme dello spirito umano io davvero non le ho mai trovate ancora in nessuna parte del mondo che ho potuto visitare nei miei viaggi! Dimmi un po’ tu che razza di bricconata si nasconde qui sotto! Questa, evidentemente, non può essere che una abominevolissima millanteria delle classi più ragguardevoli degli ebrei, rivolta particolarmente contro di noi greci e contro i romani, ed essi già si rallegrano probabilmente al solo pensiero che il loro “Giove” verrà un giorno per cacciarci fuori dal loro paese con in mano un'enorme spada fiammeggiante, dalla quale ad ogni colpo ben diretto sprizzeranno fuori almeno centomila fulmini distruttori sul capo di tutti i pagani! Ebbene, questa mi pare che sia davvero un po' troppo grossa! Che cosa ne dici tu, dato che sei ebreo tu stesso, di questa vecchia e pazza frottola ebraica?»

6. Risponde Giovanni: «Questa storia non è proprio senza senso come tu, da greco autentico, potresti immaginare, e anzi dovrebbe interessarti più di quanto credi! Certo però che nel modo come l'hai sentita raccontare dagli ebrei, essa rappresenta evidentissimamente una fra le assurdità più colossali e ridicole, dietro la quale non c'è nemmeno il barlume di una verità sia pure soltanto apparente! Sennonché quello che gli ebrei attendevano ed attendono in maniera sovranamente stolta, ed anche attenderanno invano dopo di noi fino alla fine del mondo, si è già avverato da molto tempo senza che i loro occhi ciechi abbiano potuto vederlo, e senza che i loro orecchi sordi abbiano potuto udire qualcosa, ma non per cacciare via i pagani, quanto mai malvisti dagli ebrei, ma perché succeda il contrario, e cioè gli ebrei verranno cacciati dal paese, ed ai pagani sarà data per sempre la Parola di Dio! Ad ogni modo più tardi intavoleremo una discussione quanto mai significativa riguardo a questo argomento, mentre adesso si tratta di provvedere ad una cena e ad un giaciglio per questa notte! Comunque sia, noi ci fermeremo qui anche domani, poi forse ancora un paio di giorni; per conseguenza avremo tempo sufficiente per parlare di molte altre cose che sarebbe troppo lungo trattare oggi»

7. Dicono i due, assai lieti di questa assicurazione: «Da parte nostra verrà subito dedicata ogni cura perché venga provvisto a tutto ciò nel miglior modo possibile!».

8. Detto questo, i due se ne vanno tutti contenti, mentre Io lodo il discepolo perla sua instancabile perseveranza e per la sua pazienza veramente grande.

 

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Cap. 190

Giovanni è preoccupato a causa dell’acutezza di intelletto di Hiram.

 

1. Mentre questi due pescatori con le loro mogli e figli erano intenti a preparare la cena, Giuda Iscariota, che da qualche tempo era tutto mogio mogio, riaprì di nuovo bocca per domandare chi sarebbe andato a restituire la nave al vecchio Marco quando noi non ne avessimo avuto più bisogno.

2. Io gli rispondo: «Preoccupati di qualcosa che ne valga più la pena di queste minuzie mondane! Infatti, Colui il Quale ha costruito in modo meraviglioso questa nave per Marco saprà bene come fare per restituirgliela! Ma perché non ti occupi mai di qualcosa che sia dello spirito, ma sempre di qualcosa che è puramente di questo mondo? Cosa speri dal mondo? Cosa ne ricavi dal mondo o cosa ne ricaveresti se anche tutto il mondo fosse tuo, ma se possedendolo la tua anima ne avesse un grandissimo danno? Che cosa potresti dare per il riscatto della tua anima corrotta?

3. Guarda qui questi poveri pescatori! Essi, rispetto a voi, sono della gente fra la più istruita, e quanto al resto sono, come si vede, animati da sentimenti amichevolissimi; non si aspettano alcun premio di vita dopo la morte del corpo, eppure tutto il mondo con i suoi tesori passeggeri è un abominio per loro, e perciò si sono ritirati dal mondo per rifugiarsi in questo remotissimo angolo desolato della Terra. Oggi per la prima volta hanno avuto occasione di ascoltare qualcosa di più nobile e di spirituale, e già sono colmi di letizia pur essendo più che per metà dei pagani. Tu invece sei un ebreo autentico, ed appartieni come Me alla stirpe di Giuda, ma nonostante ciò lo spirituale non fa in te che pochissima impressione, e spesso non te ne fa nessuna! DimMi dunque con parole sincere, una buona volta per tutte, perché vieni effettivamente con Me di luogo in luogo!»

4. Dice Giuda, alquanto imbarazzato: «Ah, ecco che di nuovo ho sbagliato dimolto perché ho voluto informarmi riguardo alla nave di Marco! Però così facendo non ho avuto affatto intenzioni cattive o disoneste! Perdonami dunque se con ciò ho peccato!»

5. Io dico: «Oh, certo, dovrà venirti perdonato ancora molto! Bada bene però che alla fine il mondo non si faccia tuo padrone!».

6. Tommaso avrebbe voluto poi sussurrare anch’egli qualche parola all'orecchio di Giuda Iscariota, ma Io allora gli rivolsi un'occhiata per cenno, ed egli pazientemente non fiatò.

7. Poi Giovanni, il Mio prediletto, a sua volta si avvicinò a Me, e disse: «O Signore, credi che noi siamo già discretamente a posto con questa gente? Infatti, se essi insistessero nel venire fuori con argomenti ancora più profondi, io sarei indotto a pregarTi di voler Tu stesso tenere loro testa. Quello che fra l’altro io temo è la possibilità che il mio cuore non giunga eventualmente a comprendere, con sufficiente esattezza e rapidità, qualcosa che emana da Te, e che poi mi accada di dire qualcosa di mio per qualcosa di Tuo, nel qual caso, data l'acutezza della loro mente, io verrei a trovarmi in un bell'imbarazzo! Infatti, essi fanno tanta attenzione a ciascuna parola e ad ogni gesto che di più non se ne potrebbe trovare in una volpe astutissima in cerca di preda! Una sola parolina fuori posto e con loro non se ne verrebbe più a capo!

8. Filopoldo da Cana presso Chis era anch’egli un uomo dello stesso stampo, ma con lui si poteva parlare con molta maggiore facilità. Con questi invece le difficoltà sono parecchio più grandi, perché essi sono davvero ricchi d'esperienza ed hanno in aggiunta un intelletto così acuto quale non ho mai avuto occasione di trovarne finora l'uguale! Mataele era pure uno spirito straordinario, però di fronte a Hiram avrebbe anch’egli avuto un compito assai difficile! O Signore, ancora una volta Ti prego di volerli affrontare Tu stesso qualora l'attacco dovesse eventualmente rinnovarsi con maggiore accanimento!»

9. Dico Io: «Mio caro Giovanni, ormai non vi sarà più una simile necessità! Hiram ti muoverà pure, rispetto al Messia, ancora qualche obiezione che ti causerà un po’ di imbarazzo; tuttavia fra Me e te troveremo il modo di condurlo presto sulla buona via. Tu però adesso va nella capanna e procura loro del fuoco, perché, dal momento che se ne sono andati, hanno continuato a cercare di fare del fuoco sfregando come al solito due pietre o due pezzi di legno, ma senza riuscire nell'intento»

10. E Giovanni entrò subito nella capanna e disse: «Miei cari amici, a quanto vedo, oggi il vostro sistema per accendere il fuoco fa cilecca! Infatti, avendo osservato abbastanza a lungo da questa parte, non ho potuto accorgermi che in casa vi fosse del fuoco. Allora il mio Amico mi disse: “Va e procura del fuoco a quella buona gente che si affatica invano”, ed eccomi perciò qui, pronto ad aiutarvi!»

11. Esclamano Hiram ed Aziona insieme: «Sii mille volte il benvenuto! Con le nostre migliori pietre non riusciamo a fare nulla, e d'altro canto i pezzetti di legno che adoperiamo a questo scopo hanno preso forse un po' di umidità qui nella capanna, e dunque la questione del fuoco si mette male, come pure, a quanto abbiamo sentito, anche ai nostri vicini non va meglio di noi!»

12. Dice Giovanni: «Ebbene, deponete della legna sul focolare, e poi il fuoco divamperà immediatamente!»

13. Essi allora fecero secondo il suggerimento, ed Aziona disse: «Ecco, amico caro, la legna è già sul focolare; sono davvero curioso di vedere in che nuova maniera tu farai del fuoco!».

 

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Cap. 191

Il miracolo del fuoco di Giovanni.

 

1. Dice Giovanni: «Vedete, si fa così!»

2. Giovanni pronunciò semplicemente queste parole: «Arda questa legna sul focolare qui, e pure nelle altre capanne!”; nello stesso istante la legna si accese in tutte le capanne.

3. I due, vedendo ciò, si presero la testa fra le mani, ed esclamarono: «In verità una cosa simile non la può fare che Dio! Noi abbiamo visto dei maghi che producevano il fuoco mediante lo sfregamento delle mani, mai però mediante la sola parola! Tu devi disporre di qualche polvere misteriosa della quale cospargi prima la legna con destrezza e rapidità davvero magiche, cosa che però né noi né nessun altro abbiamo potuto osservare, e che abbia la proprietà di accendersi non appena viene a contatto con il legno! Si dice che gli antichi egiziani abbiano conosciuto una polvere di questo tipo! Altrimenti questo resta assolutamente un miracolo fra i più incomprensibili!»

4. Dice Giovanni: «Questa certa polvere sarebbe quella che meglio si presterebbe a spiegare in maniera naturale il fatto, sennonché io mi sono preso la libertà di portare il mio aiuto in tutte le vostre capanne contemporaneamente, come potrete convincervene fra poco; e per questo mi pare che quella certa polvere egiziana del fuoco non dovrebbe entrarci per nulla qui!»

5. Giovanni aveva a mala pena terminato di parlare, quando si videro tutti i vicini accorrere in gruppo, combattuti fra il timore e la gioia, i quali cominciarono a raccontare con foga quanto era successo nelle loro capanne.

6. Ma Aziona li tranquillizzò dicendo loro: «Ritornate a casa vostra in pace e confortati, perché noi già sappiamo quello che vi è accaduto!».

7. Udito questo i vicini fecero ritorno alle loro capanne per prepararsi anche loro il moderato pasto.

8. Poi Hiram aggiunse: «Ora, miei cari e prodigiosi amici, bisogna che anch’io me ne vada per breve tempo a casa mia per mangiare la mia razione di pesce che a quest'ora sarà già ben lesso, senza sale né altre droghe, ma poi ritornerò qui subito ai vostri servizi!»

9. Dice Giovanni: «Tu puoi restare qui; sii nostro ospite assieme alla figlia di Aziona!»

10. Risponde Hiram: «O nobilissimo amico, questo sarebbe troppo da parte della vostra straordinaria bontà, che io non riesco ancora a spiegarmi! Ma devo provvedere anche ad un alloggio per voi per questa notte; per conseguenza è necessario che me ne vada un po’ a casa mia e che predisponga nella mia capanna un giaciglio decente almeno per uno di voi, data la limitatezza dello spazio!»

11. Osserva Giovanni: «Nemmeno questo è necessario, perché sulla nostra nave è già provvisto a ciò e noi tutti possiamo passarvi benissimo la notte; ma forse, come siamo soliti fare, passeremo invece la notte addirittura all'aperto, sdraiati sulla buona erba sotto l'albero; per conseguenza non occorre che ti preoccupi per noi»

12. Dice Hiram: «Oh, se è così, rimango qui senz'altro! L'unico inconveniente che ha questo cantuccio di terra, particolarmente la notte, è la grande abbondanza di fastidiose zanzare e di altri insetti che pungono; poi ci sono anche in quantità delle bisce che di notte sbucano dai loro covi e spesso ci danno parecchio fastidio. Non mancano qui certo le cicogne e le gru che capitano al momento opportuno e che a schiere fanno delle belle scorpacciate; però, nonostante tutto ciò, quelle bestiacce si moltiplicano in modo tale che ogni sera ce ne sarebbero più che a sufficienza per saziare anche dieci volte tante gru e cicogne. Per questo motivo pernottare qui all'aperto non è ad ogni modo troppo piacevole; se dovessi scegliere io, allora preferirei senz'altro andare a dormire sulla nave, poiché dentro le cabine non occorre proteggersi dalle zanzare e da altri insetti, né meno ancora dalle bisce!»

13. Osserva Giovanni: «Non preoccupatevi di tutto ciò, perché oggi non vi molesteranno né gli uni né le altre, né lo faranno mai più!».

14. Dopo di che Giovanni uscì dalla capanna e ritornò da noi con l'intenzione di raccontarMi tutto quello che era successo.

15. Io però gli resi lode e dissi: «Tutto si è svolto a vantaggio di questa gente, pienamente secondo il Mio Ordine! Ma adesso conviene che vi annunci un'altra cosa!».

 

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Cap. 192

La cena prodigiosa.

 

1. (Il Signore:) «Verso mezzanotte noi dovremo sostenere qui addirittura una guerra! Infatti, poiché la spedizione capitanata da Zinca non aveva più dato nessuna notizia di sé, allora ne hanno allestita un'altra ed è partita ieri da Gerusalemme. Chi ne siano i promotori, non vi sarà difficile immaginarlo! La spedizione è organizzata per mare, ed alcuni pescatori che vi conoscono hanno rivelato a quella gente come noi siamo entrati oggi verso mezzogiorno in questa baia. Essi stenteranno parecchio ad orizzontarsi in queste acque infide quando l'oscurità si sarà accentuata; tuttavia sotto la guida di due pescatori esperti del luogo e ben pagati finiranno con l’approdare qui! A bordo ci sono, fra altro, due accaniti farisei e un capo della guardia di Erode. Però in proposito non dite niente per il momento a questi pescatori, considerato che con ciò noi non faremmo altro che spaventarli inutilmente, perché essi non ci conoscono ancora perfettamente, e nel segreto del loro cuori ci considerano ancora dei maghi di specie straordinaria!

2. Tuttavia a questi persecutori che vi ho annunciato non andrà così bene come a quelli capitanati da Zinca! Questi Mi danno la caccia mossi da avidità, odio e furore sfrenati, ciò che non era il caso di Zinca; proprio per questo l'impresa verrà a costare loro ben cara! Infatti, della gente traviata che agisce sotto ad una costrizione bisogna trattarla in un modo, però ben diversamente vanno trattati i completi demoni! Oggi converrà per una volta che vediate in Me il Giudice inesorabile a Cui incombe per un momento il dovere di estinguere in Sé l'Amore! Ma adesso non parliamone più, perché ecco, sono già qui coloro che ci ospitano e ci portano la cena molto bene allestita!»

3. Quando Aziona è arrivato con la sua cesta delle vivande, dice: «Miei cari e divini amici! Tutto sarebbe bello e buono; sennonché qui non abbiamo né tavole, né sedie, né lume; ed ormai la sera è discretamente avanzata!»

4. Dico Io: «Tutto questo non ci sarà affatto d'ostacolo! Ascoltate: per così poco noi maghi non ci troveremo in imbarazzo! Basta che noi diciamo: “Vi sia una mensa, delle panche e della luce!” e, vedete, tutto è già pronto qui a nostra disposizione!»

5. Infatti, all'istante sorse come per incanto dinanzi a noi un tavolo ben grande e lungo, con la sua tovaglia nonché con delle solide panche tutte intorno, e sul tavolo vi era una grande lampada alimentata con nafta che diffondeva una luce tanto bianca e intensa che all'intorno pareva quasi fosse giorno. Poco mancò che Aziona e Hiram, tra lo sbalordimento e lo spavento, non lasciassero cadere a terra la cesta che portavano; tuttavia ripresero subito coraggio e la posarono, un po' esitanti, sulla mensa meravigliosa.

6. Hiram rimase alquanto sconcertato osservando ora Me ora Giovanni, con sguardo pieno di stupore ma nello stesso tempo acutamente indagatore, quasi andasse chiedendo a se stesso: «Vorrei sapere chi dei due è il primo e vero maestro della compagnia!”, e finì col dire ad alta voce: «In verità, se anche questo fa parte dell'arte magica, basterebbe questo da solo per dar diritto in Alessandria ad un compenso di diecimila libbre d'oro purissimo».

7. Nell’udire questa cifra, Giuda Iscariota non poté più frenarsi e si lasciò sfuggire in modo da essere inteso da tutti queste parole: «Ah, se fossi io capace di tanto, non resterei neanche un'ora di più in questa stupida terra promessa dove in ogni angolo sta in agguato qualche persecutore!»

8. Questa volta toccò a Giacomo richiamarlo all'ordine e ricordargli la Mia ammonizione di prima; dopo di che egli si acquietò, e non aprì più bocca.

9. Aziona aveva frattanto chiamato a sé tutta la sua famiglia; egli mostrò loro il nuovo prodigio, e sua moglie esclamò: «O marito mio, questi non possono essere soltanto dei maghi, ma addirittura degli dèi, perché una cosa simile non si è ancora mai vista!»

10. Disse Aziona: «È possibile che tu abbia ragione; ma adesso si presenta la questione se gli alti dèi dell'Olimpo si accontenteranno dei nostri pesci!»

11. Disse la donna, che era una greca di Atene, e quindi pagana, per così dire, fino all'osso: «Oh, marito mio, io ho udito spesso raccontare cose simili degli alti dèi! Infatti, gli dèi amano il massimo sfarzo soltanto nei loro cieli; sulla Terra invece essi hanno contatti esclusivamente con la gente più schietta e semplice, e si accontentano delle più semplici vivande. Sì, sì, o mio caro marito, la questione sta proprio così!»

12. Disse allora Aziona: «Sarà certo così, sta bene dunque; e adesso ritornate a casa e sbrigate le vostre faccende!».

 

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Cap. 193

La nave in avvicinamento con gli sgherri.

 

1. A queste parole la donna si ritirò di nuovo nella capanna con i figli, e pur lavorando si diede assieme a loro a glorificare l'immenso Giove per tanta grazia; tuttavia fece osservare ai figli che, per il paese dove appaiono gli dèi, non c'è mai da aspettarsi niente di buono, ma soltanto guerra, carestia, pestilenze e gravi inondazioni.

2. I figli però osservarono: «Ma questi dèi hanno un aspetto quanto mai amichevole! Domani noi li pregheremo di non fare venire sulla Terra dei malanni troppo gravi!»

3. La madre concluse: «Adesso state zitti e tranquilli! Queste cose lasciamo che le aggiustino gli uomini, perché noi ancora ne comprendiamo troppo poco»

4. Allora il lavoro nella capanna fu ripreso in silenzio, e noi consumammo assieme a Hiram e ad Aziona la nostra cena che i due trovarono squisita. Hiram poi era specialmente entusiasta del vino e del pane ed in proposito non fu affatto avaro delle sue lodi. Terminato di mangiare i pesci, Aziona portò via la cesta, ritornò subito alla mensa che era sempre ben provvista di pane e di vino, e noi ci trattenemmo là senza che nessuno venisse colto dal sonno; e passammo il tempo parlando di varie cose fino ad un'ora prima della mezzanotte.

5. Fu in quell'ora che si vide Hiram alzarsi, scrutare per qualche tempo attentamente dalla parte del mare e dire con accento che tradiva qualche inquietudine: «Amici miei, io sento che nell'aria c'è qualcosa di nuovo e di non buono; un grave pericolo ci minaccia! Vedo una nave zeppa di soldati e di sgherri muoversi nella baia e dirigersi verso di noi! Davvero, non hanno intenzioni amichevoli! Tu, o amico, che sei senz'altro il creatore di questa luce, spegnila, affinché essi smarriscano la direzione e nell'oscurità finiscano su qualche banco di sabbia. Domani poi ci riserviamo di domandare loro cosa andassero cercando da queste parti, e costituiranno per noi una buona preda qualora risultasse provato che essi volevano onorarci della loro visita con intenzioni nemiche»

6. Io dissi: «Lascia pure che la luce continui a splendere! Ben presto avrai occasione di assistere ai prodigi della nostra Potenza; prima però bisogna che scendano a terra, e soltanto dopo faremo loro vedere quello che, secondo l’espressione che avete usato voi, sono capaci di fare gli dèi!»

7. Hiram si calmò a queste parole, però Aziona aggiunse per conto suo: «Vedete, miei cari amici, eppure prima vi ho domandato se eravate inseguiti da qualche nemico. Sennonché voi mi diceste: “Oh, niente affatto!”, mentre se voi aveste accennato anche minimamente ad una possibilità di questa specie, noi avremmo reso loro tanto difficile l'accesso in questa baia che, in verità, avrebbero dovuto ricordarsene per buoni trent'anni!»

8. Dissi Io: «Sapevo già prima molto bene quello che sarebbe accaduto senza che noi ne avessimo colpa; ma se ve lo avessi rivelato subito, avreste perduto la tranquillità che vi era necessaria. Per sbarrare l'accesso a questa baia voi avreste dovuto affaticarvi terribilmente; però, a che scopo? Non c'è forse in Me una Potenza e una Forza talmente grandi da tenere a bada centomila e più di queste navi nemiche? A che cosa dunque potrebbero servire dei preparativi di altro genere? Il bottino, nave compresa, spetterà senz'altro a voi, e non sarà certo piccola! Essi portano indosso delle somme considerevoli di denaro per scopi di corruzione e per i loro bisogni e divertimenti, nonché una quantità di cose preziose dal punto di vista terreno che vi saranno molto utili per alleviare i disagi fra i quali vivete ora. Queste cose Io le avevo già previste tutte in segreto, ma non vi ho detto niente principalmente per la ragione che vi ho appena esposto.

9. Se voi vi foste impadroniti della nave con l'astuzia e con la violenza, ciò che sarebbe stato anche facilmente possibile, avreste dovuto aspettarvi di ricevere dopo breve tempo, sempre ben s’intende da Gerusalemme, una nuova visita di persone in un numero dieci volte superiore e animata dalle intenzioni più ostili, e voi sareste stati tutti trattati come briganti. Così invece non avete minimamente da temere una simile eventualità, perché Io stesso, quantunque non presente di Persona presso di voi, in spirito vi difenderò e non permetterò che vi venga fatto del male!

10. Ma ecco che quegli uomini crudeli, davvero miserabili, sono già arrivati abbastanza vicino, e tra poco scenderanno a terra assieme ai due pescatori che ci hanno traditi; fate bene attenzione a quello che accadrà loro!»

11. Dice Aziona: «Basta che non abbiano con loro dei proiettili da lanciare!»

12. Ed Io lo tranquillizzai dicendo: «Oh, niente affatto; non hanno che degli spuntoni, alcune lance, spade e delle catene; ma adesso state quieti, Miei cari!».

 

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Cap. 194

Il giudizio sugli sgherri.

 

1. In quello stesso istante si udirono delle voci rauche e poi uno sghignazzare rumoroso: «Urrà, urrà! Eccoli qui i nostri merli che se la spassano al lume di una lampada greca! Li teniamo in pugno finalmente!».

2. Immediatamente i due accaniti farisei ed il castellano di Erode, accompagnati da alcuni sgherri, avanzarono con facce truci alla nostra mensa e gridarono: «Se non volete essere trasportati in pesanti catene fino a Gerusalemme, seguiteci con le buone! Alla minima opposizione non potete aspettarvi che di venire subito pesantemente incatenati ed essere trascinati via!»

3. Io però dissi loro: «Non è proprio possibile trovare presso di voi indulgenza e grazia almeno fino a domattina? Infatti, sarà la stessa cosa per voi partire domani invece di oggi per sfogare la vostra brama di vendetta su di noi innocenti!»

4. Più feroci che mai però i due farisei ed il castellano gridarono: «Con noi non si discute; non c'è grazia che tenga; dunque sbrigatevi e venite subito!»

5. Ed Io, facendoMi serio in volto, esclamai a Mia volta con voce potente: «Ebbene! Dato che in voi non c'è più nemmeno un barlume di pietà e che voi siete diventati demoni autentici della peggiore specie, sia completamente bandito anche dal Mio cuore ogni sentimento di pietà per voi! Che vi accada dunque secondo quanto avete nel cuore e nella mente, e secondo le vostre opere di una malvagità senza nome!».

6. A queste Mie parole i loro corpi si irrigidirono all'istante e furono colti da dolori atrocissimi, e a causa di ciò essi proruppero in urla e gemiti, scongiurando e promettendo che avrebbero fatto tutto quello che Io avessi preteso da loro purché li avessi liberati da quel tormento insopportabile! Preferivano mille volte morire piuttosto che sottostare ancora un momento di più ad una simile tortura!

7. Ma Io risposi loro: «Io pure ho chiesto a voi misericordia e grazia fino a domani, ma in voi non ne ho trovato nessuna! L'unica grazia che ora vi concederò sarà quella che le belve di queste montagne metteranno fine alla vostra pessima vita e faranno a voi quello che tante volte avete voi stessi fatto a molti innocenti! La vostra mostruosa, innominabile crudeltà non ha risparmiato nemmeno i piccoli fanciulli!

8. Voi, al tempo in cui eravate ancora dei giovani furfanti, foste tra i più zelanti esecutori alla strage dei bambini di Betlemme, poiché già allora eravate nell'illusione di poter uccidere anche Me. Sennonché l'eterno Spirito di Jehova che sempre Mi ha colmato di ogni potenza ha saputo impedirlo. Dopo quel fatto, però, voi avete perpetrato contro la misera umanità anche altre innumerevoli atrocità per le quali l'intelletto umano non è stato ancora capace di trovare un nome; ma per questo sono stato Io stesso a volere che voi doveste venire proprio qui, e ciò affinché ne abbiate quella ricompensa che voi, ormai demoni sotto spoglia umana, avete ben meritato!»

9. Le urla di quei miserabili si fecero allora ancora più spaventose, ed essi invocarono di nuovo grazia promettendo un miglioramento completo della loro vita malvagia. Supplicavano che Io tramutassi nei loro riguardi la giustizia in grazia solo per quella volta! E siccome quelle urla si facevano sempre più orribili, Aziona e Hiram e perfino alcuni dei Miei discepoli cominciarono ad intercedere in loro favore.

10. Però Io dissi loro: «Potete credere a Me: qualora per dieci soli istanti li liberassi dal tormento che hanno più che meritato, essi si scaglierebbero come furiose tigri contro di noi e ci sbranerebbero! Oh, Io so meglio di tutti voi come si deve procedere con gli angeli, con gli uomini e con i demoni autentici! In verità, per questi ferocissimi demoni intrufolatisi tra i Miei figli di questa Terra non c'è più traccia di misericordia nel Mio cuore!».

11. E quei perversi continuavano a urlare sempre di più e a supplicare che avessi pietà di loro.

12. Ed Io dissi ancora: «Ben presto saranno qui coloro che metteranno fine ai tormenti del vostro corpo, e le vostre anime nere avranno per dimora i draghi dei deserti più torridi dell'Africa per il tempo di diecimila anni, sepolte nella sabbia rovente. Amen!».

13. In quel momento un ruggito formidabile rimbombò da tutti i lati della montagna, così che tutti i poveri abitanti di quella località cominciarono ad avere molta paura.

14. Ma Io li confortai e dissi ad Aziona: «Ora bisogna liberare dai dolori i due pescatori; conducili tu nella tua capanna come prigionieri!».

15. Aziona fece immediatamente così. Quando quei due che si erano lasciati sedurre dal denaro si trovarono sotto buona custodia, ed Aziona ebbe ripreso posto alla mensa, un branco intero di tigri e di grossi orsi fece la sua apparizione, e le fiere si precipitarono su quei miserabili le cui urla non avevano più nulla di umano, li azzannarono e, sollevati tra le fauci come dei passerotti, si allontanarono in un baleno verso le montagne dove ben presto tutte quelle urla cessarono, perché quelle fiere - che Io avevo spinto a venire in quel luogo dalle regioni del Gange, in previsione di quello che sarebbe accaduto - sbrigarono in pochissimo tempo il loro pasto e ritornarono rapidamente ai loro paesi.

16. Io però, rivoltoMi a tutti, aggiunsi: «Di quanto è accaduto qui, non esca mai una sola parola dalle vostre labbra! Perché chi non osservasse quest'ordine dovrebbe subire delle conseguenze gravissime! Per quanto riguarda poi i due pescatori, con questi regoleremo i conti domani, ed essi a questo mondo non commetteranno più tradimenti!»

17. Allora Hiram ritrovò un po' di coraggio, e Mi disse: «Soltanto ora conosco chi tra di voi è il “signore” e devo confessare che ormai non posso evidentemente ed assolutamente considerarti che come un Dio! Tu certo sei la bontà fatta persona; ma la tua ira è sicuramente quello che di più tremendo vi può essere su tutto il mondo e sotto tutte le stelle! Ma che razza di esseri spaventosamente orrendi devono essere stati quei tali, perché tu non abbia voluto avere per loro nemmeno un minimo senso di pietà?».

 

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Cap. 195

La storia della vita degli sgherri.

 

1. Dico Io: «In verità ti dico che nel nostro tempo su tutta la Terra non esiste niente di peggiore! E ti dico altresì che ora a questo mondo ed in numero spaventosamente grande ci sono degli individui che si distinguono per la loro malvagità, ma che purtroppo si sono fatti malvagi per lo più in seguito alla cattiva educazione avuta già fin dalla nascita. Invece, a coloro che tu hai visto prima, non era mai mancata un’eccellente educazione ed erano stati ammaestrati in ogni buona dottrina; sennonché fin dall'infanzia essi avevano saputo spacciarsi per quelli che non erano con ogni genere di ipocrisia, così che fu data loro occasione di emergere ed essere tenuti in grande considerazione. In conseguenza di ciò essi ottennero incarichi molto ragguardevoli già in giovane età, ma ben presto cominciarono ad opprimere eccessivamente i loro amministrati abusando spesso rozzamente dei loro poteri d'ufficio e diventarono sempre più spietati e senza coscienza! Sennonché la loro astuzia li aiutò sempre e dappertutto a farla franca e così essi, particolarmente i loro tre capi che erano compagni di studi, ebbero la possibilità di arrivare a posti molto elevati, e solo in queste condizioni trovarono la via ben spianata per concedere il maggior campo d'azione possibile alla loro brama veramente satanica, e tutto quello che suggeriva il loro animo radicalmente perverso venne da loro attuato ad ogni costo.

2. Su quante tenere fanciulle e ragazzi dagli otto ai dodici anni non hanno essi sfogato le loro immonde voglie fino a provocarne la morte talvolta perfino fra i più atroci martiri, gettandone poi la carne in pasto ai loro numerosi cani! E se gli infelici genitori avessero osato indagare, anche solo alla larga, cosa fosse stato dei loro figli, questo sarebbe bastato perché dovessero essere preparati a sentir suonare la loro ultima ora. E i loro sgherri ed altri servitori legati da giuramento non erano, per loro conto, niente affatto migliori, anzi, semmai procedevano con più crudeltà ancora! Se tu consideri tutto ciò, nonché mille altre cose più orribili ancora, vedrai che non ti sarà assolutamente difficile comprendere la Mia ira.

3. Essi però sapevano anche molto bene che nessuno meglio di Me avrebbe potuto rivelare ai romani le loro opere malvagie, perché avevano sentito parlare già molto di Me. Perciò avevano inviato, in varie riprese, delle bande di sgherri per tentare di impossessarsi della Mia Persona, ma sempre invano; di qui la loro decisione di attuare essi stessi l'opera progettata. Ma allora lo Spirito disse in Me: “Fin qui e non più oltre!”. Così dunque è accaduto che essi hanno ottenuto qui in piena misura quella ricompensa che già da lungo tempo si erano meritati.

4. Le loro armi e le loro catene potrete raccoglierle e trasformarle poi in utensili domestici e in arnesi da pesca per la stagione invernale! Là sotto quella parete di roccia che delimita il bosco voi troverete i loro vestiti lacerati, perché là appunto furono divorati dalle belve, nonché delle ossa scarnificate. Tuttavia in quel posto andateci fra un mese, fino a quando anche le formiche abbiano compiuto la loro opera; là troverete ancora una quantità di quelle cose che sono preziose agli occhi del mondo, cose che con il tempo, e data una buona occasione, potrete vendere ai mercanti greci; comunque, per il momento non occorre che vi occupiate di ciò!

5. A bordo della nave devono trovarsi cinquecento libbre d'oro e d'argento, nonché molti altri oggetti preziosi ancora: queste cose appartengono a voi assieme alla nave; siate però equi e disinteressati nella ripartizione, e mettete a profitto questi tesori a seconda delle vostre necessità. La nave è qui come arenata e non ha padrone, e per conseguenza, secondo il detto romano PRIMO OCCUPANTI JUS (Diritto al possesso a chi se ne è impadronito per prima) essa è completamente di vostra proprietà! Siete contenti così?»

6. Dicono Aziona e Hiram: «O signore e maestro in ogni potenza, sapienza e forza dello Spirito perfetto di una Divinità suprema! E chi non potrebbe essere contento? Tanto più dato che noi ora vediamo che questo è in tutta verità puramente un dono dall'Alto!».

 

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Cap. 196

L’avidità di denaro di Giuda.

I vantaggi del riposo notturno su sedie a sdraio.

 

1. (Aziona e Hiram continuano:) «Noi due siamo ormai perfettamente d'accordo con il credere anzitutto che tu sei un Semidio, e questo giovane (Giovanni) pure. Gli altri non hanno lasciato trapelare niente dinanzi a noi delle loro facoltà divine, ma saranno anch’essi qualcosa di simile, visto che sono in vostra compagnia! Soltanto in quell'uno là, dall'aspetto piuttosto cupo, le caratteristiche umane si rivelano ancora molto spiccatamente; ed essendo fra voi, sarà forse soltanto un uomo un po’ migliore di tanti altri, perché prima, mentre la nave nemica stava avvicinandosi, abbiamo osservato bene come egli, preoccupatissimo, cercava di nascondere ansiosamente la sua borsa del denaro sotto la veste! Non credo certo che degli dèi abbiano bisogno di questo fango terrestre!»

2. Poco mancò che a queste parole, alcuni fra i discepoli non scoppiassero in una risata, e Tommaso, battendo forte sulla spalla a Giuda Iscariota, disse: «Un bel colpo, davvero! E questa freccia è volata proprio diritta sul segno al momento opportuno! Veramente avrei io stesso desiderato rinfacciarti ad alta voce il tuo fare l'occhiolino alla nave e anche a quella parete di roccia, sennonché poi mi venne il seguente pensiero: “Chissà che di questo non si incarichi qualcun altro!”. E infatti la mia ansiosissima aspettativa non è rimasta affatto delusa! Ascolta, prima avresti potuto benissimo farti portare anche tu sotto quella parete di roccia da un orso un po' compiacente! Se per combinazione non fossi stato mangiato con gli altri da quegli autentici ghiottoni dall'India, domattina avresti potuto comodamente appropriarti di tutti quei tesori che sono sparsi in quel luogo! Sennonché la storia ha cominciato adesso a mettersi piuttosto maluccio!

3. Del resto, per aver voluto unicamente porre al sicuro il tuo gruzzolo sotto la veste all'approssimarsi del pericolo, non ti si può che lodare, dato che hai dato prova di essere un amministratore oculato ed economo! Ma d'altro canto, sai, con il sistema di raccolta segreta che tentasti di usare a Chis, nel gran cortile di quell'albergo, e poi quand'eravamo da Marco, presso le tende di Ouran, qui credo che non approderai a nulla! Ah, certo, in queste condizioni tutto fa pensare che qui, poverino, non ci sia proprio pane adatto ai tuoi denti! Io, nei tuoi panni, avrei già da lungo tempo voltato le spalle a questa compagnia!».

4. Giuda Iscariota, nell'impossibilità di ribattere qualcosa, stette zitto e inghiottì tutto in pace, perché Io gli avevo incusso un grande timore con il Mio atto di giustizia inesorabile nei confronti di quei malvagi. Egli si sdraiò ben presto sull'erba e cominciò a dormire.

5. E dopo che Giuda si fu addormentato, soltanto allora Hiram aggiunse: «Oh, solo adesso ci vedo ben chiaro per quanto riguarda quest'uomo! Egli è colui che - durante il mio vivido sogno che vi ho raccontato - ho visto che era oscuro e che non c'era alcuna luce intorno a lui; tu, invece, o signore e maestro, eri il più splendente fra tutti! Ma ora ditemi un po', o celestiali amici, se voi non sentite la stanchezza e il bisogno di dormire come noi, uomini! Noi potremmo darci da fare per provvedere delle stuoie o qualunque altro genere di giaciglio!»

6. Dico Io: «Oh, non ti preoccupare di ciò; qui a tavola e su queste panche munite perfino di una spalliera, si può riposare benissimo. Anzi Io vi dico che addirittura anche dal punto di vista fisico e sanitario gli uomini prolungherebbero di un buon terzo la durata della loro vita corporale qualora, per il riposo notturno, al posto dei letti orizzontali facessero uso di comode panche o sedie del genere come vedi qui. Infatti, a causa del coricarsi in posizione orizzontale lo stato del sangue e la sua circolazione vengono a subire una modificazione troppo violenta, la quale provoca già prematuramente ogni tipo di ingombri e di irregolarità nella funzione degli organi della digestione e della nutrizione. Invece, riposando la notte nella posizione in cui ci troviamo noi adesso, tutto si mantiene per lunghi anni nel massimo ordine.

7. Abramo, Isacco e Giacobbe dormivano esclusivamente seduti su certe panche o sedili a spalliera, non conoscevano i letti piani che si usano attualmente, e perciò, con la dovuta moderazione in ogni altro campo della vita naturale, raggiunsero una tardissima età pur conservando intatta tutta la loro forza animica, mentre più tardi, quando l'umanità cominciò a non badare ad una simile norma, il tempo della vita umana si accorciò per più della metà.

8. Chi risente però più di tutti a stare coricati orizzontalmente sono le donne in stato di gravidanza, perché in primo luogo il bimbo già nel corpo materno viene così storpiato e indebolito; e in secondo luogo le difficoltà e spesso le gravi irregolarità del parto dipendono per lo più appunto dall'abitudine del giacere in posizione piana! Questo sia detto per vostra norma sotto l’aspetto fisico e sanitario! Chi si atterrà a tale norma non tarderà ad averne buone conseguenze per la salute del proprio corpo.

9. Oltre a questo, durante l'estate sarà meglio che dormiate, se mai possibile, all'aperto anziché dentro stanze o capanne dall'aria viziata e umidiccia, e non mancherete di sentirne ben presto i benefici effetti. Soltanto d'inverno si può approfittare degli ambienti al coperto moderatamente riscaldati, però sempre bene arieggiati e asciutti. Chi dunque vivrà così, conformemente cioè all'ordine originario e sarà inoltre moderato nel mangiare e nel bere, costui avrà ben poco a che fare con medici e farmacisti!»

10. Dicono Hiram ed Aziona: «O tu, divino signore e vero maestro di vita, anche di questo tuo insegnamento noi non potremo mai ringraziarti abbastanza, e questo tuo consiglio quanto mai saggio noi lo seguiremo con tutte le nostre forze e con ogni attenzione possibile!»

11. «Ed io», disse Hiram, «per mio conto vorrei aggiungere ancora che il maestro di ogni vita deve certo sapere meglio di tutti cos’è che costituisce il massimo bene alla vita! Ma dato che su questa Terra deve esserci pure stato un tempo nel quale vivevano proprio i primissimi uomini, ci si chiede ora come abbiano vissuto dal punto di vista naturale!».

 

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Cap. 197

La storia primordiale degli uomini.

 

1. Rispondo allora Io: «Eh, Miei cari amici, dotati davvero di molte conoscenze ed esperienze, sarà per noi un compito difficile darvi una risposta ben comprensibile! Infatti, anzitutto, secondo i concetti che avete voi della misura del tempo, questa Terra è un corpo mondiale già molto, ma molto vecchio, e per voi non esiste espressione numerica capace di rappresentare la molteplicità degli anni della sua esistenza.

2. Ad ogni modo gli uomini, quali sono quelli che attualmente dimorano sul suolo della Terra, esistono appena da quattromila anni o poco più. I primi uomini allora viventi erano degli esseri umani come voi, ma con l’andar del tempo, e in seguito al loro modo di vivere, andarono suddividendosi in due classi, e cioè quella dei figli di Dio, così chiamati perché l'animo e il loro cuore riconoscevano Dio e a Lui restavano fedeli, e quella dei figli del mondo, così chiamati perché andavano sempre più dimenticandosi di Dio, e dedicavano invece ogni loro cura al mondo, ciò che la maggioranza degli uomini sta facendo anche attualmente. I figli del mondo si edificarono città e ogni tipo di templi per gli idoli; e il loro dio principale era mammona, com’è anche attualmente! Essi vivevano perfettamente così come vive l'umanità oggi; e per questo la loro vita era di brevissima durata, assolutamente come ora.

3. Invece ben differenti erano le condizioni di vita dei figli di Dio. Questi dimoravano esclusivamente sulle montagne, scendevano in pianura soltanto rarissime volte e vivevano in maniera semplice e conforme alla natura. Là non c'erano né città, né borgate o villaggi, e neppure si conoscevano case nel senso comune della parola, ma soltanto certi luoghi erbosi interamente puliti e circondati da alberi viventi. Lungo la cinta degli alberi si innalzava un terrapieno a forma di panca, il quale, quand’era necessario, era fittamente ricoperto di muschi nella parte vicina ai tronchi, e così questo rialzo circolare di terreno dentro alla cinta degli alberi formava un comodissimo posto di riposo durante il giorno e nello stesso tempo un buon giaciglio per la notte.

4. Il nutrimento dei figli di Dio consisteva per lo più di buoni e sempre maturi frutti di alberi, di ogni tipo di radici saporite e di latte. Con il tempo, istruiti dalla rivelazione interiore, essi impararono presto a fabbricarsi vari utensili domestici molto utili, di ferro e di altri metalli, e poi cominciarono a dedicarsi all'agricoltura, prepararono la farina con la quale sapevano preparare un buon pane e produssero molte altre cose ancora; però tutto in maniera semplice e senza lusso - perché loro erano interessati soltanto alla funzionalità delle cose -, e così vissero quasi per duemila anni in grande semplicità, raggiungendo un'età considerevolmente elevata.

5. Solamente quando a poco a poco essi pure si lasciarono illudere e sedurre dal fasto e dalla grande bellezza esteriore dei figli del mondo, allora, come punizione, vennero soggiogati varie volte da quest’ultimi e vennero ridotti addirittura in schiavitù, ad eccezione di una parte di loro molto esigua che rimase fedele a Dio fino ai tempi di Noè. Ma anche nonostante tutto ciò in loro e per loro tutto cambiò. Essi si fecero fisicamente più piccoli e deboli, e la loro vita arrivò rare volte ai cent'anni, mentre prima raggiungevano spesso quasi i mille anni di età.

6. Come a voi è però noto, ai tempi di Noè tutti i primi rampolli umani della Terra, resisi puramente uomini del mondo, vennero affogati per loro colpa in seguito ad uno spaventoso cataclisma, perché questo diluvio sommerse la maggior parte della Terra allora abitata, e ciò avvenne in modo tale che le potenti onde provocate dagli uragani arrivarono, per qualche tempo, parecchie braccia addirittura oltre alla cima delle montagne fra le più alte, e fin là dove giunsero, spensero ogni vita umana ad eccezione di quella di Noè e della sua non numerosa famiglia, e così pure ogni vita animale tranne quella custodita da Noè nella sua arca. Con Noè però, com'è risaputo, ebbe inizio un'epoca del tutto nuova per la Terra.

7. Con ciò voi avete, in brevissimi tratti, un quadro fedele dei primi rappresentanti del genere umano su questa Terra, e per conseguenza vi si renderà ancora più chiaro come il consiglio che vi ho dato sia assolutamente buono e giusto»

8. Dice Hiram: «Ma dimmi, tu, unico maestro della vita, eccelso in sapienza e potenza e signore di tutti gli uomini! Se la Terra è già ora tanto inconcepibilmente antica, che generazione mai di esseri esisteva su questa Terra prima che vi facesse la sua apparizione il vero e proprio essere umano simile a noi? Infatti, non è ammissibile che essa si sia trovata a girare così - senza scopo, deserta e vuota intorno al Sole grandioso per un tempo che si può quasi chiamare una mezza eternità - prima della comparsa dei primi rappresentanti del vero genere umano che, a quanto dici, ebbe luogo circa quattromila anni fa, oppure essa era forse fino a quel tempo veramente deserta e vuota? Non si può negare che da parte mia è sconveniente rivolgerti simili domande, ma dato che vedo che in te e in questo tuo giovane compagno è insita una genuina onniscienza, spero che tu anche sotto questo aspetto vorrai tollerare l’invadenza suscitata in me dalla brama di sapere».

 

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Cap. 198

La storia primordiale degli esseri viventi della Terra.

 

1. Dico Io: «Oh, domanda pure a tuo piacimento, perché non saranno le risposte che verranno a mancarti da parte nostra, anzi ne otterrai sempre di tali che in sé celano da sole e permanentemente la verità esteriore ed interiore più indistruttibile della vita. Fa dunque la massima attenzione a quello che ti dirò in risposta alla tua domanda!

2. Vedi, prima che i veri uomini facessero la loro comparsa su questo mondo, esistevano qui, come pure su innumerevoli altri corpi mondiali simili a questa Terra, degli esseri i quali, per quanto riguarda la forma esteriore, avevano una grandissima somiglianza con i rappresentanti del genere umano attuale! Su questa Terra ci furono molte epoche nelle quali una generazione prima esistente si estinse completamente, e poi al suo posto ebbe inizio gradatamente un'altra, sotto qualche riguardo un po’ più perfetta.

3. Però, moltissimo tempo prima che tali generazioni cominciassero a darsi il cambio, di solito ogni settemila anni, ma sicuramente anche ogni quattordicimila anni, sulle parti asciutte della Terra non esistevano altro che vegetali di ogni specie, e solo più tardi comparvero, sempre per gradi, gli animali a sangue caldo delle specie più svariate, piccoli e grandi. Invece il regno degli animali acquatici, nonché più tardi, quello degli anfibi, era assai bene rappresentato già prima che sulla terraferma fosse sorta la vegetazione meravigliosissima di cui ho detto e così pure il regno di ogni tipo di insetti volanti, come la mosca e migliaia di altre specie ancora, e con queste quasi contemporaneamente sorsero pure alcune specie primitive di uccelli dei quali certo oggi non vi è più traccia, nonostante la mosca, quale il primo essere vivente e quale principio di ogni essere animale volante su ciascun corpo mondiale, sia rimasta quella stessa che era da allora fino ad oggi, come anche in avvenire rimarrà la stessa.

4. Dunque, quando la Terra divenne sempre più ricca di humus e quando essa per effetto di frequenti eruzioni vulcaniche sempre più spettacolari, grazie alle quali il fondo indurito dei mari fu violentemente sconvolto e sollevato in molte migliaia di punti, così da formare estesissime catene di montagne, e quando per effetto pure di altri violentissimi fenomeni atmosferici ebbe conseguito una forma tale per cui, grazie all’aumentato numero di superfici asciutte e grazie pure all'accentuata capacità vegetativa del terreno, su di essa avrebbero potuto trovare condizioni favorevoli di vita anche degli esseri più perfetti e dotati di maggiore intelligenza, ebbene, soltanto allora essi, cioè le creature di forma umana, vennero chiamati all'esistenza individuale per virtù dello Spirito di Dio, sapientissimo, eterno ed onnipotente.

5. Da quel tempo in poi, come già detto prima, la serie di generazioni delle creature umane si succedettero sulla Terra nel corso di epoche inconcepibilmente lunghe, e sempre le generazioni un po’ più perfette subentrarono al posto delle meno perfette.

6. Vedi, su questo tratto di terra asciutta dove noi siamo e che si trova ad abbondanti venti altezze d'uomo sopra il livello di questo piccolo mare, perfino le onde del grande oceano hanno scherzato già migliaia di migliaia di volte, e poi altrettante volte si sono ritirate lasciandolo asciutto com'è ora. Certo, sempre in una forma spesso enormemente mutata; e prima che dal tempo attuale siano trascorsi seimila anni, esso giacerà di nuovo in fondo al mare, e poi, in un periodo di altri nove-diecimila anni all'incirca, ritornerà asciutto com'è adesso. Questo alternarsi continuerà sempre sulla Terra finché la Terra stessa, o meglio la sua materia, sarà completamente trapassata alla vita»

7. Dice Hiram: «O signore ed unico primo maestro di ogni vita e di ogni esistenza! Ma verificandosi ancora una volta una simile invasione da parte delle acque, che cosa sarà del genere umano che allora continuerà ad esistere come oggi? Non annegherà esso di nuovo miseramente?»

8. Gli rispondo Io: «Oh, per nulla affatto! Infatti, tali inondazioni periodiche dei mari avvengono sempre con estrema lentezza e in maniera quasi impercettibile; così che tutti gli uomini avranno tempo più che sufficiente per fuggire ripiegando verso quelle parti dell'emisfero meridionale dove riemergeranno nuovamente degli immensi continenti appunto in seguito al ritirarsi dell'oceano, dato che questo, in tali periodi, affluirà di nuovo più verso Settentrione; e lo stesso accadrà quando l'oceano, dopo un altro dei periodi menzionati prima, riprenderà il suo moto migratorio verso Mezzogiorno.

9. Sotto questo aspetto dunque non sussiste più nessun pericolo per gli uomini, e il Mio Spirito saprà essere loro da guida in modo che essi avranno tutto il tempo necessario per prendere le misure opportune. E adesso dimMi se queste cose le hai comprese!»

10. Dice Hiram: «A dire il vero ho una certa impressione di averle comprese; tuttavia, per arrivare ad una visione proprio chiara di simili fatti e di simili rapporti prodigiosi mai uditi e mai nemmeno presentiti, che sono in qualche modo fondati nella natura immensamente grandiosa e nell'ordine dei mondi, ebbene, per arrivare a questo ci vuole ben altro che il mio intelletto infinitamente limitato! Per conseguenza, queste cose non sono capace di comprenderle proprio profondamente; però io ti credo sulla parola, poiché vi è in te sapienza sufficiente per conoscere a fondo e vedere chiaramente tutto ciò, dato che il tuo spirito, come mi disse Aziona dopo la tua venuta qui, dovrebbe essere, in fatto di potenza, di visione e di riconoscimento, supremamente perfetto e assolutamente una cosa sola con lo Spirito di una Divinità suprema, e anche se proprio non capisco come ciò sia possibile, però ci credo lo stesso avendoci tu fornito, senza che te lo chiedessimo, già tante convincentissime prove che così deve essere. Forse anche per noi verrà il giorno in cui simili cose le comprenderemo meglio di adesso, ma nel frattempo dobbiamo accontentarci di credere».

 

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Cap. 199

La diversità dei mondi.

 

1. Interviene allora Aziona, il quale dice: «Ma dimmi un po', o amico dalla sapienza incredibile! Nell'universo infinito della Creazione ci sono proprio vari mondi sui quali gli esseri umani, dico esseri umani, sono chiamati ad essere sotto ogni aspetto esattamente quello che siamo chiamati ad essere noi?»

2. Dico Io: «Amico, tu non hai che da osservare un po’ il tuo corpo con una certa attenzione per constatare che in esso vi sono molte membra e parti, l'una differente dall'altra. Possono ora avere tutte la stessa funzione? Possono essere assegnate al cervello le stesse funzioni dello stomaco, oppure l'occhio e l'orecchio, le mani e i piedi, o il naso e la bocca? Vedi, per quanto il corpo umano sia composto in maniera prodigiosamente ingegnosa di innumerevoli parti, anche minutissime, nonostante ciò neanche le due parti più vicine e più simili tra di loro, che concorrono alla formazione di uno stesso organo, hanno delle proprietà e delle funzioni perfettamente identiche!

3. Ad esempio: vicinissimi proprio l'uno all'altro ci sono due singoli nervi; ambedue ricevono lo stesso nutrimento, vengono animati da uno stesso fluido vitale, e la loro funzione è quella di alimentare e di far crescere due capelli sul capo che sono vicinissimi l'uno all'altro. Ebbene, questi due insignificantissimi nervi, quali identiche cause di identici effetti, dovrebbero essere perfettamente simili anche nella loro funzione! Ma Io ti dico invece che non è così! Questi minuscoli nervi sono, per quanto riguarda la loro funzione, tanto poco simili tra di loro quanto lo sono l'uomo e la donna, e perciò anche il loro organismo interiore è assolutamente differente l'uno dall'altro.

4. Sennonché adesso tu stai pensando e dicendo fra di te: “Ma almeno due nervi a carattere maschile e due nervi a carattere femminile devono essere perfettamente simili tra di loro!”. E qui di nuovo ti dico: “Neanche questi si assomigliano così pienamente come te li figuri tu!”. Infatti, se fosse come dici, tutti i capelli dovrebbero spuntare sullo stesso e unico punto del capo, oppure una vicinissima organizzazione nervosa a carattere maschile perfettamente simile, situata a distanza anche di una linea sola più innanzi, quindi su un punto del capo di differente costituzione, non farebbe crescere più nessun capello. Certo, può anche accadere che lo stimolo all'assimilazione, che è condizione di ogni natura, diventi più forte - nei nervi delle radici dei capelli - di quanto non sia la misura prescritta dall'ordine; ma quale né sarà la conseguenza? Ecco, in un simile caso sarai ben presto in grado di contare con facilità i capelli sul tuo capo!

5. Un simile fenomeno nel corpo umano è senza dubbio un fenomeno involontario; però ha quasi sempre le sue origini nelle aspirazioni non conformi all'ordine di un'anima sensuale e materiale. Lo stimolo all'assimilazione è necessario per la conservazione e la propagazione della vita naturale, ma, nella sua eccedenza o carenza oltre o al di sotto della misura stabilita nell'ordine della natura stessa, esso diventa la morte della vita naturale.

6. Supponiamo che fra il sesso maschile e femminile non esistesse il benché minimo stimolo all'assimilazione, e così nemmeno fra gli animali: se così fosse, non c’è dubbio che sarebbe la fine della riproduzione della vita naturale! Le ragioni di ciò non avrete difficoltà a vederle voi stessi; dunque la mancanza assoluta di tale stimolo corrisponderebbe evidentemente alla morte di ogni vita naturale. Ma nello stesso modo anche l'impulso od uno stimolo all'assimilazione che superi in potenza gli opportuni limiti, è chiaro che rappresenterebbe la morte della vita naturale, e con questa pure molto facilmente la morte della vita dell'anima.

7. Per citare un esempio: nell'occhio risiede lo stimolo all'assimilazione della luce; se tale stimolo non viene contenuto entro gli opportuni limiti e l'uomo comincia a fissare continuamente il Sole, in seguito a questa esagerata, potente eccitazione, l’occhio ben presto si spegnerà e diverrà cieco; e lo stesso avviene anche di tutti i sensi umani.

8. Il reciproco stimolo all'assimilazione può essere però trattenuto dentro i suoi limiti salutari soltanto dando delle leggi alla libera anima in base a cui l’anima stessa possa percorrere con passo sicuro la via della propria vita naturale. Naturalmente delle leggi di questa specie possono essere date in tutta la loro efficacia e quali apportatrici di benedizione solamente da Colui che ha creato il Cielo, gli spiriti, il Sole, le stelle, la Luna, la Terra e tutto ciò che esiste, respira e vive in essa, su di essa e al di sopra di essa! Ora questo è sempre avvenuto da parte del Creatore, ma solo pochi hanno osservato simili leggi seriamente e scrupolosamente. E coloro che hanno regolato la propria vita secondo simili leggi hanno sempre sperimentato anche le buone conseguenze di tale scrupolosa osservanza, tanto nel tempo quanto per l'eternità. I pigri invece, gli indifferenti e i privi di fede hanno sempre sperimentato il contrario, tanto in se stessi quanto perfino negli altri simili a loro.

9. Ora, da tutto quanto è stato detto, di fronte alla tua domanda principale risulta dimostrato all'evidenza che in tutta la Creazione universale non c'è un solo altro corpo mondiale che abbia la stessa missione, ed Io ripeto “suprema missione”, come appunto questa Terra, e che disponga di una costruzione e di una organizzazione interiore ed esteriore simili a quelle assegnate alla Terra».

 

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Cap. 200

La differenza fra gli uomini terrestri e gli uomini degli altri mondi.

 

1. (Il Signore:) «Tu certo potrai trovare dappertutto degli animali più o meno della specie come su questa Terra, e così pure degli uomini, ma in nessun luogo troverai tanta abbondanza di varietà. Là invece non ci sono dappertutto che poche specie tanto nel regno vegetale quanto in quello animale; e gli uomini sugli altri mondi non vivono in un ordine libero, ma piuttosto in un ordine giudicato, ed agiscono secondo una conoscenza piuttosto istintiva e non in base ad una qualche conoscenza libera, fondata in loro stessi e nell'esperienza acquisita.

2. Sui lontani e immensi corpi solari, invece, per zone o cinte parallele ai rispettivi equatori, risulta corrispondentemente rappresentato tutto quello che particolarmente si trova sui pianeti che orbitano intorno ad esso; e là c'è anche molta sapienza fra i diversi uomini capaci di parlare; sennonché là anche il linguaggio e la sapienza, spesso grande, sono piuttosto l’effetto dell'ispirazione e dell'istinto e non della libera acquisizione per mezzo della libera e propria attività.

3. In tali condizioni all'individuo non va attribuito alcun merito, come pure qui sulla Terra l’ape non acquista alcun merito quando costruisce le sue celle artistiche togliendo e preparando il materiale occorrente dai fiori, perché l'ape, agli occhi di chi sia capace di pensare, appare piuttosto come semplicemente lo strumento di un'intelligenza spirituale dell’aldilà, e non come un qualche essere che agisce liberamente, di propria iniziativa. E un rapporto quasi simile sussiste su tutti gli altri corpi mondiali rispetto alla creatura-uomo, nonostante che la forma esteriore di queste creature umane sia spesso incomparabilmente più bella e nobile di quella degli abitanti di questa Terra.

4. Ad ogni modo tutte le creature umane che popolano gli svariati altri corpi mondiali possiedono molto di più dell'istinto degli animali della Terra, perché in loro, oltre a tutto, c'è sempre una certa cameretta della vita dentro la quale si cela una specie di conoscenza libera, mediante la quale essi riconoscono uno Spirito divino supremo e, alla loro maniera, anche Lo onorano; conoscenza che però, naturalmente, è molto varia come molto vari sono i corpi mondiali.

5. Molti animali della vostra Terra hanno anch’essi, chi più, chi meno, nelle loro anime una specie di cameretta della libertà, ciò che spiega il fatto che essi possono venire addomesticati e ammaestrati nell’esecuzione di vari lavori; tuttavia non si possono paragonare con gli uomini degli altri mondi, e per conseguenza la cameretta della libertà negli animali non è in nessun modo paragonabile alla cameretta della libera conoscenza negli uomini degli altri corpi mondiali. Ed ora Io credo di aver risposto alla tua domanda principale in modo esauriente per il grado della tua conoscenza. Voi due ormai avete, almeno, discretamente compreso?».

 

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Cap. 201

Uno sguardo su Saturno.

 

1. Dice Hiram: «Tutto ormai sarebbe più che in perfetto ordine, dato che a te, o grande e nobilissimo sapiente, noi crediamo tutto sulla parola. Ma dato che sembra non esservi niente di impossibile per te, non dovrebbe esserti nemmeno impossibile metterci in condizione di dare un'occhiata, un po' più da vicino, ad un simile corpo mondiale che non sia questa Terra, però noi due insieme contemporaneamente, affinché poi noi possiamo rendere valida testimonianza agli altri!»

2. Dico Io: «Oh, niente di più facile di questo; tuttavia con gli occhi del vostro corpo ciò non sarebbe certamente possibile. Per conseguenza Io congiungerò per un breve tempo gli occhi del vostro spirito, della vostra anima e del vostro corpo. Lassù sul firmamento potete vedere un astro abbastanza grande e di una discreta luminosità, che è il cosiddetto pianeta Saturno. Rivolgete diritti il vostro sguardo su di esso, e lo vedrete farsi rapidamente sempre più grande dinanzi ai vostri occhi, e ciò finché voi avrete la sensazione di trovarvi completamente su di esso. Allora potrete raccontarci quello che vi si presenta dinanzi! Fate dunque come vi ho detto!».

3. I due allora cominciarono a fissare l’astro e velocemente esso diventa sempre più grande; ben presto essi scorgono perfino il suo anello suddiviso e parecchi dei suoi satelliti. Quest’ultimi in pochi istanti diventano grandi come la Luna terrestre e continuano rapidamente ad ingrandire mentre il pianeta stesso già si presenta ai loro occhi in tutta la sua grandiosità e maestà che incute rispetto. La loro meraviglia espressa ad alta voce comincia a questo punto addirittura a traboccare, perché, mentre dinanzi a loro si sta svolgendo in maniera sempre più distinta un simile spettacolo prodigioso, essi descrivono ad alta voce tutto quello che vedono.

4. Ecco, ormai la loro vista arriva in prossimità della prima Luna che è la più lontana dal pianeta, e d'improvviso si ode Hiram esclamare: «Ah, ecco qui una terra, grande sì, ma anche molto deserta! Si vedono degli animali e delle piante, e anche degli uomini; tutto quanto però appare estremamente atrofizzato; ben poca spiritualità traspare da questi uomini i quali non sono affatto belli; anche gli animali sono debolmente rappresentati, e quelli che si vedono hanno un aspetto quanto mai strano. Altrettanto dicasi del regno vegetale che è molto uniforme e misero. No davvero, questo mondo non ci piace per nulla!

5. Oh, ma ecco che ci viene incontro un altro mondo di questa specie che, tutto sommato, vale ancora di meno! Ed eccone un terzo che non vale di più e che potrebbe servire benissimo da dimora al saggio Diogene! Lasciamolo dunque andare! Un quarto che ci si fa dinanzi non è per niente migliore degli altri! Ma ecco un quinto mondo sul quale si vede che tutto è in proporzioni più piccole; tuttavia la parte abitata si presenta un po' meglio che non su quelli precedenti. I fanciulli saltano allegramente qua e là intorno come tante scimmiette! Di abitazioni non c'è traccia in nessun luogo; il regno animale anche qui sembra essere rappresentato scarsamente e con grande uniformità, né si può dire che il regno vegetale sia migliore! Ecco qui nuovamente si presenta un sesto mondo, più piccolo ancora, ed ecco perfino un settimo! Tutti e due però sono davvero insignificanti!

6. Oh, oh, ma cosa si vede adesso? Questo sì che si può dire un mondo enorme! Per il cielo! Pare che non abbia proprio mai fine! (Nota bene: è l’anello esterno). È un mondo che sembra estendersi in linea retta all'infinito! Oh, qui tutto ha l'aspetto immensamente bello! Lunghissime catene di montagne si susseguono a perdita d'occhio, e si vede una quantità di laghi e di fiumi, nonché uomini e piante che hanno più somiglianza con la nostra gente e con le nostre piante! Tuttavia non si vede traccia di una qualche civiltà. La gente ha un aspetto strano e sembra non conoscere per nulla che cosa sia la letizia, e gli individui sono di proporzioni gigantesche. Però qui non ci sono né case, né meno ancora delle città.

7. Ah, ecco di nuovo un secondo mondo altrettanto grandioso! Pare proprio come se un mondo enorme si trovasse nascosto dentro nell'altro! Sennonché non c'è veramente molta differenza fra questo e il mondo colossale precedente; ecco, adesso viene un terzo mondo di questa specie quasi del tutto simile agli altri! Ma, quante terre ci sono l'una dentro l'altra? Gli abitanti, un po’ più piccoli, hanno un'apparenza completamente spettrale, e tutto appare immensamente deserto senza quasi nessuna forma di civiltà! No, in verità, su questo mondo non desidereremmo vivere per nulla!

8. Ed eccoci in vista ancora di un altro mondo di questa specie, ma da vicino è quanto mai spaventoso a vedersi; non è possibile scorgervi traccia di una qualche creatura! Ma per tutti gli elementi! Questo sì che è un mondo che merita tutta la considerazione possibile!».

9. E qui la descrizione dei due, corredata da tutte le possibili esclamazioni iperboliche di meraviglia, si protrasse per quasi mezz'ora; dopo di che Io li richiamai al loro stato naturale lasciando, nella loro anima e perfino nel loro cervello, il pienissimo ricordo di quanto avevano visto, e domandai loro se fossero rimasti soddisfatti di Saturno.

 

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Cap. 202

La questione del Messia.

 

1. E Hiram rispose: «O signore, colmo di onnipotenza e di sapienza! È stato qualcosa di indescrivibile! L'ultimo mondo che abbiamo visto e che è proprio il più interno, è un mondo davvero traboccante di meraviglie della specie più grandiosa; soltanto che tutto esiste in una grandezza talmente colossale che noi al paragone di quegli uomini dall'aspetto bellissimo facevamo la figura del topolino vicino all'elefante. E pure in questa proporzione abbiamo trovato ogni altra cosa, particolarmente a metà altezza delle montagne; nelle valli, invece, l'aspetto delle cose era un po’ più simile a quello sulla nostra Terra. Sennonché a voler descrivere tutto quello che abbiamo visto, ci vorrebbero cent'anni e più!

2. Ormai ci rendiamo davvero conto del fatto che unicamente la Terra ha la sola missione di portare dei veri uomini a somiglianza del supremo Dio, e vediamo anche che tu devi essere completamente colmo di un tale supremo Spirito divino, perché altrimenti non ti sarebbe possibile svelare ai nostri occhi in maniera tanto prodigiosa quella stella che chiami Saturno e farcela esaminare come si trovasse a due passi da noi. Sì, certo, o signore e maestro, Colui che ha creato tutte queste cose deve essere grande, potente e sapiente oltre ogni nostro concetto! Il conoscere da vicino Lui rappresenterebbe molto di più del conservare anche in perpetuo la meravigliosissima potenza visiva in seguito alla quale potremmo scrutare i misteri di tutte le innumerevoli stelle in modo estremamente ravvicinato!

3. Noi dunque vorremmo pregare te di tutto cuore ed anche questo tuo giovane compagno di insegnarci come si fa a conoscere in perfetta verità il vero Creatore di tutti gli spiriti e dei mondi materiali almeno quel tanto che basti per farsi un'idea precisa di Lui, ed inoltre affinché noi, che pure secondo le tue parole apparteniamo alla classe degli uomini perfettissimi o addirittura dei Suoi figli, possiamo sapere che cosa dovremmo fare di fronte a Lui per renderci il più possibile degni di quello che già siamo per Sua Volontà e che siamo chiamati ad essere in grado ancora maggiore. Infatti, noi siamo della gente seria, e abbiamo una volontà che difficilmente si piega; e quello che abbiamo riconosciuto ed accolto una volta, questo resta fermo come fosse affidato alle rocce, e non ad elementi volubili e capricciosi come i venti»

4. Dico Io: «Ebbene, vedete, ormai noi siamo effettivamente arrivati al punto per il quale siamo venuti qui, e voi imparerete a conoscere da noi non solo più da vicino, ma perfino nella maniera più perfetta possibile, appunto il Creatore di tutte le innumerevoli opere prodigiose, nonché la Sua Volontà che è facile da adempiere. Infatti, soltanto mediante l'assoluto adempimento della Volontà divina ciascun uomo può pervenire alla dignità di perfetto figlio dell'unico supremo Dio, dotato di ogni sapienza e potenza. Noi però abbiamo accennato già prima, con qualche parola, ad un Messia degli ebrei che dovrebbe venire; ed Io ora vorrei sentire la vostra opinione del tutto libera riguardo a tale questione che riguarda il popolo di Israele! Parlate dunque senza alcun riguardo!»

5. Hiram allora rifletté per qualche istante, e poi disse: «Sì, o signore e maestro in ogni scienza, è vero, noi prima, quand'era ancora giorno, abbiamo parlato un pochino di ciò. Dalle Scritture degli ebrei io ho appreso quasi tutto quello che si riferisce a tale questione; sennonché ho trovato che tutto aveva un sapore così strano e che tutto si celava dietro ad ogni tipo di immagini talmente mistiche e incomprensibili che, almeno per mio conto, non ho potuto mai venirne a capo! Io non trascurai neppure quasi mai una buona occasione per interpellare in proposito qualche assennato ebreo, ma ben presto dovetti convincermi che egli non ne sapeva più di me, e per conseguenza io, nei limiti della mia attuale conoscenza intellettuale, non posso appunto dire altro da quello che è stato detto in parte da me stesso e in parte anche da altra gente dalle idee molto lucide.

6. Ecco dunque: ciascun popolo di questa Terra, a parte alcune rivelazioni di carattere superiore, finora è più o meno stato il creatore della propria religione, dei propri costumi, delle proprie usanze e positive speranze, e così probabilmente in gran parte sarà anche per l'avvenire! Ora, secondo me, questo dovrebbe essere pure il caso degli ebrei.

7. In una popolazione abbastanza numerosa, a circa nove decimi le cose vanno maluccio, se non proprio del tutto miseramente, e soltanto un decimo può dire: “Tranne il fatto che moriremo, la vita così è ancora sopportabile!”. Ma allora cos’altro resta se non vivificare in qualche modo la fede della povera gente tramite speranze di ogni genere, germinate dal senso poetico innato nell'uomo, o in un Elisio dell'aldilà o in un Messia (Salvatore) prodigioso assolutamente identico ad una principale Divinità? In questa speranza poi, colma di beate aspettative, le generazioni che si susseguono vanno a popolare le tombe, dove riposano finalmente in pace, senza più fede né speranza, tra le braccia della gelida madre terra. Io, da parte mia, non biasimo affatto la cosa; però così come gli uomini se la figurano, devo sinceramente dire che non ci vedo proprio niente di chiaro!».

 

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Cap. 203

Il concetto di Messia di Hiram.

 

1. (Dice Hiram:) «Oh sì, un vero Messia dei popoli sarebbe una dottrina pura, se attraverso di essa gli uomini potessero riconoscere se stessi in tutto il loro essere e come conseguenza potessero riconoscere Dio quale la Causa sapientissima, onnipotente ed amorosissima di ogni esistenza, e che oltre a questo poi cercassero prima di ogni altra cosa di mantenere in tale conoscenza anche i loro successori! Sennonché questo è appunto il grave malanno per il mondo: non c’è dottrina, per quanto pura, che possa mantenersi tale anche soltanto per cinquecento anni, per il motivo che essa viene fin troppo presto intorpidita dalle molte dottrine false e impure, nonché per l'altro motivo che ogni nuova dottrina, per quanto limpida e traboccante di verità della vita, offre altrettanto rapidamente il pretesto al sorgere di certi anziani e dirigenti che costituiscono il nucleo di una futura casta sacerdotale, la quale non vuole più toccare né vanga né aratro, ma tende invece unicamente ad insegnare, e poi, più tardi, a dominare sempre più ed a vivere il meglio possibile e senza pensieri. Ebbene, che uso faccia poi una simile casta privilegiata della dottrina pura, ce lo dice la storia di tutti i popoli conosciuti, e sarebbe davvero un peccato spenderci ancora su anche una sola parola! Quindi, di fronte alla tua sapienza, io sono dell'opinione certo non vincolante che un uomo, come te o come questo tuo giovane compagno, potrebbe essere benissimo un vero Messia dei popoli, dato che a tale scopo voi possedete in misura più che sovrabbondante la giusta vera sapienza e la potenza che da tanta sapienza deriva.

2. Tuttavia sempre a questo stesso scopo dovrebbero venire presi dei provvedimenti straordinari! In primo luogo occorrerebbe una cernita dell'umanità per bandire tutto ciò che è radicalmente corrotto; poi, in secondo luogo, la soppressione completa di tutti i templi, scuole, oratori, sacerdoti e maestri attualmente esistenti! Nessuna traccia dell’attuale stato di civiltà dovrebbe più sussistere in alcun modo; dovrebbe restare solo della gente come voi, e qua e là qualcun altro per aver cura anzitutto della conservazione nella sua integrale purezza e della diffusione della tua dottrina che è veramente grande e che, come facciamo noi, lascia da parte ogni altra cosa che è di questa Terra. Così sì che mediante una vera azione messianica potrebbe con il tempo venire recato aiuto all'umanità! Tutto il rimanente affannarsi intorno ad un lavoro, per così dire, di rammendatura o rappezzatura è e resterà in generale, agli effetti del benessere dell'umanità, sempre fatica sprecata.

3. Certamente qua e là si formeranno delle comunità più o meno grandi le quali accoglieranno la tua dottrina, la comprenderanno e la manterranno pura per qualche tempo; sennonché ben presto, come abbiamo visto qui un paio d'ore fa, i feroci potenti del mondo si scaglieranno contro di loro e le distruggeranno, oppure le comunità stabiliranno esse stesse dei nuovi maestri e tutori di questa dottrina, i quali più tardi si trasformeranno in sacerdoti precisamente della stessa razza come sono quelli che nel tempo attuale si annidano a migliaia in ogni angolo della Terra.

4. Per un accoglimento fruttuoso della tua dottrina ci vuole soprattutto una rinuncia totale dell'animo umano a qualsiasi vantaggio materiale e mondano! L'umanità non deve mai andare oltre all'aratro, alla vanga, all'accetta e alla sega, che sono necessari a soddisfare i bisogni elementari della vita naturale, e non deve attribuire valore a nulla tranne che esclusivamente alla formazione della vita interiore puramente spirituale; in questo modo la cosa potrebbe certamente andare. Ma come si fa in questi tempi ad arrivare a questo, se consideriamo lo stato attuale della cultura mondana dell'umanità? Chi è capace di mettere da parte gli innumerevoli interessi materiali del mondo?

5. Ma se la tua dottrina, per quanto anche veramente divina e assolutamente pura, venisse seminata in questa palude antica del mondo, io vorrei ben vedere quale massa enorme di zizzania non comincerebbe a spuntare tra i nobilissimi germogli sorti dalla semente della tua dottrina sparsa sul terreno di questo mondo! Qui da noi sì che la tua dottrina si manterrebbe certamente pura più a lungo che altrove, se si potesse disporre di un proprio paese, chiuso e fuori da ogni contatto con il resto dell'umanità; ma non credo che andrebbe così bene in nessun'altra parte del mondo!

6. Perciò, come ho già detto, questa è pressappoco la mia opinione rispetto al Messia nel quale, particolarmente gli ebrei, sperano invano alla loro maniera. Non escludo che, per quanto ho asserito, vi sia eventualmente qualche grosso errore, ma dato che, secondo le tue parole, ciascun uomo non può giungere alla perfezione della propria vita che mediante l'attività supremamente sua e tendente alla coltivazione e alla sistemazione della vita interiore, egli evidentemente non ha bisogno di nessun altro Messia all'infuori di uno quale precisamente lo sei tu, vale a dire di un maestro supremamente vero, espertissimo in ogni campo della vita e appunto perciò sapientissimo! Tutto il resto non è che una chimera poetica, la quale, senza alcuna traccia di una qualche verità, è simile ad un ceppo di rose carico di fiori e di spine, il cui frutto è come se non esistesse, visto che in sé non ha nulla di adatto da offrire come nutrimento all'uomo e, quanto al resto, non serve che a poco o a nulla del tutto. Ed ora che cosa ne pensi tu di questa mia opinione?».

 

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Cap. 204

Messia e redenzione.

 

1. Dico Io: «Per quanto riguarda la questione principale sono perfettamente d'accordo con te; soltanto non sono assolutamente d'accordo rispetto a qualche particolare relativo alla fondazione, alla diffusione e alla conservazione di una simile Dottrina, quantunque sotto certi punti di vista anche su tale riguardo la tua opinione abbia qualche buon fondamento.

2. Per quello che riguarda la cernita dell'umanità e di tutte le sue opere scaturite dalla cultura mondana, qualcosa di simile, con una minima eccezione soltanto, si è già verificato ai tempi di Noè sulle regioni della Terra allora abitate, tale e quale è stato descritto da Mosè, quantunque sotto forma di immagini, dalle quali però un vero sapiente ed esperto nella scienza delle rispondenze può sempre ricavare le linee storiche pure dell'avvenimento.

3. Ma come si presentò poi l'umanità dopo qualche centinaio di anni, nonostante che tale umanità discendesse dal piissimo e saggio Noè?

4. Già ai tempi di Abramo, Sodoma e Gomorra e le altre dieci città dovettero venire distrutte con tutto ciò che di vita umana e animale vi era in esse mediante il fuoco e lo zolfo che piombavano dal firmamento a causa della corruzione e dei vizi orrendi che vi regnavano, e vennero distrutte in modo tale che di quelle città non rimase più alcuna traccia. Sul posto dove esse sorgevano tu puoi ora vedere il Mar Morto nel quale fino al momento in cui parliamo nessun animale ha trovato mai condizioni possibili di vita, e perfino gli uccelli lo evitano e se ne volano via.

5. Ai tempi di Mosè, il paese degenerato d'Egitto venne sottoposto per lunghi anni a cernita per mezzo delle note sette piaghe, e quel paese ci rimise oltre i due terzi della popolazione e del bestiame, mentre tutti gli ebrei - che all’inizio discendevano dai pochi fratelli di Giuseppe che erano immigrati un paio di secoli prima a causa della carestia, i quali appunto sotto il regno del crudele Faraone furono esposti ad ogni genere di oppressione e di persecuzione - vennero condotti via, e dato che essi costituivano la migliore forza lavorativa di quel regno, questo piombò nella massima carestia e nell'anarchia. Tuttavia pian piano il paese si risollevò, riacquistò ricchezza, potenza e addirittura prepotenza, e per conseguenza venne di nuovo punito con guerre, carestia e pestilenze. Ma va ora a visitare l'Egitto, e troverai che esso è precisamente così come tutto il resto del mondo!

6. Da questi pochi ma veri fatti che ti ho citato, potrai facilmente comprendere come una cernita dell'umanità peccatrice sia ben lontana dall’avere quegli effetti utili che tu t’immagini, poiché il peggioramento di un individuo, come anche di un intero genere umano, non dipende tanto da una volontà fondamentalmente perversa degli uomini come stai pensando ora dinanzi a noi, ma essa dipende piuttosto dalla eccitabilità dell'anima, eccitabilità necessaria alla vita, e dalla pigrizia a muoversi seriamente sulle riconosciute vie della luce.

7. Dato però che la quiete e l'inattività piacciono tanto all'anima, essa va in cerca di aiutanti e servitori che lavorino per lei, o almeno le siano d'aiuto. Con ciò essa diventa ben presto benestante, ricca e potente, comincia a dominare a proprio profitto, emana leggi e ordina e dispone ogni cosa a suo esclusivo vantaggio. E vedi, in questo modo essa diventa poi per lo più un'anima fine[25] che rifugge da ogni attività, e questo è il motivo della decadenza morale di popolazioni intere, le quali così vengono sempre più spinte dallo spirituale verso il materiale.

8. Dunque la pigrizia, ovvero la sempre crescente brama di starsene in ozio, è e resta sempre la madre di tutti i vizi, e questa proprietà dell'anima umana costituisce appunto quel perfidissimo spirito che la Scrittura denomina “Satana”. E qui sta appunto anche il male ereditario di cui tutti gli esseri umani soffrono, male da cui nessuno è in grado di liberarli all'infuori appunto di un vero Messia proveniente dai Cieli della pienissima vita e della suprema attività della vita stessa.

9. Che tra gli uomini di questa Terra esista un male ereditario, questo lo hanno visto e riconosciuto tutti i sapienti del mondo conosciuto; ma in che cosa consista e come si possa combatterlo, questo però essi non sono stati capaci di insegnarlo! E questo sarà appunto il compito del Messia: liberare per l'eternità, mediante l'insegnamento e mediante le opere, gli uomini da questo male il cui frutto è la morte dell'anima!

10. Sennonché la redenzione dell'uomo sarà efficace e vera soltanto quando egli farà esatto e fedele uso dei mezzi che a tale scopo gli saranno stati indicati, altrimenti, dopo la venuta del Messia, egli resterà perfettamente quel pessimo uomo che era prima della Sua venuta. Infatti, il Messia disceso dai Cieli non redimerà dal male ereditario nessuno all'infuori di colui il quale sotto ogni aspetto conformerà la propria vita alla Sua Dottrina, esattamente così come lo prescriverà la Dottrina stessa. Nessuno si aspetti in qualche modo dal Messia una certa azione magica per la quale potrà trovarsi liberato dal male ereditario di cui abbiamo parlato!

11. Il Messia, per testimoniare che Egli è veramente Tale, opererà pure grandi prodigi, ma questi in sé e di per sé non saranno di vantaggio ad alcuna anima, ma il vantaggio le anime lo avranno unicamente venendo destate alla fede e spronate all'attività conforme alla Dottrina.

12. Per conseguenza il Messia sarà simile ad un ricco e buon padrone di casa che offre un gran banchetto e che manda i suoi servitori in tutti i luoghi e per tutte le vie allo scopo di invitare tutti amichevolmente a voler prendere parte all’abbondante convitto. Poveri e ricchi, piccoli e grandi, deboli e forti, tutti riceveranno l'invito per bocca dei messaggeri. Coloro che verranno, saranno anche saziati, ma coloro invece che non vorranno venire, non vi saranno costretti. Se essi verranno o non verranno, sarà indifferente per Colui che avrà offerto il banchetto. Ma naturalmente la benedizione del grande banchetto sarà riservata soltanto a coloro che avranno accolto l'invito!

13. Ora il grande banchetto sarà rappresentato appunto dalla Dottrina del Messia; chi vi presterà ascolto e si renderà attivo conformemente, costui sarà un vero partecipante al banchetto stesso e ne otterrà benedizione in abbondanza. Chi invece vi presterà pure ascolto, ma non si affretterà a metterla completamente in pratica, per costui essa sarà come una mensa bene apparecchiata per chiunque, ma della quale egli non vorrà approfittare per mangiare qualcosa delle cose buone offertegli e per lui sarà infine indifferente aver accettato o no l'invito! E così ora Io ti ho presentato il Messia come Egli è e come sempre sarà! Ed ora che ne dici di un simile e vero Messia?».

 

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Cap. 205

La spiegazione del concetto di Messia.

 

1. Dice Hiram: «Ebbene, questa è appunto tutta la mia idea! L'umanità conviene istruirla a fondo secondo la pienissima verità della vita e poi spronarla all'azione in modo rigidamente conforme alla Dottrina stessa; così essa potrà venire poi anche facilmente liberata dal male ereditario, purtroppo gravissimo, che porta il nome di pigrizia, e con ciò pure da tutti i mali minori che ne derivano al corpo e all'anima.

2. Ed a questo scopo saresti certo Tu un Messia da non lasciar proprio niente a desiderare, dato che appunto Tu conosci meglio di qualsiasi altro il male ereditario fino nelle sue più profonde radici! Io non ho la pretesa di essere infallibile; comunque credo che un altro Messia non sarà mai in grado di dare all'umanità una Dottrina migliore della Tua, considerato che Tu conosci davvero tutte le cose, le questioni e i rapporti che riguardano gli uomini e, in generale, le creature, e dato che a Te sono assolutamente soggette tutte le forze naturali e tutti gli spiriti e le divinità dell'universo i quali Ti obbediscono fedelmente ed esattamente. Per noi che siamo qui, sinceramente parlando, sei Tu con il Tuo giovane compagno qui un Messia nel senso più vero della parola; per quanto riguarda poi che cosa possa pensarne tutta l'altra numerosissima umanità della Terra, questo ci interessa meno che nulla. Se Tu non le basti, ebbene, che se ne faccia venire un altro dall'India, dalla Persia o dall'Egitto!

3. Per quello che riguarda la Tua Dottrina, dato che dovrà essere una cosa massima e capitale per la vita dell'uomo di carne e animico di questa Terra, io credo di averne già scoperto il nocciolo! L'amore per Dio, cioè per Te, e dunque, come conseguenza di questo, l'amore vero e il più disinteressato per il prossimo, amore che non ammette eccezioni, qualunque sia la persona bisognosa di un reale aiuto e qualunque sia la necessità da soddisfare, questo amore è e resta in eterno la pietra fondamentale sulla quale sembra poggiare tutto il sistema della vita. Qualora ci si ponga invariabilmente su questa base e, restandovi fedeli, ci si faccia attivi con tutte le forze, non può mancare assolutamente e in brevissimo tempo la redenzione almeno da quel male ereditario principale! Ho parlato bene, oppure no?»

4. Dico Io: «Io sapevo che tu avresti trovato la via diritta! Infatti, un vero sapiente è, per l'uomo naturale, non sapiente, certamente sempre un vero Messia, vale a dire che egli è un Mediatore (Mesziaz) fra la semplice ragione umana e la sapienza spirituale-divina, e quindi la ragione trova accesso alla sapienza divina solo per mezzo del Mesziaz e diventa una cosa sola con essa.

5. Quanto più sapiente dunque è il mediatore, tanto maggior successo egli potrà certamente ottenere con i suoi allievi, e se questi poi procederanno senza deviare - per la via dello spirituale interiore, allora rimarranno anche nella luce e acquisiranno la vita della luce, alla quale non è possibile che segua la morte, dato che la vita dello spirito è appunto la verità immutabile e indistruttibile in eterno che, così come è, deve anche permanere eterna, dato che due aggiunto a due darà sempre quattro come somma e per tutte le eternità.

6. Ma come le cose stanno rispetto a questa verità aritmetica citata soltanto come esempio, similmente esse stanno rispetto a tutte le verità spirituali-divine dai Cieli. Esse sono e restano eterne, e soltanto esse stesse rappresentano effettivamente la vera vita, dato che esse senza vita non sarebbero nemmeno verità. Così avviene che un'anima, una volta penetrata in tali verità, non può mai pervenire alla morte, ed essa, quale essa stessa luce e verità, ha in sé assolutamente come propria cosa anche la vita; e questa è poi naturalmente la conseguenza dell'intervento di un vero mediatore.

7. Perciò, o Hiram, amico Mio, tu hai perfettamente ragione se ritieni che Io sia un vero Mediatore e Redentore, sennonché nella Scrittura è detto che il Messia promesso dovrebbe essere un Figlio di Dio Altissimo! Conseguentemente, per fungere da vero e grande Mediatore fra l'umanità decaduta della Terra e lo Spirito supremo di Dio, non dovrebbe evidentemente bastare un semplice figlio del mondo, per quanto saggio! E non dovrebbe Egli forse custodire in Sé una natura e degli attributi completamente divini allo scopo, qualora si rendesse necessario, di renderli ampiamente manifesti? Quale sarebbe la tua opinione in proposito?».

 

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Cap. 206

La testimonianza di Hiram sul Signore.

 

1. Dice Hiram: «Ebbene, non è precisamente questo il Tuo caso? A chi come Te è effettivamente dotato di tutte le proprietà divine, di certo non manca neppure la natura divina! Ma chi è in possesso di questa, è anche un vero Figlio dell'Altissimo. E l'Altissimo non può non avere un compiacimento immenso in un simile Figlio, e non può non essere una cosa sola con Lui!

2. Infatti Dio, quale Spirito purissimo, onnipotente e colmo della più profonda Sapienza, può certamente trovare la Sua gioia soltanto in ciò che Gli è simile al più alto grado possibile, e non nel fumo acre delle carni bruciate di buoi, vitelli e di pecore. Tu però Gli sei simile in grado supremo, ed in spirito sei già identico a Lui stesso! Ma che cos'altro ci vuole, pur essendo temporaneamente un uomo terreno come noi, per essere nello stesso tempo anche un perfettissimo Figlio di Dio? Ormai però non è possibile misconoscere che questo è appunto il Tuo caso, o Signore e Maestro, e per conseguenza Tu puoi benissimo essere anche il Mediatore fra tutti i popoli e Dio, a prescindere completamente dal fatto che Tu ci hai visitati, in questo nascosto angolo della Terra, come se noi fossimo gli unici uomini della Terra che Ti sei ripromesso con la massima serietà di elevare al Tuo Spirito.

3. E così, Signore e Maestro, questa sarebbe la mia opinione per quanto riguarda il Messia in generale, come in particolare, nonché per quanto essa si riferisce alla Tua Persona, e tanto io, quanto Aziona andiamo perfettamente d'accordo in tale proposito.

4. Io, che sono nato pagano, della dottrina divina di Israele so unicamente quanto ne ho udito raccontare in parte da Aziona e in parte da altri ebrei; particolarmente in questi tempi quello che più occupa le menti degli ebrei è appunto il Messia, per la ragione che a loro non garba il dominio dei romani, dominio che anzi sempre meno garberà loro; quindi è comprensibile che essi se lo raffigurino sotto ogni tipo di aspetti strani e meravigliosi, e come tale Lo presentino a questo mondo. Sennonché, proprio a causa dei romani, non occorre davvero che un Messia venga agli ebrei, perché i romani sono, sotto vari aspetti, una specie di piccoli messia per gli ebrei, almeno per i poveri, ai quali, senza la tutela romana, la gente del Tempio avrebbe già da lungo tempo succhiato fuori anche l'ultima goccia di sangue.

5. Ma appunto, considerata l'impudenza della gente del Tempio, che con i suoi piedi luridissimi va calpestando qualsiasi ideale di nobiltà, di purezza e di verità, e considerate inoltre le attuali condizioni dei popoli di Israele, sommersi per causa loro nelle tenebre più fitte e resi stolti, è ormai necessario in altissimo grado un Messia della Tua specie, che rappresenta per i poveri una vera salvezza dai Cieli. Ecco, o Signore e Maestro, io ho parlato; piaccia ora a Te farci udire ancora qualcosa!»

6. Dico Io: «Ebbene, devo confessare apertamente che ormai non sarà più necessario per Me dirvi più tante cose, perché voi due comprendete adesso ogni cosa da un punto di vista così vero e giusto che ben poco o nulla vi si può aggiungere ancora! In verità, un’intelligenza così retta Io non l'ho trovata finora in tutta Israele! Ora però vi dico che Io sono realmente e in piena verità Quello per il Quale voi due Mi avete riconosciuto. Solo ora avete riconosciuto la salvezza della vostra vita; ma voi in questa località siete in molti: come farete ad istruire gli altri in queste nuove massime? Non conviene procedere in fretta, ma soltanto gradatamente, perché altrimenti la loro libertà di volere ne sarebbe pregiudicata in modo grave. Si domanda dunque come dovrete comportarvi e da dove sarà opportuno cominciare»

7. Risponde Aziona: «La questione si presenta certo un po' critica, dato che gli altri sono dei cinici ancora più induriti di quanto lo siamo stati noi! Tuttavia il tempo porta consiglio, e la cosa finirà bene con l’aggiustarsi. Io sotto questo aspetto sono del parere che anche in fatto di fede sia un po’più facile trattare con persone intelligenti che non con dei semplici creduloni i quali accettano presto una cosa come assolutamente vera, ma poi non sono affatto in grado di giudicare ciò che hanno accettato. Invece la gente che vive qui non è mai disposta a comprare le cose a scatola chiusa, ma vuole invece esaminare la merce in piena luce da tutte le parti e qualora possa formarsene un buon concetto, allora essa la compra come una cosa autentica e buona a qualsiasi prezzo. E così crediamo che con i nostri familiari e compagni non faremo una grande fatica ad aggiustare questa faccenda.

8. Ma ecco a Levante già i primi accenni dell'alba, e tra poco qui nella baia ferverà il lavoro, perché da queste parti conviene essere pronti per la pesca prima del levare del Sole se si vuole prendere qualcosa, mentre la pesca durante il giorno non compensa affatto la molta fatica che ci vuole per farla. I vicini cominciano già a dar segni di vita e si dispongono a mettere in ordine gli attrezzi da pesca. Ed altrettanto bisognerà che facciamo noi due se vorremo procurarci qualcosa di buono e di fresco per la colazione. Visto che questa notte ci hai concesso un bottino tanto splendido per le nostre anime, deve essere ora nostro primo e sacrosanto dovere aver cura che voi possiate trovare qui un’ospitalità fuori dall'ordinario, non soltanto come effetto della vostra prodigiosa generosità, ma come conseguenza della nostra aumentata attività»

9. Dico Io: «Oh, non affannatevi per questo! Qualcuno avrà cura perché non siate a corto di pesce! Ma se proprio volete fare qualcosa, allora raccogliete prima di tutto le lance, gli spuntoni, le spade e le catene che sono sparse qui intorno e prendetele in custodia. Poi sgombrate anche la nave e prendete in consegna i tesori che vi sono dentro, dopo di che la nave stessa potrete benissimo adattarla e adoperarla per la pesca in stile più grande. I due pescatori però che sono sotto la vostra sorveglianza conduceteli adesso qui, affinché abbiano da Me le istruzioni riguardo al modo in cui dovranno sempre comportarsi in futuro!».

 

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Cap. 207

La raccolta e il salvataggio della merce sulla spiaggia.

La curiosità degli abitanti del villaggio.

 

1. Allora Hiram ed Aziona entrarono nella capanna e condussero i due pescatori alla presenza del Signore, dopo di che essi svegliarono i loro familiari che dormivano nelle capanne situate l'una accanto all'altra e li incaricarono di sbrigare il lavoro che era stato ordinato. Le loro mogli e i loro figli non poterono certo trovare parole per esprimere la loro meraviglia a causa di tali doni, e le loro supposizioni e le domande furono molte.

2. Sennonché Aziona e Hiram dissero: «Adesso si tratta intanto di lavorare e poi verranno anche le necessarie spiegazioni!».

3. Dopo questa decisione tutti si diedero da fare con solerzia, e il lavoro fu ben presto ultimato. Poi vennero subito imbarcati sulla nave vari attrezzi da pesca, e i figli di Aziona e di Hiram, già abbastanza adulti, iniziarono subito le operazioni della pesca, ed in breve tempo riuscirono a prendere del pesce grosso della migliore specie in tale quantità che i loro vivai recintati situati nell'acqua ne furono quasi colmati completamente.

4. Io intanto avevo interrogato i due pescatori ed avevo detto loro la Mia opinione con parole talmente efficaci che esse rimasero indelebilmente impresse nei loro cuori, ed essi in vita loro promisero di non commettere mai più il benché minimo tradimento a danno di nessuno e nemmeno per tutti i tesori del mondo. Poi assegnai loro un battello da pesca di Aziona, vecchio sì ma pur sempre adoperabile, imponendo loro di allontanarsi immediatamente e di non dire a nessuno da dove venivano e cosa fosse accaduto della grande nave. Infatti, coloro che ne erano stati i proprietari non esistevano più, mentre gli attuali proprietari la possedevano, con tutto ciò che conteneva, in modo legittimo, in quanto era un relitto abbandonato sulla spiaggia.

5. Dopo di che i due ringraziarono, promisero solennemente che avrebbero osservato per tutta la vita il comandamento ricevuto, salirono sul loro battello e si allontanarono il più presto possibile. Essi però dovettero faticare parecchie ore prima di arrivare in patria dove trovarono cattiva accoglienza, non avendo portato alcun guadagno a casa, perché i due avevano delle mogli assai bisbetiche, e dovettero per una buona settimana sottoporsi ad un lavoro estenuante per poter riguadagnare il perduto con il prodotto della pesca. Essi vennero pure tempestati di domande su dove fossero stati e che cosa avessero fatto, ma i due rimasero muti come pesci e non diedero né risposta né spiegazioni a nessuno.

6. Nel frattempo Hiram ed Aziona, dopo che ebbero preso tutto in buona custodia, ritornarono e ringraziarono di tutto cuore per il ricco bottino che era stato concesso loro di fare, e Mi chiesero ordini riguardo alla colazione.

7. Io però dissi loro: «Portateci quello che avete, cioè del pesce che è stato appena pescato, del pane e del vino; ma vedete di fare le cose in modo che vi siano provviste sufficienti anche per i vostri migliori vicini, che ora vi autorizzo ad invitarli! Durante la colazione avremo molte cose ancora quanto mai importanti da discutere, e questa sarà anche una buona occasione per darvi qualche buona direttiva su come dovrete organizzare l'opera di conversione dei vostri vicini e per facilitare così il vostro lavoro. Ed ora potete andare e accudire alle vostre incombenze! Nel frattempo, Io con i Miei discepoli Mi prenderò un'oretta di riposo».

8. A queste parole i due se ne andarono, diedero gli ordini in cucina, e poi si recarono di persona dai loro vicini che erano in parte ancora intenti alla pesca, e fecero l'invito a colazione come da Me desiderato. I vicini rimasero molto sorpresi nell'apprendere tale invito, ma nello stesso tempo non nascosero la loro letizia né la loro meraviglia per l'insolito risultato della pesca che in quella mattina aveva fruttato tanto da esonerarli da qualsiasi ulteriore lavoro per un mese abbondante, così che avrebbero avuto tempo sufficiente per fare un po' di ordine nelle loro abitazioni.

9. Ed Aziona disse: «La cosa adesso sarà tanto più facile, dato che questa notte, mentre voi dormivate in pace, noi siamo venuti in possesso, come buona preda, di una quantità di utensili necessari alla costruzione!»

10. I vicini allora chiesero cosa fosse successo durante quella notte, perché, pur essendo immersi nel sonno, avevano sentito delle grida e delle urla, ed avevano avuto l'impressione come se tutta la notte fosse stata rischiarata da una mezza luce. Qualcuno di loro era anche uscito dalla propria capanna per accertarsi di che cosa si trattasse, però i dislivelli del terreno ed altri impedimenti ancora esistenti fra capanna e capanna non avevano permesso di distinguere che cosa succedeva. Ed essi rimasero perciò tranquilli, limitandosi a sorvegliare parzialmente le loro capanne dove dormivano le donne e i figli, e facendo, con la calma loro abituale da cinici perfetti, la seguente considerazione: «Ebbene, il giorno che non tarderà a venire non mancherà di fornirci anche la spiegazione di quanto sarà eventualmente successo!»

11. E Hiram osservò: «Infatti, il giorno di oggi non sarà certo avaro di spiegazioni! Questa, o fratelli, è stata una notte, quale una simile noi non l'abbiamo ancora mai passata, né ci sarà dato di passarne più una simile! Ma per adesso lasciamo stare questa cosa; alla mensa di Aziona, mentre faremo colazione, più di una questione vi si presenterà chiara! Per il momento pensate a mettervi in ordine, perché la colazione non si farà aspettare ancora a lungo!»

12. E uno si intromise e domandò: «Ma ieri sono arrivati per mare dei forestieri, probabilmente ebrei o greci che hanno accettato l'ospitalità di Aziona! Di che specie di gente si tratta? Sono ancora qui, o se ne sono già andati? Sono stati forse loro a fare tutto quel baccano stanotte?»

13. E Hiram rispose: «Non preoccupatevi! Quelli che voi chiamate forestieri rappresentano sotto moltissimi aspetti la nostra felicità e la nostra fortuna! Essi sono delle persone nobilissime e perfettissime, rimarranno tutta la giornata di oggi e probabilmente vari giorni ancora qui con noi, e oggi faranno anche colazione con noi. Essi sono immensamente sapienti e la loro potenza di volontà ha qualcosa di prodigioso; a dirla breve, di loro si può in gran parte asserire quello che nel vero senso della parola si usava asserire delle Divinità autentiche e più perfette: sono dotati di suprema sapienza e tutte le leggi naturali devono incondizionatamente inchinarsi alla loro volontà. Questa è in breve la descrizione di quegli stranieri! Però non bisogna che abbiate alcun timore di loro, perché si tratta di gente estremamente buona e affabile che intende fare a chiunque tutto il bene possibile e non del male, in nessuna maniera! Ed ora vedete di prepararvi!».

 

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Cap. 208

I preparativi per la colazione.

 

1. Quando i vicini ebbero appreso queste cose da Hiram, si riunirono e con Aziona e Hiram si diressero verso di noi.

2. Giunti davanti alla capanna di Aziona, si accorsero che eravamo ancora immersi nel sonno, allora uno di loro disse: «Ah, ecco che essi dormono ancora, noi dunque abbiamo il tempo di ritornare un momento a casa per dare ai nostri familiari le disposizioni riguardo a quello che devono fare per l'intera giornata»

3. Dice Aziona: «Oh, non preoccupatevi! La vostra gente saprà bene quello che dovrà fare, perché questi miei forestieri si preoccuperanno anche di questa faccenda, come si sono occupati ieri sera affinché il fuoco destinato a fare bollire il pesce ardesse dappertutto sui focolai, e che ciascuna famiglia fosse provvista di sale in quantità sufficiente»

4. «Come!», esclama un vicino, «sono stati questi forestieri a produrre il fuoco? Ma allora si deve trattare di maghi della specie più straordinaria! Certo essi avranno avuto occasione di conoscerci in qualche modo, miseri come siamo, durante i nostri viaggi, ed avendo forse assunto informazioni sul nostro conto presso i romani, probabilmente a Cesarea di Filippo, sono venuti qui per visitarci e, ciò che non è da escludersi, per aiutarci!»

5. Risponde Aziona: «Non c'è dubbio che essi sono perfettamente consapevoli di tutti i fatti nostri, però quanto a conoscerci per averci in qualche modo incontrati durante i nostri viaggi, questo non corrisponde affatto al vero, e per quanto al resto essi sono tutt'altro che dei maghi come da principio avevo ritenuto anch’io. Ma chi siano, e in particolare chi sia il loro Maestro, questo avrete tempo più che sufficiente di apprenderlo nel corso della giornata! A dirla breve, specialmente il Maestro è un Qualcosa che non si è mai ancora presentato su questa Terra da quando l'umanità ha cominciato a pensare ed a registrare i propri fatti sulle tavole di ferro della storia dei grandi avvenimenti! Questo per il momento vi basti! Pensateci su mentre io me ne vado un momento in cucina per vedere a che punto è la colazione».

6. Detto questo, Aziona se ne va alla capanna dove trova la sua gente occupatissima nei preparativi, mentre sul focolare il fuoco arde allegramente, e tutte le graticole, gli spiedi, le pentole e le padelle fanno bella mostra, sovraccariche come sono di pesci cui, secondo l'usanza orientale, sono state levate tutte le spine, né mancano le erbe aromatiche destinate a rendere il cibo più saporito. Aziona dà pure un'occhiata alla dispensa per vedere quanto pane ci sia; egli ne trova in abbondanza, e inoltre trova diversi grandi boccali nonché altri vasi preziosi - parte della buona preda fatta sulla nave - colmi di vino eccellente.

7. Allora Aziona preso da entusiasmo esclama: «O Signore, vada a Te ogni lode e ogni onore, perché questo è tutto un dono della Tua Bontà e della Tua Potenza!».

8. Questa esclamazione però venne udita da sua moglie la quale gli domandò di quale signore intendesse parlare, visto che fino allora lei aveva sempre creduto che essi fossero della gente perfettamente libera e senza padroni.

9. Ma Aziona disse: «Tu sei donna, e perciò sciocca, e non ti intendi d'altro che di preparare molto bene il pesce! Ebbene, chi ci ha provvisti qui di tanto ben di Dio? Vedi dunque: Colui che ha fatto questo, è anche il nostro Signore e il nostro più grande Benefattore! E adesso non fare altre domande, ma guarda invece di sbrigare bene le tue faccende!».

10. Allora la donna se ne stette zitta, perché sapeva che in simili occasioni non c'era troppo da discutere o da fare con suo marito. Tuttavia la parola “Signore!” le rimase scolpita nel cuore, ed in seguito ci rifletté su molto.

 

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Cap. 209

Aziona e Hiram in conversazione con i loro vicini.

 

1. Aziona uscì dalla capanna e ritornò dai vicini che nel frattempo si erano in gran parte già accampati sul prato. Vedutolo, gli chiesero se la colazione sarebbe stata presto pronta, e se avrebbero dovuto fare in modo di destare coloro che ancora dormivano affinché prendessero parte alla colazione.

2. Ma Aziona rispose: «La mia opinione è che, trattandosi di gente di questa specie, tutto ciò sarà inutile, perché certamente il loro spirito, quanto mai desto, non dorme mai e conosce tutto quello che c'è e succede qui; per conseguenza non sfuggirà loro nemmeno il fatto che la colazione sarà definitivamente pronta!»

3. E Hiram aggiunse: «Sì, hai pienamente ragione, ed essi anche dormendo sono più svegli di quando noi di giorno riteniamo di essere svegli perfettamente! Aspettiamo che si destino da soli; dato che abbiamo tempo a sufficienza!»

4. Dice un altro dei vicini: «Tu credi proprio, o Hiram, che questi qui vedano esentano adesso nel sonno tutto quello che succede intorno a loro?»

5. Hiram dice: «Non solo quello che c'è qui e che succede qui, ma perfino quello che adesso accade in tutto il mondo, anzi addirittura tutto quello che c'è e che avviene in tutto l'Universo, che nell'Universo è accaduto da eternità e che accadrà dopo delle eternità!»

6. Dice il vicino: «O Hiram, amico mio, non è forse il caso che questo tuo ragionamento sia dovuto ad un piccolo colpo di Sole? Le tue ultime parole appaiono quanto mai strane e confuse, tanto che tutti noi non possiamo che compiangerti sul serio. Chi mai fra tutti i mortali può farsi, o può essersi mai fatto un concetto dell'infinità dello spazio e della durata eterna del corso dei tempi? Questa gente lo ha certamente altrettanto poco quanto noi, e dormendo poi meno che meno! Ammetto che essi possano essere molto sapienti e dotati di grande forza di volontà; ma la conoscenza perfetta dell'infinità dello spazio, dell'eternità del tempo, delle forze, della luce e dell'essenza della vita nessun sapiente limitato della Terra ce la può avere e per conseguenza non la possono certo avere nemmeno questi stranieri!

7. Se poi ci sia sul serio un qualche essere divino di specie tale da essere perfettamente a conoscenza riguardo a simili concetti, questo è senz'altro un quesito immenso che finora nessun sapiente mortale è stato assolutamente capace di risolvere in maniera sufficiente, a chiarimento degli altri mortali, così da autorizzare quest’ultimi ad asserire: “Ora anche noi ne abbiamo almeno una vaga idea!”.

8. Oh, caro il mio Hiram! Riguardo a questi argomenti, ad Atene, alla grande scuola che io pure ho frequentato, le discussioni sono state molto ampie, ma sempre senza il benché minimo risultato soddisfacente! E qual è stata la conclusione di tante discussioni e di tanti discorsi? Ebbene, la conclusione è stata questa: che il massimo trionfo possibile anche per il più sapiente è quello di acquistare la convinzione di non sapere nulla e, pur essendo egli stesso il più grande nella sapienza, anche quello di acquistare la convinzione di non trovarsi nemmeno sul gradino più basso di quel tempio nel quale la grande dea della sapienza tiene gelosamente custoditi i suoi tesori inaccessibili!

9. Oh, carissimo amico mio, queste sono cose delle quali è piuttosto difficile ragionare con me! Ma adesso lasciamo stare questo discorso; gli stranieri accennano ormai a muoversi, e non bisogna che al loro destarsi ci sorprendano a discutere riguardo a simili argomenti dell'impossibile!»

10. Dice Hiram; «Tu certamente sei ancora quel greco rigidamente ligio alle vecchie idee che sei sempre stato, e pensi che il mio cervello si sia danneggiato con un’insolazione; sennonché posso assicurarti che ti sbagli di grosso! Non passeranno due ore, e poi si spera che tu giudicherai ben diversamente! Infatti, di tutto quello che si tiene nascosto dietro a queste persone, potrai cominciare a farti un'idea soltanto quando tu stesso avrai ragionato per qualche tempo con loro. È ben noto che neppure io sono una banderuola, ed altrettanto si può dire di Aziona, il dirigente della nostra comunità; e nonostante ciò noi ci troviamo ora ad essere uomini completamente diversi, ed abbiamo rigettato Diogene con tutta la sua botte; e non abbiamo dubbi che la stessa cosa accadrà anche a te nonché a tutti gli altri. Però, ecco che adesso il Maestro si alza e si alzano pure i Suoi discepoli; conviene dunque domandarGli subito se vuole che la colazione venga servita»

11. Intervengo allora Io e dico: «Aspettate ancora fino a quando il Sole sia sorto sull'orizzonte, e poi fate pure servire la colazione!»

12. Dopo di che anche i discepoli cominciarono a muoversi e ad alzarsi dal prato e dalle panche dove avevano riposato. Alcuni si recarono al lago per lavarsi; Io però non feci altrettanto, per la qualcosa Aziona si affrettò a venirMi vicino per chiederMi se volessi dell'acqua per lavarMi.

13. Ma Io gli dissi: «Amico Mio, tutte queste acque hanno avuto origine da Me; dunque, come potrei averne bisogno per lavarMi? Tuttavia, affinché nessuno ne abbia scandalo, portami qui un boccale colmo d'acqua di sorgente!».

14. Aziona allora si affretta in casa e cerca un boccale che sia vuoto, senza però riuscire a trovarlo, perché tutti i boccali ed ogni altro recipiente erano colmi fino all'orlo di vino eccellente!

15. Egli ritorna da Me tutto imbarazzato, e dice: «O Signore! Perdonami! In tutta la mia capanna non c'è più un vaso che non sia stracolmo di vino!»

16. Io dico: «Ebbene, portaMi pure qui un vaso colmo di vino! Così per una volta Mi servirò anche di questo per lavarMi!».

17. Sollecito Aziona allora andò e ritornò portando un recipiente pieno di vino, ed Io Mi lavai con questo.

18. La fragranza però di quel liquido prezioso non mancò di arrivare alle narici degli ospiti, alcuni dei quali dissero: «Oh, oh, questo sì che si chiama vivere più lussuosamente ancora dei patrizi di Roma! Infatti, non abbiamo ancora mai sentito che qualcuno si sia lavato con un vino tanto delicato, quantunque non ignoriamo che per lavarsi vengano adoperati anche olii e acque profumate».

19. Quando però Io restituii il vaso ad Aziona, questo era colmo come egli Melo aveva portato, quantunque fosse apparso che Io per lavarMi ne avessi consumato il contenuto fino all'ultima goccia. Aziona fece subito notare ai vicini il fatto, e questi ammutolirono per lo stupore.

 

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Cap. 210

Epifanio, il filosofo.

 

1. E quello fra i vicini che, come detto prima, aveva discusso con Hiram riguardo ai concetti di infinità, eternità ecc., il quale si chiamava Epifanio, disse allora a Hiram: «Ebbene, questo sarebbe davvero un numero del programma persiano assolutamente autentico e molto ben riuscito! Sennonché una cosa proprio non la comprendo, ed è questa: dove ha preso Aziona quel vino prezioso e quel vaso?»

2. Risponde Hiram: «O Epifanio, amico mio, io ti dico che questi non sono altro che prodigi della Volontà di quell'Uno che si è ora lavato con il vino! Non hai udito la risposta che Egli diede ad Aziona quando quest'ultimo gli domandò se avesse bisogno d'acqua?»

3. Dice Epifanio: «Certo che l'ho udita; anzi a me parve che avesse un tono perfettamente conforme a quello in uso presso i maghi indo-persiani, perché quelli sono espertissimi nell'arte di presentarsi dinanzi ai profani addirittura come creatori del fuoco, dell'acqua e di altre cose ancora, adoperando le frasi più ampollose e altisonanti, e poi di incedere circondati da un alone del quale nemmeno Giove oserebbe quasi ammantarsi, ammesso che un Giove ci fosse e si degnasse di scendere su questa Terra. Del resto hai potuto tu stesso convincerti a Menfi con quanta tremenda enfasi si esibiscano quei maghi! Quella volta tre quarti di noi stessi alla fine ne rimasero stupiditi, e poco mancò che non ci mettessimo anche noi ad adorarli. Chi mai sia capace di far vedere qualcosa di straordinario, può vantarsene a buon diritto; ora io penso che non di meno sarà questo il caso di costui! Qui c’è soltanto una cosa che mi colpisce, ed è, come già detto prima, la faccenda del vino. Come mai Aziona ha avuto quel vino?»

4. Risponde Hiram: «Stavo appunto dicendotelo prima, ma tu mi hai interrotto. Vedi, Colui che disse ad Aziona: “Tutte le acque della Terra e anche del cielo traggono da Me la loro origine; come mai potrei dunque averne bisogno per lavarMi?”, ebbene, è Lui appunto che mediante la Sua Volontà ha trasformato l'acqua in vino; ed ora invece ha creato il vino fuori dall'aria! Infatti, il recipiente Egli l'aveva prima vuotato. Che ne dici della cosa?»

5. Dice Epifanio: «Eh, se è proprio così, è di certo notevole! Si dice che certi maghi indiani possiedano una forza di volontà straordinaria e uno sguardo talmente affascinante da imporsi perfino sugli animali più feroci, i quali, completamente dominati e privati di ogni energia, devono lasciare che un mago di questa specie faccia di loro quello che vuole. Anche alle nubi, ai venti e ai fulmini sembra che essi siano in grado di comandare efficacemente! Questa dunque non sarebbe una novità. E adesso, se sia in loro potere ottenere un vino eccellente dall'acqua o anche dall'aria, questo davvero non lo so. Si sa soltanto che i maghi antichi sono stati capaci di trasformare l'acqua in sangue e la pioggia in rane e serpenti; tuttavia anche per queste cose ci vuole senz'altro una buona dose di fede, perché una cosa simile, noi non l'abbiamo ancora mai vista con i nostri occhi. Questi fatti qui, invece, ora li abbiamo visti, quindi, possiamo eventualmente concludere che, se questo è possibile, può essere stato possibile anche l'altro. Ma adesso lasciamo che le cose restino come stanno; ecco Aziona che porta la colazione, noi abbiamo fame e così rimandiamo ad un altro momento l'ulteriore discussione».

6. A questo punto fu dato il segnale del banchetto e tutti presero posto alla mensa che era stata ingrandita, incominciando subito, dietro Mio invito, a fare grande onore al banchetto. I pesci non tardarono molto a scomparire, e fu poi la volta del pane e del vino.

7. Quando i vicini che erano ancora all'oscuro degli avvenimenti ebbero assaggiato quel pane saporitissimo e quel vino delizioso, soltanto allora cominciò a manifestarsi l'allegria, ed Epifanio, con aria scrutatrice, disse: «Ebbene, ormai comincio a credere anch’io che la solita magia naturale non c'entri nulla qui! Infatti, pur avendo la pretesa di saperne abbastanza riguardo alle cose di questo mondo, non mi consta che dei fatti simili siano mai accaduti a memoria d'uomo! Ah, il vino è proprio buono, dirò anzi infinitamente buono!»

8. Dico allora Io: «La tua parola “infinitamente” viene giusto a proposito! Infatti, già prima tu hai mosso quasi dei rimproveri a Hiram quando avanzasti il sospetto che egli avesse il cervello malato per aver asserito in tua presenza che la Potenza della Mia Volontà è una potenza agente attraverso tutta l'infinità dello spazio e tutta l'eternità del tempo, e come in Me sia concentrata ogni forza, ogni luce e ogni vita, ed anche come tutto quello che riempie lo spazio infinito tanto spiritualmente quanto naturalmente sia proceduto da Me. Cosa pensi dentro di te di queste cose? Cos’è che intendi tu per infinità, eternità, spazio, tempo, forza, luce e vita?

9. Infatti, sai, amico Mio caro, quando si asserisce che uno ha il cervello malato se viene fuori con simili concetti grandiosi e significantissimi, riferendoli eventualmente addirittura a qualche personalità straordinaria, allora bisogna che in te stesso vi siano dei concetti migliori al riguardo. Infatti, ad un vicino si può rinfacciare di essere pazzo soltanto quando si sia certi di possedere in se stessi una sapienza migliore. FamMi dunque adesso conoscere qual è il concetto che ti formi dei termini che sono stati menzionati prima»

10. A questa Mia domanda Epifanio rimane un po’ perplesso, ma si fa poi coraggio e dice: «Eh, maestro buono, dare una spiegazione chiara a qualcuno sotto questo aspetto, dovrebbe essere per ciascun mortale una delle impossibilità maggiori; perché qui trova letteralmente applicazione pratica il detto che “nessuno può donare all'altro quello che egli stesso non possiede”.

11. Come può l'uomo, piccolo e limitato, comprendere lo spazio infinito? Con il suo pensiero egli può lanciarsi quanto vuole in tutte le direzioni nelle profondità dello spazio infinito, ma di fronte alla totalità sconfinata dello spazio stesso finisce con il trovarsi sempre allo stesso punto, il quale in rapporto alla totalità dello spazio eternamente infinito rappresenta tanto quanto un niente; così l'uomo non può misurare neanche il tempo né in avanti né all'indietro, dato che nel suo divenire, essere e trapassare egli è altrettanto limitato quanto lo è rispetto allo spazio.

12. Che poi, trattandosi di uno spazio limitato e di un tempo ben definito, possa esservi posto per qualche ragionamento, questa è certo una cosa fondata su antiche esperienze, perché quello che è limitato può senz'altro comprendere quanto gli è simile, ma non può mai comprendere quanto è al massimo dissimile da lui. E quasi nell'identico modo stanno le cose per quanto riguarda i concetti di forza, luce e vita: una definizione chiara, esauriente e comprensibile di queste idee, non c'è stato finora sapiente capace di darla, e per conseguenza non posso darla nemmeno io che sono tutt'altro che un sapiente. Tu, o buon maestro, mi hai interrogato, ed io ora ti ho risposto. Ma se vuoi risolvere in maniera soddisfacente questi problemi, noi te ne saremo infinitamente grati».

 

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Cap. 211

L'uomo quale essere immortale.

 

1. Dico Io: «Ebbene, ci proverò: fate dunque bene attenzione! Con la tua asserzione tu affermi che quanto è in sé limitato non può comprendere mai assolutamente l'illimitato; e tuttavia ti dico che ciascun uomo, come lo spazio eternamente infinito che lo circonda, custodisce in sé ciò che è infinito ed eterno, e precisamente già in ogni fibra del suo corpo materiale, per non parlare poi della sua anima e in modo del tutto particolare del suo spirito.

2. Basta che tu pensi alla divisibilità che si estende all'infinito di ciascuna parte del tuo corpo, per quanto piccola! Dove ha mai fine questa? Pensa poi alla facoltà riproduttrice degli uomini, degli animali e delle piante! Dove ha mai fine tutto questo?

3. Hai mai potuto scoprire una linea di confine oltre alla quale un'anima desta non può più innalzare i suoi pensieri? Ma se già per l'anima il campo d'azione del pensiero è infinito, come non potrà essere infinito questo campo per il divino spirito eterno che è in lei e che è in se stesso la forza, la luce e la vita?

4. Io ti dico che è proprio questo spirito che crea e che ordina tutto nell'uomo; l'anima, invece, è per così dire unicamente il suo corpo sostanziale, così come il corpo di carne è un contenitore dell'anima finché questa non abbia raggiunto in esso un qualche grado di solidità. Quando ciò è avvenuto, l'anima trapassa sempre più nello spirito e conseguentemente anche nella vita vera e propria la quale è in sé e di per sé una vera forza, una verissima luce, e crea continuamente a partire da sé lo spazio, le forme, il tempo e la durata delle forme nel tempo, le anima e le rende autonome. E come le forme scaturiscono dall'infinità e dall'eternità della vita pienamente vera, ne consegue che esse ne racchiudono di per sé ed in sé anche ciò che è infinito ed eterno, per tutti i tempi dei tempi e per tutte le eternità delle eternità.

5. Nessuno dunque può dire, sostenere e affermare che egli, quale uomo, sia un essere limitato; l'infinito e l'eternità esistono già in tutte le minimissime parti del suo essere, e per questa ragione egli può comprendere anche quanto vi è di infinito e di eterno in lui.

6. Chi pensa che la sua vita si estenda soltanto ad un tempo quanto mai limitato, è in gravissimo errore! Non vi è nulla di transitorio nell’uomo, ma vi è unicamente e necessariamente, per quanto riguarda il corpo materiale, qualcosa di mutabile, come lo è e deve essere anche tutta la materia della Terra, dato che la sua destinazione di un tempo, fuori dalla potenza della vita pura, è quella di trapassare essa stessa alla vita pura, per la vita immutabile da quel momento in poi.

7. Quantunque le molte e varie parti della materia, e così pure del corpo umano, vengano trasformate, non per questo cessano di esistere, ma continuano eternamente ad esistere in una forma più spirituale, e quindi in una forma e in una maniera più nobili. O chi di voi può asserire di essere morto da fanciullo per il fatto che, giunto ormai alla vecchiaia, non ha più conservato in sé niente della sua forma originale che aveva da fanciullo?

8. Avete qui un chicco di frumento. Mettetelo nel terreno! Esso marcirà e immancabilmente cesserà di esistere com’è adesso; sennonché dalla sua putrefazione voi vedrete spuntare uno stelo, e alla sommità dello stelo si svilupperà una spiga la quale sarà portatrice di cento grani di frumento. Ma chi di voi è capace di vedere una simile forza in questo granello? Eppure tale forza deve esistere nel granello, altrimenti fuori da questo unico grano non potrebbe sorgere una spiga provvista di cento grani della stessa specie!

9. Ora noi abbiamo cento grani che deporremo pure nel terreno! Venuto il tempo della raccolta, ne ricaveremo già cento spighe da cento grani ciascuna, ciò che sommati assieme farà diecimila grani. Ma i cento steli e le cento spighe devono dunque essere già stati presenti spiritualmente in quell'unico grano, come occorre dedurre chiaramente che, a sua volta, questo grano stesso deve essere esistito ed essere stato incluso in quell'unico grano che la mano di Dio sparse quale un primo grano in un solco fertile di questa Terra, altrimenti certo non sarebbe assolutamente immaginabile la propagazione delle specie. Qui avete nuovamente una prova di come perfino ciò che è infinito ed eterno sia presente in un simile chicco.

10. Forse qui sarete indotti a pensare e a dire tra voi: “Va bene, questo è certo il caso del granello qualora venga a sua volta deposto nel terreno come semente! Ma che cosa succede invece di quel grano che viene ridotto in farina e poi ingerito sotto forma di pane dagli uomini e spesso anche dagli animali?”. E Io vi dico che a questo grano tocca una sorte ancora migliore, perché con ciò esso trapassa ad una vita più perfetta, nella quale esso, quale parte integrante di una vita superiore, può poi moltiplicarsi in sé altrettanto, ed anzi di più, in idee innumerevoli e forme viventi del pensiero, mentre di eliminabile come escremento non resta che l'elemento-involucro assolutamente materiale che ad ogni modo si trasforma poi esso stesso in un humus del terreno più nobile e fecondo, grazie a cui lo spirito del germe assume la forma dei vari granelli di semente e attrae a sé l'immortalità. Quello però che avviene della paglia e dell'elemento involucro nelle piante, avviene pure del corpo umano di carne ma in una maniera ancora molto più nobile.

11. E così voi non trovate nell'uomo niente che sia effettivamente perituro e limitato, ma soltanto mutabile fino al raggiungimento di una determinata meta spirituale, perciò è benissimo possibile che l'uomo comprenda l'infinità, l'eternità, lo spazio, il tempo, la forza, la luce e la vita, in quanto tutto ciò esiste già in lui.

12. Certamente, tutto dipende anzitutto dall'istruzione la quale è come un luminare dell'anima. Se questa manca, come ora è il caso per la maggior parte degli uomini, allora manca anche tutto, e l'anima umana senza questa luce spirituale vede e comprende - di quanto è in lei stessa - senza dubbio meno ancora di quanto un cieco di notte può vedere quanto lo circonda o che gli sta vicino.

13. Ed ora, o Epifanio, dimMi se hai compreso e afferrato bene questo Mio punto di vista! Soltanto dopo ti dirò se Io, con il Mio Spirito, penetro o no nello spazio infinito e nell'eternità! Parla pure liberamente e senza alcun timore!».

 

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Cap. 212

Dubbi e domande di Epifanio.

 

1. Risponde Epifanio: «O buon maestro, questa tua spiegazione mi fa l'effetto dei lampi nella notte! Quando il lampo scocca, rischiara pure per un istante la via e il paesaggio, ma se si vuole poi proseguire, è il momento che non si distingue più niente. Tuttavia qualche barlume io l'ho intravisto, e dalle tue parole devo arguire che tu sei un naturalista eccellente ed un valente antropologo.

2. Secondo te l'uomo cela l'infinito in sé, e quindi pure l'eternità; ma che poi, ammessa anche la più completa e migliore istruzione, egli possa da sé anche comprendere cosa sia l'infinito e l'eternità, l'energia reale, la luce e la vita, tutto ciò resta ancora una questione molto, ma molto differente! Io non voglio sostenere la tesi secondo cui anche ad uno spirito umano molto sveglio dovrebbe essere assolutamente impossibile arrivare a tanto, perché i talenti degli uomini sono vari, e qualcuno può benissimo comprendere una cosa la cui comprensione resta invece continuamente preclusa ad un altro, malgrado lunghi anni di fatiche, di riflessioni e di sforzi. Ma che il muoversi a proprio agio entro la cerchia di questi concetti non sia impresa facile, questo me lo concederà chiunque si sia mai avventurato su questa Terra, anche soltanto per poco, oltre gli antichi limiti della comune vita umano-animale terrena.

3. L'uomo può arrivare a comprendere molto, e finché vive può imparare molte cose; ma quanto a procurarsi una chiara luce riguardo a dei concetti, a sviscerare i quali dovrebbe essere necessaria eventualmente anche un’eternità, io credo che questa possibilità la si possa mettere alquanto in dubbio per ragioni non infondate. L'uomo non può che imparare una cosa alla volta, e per questo ci vuole del tempo; se egli impara molto, gli occorrerà anche molto tempo, ma se vuole imparare infinite cose, bisognerà che vi dedichi un tempo infinito! Sennonché la vita umana è troppo breve, e per conseguenza, rispetto ad un imparare infinito, resta evidentemente molto ancora da discutere.

4. Tu certo hai accennato ad uno spirito primordiale-divino che dovrebbe tenersi nascosto nell'anima come questa è nascosta nel corpo, e come questo spirito, avendo creato l'uomo e identificandosi esso stesso con i concetti dell'infinità e dell'eternità, si trovi perfettamente a posto in essi, e compenetri tutto con la sua luce e con la sua vita eterna. Ebbene, tutto ciò è intonato indubbiamente a grande sapienza, però nello stesso tempo anche ad uno spiccato misticismo, cosa questa che è sempre stata propria a tutti i teosofi, sapienti, sacerdoti e maghi e che per altro qui non c'entra più di tanto. Ma adesso si domanda: “Dove e come un uomo può congiungersi con questo suo spirito in maniera tale da esserne chiaramente cosciente e da poter agire insieme a lui agli scopi dell'assurgere ad uomo spirituale-divino perfetto, che ha una chiarissima visione e comprensione di tutto e che si presenta di fronte alla natura come un vero signore e maestro per mezzo della potenza della propria volontà originaria?”. Questa, o caro maestro, è una questione ben differente!

5. Chi sarà capace di risolvermi un tale problema in modo chiaro, vero e immediatamente efficace per la vita, a costui sono pronto a tributare il maggior rispetto possibile. Però non bisogna che mi venga fuori con quei certi fioretti mistici e con delle frasi retoriche, perché a simili fonti nessuno ha mai attinto finora niente di buono e di assolutamente vero, anzi, appunto a motivo di ciò l'umanità intera non è mai progredita e il livello della sua intelligenza spirituale è andato sempre più abbassandosi. Per conseguenza se qualcuno intende insegnare al prossimo qualcosa di superiore, che parli chiaro e in modo ben comprensibile, altrimenti farà molto meglio se tacerà. Se uno se ne intende di magia ed è in grado di produrre cose meravigliose, che lo faccia pure per divertire l'umanità profana, circondandosi anche del mistero più grande e mistico, perché così esige il suo mestiere, e alla fin fine non fa male a nessuno. Ma se il mago vuole invece educare degli allievi destinati a produrre con il tempo quello che egli stesso produce, allora è necessario mettere da parte il mistero e fare in modo che al suo posto subentri la verità purissima e incondizionata.

6. Perché Platone e Socrate hanno trovato in effetti così pochi imitatori? Perché essi erano dei mistici, e come tali non comprendevano in primo luogo neppure se stessi, né meno che meno poi potevano venire compresi da qualcun altro. Diogene ed Epicuro invece hanno parlato un linguaggio limpido in armonia con il loro intelletto, e perciò in brevissimo tempo hanno anche in effetti trovato un grande numero di discepoli; e questo nonostante il fatto che in base alla loro dottrina l'uomo non debba aspettarsi quasi nessuna gioia su questa Terra e debba infine aspettarsi che dopo la morte del suo corpo tutto è finito per lui.

7. Epicuro era ricco e raccomandava di approfittare dei diletti che la vita poteva offrire, dato che dopo la morte non c'è più nulla; Diogene invece voleva che la sua dottrina fosse utile alla comunità, perché vedeva benissimo che la dottrina di Epicuro non era adatta che a rendere felici soltanto i ricchi, mentre i poveri non avrebbero potuto averne che un’infelicità ancora maggiore. Per conseguenza egli insegnò la maggiore rinuncia possibile e la limitazione allo strettamente indispensabile dei bisogni dell'uomo; e il numero dei suoi seguaci era ed è tuttora il più numeroso, senza confronto, perché ciascun uomo si ritrovava, nei suoi principi chiaramente esposti, meglio e prima che non nelle altre dottrine.

8. Aristotele fu molto ammirato per la sua dizione energica e piena di sostanza, e fu un grande filosofo, però i suoi discepoli non si sono mai moltiplicati troppo, ed anche quei pochi non facevano altro che indagare, dedurre e concludere, e finivano spesso con il rendersi perfino ridicoli con le loro teorie della possibilità, perché quello che appariva loro in qualche modo logicamente possibile, doveva, secondo loro e date determinate circostanze, essere possibile anche fisicamente! Questa dottrina sembra proprio fatta apposta per i maghi; gli esseni, dal canto loro, è già da lungo tempo che vanno approfittandone, quantunque, presi ciascuno a sé e nel loro interesse individuale, essi non siano che degli epicurei e in parte anche dei cinici!

9. Ma dov'è dunque la grande verità della vita, che nel suo corso offre pure tanti momenti nei quali si è tentati di porre il quesito e di chiedere: “Ma che sia proprio sul serio tutto ciò un capriccio del caso, universale e miserando, il quale regna sovrano?”. Dunque, può forse la causa e il suo principio creatore e ordinatore, essere proprio più sciocca delle sue opere? Oppure, può una forza completamente morta e cieca suscitare e formare un essere cosciente e capace di pensieri maturi?

10. I mistici prospettano l'esistenza di un Dio onnipotente e sapiente in maniera suprema, e dei milioni vanno chiedendosi: “Dov’è mai Costui, e quale aspetto ha?”. Ma purtroppo non c'è nessuno che dia una risposta che tenga a tale interrogativo. Ad ogni modo la gente risolve alla svelta il problema rifugiandosi nella poesia; ecco perché tutto d’un tratto la Terra pullula di divinità grandi e piccole, e l'umanità troppo pigra per pensare finisce con il crederci, mentre una fede di questa specie risulta essere quasi doppiamente una morte per l'uomo, dato che lo rende tanto fisicamente che moralmente indolente, pigro, inattivo e quindi morto.

11. Chi invece è un vero sapiente, che presenti agli uomini la verità pura e nuda in piena luce del giorno, e dimostri chiaramente le origini prime e lo scopo del loro essere; così egli si erigerà nei cuori di milioni un monumento eterno per tutti i tempi dei tempi, poiché a ciascun giusto la verità pura non potrà che essere la benvenuta in sommo grado.

12. Tu, o amico caro, sembri voler essere un puro maestro di verità, e a dire il vero tutto fa credere che a tale scopo le capacità non ti mancano; risolvi dunque tali quesiti che, per quanto io ne sappia, non sono stati finora mai risolti da nessuno con sufficiente chiarezza e verità; se farai così, procurerai un immenso ristoro ai nostri cuori! Soltanto cerca di risparmiarci delle soluzioni a metà, perché di queste comunque non abbiamo assoluta mancanza».

 

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Cap. 213

La necessità della vera fede luminosa.

 

1. Dico Io: «Mio caro Epifanio, se in proposito Io non avessi già dato ad Aziona e ad Hiram le spiegazioni e gli ammaestramenti più chiari e convincenti, Mi affretterei senz'altro a soddisfare la tua giusta richiesta; sennonché questo Io l'ho già fatto, e i due sanno ormai benissimo cosa pensarne. Essi a loro volta ti esporranno queste cose in maniera altrettanto evidente come Io l'ho esposta a loro; poi voi non avrete che da vivere in conformità ad esse e il vostro spirito stesso vi rivelerà tutto quello che vi è necessario conoscere per la giusta via.

2. Però voi non dovete rigettare completamente la fede, poiché senza di questa farete molta fatica a raggiungere la meta.

3. Certo non va dimenticato che esistono due specie di fede: la fede vera, illuminante, consiste anzitutto nel fatto che nel proprio animo ci si affida senza alcuna traccia di dubbio ad una persona veritiera e profondamente esperta, e quanto essa enuncia lo si accoglie come una verità perfetta, anche se in un primo momento non si riesce a scrutarne con chiarezza tutte le profondità.

4. Infatti, vedi, chi vuole imparare la matematica, deve da principio credere a tutto; più tardi, gradatamente, quando il valore dei numeri e delle grandezze gli è divenuto ben familiare, soltanto allora comincia a presentarsi dinanzi ai suoi occhi con chiarezza assoluta una prova dopo l'altra; ecco non altrimenti stanno le cose nel nostro caso!

5. Se una persona assolutamente veritiera ti ha insegnato qualcosa attingendolo dall’ambito delle sue esperienze, tu da principio non puoi fare altro che credergli; però secondo la tua fede puoi anche renderti subito attivo nella maniera che ti è stata indicata, ed allora grazie all'attività perverrai per tua esperienza a quella luce che non potrebbe mai più rendersi visibile mediante una semplice spiegazione verbale, per quanto limpida e ordinata.

6. Qualcuno, ad esempio, potrebbe assumersi il compito gravoso di descriverti pazientemente la città di Roma fin nei più minuziosi dettagli, ma tu non saresti mai in grado di farti un'idea chiara di quella grande città. Tu però presti piena fede alle parole di quel narratore, senti per conseguenza sorgere in te un grande desiderio di visitare personalmente quella città e cerchi con ogni diligenza e con ogni zelo un'occasione per intraprendere un viaggio verso quella città. L'occasione si presenta ben presto, tu arrivi a Roma e, nell’ammirarne le magnificenze, rimani tanto più stupito, in quanto trovi che tutto corrisponde perfettamente alla descrizione che te ne era stata fatta. Ma quale non sarà la differenza tra la Roma che vedrai nella realtà con i tuoi occhi e quella che ti sarai raffigurata prima nella tua fantasia?

7. Ma la fede nella descrizione di Roma che l'altro ti avrà fatto ti sarà stata di danno o di vantaggio durante la visita della città? Evidentemente di vantaggio, e anche grande! Infatti, in primo luogo senza tale descrizione è difficile che avrebbe potuto venirti in mente di visitare Roma, e quand'anche un giorno tu fossi giunto alla grande città così, senza alcuna nozione preliminare, avresti cominciato a girare incerto per le vie come un cieco, ti saresti a mala pena azzardato a domandare a qualcuno qualche informazione sull'una o sull'altra cosa e, combattuto tra il timore e la noia, il tuo unico pensiero sarebbe stato quello di voltare le spalle il più presto possibile a quella metropoli. Ma se tu non avessi prestato alcuna fede alla descrizione stessa, ebbene, anche la descrizione sarebbe stata come non fosse mai stata fatta, perché una mezza fede è di assai poco migliore di nessuna fede, dato che essa non è adatta ad incitare nessuno ad un'attività vera e vivente.

8. Perciò tu puoi rilevare chiaramente da quanto detto che, trattandosi di una nuova dottrina, la fede non deve mancare, almeno da principio. Certo che si possono esaminare con ogni attenzione gli ammaestramenti e gli elementi sui quali essi si fondano, però è necessario che essi vengano accolti prima quali verità di alto valore, e in base all'autorità che la veridicità conferisce al maestro, anche senza l'immediata comprensione radicale, poiché questa viene solo più tardi, per effetto dell'adempimento di quello che la dottrina ha stabilito in se stessa quale condizione. Ma se questa non venisse, allora si sarebbe soltanto autorizzati a stringersi le spalle e a dire: “O la dottrina era campata in aria, oppure da parte mia non sono ancora state adempiute completamente le condizioni poste!”. È quindi necessario interpellare il maestro e chiedergli informazioni più dettagliate in proposito, per sentire se la fedele osservanza delle massime enunciate dalla nuova dottrina non abbia ottenuto nemmeno in altri l'effetto sperato.

9. Ma se essa ha avuto un tale effetto in qualcun altro, e in te no, allora la colpa è stata evidentemente soltanto tua, e in questo caso dovresti impegnarti con ogni zelo per rimediare ai vari indugi e alle trascuratezze, per pervenire così al punto al quale è pervenuto il tuo vicino. Qualora però, nonostante l'osservanza per quanto rigida dei doveri imposti dalla nuova dottrina, nessuno ne risentisse il benché minimo vantaggio, ebbene, allora certo, ma soltanto allora, il voltare le spalle ad una simile falsa dottrina sarebbe giustificato».

 

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Cap. 214

La credulità e la superstizione.

 

1. (Continua il Signore:) «Tuttavia accanto alla vera fede necessaria esiste purtroppo anche la credulità, in conseguenza della quale certa gente pigra e che non ha assolutamente voglia di pensare ritiene per vero tutto quello che qualcuno gli ha predicato spesso perfino per scherzo, ma il più delle volte invece perché indottovi dal proprio interesse; orbene, di simili credenti ce ne sono attualmente su questa Terra in numero così grande da formare la stragrande maggioranza!

2. Con questi creduloni però non c'è veramente granché da fare, perché per loro è quasi la stessa cosa raggiungere o non raggiungere qualcosa per mezzo della fede. Essi non fanno che credere, e si limitano talvolta a meravigliarsi mantenendosi però del tutto indifferenti anche nella meraviglia, ed esteriormente fanno quello che una certa dottrina prescrive loro di fare, ma quello che fanno è senza alcun valore vitale interiore; e se anche dal loro fare non ricavano mai nulla all'infuori di un po' di noia, non ci fanno caso. Sono troppo pigri, la serietà della vita è perfettamente sconosciuta a loro e perciò sono in tutto e per tutto simili a quelle effemeridi che frullano proforma per l'aria alla luce del Sole, con il solo scopo che le rondini si cibino di loro con tanta maggiore facilità. Per quanto riguarda simili eroi della fede, non merita dunque che noi spendiamo nemmeno una parola di più.

3. Superstizione e credulità sono, alla fin fine, l'identica cosa; c’è una sola differenza tra di loro ed è questa: la superstizione deriva sempre dalla credulità, ed è un suo frutto a tutti gli effetti.

4. Le conseguenze incalcolabilmente maligne della superstizione sono attualmente anche troppo visibili e palpabili su questa Terra. Le migliaia di migliaia di templi degli idoli è stata la superstizione a edificarli, spesso a costo di sacrifici gravissimi.

5. Sennonché è ormai venuto il tempo nel quale la superstizione sarà annientata, e per questo ora si richiede uno strenuo e zelante lavoro; però mancano ancora molti lavoratori abili e coraggiosi. Dinanzi a Me si trova dunque un campo immenso che bisogna coltivare, ed ora Io sto appunto ingaggiando i Miei lavoratori. Qualora voi giungeste a riconoscere chiaramente le vere vie, sareste pure voi della gente molto adatta per tale compito; si intende però da sé che prima voi stessi dovete venire iniziati pienamente nella Mia nuova Dottrina della vita, e dopo sareste particolarmente adatti ad un'opera di questa specie per effetto delle varie vostre esperienze del mondo. Che la ricompensa qui e specialmente nell'aldilà non sarebbe affatto meschina, di questo potete essere già anticipatamente più che sicuri. Cosa ne dici tu, o Epifanio, amico Mio, di questa Mia proposta che certo giunge a voi tutti assolutamente inaspettata?»

6. Dice Epifanio: «Oh, e perché no? Una volta che io sia assolutamente e radicalmente convinto di una verità, anche senza attendermi ricompense sono pronto ad assumermi il compito di insegnante unicamente per amore della verità, e non credo minimamente che così facendo rischierò di morire di fame. Infatti, pur essendo l'umanità attualmente molto corrotta e pur vivendo immersa nel più rozzo egoismo, io penso che essa non si dimostrerebbe ostile ad una dottrina nuova e buona. Purché le si presenti un vero maestro, essa lo accoglierà sempre e presterà orecchio ai suoi insegnamenti, basterà che scopra in questi, od almeno presagisca, qualcosa di più elevato e di più vero, perché dia ben presto congedo al proprio egoismo ed ispiri le proprie azioni ad amorevolezza e generosità.

7. Sotto un simile aspetto all'uomo non fa male nemmeno una piccola dose di credulità, perché senza di questa sarebbe spesso difficile fare da maestro alla gente. Solamente bisogna che poi il vero maestro faccia assolutamente in modo di evitare che i suoi discepoli continuino a cullarsi nella loro credulità senza fondamento, ma deve lavorare con loro e guidarli finché essi non siano penetrati profondamente nella luce chiarissima della sua dottrina. Una volta raggiunto questo scopo, allora egli ha compiuto veramente un'opera buona a vantaggio dell'umanità, e può stare certo del fatto che essa non gli si dimostrerà ingrata.

8. Di quanti benefici non godono, da parte dell'umanità credula, certi falsi maestri i quali si danno l'aria come se comprendessero qualcosa, e riescono in questo modo a crearsi una vasta cerchia di ascoltatori i quali li guardano ammirati e fanno addirittura a gara per attirare su di loro l'attenzione del maestro mediante doni di ogni specie! Ora quanto di più non apprezzeranno essi un maestro capace di dimostrare e spiegare loro i massimi misteri ed i rapporti della vita in maniera radicale e chiara, teoricamente e, ovviamente, quando è necessario, anche praticamente! Io sono sempre disposto a contribuire ad un'opera simile, ma è indispensabile che io stesso venga prima a sapere a fondo di che cosa veramente si tratti rispetto a tutta questa storia! Oh, io non sono né sordo né tardo di intelletto, e quello che Aziona e Hiram comprendono finirò bene con il comprenderlo anch’io come pure tutti i miei vicini. Ma, ovviamente, da noi qui non si compra mai a scatola chiusa, né si compra né si vende la lana di pecora durante la notte. Ed ora, amico e maestro, in che cosa propriamente consiste la tua questione e la tua - dico - nuova dottrina?».

 

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Cap. 215

La missione del Signore. Il dubbio di Epifanio riguardo alla capacità

degli uomini di comprendere la Dottrina del Signore.

 

1. Dico Io: «Per chiarirti la cosa con poche parole, Io ti dico semplicemente che la Mia Questione e la Mia Dottrina consistono solo nel fatto che esse tendono a far conoscere all'uomo da dove egli è veramente venuto, che cosa egli è, e qual è la meta a cui deve pervenire e alla quale anche perverrà secondo pienissima ed evidentissima verità.

2. Già i greci, vale a dire i loro sapienti, hanno asserito: “La scienza più difficile, la più importante e somma è quella della conoscenza più perfetta possibile di se stessi!”. Ora vedi, appunto in questo si concreta la Mia Causa, perché senza una tale scienza è impossibile riconoscere un Essere divino supremo quale Autore di ogni divenire, di ogni esistenza e di ogni conservazione!

3. Ma chi non vuole riconoscere questo e non si cura di far convergere ogni suo pensiero ed opera al raggiungimento di questo scopo della vita, l'unico vero, riconoscendo perfettamente se stesso ed il supremo Essere divino quale Causa Prima ed eterna di ogni esistenza e di ogni divenire, allora costui può considerarsi già perduto!

4. Infatti, come ogni cosa ben presto si disgrega e si annienta totalmente rispetto a ciò che era nel caso in cui nel proprio interno non abbia una consistenza tale per cui tutte le sue parti aderiscano completamente e si fissino, e la consistenza stessa risulti sempre più immutabile, ebbene, così pure succede anche all'uomo che in se stesso non è diventato totalmente una cosa sola in se stesso e con se stesso e in Dio e con Dio.

5. Ma a questa meta l'uomo può pervenire appunto soltanto qualora egli giunga a riconoscere se stesso e con ciò inevitabilmente a riconoscere anche Dio quale sua Causa Prima e che, conformemente a tale riconoscimento, si renda attivo in tutti i campi della sua vita.

6. Quando dunque un uomo è diventato in se stesso maturo e saldo, allora egli è anche un signore di tutte le forze emananti da Dio, e per mezzo di queste è pure un maestro di ogni creatura, spiritualmente e materialmente, né esiste assolutamente più forza capace di scomporlo o di annientarlo, e così egli viene a trovarsi veramente nella vita eterna.

7. Ora vedi, in questo si compendia tutta la Mia nuova Dottrina, la quale in realtà, considerata a fondo, è una Dottrina antichissima sulla Terra, già conosciuta dalla primissima umanità che fu chiamata a dimorarvi! Essa semplicemente andò perduta a causa della pigrizia degli uomini, mentre attualmente viene ridonata nuovamente da Me quale cosa nuova per gli uomini di buona volontà, e con essa riporto loro l'originario Eden (Je den = È giorno) che era andato perduto. Adesso dimMi, o Epifanio, se Mi hai proprio compreso e qual è la tua opinione in proposito!»

8. Risponde Epifanio: «Oh sì, io ti ho compreso di certo e devo confessare apertamente, oltre a questo, che una simile conoscenza, qualora si diffondesse il più possibile fra gli uomini, sarebbe la cosa certo più desiderabile e più grande che mai mortale su questa Terra potrebbe possedere. Ed è probabile che a te e ai tuoi compagni siano note con assoluta chiarezza anche le vie dell'insegnamento che vi conducono! Tuttavia in questa occasione mi si affaccia alla memoria un vecchio detto romano nel quale c'è davvero molta saggezza e che si presta benissimo a svariate interpretazioni e paragoni. E questo detto suona così: QUOD LICET JOVI, NON LICET BOVI. PROPHETA, POETA ET CANTORES NASCUNTUR, RHETOR FIT! (Ciò che è lecito a Giove, non è permesso al bue. Profeta, poeta e cantore si nasce, oratore si diventa!). Per delle cose o dei lavori piccoli e semplici si può ammaestrare benissimo anche un bue, però quest’ultimo non potrà mai trarre dal duro marmo una Minerva adoperando la mazza e lo scalpello!

9. Non c'è dubbio che i massimi sapienti dell'antico Egitto e della Grecia abbiano dedicato tutta la diligenza possibile al riconoscimento di loro stessi e di un Essere divino originario; ma malgrado tutti i loro sforzi, a che punto arrivarono? Essi arrivarono precisamente fino al punto di dover constatare che il pervenire ad una simile conoscenza che abbraccia tutto, è per l'uomo, limitato nelle sue facoltà, un'impossibilità assoluta, in modo che pure qui il detto “QUOD LICET JOVI, NON LICET BOVI!” (Ciò che è lecito a Giove, non è permesso al bue!) trovò pienissima conferma!

10. Del resto io non escludo affatto che tu possa costituire l'eccezione, e ciò a giudicare dalle tue altre parole e particolarmente dalle tue opere. Se però anche un uomo normale, come sarei io, riuscirà a farsi un qualche concetto preciso e durevole della cosa, questa è tutta un'altra questione! Infatti, quantunque rari, certamente ci sono qua e là degli uomini, i cosiddetti geni, i quali sono dotati di capacità spesso particolari in molti e svariati campi. Qualcuno è già nella culla un veggente e profeta; un secondo è un cantore di genere straordinario, un terzo è eccellente nella scultura, un quarto è già, quasi nel corpo materno, un matematico, e un altro se ne intende di magia. Passando in altri campi, uno possiede una memoria prodigiosa, un altro ha una vista così acuta da poter distinguere una persona a varie ore di cammino di distanza e, se necessario, anche riconoscerla.

11. Insomma ci sono molte altre capacità ancora fra gli uomini di grande talento. Ma tutto quello che è proprio ai geni non lo si può mai in eterno imparare tanto a fondo da poter venire poi riprodotto da un allievo con quella perfezione che era caratteristica nel geniale maestro, e le prestazioni dell'allievo finiscono con il ridursi ad una misera imitazione e ad una cosa raffazzonata priva di valore.

12. Quindi io sono dell'opinione, da me reputata quasi come normativa, che noi, per quanto riguarda questa tua dottrina, riusciremo a comprendere discretamente quello che ci dirai, però ad una rappresentazione completa e pratica in noi non ci arriveremo mai. Del resto, tu sei in ogni caso un maestro quanto mai raro nella tua scienza, e non avrai difficoltà a renderti conto di che tipo di gente sia quella che ti trovi dinanzi; dal canto nostro vedremo poi quello che saremo in grado di comprendere e di fare! Noi di sicuro non abbiamo alcuna prevenzione contro la scienza pura, quantunque possiamo anche facilmente farne a meno, dato che il nostro modo di considerare la vita - in seguito al quale le nostre necessità materiali sono ridotte al minimo, come lo dimostra il nostro stato presente - ci soddisfa più che completamente; tuttavia come ho detto, non per questo siamo nemici della scienza pura.

13. Hiram ed Aziona mi hanno dato le informazioni più sincere sul tuo conto, alle quali ho dovuto prestare fede, in quanto riconosco in loro due persone assolutamente veritiere. Ora si tratta dunque di acquistare la convinzione di tutto ciò per le vie della teoria e della pratica; una volta acquisitala tu di certo non avrai in me un propagatore inetto e pigro della tua nuova dottrina. Ecco, io ho parlato, e adesso parla tu!».

 

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Cap. 216

Del potere miracoloso della parola.

L’insegnamento è migliore dell’operare miracoli.

 

1. Dico Io: «Caro Epifanio, ti ho già detto che sotto questo aspetto i tuoi due fratelli qui presenti ti avrebbero fornito una buona e vera spiegazione, ma dato che tu sei uno spirito davvero di una rara schiettezza, allora Io stesso voglio aggiungervi almeno una buona introduzione che sarà anche un fondamento adatto sul quale poi a Hiram e ad Aziona sarà facile edificare.

2. Con i tuoi occhi acuti tu constati che Io non sono altro che un semplicissimo uomo come tutti gli altri e pure come te stesso. Io mangio, bevo, porto delle vesti alla foggia dei galilei e Mi esprimo con le stesse parole con cui ti esprimi tu. In ciò tu non puoi riscontrare nessun divario fra Me e te; ma quando tu parli, anche ricolmando le tue parole della tua più ferma volontà, esse rimangono pur sempre le semplici parole che sono, alle quali in caso di bisogno potrà faticosamente seguire anche un'azione, ma questa avrà di certo degli effetti ben miseri. Ebbene, per Me è infinitamente diverso: quando Io colmo della Mia Volontà una delle Mie parole oppure anche soltanto un Mio pensiero, il quale in effetti non è altro che una parola del Mio Spirito, alla parola stessa deve immediatamente seguire il fatto compiuto senza alcun bisogno della benché minima manipolazione!

3. E quello che a Me è possibile grazie alla Mia parola, deve essere possibile anche a ciascun Mio giusto discepolo, dato che il suo intimo viene infine guidato da quello stesso Spirito che guida il Mio!

4. E vedi, questo nella Mia nuova Dottrina è appunto qualcosa che in tanta pienezza e perfezione non è stato ancora scorto fra gli uomini da quando ebbe inizio il mondo! Guarda qui: Io non porto con Me nessuno strumento, né delle polveri o degli unguenti misteriosi; la Mia veste e il Mio mantello non hanno tasche, ed altrettanto dicasi di quelli dei Miei discepoli, anzi noi non portiamo nemmeno un bastone, e per lo più camminiamo continuamente scalzi!

5. La parola e la volontà costituiscono dunque tutta la nostra ricchezza, eppure noi abbiamo di tutto e non viviamo in miseria, a meno che non vogliamo sopportarla di nostra stessa volontà allo scopo di intenerire i cuori induriti degli uomini. Ebbene, perché Io posso fare proprio tutto grazie alla Mia Volontà e alla Mia Parola e perché tu invece non puoi fare altrettanto?»

6. Risponde Epifanio: «Eh, certo che sarà per me quanto mai difficile darti una giusta risposta a questo proposito! Veramente la stessa cosa sul tuo conto io l'ho già appresa da Hiram e da Aziona, ed ho anche gustato del vino che tu hai creato dall'acqua, vino che in verità non ha lasciato proprio nulla a desiderare! Dunque, non c'è alcun dubbio che se la tua semplice parola, colmata di volontà, è capace di produrre degli effetti simili anche senza fare ricorso ad un qualche altro mezzo, per quanto misterioso, e se il “come” di questo fatto viene anche insegnato da te, allora non si potrebbe fare a meno di avere il massimo rispetto di te, della tua dottrina e delle tue parole! Infatti, una cosa simile, per quanto ne sappia io che pure conosco molte cose, non si è ancora mai verificata a questo mondo.

7. Io potrei pure chiederti: “Amico e maestro, dammi una piccola prova di una simile forza insita nella tua parola gravida di volontà!”. Sennonché io non ho bisogno di una prova di questo genere, perché preferisco sempre arrivare a comprendere qualcosa per effetto di parole chiare, sagge ed energiche che non per effetto di prodigi. Tuttavia, se proprio non ti spiace fornirmi una qualche piccola prova extra, questa certo non sarà né di danno a me né ai miei altri vicini. Ovviamente, considera questo come un mio semplice desiderio e assolutamente non come un'imposizione!»

8. Dico Io: «L'insegnamento è migliore dei prodigi, perché quest’ultimi hanno un effetto costrittivo, mentre l'insegnamento desta e dirige in se stesso la forza alla quale si deve pervenire, ed è solo così che la forza, che l’uomo ha ottenuto mediante la sua attività, diviene sua proprietà vera e assoluta. Ma naturalmente in uomini come siete voi, che già da molto tempo hanno messo alla porta tutte le questioni di una fede forzata e dei suoi limitati confini, perfino i segni più grandiosi non hanno più alcuna forza coercitiva. Essi infatti, per osservatori come voi, non acquistano alcuna forza coercitiva fino a quando non siano stati accettati come chiaramente evidenti e ben palesi, rispetto al “come”, dalla vostra teoria sulla vita. Per conseguenza Io posso senz'altro fornirti una piccola prova della Mia Potenza anche senza il rischio di nuocere al tuo animo e a quello dei tuoi vicini.

9. I prodigi però che Io compio quale conferma della verità della Mia nuova Dottrina devono essere sempre di natura tale da arrecare agli uomini, oltre al grande vantaggio morale, anche il vantaggio fisico; per conseguenza Io penso, mettendoMi un po’ nei vostri panni, che sarebbe di grande utilità per voi, quali Miei nuovi discepoli molto stimati, non vivere più in un deserto molto desolato, ma sarebbe opportuno trasformare subito questa sterile regione in un luogo molto fertile! Sei tu e siete voi tutti d'accordo?»

10. Dice Epifanio: «O maestro, se una cosa simile ti fosse possibile, sarebbe un prodigio supremamente degno di lode! Ma allora evidentemente tu saresti di più di tutti i sommi sapienti di questo mondo e di tutti i profeti di Israele; anzi tu saresti proprio sul serio un vero Dio, e per conseguenza la tua nuova dottrina dovrebbe corrispondere a perfetta verità! Infatti, consideriamo un po’ questa vera DABUORA (deserto di pece e di nafta)! Ecco, esso non è nient’altro che nude rocce che giungono fino alle nuvole, e soltanto ai piedi di questo autentico monte di pece si mostra qua e là qualche raro ciuffo di sterpaglia. Ben poche sorgenti sgorgano dalle sue viscere, e là, su quel pendio dirupato, vegeta un magro bosco di cedri che costituisce un vero santuario per questa montagna di pece. Tutto il resto, per lungo e per largo, è vuoto e nudo come la superficie dell'acqua!

11. Ebbene, verrebbe forse tutto questo trasformato in una regione fertile della Terra per effetto della tua parola colma di forza di volontà? Credere anticipatamente ad una cosa simile è certo difficile, sennonché questo l'hai affermato quando cominciasti ad esporre la tua dottrina la quale, nonostante suoni in maniera molto enigmatica, deve essere tuttavia vera, per la ragione che tu sei un uomo in primo luogo dal pensiero troppo puro per voler farti gioco di gente come noi, e in secondo luogo perché hai già operato qui qualche prodigio di tipo straordinario. Dunque io ti prego di fare così come hai detto, se non ti costa davvero altro all'infuori di una sola parola colma della tua volontà!».

 

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Cap. 217

Il prodigio della trasformazione del paesaggio.

Libertà di volere e inserimento nella Volontà di Dio.

 

1. Dico Io: «Ebbene, fa attenzione, e Io non ti dico altro che “Voglio che così sia!”. Ed ora, Mio caro Epifanio, osserva questo paese e dimMi se ti piace!»

2. Allora Epifanio, Hiram ed Aziona, nonché tutti gli altri presenti, restano ammutoliti per lo stupore e si battono il petto. Epifanio con gli occhi spalancati guarda il paesaggio fattosi ormai splendido, la montagna ricca di boschi e la zona costiera - che aveva una superficie di quasi mille iugeri e che prima era coperta soltanto da erba magra e scarsa per il pascolo di poche pecore e capre ora era coperta come da un verde tappeto lussureggiante. Egli alternativamente ammira queste meraviglie, e poi guarda Me con occhio scrutatore.

3. Dopo qualche tempo, riavutosi un po’ dal suo sbalordimento, egli apre di nuovo la sua bocca e dice: «Oh, ma per produrre in un solo istante tutto ciò, bisogna essere quasi più che un Dio! Infatti, una divinità del genere da me conosciuta, studiando le varie religioni degli egiziani, dei greci, dei romani, degli ebrei e perfino dei persiani e degli indiani, si concede del tempo e opera i suoi miracoli con tutta comodità e inoltre pare che abbia bisogno di una quantità di mezzi grandiosi e di apparati per ottenere il suo scopo. È necessario che ci sia un sole, una luna, vari pianeti e un numero sterminato di stelle; tutti questi astri, date certe circostanze, posizioni e relazioni, l'aiutano a compiere i miracoli su questa Terra, dove del resto tutto si svolge abbastanza tranquillamente, eccezion fatta per i fulmini che cadono giù dalle nubi.

4. Tu invece hai compiuto qui una cosa che una divinità, di quelle da me conosciute perché ho letto di loro in libri e manoscritti, si sarebbe certo concesso un paio di centinaia di noiosissimi anni per realizzarla, anche richiedendo la zelante collaborazione degli uomini. Ma da tutto ciò io non posso che trarre l’indubitabile conclusione che Tu devi essere evidentemente più di un Dio di tutte le altre divinità delle quali io ho letto e udito molto! O Signore e Maestro di tutti i maestri della Terra! Come, ed ancora come Ti è possibile questo? E come potrebbe essere possibile che con il tempo uno di noi possa addirittura ottenere gli stessi effetti, purché sia interamente compenetrato dalla Tua nuova Dottrina?»

5. Dico Io: «Sì, o Epifanio, caro amico Mio; altrimenti non ti avrei parlato così! Come tutto ciò sia possibile Io te l'ho detto e te l’ho perfino mostrato chiaramente già prima; Io però ora aggiungo una cosa, e cioè che i Miei veri discepoli, con il tempo, faranno su questa Terra delle opere ancora più grandiose di quelle che tu Mi hai visto compiere adesso. Ma naturalmente, occorre che tutti i Miei veri discepoli riconoscano sempre bene e sappiano che tutte queste cose essi saranno in grado di compierle soltanto quando il loro spirito si sarà completamente unificato con il Mio, e quando in ogni occasione si saranno consultati nel loro spirito con il Mio Spirito per esaminare se un'opera simile sarà necessaria al raggiungimento di un qualche scopo buono e nobile! Infatti, se a qualcuno, per quanto viva scrupolosamente secondo la Mia Dottrina, in seguito all'imposizione di un qualche potente, pena anche la vita del corpo, fosse indotto a dover operare un prodigio a conferma della sua alta missione, ed Io in spirito gli dicessi: “Non farlo, perché la Mia Volontà non è tale”, allora conviene che anche il discepolo si adegui subito a quello che voglio Io; ma se nonostante ciò egli si disponesse ad operare il prodigio, allora gliene mancherebbe il potere per il fatto che la Mia Volontà non armonizzerebbe con la sua.

6. Soltanto con Me, vale a dire in costante unione con il mio Spirito e la Mia Volontà, voi potrete fare tutto, ma senza una tale costante unione non sarete in grado di fare niente; dato che il Signore sono Io, e Tale rimarrò per tutte le eternità! Ora vedi, anche questo rientra nell'ambito della Mia Dottrina! Mi hai compreso?»

7. Risponde Epifanio: «Sì, certo, o Signore e Maestro di tutti i maestri! Tuttavia io vi scorgo una cosa la quale, secondo il mio giudizio, non va proprio perfettamente d'accordo con la completa libertà propria allo spirito umano. Infatti, se io per esempio posso operare un prodigio soltanto qualora sia Tu a voler cooperare, allora è chiaro che la mia volontà è in eterno dipendente dalla Tua, e che, essendo vincolata a quest'ultima, non è più libera!»

8. Dico Io: «Oh, se giudichi così, allora sei in grave errore! Anzi, veramente succede proprio il contrario! Quanto più strettamente uno spirito umano si trova unito al Mio Spirito, tanto più libero esso si rende nel suo spirito e nella sua volontà, dato che Io stesso custodisco in Me la libertà e la potenza supreme ed assolutamente illimitate. Limitato nella sua libertà si troverà soltanto colui che non si sarà unificato con Me, ma chi invece sarà diventato una cosa sola con Me, costui avrà tutto il potere che ho Io stesso, poiché, all'infuori di Me, non esiste in nessun luogo una sconfinata potenza né una illimitata capacità d'azione.

9. Ma la perfetta unione con Me non priva nessuno nemmeno di un minimissimo atomo della propria indipendenza; dunque, puoi forse immaginarti un vantaggio maggiore e più beatificante della vita se non quello di essere onnipotentemente operante al pari di Me, con Me - vale a dire con il Mio Spirito pur conservando assolutamente intatta la propria indipendenza? Ed ora dimMi se ti piace la cosa!»

10. Dice Epifanio: «O Signore e Maestro, grande fra i grandi! Io sono ancora troppo poco iniziato in tali rapporti della vita - del tutto nuovi e fino a questo momento mai uditi prima - per potermi esprimere come si conviene in proposito e, come ciascuno facilmente comprenderà, non posso ancora farmi un concetto esatto di cose simili, né per conseguenza sarei in grado di darne un giudizio; tuttavia, per quanto mi riesce di intravedere appunto nelle Tue parole, non posso negare che una vita di questo genere dovrebbe essere certo molto vantaggiosa! Infatti, essere compartecipi dell'Onnipotenza dello Spirito di Dio e contemporaneamente conservare perfettamente intatta in sé l'indipendenza della propria vita, questo è senza dubbio il grado della perfezione della vita più alto che si possa immaginare; e la cosa potrà senz'altro essere così, dato che sei Tu che l'annunci a me e a noi tutti.

11. Riguardo al “come” noi non vogliamo più affannarci; ciò sarebbe del tutto vano se consideriamo che a noi, appena principianti nello studio della Tua Dottrina, mancano ancora le necessarie nozioni. Oltre a questo noi tutti, sotto l'impressione di questo immenso prodigio, siamo troppo sbigottiti e distratti per poter formulare in noi un giudizio spassionato. Concedici dunque, o Signore e divino Maestro, che ci tranquillizziamo un po’ e che ci raccogliamo alquanto in noi, per poi, in condizioni più buone in fatto di tranquillità d'animo, poter dare a Te, o Signore e Maestro, una risposta migliore di quella che ora Ti ho dato!».

 

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Cap. 218

Importanza della tranquillità dell'animo.

 

1. Dico Io: «Sì, hai parlato molto bene e hai detto il vero. La tranquillità e la vera pace interiore dell'animo è l'elemento spirituale più necessario per ciascun uomo, senza il quale egli non può comprendere nulla di veramente interiore e di spiritualmente grande; perciò Io vi concedo volentieri quello che hai appena domandato.

2. Tuttavia una simile pace nella quale il corpo e le sue membra sono privati della loro attività, non è proprio un riposo assoluto, quanto piuttosto un'intensa attività interiore dell'anima per mezzo della quale questa tende a congiungersi sempre di più con il proprio spirito di cui ha cominciato a percepire la presenza. Se dunque richiedi una simile pace, tu e qualsiasi altro nelle identiche condizioni fate molto bene, e qualora vorrai concederti regolarmente una volta al giorno un periodo di tempo dedicato a questa pace interiore, o meglio detto, all’attività dell'anima, soltanto allora comincerai ad accorgerti dell'immenso e reale vantaggio per la tua vita che essa ti avrà arrecato.

3. Ed ora voi tutti potete ritirarvi nelle vostre capanne, le quali assieme a questo terreno, prima deserto, hanno assunto un aspetto un po’ migliore; là prendete visione di tutto ciò che di buono è stato fatto a vostro beneficio. Venuta sera poi ritornate qui!

4. Io intanto Mi occuperò di quanto Mi è stato affidato dal Padre Mio che è in Cielo, il Quale è completamente una cosa sola con Me. Chi però preferisce rimanere anche tutta la giornata qui con Me, può farlo senz'altro! Infatti, nessuno è costretto a allontanarsi da qui, ma solo se lo vuole, e tanto una cosa, quanto l'altra gli sarà tuttavia sempre di grande vantaggio. E adesso fate secondo la vostra volontà!»

5. Allora, ad eccezione di Hiram e di Epifanio, tutti si alzano e si affrettano ansiosi verso le loro capanne per sentire cosa vi è successo e per vedervi i cambiamenti verificatisi. E giunti alle loro dimore, non cessano di meravigliarsi trovando le loro miserabili capanne di prima trasformate in vere case di bellissimo aspetto, e il terreno tutt'intorno ricco di alberi da frutto, di vigne, di campi e di prati, e rendono lode a Dio Padre del Quale Io avevo detto loro che aveva concesso una simile potenza ad un uomo della Terra.

6. Epifanio però si riprende, e dice: «O Signore e Maestro di tutti i maestri! Per quanto mi riguarda, preferisco restarmene qui; quello che gli altri hanno ottenuto per Tua bontà e mediante la Tua divina Potenza, l'avrò ottenuto anch’io, e questo è certo un tale beneficio del quale noi tutti, nonché i nostri figli e nipoti, non potremo mai lodarTi e ringraziarTi come meriti.

7. Ma per quanto inestimabilmente grande possa essere questo beneficio che ci hai elargito, esso non si può paragonare a quello che hai concesso alle nostre anime mediante la Tua Dottrina! Infatti, unicamente per mezzo di questa noi, prima veri uomini-animali divenuti del tutto selvatici, ci siamo fatti veramente uomini! Soltanto Tu ci hai mostrato la realtà della vita e ci hai insegnato anche qual è il suo vero valore.

8. Prima noi sentivamo amore soltanto per la morte, ora invece il nostro amore vero e grande si rivolge alla vita la quale è suscettibile di un immenso perfezionamento in tutte le direzioni, mentre la morte resta morte in eterno, e non è mai suscettibile di una qualche graduale perfezione. Ed appunto perciò preferisco rimanere adesso qui con Te, o Signore e Maestro, affinché nulla mi sfugga di quello che la Tua - dico - in tutta verità santissima bocca vorrà ancora annunciarci»

9. Dico Io: «Ciò che gli altri hanno fatto è bene, ma quello che fai tu è migliore. Dato che ciascuna Parola che esce dalla Mia bocca è Luce, Verità e Vita; se tu afferri le Mie parole nel tuo cuore ed operi conformemente ad esse, in questo modo, insieme alla parola appresa, ottieni anche la vera vita eterna.

10. Se qualcuno invece ascolta le Mie parole, ma non vi conforma subito le proprie opere, costui non sarà vivificato dalla Mia Parola, ma tale Parola non servirà che a procurargli il giudizio e la morte. Quantunque ciò non corrisponda alla Mia Volontà, ma soltanto all'Ordine eterno di Dio, Io non posso aiutarlo, dato che egli deve aiutarsi da solo.

11. Infatti, se ad un affamato viene offerto del cibo ed egli non lo mangia, masi limita soltanto a guardarlo, allora non si può incolpare chi ha offerto il cibo se l'affamato deperisce sempre di più e muore, ma la colpa è evidentemente dell'affamato stesso che non ha voluto prendere alcun cibo. Ed altrettanto succede di colui al quale Io porgo la Mia Parola, quale verissimo pane dai Cieli perché ne mangi, ma egli invece si accontenta soltanto di ascoltarla e non si accinge a conformarvi le sue opere. Per conseguenza, nessuno sia soltanto un semplice ascoltatore della Mia Parola, ma agisca conformemente secondo questa stessa Parola; così facendo in tutta verità egli sarà saziato del pane dei Cieli nella sua anima, e non vedrà, non sentirà né assaporerà mai più in eterno la morte, dato che egli stesso sarà diventato completamente vita proveniente da Dio. Comprendi questa cosa?».

 

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Cap. 219

Il coraggio di Epifanio.

 

1. Dice Epifanio: «Oh, questa è la verità più perfetta, e mi riesce chiara anche senza una qualche altra spiegazione! Infatti, se qualcuno volesse edificarsi una casa nuova, e si consultasse in proposito con un esperto nell'arte del costruire, il quale gli spiegasse con parole e disegni come egli dovrebbe provvedere nel lavoro ed ammesso che quest'ultimo non facesse secondo il consiglio dell'esperto architetto, ma invece, sembrandogli il lavoro troppo faticoso e troppo lungo, si mettesse di testa sua a connettere assieme travi e pietre senza legarli in nessun modo, e poi, ignaro del pericolo, si stabilisse molto comodamente nella sua nuova dimora per qualche tempo, ebbene, costui si accorgerà di avere costruito male quando scoppierà un forte uragano. Infatti, il vento, investendo con impeto le mura poco solide della casa, le farà crollare, e queste seppelliranno il proprietario che ne è anche il costruttore. Che vantaggio avrà tratto dal non aver seguito il consiglio dell'esperto architetto?

2. Ed io credo che precisamente questo sia anche il caso fra Te e noi, uomini ciechi e ignoranti. È evidente che Tu sei quell'Architetto che ha in un certo qual modo costruito il mondo, anzi l'intero Universo ed anche l'uomo tale e quale egli è, spiritualmente e materialmente, e che meglio di qualsiasi altro deve quindi anche sapere cosa sia di maggiore vantaggio all'uomo, e quello che l'uomo, quale essere dotato di pensiero, di intelletto, di ragione e di libero arbitrio, deve fare e quello che deve tralasciare! E dato che Tu ora vai dimostrandogli con la Parola e con le Opere che Tu sei irrevocabilmente Colui a cui egli deve la sua esistenza e gli mostri inoltre cosa deve fare per raggiungere la meta per la quale l'hai creato, allora l'uomo cieco e stolto deve attribuire soltanto a se stesso la colpa se, per delle ragioni meschine e materiali, finisce con il perdere la vita eterna e con l’abbandonarsi alla morte. Quindi io penso che chiunque sia stato ammaestrato da Te e Ti abbia riconosciuto per Quello che realmente sei, non può più fare a meno di indirizzare con ogni amore e letizia la propria vita e le proprie azioni esattamente così come Tu gli hai comandato.

3. Certo, è probabile che - data l'umanità attuale che è quanto mai perversa e perfettamente cieca ed egoista oltre ogni dire, nonché orgogliosa e avida di dominio - al seguace della Tua Dottrina verrebbe a sbarrare il cammino più di un ostacolo e più di una difficoltà, considerato che attualmente gli spiriti umani malvagi sopravanzano di molto i buoni. Ma quando si sa ciò che si possiede nella Tua Dottrina e che cosa ci si può aspettare conformandovi la propria vita, sbarrino pure il passo anche tutte le montagne ed infurino tutti gli uragani, ma chiamando a raccolta la propria costanza e il proprio coraggio si potrà sempre sfidare tutte queste avversità. Infatti, se già il viandante aggredito si difende non di rado con un coraggio da leone per non perdere questa vita breve e fugace per la quale, in fondo, non c'è da essere molto afflitti anche se la si perde, allora perché mai non si vorrà, con un coraggio da mille leoni, difendersi contro dei nemici che minacciano di uccidere la vita eterna dell'uomo che peregrina sulla via di questa vita terrena? Io credo, sotto questo aspetto, di vedere perfettamente giusto.

4. Ah, sì, trattandosi di gente che ci tiene a questo mondo vuoto e che cerca la propria salvezza nel fango di questa Terra e non è compenetrata dalla Tua Dottrina come me, e non può o non vuole riconoscerne il valore vitale, questa gente perderà certo tutto il coraggio al presentarsi del pericolo e ben presto ricadrà nell’antica melma; ma con gente del nostro stampo non succederà così, e nessuno di noi si lascerà intimorire tanto facilmente.

5. Io Ti dico, o Signore e Maestro, che fare leggi per coloro che non temono la morte del corpo è compito ben difficile per gli imperatori ed i re! Sia pure tutta la Terra ridotta ad un cumulo di macerie ed io non tremerò attendendo la fine certa del mio corpo, poiché io so - per averlo appreso dalla Tua bocca - che la mia anima con il Tuo spirito vitale in lei non potrà mai perire! E data questa fiducia che è in me, vengano pure i nemici da dove e in quanti possano anche venire, ma a me, ad Aziona e ad Hiram non incuteranno davvero alcuno spavento; il loro veto e le loro minacce rimarranno inascoltate. Ed ora dimmi Tu, o Signore e Maestro della vita, se ho ragione o no!»

6. Dico Io: «Tu hai perfettamente ragione, e ciò tanto di più in quanto tu e conte tutti gli altri di questa località, in caso di bisogno, vi comportereste così. Ma considerato che ormai ci conosciamo molto bene l'un l'altro e che a Me certo interessa moltissimo che voi, pur presentandosi ogni tipo di circostanze avverse e di tentazioni, non dobbiate vacillare, vi è ancora necessità che Io vi renda edotti di varie altre cose. Dunque ascoltateMi!».

 

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Cap. 220

Lo scopo della crocifissione del Signore.

 

1. (Il Signore:) «Dal punto di vista del corpo fisico, sono anch’Io, come voi, un uomo mortale, e la conseguenza di ciò sarà che Io pure deporrò questo corpo, e precisamente a Gerusalemme, sulla croce, a testimonianza contro gli ebrei perversi, i sommi sacerdoti e i farisei, e per il loro giudizio. Infatti, solo questo avvenimento servirà ad infrangere per sempre la loro potenza, e il principe delle tenebre spirituali che finora ha dominato il genere umano sarà ridotto all'impotenza e non potrà più tanto sedurre e trarre in rovina gli uomini come ha fatto finora.

2. Ora questo principe è Satana, vale a dire la menzogna, l'inganno, la superbia, l'avidità, l'egoismo, l'invidia, l'ambizione, l’odio, la sete di dominio, l'assassinio e ogni specie di fornicazione.

3. Il massimo orgoglio può venire annientato unicamente mediante la più profonda umiltà; ed è quindi necessario che tutto ciò venga compiuto in Me. Ma quando voi udrete parlare di queste cose, non spaventatevi, perché Io non rimarrò nella tomba e non v'imputridirò, ed invece il terzo giorno Io risusciterò, e come Mi vedete dinanzi a voi oggi, così anche a voi ritornerò! E soltanto questo fatto sarà quello che renderà la suprema e verissima testimonianza della Mia Missione divina alle vostre anime e che irrobustirà definitivamente la vostra fede. Io vi annuncio anticipatamente queste cose affinché, quando si avvereranno, voi non vi scandalizziate di Me e non abbandoniate la Mia Dottrina. Ti piace tutto questo, o Mio caro Epifanio?»

4. Risponde Epifanio: «O Signore e Maestro, Tu solo sei sapiente e potente più di tutti i sapienti e potenti dell’intera Terra! Se Tu concedi che queste cose Ti possano accadere, devi avere certo una buona ragione che a noi per il momento non è possibile intravedere. Senza dubbio, per certa gente, la più corrotta e malvagia dell'umanità in Gerusalemme e in tutto il regno dei Giudei, dovrebbe essere evidentemente un’umiliazione ed una punizione completa ed inaudita quella di non riuscire ad uccidere definitivamente l'Uomo da essa mortalmente odiato, nemmeno facendolo appendere alla croce ignominiosa, e di vederLo risorgere dopo tre giorni tale e quale Egli era prima! Questa cosa io la vedo adesso molto ben chiara. Tuttavia, considerata la Tua Sapienza e la Tua Potenza, io mi domando se non sarebbe possibile disporre tutto in modo che le cose si possano svolgere in modo diverso!

5. Ammettiamo il caso che i sacerdoti e gli altri potenti di Gerusalemme Ti vedessero operare un prodigio simile a quello che ora hai compiuto qui; io credo che in questo caso neanche tutte le furie del Tartaro scatenate potrebbero impedire ad essi di riconoscerTi per Quello che sei veramente! E allora il loro odio contro di Te dovrebbe immediatamente trasformarsi nella massima venerazione e nel più ardente amore, e va da sé che, premesso questo, non ci sarebbe più necessità per Te di farTi appendere alla croce, strumento ignominiosissimo di morte destinato ai più feroci malfattori!»

6. Dico Io: «Ah, certamente, se fosse proprio così, tu avresti pienamente ragione; sennonché purtroppo non è così, anzi è completamente in maniera diversa! Puoi ben crederMi se ti dico che quella razza di serpenti e di vipere che sono i grandi del Tempio di Gerusalemme sa con assoluta precisione quanto Io insegno e quanto Io faccio, ma è appunto questo che accresce il loro furore, ed è per questo che Mi stanno sempre alle calcagna con un accanimento che cresce di ora in ora, come ad esempio possono fedelmente narrartelo Aziona e Hiram che assistettero agli avvenimenti svoltisi qui prima della mezzanotte. Tutti loro sono completamente induriti di cuore, ciechi e sordi, e oltre a questo sono colmi del più smisurato orgoglio, avidi all'estremo e ambiziosissimi. Ora, vedi, per degli esseri di questa specie non serve affatto predicare il Vangelo, né operare prodigi dinanzi ai loro occhi! Infatti, la Mia Dottrina e i Miei prodigi distruggono l’antica considerazione da loro goduta ed annientano i loro grossi introiti; quindi, non potendone trarre profitto, anzi del danno, non sanno cosa farsene dei sermoni e dei prodigi, ed è appunto questo il motivo per il quale essi sono i Miei più irriconciliabili nemici.

7. Io certo avrei il potere di farli scomparire in un istante dalla faccia della Terra, come è già accaduto a suo tempo, quando Noè era in vita, e come è accaduto più tardi, ai tempi di Abramo, a Sodoma e Gomorra con le loro dieci città vicine, secondo quanto disposto dallo Spirito del Padre Mio che dimora in Me; ma a che cosa è servito tutto ciò?

8. Ancora oggi la vasta distesa del Mar Morto rende testimonianza di quel giudizio che venne a colpire le menzionate città, e la Scrittura ne fa espressamente cenno chiarissimo; ma chi ci bada più e chi mai si lascia indurre a scorgervi una grave ammonizione? Prova a ragionare un po’ in proposito con qualche fariseo ortodosso, e vedrai che egli ti schernirà e ti sgriderà, non senza la minaccia energica di una grave punizione! Ma stando così le cose, non resta proprio altro da fare all'infuori di quello che Io anticipatamente ti ho già annunciato; questo sarà per quei ribelli ostinati il più tremendo giudizio, ma per i Miei invece sarà il punto culminante del Mio Amore, e la Mia Resurrezione sarà nello stesso tempo anche una resurrezione per tutti coloro che sono del Mio Sentimento e della Mia Volontà».

 

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Cap. 221

Le proposte di Epifanio per evitare la morte del Signore.

 

1. (Continua il Signore:) «O amico Mio, in verità ti dico che se fosse possibile allontanare questo calice amaro, ciò avverrebbe immediatamente, ma purtroppo non è possibile, e per conseguenza lasciamo stare questo argomento! Tu ormai sai che questa cosa accadrà e anche perché accadrà, e di più per il momento non occorre affatto conoscere. Quando però sarò risuscitato, allora Io stesso vi battezzerò con lo Spirito Santo proveniente da Me, ed allora Esso soltanto vi guiderà in ogni sapienza e potenza, e qualora sarete rimasti fedeli alla Mia Dottrina, voi, quali Miei veri figli, avrete il potere di fare tutto quello che ora faccio Io. E adesso dimMi ancora una volta se questa Mia proposta e questa Mia promessa ti piacciono!»

2. Risponde Epifanio: «Per quanto riguarda quello che secondo la Tua Parola possiamo attenderci noi e tutte le persone buone, la cosa, come è naturale, mi piace immensamente; invece non mi piace affatto quello che secondo la Tua Parola deve capitare a Te, o Signore e Maestro, a causa dell'incorreggibile stoltezza e perfidia della gente del Tempio! Ma se proprio una volta per sempre non è possibile che avvenga altrimenti, ci si deve rassegnare che sia fatta la Tua Volontà!

3. Che nella Tua vera Essenzialità interiore Tu non potrai morire, questa cosami è quanto mai chiara perché chi dovrebbe ridestarTi dalla morte del corpo se non Tu stesso per mezzo della Potenza di Dio che è in Te? Questa è dunque indistruttibile; ma allora che importa la morte di un corpo che puoi sempre risuscitare quando vuoi? Tuttavia mi turba molto e mi affligge l'idea della grave sofferenza che sarà inevitabilmente congiunta all'uccisione del Tuo corpo!

4. Sennonché Tu sei il Signore colmo di suprema Sapienza, Potenza e Amore, e sei per conseguenza il migliore consigliere di Te stesso e la migliore fonte di aiuto per Te stesso, e così avverrà che tutto si svolgerà secondo il Tuo Consiglio e la Volontà supremamente Tua propria, proprio come è Tua Volontà che noi uomini di questa Terra dobbiamo essere esposti spesso a delle estati torride e a degli inverni rigidissimi, il che non è certo gradevole, e che dobbiamo concludere questa vita terrena con una morte amara e spesso dolorosissima, né ci è concesso di apportare alcun cambiamento a ciò che una volta è stato stabilito dalla Tua Volontà, ed io quindi penso che tanto meno noi, deboli vermi della Terra, potremo mutare qualcosa in quello che la Tua Volontà ha deciso che avvenga a Te stesso! Sia dunque così, ed avvenga come Tu vuoi!

5. Quello che uno di noi però potrebbe fare per impedire che Tu debba sottostare a tante sofferenze, secondo quanto Tu mi hai anticipatamente annunciato, sarebbe ad esempio che io, Aziona e Hiram andassimo a Gerusalemme per presentarci alla gente del Tempio e, da pagani dotati di qualche eloquenza come siamo, tentare eventualmente, usando parole scelte, di indurre quei tenebrosi individui a farsi una migliore opinione a Tuo riguardo, e così certo essi lascerebbero cadere la loro ira a causa Tua; ma se questo avvenisse, Tu potresti allontanare da Te il presunto calice amaro?»

6. Dico Io: «Ma, o amico Mio, allora non Mi resta altro che accettare il tuo buon volere come opera compiuta; però devi sapere questo: come a te non sarebbe possibile piegare un vecchio albero di cedro, altrettanto impossibile è per un simile capo dei farisei o addirittura per un gran sacerdote accettare un qualche insegnamento da te! Quello però che essi farebbero nel caso da te accennato, Io te lo posso dire con assoluta precisione.

7. Ecco, essi ti porgerebbero amichevolissimo ascolto, si farebbero raccontare da te per filo e per segno tutto quanto riguarda la Mia Persona, assumendo l’aspetto più benevolo di questo mondo e tenendo verso di te un contegno proprio da amico, anzi ti farebbero delle piccole obiezioni ed esprimerebbero dei dubbi apparenti, ma tutto questo lo farebbero però al solo scopo di spingerti ad accalorarti nel tuo discorso; ma poi li vedresti subito cambiare espressione e tono nel momento stesso in cui si accorgessero di avere ottenuto da te tutto quello che sarebbe stato possibile ottenere! Dopo ciò, ad un loro segreto cenno, si presenterebbe in gran numero della gente travestita che ti prenderebbe in mezzo a loro, e allora potresti dirti fortunato qualora riuscissi a vedere una volta ancora la luce del giorno! Infine un gran sacerdote di questo tipo si rivolgerebbe ad Erode, ed immediatamente un esercito intero di sgherri verrebbe inviato per impadronirsi di Me con la promessa di laute ricompense, e in tutta la Galilea, a causa della Mia Persona, gli ebrei sarebbero esposti ad angherie e persecuzioni in qualsiasi luogo risultasse che Io abbia trovato accoglienza assieme ai Miei discepoli.

8. E vedi, questo non sarebbe affatto da reputarsi desiderabile da parte nostra! Ora non metto in dubbio che tu pure sarai convinto che è più utile “Uno per tutti” con un risultato assolutamente migliore, che non “tutti per Uno” senza alcun risultato! Credo che ora la cosa ti sarà sufficientemente chiara»

9. Risponde Epifanio: «Sì, o Signore, adesso mi è proprio tutto chiaro. Ma il pranzo è ormai pronto; noi lasceremo per il momento da parte questo argomento e poi passeremo il tempo intrattenendoci su qualcos’altro!»

10. Dico Io: «Sì, anche questo è bene; ma ora va e desta i Miei discepoli che stanno dormendo!».

 

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Cap. 222

I discepoli dormienti e la loro meraviglia, destandosi, nel trovare

tutto il paesaggio prodigiosamente mutato. Il pranzo. Del digiuno.

 

1. Era accaduto che i discepoli, avendo dormito troppo poco la sera prima, dopo la colazione si erano sdraiati all'ombra dell'albero, ed erano stati colti da un sonno profondo; per conseguenza non erano affatto consapevoli di quanto era accaduto fra Me ed Epifanio. Quest'ultimo allora, obbedendo al Mio cenno, andò da loro e li svegliò.

2. Ma quando questi apersero gli occhi, restarono sbalorditi e si chiesero l'un l'altro dove si trovassero. Infatti, quella località, dopo aver subito la trasformazione, presentava un aspetto tanto differente da quello del deserto di prima che essi non riuscivano a raccapezzarsi. Infatti, la capanna di Aziona in precedenza era composta in parte di pietre dalla forma irregolare e in parte di argilla e di giunchi, e non aveva niente di architettonico; ora invece al suo posto sorgeva una magnifica casa circondata da alberi da frutto, c'era inoltre un bel giardino nelle vicinanze, e non molto lontano un’eccellente stalla per gli animali domestici, nonché degli spaziosi granai. Oltre a questo il monte vicino, prima perfettamente spoglio, era adesso ricoperto da fitti boschi, la zona costiera, prima essa pure completamente spoglia, si era trasformata in una lussureggiante prateria; e quindi era comprensibile che i Miei discepoli restassero sbalorditi.

3. Pietro, Giacomo e Giovanni chiesero di Me, ed Epifanio disse loro che Io Mi ero recato in casa per dare le disposizioni per il pranzo. Ed essi domandarono nuovamente a colui che li aveva destati dove si trovassero, e allora egli rispose: «Nel luogo di prima; sennonché questo, per la Potenza di quell'Uno, ha certamente assunto un aspetto assolutamente differente!»

4. Tuttavia i discepoli esitavano a prestare piena fede alle parole di Epifanio, ed erano piuttosto propensi a credere che il Signore, come un'altra volta era accaduto sulla montagna di Kisjonah, li avesse trasportati per l'aria in una regione assolutamente straniera. Soltanto quando Io stesso ritornai da loro ed ebbi dato loro la conferma che le cose erano davvero avvenute così come aveva raccontato l'amico Epifanio, solo allora appunto essi credettero e cominciarono ad esprimersi in termini di grande meraviglia per la Forza e la Potenza di Dio manifestatasi in Me.

5. Io però dissi loro: «Come mai vi meravigliate tanto per questo segno? Nonne ho compiuto uno simile quando fummo ospiti di Marco? A meravigliarvi qui dovrebbe essere il fatto che voi, proprio mentre Io conversavo con questi greci, abbiate potuto addormentarvi così profondamente! Ma la carne e il sangue hanno anch’essi bisogno di riposo; e così vegliate dunque adesso, affinché nessuno di voi cada in tentazione!

6. È ormai mezzogiorno da un pezzo e le vivande sono già pronte sulla mensa; perciò andiamo a concedere ai nostri corpi un moderato ristoro, affinché nessuno possa dire che gli sia mancato qualcosa restando con Me. C'è pure a Gerusalemme della gente che osserva rigidamente ogni tipo di giornate del digiuno con l'idea di rendersi così degni per il Regno dei Cieli, mentre a noi non servono affatto giornate simili; quella gente però si sbaglia di grosso se resta in attesa di un Regno di questo tipo dopo la morte del corpo, dato che esso non esiste in nessun luogo nel modo di come crede quella gente.

7. Con ciò Io non intendo dire affatto per altro che voi dobbiate diventare dei gozzovigliatori, crapuloni e beoni, ma dovete sempre essere moderati e sobri in ogni cosa e dovete amarvi tra di voi; in questo modo il mondo vedrà che voi siete veramente Miei discepoli! Ed ora andiamo a prendere posto a mensa!».

 

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Cap. 223

Navi di ricognitori nemici in vista. La tempesta come difesa.

 

1. La mensa era molto ben provvista di pesce eccellente, di pane, di vino e di ogni tipo di frutti squisiti. Ed Io vi presi posto con i dodici nonché Hiram ed Epifanio, mentre Aziona ci serviva. Però, terminato il pasto, anche Aziona si sedette a mensa. Mentre noi stavamo così, ancora seduti a mensa, il nostro sguardo spaziava sulla scintillante distesa dell'acqua, e gli occhi acutissimi di Epifanio scorsero varie navi che stavano costeggiando nella grande insenatura. Esse cercavano di entrarvi, ma siccome, a causa della grandiosa trasformazione subita della regione, non potevano riconoscerla per quella a loro molto nota di prima, si limitavano a costeggiare di qua e di là; infine parvero decidersi a fare qualcosa e si vide un battello dirigersi in ricognizione verso terra.

2. Queste navi però non costituivano altro, per così dire, che una retroguardia di quella che la notte prima, dietro Mio invito, era stata fatta buona preda da parte dei pescatori. Questa retroguardia aveva pure costeggiato tutta la notte e buona metà della giornata, ma senza trovare alcuna traccia della prima nave; e perciò la gente che vi era imbarcata suppose che la prima nave si fosse eventualmente arenata in quella baia poco accessibile o che fosse addirittura andata perduta. Ma ecco che la baia stessa non appariva più quella di prima, e perciò i timonieri dei battelli di retroguardia, non potendo raccapezzarsi, inviarono nella baia una leggera scialuppa in ricognizione.

3. Quando Io ebbi dichiarato queste cose ai tre, Aziona esclamò: «Oh, oh, ma se essi trovano qui la grossa nave di ieri, bisogna che prendiamo subito il largo, altrimenti siamo perduti!»

4. Dico Io allora: «Sta pur tranquillo: questo battello da ricognizione metterà ben presto di nuovo la prora verso l'alto mare. Io farò venire un vento che certamente ne renderà più sollecita la ritirata»

5. E infatti in quello stesso istante si levò un vento impetuoso che risospinse velocemente al largo il battello da ricognizione assieme alle navi della retroguardia.

6. Disse poi Aziona: «Signore, ecco, ormai li abbiamo persi di vista; ma quando il vento si calmerà, essi faranno di nuovo ritorno! Oh, quella gente è come la cattiva coscienza ed è tenace come una malattia maligna; quei figuri non rinunciano mai alle loro imprese e mirano ostinatamente allo scopo che si sono prefissi. E se non saranno costoro - i quali comunque difficilmente desisteranno dalle loro ricerche - tra poco ne capiteranno qui degli altri con gli stessi propositi; e se scoprono qui la nave, noi verremo a trovarci malissimo, perché contro la violenza dei potenti non esiste diritto! Io quasi quasi preferirei demolire completamente la nave dei peccatori piuttosto che possederla e servirmene, restando però sempre con il cuore in ansia»

7. Gli dico Io: «Ma se sono Io stesso a dirti che non c'è alcun bisogno di aver timore, allora puoi ben calmare la tua ansia! Infatti, questi che tu hai visto non ritorneranno più e non c’è nemmeno da temere che a questa spedizione possa seguirne una seconda o addirittura una terza. Nella stagione in cui si sta per entrare, il Mar di Galilea si fa notoriamente molto tempestoso, e all'infuori di qualche pescatore nessuno si cimenta ad attraversarlo, dato il pericolo di venire sorpresi da qualche uragano. Del resto entro qualche mese tutta questa faccenda si potrà considerarla come del tutto dimenticata!

8. Infatti, quando a Gerusalemme verrà riferita la notizia, come certo succederà, che gli sgherri inviati contro di Me devono essere naufragati in qualche luogo, dato che, malgrado tutte le ricerche, non si è riusciti a trovare nessuna traccia di loro, allora l'intera questione si risolverà con una cerimonia che, per pura formalità, verrà compiuta nel Tempio. Alcuni servitori del Tempio, dei due sessi, appositamente designati, cominceranno a levare lamenti per tre ore di seguito, e poi nel Tempio nessuno penserà più agli scomparsi. Tuttavia la pratica comune è che poi si assoldano allo stesso scopo degli altri sgherri, li si munisce dei necessari poteri, li si provvede di denaro e di armi e li si manda con incarichi precisi e con ogni tipo di istruzioni rigorosissime; allora anche questi partono, ma per lo più ritornano senza aver concluso niente, o spesso non ritornano affatto, come è accaduto appunto a quelli che hanno voluto farci visita ieri. Ecco dunque che adesso sei a conoscenza di ciò che riguarda questa faccenda, e puoi senza alcun timore tenerti quanto Ti ho donato e il cui possesso Io ti assicuro che verrà tutelato da Me»

9. Interviene allora Epifanio, il quale dice: «O Aziona, amico mio! Con una simile assicurazione io non avrei timore di prendere possesso nemmeno di tutta Roma, qualora questo Maestro e Signore mi dicesse: “Va e parla così: ‘Il Signore mi ha donato tutta questa città e per conseguenza vi annuncio che d'ora innanzi tutto quello che qui esiste, che vive e che cresce, è mia assoluta proprietà!’”. E vedi, nessuno a questo mondo potrebbe contestarmi un simile diritto concessomi dal Signore, e ciascuno dovrebbe adeguarsi a quanto disposto dalla Sua onnipotente Volontà divina!

10. Lo stesso caso si verifica anche qui! Quale potenza terrena oserà mai entrare in conflitto con questa Potenza divina? Infatti, già prima di impugnare la spada, essa sarà già annientata! Certamente, quando il Signore e Maestro permetterà che i Suoi nemici Gli mettano le mani addosso, allora sì che essi potranno perfino ucciderLo nel corpo; però, finché Egli stesso non avrà espresso in Sé l'imperscrutabile e segreto “Fiat!”, nessuno oserà toccare nemmeno il lembo della Sua veste, e chi osasse fare questo, a costui accadrebbe ciò che è accaduto ieri agli altri sacrileghi di cui sappiamo! Dunque, per coloro che, quali amici di questo vero Uomo-Dio, percorrono su questo mondo le vie della vita irte dei più grandi pericoli, per costoro ci sono già le garanzie della massima sicurezza.

11. Considerate un po’ la regione, ora splendidissima, nella quale ci troviamo! È a mala pena trascorsa un'ora da quando era semplicemente un arido deserto inospitale, un vero quadro della morte, come eravamo prima noi rispetto alle nostre anime, le quali, per mezzo della Sua Parola, sono state trasformate in anime viventi, ed ora la Potenza imperscrutabilmente prodigiosa della Sua Parola ha suscitato la vita vegetale più lussureggiante perfino fuori dalla dura pietra, triturando questa e riducendola ad un terreno fertilissimo.

12. Dunque, dinanzi al Suo alito devono piegarsi le pietre e tutti gli innumerevoli spiriti naturali devono rendersi attivi; dinanzi al Suo alito si inchinano i popoli della Terra. E in simili condizioni come potremmo noi, ormai senza dubbio Suoi amici, nutrire ancora qualche timore nei nostri animi, come se fosse davvero possibile che sotto la Sua protezione ci accadesse ancora qualcosa di male? Io spero che, riflettendo bene su tutto ciò, potrai liberarti da ogni vana preoccupazione!»

13. Dice Aziona: «O amico, tu ora hai parlato bene e rettamente, ed io certo condivido la tua opinione con tutta la mia vita; però devi considerare che l'uomo resta sempre un uomo, specialmente quando cominciano ad avvicinarglisi dei pericoli! In una specie di confusione d'animo, non di rado si dimentica la cosa più importante, non si pensa più con l’interiore, tranquilla disposizione dell'anima, ma si pensa tumultuosamente, e così ci si lascia sopraffare da un'angoscia tale che non vengono nemmeno più in mente le migliori armi di difesa che evidentissimamente si ha con sé.

14. E così appunto ora è accaduto pure a me nell'apprendere dalla bocca del nostro Dio, nostro Signore e Maestro, cosa significhi il tentativo di sbarco del battello da ricognizione in questa baia. Ora però, anche per merito delle tue parole, mi trovo anch’io in perfetto ordine».

 

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Cap. 224

La domanda di Aziona in relazione alla vita dell'anima dopo la morte del corpo.

 

1. (Continua Aziona:) «Ma considerato che siamo lietamente riuniti qui davanti ad un buon bicchiere di vino e ad un pane eccellente, io desidererei apprendere dalla Tua bocca, o Signore, quale idea ci si possa fare riguardo alla vita dell’anima dopo la deposizione del corpo!

2. Secondo la leggenda di quasi tutte le cosiddette dottrine divine, salvo poche varianti, ci si trova sempre dinanzi ad una condizione duplice, vale a dire, ad esempio, per noi - pagani - esiste un Elisio, dove le anime buone e degne continuano a vivere in perpetuo di una vita colma di delizie, e poi esiste anche un Tartaro, dove le anime dei perversi sono sottoposte in perpetuo ad inauditi tormenti e martiri.

3. Gli ebrei hanno il loro Cielo e il loro inferno, ciò che in certo modo corrisponde all'Elisio e al Tartaro dei pagani. Similmente anche gli indiani hanno, sotto certe forme e nomi, nonché con certe varianti, due esseri onnipotenti, cioè uno buono e uno cattivo. Ecco perché gli dèi dell'Elisio sono tutti buoni e quelli del Tartaro tutti cattivi.

4. E per gli ebrei esiste un Jehova supremamente buono e sapiente al servizio del Quale stanno delle miriadi di spiriti, essi pure buoni, chiamati “angeli”, i quali sono sempre pronti a rendere i migliori servizi agli uomini, ma di contrapposto al buono ed onnipotente Jehova, ed ai Suoi angeli, c'è anche un Satana, quasi non meno onnipotente, chiamato anche “Leviatan”, e con lui un’innumerevole schiera di spiriti maligni che vengono denominati “demoni”.

5. Il buon Jehova si affatica continuamente a rendere buoni gli uomini e ad attrarli a Sé; però tutte le Sue fatiche sembra che non gli giovino molto, dato che Satana è più esperto nell'accalappiare le anime, e così riesce a toglierne una schiera dopo l'altra al buon Jehova. Quest’ultimo minacciò continuamente Satana con ogni tipo di punizioni e giudizi, però pare che Satana se ne rida e continui a fare quello che gli piace. Ebbene, o Signore, cosa si deve pensare di simili leggende? Noi Ti saremmo molto grati se Tu volessi darci una giusta spiegazione in proposito!»

6. E prima che Io risponda, interviene Epifanio, il quale dice: «Ma guarda un po' qui il nostro capo Aziona! Egli è davvero più avveduto di noi tutti; noi abbiamo domandato chiarimenti riguardo a tante cose, eppure questa questione così importante non è venuta in mente che a lui! Certo, o Signore e Maestro, io stesso ho già varie volte rilevato simili cose in molte Scritture, e vi ho sempre riflettuto a lungo. Ma bisogna concluderne che gli antichi, veramente saggi sotto molti aspetti, abbiano scritto quello che sapevano in un linguaggio ricco di simboli incomprensibili per noi, oppure che, come i piccoli fanciulli e i pazzi, abbiano favoleggiato e vaneggiato come dettava loro una fantasia ancora molto incolta.

7. Io, da semplicissimo uomo dal limitato intelletto e dotato, come si suol dire, di un cuore buono almeno alla maniera umana, ebbene, io, ad una vita dell'anima che si perpetua nell'aldilà - dato che essa ha cominciato a vivere o buona per combinazione o, com’è più probabile, cattiva - non posso immaginarmela che in questo modo: essa deve trovarsi in uno stato di continuo progredire almeno fino ad un certo grado, il più alto possibile della perfezione; per una vita cominciata male già qui per molteplici cause e ragioni, e certamente finita ancora peggio, non deve esserci nell'aldilà che un sistema di correzione saggio e opportuno, affinché un'anima, che qui ha trascorso in malo modo la propria vita terrena, possa, sia pure tardi, giungere là ad una conoscenza migliore di se stessa e di un vero, supremo Essere divino, nonché delle vere condizioni della propria vita e dei propri doveri!

8. Ma il dover sottostare nell'aldilà a delle pene eterne di una atrocità indescrivibile e inumana per il fatto di essere vissuti troppo malamente durante questa vita terrena, e ciò all'unico scopo che un Dio onnipotente possa saziare per l'eternità, su di un essere quanto mai impotente, la propria inestinguibile sete di vendetta, ebbene no, in verità una cosa simile da parte di un Dio, il Quale almeno per noi evidentemente sei Tu, o Signore, una cosa simile non posso immaginarmela né in sogno e nemmeno sotto l'influsso di una delirante pazzia!

9. Il leone è certo un animale assai feroce, ed altrettanto lo sono una iena, una tigre, un lupo oppure un orso; ma questi animali possono pur sempre venire addomesticati, e poi servono spesso da guardiani all'uomo, diventando così delle creature utili. Ma se esseri feroci di questo tipo si lasciano domare e addomesticare a fare qualcosa di utile, perché mai non potrà accadere lo stesso di un'anima che è diventata cattiva, molte volte senza propria colpa? Dunque, carissimo Signore e Maestro, dicci un po' Tu come stanno effettivamente le cose rispetto a quanto è stato fatto oggetto della giudiziosa domanda che Aziona Ti ha rivolto!».

 

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Cap. 225

I figli di Dio (dall'alto) e i figli del mondo (dal basso).

 

1. Dico Io: «Vedete, Miei cari! Quello che a questo proposito si trova esposto nei libri pagani non è che un riflesso quanto mai monco di quanto è stato rivelato un giorno in maniera chiarissima ai primi uomini di questa Terra per mezzo di quello stesso Spirito che ora dimora in Me.

2. Unica e sola, è proprio la Scrittura degli ebrei che contiene la piena verità; però non svelata, ma avvolta in immagini corrispondenti, e ciò per la ragione molto saggia che la santità delle cose vere che vi sono contenute non possa venire insozzata e profanata dai veri e propri figli rozzi di questa Terra.

3. Infatti, a questo mondo dimorano due specie di uomini. Gli uomini propriamente detti, che costituiscono la grande maggioranza, sono, per quanto riguarda l'anima e il corpo, originari unicamente da questa Terra, in base alla scala per gradi bene ordinati dell’ascesa delle creature, e quindi possono venire chiamati “figli del mondo”.

4. Una parte invece molto minore degli uomini di questa Terra è originaria dalla Terra stessa soltanto per quanto riguarda il corpo, mentre, per quanto riguarda l'anima, essi provengono o dai vari mondi stellari o talvolta perfino dai puri Cieli spirituali quali purissimi spiriti angelici. Quest’ultimi tuttavia finora sono i più rari.

5. Questa seconda specie di uomini, molto più nobile, la si può chiamare quella dei “figli di Dio”, ed a questi soltanto è riservata la comprensione dei misteri del Regno di Dio, nonché la capacità di istruire i figli del mondo riguardo a tali misteri, a seconda dei bisogni e della loro attitudine a comprenderli, ed anche la capacità di indicare loro la via, seguendo la quale essi pure possono diventare figli di Dio e cittadini del Suo Regno.

6. Ebbene, questi figli veri e propri del mondo, appena sorti fuori dalla melma di questa Terra, sono naturalmente ancora molto sensuali, dato che non sono ancora passati in qualche modo per nessuna scuola di una vita umana anteriore alla terrena, di una vita cioè libera di decidere per se stessa. Per conseguenza da principio non possono venire altrimenti guidati alla conoscenza di un supremo ed eterno Spirito divino se non mediante simboli e immagini molto semplici e percettibili ai sensi.

7. E vedete, è a causa della maggior parte degli uomini su questa Terra che le Rivelazioni sui regni degli spiriti sono per così dire tutte avvolte in immagini sensibili. Queste immagini dovranno essere svelate dai figli di Dio ai figli del mondo solo di quando in quando, gradualmente, in base all’aumentata capacità dei figli del mondo di comprenderle. Però tutto ciò non deve essere fatto tutto in una sola volta, ma esattamente solo quel tanto che i figli del mondo sono in grado di sopportare e di digerire nello stomaco della loro anima. Ma da quanto è stato detto, potete già trarre ora qualche conclusione.

8. La vita delle anime degli uomini, dopo la morte del corpo, come facilmente si comprende da sé, è una vita continuamente in progressione, data l'impossibilità che l'opera di perfezionamento della vita animica si compia in un momento, e ciò per la ragione che l'anima, come il suo corpo materiale di prima, è un'entità limitata tanto rispetto allo spazio come pure al tempo, ed è in un certo modo costretta dentro la determinata e bella forma umana, e per conseguenza può soltanto gradatamente accogliere e comprendere in sé l'infinito e l'eterno, sia per quanto riguarda lo spazio che il tempo, nonché la illimitatissima Potenza dello Spirito di Dio e delle Sue Opere.

9. Tutto dunque dipende dalla condizione morale interiore nella quale un'anima ha abbandonato il proprio corpo; se tale stato interiore è conforme alle buone leggi in qualche modo esistenti, allora anche le condizioni dell'anima nell'aldilà saranno certo immediatamente tali che essa si troverà subito situata su un gradino più alto sulla scala di perfezione della vita libera, e potrà salire sempre più e progredire sempre più.

10. Ma qualora avvenga che un'anima, sia per la mancanza di educazione sia, nel caso peggiore, per mancanza di buona volontà, pur avendo buona conoscenza delle leggi vigenti, debba abbandonare il corpo senza essersi convertita almeno un po’ al vero e al buono durante la sua vita terrena, ebbene, in questo caso chiunque sia, anche solo per poco, capace di un chiaro pensiero, non avrà difficoltà a comprendere come una simile anima, misera e del tutto rattrappita, debba venire posta nell'aldilà in una situazione non invidiabile e certo tale da renderle possibile, secondo quanto disposto dall'Amore e dalla Sapienza supreme di Dio, di guarire e mondarsi dalla rozzezza animale, così da poter innalzarsi con il tempo ad un gradino superiore della vita e progredire poi ulteriormente per gradi con facilità sempre maggiore».

 

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Cap. 226

La vita degli uomini del mondo nell'aldilà.

 

1. (Continua il Signore:) «Su questa Terra però ci sono anche degli uomini i quali, nati da genitori molto ricchi, vengono allevati e istruiti in tutti i modi possibili. Ma una volta divenuti adulti e ricoprendo alti incarichi e dignità onorifiche, un bel giorno il demone dell'orgoglio si insinua nei loro cuori; essi allora cominciano a spadroneggiare, a odiare il loro prossimo, ad ingannarlo e ad opprimerlo. In simili condizioni essi non mirano che a soddisfare le brame dei loro sensi, e l’unico cielo al quale aspirano ardentemente è costituito dal vivere comodo e bello in ogni mollezza e circondati dal maggior lusso possibile. Colui che non vuole inchinarsi dinanzi a loro e servirli, viene perseguitato talvolta nella maniera più orribile e rovinato senza misericordia.

2. Ma ecco che giunge l'ora nella quale anche le anime di tali uomini, secondo gli ordinamenti di Dio onnipotente, devono abbandonare il corpo da loro così tanto amato; ma che cosa succede poi?

3. Vedete, non c'è dubbio che questa specie di anime si sono rese degne di punizione, e questa cosa non c'è uomo, per quanto abbia solo un briciolo di intelletto, che non possa ammetterla per vera! E nonostante ciò, da parte Mia, esse non vengono affatto giudicate, ma esse vengono poste in una tale condizione e in un tale ambiente di vita, condizione e ambiente che sono del tutto simili a quelli in cui hanno trascorso la vita su questo mondo, però con la differenza che in un tale ambiente i loro vicini hanno, sono e vogliono esattamente nella stessa maniera come i nuovi arrivati, e allora da questo alla più furibonda guerra non manca granché, perché ciascuno di loro si ritiene il più grande e potente e vuole dominare tutto e considera un ribelle degno di castigo chiunque non vuole sottomettersi ai suoi comandi e alle sue leggi.

4. Se ce ne fosse solo uno, oppure anche due o tre, a pensarla e a vederla in questo modo, e gli altri fossero più umili e concilianti, la conseguenza sarebbe una specie di monarchia nel regno degli spiriti, dove uno comanderebbe e i milioni di altri gli obbedirebbero. Sennonché là le cose non si presentano in questo modo, perché ciascuno vuole essere monarca e signoreggiare da tiranno sui propri vicini non meno ambiziosi di lui. E questa tremenda passione determina poi un odio reciproco quasi inestinguibile e provoca liti, contese e persecuzioni che degenerano infine in una vera guerra, durante la quale certo nessuno può venire ucciso, ma l’ira e l’odio sconfinati e reciproci costituiscono come un fuoco imperversante e distruggente che divampa dai combattenti, con il quale fuoco poi essi si tormentano e si combattono l'un l'altro.

5. Se poi si vuole che una perfida congrega di questo tipo venga ricondotta ad un certo stato di quiete, conviene che un potente spirito dai Cieli venga inviato in mezzo a loro e ristabilisca la tranquillità con un fuoco ancora più potente, atto questo che provoca a simili anime dei dolori indicibili e molto ben percettibili, in parte con effetto momentaneo e in parte anche con un effetto che dura per lungo tempo. Una volta che queste anime sono arrivate in questo modo ad un perfetto stato di quiete, le loro stolte passioni si spengono sempre di più, e il fuoco che le tormenta si estingue, e questo è il momento del quale lo spirito angelico approfitta per ammaestrarle e per mostrare ad esse la loro immensa cecità, caparbietà e stoltezza.

6. Qualora poi l'una o l'altra di tali anime, certo infelicissime, si converta, essa passa subito ad uno stato migliore; ma se invece, sempre dominata dal suo segreto orgoglio interiore, non vuole convertirsi, ebbene, allora è segno che vuole restare la vecchia pazza di prima, e quindi ad una prossima occasione non potrà che attendersi il ripetersi del tormento! In questi casi conviene imitare i romani, e dire: “VOLENTI NON FIT INJURIA” (Per chi è consenziente non è un torto!), e allora continuino pure le anime di questo tipo quasi incorreggibili a tormentarsi così anche per degli eoni (10120) di anni terrestri.

7. Io credo che ormai la cosa dovrebbe essere abbastanza chiara per voi; ad ogni modo Io intendo aggiungere e anche aggiungerò ancora varie cose; ascoltateMi dunque ancora!».

 

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Cap. 227

Non esiste forza senza una resistenza.

 

1. (Continua il Signore:) «Se ci fosse qui qualcuno dotato di una forza gigantesca al punto da poter sradicare con le proprie mani le querce e i cedri più robusti, ma non avesse però alcun punto di appoggio, vale a dire un punto di resistenza, mettiamo ad esempio che intorno agli alberi che si devono sradicare non ci fosse che fango molle e acqua, ebbene, sarebbe forse costui in grado di strappare fuori anche uno solo di questi alberi che avesse le proprie radici affondate nel terreno solido per un paio di tese (4 metri) circa? Io rispondo assolutamente di no, perché nel momento stesso in cui si accingesse a sradicare con il suo braccio poderoso l'albero dal terreno, egli sprofonderebbe nell'acqua e nel fango, e malgrado la sua forza da gigante egli non approderebbe a nulla.

2. Se dunque un gigante vuole dimostrare con i fatti la grande forza muscolare delle sue mani, è necessario che pure i suoi piedi poggino su un terreno solido tanto da opporgli la dovuta resistenza, ciò che sicuramente a ciascuno di voi risulterà quanto mai evidente. Io però prospetto qui ancora, come esempio, il caso di un esperimento che a Me è benissimo possibile e che a voi riuscirà ancora più evidente.

3. Supponiamo che qui dinanzi a noi si trovassero un paio di centinaia di lottatori fortissimi, cento da una parte e cento dall'altra, e mentre stanno per slanciarsi l'uno contro l'altro, Io faccio venire un vento impetuoso che li solleva tutti nell'aria, così che vengano dispersi in tutte le direzioni. Ora si domanda come faranno essi, senza nessun solido punto d'appoggio, ad iniziare e a portare a termine il combattimento? Potrà uno di loro, pur disponendo dei piedi più robusti, muovere sia pure un unico passo nell'aria, ovvero sarà in grado di sferrare qualche colpo tremendo con il solo braccio e di mantenere contemporaneamente la sua posizione eretta?

4. Io Mi accorgo che voi cominciate un po’ a considerare come sarebbe possibile una cosa del genere. Avverto però che sta in Mio potere dare ad uno di voi una dimostrazione pratica in proposito; perciò diteMi chi di voi è disposto a prestarsi ad un simile esperimento! Vuoi forse tu, o Epifanio, convincerti della verità della Mia asserzione lasciandoti sollevare ad un'altezza d'uomo al disopra del terreno?»

5. Dice Epifanio: «Oh sì, Signore e Maestro, perché sotto la Tua tutela non è possibile che mi avvenga qualcosa di male! Dunque io sono pronto a provare»

6. Dico Io: «E sta bene! Sollevati adesso ad un'altezza d'uomo sopra la terra restando sospeso nella libera atmosfera, e racconta agli altri quali sono le tue sensazioni!»

7. Nello stesso istante Epifanio si trovò sollevato e sospeso del tutto libero nell'aria, e precisamente in posizione verticale, ed Io allora gli dissi: «Prova adesso a fare qualche movimento, come ad esempio se tu volessi dirigerti verso qualche direzione o se ti disponessi a difenderti contro qualche eventuale nemico; poi riferiscici cosa provi e qual è il tuo stato d'animo!»

8. Epifanio provò a fare come suggeritogli, ma naturalmente dovette rinunciare immediatamente alla sua comoda posizione in piedi, e quanto più si dava a lavorare di braccia e di gambe, tanto più veniva a trovarsi nelle più svariate posizioni, l'una più incresciosa dell'altra. Infine egli si rivoltò su se stesso come una foglia che si libra nell'aria, e bastò un lievissimo soffio di vento, che si era levato - com’era precisamente Mia Volontà - per spingerlo innanzi verso la casa di Aziona dove, appunto, solo là trovò un solido punto di appoggio, potendo così nuovamente invertire la sua scomoda posizione in quella eretta e comoda; e poi, facendo forza contro il muro, si calò per così dire fino a terra.

9. E quando Epifanio trovò nuovamente una base sicura sotto ai suoi piedi, non nascose la sua contentezza e, con esclamazioni di ammirazione e di lode a Mio riguardo, ritornò sollecito alla mensa e disse: «O Signore, io sono pronto a fare quello che vuoi, ma non rinnovare una simile prova disperata! Stando sospeso nell'aria, io avrei dovuto esporvi le sensazioni che provavo! Eh sì, io certo avrei potuto raccontarvi le mie impressioni quando mi trovavo diritto perpendicolarmente, posizione questa che era accompagnata da una sensazione abbastanza gradevole, ed avrei potuto dirvi come io mi trovassi molto bene e di animo lieto. Ma quando invece su Tuo ordine cominciai a muovermi, e dovetti rassegnarmi a qualunque posizione causata dai movimenti che facevo e che non potevo in nessun modo cambiare, allora la parola mi mancò. Se la vergogna non mi avesse trattenuto, io avrei al massimo potuto prorompere in grida di angoscia, ma di esporre con parole intelligibili le mie sensazioni non c'era nemmeno da parlarne! In preda come a mille vertigini e con la persuasione di essere più debole di una mosca, in simili condizioni parli pure chi ne ha voglia: per me, non esito a dirlo, sarebbe stato una assoluta impossibilità.

10. Una volta che ci si trova sollevati nell'atmosfera libera, anche ad una sola altezza d'uomo sopra il terreno, ecco che - in un momento - addio robustezza e addio forza! Il più leggero soffio di vento, che a mala pena muove una foglia caduta dal ramo, basta a sospingerti là dove spira il vento e senza che ci sia nessuna possibilità di opporre resistenza, e questo per lo più in una posizione molto scomoda. No, no, come ho detto, sono disposto a tutto ma non a fare ancora una volta un esperimento di questo genere! Ad ogni modo il principio enunciato dalla Tua bocca, o Signore, è confermato come una verità chiarissima, vale a dire che pure la massima forza senza un solido punto di appoggio, che io dovrei necessariamente chiamare una “controforza”, è come se non fosse forza. Questa è ora la mia convinzione più vivente e vera.

11. Dunque, che cosa sia in sé, ed in che cosa consista veramente l'Orco, il Tartaro o l'inferno, che dir si voglia, questo, dopo le Tue recenti spiegazioni, mi è già discretamente chiaro; tuttavia non vedo ancora cosa potrei fare di Satana e dei suoi accoliti, i cosiddetti diavoli! Visto che Tu, o Signore, ci hai spiegato la cosa secondo la pienissima verità assolutamente conforme alla ragionevolezza, Ti piaccia spiegarci ancora questa, purché tale sia il Tuo Volere!».

 

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Cap. 228

Il polo opposto di Dio.

 

1. Dico Io: «Ebbene, questi esempi Io ve li ho forniti appunto affinché possiate essere più facilmente in grado di comprendere la successiva spiegazione su Satana e sui suoi angeli. E dunque ascoltateMi bene!

2. Secondo le vostre esperienze, vi sarà ormai chiaro che anche il più forte fra i giganti non può affatto esplicare la propria forza senza una ben solida base di appoggio, che noi chiameremo “controforza o polo opposto”. Però l'identico rapporto si estende, certo in misura sempre più infinita, fino al supremo Essere divino!

3. Se lo Spirito di Dio eterno, liberissimo, sapientissimo ed onnipotente non avesse posto fuori da Sé, già fin dall'eternità, appunto un polo opposto, allora non sarebbe mai stato possibile a Lui, quale Dio puramente positivo, chiamare all'esistenza i soli, i mondi e tutti gli innumerevoli esseri che dimorano su di essi.

4. Ora, che aspetto ha questo polo opposto di Dio e in che cosa consiste? È forse qualcosa di totalmente estraneo al libero polo positivo della Vita e della Potenza di Dio, oppure è sotto certi aspetti qualcosa di affine a questo? È signore di se stesso, oppure dipende in tutte le sue parti solo dal polo positivo della Potenza divina?

5. Ecco, a queste domande quanto mai importanti Io risponderò nella maniera più evidente possibile; e subito dopo vi accorgerete chi sia il cosiddetto Satana e chi siano propriamente i suoi demoni! Fate dunque attenzione!

6. Se, per esempio, un uomo vuole rappresentare qualcosa, egli comincia con il pensare, e il suo animo sarà ben presto assalito da una grande quantità di immagini fuggevoli quali singoli pensieri. Quando il pensatore si sarà dedicato per qualche tempo alla contemplazione delle sue immagini spirituali interiori che si denominano “pensieri”, e si darà sempre di più anche a tenerli fermi, egli si accorgerà ben presto e facilmente che alcuni pensieri fra i migliori si saranno attratti e si saranno riuniti per formare una lieve idea. Una simile idea, poi, l'anima la conserva solidamente aderente al SENSORIUM (sensorio) della propria memoria come un'immagine impressa e la si potrebbe denominare un’idea fondamentale.

7. Ma poi la corrente dei pensieri continua a fluire, similmente all'acqua di un torrente, e tra i molti pensieri che fluiscono avviene che si trovi di nuovo qualcosa di più consistente, e questo viene subito attratto dall'idea fondamentale e si congiunge con essa, e già con questo l'idea fondamentale si rende ancora più chiara e più precisa.

8. Per un certo tempo la cosa procede in questo modo finché accanto all'idea fondamentale si sono formate successivamente varie idee secondarie che armonizzano con la prima, e così questo complesso viene a rappresentare il concetto di una cosa concreta o di un'azione da intraprendere, nonché dei suoi risultati.

9. Una volta che il pensatore sia pervenuto in sé ad un simile concetto chiaro e perfettamente impresso, egli vi trova compiacimento, lo afferra e lo compenetra immediatamente con il fuoco vitale del suo amore. L'amore desta la volontà e la potenza d'azione del pensatore, e allora il concetto interiore viene irresistibilmente innalzato per la realizzazione materiale.

10. Ed ecco che ora il concetto perfettamente spirituale di prima non è più soltanto come un'immagine spirituale nella sua piena chiarezza nel SENSORIUM (sensorio) dell'anima, ma è una copia consolidata, in certo modo giudicata, dell'immagine interiore-spirituale nella natura materiale, ed è posta a vantaggio di colui che l'aveva prima ideata.

11. I singoli pensieri e le idee con cui venne poi formato un concetto pienamente concreto sono ancora di natura perfettamente spirituale e formano, con lo spirito, esattamente lo stesso polo che noi chiameremo il polo principale e vitale.

12. Il concreto concetto complessivo invece, che consiste di molti e svariati pensieri e idee, non appartiene più - benché semplice immagine spirituale ancora presente nell'anima - al polo principale, dato che questo concetto possiede già una certa consistenza fissa, ma appartiene al polo contrario, perché esso se ne sta in certo modo come un tutto separato a sé di fronte all'anima, ed a questa è visibile in tutte le sue parti, e per effetto di un'ulteriore attività può venire posto esteriormente come una cosa del tutto materiale. Per conseguenza, essendo una cosa fissata e giudicata, non può più appartenere alla sfera vitale dello spirito e dell'anima; e ora continuate ad ascoltarMi!».

 

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Cap. 229

I due poli dell’esistenza.

 

1. (Continua il Signore:) «Tu, Epifanio, ora stavi pensando che pure un'idea composta da vari singoli pensieri può già costituire un concetto-immagine, e come tale può benissimo appartenere anche al polo contrario, anzi, essere un singolo pensiero esistente in sé e per sé, del tutto impresso! Tu hai perfettamente ragione, ma se è così, il pensiero in tal modo fissato, e così pure una tale idea, non è appunto più una vera idea, ma un concetto singolo già esistente per sé, perché di fronte all'anima si presenta come un'immagine ben formata, oppure come un'azione già ordinata, e perciò costituisce il polo contrario al polo della vita.

2. Nel primo polo (il positivo) si trova la vita, l'attività e la libertà; nel secondo polo (il negativo) o polo contrario sta la morte, la pigrizia e il giudizio; e, vedete, in ciò consiste poi anche l'inferno, Satana e i demoni; queste sono dunque delle denominazioni corrispondenti appunto di quello che ora vi ho indicato come il polo contrario.

3. Vedete, tutta la Creazione e quanto potete percepire con i vostri sensi, sono pensieri, idee e concetti di Dio fissati; neanche voi uomini, per quanto riguarda il vostro corpo sensoriale, fate eccezione, ed anche l'anima, nella misura in cui essa è congiunta con il corpo per mezzo del suo etere dei nervi e del sangue, sottostà al giudizio e conseguentemente alla morte del corpo, morte da cui però essa può liberarsi grazie alla sua libera volontà e facendo convergere le sue aspirazioni allo spirituale puro secondo le leggi di Dio, e può completamente diventare una cosa sola con il suo spirito che è proveniente da Dio; ma con ciò essa, essendo spontaneamente attiva e indipendente, trapassa dalla sua morte antica alla vita libera ed eterna.

4. Ed ora fate attenzione ad una cosa che ha un’immensa importanza! La conoscenza e l'amore costituiscono i fattori determinanti di qualsiasi attività nell'uomo, buona o cattiva che sia. Se la conoscenza è spirituale e propende verso Dio, allora anche l'amore inclinerà verso lo spirituale e quindi verso Dio, e similmente saranno improntate le opere; ebbene, un'attività di questa specie è buona, e la sua conseguenza è la benedizione dai Cieli della vita.

5. Ma se invece l'uomo già dalla culla viene arricchito nella sua conoscenza unicamente con ciò che è di vantaggio al corpo, allora il suo amore inclinerà del tutto verso la materia, e ben presto egli dedicherà affannosamente ogni sua attività ad accumulare sempre più tesori materiali, per poter, grazie a questi, concedere alla propria carne sempre maggiori diletti. Qualora questo sia il caso, allora l'anima trapassa completamente alla materia, vale a dire al polo opposto al liberissimo Spirito di Dio, venendo, per così dire, catturata in modo da formare, appunto, essa stessa il polo contrario. Le necessarie conseguenze di questo fatto sono il giudizio acquisito in se stessa e mediante se stessa, la maledizione dalla vita alla morte e quindi, in un certo modo, la morte eterna stessa. A questo punto, a chi mai altro può venirne attribuita la colpa se non all'uomo stesso che si è procurato questo con la sua conoscenza, l'amore, la volontà e le opere?

6. Anche questa cosa annotatevela bene! Quando voi parlerete con la gente, non avrete che da scrutare se l'uno o l'altro ha una qualche cognizione del fatto che in lui c’è un'anima, e che essa ha una vita eterna! Se costoro, stringendo le spalle, si limiteranno a rispondere, così in tono di commiserazione: “Eh, di questo abbiamo udito parlare già varie volte, ma l'esperienza di ogni giorno insegna che in questa faccenda dovrebbe esserci ben poco di serio, anzi probabilmente niente del tutto, e quanto va oltre l’esperienza non può essere altro che il frutto di stravaganze di qualche fannullone affamato!”; ebbene, in questo caso voi potete trarre con certezza la conclusione che le anime di simili individui sono pressoché del tutto inghiottite dalla materia della loro carne e che si trovano completamente nello stato di giudizio.

7. Allora ci vorranno molte fatiche a redimerli dal loro giudizio e dalla prigionia del loro polo contrario! Nell'aldiquà sarà una cosa assai difficile, e nell'aldilà ancora di più, quantunque proprio non impossibile. Per ottenere questo occorrerà lasciarli isolati nel proprio giudizio e nella loro morte per lungo tempo, finché quel pochissimo di spirituale che si trova ancora nell'anima avrà interamente consunto in sé il grande elemento materiale, a volte grande quanto un mondo, e che, costretto dalla fame, comincerà a sentire una grande brama di un nutrimento spirituale. E ciò accadrà sempre e certamente, ma dopo periodi di tempo per voi inconcepibilmente lunghi».

 

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Cap. 230

La via per la redenzione.

 

1. (Continua il Signore:) «Da quanto ho detto voi potrete rilevare che Dio stesso, qualora non avesse posto fuori di Sé il polo contrario, infinitamente grande per i vostri concetti, non avrebbe potuto suscitare e collocare fuori di Sé alcuna Creazione come materialmente esistente, dato che la Creazione costituisce essa stessa l'immenso polo contrario. Dunque, tale Creazione deve essere così giudicata, solida, tenace e come morta se deve essere corrispondente allo scopo stabilito dal Creatore, e dato che essa è quello che è e così com'è, allora risulta essere anche buona di fronte a Dio. Sotto il punto di vista degli effetti, essa è cattiva soltanto rispetto agli uomini, perché quest’ultimi, rispetto all'anima e parzialmente perfino rispetto al corpo, sono chiamati, come degli esseri suscitati da morte, a congiungersi per l'eternità con Dio mediante lo Spirito puro positivo che proviene da Dio, e con ciò senza più alcun rischio di perdere la loro più assoluta libertà e indipendenza.

2. E qui si impone da sé la più importante fra tutte le domande riguardanti la vita, e cioè: “Che cosa deve fare e che cosa deve osservare un uomo per preservare la propria anima dalla ricaduta nell’antico giudizio della materia che è morta?”

3. La risposta è la seguente: “Egli deve osservare esattamente i dieci Comandamenti dati al genere umano per mezzo di Mosè, i quali, riassunti in breve, prescrivono che si debba credere fermamente in un vero Dio, che Lo si debba amare sopra ogni cosa e con tutte le proprie forze, e che si debba infine amare i propri fratelli e sorelle come se stessi e, all’occorrenza, anche di più!”.

4. Ed è in questi Comandamenti - i quali si compendiano veramente soltanto in due - che si concreta anche tutta la legge di Mosè, come pure tutti i profeti i quali non hanno insegnato altro che questo, ma lo hanno fatto impiegandovi molte parole, e ciò per le ragioni della comprensione più ampia possibile.

5. Chi farà così, preserverà certamente il proprio cuore - e quindi anche la propria anima - da ogni attacco dell'orgoglio, da ogni durezza di cuore, dall'ira, dall'odio, dall'egoismo, dall'invidia, dall'avarizia, dalla brama di possesso, dalla brama di dominio, dal vivere agiatamente e dall'amore per il mondo, e poi troverà facile accesso al polo spirituale-vitale di Dio, perché l'amore per Dio colma tutto l'essere umano appunto dello Spirito vitale di Dio, e l'amore per il prossimo dà corpo e consolida tale Spirito vitale divino nell'anima, e con ciò essa si rende necessariamente identica a Dio stesso in ogni cosa mediante lo Spirito divino d'Amore che è in lei.

6. Ma dopo essersi fatta identica a Dio, essa si sarà pure fatta identica al polo vitale positivo che è in Dio, del quale avete ora fatto la conoscenza, e che poi signoreggerà con Lui sopra ogni materia, dalla quale non potrà mai più venire fatta prigioniera, né potrà venire inghiottita.

7. Chiunque si atterrà a queste norme, costui otterrà anche quanto vi è stato adesso mostrato in maniera chiarissima, e lo manterrà accrescendolo sempre continuamente in eterno. Ed ora dimMi, o Mio caro Epifanio, come hai percepito e compreso queste cose!».

 

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Cap. 231

La questione della redenzione di chi non conosce questa Rivelazione divina.

 

1. Dice Epifanio: «Grande Signore e Maestro! Il Tuo prodigio di prima per il nostro vantaggio materiale è stato grandioso, ma ancora più grandiosa è la Tua Sapienza cui è ispirata questa Dottrina che ora ci hai annunciato, dato che essa ci fornisce una prova della Tua Divinità ancora incomparabilmente maggiore. Con il Tuo prodigio di prima ci dimostrasti in maniera assolutamente inoppugnabile che Tu devi essere colmo della Forza e della Potenza di Dio, altrimenti una simile opera non Ti sarebbe stata possibile. Ma con questo insegnamento Tu ci hai dimostrato che Tu stesso sei in via diretta Colui i Cui pensieri e idee vanno a costituire quel certo polo contrario giudicato e fissato!

2. Io e certamente anche Aziona e Hiram abbiamo ormai compreso molto bene quanto Tu, o Signore, ci hai detto in risposta alla nostra domanda, senza alcun dubbio importante, e vediamo come stanno le cose sotto questo aspetto e come non è possibile che siano altrimenti. Ma appunto tale questione ne fa sorgere adesso un'altra non meno importante per tutta l'umanità della Terra.

3. Vedi, grande Signore e Maestro! Noi ora sappiamo come l'uomo deve procedere per non venire inghiottito nell'anima dal Tuo polo contrario, ciò che sicuramente costituisce una sorte ben triste per chiunque non abbia potuto preservarsene. Noi, per Tua Grazia e per Tua somma Bontà, conosciamo la giusta via sulla quale dobbiamo incamminarci, e noi sicuramente la percorreremo. Ma che cosa accadrà poi degli altri innumerevoli uomini che popolano questa vasta Terra? Questi non sanno nulla di quanto ci hai rivelato ora! Quale numero sterminato di uomini è vissuto su questa Terra prima di noi già dal primo apparirvi del genere umano, e quale altro numero sterminato calcherà il suolo della Terra dopo di noi!

4. Coloro che furono prima di noi, non hanno certo saputo niente di questa Dottrina, e hanno vissuto in base alle loro brame materiali. Quale può essere la loro sorte nell'aldilà se non quella di restare tristemente catturati dal Tuo polo contrario? Chi li redimerà? Chi li potrà redimere da questa prigionia, e quando? Che cosa contano in fondo i pochi uomini, i quali, dato che erano già originariamente di natura più spirituale, si sono rivolti con maggiore facilità allo spirituale puro e conseguentemente, dopo la deposizione di questo corpo materiale, sono trapassati con molta facilità al Tuo polo principale? Se io voglio giudicare dai libri dove sono registrati i nomi dei giusti e veramente grandi dal punto di vista spirituale, arriverò a mala pena alla somma di centomila; ora, che cosa rappresenta mai questo numero di fronte a quello sterminato di coloro che sono stati inghiottiti dal polo contrario per dei tempi indicibilmente lunghi? E qui non posso fare a meno di domandare a chiunque disponga di almeno un po’ di intelletto e di ragione: “Per quegli infelici non sarebbe stato meglio non essere mai nati?”.

5. Ed altrettanto accadrà di coloro i quali vedranno la luce del mondo forse anche una mezza eternità dopo di noi. Essi pure verranno probabilmente a trovarsi dinanzi a concetti già del tutto confusi di questa Tua Dottrina. Ma, allora, chi potrà fornire loro delle spiegazioni così chiare come Tu stesso fai ora con noi? Ma se una Dottrina talmente straordinaria non viene esposta in tutta la sua luminosissima chiarezza, è ben difficile che qualcuno se ne possa fare, con il dovuto vivente zelo, la regola per conformarvi il proprio operare, e la materia ne riporterà sempre, come finora, il suo massimo trionfo.

6. La Tua Dottrina, che ci stai annunciando, è certo immensamente grande e santa; ma questa lacuna, che io vedo in essa, esiste inevitabilmente, ed io desidererei appunto che tale lacuna venisse colmata grazie ad una Tua benevola risposta a questa mia domanda, certo molto importante per il mio animo! Ammesso che questo sia conforme alla Tua buona e santa Volontà, Ti piaccia farci una giusta luce anche sotto questo aspetto!».

 

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Cap. 232

Visita nell’aldilà e reincarnazione.

 

1. Dico Io: «Qualora le cose riguardo alle nazioni e ai popoli stranieri stessero precisamente così come le hai prospettate nella tua domanda, certo le cose non potrebbero fare a meno di apparire alquanto tristi rispetto alla salvezza delle anime umane sulla Terra, ma le cose invece stanno in maniera un po’ differente, ed a ciascun uomo è offerta l’occasione, qualunque sia la sua fede, di rivolgersi più allo spirituale che al materiale. Ma se questo è il caso, allora un'anima nell'aldilà non può più venire così attratta completamente dal polo materiale, ma rimane, con tutta la sua perfetta libertà di volere, in un certo stato di sospensione, durante il quale essa non risulta appartenere né ad un polo né all'altro. Questo stato delle anime Io lo qualifico come un regno di mezzo, nel quale le anime vengono guidate dagli spiriti già più perfetti, e per lo più avviate verso il polo migliore.

2. Sicuramente, in questo modo, il processo della piena conversione si svolge piuttosto lentamente; tuttavia questo non ha grande importanza, dato che della totale perdizione di un'anima non c'è mai da parlare; ad ogni modo, perfino nel caso che essa, a causa di un’eccessiva ostinazione, venisse completamente inghiottita dal polo contrario - ciò che sarebbe certo molto grave -, ebbene, in un simile caso, dopo un ciclo di tempi, essa dovrebbe rassegnarsi ancora una volta a sottomettersi ad una nuova vita di prova nella carne, sia su questa Terra, sia su qualche altro mondo fra gli innumerevoli che esistono nello spazio infinito, senza sapere e nemmeno intuire che essa ha già vissuto una volta una vita di prova nella carne. Il conoscere anticipatamente questo non le servirebbe però a nulla, per la ragione che con ciò, trovandosi necessariamente sotto il dominio dei sensi, essa ricadrebbe nel suo male antico, e quindi risulterebbe assolutamente vana una seconda prova della vita essendo destinata all'insuccesso. Per comprendere più facilmente questa cosa, Io vi citerò un esempio.

3. Supponiamo che duemila anni fa ci fosse stato un re molto ambizioso, tiranno e crudele, il quale per saziare la sua sete di sangue avesse fatto uccidere migliaia di persone nella maniera più atroce, e supponiamo pure che egli fosse stato dedito anche ad ogni vizio possibile. Dove abbia potuto pervenire la sua anima dopo la morte del corpo, lo si indovinerà certo facilmente!

4. Come già prima ebbi ad indicarvi, una simile anima non può pervenire in nessun altro luogo se non in quello dove si trovano le altre anime uguali ad essa; ma quali possono essere dopo breve tempo le sue condizioni, laddove la sua compagnia è costituita come lo è lei, e senza considerare che con il tempo peggiora, dato che entro un certo periodo l'ira e la sete di vendetta vanno sempre più accentuandosi? Queste condizioni ognuno può immaginarsele facilmente da sé, perché tutte le cose hanno i loro limiti per le anime ancora materiali, tranne l'orgoglio e l'avidità di dominio, cosa questa di cui nei tempi andati già più di un re fornì fin troppo chiaramente la prova, quando si presentò al suo popolo come una divinità e pretese di venire adorato come un unico e vero Dio, e che gli venissero resi onori supremi offrendogli tutti quei sacrifici che egli avesse richiesto. La ben nota storia di Nabucodonosor, re di Babilonia, dimostra chiaramente la verità di quanto detto.

5. Ma questa cosa si verifica in proporzioni ancora molto più grandi nel luogo sopra menzionato. Ciascuna di tali anime cerca immediatamente di imporsi alle altre come il supremo Dio onnipotente, ed assume nello stesso tempo un atteggiamento da tremendo dominatore che vuole senz'altro dettare legge alle altre anime che nutrono gli stessi suoi sentimenti e che sono dotate delle sue stesse qualità.

6. Certo, voi non potete farvi un'idea del furore con il quale le altre anime di pari carattere, le quali già da lungo tempo si sono combattute tra di loro per l'identico motivo, si scagliano addosso ad una simile anima prepotente e le fanno pagare quanto mai cara la sua audacia. Tuttavia un'anima arcistolta di questa specie è capace di sopportare per qualche tempo anche i più tremendi martiri, ossessionata com'è nella sua cecità dall'idea che, superate tutte le prove veramente d'inferno, le altre anime la riconosceranno e l’accetteranno quale un dio e un dominatore di tutte le altre.

7. Ma quando essa con l'andare dei tempi comincia a persuadersi di aver fatto una sciocca figura, allora essa si accende d'ira e di furore contro i suoi tormentatori, e guerra e fuoco divampano a dismisura, tanto che tali anime poi finiscono con il dissolversi entro un tal fuoco dell'ira; anzi, esse finirebbero addirittura con l'annientarsi del tutto se ciò fosse possibile!

8. Ad ogni modo una simile bufera, quando viene concesso che scoppi e per quanto violento sia il suo imperversare, ha sempre questo di buono: la distruzione in tali anime di una parte considerevole di materia dannosissima, e per conseguenza le purifica un po’. Dopo molte tempeste di questa specie, ogni tanto qualche anima diventa più calma, e allora cerca di liberarsi da una simile compagnia tumultuosa che la circonda e tenta quindi di trovare una qualche possibile via d'uscita; in questi casi di solito viene permesso che essa pervenga ad una compagnia migliore, oppure viene di nuovo generata in una carne.

9. Ed ora ritorniamo al nostro esempio del re, la cui anima ha percorso una via del genere come ve l'ho adesso descritta esattamente in brevi parole. L'anima di un re vissuto in tempi lontani, e che aveva esercitato il suo malvagio dominio in qualche paese dell'estrema Asia orientale, ritornando a questo mondo ne vede nuovamente la luce per la consueta via della carne in un corpo di bimbo concepito e partorito da una qualche donna in misere condizioni. In simili casi un'anima si ritrova del tutto bambina, e non sa assolutamente niente del suo stato precedente, e sarebbe un grave errore se ne conservasse anche soltanto una minimissima memoria.

10. Il bambino, di sesso maschile come la prima volta, cresce in uno stato di povertà e si fa adulto, e allevato ed educato con pochissimi mezzi, diventa un onesto e abile lavoratore a giornata in un qualsiasi lavoro dei campi o domestico; riconosce Dio e Lo adora, e Lo ringrazia per il pane quotidiano. Infine egli trova la sua gioia nel servire e giovare al prossimo per una misera ricompensa. Venuto il suo tempo, il nostro lavoratore invecchia, si infiacchisce, si ammala e muore come tutti gli uomini della Terra.

11. Che cosa succede allora della sua anima? Ecco: nell'aldilà essa va a raggiungere appunto la compagnia delle anime molto buone, laboriose e attive, e trova la sua gioia nello stimarsi molto inferiore alle altre anime e nel servire tutti secondo necessità. Questa buona direzione presa dal suo animo provoca il sollecito risveglio del suo spirito proveniente da Dio, che costituisce il suo ALTER EGO (il secondo io) nell'aldilà.

12. Ma qualora questo avvenga, come certamente anche è il caso, neanche la perfetta unione di una tale anima con il suo spirito si farà molto attendere. Solo quando ciò sarà avvenuto, allora in una simile anima ritornerà la piena consapevolezza, e con questa pure il ricordo chiarissimo di tutti i suoi stati precedenti, ed essa loderà la Sapienza, la Potenza e l'Amore di Dio che dalle vicende più dolorose ha saputo ricondurla alla vera vita eterna.

13. E da tutto ciò voi potete rendervi conto con sufficiente chiarezza di come Dio, per le Sue vie imperscrutabili a qualsiasi mortale, possa guidare un'anima, reputata anche la più corrotta, verso la vera luce e verso la vera vita».

 

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Cap. 233

Il lento morire e l’origine delle creazioni materiali.

 

1. (Continua il Signore:) «Dio, essendo in Se stesso il purissimo Amore, non può fare altro che amare i Suoi pensieri e le Sue idee, anche se, quali creature, essi costituiscono il Suo polo contrario. E così avviene che nemmeno una pietra può restare pietra eternamente, e dopo un numero di anni per voi inconcepibile, anche questa Terra nonché tutte le altre innumerevoli stelle invecchieranno molto e si afflosceranno come una vecchia veste, e allora tutto verrà trasformato in elemento indipendente, spirituale e affine a Dio; ma in compenso sorgeranno poi delle altre Creazioni materiali, e verranno sviluppate e perfezionate, ciascuna nella sua specie.

2. Per arrivare a tanto ci vorrà certamente un tempo immensamente lungo, un tempo da misurarsi in eoni di volte eoni (10120 per 10120) di anni terrestri. Tuttavia la cosa non è da comprendersi così come se questa attuale Creazione dovesse svanire all'improvviso e che in cambio dovesse venirne chiamata altrettanto improvvisamente all'esistenza una nuova, ma questo succede soltanto parzialmente, come succede ad esempio in una foresta vergine, dove è vero che gli alberi vecchi muoiono, imputridiscono e alla fine si trasformano in acqua, aria ed etere, dunque trapassano ad un'altra esistenza più spirituale, ma al loro posto sorge sempre fuori dal terreno una quantità di altri alberi. Come lo Spirito di Dio opera nelle cose piccole, nella stessa maniera Egli opera nelle cose grandi, per quanto possa venire chiamata “grande”, in generale, una qualche cosa di fronte a Dio!

3. Ed ora Io vi ho chiaramente illustrato tutto, anche se non Mi sono servito di un linguaggio figurato come hanno fatto gli antichi sapienti. Però queste cose Io le ho illustrate soltanto a voi, dato che possedete la necessaria facoltà di comprenderle; all'altra umanità invece, cioè a quella del mondo, non occorre che le riveliate, ma basterà che essa creda nel Mio Nome e che osservi i Comandamenti divini, i quali sono veramente dei Comandamenti dell'Amore; tutto il resto sarà rivelato all’uomo convertito, secondo la necessità dell’anima, dal proprio spirito destato, che proviene da Dio. I fanciulli piccoli bisogna saziarli soltanto di latte; quando poi saranno cresciuti e si saranno irrobustiti, allora saranno anche in grado di digerire degli alimenti più sostanziosi.

4. Dunque, ponderate bene nei vostri cuori tutte queste cose, e qualora vi fosse per voi qualcos’altro di non chiaro, Io rimango qui vostro ospite ancora per cinque giorni, durante i quali potrete rivolgervi a Me oppure anche a qualcuno fra i Miei discepoli, e vi sarà fatta luce! Però, da questo momento in poi, Io non vi darò nessun'altra nuova Dottrina, considerato che comunque vi ho già illustrato tutto e insegnato tutto; tuttavia, dato che sono vostro amico, Mi tratterò, come vi ho detto, ancora cinque giorni qui presso di voi, e all'occasione vi ammaestrerò riguardo a varie cose buone e utili dal punto di vista terreno. E adesso andiamocene a prendere visione di tutte le nuove piantagioni e dei frutteti, dei campi, dei prati e degli animali domestici!».

5. Tutti allora Mi ringraziarono dal profondo del cuore per tali insegnamenti, si alzarono e vennero con Me a visitare i vicini. E quando questi tre nuovi discepoli si furono convinti di tutto quello che era successo, la loro meraviglia crebbe ancora di più, ed essi misero al corrente i loro vicini riguardo alla Mia Persona e all'alto e santo scopo della Mia venuta in quel luogo, ed i vicini credettero alle loro parole senza alcuna obiezione e ne furono pieni di gioia.

6. Io stesso poi insegnai loro l'uso delle molte cose nuove che ormai possedevano, e così ne feci degli abilissimi coltivatori della terra, ciò che prima non erano. Che tutti fossero anche immensamente lieti in seguito a questi fatti, è cosa che si comprende da sé, ed in questo modo noi trascorremmo in quel luogo i cinque rimanenti giorni che avevo loro promesso.

 

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GESÙ NELLA REGIONE DI CAFARNAO

(Vangelo di Matteo, cap. 17)

 

 

Cap. 234

La trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor

(Matt.17, 1-2)

 

1. Giunto il sesto giorno, anzi in effetti era il settimo, Io dissi ai discepoli: «Ecco che ormai abbiamo lavorato onestamente sei giorni, ed anche in questo deserto il raccolto fatto è stato buono. Ora però è tempo di andare in altri luoghi, perché anche in questi posti ci sono ancora numerosi campi incolti e dei deserti che noi dovremo lavorare, benedire e rendere fertili.

2. Prima però di partire, converrà che alcuni di voi attendano qui con pazienza finché sarò ritornato giù da questo alto monte ai piedi del quale ora noi ci troviamo, ed in cima al quale Io intendo salire in compagnia di Pietro, di Giacomo e di Giovanni!».

3. E coloro che erano destinati a rimanere Mi domandarono il perché non potevano salire anch’essi sul monte con Me.

4. Io dissi: «Perché Io voglio così!».

5. Allora tacquero tutti, e nessuno si azzardò a farMi altre domande.

6. Aziona osservò così come fra sé e sé: «Il monte più alto è questo qui che ci sta proprio di fronte, ma, date le sue pareti quanto mai erte, è molto difficile salirvi!»

7. Io dissi: «CrediMi, per Me nessun monte è troppo alto né troppo erto! In poche ore noi saremo di ritorno, e tu vedi nel frattempo di disporre bene le cose per il pranzo».

8. Dopo di che presi con Me i tre discepoli già menzionati e ci mettemmo incammino (Matt.17, 1). Dall'altra parte il monte era facilmente accessibile, e noi ne raggiungemmo la vetta dopo qualche ora; tuttavia, data la sua altezza, qualsiasi altro comune visitatore delle montagne avrebbe impiegato almeno dalle dodici alle tredici ore per compierne la salita, e perciò la nostra salita fu, al paragone, anch’essa una specie di miracolo.

9. Noi eravamo giunti sulla vetta massima del monte, dalla quale si dominava quasi tutta la Galilea, la Giudea e la Palestina, nonché una parte del gran mare propriamente detto. E quando i tre discepoli, alla vista di quell'immenso spettacolo, si trovarono come trasfigurati, Mi ringraziarono dal profondo dell'anima per lo straordinario, indicibile godimento a loro concesso, ma allora anch'Io venni trasfigurato in modo tale che la Mia faccia splendeva come il Sole, e le Mie vesti si fecero di un candore tanto radioso da sembrare neve fresca illuminata dal Sole (Matt.17, 2). A quello spettacolo i tre discepoli rimasero sbalorditi, e per qualche tempo non poterono articolare nemmeno una parola.

10. Appena dopo un po' di tempo Pietro si riebbe e disse: «O Signore, siamo forse già in Cielo o almeno nel Paradiso? Ho l'impressione come se intorno a me sentissi un lieve mormorio di voci angeliche!»

11. Ed Io dissi: «Né in Cielo, né IN SPECIE (particolarmente) in Paradiso, ma semplicemente e naturalmente sulla Terra! Ma considerato che per la Potenza della Parola di Dio abbiamo già in noi sia il Cielo che il Paradiso, nella misura in cui Essa comprende tutto il vero e il buono, così avviene che noi di fatto ci troviamo anche in Cielo e in Paradiso contemporaneamente. È proprio questo che trasfigura il vostro animo, ma dato che nel vostro animo siete trasfigurati dinanzi a Me, anch’Io fui trasfigurato esteriormente dinanzi ai vostri occhi, affinché vi accorgeste di essere di fatto in Paradiso e in Cielo allo stesso tempo, dato che il vostro intimo è colmo della verità fondata nella fede e del buono, che ne deriva, fondato nell'amore. Il vero Cielo e il vero Paradiso consistono unicamente nel fatto che voi crediate in Me, che facciate secondo quanto Io vi insegno e infine che Mi amiate con tutto il vostro cuore con i fatti; soltanto in questo modo potete possedere in voi il vero Regno di Dio senza di che del resto non ne esiste uno da nessuna parte in qualsiasi altro luogo. Ma quando questo Regno è in voi, allora esso esiste dappertutto, nella sua piena realtà, in tutta l’intera infinità; e in qualunque luogo possiate trovarvi, sia su questa Terra, o sulla Luna o su una di quelle innumerevoli stelle, che sono puramente dei corpi mondiali, voi siete sempre circondati dai vostri fratelli beati, anche se a causa del vostro corpo non li potete vedere con i vostri occhi di carne».

 

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Cap. 235

Il Signore a colloquio con Mosè ed Elia.

(Matt.17, 3)

 

1. Dice Pietro: «O Signore, in qualche passo della Scrittura dovrebbe essere detto: “Le anime dei defunti verranno custodite in pace perfetta nel grembo della Terra fino al giorno del giudizio, nel quale esse verranno destate nuovamente dal loro lungo sonno dal suono delle potenti trombe degli angeli. Allora i buoni risusciteranno a vita eterna nel Regno dei Cieli di Dio, mentre i malvagi verranno cacciati per l'eternità nel regno infernale dove saranno continuamente tormentati dai demoni”»

2. Dico Io: «Come vadano interpretate tali enunciazioni dei profeti e tutte le altre comunicazioni simili, Io ve l'ho spiegato già varie volte, e quindi sarebbe assolutamente superfluo darvi ulteriori spiegazioni in proposito. Ma allo scopo di guarirvi definitivamente da una simile vostra opinione immensamente erronea, Io vi dischiuderò l'occhio interiore della vostra anima, e voi stessi potrete vedere come si presenti quel certo “riposo dell'anima” dei padri già da lungo tempo defunti, e vi rivelerò che aspetto abbia il grembo della Terra!»

3. Dopo di che Io esclamai a voce alta: «Efeta!», vale a dire: «Apriti!»

4. Ed ecco, nello stesso istante apparvero i due profeti, Mosè ed Elia, e cominciarono a ragionare con Me in un chiaro linguaggio riguardo a quello che sarebbe dovuto accadere di Me entro un paio d'anni e se non sarebbe stato possibile che gli avvenimenti prendessero un altro corso (Matt.17, 3). Io però li assicurai che era assolutamente escluso che potessi fare differentemente da quanto vuole il Padre, che è e dimora in Me.

5. Allora i due profeti si inchinarono profondamente e dissero ad una sola voce: «O Signore, la Tua Volontà è la sola santa; secondo questa Volontà avvenga dunque tutto, sempre in eterno, tanto qui nei Cieli, quanto presso tutti gli uomini e gli spiriti sulla Terra! Noi due, durante il tempo della nostra vita terrena, fummo grandi a causa del Tuo Nome; tuttavia noi ora preferiremmo trovarci con Te sulla Terra ugualmente a questi tre ed agli altri ancora che non sono qui, nonostante essi siano ora, come molto tempo ancora saranno, disprezzati e perseguitati a causa del Tuo Nome!»

6. Io dissi a Elia: «Anche tu fosti pure qui con Me sulla Terra non molto tempo fa! Trovasti forse benefica l’opera di Erode per la tua carne?»

7. Elia disse: «Sulla Terra no, ma tanto più mi ha fatto bene qui, ed io, malgrado le più celestiali beatitudini che ormai mi appartengono in eterno, desidererei, per amor Tuo, percorrere cento volte ancora la via della carne, per quanto disseminata di tribolazioni e di spine essa sia!».

8. A questo punto cadde sui discepoli un sonno così pesante che essi si accasciarono al suolo e dormirono profondamente per un breve tempo.

9. Io però continuai a ragionare con i due profeti, e dissi ad Elia: «Alla fine dei tempi di questa Terra tu verrai certo mandato ancora una volta nella carne agli uomini di questo mondo, però non più con la vista interiore dello spirito velata, ma con la vista talmente chiara, anzi di più delle due prime volte sotto il nome di Sehel e più tardi di Elia, ed il fratello Mosè ti accompagnerà - però solamente in spirito, perché la sua carne rimane fino alla fine dei tempi proprietà della Terra.

10. Ma poi ogni carne di questa Terra sarà tramutata nello spirituale, tu però non ne avrai mai più bisogno, perché Io ti ho dato un nuovo corpo per l’eternità. Nel frattempo veglia bene sui figli di Israele finché, tra non molto, Io ritornerò quando la Mia massima opera sarà compiuta! Poi anch’Io ti darò un seggio stabile nel Mio nuovo Regno. Infatti, vedi, ora il tempo è venuto, quel tempo del quale già ti parlai qui sulla Terra, in cui Io creo tutto di nuovo; anzitutto i Miei mondi spirituali, più tardi altrettanto avverrà anche della materia quando essa avrà raggiunto il dovuto grado di maturità! Ed ora ridestiamo dal loro sonno i tre dormienti!».

 

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Cap. 236

I tre apostoli in comunicazione con l’aldilà.

Lo Spirito di Dio nell’uomo come guida in ogni verità.

(Matt.17, 4-9)

 

1. Allora i tre si destarono, si alzarono da terra e videro Me, Mosè ed Elia, però non più splendenti, e ciò fu per loro molto gradevole, dato che la luce eccessivamente intensa di prima li aveva quasi accecati. Essi raccontarono come, sognando, si fossero intrattenuti con molti profeti dei tempi antichi riguardo a tutte le condizioni della vita nell'aldilà, proprio come se essi fossero stati e avessero agito sulla Terra, e come molte cose misteriose fossero state loro chiarite.

2. Mosè ed Elia però a loro volta li ammaestrarono ulteriormente sugli svariatissimi rapporti del grande aldilà.

3. E i tre si sentirono pervasi da tanta delizia e felicità che poi Pietro esclamò ad alta voce: «O Signore, è bello stare qui! Se Tu vuoi, facciamo tre capanne qui: una per Te, una per Mosè e una per Elia!» (Matt.17, 4).

4. E mentre egli parlava ancora così della costruzione delle capanne, una densa nuvola luminosa all'improvviso li coprì con la sua ombra, in modo tale che essi non poterono più distinguere niente nemmeno alla distanza di una spanna.

5. Ed ecco che dalla nuvola si udì una voce che disse: «Ecco: questo è il Mio diletto Figlio nel quale Mi sono compiaciuto, ascoltateLo!». (Matt.17, 5)

6. Quando i tre ebbero udito tali parole come un potente rombare di tuono, si spaventarono moltissimo e caddero prostrati sulle loro facce. (Matt.17, 6)

7. Io Mi accostai subito a loro, li toccai e dissi: «Alzatevi e non temete!».(Matt.17, 7)

8. Quando ebbero sollevato gli occhi da terra, non videro più nessun altro all'infuori di Me, e cominciarono a manifestare il loro grande stupore per tutto quello che avevano visto e udito (Matt.17, 8). I tre però avrebbero voluto domandarMi molte altre cose ancora, particolarmente riguardo al significato di quanto essi avevano visto in sogno.

9. Ma Io dissi loro: «Tutte queste cose le rivelerà alle vostre anime il vostro stesso spirito il quale è veramente il Mio Spirito in voi, e soltanto così le possederete in voi in maniera vivente. Infatti, anche se Io ve le chiarissi adesso, voi ne accogliereste la spiegazione nel vostro sapere e ci credereste poi per il fatto che sarei stato Io a rivelarvele. Sennonché in questo caso non sareste di gran lunga ancora nella piena verità, e ciò per il motivo che quanto spiegato non sarebbe vostra proprietà, ma di Colui che ve lo avrebbe rivelato attingendolo dal Suo tesoro vivente. Ma quando invece sarà il vostro spirito a rivelarlo alle vostre anime, allora la rivelazione sarà vostra proprietà, e soltanto allora vi troverete nella piena verità.

10. Ora lo spirito del quale Io dico che è il vostro spirito, è appunto anch’esso il Mio Spirito in voi, ed è a conoscenza di tutte le cose e di tutti i rapporti come lo sono Io stesso; quindi esso può guidarvi in ogni sapienza. Però attualmente esso non è ancora desto in voi e non è neppure agente in maniera completa, o meglio, è comunque desto ed agente in sé e di per sé, ma il suo essere desto e il suo essere attivo sono per voi ancora come qualcosa di estraneo e come di non appartenente a voi, dato che le vostre anime non sono ancora sufficientemente pure per potersi pienamente congiungere con il Mio Spirito.

11. Ma quando, dopo le Mie sofferenze delle quali vi ho già parlato, Io sarò asceso ai Miei Cieli, soltanto allora manderò su di voi lo Spirito Santo di ogni Verità e le vostre anime si congiungeranno con Esso; e questo Spirito, che in voi allora sarà pienamente una cosa sola con voi per l'eternità, vi guiderà in ogni verità e in ogni sapienza.

12. Di questa visione che avete avuto qui, però, occorre che non raccontiate nulla a nessuno prima della Mia Ascensione, della quale ormai sapete, come pure nessuno deve sapere niente di quanto Io ho operato nelle vicinanze di Cesarea di Filippo e qui presso questi pescatori! Ed ora scendiamo di nuovo giù al villaggio dei nostri pescatori!».

13. Noi ci incamminammo subito, e strada facendo Io ammonii nuovamente i tre a non raccontare, nemmeno agli altri fratelli, nulla della loro visione fino al tempo determinato, vale a dire fino a dopo la Mia Resurrezione e la Mia Ascensione. (Matt.17, 9)

 

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Cap. 237

Incarnazioni di Giovanni il Battista.

(Matt.17,10-13)

 

1. Pietro però, mentre stavamo discendendo dal monte, si avvicinò a Me e Mi chiese cosa significasse quello che andavano dicendo i dottori della legge, che cioè prima della venuta del Messia sarebbe dovuto venire Elia per predisporre ogni cosa e preparare così le vie al Signore. (Matt.17, 10)

2. Ed Io risposi a Pietro: «A questo riguardo hanno ragione i dottori della legge, e pure tu con la tua domanda! È vero, Elia doveva venire per predisporre ogni cosa (Matt.17, 11). Tuttavia Io vi dico che Elia è già venuto, ma essi l'hanno tanto poco riconosciuto, quanto poco riconoscono ora Me, ed hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Ma precisamente così essi faranno anche di Me, il Figlio dell'uomo, conformemente a quanto vi ho predetto già varie volte (Matt.17, 12). In verità Io vi dico che questa razza perversa non si darà pace prima che non abbia raggiunto lo scopo della sua vendetta, ma con ciò anche il proprio giudizio!

3. Giovanni, in cui dimorava lo spirito di Elia, compì dei prodigi, ammaestrò la gente e battezzò, preparando così il popolo alla Mia venuta. Ma quale ricompensa ne ebbe?

4. Attualmente Io stesso sto insegnando questa purissima Dottrina di Vita, esto operando cose che non si sono ancora mai viste su questa Terra, né si vedranno mai più con simile grandiosità e molteplicità; ma appunto perciò essi covano ira tanto maggiore quanto più acerba si fa in loro la sete di vendetta, e, quando dall’Alto sarà concesso che avvenga, essi faranno a Me quello che Io vi ho annunciato già in anticipo!

5. Nei vostri petti sta ancora agitandosi continuamente la vecchia questione del perché Io stesso permetto che gli uomini compiano una cosa simile su di Me. Ma anche sotto questo aspetto vi sono già state date spiegazioni più che sufficienti; dunque adesso scendiamo a valle a ritrovare i nostri!»

6. E solo quando ebbi terminato questo Mio discorso, i tre si accorsero che Giovanni Battista era in realtà Elia. (Matt.17, 13)

7. Ma mentre scendevamo dal monte, Pietro Mi interpellò nuovamente e disse: «Ma, Signore, la cosa appare pur sempre un po' strana nei riguardi di Elia! Egli veramente ha dimorato già tre volte su questa Terra, e sempre - dico in un corpo di carne.

8. Le prime due venne quale Sehel, e più tardi quale Elia: egli non morì, ma salì immediatamente nei Cieli, certamente con il corpo completamente trasfigurato, nonostante che, come l'ultima volta, egli sia stato partorito a questo mondo da una donna. Quest'ultima volta però egli dovette realmente morire nel corpo; ma allora che cosa è accaduto dei due corpi di prima e che cosa avverrà del suo ultimo corpo? Quando tutto sarà compiuto, egli si troverà nel Tuo Regno dei Cieli forse con tre corpi? Infatti, di certo sta scritto che il giorno del giudizio anche i corpi risusciteranno e saranno ricongiunti alle rispettive anime! Come dunque dobbiamo comprendere ciò?»

9. Io dissi: «Quello che significa la resurrezione della carne e il giorno del giudizio, Io l'ho già spiegato chiaramente a Cesarea di Filippo e laggiù al villaggio. Non hai dunque preso nota delle Mie parole? Perché devo ripeterti sempre la stessa cosa? Tu però sai pure qualcosa a tale riguardo, ma quello che sai non ha un certo nesso, e la colpa va attribuita al modo di pensare, rigidamente giudaico, che in te è ancora fortemente accentuato se tu, malgrado le Mie molte spiegazioni, prendi sempre tutto alla lettera nella tua fantasia ostinatamente bizzarra!

10. Vedi dunque di considerare le cose dal loro vero punto di vista, e fai in modo di comprendere grazie a questa Mia Luce veramente purissima, e così non avrai più bisogno di farMi domande riguardo a simili cose che a te prima che a chiunque altro dovrebbero già da lungo tempo essere intelligibili!

11. Ebbene, il giorno in cui un bambino nasce per questo mondo non è forse il suo giorno più recente[26]? O non è forse anche ciascun giorno che tu vivi un giorno recente, mentre il giorno della tua nascita, che fu allora il tuo giorno più recente, ora è invece il tuo giorno più antico?

12. La carne della quale consiste il tuo attuale corpo, un giorno si decomporrà e passerà ai vermi, nelle piante e nelle loro anime, e fuori da essa sorgeranno degli esseri assolutamente estranei i quali non avranno più in eterno niente a che fare né con la tua anima né tanto meno con il tuo spirito. Cerca di capire! È evidente che, in base a quanto ti ho appena spiegato, il giorno più recente per la tua anima sarà quello in cui verrai tirato fuori dal tuo corpo».

 

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Cap. 238

La resurrezione della carne.

 

1. (Continua il Signore:) «Per la resurrezione della carne però bisogna che tu intenda le buone opere del vero amore del prossimo! Esse saranno poi la carne della tua anima la quale risorgerà - nel suo giorno più recente mondano-spirituale - al vero squillare di tromba di questa Mia Dottrina, e risorgerà a vita eterna come un corpo etereo splendente. Anche se tu avessi indossato cento volte un corpo sulla Terra, nell'aldilà non avresti in ogni caso che un corpo soltanto, e precisamente quello che ho descritto ora. Hai compreso adesso?»

2. Risponde Pietro: «Sì, o Signore e Maestro, questo mi è adesso più chiaro che mai! Però ora mi ritorna in mente quanto sta scritto come parola di un profeta: “Nella tua carne un giorno contemplerai Dio; vedi perciò di conservarla pura e di non renderla immonda con ogni tipo di peccati! Con una carne contaminata dal peccato tu non vedrai mai il volto di Dio!”. Pressappoco così si legge in quel testo, e per l'intelletto umano è difficile dedurre qualcosa di diverso. Come si deve dunque intendere questo nel suo vero senso?»

3. Dico Io: «Precisamente così come il precedente! “Nella tua carne tu contemplerai Dio”, cioè: “Nelle buone opere conformi alla ben riconosciuta Volontà di Dio, tu vedrai Dio”. Infatti, quello che l'anima fa veramente con il suo corpo, che le è dato unicamente come uno strumento, sono soltanto le opere che conferiscono ad una anima o la nobiltà al cospetto di Dio oppure anche il contrario: le opere buone hanno purezza quale risultato, mentre le opere impure hanno impurità. Il semplice e puro pensare conformemente al puro sapere anche congiunto ad un contegno casto e puro, ebbene, tutto ciò senza le opere dell'amore del prossimo, oppure con queste ma in misura non sufficiente, non è di gran lunga ancora adatto a costituire ad un'anima un corpo spirituale, né può quindi condurre ad una visione di Dio.

4. Infatti, colui che ha l'anima ancora tanto cieca da non rendersi conto che non è il solo e semplice sapere a conferire all’anima la vera consistenza della vita ma che sono anzitutto le opere compiute secondo il puro sapere e la fede, ebbene, costui se la passa molto male e assomiglia a qualcuno che sappia benissimo come si fa a costruire una casa e che disponga anche di eccellenti materiali in abbondanza, ma che non trovi mai il modo di decidersi a mettere mano all'opera. Dite voi se un tale riuscirà mai ad entrare in possesso di una casa e se, quando si annunceranno le tempeste invernali, potrà rifugiarvisi per avere protezione contro la furia selvaggia degli elementi scatenati!

5. A che cosa ti può servire, quando imperversa l’uragano, sapere benissimo che le mura ben costruite di una casa possono sfidare qualsiasi maltempo, e che in conseguenza di tale fatto chi vi abita dentro è perfettamente al sicuro da ogni minaccia, se tu stesso non possiedi una casa e se sei conscio che, trovandoti ancora a procedere per il deserto molto arido della tua vita, non ti è più possibile raggiungere in qualche modo una casa straniera?

6. Oh, sì, Miei cari, il sapere e il credere, per quanto puri, non hanno affatto delle mura tanto solide da proteggervi quando viene la stagione delle tempeste; ma le mura solide invece sono fornite dalle opere del vero amore per il prossimo. Esse costituiscono il vero corpo duraturo dell'anima, la sua dimora, la sua patria e il suo vero mondo. Queste cose imprimetevele bene in mente, non soltanto per voi, ma più ancora per tutti coloro ai quali predicherete il Vangelo dopo di Me! Quando essi conosceranno la Parola della salvezza e vi crederanno, esortateli pure ad operare secondo le parole dell'amore per il prossimo, da Me comandato tante volte!

7. Infatti, in verità vi dico che se uno dichiara di amare Dio sopra ogni cosa, ma non bada alla miseria del proprio fratello povero, costui non vedrà mai più nella sua carne il volto di Dio! Anche i farisei e gli scribi sostengono di servire Dio nel giusto senso e in abbondante misura, e di fare mediante le loro preghiere e i loro sacrifici costante opera di riconciliazione fra Dio e l'umanità peccatrice; ma in compenso essi stanno spogliando completamente il popolo, né vi è alcuna traccia in loro di un qualche amore del prossimo. Ma a che cosa può giovare questo? Ebbene, questo non giova né ai farisei né al popolo!

8. Infatti, in primo luogo, Dio non ha mai avuto bisogno in nessuna forma o modo di un qualche servizio dell'uomo, né meno ancora poi di un qualche olocausto di animali squartati. Ma l'offerta veramente gradita a Dio è quella fatta dal vero amore per il prossimo nelle buone opere d’amore; questa è l'offerta che viene da Lui accolta con occhio compiaciuto, e la sua benedizione allora non rimarrà certo per strada! Comprendi adesso, Pietro, che cosa significhi l’espressione “contemplare Dio nella propria carne”?»

9. Risponde Pietro: «Sì, o Signore! Ormai ho compreso perfettamente, perché Tu, o Signore, queste cose ce le hai spiegate con tanta evidenza che noi le possiamo davvero afferrare, per così dire, con la mano. Ti siano perciò rese infinite grazie! Ma ecco che siamo ormai quasi arrivati al villaggio; tuttavia mi pare che l'ora sia ormai quella della cena anziché del pranzo!»

10. Dico Io: «Questo non conta! Prenderemo un po’ di pane e di vino, e poi partiremo subito! Perciò quel poco di strada che ci resta vediamo di lasciarcela al più presto alle spalle!».

 

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Cap. 239

La benedizione della sobrietà.

La giusta preparazione della carne di animali immondi.

 

1. Noi raddoppiammo i nostri passi e ben presto arrivammo alla dimora di Aziona dove gli altri discepoli ci attendevano, ed Aziona, Hiram ed Epifanio avevano già preparato per noi un pasto eccellente, consistente di pesce, pane e vino.

2. Pietro non mancò, naturalmente sottovoce, di dirMi: «Signore, strada facendo Tu mi dicesti che noi avremmo preso soltanto del pane e del vino, e invece qui c'è anche del pesce; potremo mangiare anche questo?»

3. Io gli rimproverai una preoccupazione tanto meschina di questo genere, improntata a genuina mentalità giudeo-templaria e gli dissi: «Quello che ti viene posto dinanzi, mangialo e non ti sarà affatto di danno né al tuo corpo né alla tua anima; quello da cui ciascuno deve guardarsi, e per conseguenza anche voi, è l'intemperanza.

4. Tutto quello che è eccessivo, è un male per l'uomo. L'immoderatezza nel mangiare è la causa delle varie malattie dello stomaco, e l'intemperanza nel bere, oltre ai mali di stomaco e di petto, genera pure la libidine della carne, e conseguentemente le fornicazioni di ogni genere.

5. Dunque siate sobri e moderati in ogni cosa, e voi manterrete anche un'anima sana e serena in un corpo sano! E quando qualcuno prepara del cibo per sé o per gli altri, abbia cura che questo sia fresco e buono; così non potrà mai essere di danno a nessuno. Queste cose annotatevele bene oltre alle altre che avete già appreso!»

6. E Pietro allora Mi interpellò nuovamente e disse: «O Signore, ma i pagani, gente del resto molte volte quanto mai rispettabile, peccano forse quando mangiano la carne di animali immondi? Infatti, a noi ebrei, questa cosa è vietata, e chi la mangiasse commetterebbe un grave peccato contro la legge di Mosè»

7. Dico Io allora: «In caso di bisogno puoi anche tu, da ebreo rigidamente ligio alla legge, mangiare la carne di qualunque animale ed essa non ti farà male, dato che qualsiasi cibo che l'uomo prende costretto dalla necessità è già purificato da Me, soltanto che egli deve, trattandosi di un simile cibo, avere ancora maggiore moderazione!

8. La carne di maiale è anch’essa buona, però l'animale macellato deve essere il più possibile dissanguato; la carne deve poi restare immersa per sette giorni in una concia di aceto e sale, con un'aggiunta di timo. Dopo di ciò la si tragga fuori, la si asciughi bene con dei pannolini e la si appenda per qualche settimana esposta al fumo di buona legna e di erbe aromatiche finché si sia resa completamente dura e asciutta. Quando poi se ne vuol mangiare, la si faccia prima bollire in una mistura di acqua e di vino in proporzioni uguali aggiungendovi del timo e del prezzemolo, e così si sarà preparato un cibo buono e sano; questi animali però devono sempre venire macellati durante l'inverno.

9. Ma come con i maiali, conviene usare lo stesso procedimento con qualsiasi altro animale immondo, qualora non si voglia che la sua carne sia di danno all'uomo, sempre facendone un uso moderato. E quanto vale per gli animali della terra, altrettanto vale per gli svariati abitanti dell'aria e per quelli svariatissimi del vasto mare!

10. Ed ora tu, o Pietro, sarai ormai a conoscenza di quanto ti è lecito mangiare per non peccare contro il tuo stomaco e nemmeno contro la tua anima! Ma adesso consumiamo il nostro pasto in fretta, affinché possiamo poi partire immediatamente!».

11. Allora ci sedemmo a tavola e ci sbrigammo in non molto tempo.

12. Però prima che ci fossimo alzati da mensa, Aziona Mi disse: «Signore e Maestro, non vorresti forse rimandare a domattina la partenza, visto che ormai si è fatta quasi sera? Da qui fino al luogo più vicino a me conosciuto ci sono delle ore di strada da percorrere, e la notte sopravverrà prima che Tu abbia raggiunto una qualche località!»

13. Ma Io gli risposi: «Restate presso di Me nei vostri cuori e nella Mia Dottrina, ed Io pure sarò con voi durante questa vostra vita terrena e poi nell'aldilà sarò con voi in eterno. Tuttavia conviene che adesso Io Mi allontani da qui, perché lontano da qui molti altri attendono la Mia venuta. Devo recarMi là per portare loro aiuto. Ad ogni modo durante il prossimo inverno Io ritornerò qui per restare con voi alcuni giorni come ho fatto ora, perché l'inverno lo passerò non lontano da questo luogo, probabilmente a Kis nelle vicinanze di Kane. Ed ora sciogliete la nostra nave, considerato che è venuto il momento che Io parta subito con i Miei discepoli!».

14. Il Mio ordine venne allora immediatamente eseguito. Io salii sulla nave e ci trovammo ben presto al largo, favoriti da un buon vento. Doppiammo dal lato settentrionale il promontorio costituito dal piede della montagna, e pervenimmo dopo non molto tempo in un piccolo golfo situato dirimpetto a quello dove avevamo trascorso gli ultimi pochi giorni ai piedi del monte sul quale Io ero salito.

15. Sulla riva del golfo c'era un villaggio dove dimorava molta gente e dell'altra ancora vi si recava, perché si trattava di un piccolo centro commerciale dove veniva portato al mercato il miglior sale, dell’olio minerale di ottima qualità, legno da costruzione, vasellami ed ogni tipo di altri arnesi ed utensili ad uso domestico. Era dunque una località abitata da popolazione benestante, e frequentata sempre da gente di tutte le regioni circostanti, nonché era, nello stesso tempo, il luogo dove i Miei discepoli erano già stati mandati da Me una volta per breve tempo, circa due mesi prima, allo scopo di prepararne la popolazione alla Mia venuta, e poi Io li avevo fatti ritornare a Me nella nota maniera prodigiosa sul monte in vicinanza di Kis. Per conseguenza là Io ero in un certo qual modo già conosciuto e di più ancora i Miei discepoli, i quali, come detto, avevano già avuto occasione di intrattenersi là per vari giorni.

 

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Cap. 240

La guarigione di un ragazzo posseduto.

(Matt.17, 14-21)

 

1. Noi approdammo, legammo la nostra imbarcazione e scendemmo a terra che era ancora giorno. In quel giorno, però, nel villaggio si teneva la grande fiera annuale e quindi vi era affluita molta gente.

2. Ma quando ci fummo avvicinati alla folla, molti ci riconobbero subito ed uno venne, Mi si gettò ai piedi (Matt.17, 14) ed esclamò: «Signore, abbi pietà di mio figlio: egli è gravemente ammalato, perché è lunatico, come dicono i medici, ed è molto tormentato, tanto che spesso cade nel fuoco, e altre volte nell'acqua! (Matt.17, 15). Quando, non molto tempo fa, i Tuoi discepoli vennero qui, e mediante l'imposizione delle mani guarirono molti ammalati assai gravi, io presentai loro anche mio figlio, ma essi non poterono guarirlo». (Matt.17, 16)

3. Allora Io Mi rivolsi a quelli fra i Miei discepoli la cui fede non aveva ancora acquistato la solidità della roccia, e che precisamente circa due mesi prima si erano fermati in quel luogo e vi avevano operato nel Mio Nome, e dissi: «Oh, generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi e fino a quando vi sopporterò? ConduceteMi qui l'ammalato!». (Matt.17, 17)

4. Il padre del ragazzo ammalato allora si alzò, corse in casa e poi ne uscì conducendolo con sé. E quando il ragazzo si trovò in Mia presenza, il suo viso si fece miseramente stravolto, perché lo spirito maligno dal quale il ragazzo era posseduto gli diede ancora due strappi dinanzi a Me lanciando, nello stesso tempo, con la bocca contorta del ragazzo stesso varie atroci maledizioni che qui sarebbe inutile ripetere. Io però minacciai energicamente lo spirito maligno e gli imposi di uscire all'istante dal corpo del ragazzo e di fare ritorno all’inferno. Allora lo spirito maligno uscì visibilmente fuori dal ragazzo, ed immediatamente quest’ultimo guarì completamente. (Matt.17, 18)

5. Lo spirito maligno però aveva l'aspetto di un grosso gatto nero e villoso, e Mi supplicò dicendo: «O Figlio dell'Altissimo, condonami l'inferno e puniscimi in qualche altro modo!»

6. Io risposi: «Vattene via da qui; e nelle voragini delle pianure della Luna, dove già dimorasti, sconta i molti delitti da te perpetrati ottant'anni fa nella carne qui sulla Terra!»

7. Allora il maligno assunse l'aspetto di una scimmia provvista di grandi ali di pipistrello e si alzò subito in volo con la velocità di una freccia. La gente a questo spettacolo restò sbalordita e molti furono colti da orrore.

8. Ma Io li tranquillizzai dicendo: «Non temete, perché a Me è dato ogni potere tanto in Cielo quanto qui sulla Terra, e questo spirito che per sette anni ha tormentato questo ragazzo non si avvicinerà mai più a questa Terra!»

9. Allora il padre del ragazzo, ormai perfettamente sano, Mi domandò: «Signore, perché mai è stato riservato un tale destino a mio figlio, il quale, a quanto sappiamo, finora non ha mai peccato, come pure anche tutta la mia casa che è sempre vissuta rigidamente secondo la legge? Eppure proprio al più innocente è toccato di dover essere tormentato in così malo modo per tutto questo tempo! Una cosa simile però e chiaro che non può accadere senza che Dio lo permetta! Ma perché dunque Dio la permette?»

10. Ed Io gli risposi e dissi: «Colui che è particolarmente caro a Dio, Egli lo mette alla prova, e se il provato ne esce vittorioso, allora egli ha pure trovato così la sua salvezza per l'eternità!

11. Però l'anima di tuo figlio è originaria da uno di quegli immensi mondi che ricolmano in quantità innumerevole lo spazio infinitamente grande dei cieli, al disopra ed al disotto di questa Terra. Per amore della sua salvezza spirituale conveniva che, oltre alla prova dell'incarnazione su questo mondo, essa si sottomettesse anche a questa prova, mediante la quale molte altre anime non perverrebbero nemmeno sopportando per lunghi cent'anni l'oppressione della loro greve carne.

12. CrediMi: gli uomini non sanno, né possono sapere perché qualche cosa accade; Dio invece sa e conosce tutto esattamente!

13. Quello spirito maligno, però, ottant'anni fa era un mercante di maiali che praticava l’usura e faceva grandi affari; egli venne in possesso di molte ricchezze e, pur essendo ebreo, non disdegnò di dedicarsi perfino al commercio degli schiavi rivelandosi anche enormemente crudele. Egli finalmente morì di una miseranda morte, e il suo destino fu quello di pervenire nel regno dei demoni, dato che egli stesso era diventato un demonio.

14. E dato che là le sue condizioni erano ben tristi, egli cominciò a riflettere su se stesso, e nel suo intimo ragionò così: “Perché ho dovuto diventare un demonio? La colpa è stata del mio corpo pessimo e vorace. Ma mi si lasci ritornare ancora una volta nella buona carne sobria di un ragazzo innocente ed io prometto di diventare un angelo! E qualora nella carne del ragazzo dovesse destarsi un qualche impulso anche minimo alla voracità, sarà mio dovere punirla immediatamente!”

15. Ora vedi, considerato che quell'anima, pur essendo molto maligna, aveva preso sul serio una simile decisione, le venne effettivamente concesso quanto aveva chiesto. Il risultato di questo tentativo è ora buono rispetto al ragazzo, e l'altra anima, prima molto maligna, ha dal canto suo già preso una direzione un po’ migliore ed ha assunto un aspetto già un po’ più umano. Al resto ci penseranno le voragini delle valli della Luna quanto mai desolate e inospitali!»

16. Allora quell'uomo riprese a parlare e Mi domandò: «Ma allora anche la Luna è un mondo? E com'è dunque che mio figlio divenne lunatico? Infatti, oltre che essere un ossesso, dato che la Luna piena esercitava un’influenza assai grande sulle sue sofferenze, deve essere stato anche lunatico!»

17. Io gli risposi: «Come la Luna sia essa pure una specie di Terra ed un mondo, tu ora difficilmente potresti comprenderlo o non lo comprenderesti affatto, sebbene effettivamente essa sia tale; i Miei discepoli però comprendono questa cosa, e le generazioni future la comprenderanno ancora molto meglio. La causa del grande spavento suscitato nel tuo ragazzo dal plenilunio non va ricercata nella natura del ragazzo stesso, ma in quella dello spirito che lo tormentava e che originariamente proveniva da quel mondo quanto mai magro e terribilmente inospitale. Altro per il momento non è necessario che tu sappia»

18. E molti fra i presenti, che avevano essi pure udito le Mie parole, dissero: «Che uomo strano è mai questo! Prima egli compie dei prodigi degni di un grande profeta, e poi comincia a fantasticare e a tenere discorsi da pazzi!»

19. Sennonché quell'uomo si avvicinò ai critici e disse loro in tono molto serio: «Non è certo Lui ad essere un pazzo, ma pazzi siamo noi invece che non siamo in grado di comprendere la sua sapienza!».

20. Allora vi fu tra di loro uno scambio alquanto vivace di parole che però ben presto cessò in seguito ad alcune osservazioni molto appropriate da parte del ragazzo guarito.

21. Dopo di che si avvicinarono a Me i discepoli e Mi domandarono: «Signore, puoi dirci adesso perché non abbiamo potuto scacciare questo spirito? Eppure ne abbiamo cacciati via molti altri nel Tuo Nome!» (Matt.17, 19)

22. Ed Io risposi loro: «Anzitutto a causa della vostra incredulità! Infatti, Io vi dico, in verità, che se voi aveste una fede ferma, incrollabile e grande quant'è un granello di senapa, potreste dire a quest'alta montagna: “Alzati da qui e passa oltre, al di là del mare!” (Matt.17, 20), e allora essa certo si muoverebbe secondo il vostro ordine, e non vi sarebbe impossibile niente! (Matt.17, 21). Ma questa generazione di demoni non esce fuori dal corpo se non attraverso la preghiera e il digiuno.

23. Quando voi veniste qui la prima volta, il ragazzo non aveva raggiunto ancora il grado massimo del digiuno e della preghiera come lo richiedeva colui dal quale egli era posseduto. Ora invece questo caso si è avverato, e per conseguenza il più armato di ferma fede tra di voi avrebbe potuto scacciare lo spirito, quantunque esso si sarebbe certo dimostrato ancora molto ostinato. Ad ogni modo è stato meglio così. Ma ecco che ormai si è fatta sera, visto che il Sole è scomparso sotto l'orizzonte; noi dunque entreremo in casa dell'uomo il cui figlio Io ho guarito!».

 

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Cap. 241

Il Signore si intrattiene a Gesaira e alloggia nella

capanna da pescatore di Pietro a Cafarnao.

 

1. Quando quell'uomo ebbe sentito questo, fu assai lieto che Io avessi preso la decisione di fermarMi da lui. Fece preparare la cena e, assieme a tutti i suoi di casa, si dimostrò quanto mai premuroso con noi. L’unica cosa che ci sconsigliò fu di andare a Gerusalemme, perché non era molto che aveva dovuto recarsi là a causa del suo commercio, ed aveva percepito in modo anche troppo evidente l'odio inestinguibile che i farisei nutrivano particolarmente contro di Me.

2. Io però gli dissi: «Amico, a Me sono noti i loro più riposti pensieri! E so pure con assoluta esattezza quello che essi si propongono di fare e che Mi faranno, ma se anche arriveranno ad ucciderMi, ciò non servirà loro, perché dopo tre giorni Io, vittorioso sulla morte, risusciterò e sarò di nuovo con i Miei fino alla fine del mondo! Ma ora lasciamo stare questo argomento, e procuraci invece un buon giaciglio per questa notte; noi ce ne andremo subito a riposare, dato che le nostre membra sono divenute molto stanche!»

3. L'oste allora prese immediatamente le disposizioni necessarie, e noi andammo a coricarci. La notte trascorse rapidamente, ed i primi albori ci trovarono già in piedi. Anche il nostro oste era già affaccendato con tutti i suoi per preparare la colazione. Dopo averla consumata, i discepoli Mi domandarono cosa avrebbero dovuto fare poi.

4. Ed Io dissi: «Ora partiremo, perché qui non c'è molto da fare!»

5. Allora intervenne l'oste dicendo: «Eppure a me sembra che qui ci sarebbe molto da fare, perché in questa borgata la popolazione è molto numerosa!»

6. Ed Io risposi: «Questo è anche vero; solo che qui sono per lo più mercanti, e questi hanno pochissima sensibilità per la nostra causa oppure non ne hanno affatto! Per conseguenza noi ce ne andremo altrove, e precisamente dove non ci sono tanti mercanti e tanti cambiavalute!».

7. E detto questo, Mi alzai con i Miei discepoli, salimmo sulla nostra imbarcazione e prendemmo rapidamente il largo. Verso la metà del giorno, terminata la nostra navigazione lungo la costa che era stata questa volta alquanto più lenta, giungemmo alla nostra vecchia Gesaira. E quando quegli abitanti ci videro, ci corsero incontro a schiere e Mi pregarono che guarissi i loro ammalati.

8. Io però dissi loro: «Io non sono venuto unicamente per guarire i vostri ammalati, ma piuttosto per annunciarvi che il Regno di Dio vi è vicino, cosa questa che Io ho fatto qui un'altra volta non molto tempo fa, ma alla quale quella volta non faceste molta attenzione, dato che sapevate che Io ero di Nazaret. Ora però a questa cosa ci tenete, semmai, meno ancora! Per conseguenza Io non Mi fermerò qui da voi, né guarirò i vostri ammalati! Rivolgetevi ai vostri medici; se la sbrigheranno essi con loro».

9. A queste parole alcuni mormorarono, altri invece rimasero e insistettero nella loro preghiera che Io volessi intervenire a favore dei loro ammalati.

10. Io allora dissi: «Ebbene, chi di voi crede che Io sia il Messia promesso, che imponga al suo ammalato le mani nel Mio Nome ed egli migliorerà il suo stato, qualunque sia la malattia da cui è affetto!»

11. E molti gridarono: «Noi crediamo, noi crediamo!».

12. Poi si allontanarono rapidamente dalla riva e si affrettarono dai loro ammalati, molti dei quali riacquistarono immediatamente la salute. Ma coloro invece che non avevano nel cuore una vera fede, invano imposero le mani ai loro ammalati, e corsero di nuovo a riva con l'intenzione di consultarsi con Me riguardo a cosa fosse mancato loro per non essere riusciti in quello che invece era riuscito ai loro vicini. Sennonché essi non Mi trovarono più, perché Io Mi ero già allontanato e Me ne ero andato là dove Pietro aveva la sua capanna da pescatore, non lontano da Cafarnao.

13. Noi ci fermammo là un paio di giorni, ci riposammo un po’ dalle nostre fatiche e aiutammo la famiglia di Pietro a pescare. Là abbandonammo anche la nostra imbarcazione e intraprendemmo a piedi dei viaggi in Galilea visitando molte località, villaggi e borgate. Io ed i Miei discepoli annunciavamo il Vangelo, trovando molte volte buona accoglienza, ma anche molti avversari. Infatti, durante questi viaggi Io operai pochi miracoli, non trovando in quei luoghi la fede necessaria. Facendo una considerazione generale, la Galilea settentrionale aveva allora una popolazione molto frammista a greci e a romani, ed era continuamente percorsa da una quantità di maghi e prestigiatori che inscenavano i loro spettacoli; anche per questo là i miracoli non avevano grande significato né facevano troppa impressione. Era quindi meglio limitarsi a spargere intanto della buona semente e lasciare che questa germogliasse, e fare ritorno là eventualmente un anno dopo per curarne ulteriormente lo sviluppo.

 

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Cap. 242

Il Signore parla della Sua imminente sofferenza.

(Matt.17, 22-23)

 

1. Quando fummo giunti al termine del nostro peregrinare per la Galilea settentrionale, i discepoli Mi interpellarono dicendo: «Signore, sono ormai due mesi che stiamo percorrendo la Galilea superiore da un posto all’altro, anzi quasi di casa in casa, predicando la Tua Dottrina. Molti l'hanno accolta con grande fede ed amore, e si sono così convertiti dal paganesimo alla religione ebraica. Noi avremmo così esaurito quasi del tutto dunque la nostra missione in Galilea; ma adesso a cosa dovremmo dedicarci? Bisognerà forse che ce ne andiamo nella Giudea tanto ostile a Te e a noi, oppure nella Iturea, a Traconiti o nella Palestina Minore?»

2. Io dissi: «Quando voi annunciate la Mia Parola agli uomini, il vostro discorso è buono e saggio, ma quando invece parlate con Me di simili cose stoltissime che sono del mondo, allora siete simili a uomini qualsiasi e ragionate e parlate proprio come loro! Quando sarà venuto il tempo delle Mie sofferenze, tante volte preannunciatovi, allora sarà irrevocabilmente giunto, ma finché quel tempo non sarà venuto, noi possiamo andarcene cento volte a Gerusalemme e a Betlemme, e nessuno ci torcerà un capello! Mi avete compreso?»

3. Rispose Pietro: «Sì, Signore, perché questa volta Ti sei espresso di nuovo con assoluta chiarezza; ma ora dicci un po’ con altrettanta chiarezza che cosa saranno veramente queste Tue sofferenze!»

4. Io dissi: «Questa cosa Io ve la spiegai già quando eravamo in casa di Marco, il vecchio romano, e di nuovo poi quando ci trovammo presso i poveri pescatori, nonché già prima, mentre ci dirigevamo verso Cesarea, vi annunciai quello che sarebbe accaduto a Me da qui ad un paio di anni a Gerusalemme; come potete fare ancora altre domande in proposito? Oh, sì, questa cosa suscita un grande timore in voi, ed è questo timore che vi suggerisce una simile domanda; tuttavia, affinché le vostre anime si adattino a questa idea, Io vi dico ancora una volta:

5. “In quel tempo, ho detto, avverrà che Io, però unicamente come Figlio dell'uomo, sarò consegnato nelle mani degli uomini (Matt.27, 22), ed essi faranno a Me ciò che può venire fatto ad un uomo comune, cioè ucciderlo, ma il terzo giorno il Figlio dell'uomo ucciso risorgerà con tutto il Suo corpo e si leverà dalla Sua tomba, più vivente di prima, quale Trionfatore eterno della morte e dell'inferno, e Mi avrete di nuovo in mezzo a voi come sta accadendo attualmente (Matt.17, 23). A voi però non verrà torto nemmeno un capello! Comprendete dunque una buona volta come stanno le cose riguardo a questo!”»

6. Tutti dissero: «Sì, o Signore, ormai possiamo dire di comprendere abbastanza bene la cosa e di vederci discretamente chiaro; anzi ci sembra di sentire in noi come una voce la quale così si esprime: “Occorre avere un corpo immortale prima di poter aprire completamente gli occhi alla vita all'umanità perfida, quanto mai cieca e mortale”»

7. Ed Io conclusi: «Amen, così è infatti, perché chi non sia in se stesso già completamente vivente in spirito, non potrà mai assicurare ad altri la piena vita eterna! Ora Io sono venuto al mondo appunto a questo scopo, cioè per dare esecuzione a ciò grazie alla Parola e alle Opere, e questo deve accadere poiché il Mio corpo è ora ancora altrettanto mortale quanto lo è il vostro; però, per effetto di quanto ho detto, esso diverrà immortale, ed in conseguenza di ciò potrò poi assicurare anche a voi la pienissima vita eterna. Ed ora avete compreso?».

8. A quel punto, i discepoli cominciarono a comprendere già meglio la cosa e quindi si tranquillizzarono.

 

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Cap. 243

Pietro e il pubblicano.

(Matt.17, 24-27)

 

1. Parlando dunque di cose di questo tipo, grazie alle quali i discepoli vennero liberati dal loro turbamento, giungemmo nei pressi di Cafarnao dove c'era un posto di pedaggio; questo posto si trovava vicino al Mare di Galilea, e ciascuno che là transitava era tenuto al pagamento del tributo per il pedaggio.

2. Per conseguenza l'incaricato della riscossione che ci conosceva molto bene si rivolse a Pietro e gli chiese: «Il vostro Maestro non è abituato a pagare il tributo?» (Matt.17, 24)

3. E Pietro allora rispose: «Oh, sì, se qualcuno Gliene fa richiesta; sennonché, in primo luogo, noi non siamo affatto degli stranieri, gli unici i quali, a rigor di legge, sono obbligati al pagamento del tributo, ed in secondo luogo nessuno di noi, il Maestro compreso, ha denaro con sé. Tu non ignori che là, sulla riva, a quasi duecento passi da qui c'è la mia casa; noi siamo diretti là e ci fermeremo alcuni giorni, ed io non mancherò di portarti al più presto quanto ti spetta»

4. Ed il pubblicano disse: «Non c'è nessuna fretta, dato che, ad eccezione del vostro maestro il quale non è di Cafarnao, voi altri ne siete tutti esenti, poiché siete di qui».

5. Regolata così la questione, entrammo in casa di Pietro, e giunti là Io domandai al discepolo: «Che te ne pare, o Simon Pietro? Da chi prendono il dazio o tributo i re della Terra? Dai figli del loro paese, o soltanto, secondo quanto è noto a Me, dagli stranieri?» (Matt.17, 25)

6. Rispose Pietro: «Come ho già osservato prima all'esattore, a rigore di legge unicamente dagli stranieri!»

7. Ed Io ripresi a dire: «Dunque noi, che siamo figli del paese, ne siamo esenti! (Matt.17, 26). Ma affinché questa gente avida non ne sia scandalizzata, e visto che, secondo quanto assicurano i tuoi di casa, qui non c'è nemmeno un centesimo, prendi una lenza robusta, va alla riva e getta la lenza, e il primo pesce che abboccherà, tiralo fuori e aprigli la bocca, e dentro vi troverai uno statere (pezzo di due soldi)! Prendi poi la moneta e portala al gabelliere per Me e per te». (Matt.17, 27)

8. Pietro fece immediatamente secondo le istruzioni ricevute, ed ecco che un salmone di ben sette libbre abboccò subito, ed oltre allo statere che gli si trovò in bocca, procurò a noi un pasto eccellente, poiché questa specie di pesci è la migliore e la più sana che si possa trovare in un mare interno. E quando Pietro fu rientrato a casa, raccontò che il gabelliere si era rifiutato di accettare tutto lo statere, asserendo che a lui spettava soltanto la metà. Pietro però gli fece osservare che, fra tutti e dodici, avevano presumibilmente occupato altrettanta strada quanto il Maestro per la Sua sola persona. Allora il pubblicano trovò giusto il conto e finì con l’accettare tutto lo statere.

9. Ed Io concludendo dissi: «Ebbene, fa preparare il salmone, e lasciamo che il pubblicano resti quello che è!».

10. Ma Giacomo allora si rivolse a Me per sapere come mai lo statere si fosse trovato nella bocca del pesce.

11. Ed io dissi: «I romani dimoranti a Cafarnao un giorno si divertivano a gettare in acqua degli stateri, affinché venissero ripescati dai loro giovani marinai molto esperti nel nuoto. A una di queste monete però abboccò il nostro salmone il quale la masticò parecchio, ma siccome il metallo non si prestava a venire masticato e neppure a venire inghiottito, la moneta rimase attaccata nella bocca del pesce, ed a Pietro fu tanto più facile impadronirsi del pesce, considerato appunto che questo era quanto mai vorace. L’elemento prodigioso per gli uomini sta soltanto nel fatto che Io sapevo che la moneta era nascosta nella bocca del pesce! Ma adesso provvedete affinché possiamo avere del vino e del pane in aggiunta al pesce!».

12. Tutti allora si affrettarono a procurare quanto richiesto; certamente al vino si dovette provvedere nella maniera prodigiosa ben nota; e ben presto tutto fu in perfetto ordine e noi prendemmo posto a mensa.

 

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IL SIGNORE NELLA CASA DI SIMON PIETRO

(Matteo, cap. 18)

 

 

Cap. 244

Chi è il maggiore nel Regno dei Cieli. Degli scandali

(Matt.18,1-9)

 

1. Mentre così mangiavamo e bevevamo, ed il lieto umore non mancava, ciò che durò all'incirca un'ora, alcuni fra i discepoli si alzarono dai loro sedili, si avvicinarono a Me e Mi chiesero: «O Signore, Tu ci hai raccontato finora molte cose riguardo a che cosa sia veramente il Regno dei Cieli, e come là esistano vari gradi della beatitudine eterna, alcuni dei quali sono più vicini a Dio, altri più lontani, ed altri ancora, in un certo qual modo, sono alla massima distanza dal Sole di Grazia. Noi trovammo che questa cosa è perfettamente giusta e conforme ad ogni puro intelletto, dato che anche nel Cielo devono esserci dei divari, tanto riguardo alla forma, quanto ai gradi di beatitudine e dei beati. Tuttavia vorremmo apprendere ora da Te chi un giorno sarà veramente il primo nel Tuo Regno, o, come si suol dire, il maggiore dopo Dio» (Matt.18, 1)

2. Ora in casa di Simon Pietro c'erano alcuni fanciulli del vicinato, ed Io, chiamatone uno, lo posi subito in mezzo ai discepoli che Mi avevano rivolto la domanda (Matt.18, 2), e dissi loro: «In verità, se voi non vi distogliete da simili pensieri caratterizzati da superbia mondana, e non vi fate umili appunto così com’è questo fanciullo, nemmeno voi entrerete nel Regno dei Cieli, nonostante ora siate Miei discepoli! (Matt.18, 3)

3. Chi si abbassa come questo piccolo fanciullo e non sente in sé più nemmeno una piccola traccia di un qualche orgoglio, costui è il maggiore nel Regno dei Cieli, perché nei Cieli è soltanto la vera umiltà di un cuore puro che determina il grado di beatitudine. (Matt.18, 4)

4. E chi accoglie un tale fanciullo nel Mio Nome, in verità, così facendo accoglie pure Me stesso (Matt.18, 5); ma chi in un modo qualsiasi avrà scandalizzato uno di questi piccoli, i quali credono in Me più di voi tutti, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina[27], e che venisse gettato nel mare per annegarvi là dove esso è più profondo! (Matt.18, 6). In verità, in verità vi dico: “Guai al mondo a causa degli scandali, poiché esso troverà i suoi giudici più inesorabili appunto in coloro che per causa sua saranno stati scandalizzati!”»

5. Allora un discepolo Mi mosse obiezione, e disse: «O Signore, a giudicare dal senso delle Tue parole, il Regno dei Cieli promette di avere un aspetto ben meschino, perché dove mai vive sulla Terra l'uomo che, anche senza volerlo, non abbia in qualche modo scandalizzato l'uno o l'altro fanciullo? Ma io voglio anche ammettere che effettivamente vi sia un fanciullo il quale non sia mai stato scandalizzato da nessuno; però fattosi anch’egli adolescente, non verrà forse il suo turno ad essere scandalizzato del tutto istintivamente in seguito agli stimoli che si saranno destati in lui e, in parte, per effetto della conoscenza necessaria della legge di Mosè? Spiegaci dunque chiaramente quello che veramente hai voluto dire con queste Tue parole che al nostro orecchio suonano molto dure!»

6. Allora Io dissi: «Non siate così stupidi nel vostro modo di pensare! Chi mai, che abbia almeno un po’ di saggezza, te lo imputerà a peccato se tu, senza sapere e senza volere, avrai tuttavia scandalizzato qualcuno? È vero che ci sono e devono esserci nel mondo certi scandali, ma quelli sono permessi dall’Alto; qui invece Io dico solo: “Guai a colui che provoca degli scandali con perfidia e deliberatamente!”» (Matt.18, 7)

7. Allora un altro dei discepoli prese la parola e disse: «Ma cosa succede poise, ad esempio, la mia natura diviene motivo di scandalo per me? Chi verrà chiamato a rispondere in un simile caso? Evidentemente il responsabile è colui che mi ha conferito una natura del genere, atta a suscitare scandalo!»

8. A questa domanda un po' troppo audace, anzi alquanto impertinente da parte del discepolo che si era un po’ accalorato, anch’Io Mi accalorai lievemente e risposi: «Sta bene, se la tua mano o il tuo piede ti sono di scandalo, allora mozzali entrambi e gettali via da te! Infatti, è meglio per te entrare zoppo o monco nel Regno dei Cieli, che non venire gettato nel fuoco eterno con tutte e due le mani e i piedi! (Matt.18, 8). E nello stesso modo, se il tuo occhio ti dà scandalo, allora strappalo dall'orbita e gettalo via da te, poiché è meglio per te entrare nel Regno dei Cieli con un occhio solo che non essere gettato nel fuoco dell’inferno avendone due!» (Matt.18, 9)

9. A questo punto Pietro, al quale tale insegnamento non sembrava andare troppo a genio, si alzò e disse: «Ma, o Signore, non ricordi più le parole che ci hai detto riguardo all'essenza dell'inferno, del giudizio e delle pene eterne delle anime perdute, quando ci trovavamo presso quei poveri pescatori? Ah, quella sì era certo una dottrina che ogni ragione umana non poteva che salutare con la massima gioia, ma il Tuo attuale insegnamento, datoci quasi in uno stato di eccitazione, cancella tutto quanto ci venne precedentemente esposto in proposito, e l'inferno antico con le sue pene eterne, i suoi satanassi, i demoni e le fiamme ci si presentano nuovamente dinanzi invariati nella loro forma terrificante, e così pure veniamo di nuovo a trovarci dinanzi ad un Dio del tutto inconciliabile! Io me lo ero già immaginato che avremmo finito col ritornare all'antico, e quindi gli indiani in ultima analisi sono davvero i soli ad essere in possesso dell'unica vera dottrina divina della vita, proprio loro che praticano la penitenza della macerazione e delle mutilazioni orrende del corpo!

10. Vedi, ammettiamo il caso che adesso mi accorga che la mia mano sinistra è stata motivo di scandalo, e affinché, come non si potrebbe escludere, essa non abbia a scandalizzarmi ancora una volta, prendo, secondo il Tuo consiglio, un'ascia e mi taglio la mano che ha dato scandalo, ciò che, senza la pronta assistenza di un medico, deve inevitabilmente provocare la mia morte. Ma ammettiamo anche il caso più favorevole che io riesca a guarire e che possa andarmene poi lieto per i fatti miei; sennonché ecco che accade che la mano destra che mi resta ancora, divenga a sua volta per me oggetto di scandalo; secondo il Tuo insegnamento di oggi, io dovrei per amore del Regno dei Cieli tagliarmi anche questa, ciò che è impossibile. Ma adesso si domanda cosa devo fare in questo caso per non perdere il Regno dei Cieli!

11. Caro Signore e Maestro! Con questa dottrina non andrà nel modo come Tu ora hai detto! Se però dietro alle Tue parole si tenga nascosto un altro senso, questa è una domanda che richiede una risposta difficilissima da dare anche per l'uomo più saggio. Prima che quest’ultimo si decida ad accoglierla per vera e rigorosa al punto da considerarla legge, ci vorrà del tempo ed è certo che finirà col rimanere fedele alla sua vecchia dottrina! Ed io stesso non esito a confessare che, per quanto anche pregevole sia e possa essere il Tuo Regno dei Cieli, sono disposto a guadagnarmelo con ogni tipo di sacrifici e di abnegazione, ma mai tagliandomi mani e piedi o strappandomi gli occhi! È meglio, a questo punto, che ci si ammazzi addirittura, perché allora si è al sicuro da ogni scandalo!».

 

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Cap. 245

Spiegazioni delle immagini degli scandali.

 

1. Tutti gli apostoli approvarono tale tesi di Pietro, ad eccezione di Giovanni. Questi allora prese la parola e disse: «Ma, cari fratelli, come potete inorridire così tanto come se ci fosse stata esposta una dottrina del tutto nuova da parte del Signore! Non ricordate le Sue parole sul monte in Samaria? Il Signore allora si espresse riguardo agli scandali quasi precisamente così come ha fatto adesso, e fornì anche delle adeguate e buone spiegazioni. Allora voi comprendeste tutto secondo il giusto senso; com'è dunque che non comprendete ora?»

2. Osserva Pietro: «Adesso ricordo che in effetti un'altra volta è già stata fatta menzione di ciò; tuttavia riguardo a come si debba comprendere questo, né io, né sicuramente nessuno degli altri fratelli ne sa qualcosa; sarebbe quindi auspicabile che l'argomento ci venisse nuovamente chiarito»

3. Io dissi: «Di ciò non si è soltanto parlato, ma se ne è preso nota per iscritto, come sono state annotate anche le parole pronunciate ora da Me riguardo al danno degli scandali, e ciò allo scopo che non abbiate a dimenticarvene di nuovo tanto facilmente.

4. Che cosa corrisponde alla mano dell'uomo? L'attività, buona o cattiva che sia, resta sempre attività e questa è giustamente raffigurata con la parola e con l'immagine della mano; la ferma volontà invece è rappresentata dall'ascia: l’unica con la quale puoi per sempre disgiungere da te la cattiva attività. Come puoi essere ancora tanto stolto da pensare che con ciò Io abbia comandato la mutilazione del corpo?

5. Allo stesso modo Io ho anche parlato di un piede che eventualmente potrebbe esserti motivo di scandalo; ma chi vorrà pensare sul serio a troncarsi il piede per questo motivo? E dovrei infine essere tanto stolto Io stesso per imporre una simile e crudele mutilazione a danno del proprio corpo, allo scopo di salvare così l'anima dall'inferno?

6. Ma come il corpo deve avere dei piedi per poter muoversi ed essere attivo al posto giusto, così nell'anima deve esserci un amore e un desiderio per qualcosa, affinché essa possa rendersi attiva in conformità ad essi e allo scopo di un suo benessere di qualunque genere.

7. Se l'amore e la brama dell'anima non sono ispirati alla Mia Dottrina - ciò che non è sicuramente difficile da riconoscere - in questo caso essi sono cattivi e tali da scandalizzare tutto il tuo essere; allora impugna nuovamente l'ascia affilata della tua volontà e taglia via da te un simile amore ed una simile brama, procedendo e operando unicamente secondo l'amore e la brama buoni; così con questo nuovo piede dell'anima entrerai molto facilmente nel Regno dei Cieli!

8. In altre parole la cosa è da intendere così: ciascun uomo a questo mondo ha necessariamente un duplice amore e una duplice brama che sorge dall'amore. Uno è materiale ed anche deve esserlo, dato che senza di questo nessuno lavorerebbe la terra, né prenderebbe moglie. Ma affinché l'uomo su questa Terra faccia così, devono esserci in lui un amore ed una brama materiali verso l'esterno tali da indurlo ad un'attività di questo genere. Se questo amore e questa brama tendenti al mondo esteriore si fanno troppo potenti, allora essi certamente scandalizzano anche tutto l'essere dell'uomo e ne fanno deperire l'anima, dato che questa viene eccessivamente spinta verso la materia. Allora è giunto il momento in cui conviene armarsi di coraggio per liberarsi con volontà fermissima da un simile amore e brama, per tendere invece con tutte le proprie forze soltanto a ciò che è puramente dello spirito. Se si fa questo, ciò basta da solo per ottenere il Regno di Dio, nonostante di solito, secondo il giusto ordine delle cose, vadano fatte entrambe le cose[28] in considerazione dell'amore del prossimo.

9. Ci sono già ora dei tali, e molti di più ancora ce ne saranno in avvenire, i quali si allontaneranno completamente dal mondo e dalla sua attività per dedicarsi esclusivamente a ciò che è dello spirito; sennonché Io non dico che con ciò essi appariranno un giorno giustificati proprio sotto ogni aspetto; ad ogni modo, come detto, essi si troveranno senz'altro in condizioni molto migliori di quelle in cui si sarebbero trovati se, quali uomini immersi scandalosamente nella materia, si fossero inabissati nel polo contrario della vita a voi già noto, del quale parlai quando ci trovavamo presso Aziona, il pescatore, ciò che realmente corrisponde allo scendere o al venire gettato nell'inferno.

10. Con l'espressione “strapparsi e gettare via da sé l'occhio” è poi da intendersi l'intelletto mondano dell'uomo; esso è un occhio dell'anima che ha il compito di esaminare le cose del mondo e di valutarle e confrontarle con le cose dello spirito. Quando quest'occhio comincia a desiderare il mondo con eccessiva insistenza, allontanandosi contemporaneamente da ciò che è dello spirito, e a mala pena dedica qualche pensiero a Dio, esso così è di grave scandalo alla sua anima, dato che questa allora trapassa completamente nella materia, e, giunti a questo punto, è quanto mai necessario rinunciare alla sapienza esclusivamente mondana e concentrare il proprio pensiero soltanto su ciò che è di Dio, dello spirito e dell'anima, e questo per amore del Cielo.

11. Chi procederà così, sarà anche lui giustificato e contemplerà il volto di Dio; tuttavia simili spiriti beati verranno a trovarsi molto indietro rispetto a coloro che anche mediante parole ed opere avranno elevato a divina la loro sapienza mondana.

12. Ora Io spero che queste cose le avrete definitivamente comprese e, qualora dovessi in futuro ritornare nuovamente su questo tema, non chiedeteMi più spiegazioni riguardo al senso di tali immagini simboliche che vengono presentate da Me così velate appunto perché sono destinate unicamente per l'anima, la quale in ciascun uomo su questa Terra sta nascosta agli occhi materiali a causa del corpo di carne! Infatti, una cosa è la Dottrina che riguarda la totalità dell'uomo, e un'altra cosa è la Dottrina che riguarda la sola anima. Comprendete adesso tutto ciò?».

 

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Cap. 246

I fanciulli come modelli degli apostoli. Dio e Uomo nel Signore.

(Matt.18, 10)

 

1. E Pietro risponde: «Sì, Signore e Maestro, sotto questo aspetto ci siamo ormai perfettamente chiariti; però io Ti prego che, trattandosi di insegnamenti di questa specie, Ti piaccia in futuro darci la spiegazione, affinché non vi sia per noi più motivo di scandalizzarci per la nostra incapacità di comprensione!»

2. Dico Io: «Questo lo farò quando sarà necessario! Però quando voglio irrobustire la vostra forza di pensiero e stimolare le vostre anime all'attività, Io non rivelo subito il significato delle immagini. Infatti, chi vuole essere un vero maestro, deve esporre i suoi insegnamenti così da obbligare i propri discepoli a pensare molto e a cercare molto, altrimenti nella loro ricerca di ogni tipo di verità diventano indolenti e pigri.

3. Ed Io ancora vi dico: “Il maestro che insegna deve sempre essere un sapiente e deve comprendere fino alla più profonda radice quello che insegna. Gli allievi però, dal canto loro, finché sono tali, devono essere continuamente come questi piccoli che sono qui, i quali accolgono e seguono gli insegnamenti che vengono dati loro, anche se sono ben lontani dal comprenderne il loro senso interiore, poiché solo nella maturità essi perverranno al giusto intendimento!”».

4. Allora alcuni fra i discepoli cominciarono per proprio conto a pensare che ci sarebbe voluto ancora molto prima che essi stessi potessero divenire saggi e comprendere bene, se ora appunto dovevano reputarsi ancora stolti e di poco intendimento come lo erano quei fanciulli straccioni nessuno dei quali aveva ancora imparato in una qualche scuola a conoscere né l'alfa né l'omega!

5. Io però dissi loro: «Cercate di non disprezzare nessuno di questi piccoli! Infatti, Io vi dico che i loro angeli in Cielo vedono continuamente il volto del Padre Mio che è in Cielo» (Matt.18, 10)

6. Pietro disse: «Ma noi non abbiamo più nel Cielo degli angeli che contemplano continuamente il volto del Padre Tuo che è in Cielo? Una volta hai detto che il Padre Tuo dimora in Te e che è perfettamente una cosa sola con Te, ma poi succede che qualche altra volta Tu - il Padre - Lo trasferisci in un punto estremamente remoto del Cielo! Ebbene, queste sono nuovamente due cose che a noi non è possibile conciliare tra di loro. Come dobbiamo intendere ciò? Tuo Padre è per così dire alternativamente in Te e poi di nuovo nei Cieli? E come mai Tu stesso sei a volte il Padre in Persona, e a volte soltanto Suo Figlio? Ecco, anche sotto questo aspetto Ti piaccia darci una luce un po' migliore di quanto noi l'abbiamo avuta finora!»

7. Io risposi: «Certo, voi pure avete i vostri angeli nel Cielo; se non li aveste, non sareste Miei discepoli! Però anche i piccoli hanno i loro angeli, e perciò non dovete disprezzarli, dato che essi sono in tutto e per tutto pari a voi! Ma Io queste cose ve le ho dette per la ragione che so anche troppo bene che voi non siete proprio amici dei fanciulli.

8. Ma se voi non potete amare questi teneri e cari fanciulli dalla purezza angelica, come potrete amare poi il vostro prossimo e come potrete amare il vostro Dio?

9. Se volete formare degli uomini secondo il Mio intendimento, dovete cominciare dai bambini, poiché in verità Io vi dico che l'istruzione impartita già nella culla vale di più di tutte le università del mondo! Ma chi vuole educare i bambini in modo che diventino degli uomini, allora deve amarli e avere davvero molta pazienza con loro. Un simile bambino è per forza di natura più misero di cento mendicanti, perché egli è povero nello spirito, povero di forze fisiche e povero di proprietà.

10. E perciò nuovamente Io dico a voi, e per mezzo vostro a chiunque verrà predicato questo Vangelo, che chi accoglie un simile fanciullo nel Mio Nome, costui accoglie Me, ma avendo accolto Me in questo modo con tutto amore, egli ha accolto anche il Padre nel Cielo, e allora la benedizione non mancherà mai nella sua casa! Infatti, simili fanciulli sono la genuina e vera benedizione stessa di Dio in quella casa dove vengono curati, nutriti ed educati per diventare veri uomini, e non ha nessuna importanza il sesso: possono essere maschi o femmine; nella prima giovinezza essi sono pari agli angeli del Cielo.

11. Se poi tu, o Pietro, domandi del Padre Mio nel Cielo e non ti spieghi come mai Io dica di Mio Padre a volte che è in Cielo e altre volte che dimora in Me quale una cosa sola con Me, in questo caso conviene che Io Mi armi di una pazienza immensa se non voglio finire con il prenderMela con te!

12. Cosa sia e dove sia Cielo, questo Io l'ho spiegato a voi, e particolarmente poi a te, recentissimamente sul monte, in maniera quanto mai precisa e chiara, come pure ho troppo spesso parlato del rapporto di indivisibilità e di inseparabilità esistente fra Me e il Padre Mio; ed ora ecco che tu di nuovo sembri non saper niente di questo!

13. Non è il Padre l'eterno Amore in Me? Ma dov'è e dove dimora l'Amore, non vi è là pure il Cielo e il vero Regno di Dio?

14. Non sono Io, quale Uomo, appunto il Figlio di questo Amore che risiede in Me stesso, che dall'eternità ha creato tutto ciò che ricolma l'infinito? Ma dato che questo Amore divino, eterno ed onnipotente è in Me, non sono Io pienamente una cosa sola con Lui? Ed ora parla, e sentiamo se tu ancora non comprendi questa cosa!»

15. Risponde Pietro: «Sì, certamente io la comprendo meglio di quanto l'abbia capita prima; tuttavia devo confessare che qui c'è qualcosa che, per parlare chiaramente, non mi è completamente comprensibile! Ora quello che non mi appare tanto chiaro sta nel fatto che Tu, parlando di Te, dicesti una volta di essere il Figlio dell'uomo, un'altra volta il Figlio di Dio ed un'altra volta infine Jehova stesso! Se Ti piacerà fornirmi un po' di luce ancora sotto questo aspetto, farai un’opera buona verso noi tutti, perché io credo che finora nessuno di noi sia riuscito a vederci del tutto chiaro!»

16. Dico Io: «Anche questo ve l'ho spiegato con assoluta chiarezza già nell'occasione in cui Io vi parlai delle Mie imminenti sofferenze; sennonché, se una cosa non vi viene chiarita almeno dieci volte in maniera tale da poter venire afferrata quasi con le mani e con i piedi, voi non la comprendete. Ad ogni modo Io ve lo spiegherò ancora una volta:

17. “Né Jehova in Me, né Io, anima, quale Suo Figlio eterno, ma unicamente questo corpo, quale il Figlio dell'uomo, verrà ucciso a Gerusalemme; però il terzo giorno esso risusciterà completamente trasfigurato, e poi sarà per l'eternità una cosa sola con Colui che è in Me e che in Me rivela tutto quello che Io, quale Figlio dell'uomo, devo operare e dire, e che voi ancora non conoscete pienamente nonostante già da vario tempo Egli parli ed operi tra voi”. Ed ora parla di nuovo, Simon Giuda!».

 

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Cap. 247

Il mistero del Golgota.

(Matt.18, 11-14)

 

1. Risponde Simon Giuda: «Eh, o Signore e Maestro, veramente ci sarebbe ancora parecchio da dire riguardo a quello che esce dalla Tua bocca, ma essa, perfino dinanzi alla più sana ragione umana, stenta a presentarsi nella sua piena precisione e chiarezza. Ed ecco, fra altro, sullo sfondo dell'avvenire disegnarsi, come un mostro ghignante, la dura ed ineluttabile necessità delle sofferenze che attendono il Figlio dell'uomo, ed io non esito ad affermare con energia che di una simile necessità non potrà mai rendersi conto del tutto, in maniera proprio chiara, nessuna ragione umana, per quanto lucida e sana!

2. Per quanto anche necessario possa essere un simile atto per il raggiungimento di uno scopo principale che Ti sei posto già fin dall'eternità, tutto ciò ben poco o nulla giova quando si tratta di fornire una luce che tranquillizza la ragione umana, e questa porrà sempre la domanda dicendo: “Perché mai l'Onnipotente dovette venire trattato così in malo modo dalle Sue creature per assicurare loro la beatitudine e la vita eterna? Non sarebbe bastata la Sua purissima Dottrina e le Sue prodigiose facoltà proprie a Dio soltanto? Se questo non giova a migliorare l'umanità, come potranno migliorarla le Sue sofferenze e la Sua morte?”.

3. Oh, io che sono uno dei Tuoi seguaci più fedeli, non posso che dichiarare apertamente che le Tue sofferenze diverranno una pietra dello scandalo per molti uomini buoni e li renderà vacillanti nella fede. Perciò già ora mi permetto anche di chiederTi che Tu ci chiarisca molto bene questa cosa, affinché al momento opportuno possiamo essere in grado di dare delle spiegazioni giuste, che valgano a tranquillizzare coloro che non mancheranno di interrogarci in proposito»

4. Dissi Io: «Tu qui domandi una cosa perfettamente buona e giusta, che però a te, come semplice uomo, anche se Io la spiegassi con tutta precisione, non potrebbe essere ancora completamente chiara e comprensibile; soltanto dopo la Mia resurrezione, quando rinascerai nello spirito, potrai renderti conto, con tutta chiarezza e purezza, del grande perché.

5. Io, che sono l'unico Portatore di ogni esistenza e di ogni vita, devo penetrare in quello che in seguito alla fermezza della Mia Volontà era caduto in preda al giudizio e alla morte, e devo, appunto attraverso il giudizio e la morte della Mia carne e del Mio sangue, addentrarMi profondamente nel giudizio e nella morte antichi, per allentare così e sciogliere alla Mia Volontà divina quei lacci - che si sono creati in seguito alla materia delle cose giunta in sé a maturazione - di quel tanto che è necessario affinché poi ogni creatura possa trapassare dalla morte eterna alla vita libera e indipendente.

6. E perciò il Figlio dell'uomo è venuto al mondo per cercare quello che in un certo qual modo era andato perduto dall'eternità, per redimerlo e renderlo così atto alla beatitudine. (Matt.18, 11)

7. Che dite di questo: se qualcuno avesse cento pecore, e una di queste si smarrisse in qualche luogo nel bosco, non lascerà egli forse le novantanove sulla montagna e non andrà in cerca di quella smarrita? (Matt.18, 12). E qualora avvenga che egli la trovi, in verità vi dico: “Per la pecorella ritrovata non si rallegrerà egli forse di più che non per le novantanove che non si erano mai smarrite?” (Matt.18, 13)

8. Ora vedete, lo stesso si verifica presso Dio, nonostante Egli, mediante la Sua onnipotente Volontà, abbia creato - fuori dalla Pienezza eterna dei Suoi pensieri, delle idee e dei concetti eternamente innumerevoli - tutto quello che abbraccia lo spazio infinito, e lo abbia collocato come fuori da Sé mediante la Fermezza della Sua Volontà! Ma se tutto dovesse rimanere irrigidito per l'eternità nel giudizio e nella morte così come lo è ora, tutto ciò sarebbe simile alla pecorella smarrita, che però non sarebbe più possibile ritrovare in nessun luogo! E che diletto e quale gioia potrebbe offrire a Dio una creatura materiale morta per l'eternità?

9. Ma ora sono venuto Io stesso a questo mondo come un Essere fatto di materia appunto principalmente allo scopo di cercare questa pecorella smarrita e di avviarla al suo beato destino.

10. Lo Spirito e la Volontà di Dio vengono ora ammansiti e per così dire resi malleabili e solubili in questo Mio corpo, dunque nella materia. Una volta avvenuto questo, conviene che poi questa Mia materia venga infranta, ma prima deve venire dissolta nell'avvilimento e nell'umiliazione il più possibile profondi, e lo Spirito di Dio che dimora in Me in tutta la Sua Pienezza, e che è una cosa sola con la Mia Anima, deve suscitare e vivificare questa materia infranta, come purificata dal Suo Fuoco d’Amore, la quale poi risorgerà trionfatrice su ogni giudizio e su ogni morte.

11. Che a voi non sia ancora possibile capire con perfetta chiarezza il come e il perché queste cose dovranno svolgersi così ed anche effettivamente si svolgeranno, questo ve l'ho già detto in anticipo; ad ogni modo, quanto dettovi deve già indurvi alla conclusione che questo atto, per quanto terribile possa apparire all'occhio umano, rappresenta tuttavia una necessità per ricondurre nel giusto corso dei tempi ogni creatura alla vita divina, libera, indipendente e pura.

12. E considerato che Io vi ho rivelato questo in maniera sufficientemente chiara per il vostro intelletto, allora adesso comprenderete nel vostro intimo - se ora vi rendete conto di chi sono effettivamente i piccoli - come sia ormai Volontà del Padre che nessuno - nemmeno il più misero e il più meschino fra di loro vada perduto. (Matt.18, 14)

13. E perciò anch’Io vi ho presentato questi fanciulli, per mezzo di immagini corrispondenti bene ordinate, vi ho dimostrato qual è la Volontà di Colui che dimora in Me e che per l'eternità è un Signore sopra ogni creatura esistente in tutto l'infinito. Ma dato che Io vi ho già parlato di tutte queste cose e che noi abbiamo tempo e disponibilità a sufficienza, allora vi è lecito parlare ancora e dire se e dove avvertite di non aver le idee chiare. Tu, o Pietro, non hai altro da chiedere?»

14. E il discepolo rispose: «O Signore e Maestro, io certo avrei più di una cosa ancora da chiedere! Però è bene che prima digerisca un po' meglio quello che ho già ricevuto, poiché, se tirassi adesso fuori immediatamente qualcosa di nuovo, quello che ho appreso ora se ne fuggirebbe, e Tu avresti acceso per me una gran luce invano».

15. Dopo di ciò si fece una breve pausa di silenzio, e i discepoli cominciarono a riflettere intensamente su quello che Io avevo esposto loro.

 

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Cap. 248

Del perdonare.

(Matt.18, 15-22)

 

1. All'improvviso si sentì, fuori dalla casa di Pietro, un vociare clamoroso dovuto ad un litigio scoppiato fra alcuni pescatori che ritornavano dal lavoro, e Pietro osservò che avrebbero dovuto uscire per ristabilire la pace.

2. Ed Io dissi: «Fa pure così; appianare il litigio sorto fra gli uomini e contribuire che venga deposta l'ira, è certo opera buona, perché l'ira è un parto dell'inferno: per lunghi anni essa appesta il cuore e ottenebra l'anima. Va dunque, e vedi di appianare la lite!»

3. Allora Pietro uscì e domandò a coloro che ancora litigavano davanti alla porta di casa sua che cosa fosse successo e perché fosse scoppiato il litigio.

4. E uno fra i meno accesi gli raccontò che il servitore di un abitante della città, il quale non possedeva il diritto di pesca e che si trovava appunto lì con loro, era stato sorpreso con la lenza in mano mentre pescava in uno dei punti migliori ed aveva fatto già un ricco bottino, ed essi, quali pescatori autorizzati, avendolo colto sul fatto, l'avevano ammonito a smettere e gli avevano sequestrato, dato che ne avevano il diritto, il pesce pescato di contrabbando. Egli però si era opposto, e con le espressioni più villane aveva tentato di provare loro che egli pure aveva il pieno diritto di pescare come e dove voleva. Ma non potendo esibire alcun documento comprovante la concessione ottenuta, era evidente che il diritto se lo arrogava lui, cosa questa che essi non potevano, né dovevano tollerare.

5. Ed avendo Pietro appreso questo, disse loro: «Costui è un ladro, tuttavia lasciatelo andare per questa volta; se egli osasse ripetere la sua azione fraudolenta, allora consegnatelo ai giudici. Infatti, voi sapete che, secondo la legge, noi dobbiamo prima perdonare sette volte ai nostri nemici!»

6. E quei pescatori che tenevano fermo il ladro esclamarono: «Ma noi gli abbiamo perdonato già sette volte la sua cattiva azione, e la legge non parla affatto di perdonare una ottava volta; perciò intendiamo farlo chiamare a rispondere in giudizio»

7. Disse Pietro: «Se la cosa sta davvero così, allora ne avete il pieno diritto; tuttavia fate qui la cosa migliore per amore mio e perdonate anche questa ultima volta, benché sia già l'ottava! Se doveste coglierlo sul fatto una nona volta, soltanto allora trattatelo conformemente al vostro buon diritto!»

8. A queste parole essi lasciarono in libertà il ladro dopo avergli fatto promettere che non avrebbe più rinnovato i suoi tentativi criminosi. Così quell'aspro litigio fu appianato e i litiganti ritornarono riappacificati alle loro case.

9. Quando Pietro fu rientrato nella stanza dove ci trovavamo radunati, rivoltosi a Me, disse: «Signore e Maestro, la contesa è appianata, dato che sono riuscito a indurre i miei vicini a condonare anche per l'ottava volta al ladro il suo crimine; a rigore di legge per questa ottava volta egli sarebbe certo stato già da consegnare al tribunale. Ad ogni modo sarebbe una buona cosa che Tu, o Signore, anche in questo campo del diritto terreno ci chiarissi un po’ le leggi di Mosè, particolarmente in quest’epoca nella quale anche le leggi di Roma hanno cominciato ad interferire fortemente nelle condizioni di vita degli ebrei e non si sa più troppo bene se ci si debba attenere di preferenza alla legge mosaica oppure a quella romana. Sotto vari aspetti la legge di Roma è evidentemente più umana della mosaica la quale, come legge di Stato, in moltissimi casi non è letteralmente più applicabile. Quale dunque sarebbe, secondo il Tuo Amore immenso e la Tua Sapienza, la via giusta da seguire?»

10. Allora Io risposi: «Io so bene che le cose stanno ora così e che per un giudice è difficile giudicare trovandosi fra due leggi, ed altrettanto difficile è stabilire come e quando una persona si sia resa colpevole verso l'altra, dato che, per esempio, una legge non considera crimine una certa cosa che per l'altra legge è peccato.

11. Allo scopo però di fissare una norma per voi, e per mezzo vostro anche per tutta l'umanità, una norma secondo la quale ciascuno deve regolarsi, prendete nota di quanto ora farò seguire, anzi scrivetelo:

12. Se un tuo fratello ha peccato contro di te, va da lui e limitati a riprenderlo con miti parole fra te e lui soli, e pregalo di non ricadere più nel suo errore a tuo danno. Se egli ti dà ascolto ed esaudisce la tua preghiera, tu l'hai guadagnato a te (Matt.18, 15). Ma se non ti ascolta, prendi con te uno o due testimoni - questo dipende dalla gravità del peccato commesso contro di te - affinché il fatto possa venire confermato per bocca di due, e in caso di necessità anche di tre testimoni (Matt.18, 16). Se colui che ha peccato contro di te non ti ascolta nemmeno in presenza dei testimoni, sempre in presenza dei testimoni fanne rapporto alla comunità alla quale il peccatore appartiene. Se egli non da ascolto neanche a questa, ed anche dinanzi a questa persiste nella sua ostinazione, che egli sia dichiarato e che venga considerato come un pagano e un perverso pubblicano al tuo cospetto ed a quello dei testimoni e dell'intera comunità! (Matt.18, 17)

13. E questo sia sufficiente per te e per qualsiasi altro; quanto va oltre ad untale limite, origina dal male e riproduce il male in misura ancora più grave. Questa norma però è fondata nel Mio Ordine divino, e non ha valore soltanto per l'aldiquà, ma pure per il grande aldilà. Infatti, in verità vi dico che tutto quello che su questa Terra avrete legato e sciolto, quello sarà legato o sciolto anche nell'aldilà, perfino nel Regno dei Cieli. (Matt.18, 18)

14. E inoltre, affinché su questa Terra possiate appianare con maggiore facilità ogni lite e ogni avversità, Io vi dico: se due soli sono concordi, qualunque cosa essi chiederanno al Padre nel Mio Nome, verrà loro concessa appunto dal Padre Mio, tanto nel Cielo quanto qui sulla Terra. (Matt.18, 19)

15. Se dunque qualcuno ha peccato contro di te perdonagli di tutto cuore, e prega il Padre nel Mio Nome affinché Egli tocchi il cuore del peccatore! E così sarà fatto nella misura della tua fede e nella misura in cui tu avrai prima perdonato a chi avrà peccato contro di te.

16. E vi dico di nuovo: “Ovunque due o tre si trovano radunati nel Mio Nomea causa di una cosa buona e nel Mio Ordine, lì Mi troverò pure Io in Spirito, in mezzo a loro, ed esaudirò ogni loro preghiera”. (Matt.18, 20)

17. Ed Io penso che voi e chiunque altro in base a tali norme, da Me dettate ora, potrete orientarvi con la massima facilità in tutte le possibili circostanze critiche della vita, pure trovandovi a dovervi destreggiare fra le molteplici leggi del mondo, per quanto esse si contraddicano reciprocamente!»

18. Allora Pietro Mi venne di nuovo vicino e Mi disse: «Signore, questo è certo tutto buono e giusto, e va da sé che noi stessi ci atterremmo a tale Tua norma nella maniera più vivente, e che faremo tutto il possibile per metterla a cuore anche ai nostri simili perché la osservino fedelmente; sennonché ora si tratta di un unico punto ancora assai scabroso, e cioè questo: quante volte devo io, o chiunque altro, perdonare a colui che ha peccato contro di me, per non contravvenire alla regola conciliatrice da Te ora prescritta? È sufficiente se gli perdono sette volte secondo la Legge di Mosè?» (Matt.18, 21)

19. Ed Io gli risposi: «Se occorre proprio che venga stabilito un numero, Io ti dico che il numero sette di Mosè è troppo poco; bisogna invece che si perdoni settanta volte sette volte! (Matt.18, 22). Infatti, il Regno dei Cieli consiste principalmente nel fatto che fra gli uomini regni lo stesso amore, la stessa concordia e lo stesso spirito di conciliazione che regnano nei Cieli fra i Miei angeli, alcuni dei quali voi avete già avuto occasione di conoscere».

 

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Cap. 249

La parabola del servo inetto.

(Matt.18, 23-35)

 

1. (Il Signore): «Ma allo scopo di rappresentarvi in maniera ancora più evidente il Regno dei Cieli nei suoi più precisi rapporti, Io ve ne esporrò il senso avvolto in immagini corrispondenti. Il Regno dei Cieli è simile ad un re il quale volle verificare i conti con i suoi servitori (Matt.18, 23) e avendo cominciato a verificarli, gli si presentò uno che gli era debitore di diecimila talenti (Matt.18, 24). E siccome questo servitore non aveva di che pagare il suo grande debito, il re comandò che il pigro servitore stesso, sua moglie, i suoi bei figli e tutti gli altri suoi beni fossero venduti affinché con il ricavato si potesse estinguere il debito che il servitore aveva verso di lui. (Matt.18, 25)

2. E quando il servitore capì che egli assieme a tutti i suoi sarebbe stato venduto come schiavo, si prostrò ai suoi piedi e lo supplicò tra le lacrime, dicendo: “O signore e re grande e potentissimo, di grazia abbi un po' di pazienza con me! Sospendi l'esecuzione del tuo ordine, lasciami ancora un po’ di tempo in libertà ed io farò il possibile per pagarti tutto il mio debito!” (Matt.18, 26). Allora il re si commosse alle sue suppliche, ne ebbe compassione, revocò l'ordine di vendita, condonò l'intero debito al servitore e gli ridonò la libertà. (Matt.18, 27)

3. Ma un po’ più tardi quel servitore uscì fuori dalla città del re, dove aveva varie faccende da ordinare e da sbrigare. Ed ecco che si imbatté in un altro servitore che lavorava con lui il quale da poco tempo, in una circostanza, gli era rimasto debitore di cento denari! Ed il servo debitore, avendolo visto, lo pregò di usargli indulgenza per breve tempo ancora, perché si sarebbe senz'altro sdebitato verso di lui. Sennonché il servitore tanto altamente favorito dal re non volle ascoltarlo, anzi, accecato dall’ira lo prese per il collo gridando: “Pagami subito ciò che tu mi devi, perché è anche troppo tempo che sto aspettando, e la mia pazienza è ormai esaurita!”. (Matt.18, 28)

4. Allora il servo debitore gli si gettò di nuovo ai piedi e piangendo lo supplicò: “Abbi solo un po' di pazienza ancora, ed io ti pagherò tutto” (Matt.18, 29). Ma il servitore del re non volle saperne affatto di aver pazienza e lo diede invece in mano agli sgherri perché lo gettassero nella prigione finché, con il sequestro dei redditi dell'arrestato, egli non avesse recuperato per intero il suo debito. (Matt.18, 30)

5. Ma gli altri servi, venuti a sapere il fatto, ne furono enormemente rattristati e quanto mai indignati per il comportamento spietato di quel servitore del re; andarono dal loro signore e gli riferirono quanto era avvenuto. (Matt.18, 31)

6. Quando il re fu a conoscenza della cosa, comandò immediatamente che il servitore spietato fosse condotto al suo cospetto, e con il volto adirato gli parlò così: “Ascolta, o malvagio servitore! Non ti ho forse rimesso ogni debito, quando tu me ne pregasti? (Matt.18, 32). Perché dunque per il tuo creditore tu non hai avuto quella pietà che io ho avuto per te?” (Matt.18, 33).

7. Allora il servitore ammutolì per l'angoscia e lo spavento, avendo constatato quanto buono e giusto era stato il re nei suoi riguardi se si considera il fatto che egli era solito punire severamente chi avesse peccato contro la sua grazia e il suo amore. Ma soltanto allora il re si infuriò veramente, e diede il servo spietato in mano a dei tormentatori altrettanto spietati finché anche i suoi redditi, colpiti da sequestro, non avessero pareggiato il credito del re. (Matt.18, 34)

8. E vedete, del tutto similmente procederà con voi anche il Mio Padre celeste se al vostro prossimo non perdonerete di tutto cuore i peccati commessi contro di voi! (Matt.18, 35). Ed appunto in ciò consiste il vero e proprio Regno dei Cieli, tanto nelle cose massime, quanto nelle minimissime: fra i beati non esiste mai, in nessun luogo e in nessuna forma, un’inimicizia, od una invidia, o addirittura odio, ma là deve regnare soltanto la massima armonia, la più perfetta concordia e il massimo amore reciproco.

9. Ma appunto perciò non è nemmeno necessario che a questo mondo vi sia un'autorità a tutela del diritto con il compito di giudicare tra la parte incriminata e la parte lesa, ma l'unica autorità a tutela del diritto che ha valore al Mio cospetto sia sempre il vostro cuore buono e conciliante, e rivolgendovi a questa autorità voi vedrete risolte tutte le vostre questioni in maniera eccellente, senza nessuna spesa e tasse legali, e colui che avrà peccato contro di voi, si farà vostro amico secondo verità molto prima che non se venisse costretto da una sentenza emanata da un tribunale. Ed ora diteMi se tutte queste cose voi le avete comprese proprio a fondo!».

 

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Cap. 250

La necessità di sentenze mondane.

Le cause dei crimini e loro prevenzione.

 

1. E Pietro risponde: «O Signore e Maestro! Queste cose le abbiamo certamente comprese, e tutto andrebbe così alla perfezione; ma ammesso anche che noi dovessimo di fatto osservare puntualmente un simile comandamento e che molte altre genti che avranno da noi questo Vangelo facessero altrettanto, resta tuttavia sempre un problema assai grave: il mondo potrà fare a meno dei suoi tribunali?

2. Vedi, se qualcuno ha peccato contro di me in qualche modo, io senz'altro gli perdonerò anche settanta volte sette volte, qualora colui che mi ha offeso volesse arrivare proprio sul serio fino a questo punto; ma se poi egli fosse perverso e gioioso del male altrui tanto da non sentirsi ancora soddisfatto e rinnovasse l'offesa anche al di là del numero già di per sé grande, allora come ci si deve comportare di fronte ad un simile individuo? Io credo che in un simile caso non si dovrebbe esitare più a chiamare un simile ostinato peccatore a rispondere davanti a giudici del mondo, come dovette fare infine il Tuo re misericordioso il quale, visto che la sua indulgenza non dava nessun frutto, consegnò il servitore spietato nelle mani degli aguzzini! Che ne dici Tu, o Signore, di questo mio modo di vedere?»

3. Dissi Io: «Mio caro Pietro, sotto questo aspetto Io non ho molto da aggiungere, considerato che per casi di incorreggibilità di questo tipo Io vi ho comunque già prescritto una norma precisa e validissima subito dopo che è stato appianato il litigio sorto fra i pescatori dinanzi alla tua dimora, e ciascuno di voi avrà certamente compreso ciò che si deve fare e disporre nel caso di una simile eventualità!

4. Si intende dunque da sé che per coloro che calpestano in modo grande e grossolano i diritti dell'umanità devono esserci a questo mondo anche dei tribunali e dei giudici rigorosissimi, altrimenti nessuno sarebbe più in grado di essere sicuro della propria vita. Ma trattandosi di lievi infrazioni che non di rado avvengono tra voi uomini, tutto ciò conviene che venga giudicato e appianato dinanzi al foro della misericordia e dello spirito di conciliazione dei cuori, affinché le lievi infrazioni di cui possono rendersi colpevoli l'uno verso l'altro gli uomini non finiscano con il generare dei veri e propri delitti gravi, dato che Io vi dico in tutta verità che il furto, la rapina e l'assassinio alla fin fine non sono altro che le conseguenze delle infrazioni degli uomini, le quali in origine erano piccole ed avevano radice esclusivamente in meschine considerazioni mondane, egoistiche e presuntuose. Una piccola similitudine vi chiarirà meglio ancora la cosa.

5. C'è in un luogo qualunque un padre di famiglia ricco e ragguardevole il quale ha una figlia molto graziosa e bella. Ora succede che un giovane bene educato, ma povero, si innamora perdutamente della fanciulla, e tanto più egli si sente trasportato dalla passione, in quanto lei, con cenni e in vari altri modi ancora, gli ha fatto capire chiarissimamente già più di una volta come il suo cuore non sia indifferente al giovane! Viene dunque il momento nel quale questo giovane, sotto ogni riguardo onesto e leale, si fa coraggio, si presenta al padre con le migliori intenzioni e gli chiede la mano della sua bella figlia. Sennonché il padre, tronfio delle sue immense ricchezze e duro di cuore, fa gettare fuori dalla porta, per mezzo dei suoi servi, l'onesto ed infiammato aspirante alla mano di sua figlia, e gli fa aizzare contro i cani che sono nel cortile.

6. Questa accoglienza brutale riservata al povero giovane ha colmato d'ira, di furore e di brama di vendetta il cuore di costui, e quanto più egli pensa all'assoluta impossibilità di diventare il genero di quel riccone, tanto più l'idea della vendetta si accresce in lui unitamente alla brama di fare scontare a quell’uomo superbo e duro di cuore l'umiliazione inflittagli con una umiliazione ancora più grave! E quando il cattivo pensiero così covato è giunto a maturazione, anche il piano, la decisione, la volontà e l'azione sono pronti; in poche parole il giovane diventa l'assassino del ricco.

7. Ora questa cosa non sarebbe certo accaduta se il ricco lo avesse trattato da uomo. Il ricco orgoglioso, nella sua boria, non aveva nemmeno ritenuto di eccedere facendo cacciare il povero aspirante alla mano di sua figlia da casa sua nel modo che ho detto, ma invece il cacciato ritenne eccessivo il maltrattamento subito, e così divenne un criminale e un assassino che per timore dei giudici del mondo si rifugiò nel più folto dei boschi, dove divenne il terrore dei suoi simili!

8. E vedete, da questa piccola similitudine potrete rilevare come soltanto la durezza di cuore degli uomini sia quella che spinge alla delinquenza i loro simili più poveri. Quindi, di fronte a coloro che in qualche modo hanno peccato verso di voi, il Mio comandamento osservatelo tale e quale ve l'ho indicato con tutta chiarezza; così i grandi delinquenti diverranno molto rari sulla Terra, e poi i buoni regneranno sui poveri di questo mondo. Avete ben compreso questa cosa tutti voi?».

9. Allora tutti confermarono di aver capito benissimo il Mio insegnamento. I discepoli, i quali secondo la loro asserzione avevano compreso molto bene tale insegnamento, tuttavia vi pensarono ancora parecchio per rendersi ben conto dei particolari, e Matteo e Giovanni misero per iscritto le linee principali dell'argomento, e pure Giacomo e Tommaso ne presero nota per iscritto per conto loro; annotarono specialmente quanto riguardava le spiegazioni date da Me.

10. Essi impiegarono circa due ore per questo lavoro. E quando fu scritto tutto quello che era strettamente necessario, Pietro disse: «Ormai non è più possibile che questa Dottrina vada perduta per noi, e così si è già fatto un bel passo avanti! Ma ecco che adesso si fa sera, e bisognerà che cominci a pensare un po’ alla nostra cena»

11. Io dissi: «Oh, chi mai ti ha detto che si sta già facendo sera? Dà un'occhiata fuori e guarda qual è la posizione del Sole! Io intanto ti dico che, se noi ora ci alzassimo e volessimo procedere per mare con un buon vento scendendo per tutta la lunghezza del mare, potremmo pervenire senz'altro ai confini del paese dei Giudei al di là del Giordano prima ancora del tramonto!».

12. Allora Pietro osservò la posizione del Sole, e non poté frenare la sua meraviglia constatando l'enorme errore commesso nel calcolare il tempo, perché al tramonto del Sole mancavano ancora tre ore circa.

 

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Cap. 251

Il nugolo di locuste.

 

1. Però Pietro si riebbe presto dal suo stupore e Mi domandò come mai era stato tratto in inganno, ed Io gli risposi: «Va sulla riva, e la ragione ti si renderà ben presto evidente!».

2. Allora Pietro fece come Io gli avevo detto, ed egli scorse, fino al punto in cui potevano arrivare i suoi occhi, la superficie del mare tutta ricoperta di locuste. Perfino la nostra imbarcazione, che si trovava nel porto di Pietro, era completamente colma di questi insetti. Pietro inorridì a quella vista, rientrò presto in casa e Mi chiese se erano state quelle miriadi di locuste, che ora coprivano il mare, a indurlo in inganno e a fargli credere che fosse già giunta la sera.

3. Ed Io gli risposi: «Per l'appunto! Quando esse, levatesi in Egitto, arrivarono qui in volo, ottenebrarono talmente il Sole, come una nuvola densissima, che tu trovandoti qui dentro non avresti potuto fare a meno di pensare che si stesse facendo sera. Io però vidi in Me la causa di questo tramonto anticipato, e volli fartela notare, ma questo è anche tutto quello che ho da dirti in proposito!».

4. Pietro rimase soddisfatto della risposta e se ne andò nuovamente fuori per ammirare quel grande spettacolo naturale.

5. Andrea e Filippo, che si interessavano allo studio della natura, Mi domandarono come potevano svilupparsi tali masse enormi di locuste, da dove provenivano e quali erano gli scopi della loro esistenza.

6. Io risposi loro: «Miei cari, è certo lodevole scrutare un po’ nei fenomeni naturali, perché la natura è come un gran libro scritto dall'onnipotente Mano di Dio ed è atta a fornire a ciascun onesto indagatore le più belle prove dell'Amore, della Sapienza e della Potenza del Padre celeste; d'altro canto però un investigatore troppo intestardito, con il suo affannoso cercare si espone sempre al pericolo di essere avviato facilmente su false strade, procedendo per le quali si allontana completamente da Dio, e finisce col credere che ogni esistenza e ogni divenire dipendano unicamente dalle forze mute e cieche della natura.

7. E vedete, appunto i fenomeni di questa specie sono quelli che più di altri possono fare allontanare del tutto da Dio coloro che non abbiano interesse in nient’altro se non a scrutare continuamente la natura, perché essi in simili casi scorgono nella natura semplicemente una abbondantissima capacità di riproduzione della vita senza un piano e senza uno scopo determinato, cosa questa che potrebbe rendere benissimo superflua la Sapienza di un qualche Essere divino. Per le vie delle indagini esclusivamente esteriori essi certamente non possono mai scorgere una qualche ragione interiore di simili fenomeni, dato che con la loro anima, totalmente immersa nella materia, non possono venire mai in contatto con lo Spirito di Luce e di Amore di Dio, né possono quindi assimilarvisi.

8. Invece, chi si sia accostato nella propria anima allo Spirito di Dio e vi si sia pienamente assimilato, allora sarà il suo stesso spirito ad insegnargli come si verifichino tali fenomeni e perché; e soltanto un simile uomo, destato nello spirito, può scrutare nelle cose della natura e mostrarle così svelate ai propri fratelli ignoranti, affinché essi pure si dedichino con tanto maggior zelo all'attività ridestatrice dello spirito presente nelle loro anime.

9. Ed ora, per ritornare alle nostre locuste, vi dirò che è vero che esse sorgono dappertutto nelle zone più calde della Terra, ma per lo più in certe epoche nell'Egitto e nell'Asia meridionale. Data la natura del clima, in quei luoghi c'è anche la massima produzione di spiriti vitali-naturali, oppure in quelle regioni essi si sviluppano più rapidamente e più di frequente che non altrove, perché ciò è favorito dalla qualità del terreno naturale, dal calore del Sole, dalla sua intensa luce, dalla rugiada sempre abbondante e da una certa quantità ancora di altri fattori. Tutto contribuisce potentemente al fatto che un numero sempre grandissimo di spiriti terrestri, prima vincolati e legati, vengano rimessi in libertà, e poi che si congiungano quanto prima agli spiriti dell'aria, che si avvolgano dentro una lieve materia, in certo modo come crisalidi, e che come tali poi si rivestano di un corpo e appaiano infine nella cerchia della vita animale terrestre.

10. In questo modo dunque si formano e si sviluppano pure le locuste nelle regioni torride della Terra, e ciò succede molto spesso, anche se esse possono nascere e svilupparsi pure fuori dalle proprie uova.

11. Io vi dico che tutto - alberi, piante e qualsiasi animale della Terra - non tende ad altro se non a redimere gli spiriti giudicati fuori dalla dura materia, e questo processo va svolgendosi di gradino in gradino fino all'uomo. Quello che avviene dell'uomo, voi già lo sapete senz'altro, e così a Me non resterebbe altro da dirvi riguardo a questo fenomeno naturale dinanzi al quale ci troviamo. Ed ora chiamateMi qui Pietro, perché Io devo annunciare qualcosa tanto a lui quanto a voi».

12. Andrea e Filippo eseguirono immediatamente il Mio ordine, e Pietro, appena entrato, domandò cosa volessi annunciare loro.

 

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AL DI LÀ DEL GIORDANO, PRESSO IL MARE DI GALILEA

(Vangelo di Matteo, cap. 19)

 

 

Cap. 252

La partenza del Signore assieme ai Suoi per raggiungere la riva opposta

(Matt.19, 1)

 

1. Ed Io dissi: «Preparatevi tutti alla partenza, perché Io voglio e devo andarMene oggi da qui, via dalla Galilea, per giungere nel paese che si trova al di là del Giordano, ai confini della Giudea! (Matt.19, 1). Da quelle parti noi non siamo ancora stati, eppure là c'è una quantità di gente molto desiderosa di sapere, e per conseguenza avremo ancora oggi la possibilità di ottenere dei buoni risultati»

2. Disse Pietro: «Signore, da quella parte è necessario viaggiare per mare, e la nostra imbarcazione è sovraccarica di quegli insetti; ora per disinfestarla ci vuole una mezza giornata anche essendo in due a lavorare di buona lena!»

3. Io dissi: «Hai detto il vero, anzi due uomini dovrebbero lavorare una giornata intera per disinfestarla; sennonché Io Me la sbrigherò invece molto più presto! Andiamo dunque subito alla riva e troveremo l’imbarcazione disinfestata!».

4. E infatti, giunti vicini ad essa, la trovammo ripulita, e in nessun luogo vi era una traccia di locuste!

5. Quando i discepoli si accorsero di ciò, la loro meraviglia fu molto grande, e Pietro esclamò: «Davvero, Tu sei sommo Maestro in tutte le cose e, come si vede, anche le locuste devono piegarsi alla Tua Volontà! Ma adesso dobbiamo salire subito sull’imbarcazione e partire, oppure dobbiamo prima rifocillarci con del pane e un po’ di vino, dato che il viaggio sarà discretamente lungo?»

6. Io risposi: «E che bisogno abbiamo noi di tutto questo? Finora, qualunque sia stato il luogo nel quale siamo arrivati, non abbiamo mai sofferto la fame; e così pure nel luogo dove ben presto arriveremo non ci attende né la fame, né la sete. Ormai in casa tua hai disposto tutto per il meglio; dunque possiamo salire sull’imbarcazione. Tendete perciò la vela, sciogliete dal palo la barca, ed uno solo di voi si metta al timone; Io farò venire un buon vento e non mancheremo di giungere tra poco là dove intendo arrivare»

7. Pietro però Mi chiese ancora se non sarebbe forse stato opportuno che egli prendesse con sé un paio di pescatori, suoi dipendenti, allo scopo di aver cura dell’imbarcazione e di custodirla, una volta che si fosse giunti all'altra riva parecchio lontana.

8. Ed Io gli risposi: «Sì, fa pure come hai detto, perché non ritorneremo tanto presto qui!».

9. Allora Pietro chiamò due dei suoi pescatori, e questi misero in ordine l’imbarcazione in poco tempo; si levò poi il vento e noi ci allontanammo con grande velocità.

10. Mentre andavamo così, quasi scivolando con una rapidità davvero da uragano sull'ampia superficie del mare, la quale, nonostante il vento impetuoso, mostrava qua e là soltanto qualche lieve increspatura, i due pescatori di Pietro rimasero assai colpiti constatando tutto ciò, e perciò gli domandarono come si poteva spiegare un simile fenomeno, dato che a loro, essendo pure dei vecchi ed esperti marinai e pescatori, non era mai capitato di assistere ad un fatto di quella specie.

11. Ma Pietro rispose loro: «Come potete rivolgermi una simile domanda? Avete già dimenticato quanto sta in potere di fare al grande Maestro di Nazaret, quale nostro Messia?»

12. I due servitori dissero: «Noi sapevamo che egli opera grandi prodigi, ma che pure il mare e i venti gli debbano obbedienza, questo non lo sapevamo affatto! In verità, egli deve essere un grande profeta, grande come Mosè o come Elia!»

13. Osservò Pietro: «Oh, Egli è infinitamente di più di Mosè e di Elia! Ma adesso non fate altre domande, e state attenti invece alla barca. A tempo debito anche voi avrete occasione di apprendere di più per quanto riguarda la Divinità del Signore! Tra poco arriveremo all'imbocco del Giordano, e converrà perciò essere tutt'occhi per non venire presi dalla corrente, perché poi tirarsene fuori è una faccenda piuttosto seria senza l'aiuto di un vento favorevole che soffi contro».

14. A queste parole i due posero vigorosamente mano ai remi, e così passammo rapidamente oltre a quella zona che era infatti un po' pericolosa e toccammo terra dopo una traversata durata a mala pena un'ora.

15. Là, però, dove eravamo scesi, c'era una borgata abitata per lo più da pescatori, in gran parte ebrei; ad ogni modo circa un terzo della popolazione era formato da greci che si occupavano di ogni genere di traffici. Giunti a riva e scesi dalla barca, trovammo là molta gente, dato che momentaneamente la borgata ospitava alcuni farisei giunti là da Gerusalemme per riscuotere la decima. È naturale quindi che alcuni degli uomini migliori ci vennero vicino e ci chiesero chi fossimo e se avevamo intenzione di fare qualche acquisto.

16. Pietro affrontò coraggiosamente la situazione e disse: «Lasciate almeno che prima andiamo in cerca di un alloggio; e verrete a sapere per tempo chi siamo veramente e che intenzioni abbiamo!».

 

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Cap. 253

La guarigione del cieco dalla nascita e di altri malati.

(Matt.19, 2)

 

1. Pietro aveva appena finito di dire questo, quando una persona ragguardevole del luogo, che teneva là un albergo, gli si avvicinò e gli disse: «Venite da me che ho certo il più grande albergo del luogo e che sono modesto nei prezzi, anche se sono greco. A giudicare dall'aspetto, voi siete ebrei, ma ciò non fa nulla; presso di me hanno preso alloggio anche alcuni farisei da Gerusalemme i quali sono venuti qui per prelevare la decima dagli ebrei, ed io li ospito da vari giorni»

2. Pietro allora disse: «Questa, dal nostro punto di vista, non è una notizia gradevole; del resto la cosa dipende esclusivamente dal nostro Maestro, e come Egli vuole, così sarà anche fatto!»

3. Disse l’albergatore: «E chi di voi è dunque il vostro signore? Io vorrei presentarmi a lui e parlargli direttamente»

4. E Pietro, indicandogli la Mia Persona, rispose: «Ecco, questo qui è il nostro Signore!»

5. L’albergatore allora, facendo un inchino, Mi si avvicinò dicendo: «Non vorresti prendere dimora con i tuoi nel mio albergo? La mia casa è grande, molto spaziosa e dispone di molte stanze; oltre a questo i miei prezzi sono assolutamente i più modici in tutta questa borgata, che proprio piccola non è»

6. Io dissi: «Questi particolari Io già li conosco; tuttavia noi non abbiamo nulla con cui pagarti, e perciò ci converrà passare la notte a bordo della nostra barca. Inoltre non va trascurato il fatto che tu hai degli ammalati in casa, nonché un medico il quale non può dare aiuto ai tuoi ammalati, quantunque tu lo abbia fatto venire appositamente da Gerusalemme e ti costi molto denaro. Ora vedi, si dice che non sia una cosa buona prendere dimora in una casa dove ci sono malattie gravi di ogni specie!».

7. A queste Mie parole l'albergatore fu colto da timore e, tutto strabiliato, Mi domandò come Io, straniero in quel luogo, potessi essere a conoscenza di quei particolari.

8. Io dissi: «Io potrei dirti anche molte cose le quali ti farebbero stupire ancora di più; ma adesso non parliamone più!»

9. L'albergatore allora rimase perplesso e imbarazzato, tuttavia cominciò a pregarMi di prendere, comunque fosse, alloggio presso di lui perché il Sole si era già abbassato sull'orizzonte e la sera si annunciava imminente!

10. Ed Io gli dissi: «Ebbene, va e conduciMi qui tuo figlio cieco, e vedremo se Io sarò capace o no di guarirlo!».

11. E l'albergatore, allontanatosi rapidamente dalla riva, si affrettò verso casa sua e ritornò conducendo con sé suo figlio che aveva quattordici anni ed era cieco, Me lo presentò e disse: «O caro amico, ecco qui mio figlio cieco! Così come egli ti sta dinanzi è venuto al mondo senza la luce degli occhi; tutti i medici e tutti i maghi hanno provato a dargli aiuto con la loro arte, ma finora ogni sforzo si è dimostrato perfettamente vano! E adesso, come hai detto prima, presso di me alloggia pure un medico che ha davvero fama di operare prodigi e che ho fatto venire da Gerusalemme; sennonché anche lui non ha potuto ottenere risultati migliori degli altri. Ormai dunque, amico mio caro, tutto dipende da te; in verità, se tu riesci a guarirlo, metà di tutti i miei beni sono tuoi!»

12. Io allora gli dissi: «Se ti è possibile credere che è in Mio potere donare la vista a questo tuo figlio cieco, egli vedrà!»

13. L’albergatore Mi guardò fissamente, ed esclamò: «Sì, o amico, a te posso credere, perché i tuoi occhi sembrano dirmi con sicurezza assoluta: “Da questa bocca non è mai ancora uscita una parola che non sia stata vera!”. Io quindi credo fermamente che tu guarirai mio figlio»

14. Dissi Io: «Gli altri medici hanno i loro unguenti, ed i maghi le loro bacchette! Io invece non Mi servo di tutte queste cose, ma tutto il Mio Potere sta nella Mia Volontà; dunque basta che Io voglia, e gli occhi di tuo figlio vedranno immediatamente!».

15. Non appena ebbi proferito queste parole, il ragazzo cieco ebbe il dono della vista e proruppe in alte grida di gioia, perché ormai vedeva i suoi simili, il mare, i dintorni e tutto quanto vi era là.

16. L'albergatore allora Mi venne vicino ed esclamò: «O salvatore grande e verissimo! Come potrò io degnamente sdebitarmi per tanta inestimabile grazia? Infatti, in verità, solo a chi può quello che tu puoi è possibile concedere grazie! E a che cosa possono servire ad un cieco mille doni e benefici da parte dei potenti di questa Terra se, malgrado tutta la loro potenza e bontà, non sono capaci di donare la luce ad un occhio spento! Tu invece hai donato a questo mio figlio la vista per effetto di una potenza interiore che io non riesco a comprendere, e con ciò hai concesso a me e a questo mio dilettissimo figlio una grazia inestimabilmente grande. Sennonché il compenso che ti ho promesso prima è ben poca cosa! Oh, dimmi di quanto ti sono debitore! Dal canto mio non mancherò di fare con ogni amore e gioia secondo ciò che sarà il Tuo desiderio!»

17. Io dissi: «Dacci ricovero per oggi, fa del bene ai poveri, e vedi poi di rimediare a quanto di male hai fatto spesso a loro!».

18. L'albergatore promise che avrebbe fatto rigorosamente secondo quanto avevo detto, e Mi pregò insistentemente di seguirlo in casa sua. Io allora, e con Me pure i discepoli e i due pescatori di Pietro ci avviammo con l’albergatore verso casa sua, e tutto il popolo che era stato testimone della guarigione del cieco ci seguiva da vicino.

19. Strada facendo però molti tra il popolo si misero a gridare: «O tu, verissimo donatore di salute, guarisci anche i nostri ammalati, dei quali ce ne sono molti! Infatti, vedi, qui da noi, chi ha la sventura di ammalarsi, non guarisce mai più, ma langue invece finché non arriva alla tomba! È una brutta particolarità di questa regione del resto molto bella. O, caro salvatore, concedi a noi pure, miseri, la grazia della salute come l'hai elargita al figlio cieco dell'albergatore! Che la tua volontà sia fatta!»

20. Ed Io parlai così: «Orbene, sia fatto secondo la vostra volontà e la vostra fede! E adesso andate alle vostre case dai vostri molti ammalati, e vedete se là vi è ancora qualcuno che sia tale!» (Matt.19, 2)

21. A queste Mie parole, tutti, ad eccezione di pochi che non avevano ammalati in casa, se ne andarono in fretta per convincersi se realmente i loro ammalati fossero davvero stati guariti. E quando giunsero alle loro case che era già sera inoltrata, non trovarono più nessun ammalato, invece tutti, qualunque fosse stato il genere di malattia o il disturbo da cui erano prima afflitti, apparvero risanati in maniera così perfetta come se non avessero mai conosciuto un male fisico.

22. I guariti, dal canto loro, non sapevano rendersi conto di quello che era successo, dato che si erano sentiti improvvisamente sani come non erano mai stati, e perciò molte furono le loro domande tendenti a chiarire quell'avvenimento inaudito. Allora i loro congiunti, che erano arrivati in fretta per sincerarsi del fatto, raccontarono come Io, vicino alla riva del mare, avevo donato la vista al figlio del ricco albergatore, e come a quell'ora tutti gli altri ammalati nelle proprie case avrebbero dovuto essere stati guariti essi pure.

23. Non appena i guariti ebbero sentito queste cose, solleciti, si presentarono dinanzi alla dimora dell'albergatore pregando di poterMi vedere allo scopo di ringraziarMi.

24. Io Mi recai fra di loro, e dissi: «Ora ritornate in pace alle vostre case e badate a non peccare più, perché qualora ricadeste nei vostri antichi peccati, non manchereste di ricadere pure nei vostri antichi mali come conseguenza di ciò! Osservate i Comandamenti che furono dati da Mosè, e così ogni male rimarrà lontano da voi».

25. Dopo di che Io li congedai tutti, e il nostro albergatore, ormai al colmo della gioia perché anche tutti gli altri ammalati in casa sua erano stati guariti, si trovava a non sapere che cosa fare per sdebitarsi verso di noi per i benefici che aveva ricevuto.

 

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Cap. 254

Il Signore e i Suoi in casa dell'albergatore greco. La verità rende liberi.

 

1. Ora l'albergatore era greco ed era ancora un pagano; tuttavia sapeva benissimo come agli ebrei non era lecito mangiare tutto quello che mangiavano i greci, che erano pagani; per conseguenza l'albergatore, rivolgendosi a Me, chiese: «O tu grande signore e maestro, cosa sei abituato a mangiare tu e cosa sono abituati a mangiare la sera questi qui che sono certo tuoi discepoli? Quantunque io per voi sia un pagano, tuttavia, per esperienze da me fatte, so che gli ebrei non mangiano varie cose che noi invece mangiamo, e perciò mi permetto di chiederti in quale modo migliore potrei servire voi, miei carissimi ospiti. Voi ormai siete padroni in questa casa, ed io sono soltanto il vostro umilissimo servitore; vogliate quindi farmi conoscere di grazia quali sono i vostri ordini, e sarà per me un graditissimo dovere quello di soddisfare qualsiasi vostro desiderio con il massimo zelo e nella misura che me lo concederanno le mie forze!»

2. Ed Io gli dissi: «Procuraci un po’ di pane e del vino, e poi un buon giaciglio per questa notte! Di più non ci occorre».

3. Allora l'albergatore rimase quasi afflitto perché Io non avevo richiesto qualcosa di meglio e di più; ciononostante egli se ne andò sollecito alla dispensa e ci portò egli stesso del pane e del vino in quantità sufficiente. Noi prendemmo posto ad un grande tavolo, e l'albergatore con i suoi figli vi si sedette egli pure, e mangiò e bevve con noi, e quando il vino cominciò a sciogliergli un po’ la lingua, egli ci raccontò parecchio riguardo alle vicende della sua vita, ed in una simile occasione non mancarono certo neppure gli accenni ai miracoli degli esseni e a quelli dei farisei, nonché ai dieci Comandamenti principali di Mosè.

4. Sotto questo aspetto l'albergatore espose la sua opinione che, in fondo, questi Comandamenti erano senz'altro buoni, ma che in generale non venivano osservati, meno che meno poi dai sacerdoti ebrei che pure avrebbero dovuto dare il buon esempio a quei fedeli che praticano la loro stessa religione. Ma dato che Io ero un così grande guaritore, sicuramente dotato anche di un’altissima sapienza, sarebbe stato assai facile per Me dargli un consiglio assennato. Principalmente egli avrebbe gradito un Mio parere riguardo all'opportunità di abbracciare la religione degli ebrei, cedendo alle ripetute insistenze dei farisei, oppure se doveva restare fedele al culto dei greci, perché diceva che la dottrina degli ebrei gli piaceva di più della sua attuale, la quale, tutto sommato, non era che un prodotto poetico della fantasia umana, dietro la quale poteva esserci ben poco di vero.

5. Ed Io gli risposi così: «Esteriormente rimani quello che sei, interiormente però sii un vero ebreo, ciò che a te è tanto più facilmente possibile, in quanto non vieni in nessun modo ad assumere un qualche obbligo di fronte a nessun sacerdote. Ti renderesti di certo conto del fatto che i farisei preferirebbero averti con loro a causa delle tue ricchezze piuttosto considerevoli, che non essere un estraneo per loro; perciò rimani quello che sei e cerca la verità, nonché il fondamento della vita e dell'essere! Infatti, soltanto la verità ti renderà libero, e con questa verrai a trovarti molto al di sopra di tutti i sacerdozi e di tutto quello che il mondo chiama “sapienza”. Mi hai ben compreso?»

6. Rispose l'albergatore: «Io ti ho certamente compreso; tuttavia qui ci sarebbe ancora una domanda da fare, e cioè: “Che cos’è la verità?”. Non vi è dubbio che la pura verità renderebbe assolutamente libero l'uomo, ma dove mai si trova essa, chi può mostrarmela e chi può donarmela?»

7. Gli dissi Io: «Questo lo posso Io, nonché ciascuno di questi Miei discepoli; ad ogni modo, poi, Io stesso più degli altri, perché Io stesso sono la Verità e la Vita, e ciò per la ragione che Colui che in Me dimora dall'eternità è appunto Egli stesso Verità e Vita!»

8. Disse l'albergatore: «Signore e maestro, davvero non ti comprendo! Come devo intendere questa cosa?»

9. Dissi Io: «Qui intorno a Me siedono i Miei discepoli, chiedila a loro, essi te la spiegheranno, perché è meglio far parlare di sé gli altri piuttosto che parlare di se stessi! Io desidero nel frattempo uscire per vivificarMi all'aria fresca della sera».

10. E dette queste parole, Mi alzai ed uscii da solo all'aperto. I discepoli invece si intrattennero con l'albergatore e lo istruirono sulle cose più importanti che Mi riguardavano. E quando l'albergatore ebbe chiarezza del Chi e del Cosa veramente Io sono, ben presto egli pure uscì all’aperto e Mi venne a raggiungere, e con grandissimo fervore Mi ringraziò, assieme ai suoi figli, per la grazia immensa che avevo concesso loro. Anche i figli Mi ringraziarono personalmente. Io allora li benedissi tutti e poi ci ritirammo in casa per prenderci il riposo necessario, dato che la notte era già discretamente inoltrata.

 

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Cap. 255

Il divieto del divorzio.

(Matt.19, 3-9)

 

1. Quando il mattino seguente ci alzammo perfettamente riposati e rafforzati dai nostri giacigli ed uscimmo all’aperto, il nostro albergatore era egli pure già in piedi e i due servitori di Pietro si trovavano già sull’imbarcazione per disporre ogni cosa per la partenza. Tuttavia noi dicemmo loro di attendere ancora la colazione che l'albergatore fece servire sollecitamente, poi essi presero il mare, dato che noi non avremmo avuto bisogno dell’imbarcazione per un tempo abbastanza lungo.

2. Allora, accettando l'invito dell'albergatore, andammo a fare colazione. Ma avevamo a mala pena terminato di mangiare che vennero delle altre persone per vedere Me, “l'uomo dei miracoli”, come essi dicevano, ed anche per parlarMi. Tra questa gente però c'erano degli ebrei e dei greci i quali si raccontavano l'un l'altro quello che Io avevo già operato con la semplice forza della Mia Volontà.

3. Ma considerato che, come già menzionato, appunto in quell'albergo alloggiavano anche dei farisei, essi ben presto vennero a conoscenza di tutto quello che era successo la sera prima, e non tardarono a convincersi che Io dovevo essere il famoso figlio del carpentiere di Nazaret. Essi dunque entrarono nella stanza dove noi ci trovavamo e cominciarono a tentarMi con ogni genere di domande alle quali Io diedi sempre la risposta più indicata, turando così la loro bocca.

4. In quel luogo però c'erano alcuni i quali erano malcontenti delle loro mogli, e quei tali chiesero ai farisei là presenti di pronunciare il divorzio nei loro riguardi

5. Fu allora che uno dei farisei Mi interpellò nuovamente dicendo: «Ascolta, o maestro prodigioso e sapientissimo! È lecito che un uomo si separi dalla moglie per una ragione fondata?» (Matt.19, 3)

6. Ed Io, guardandolo bene negli occhi, gli risposi: «Come mai voi Mi domandate questa cosa? Non vi risulta forse dalle Scritture che Colui che da principio creò l'uomo, lo creò così che era soltanto un maschio ed una femmina? (Matt.19, 4)

7. E quando la prima coppia umana si trovò dinanzi a Colui che l'aveva creata, ed Egli ebbe visto come la bella donna piaceva immensamente all'uomo, allora quell'Unico, che voi non avete ancora riconosciuto, parlò così: “Ecco, perciò in avvenire l'uomo lascerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie, e così i due diverranno una stessa carne” (Matt.19, 5). Ma se, conformemente alla Parola di Dio, questa cosa sta in tali termini, essi non sono più due, ma una carne sola. Ora ciò che Dio ha congiunto, l'uomo non deve separarlo!» (Matt.19, 6)

8. A questo punto i farisei obiettarono: «Se tu sei un conoscitore così profondo della Scrittura, non ignorerai neppure che appunto lo stesso Mosè, il quale descrisse la creazione dell'uomo, prescrisse con forza di legge che si desse un atto di divorzio e che ci si potesse dividere dalla moglie per fondati motivi» (Matt.19, 7)

9. Ed Io replicai: «Certo Mosè vi permise l’atto del divorzio grazie a cui potete separarvi dalle vostre mogli, ma questa cosa egli la fece solamente perché vedeva la durezza dei vostri cuori, mentre nel principio dell'umanità su questa Terra non era così, ma era come già vi ho detto prima» (Matt.19, 8)

10. Io però vi dico ancora: “Chi divorzia dalla propria moglie - sia pure a causa della malvagia fornicazione della stessa - e ne sposa un'altra, commette adulterio; ed altresì si rende adultero colui che sposa la donna che è stata ripudiata” (Matt.19, 9). Che genere di peccato sia però l'adulterio, questo lo sapete certamente, e non occorre che Io ve ne dia ulteriori spiegazioni».

11. Udito questo, i farisei non aprirono più bocca e si allontanarono immediatamente.

 

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Cap. 256

Casi eccezionali nelle questioni matrimoniali.

(Matt.19, 10-12)

 

1. A questo punto si avvicinarono a Me i discepoli e Mi dissero: «O Signore, se le cose stanno così con la propria moglie, è davvero una questione molto ardua ammogliarsi! (Matt.19, 10). Infatti, ogni tanto non si può negare che ci si possa imbattere in donne che di fronte ai loro mariti sono delle vere furie; per conseguenza ci sembra che, per il Tuo Ordine, non sia proprio tanto sconveniente poter dividersi da una simile moglie e sposare un'altra donna per curare il governo della propria casa. Infatti, se un uomo continua a tenere con sé una simile moglie, perfida e dedita alla fornicazione, in quella casa non potrà regnare che la discordia eterna ed il litigio, e vi sarà abbondanza di cattive parole, fonte sempre di grave scandalo per la casa stessa nonché per i vicini. Ma se un tale uomo ottiene di poter vivere separato da una simile donna, allora in casa sua ritornerà ben presto la pace. Ora, in questo caso, noi crediamo che pure l’atto del divorzio di Mosè possa trovare piena giustificazione dinanzi ad ogni migliore ragione umana»

2. Io dissi ai discepoli rimasti alquanto imbarazzati: «Queste parole (pronunciate dinanzi ai farisei) non tutti le comprendono, ma soltanto coloro a cui è dato comprenderle (Matt.19, 11), né finora voi stessi le avete comprese quantunque a voi sia dato di comprenderle; tuttavia voi dovrete comprenderle ed anche le comprenderete!

3. Anzitutto Io vi rimando a quanto vi dissi varie volte e in maniera esauriente riguardo a questo argomento.

4. In secondo luogo si intende da sé che Io, per mezzo di Mosè, non avrei mai dichiarato ammissibile l’atto del divorzio, qualora non Me ne fosse risultata evidente la necessità in vari casi ben motivati. Ma non sapete voi quale dannosissimo abuso di divorzi stanno facendo i farisei in questi tempi, anzi già da molto tempo? Essi stessi sono quelli che fomentano con tutti i mezzi il malcontento e la discordia anche nelle coppie più felici, e fanno arrivare le cose al punto che i coniugi finiscono con il divorziare. Ebbene, la sentenza del divorzio è di spettanza dei sacerdoti e costa molto denaro, e qui appunto si nasconde il motivo per il quale attualmente i divorzi sono così frequenti e il perché Io abbia posto sotto questo aspetto dinanzi agli occhi dei farisei la legge originaria di Dio; ora essi conoscono la Mia Potenza, e perciò se ne sono andati celando il loro furore nel segreto del cuore.

5. Ma in terzo luogo vi dico ancora una volta, e a questo fate bene attenzione, anzi annotatevelo per iscritto: “Vedete, fra gli esseri umani dei due sessi ve ne sono alcuni i quali sono nati eunuchi già dal ventre della madre; ve ne sono degli altri, di solo sesso maschile però, i quali per un motivo qualsiasi sono stati fatti eunuchi dagli uomini; e infine vi sono degli eunuchi i quali si sono da se stessi resi tali per amore del Regno dei Cieli! Chi queste cose può comprenderle, le comprenda”. (Matt.19, 12)

6. In poche parole, questi tali non sono adatti al matrimonio, ed il vincolo matrimoniale stretto con un eunuco non è assolutamente valido e può essere senz'altro sciolto; per conseguenza la parte non eunuca può contrarre un nuovo matrimonio senza alcun timore di commettere adulterio.

7. Ma se qualcuno ha la moglie sterile, che egli faccia secondo giusto sentimento ciò che hanno fatto gli antichi padri allo scopo di suscitare una discendenza, e perciò egli non verrà chiamato a rispondere dinanzi ad alcun tribunale. Io spero dunque che ormai queste cose vi saranno chiare»

8. E Pietro disse: «Certamente ora ci sono chiare tutte, tranne una. Ammettiamo che qualcuno abbia una moglie la quale, per innato spirito di libidine ed unicamente per soddisfare la brama di impurità, sia dedita continuamente alla fornicazione nonostante tutte le ammonizioni e le amorevoli rimostranze, così da dimostrarsi dunque assolutamente incorreggibile! Nemmeno in questo caso è lecito chiedere il divorzio? Oppure qual è il contegno giusto da tenere secondo la Tua Volontà?»

9. Io risposi: «Da una simile donna, la quale è evidentemente un'adultera, puoi senz'altro separarti chiedendo il divorzio, però non ti è lecito passare ad altre nozze mentre lei vive ancora! Infatti, tu non puoi sapere se la tua donna un giorno non si ravveda e non ritorni pentita a casa tua, con ciò acquisiresti una donna migliore e fedele. Se tu invece nel frattempo ne sposassi un'altra, e la tua prima moglie ritornasse poi da te migliorata e pentita, non ti sarebbe più possibile riaccoglierla a causa della seconda moglie! Ora vedi: è chiaro che questo sarebbe qualcosa di peggio per te e di peggio ancora per le tue mogli, ormai due di numero, perché con la prima non potresti essere misericordioso, né d'altro canto ti sarebbe possibile divorziare dalla seconda, eppure tu devi essere misericordioso come lo è il Padre nel Cielo. Ma se tu non puoi mettere in pratica la misericordia, cosa sei allora, e che cosa vuoi fare per restare nei limiti del Mio Ordine? Tuttavia, se i tuoi impulsi sono potenti e la tua natura è esuberante, allora ritorna col pensiero agli antichi padri; nel tuo cuore però sii fedele a Dio e guardati bene dalla lussuria, dall'impudicizia e dalla fornicazione! Infatti, né i fornicatori né gli adulteri entreranno nel Regno di Dio. Adesso hai ben compreso tutto questo?»

10. Pietro rispose: «Sì, o Signore, ora anche sotto questo aspetto ho afferrato chiaramente!».

 

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Cap. 257

Il Signore benedice i bambini.

(Matt.19, 13-15)

 

1. Allora l'albergatore Mi si avvicinò subito e disse: «Signore, le parole per le cose che hai detto hanno valore anche per noi che siamo pagani?»

2. Io dissi «Senza alcun dubbio! Infatti, esiste un solo Dio ed un solo Signore il Quale vuole che tutti gli uomini vengano ugualmente educati, ed Io sono venuto a questo mondo per aprire le porte della Luce e della Vita anche ai pagani. E verrà un tempo, anzi veramente è già venuto, nel quale la Luce sarà tolta agli ebrei e donata invece ai pagani!»

3. Disse l'albergatore: «Bene, o Signore e Maestro, è bene che ora io sappia questa cosa, perché saprò come fare per indurre i miei compagni a restare fedeli alla Tua Dottrina nel pensiero e nelle opere! Io credo di aver indovinato con Chi ho veramente a che fare; Tu sei un Dio, non un uomo, poiché non c’è uomo che abbia mai compiuto le opere che Tu compi, e fuori dalla bocca di un uomo non sono mai uscite le parole che Tu proferisci! Tutto ciò è possibile soltanto ad un Dio!

4. Ma ora avrei ancora una preghiera da rivolgere a Te, che sei diventato per me un vero Dio. Vedi, noi abbiamo in questa borgata una quantità di fanciulli; ora io credo che se Tu li benedicessi alla Tua maniera davvero onnipotente, questo dovrebbe ritornare certo a loro immenso vantaggio dal punto di vista morale per l'avvenire, quando saranno maturi! O Signore - e dico - mio Dio, appare giusta la mia richiesta al Tuo cospetto?»

5. Io dissi: «Ebbene, va e famMi condurre qui i piccoli fanciulli!»

6. L'albergatore allora mandò in tutta fretta i suoi numerosi servitori dappertutto nella borgata per invitare tutti a condurre i loro figlioletti da lui, dove il prodigioso Salvatore li avrebbe benedetti e rafforzati.

7. E poco dopo, infatti, una quantità di fanciulli Mi furono presentati affinché Io imponessi loro le mani e proferissi su di loro la preghiera della benedizione.

8. Ma dato che i fanciulli facevano ressa intorno a Me, per il fatto che alcuni fra i più vivaci volevano essere i primi a venirMi vicino, allora i discepoli li sgridarono piuttosto aspramente per tale mancanza di riguardo (Matt.19, 13). Allora i piccoli ne furono intimoriti e non si azzardavano più ad accostarsi a Me.

9. Io però ammonii i discepoli e dissi loro: «Che fate? Lasciate dunque che questi piccoli vengano a Me, perché di tali piccoli è il Regno dei Cieli!» (Matt.19, 14)

10. Poi Io incoraggiai quei fanciulli ad avvicinarsi a Me senza alcun timore, ed essi, facendosi coraggio, si affrettarono a venirMi vicino. Io allora imposi loro le mani e li benedissi.

11. Quando quest'atto fu compiuto, tutti ritornarono alle loro dimore dopo averMi ringraziato. (Matt.19, 15)

12. Ma l'albergatore Mi rivolse poi di nuovo la parola e disse: «O Signore e mio Dio! Non vorresti concedere alla mia casa la grazia immensa di trattenerTi qui qualche giorno ancora, o qualche settimana o mese?»

13. Ed Io gli risposi: «Finché rimarrai fedele alla Mia Dottrina annunciata dai Miei discepoli, altrettanto rimarrà con te anche Colui che è in Me e che tu hai chiamato Dio; ma se tu abbandonerai questa nuova Dottrina nella fede e nelle opere, anche questo tuo Dio ti abbandonerà. Tuttavia Io, quale un uomo di carne, dovrò andarMene ben presto da qui, perché dimorare sotto lo stesso tetto con i farisei non sarebbe una cosa particolarmente buona, né per l'una né per l'altra delle due parti.

14. Io sono venuto qui non chiamato, ed ho arrecato certo un grande beneficio alla tua casa e a tutta questa località! Ricordatevi perciò di questo giorno, e qualora un giorno foste nuovamente stretti dal bisogno, non avrete che da invocarMi con perfetta fiducia nei vostri cuori, e vi sarà dato aiuto!».

15. Dopo di che noi ci alzammo solleciti e partimmo.

 

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Cap. 258

Il giovane ricco.

(Matt.19, 16-26)

 

1. Quando fummo ad un'ora scarsa di cammino dalla borgata che avevamo lasciato, vedemmo venirci incontro un giovane il quale era appunto di quella località. Anch’egli la sera prima era stato testimone delle Mie opere e dei Miei insegnamenti, e, per la sua età, egli era un bravissimo scriba, però non di professione. E quando Mi ebbe visto e riconosciuto, venne direttamente verso di Me, Mi fermò e Mi pregò che gli permettessi di rivolgerMi una domanda.

2. Io allora acconsentii, ed egli parlò così: «Buon Maestro, che cosa devo fare di bene per ottenere quella vita eterna della quale tante cose meravigliose, e certamente vere, raccontarono i Tuoi discepoli ieri in casa di Rauris, l'albergatore greco? Esiste un modo per ottenerla per una via più breve di quella indicata appunto dati Tuoi discepoli?» (Matt.19, 16)

3. Io lo guardai seriamente in faccia, e gli dissi: «Come puoi, dato che a quanto ti risulta non sono che un uomo e che tu stesso sei uno scriba, chiamarMi buono? Non sai dunque che all'infuori di Dio nessuno è buono! Ma se vuoi entrare nella vita eterna, osserva i Comandamenti!» (Matt.19, 17)

4. E l'altro ancora domandò: «Quali Comandamenti?». Questa domanda però egli la fece perché credeva che Io avessi delle leggi del tutto nuove e assolutamente sconosciute.

5. Sennonché Io gli risposi: «I Comandamenti che già furono dati da Mosè, vale a dire: “Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza! (Matt.19, 18). Onora tuo padre e tua madre ed ama il prossimo tuo come te stesso”» (Matt.19, 19)

6. E il giovane chiese: «Ma chi devo o posso considerare come mio prossimo?»

7. Fu allora che Io gli esposi la nota parabola del buon Samaritano, ed egli comprese chi avrebbe dovuto considerare come suo prossimo.

8. Ma quando ebbe appreso tali cose da Me e ne ebbe afferrato il concetto, egli disse: «Se è così, ti do la mia piena assicurazione che tutto ciò io l'ho osservato già fin dalla mia giovinezza! Che cosa può dunque mancarmi ancora?» (Matt.19, 20)

9. Ed Io gli risposi: «Se tu vuoi essere proprio perfetto, allora va, vendi tutti i tuoi beni terreni e ripartisci il ricavato fra i poveri, e così ti costituirai un tesoro in Cielo! Poi vieni e seguiMi, fatti Mio discepolo e impara da Me i misteri del Regno di Dio» (Matt.19, 21)

10. Ma il giovane, udite queste parole, ne fu rattristato perché aveva molte ricchezze, e quindi Mi voltò le spalle e se ne andò per la sua via. (Matt.19, 22)

11. La cosa stupì molto i discepoli, i quali dissero: «Questo è davvero strano! L'uomo sembrava intuire molto bene che fuori da Te parla uno Spirito di Dio, eppure a causa degli inutili tesori del mondo, egli ha preferito voltare le spalle all'onnipotente Spirito di Dio, anziché porgere ascolto ai Suoi consigli! Il fatto è quanto mai strano! Ma che cosa sarà un giorno di un simile individuo?»

12. Ed Io dissi loro: «Un ricco come questo qui ben difficilmente entrerà nel Regno dei Cieli! (Matt.19, 23). E tenete bene a mente quanto ancora vi dirò! In verità, è più agevole per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che non un ricco di questa specie entrare nel Regno dei Cieli!» (Matt.19, 24)

13. Ma i discepoli che strada facendo avevano appreso queste Mie parole, ne rimasero sbigottiti, e perciò esclamarono: «Ma allora, poveri noi! Chi, chi mai potrà entrare nel Regno dei Cieli e diventare beato?» (Matt.19, 25)

14. Io però guardai con sguardo amichevole i discepoli imbarazzati e sgomenti e li consolai dicendo: «Presso gli uomini una cosa di questa specie sarebbe certo impossibile, ma invece presso Dio è tutto possibile! (Matt.19, 26)

15. Del resto mentre fummo in casa di Aziona, il pescatore, Io ho trattato esaurientemente questo argomento, e vi ho spiegato come sia possibile che delle anime ancora peggiori vengano guidate verso la beatitudine per le vie misteriose di Dio, e per conseguenza sarebbe del tutto superfluo parlarne ancora. Vi ricorderete ancora qualcosa di questo!».

 

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Cap. 259

La domanda degli apostoli sulla ricompensa celeste.

(Matt.19, 27-30)

 

1. Disse Pietro: «Oh, sicuramente questa cosa è tuttora bene impressa nella nostra mente. Tuttavia adesso io mi permetto di chiederTi, a nome di tutti noi, che cosa avremo un giorno noi che abbiamo abbandonato tutto per seguirTi fedelmente?» (Matt.19, 27)

2. Ed Io così risposi: «In verità, Io dico a voi che Mi avete seguito che, nello stato di perfetta rinascita da voi raggiunto, quando Io sarò risorto e siederò sul trono della Mia gloria eterna, voi pure starete seduti su dodici troni accanto a Me e al pari di Me e giudicherete le dodici tribù di Israele (Matt.19, 28), e ciò significa: voi un giorno nei Miei Cieli al pari di Me sarete assieme a Me continuamente attivi per il bene eterno di tutti gli uomini di questa Terra nonché degli altri mondi e, quali spiriti tutelari invisibili agli uomini della Terra, sarete loro di guida tanto qui, quanto nell'aldilà! Infatti, il vero Regno dei Cieli e la beatitudine sempre in aumento di questo Regno consiste appunto soltanto nella vera attività d'amore che si intensifica sempre di più.

3. Ed ancora Io vi dico: “Chiunque abbandona casa, fratelli e sorelle, padre o madre, o moglie, i propri figli, i suoi campi, i giardini, i prati o le greggi per amore del Mio Nome, costui ne riavrà cento volte tanti nel Mio Regno, e così appunto erediterà la vera vita eterna. (Matt.19, 29)

4. Però fate bene attenzione a questo: coloro che qui sono i primi, molto facilmente potranno essere gli ultimi nell'aldilà; mentre coloro che saranno gli ultimi qui, facilmente saranno i primi nell'aldilà!”» (Matt.19, 30)

5. Le Mie parole non furono chiare ai discepoli, per cui Pietro domandò: «Come è da intendersi questo? Che cosa hai voluto dire con ciò? Infatti, quello di cui Tu parli è di una realtà assoluta per tutta l'eternità, e occorre che noi conosciamo esattamente e comprendiamo tutto quello che esce dalla Tua bocca! Quanto Tu hai detto sembra riferirsi in qualche modo a noi, e non sarebbe affatto una prospettiva molto piacevole quella di dover eventualmente essere gli ultimi nell'altro Regno per la ragione che qui siamo stati i primi!»

6. Io risposi: «O Mio caro Simon Giuda, per questa ragione certamente no; tuttavia, qualora qualcuno di voi fosse portato a credersi migliore degli altri per il fatto che Io l'ho eletto per primo, con ciò egli si sarebbe già lasciato cogliere nei lacci dell'orgogliosa presunzione; in conseguenza di ciò non potrebbe sicuramente venire annoverato fra i primi nel Regno dei Cieli. Un tale invece che fosse stato da Me suscitato ed eletto dopo più di mille anni da voi, sarebbe senza dubbio qualcuno che, dal punto di vista del tempo di elezione, è uno fra gli ultimi. Ma ammettiamo che nell'esplicare la sua missione egli si dimostrasse umile al massimo grado, così che si ritenesse sempre il più indegno di tanta grazia, e che si mantenesse nello stesso tempo costantemente fedele alla propria missione pur non possedendo simili prove della genuinità assoluta di quanto gli fosse stato dato, e trovandosi a dover contare nel proprio operare unicamente sulla sola fede, dimMi, non dovrebbe essere un eletto di questa specie davvero fra i primi nel Regno dei Cieli?

7. Io però non vi avrei fatto questa osservazione qualora non vi foste informati riguardo alla ricompensa che in un certo qual modo vi spetta per quello che ora credete di fare per Me! O Simon Giuda, non è stato affatto bello da parte tua e di tutti voi il fatto che, pur avendovi Io concesso tanto spiritualmente che corporalmente un beneficio immenso con l'avervi eletti, abbiate cominciato a informarvi ancora su di un’ulteriore ricompensa! Vi ho dunque fatto forse in qualche maniera un torto dandovi così un piccolo scossone?»

8. E Pietro rispose: «Oh, niente affatto, o Signore e Maestro; come ora mi accorgo, lo scossone è stato anzi molto piccolo in proporzione alla nostra grossolana stoltezza! Ma adesso ci chiediamo un’altra cosa e cioè: “Dove ci stiamo dirigendo?”»

9. Io gli risposi: «Visiteremo una località assai nascosta, e là appunto ci concederemo un po' di riposo, perché finora abbiamo lavorato diligentemente, ma a chi lavora con diligenza spetta poi anche un adeguato riposo; perciò procediamo innanzi di buona lena e non mancheremo di arrivare tra poco al nostro luogo nascosto! Là voi avrete occasione di vedere davvero i Miei angeli salire e scendere; avanti dunque e di buon passo!».

 

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Cap. 260

Il Signore visita con i Suoi una località in montagna.

 

1. Di lì ad un paio d'ore pervenimmo alla località nascosta la quale, come molte altre del genere, non aveva alcun nome. Tanto gli ebrei, quanto i greci evitavano spesso di dare un nome ai luoghi dove si stabilivano, affinché questi non potessero essere rintracciati con tanta facilità dal reggente feudatario a causa delle imposte, poiché una volta che fosse stata scoperta una località di questa specie, e conseguentemente registrata e denominata, essa sarebbe anche stata assoggettata al tributo.

2. Ma oltre a questo c'era ancora un altro motivo che giustificava la frequenza con la quale sorgevano dei piccoli villaggi che non avevano alcun nome, e il motivo era questo: era usanza presso i romani, allo scopo di dare impulso e facilitare la colonizzazione e la coltivazione dei terreni deserti ed incolti, concedere l'esenzione da imposte per la durata di venti, trenta e fino a cinquant'anni a ciascuna nuova colonia, cioè a ciascun nuovo villaggio, a seconda che l'una o l'altra regione necessitasse di un tempo più o meno lungo per essere resa completamente produttiva. Ora, premesso questo, a nessuno potrà destare meraviglia se diremo che tanto gli ebrei quanto i greci, i quali non erano mai stati dei contribuenti troppo entusiasti, avevano saputo rivolgere molto a loro profitto questa umana legge di Roma. Essi perciò non davano un nome ad una nuova località edificata, e se alle volte qualche commissario dell'amministrazione romana faceva delle indagini, essi sostenevano che la località esisteva a mala pena da dieci anni anche se già da lungo tempo essa avesse avuto sulle spalle il mezzo secolo. In questo caso, dunque, un luogo visitato da un commissario veniva contraddistinto con un numero, ma non riceveva ancora alcun nome; solo da questo momento, col decorrere del termine legale fissato, la località veniva dichiarata passibile di contributo e le veniva imposto un nome.

3. E così anche il piccolo villaggio al quale pervenimmo noi era uno di questi senza nessun nome, e perciò era ancora libero da imposte. Però questa circostanza fu molte volte di vantaggio anche a noi, perché gli abitanti di simili nuove località, o per meglio dire località ancora esenti da tributi, erano molto più liberali e accessibili di altri; e così fu anche qui il caso. Noi arrivammo proprio al tramonto in quella località che sorgeva in un luogo davvero nascosto agli occhi di tutti ed eravamo alla vigilia del Sabato.

4. Il villaggio sorgeva in una vallata d'alta montagna, molto fertile e adatta all'allevamento del bestiame; era però accessibile da una parte sola, ed anche il pervenirvi da questa era un’impresa parecchio difficile. Chi avesse sofferto di vertigini, si sarebbe a mala pena azzardato di tentare la salita su per quel ripido sentiero. La valle in questione era situata, secondo le misure attuali, ad un'altezza di oltre quattromila piedi (oltre 1264 metri) sul livello del mare, ciò che per l'Asia non è del resto gran cosa, dato che in quel continente c'era e c'è tuttora più di una regione abitata che si trova ad altezze molto più considerevoli ancora.

5. Quando arrivammo al villaggio, fummo ben presto scorti da vari abitanti della regione, i quali fecero immediatamente chiamare il loro anziano e capo, perché parlasse con noi e si facesse spiegare le ragioni della nostra venuta. Ed il capo della comunità, un ebreo già molto canuto, di lì a poco si presentò, ci scrutò con lo sguardo e finalmente ci domandò cosa fossimo venuti a fare lassù, e cosa ci avesse indotti ad arrampicarci su per dei pendii tanto scoscesi per finire in quel luogo tagliato fuori dal mondo.

6. Io però gli risposi così: «La pace sia con te e con tutta questa borgata non insignificante davvero; Io sono venuto ad annunciarvi che il Regno di Dio è vicino, cosa che voi, gente schietta e semplice, avrete a sufficienza occasione di apprendere durante il periodo di riposo che intendo prenderMi presso di voi! Per ora Io ti domando se ti è possibile concederci alloggio per un tempo non lungo»

7. Disse allora il capo della comunità: «Che voi non potete essere della gente malvagia, me ne sono convinto di primo acchito; mi sembrate invece della gente in cerca di avventure; questa cosa però non ha importanza e per conseguenza potete senz'altro prendere dimora sotto il mio tetto. Ma in cambio io mi aspetto da voi che ci raccontiate molte cose di quello che sta succedendo adesso nel mondo, perché sono ormai vent'anni che non scendo giù in pianura e che non vengo in contatto con il pazzo mondo! Del resto anche gli altri abitanti di questa borgata si limitano ad andare ogni tanto nella vicina cittadina o mercato come si voglia chiamare, e che ha nome Nahima, e ciò unicamente a causa del sale che qui ci manca. A Gerusalemme, invece, nessuno ci è mai stato da vent'anni a questa parte, malgrado che noi siamo degli ebrei convinti. Infatti, già allora là non regnava che la menzogna, l'inganno, l'ambizione e il più fetente orgoglio a cominciare dal Tempio e giù fino alle infime classi del popolo. Ma che cosa sarà adesso?

8. Perciò io, da buon ebreo, mi ritirai quassù, spinto da vero amore per Dio, assieme ad alcuni altri ancora dello stesso mio sentimento, e qui formammo così una comunità libera, per quanto possibile pura e fedelmente devota a Dio, l'unico Signore; ed Egli ci ha concesso abbondantemente la Sua benedizione.

9. Voi pure siete degli ebrei, e probabilmente terrete ancora in gran conto il Tempio di Gerusalemme per quello che riguarda la salvezza dell'anima! Voi però non foste mai degli scribi e dei servitori del Tempio, e per conseguenza non potete avere nemmeno la più lontana idea di quali e quanti abusi ed abominevolissimi scandali vengono perpetrati fra quelle mura cosiddette benedette e sante contro i più sacri diritti degli uomini, abusi e scandali che non possono non ripugnare all'animo di chiunque, per poco onesto che sia! Io e vari miei amici finimmo con il rimanerne completamente nauseati! Noi perciò ce ne andammo via e fummo tanto fortunati da scoprire questa valle dove trovammo subito quanto occorreva per sostentarci.

10. Con il tempo ci costruimmo queste graziose casucce, ed ora viviamo assieme serenamente e pacificamente, e non manchiamo di rendere sempre onore a Dio soltanto. Un solo favore però vi chiedo, e cioè che quando ritornerete giù nel mondo pazzo non riveliate a nessuno la nostra presenza quassù! Per il resto, siete sotto ogni riguardo i benvenuti qui fra noi. Ma adesso accompagnatemi a casa mia che di certo ormai è più gradita a Dio, il Signore, che non il salomonico Tempio di Gerusalemme. A casa, e con qualcosa di buono davanti, noi avremo modo di parlare su vari altri argomenti ancora, e quello sarà il momento buono per fare una vera conoscenza tra di noi!».

 

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Cap. 261

Nella casa del capo della comunità. Il vino miracoloso.

 

1. Poco dopo entrammo nella casa alpestre, davvero molto pulita e spaziosa, e ci vennero immediatamente serviti pane, sale e latte fresco. Il capo della comunità si scusò di non poterci servire del vino, egli però possedeva vari otri di succo di bacche silvestri che, diceva, non era meno gustoso di qualche vino; se fossimo stati disposti a gustarne, egli con gran piacere ce ne avrebbe fatto portare un paio di boccali ben colmi.

2. Io dissi: «Fai pure, gusteremo volentieri il tuo vino di bacche selvatiche; se ci piacerà, ti pregheremo di portarcene ancora due boccali»

3. Allora il padrone di casa si avviò verso la cantina, e ci portò un paio di boccali colmi del succo di bacche silvestri che al palato poteva passare senz'altro come vino, dato che in fondo era esso pure un vino, perché la vite che da quell'uva minuscola, chiamata oggi anche “uva di San Giovanni”, è pure essa una delle tante specie di viti, ed è quella che ha quasi il più piccolo frutto. Insomma, bevemmo volentieri di quel vino silvestre aggiungendovi un po' d'acqua, e l’oste si dimostrò molto lieto perché noi avevamo fatto onore al suo vino.

4. Vuotati i due boccali, l’oste accennò subito ad andarsene per riempirli di nuovo, sennonché Io dissi a quel produttore di vino silvestre che si era già fatto molto loquace: «Ascolta, tralascia per il momento di fare come intendi, e invece di riempire i tuoi boccali di vino di bacche silvestri, riempili piuttosto di acqua fresca, ed Io all'istante la trasformerò in un vino eccellente!»

5. A queste parole l’oste sgranò gli occhi e disse: «Oh, oh, sono davvero molto curioso di vedere un giochetto di prestigio di questo genere!»

6. I due grandi boccali vennero subito colmati d'acqua e deposti sulla mensa, e l’oste aggiunse: «Ebbene, qui c'è quello che hai domandato, ed ora, amico mio, mostraci quanto sei capace di fare!»

7. E Io gli dissi: «Prendi in mano l'uno o l'altro dei boccali a tuo piacere, ed assaggiane il contenuto!».

8. L'oste fece così, e la sua meraviglia fu tanto grande che egli chiamò subito a raccolta tutta la sua famiglia e ne diede da assaggiare a ciascuno, e tutti furono unanimi nell'assicurare che un vino talmente squisito non aveva mai deliziato il loro palato. Allora ciascuno avrebbe voluto sapere come era successo che, dalla più pura acqua, fosse venuto quel vino di una squisitezza celestiale.

9. Sennonché ai numerosi che facevano domande l’oste non poté che rispondere: «Mah, miei cari, domandatelo a quello lì nel mezzo! Anche per me questo è un enigma insolubile! Una cosa simile non si vide mai a memoria d'uomo, ed è assolutamente inaudita!»

10. E qui l’oste si volse verso di Me e Mi disse: «O maestro fra i maestri della tua arte prodigiosa e incomprensibile! Spiegaci un po’, se a te è gradito, come e in che maniera ti è stato possibile fare una cosa di questa specie! Conosci ancora molti di questi giochi di prestigio?»

11. Io dissi: «Mio caro amico, alla tua prima domanda per il momento Io non posso dare risposta; domani però ci arriverai comunque da solo! Ma per quanto riguarda la tua seconda domanda, Io posso dirti che per Me non esiste propriamente nulla di impossibile, e che Io potrei produrre dinanzi a te addirittura innumerevoli cose prodigiose avvalendoMi unicamente della potenza e della forza della Mia Volontà! Sei d’accordo su questo?»

12. Disse l’oste: «Tu presumi molto da te stesso, eppure non sei che un uomo! Ma non pensi che davvero onnipotente non è che Dio? Se a te fossero possibili tutte le cose, dovresti evidentemente essere Dio tu stesso, oppure potresti operare tutto ciò con l'aiuto di Belzebù, il principe di tutti i demoni, cosa questa che io non potrò mai credere per il fatto che la tua faccia spira troppa onestà e sincerità, tanto che di te si potrebbe dire: “Ecco, questa è una vera immagine di Dio!”.

13. Io però non voglio arrogarmi una competenza che ora non ho, e penso appunto a quel tempo in cui mi trovavo a Gerusalemme, quando avevo l'occasione di visitare anche delle altre città. Particolarmente a Damasco ebbi una volta occasione di conoscere un mago indiano, il quale pure con incredibile esagerazione dichiarava che per lui non c'era niente di impossibile! Infatti, allora egli fece davvero delle cose, la cui possibilità era per me altrettanto un mistero come lo è il modo nel quale tu adesso hai trasformato dell'acqua in eccellente vino. Tuttavia, trattandosi di maghi o di altri artisti del genere, l'esagerare le loro capacità che, specialmente per noi profani, non possono non apparire meravigliose, è cosa entrata già da tempo nell'uso comune, e si finisce con il chiudere un occhio partendo dalla considerazione che, in fondo, sono gente straordinaria. Ad ogni modo, o maestro dei maestri, avrei piacere di assistere questa sera ancora a qualche prova della tua capacità!»

14. Io dissi: «Vedi, ciascuno giudica secondo il proprio intendimento, e così fai tu pure; non sarebbe dunque bello da parte Mia obiettarti qualcosa! Quando ti sarà possibile vedere più a fondo nelle cose, anche tu giudicherai diversamente, perciò sotto questo aspetto non aggiungiamo nient’altro! Tu hai detto che avresti assistito volentieri ad una cosiddetta esibizione ancora da parte Mia, ed Io lo farò secondo il tuo desiderio. Ma affinché tu non pensi che Io possa fare soltanto quello che sta nella Mia capacità, allora dimMi tu quello che vuoi che ti sia fatto da parte Mia!».

 

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Cap. 262

La guarigione della figlia storpia dell’oste.

 

1. Disse allora l’oste: «Se davvero per te non vi è niente di impossibile, devi poter anche guarire un ammalato assai grave!»

2. Io gli risposi: «Senza alcun dubbio; hai degli ammalati in casa?»

3. Rispose l’oste: «Ah, purtroppo, si tratta della mia carissima figlia, ma sarà ben difficile recarle aiuto! Lei ha ora vent'anni, e fu sempre una fanciulla vispa e diligente. Ora è un anno che lei andò con questo mio figlio maggiore a Nahim per provvedersi di sale; al ritorno, nel punto dove il sentiero è più ripido e scabroso, essa scivolò, cadde da cinque altezze d'uomo su di una rupe sporgente e si ruppe mani e piedi. Per più di nove mesi fu tormentata dai più atroci dolori; poi questi si calmarono, però rimase rattrappita in maniera che non potrà mai più abbandonare il suo giaciglio. O maestro di tutti i maestri, se tu sei capace di guarire questa mia figlia, non potrò fare a meno di cominciare a credere che a te sono possibili quasi tutte le cose!»

4. Dissi Io allora: «Falla portare qui in Mia presenza!»

5. L'oste disse ai robusti fratelli dell'ammalata: «Andate nella sua stanza e portatela qui, così com'è, sul suo lettuccio!»

6. Ed i giovani, alzatisi in fretta, andarono e ritornarono portando la loro misera sorella che era davvero molto ammalata, coricata sul suo giaciglio che essi posero dinanzi a Me.

7. Io osservai per qualche istante la poveretta, e poi le dissi: «Figlia, vorresti riacquistare ora quella salute di cui già godevi un anno fa?»

8. E l'ammalata con debole voce rispose: «Oh, se lo vorrei, questo sarebbe per me un beneficio immenso, ma purtroppo non c'è più medico che possa guarirmi; questo lo potrebbe fare soltanto Dio onnipotente!»

9. Io dissi: «Se tale è il tuo pensiero e la tua fede, allora alzati e cammina, e rendi onore a Dio!».

10. Nello stesso istante la giovane si sentì risanata come se non avesse mai sofferto di alcun male.

11. Quando l’oste e tutti quanti erano in casa si furono convinti che era realmente così, una riverenza estrema si dipinse sulle loro facce e tutti rimasero quasi ammutoliti per lo stupore, e solo dopo qualche tempo l’oste, riavutosi, esclamò con voce che tradiva un’immensa meraviglia e il massimo rispetto: «Oh, in verità, questo non sta più nella cerchia delle conoscenze che l'uomo, anche il più geniale e intelligente, può acquisire su questa Terra! Questo è un dono rarissimo ed una grazia di Dio, e perciò noi dobbiamo offrire a Dio, l’unico Signore, la nostra comune e somma lode perché Egli, per la molteplice salvezza degli uomini, ha concesso ancora una volta ad un uomo su questa Terra una simile forza, una potenza ed un'autorità puramente divina, come di uguali ne possedettero solo i grandi profeti nella notte dei tempi antichi!

12. Oh, ora sì che comprendo bene anche il primo saluto di questo nostro ospite caro e prodigioso: “La pace sia con te!” e “Il Regno di Dio vi è vicino!”. Udite, o voi, familiari miei, questo è uno dei rari prediletti di Dio, un nuovo grande profeta! A noi spetta venerarlo altamente per amore del Signore e ascoltare ciascuna sua parola!»

13. Poi, rivoltosi a Me, l’oste disse: «O nobilissimo amico e maestro di tutti i maestri! Io non trovo le parole per poter esprimere almeno in parte il mio senso di gratitudine verso Dio e verso di te, Suo verissimo e grande profeta! Perdonami se forse al nostro primo incontro il mio contegno di fronte a te è stato in qualche modo sconveniente! Ma considerato che ti sei proposto di rimanere per un certo tempo qui con noi, saprò ben darmi ogni premura con tutte le mie forze per dimostrare a te e ai tuoi discepoli la gratitudine del mio animo.

14. Oh, tu mi hai ridonato la mia dilettissima figlia, ma con ciò mi hai donato di più che non se mi avessi dato tutti i regni della Terra! Quindi, da parte mia, dopo che a Dio, spetta a te la massima gratitudine!»

15. Ed Io gli dissi: «Ora datti pace, o Barnaba, e disponi perché venga dato ad Elisa, tua figlia, qualcosa da mangiare perché lei è ormai perfettamente sana, e per conseguenza deve mangiare e bere nella consueta misura normale, affinché possa riacquistare le forze!».

16. Questo fu subito fatto, e la risanata si alzò dal suo giaciglio, si vestì in fretta alla meno peggio, e il suo primo pensiero fu di avvicinarsi a Me. Prese la Mia mano appassionatamente tra le sue e, accostatala alla sua bella bocca, la baciò e poi, portandola sul suo cuore, esclamò versando lacrime di gratitudine e di immensa gioia: «O amico e maestro davvero onnipotente! Poiché a te tutto è possibile, non ti sarà nemmeno impossibile leggere nel mio cuore; là troverai scritto, a caratteri di fiamma che il più ardente amore vi ha impresso, la gratitudine di cui ti sarò in eterno debitrice!»

17. Ed Io le dissi: «In questo amore rimani ed esso sarà per te fonte di grande benedizione! Ma ora siediti qui alla nostra mensa, mangia e bevi e sii di animo lieto! Quando però ritornerai a Nahim, vedi di non metterti a saltellare come una gazzella, ma limitati a camminare moderatamente per quel sentiero abbastanza pericoloso, e così non ti esporrai più al rischio di danneggiare le tue membra! Fa tesoro di questo Mio consiglio, o Elisa, dilettissima figlia Mia! Ma adesso mettiti qui tranquilla, mangia e bevi!».

 

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Cap. 263

Barnaba si ricorda del dodicenne Gesù nel Tempio.

 

1. Allora Elisa si avvicinò a suo padre che la strinse al suo cuore fra molte lacrime di gratitudine; le assegnò dopo un posto tra lui e sua moglie e le diede da mangiare e da bere prendendolo da tutto quello che c'era là; ma ciò che le piacque in particolare fu il vino che Io avevo tratto dall'acqua.

2. E mentre la figlia perfettamente risanata così mangiava e beveva, l’oste, intono di grande reverenza, Mi domandò: «Signore e maestro di tutti i maestri, certo è molto stolto da parte mia chiederti come fai a sapere che io mi chiamo Barnaba e questa mia figlia Elisa, perché, se ti è dato da Dio di poter operare simili cose, come non dovrebbe esserti possibile conoscere con altrettanta facilità il mio nome nonché quello di tutti gli altri? Però a me era venuto il pensiero che tu potresti forse avermi visto e conosciuto in qualche occasione quando io ero ancora a Gerusalemme. E qualora ciò fosse, come è facilmente possibile, allora la questione avrebbe un duplice interesse!»

3. Dissi Io: «Parla francamente e dì cos’è che ti ha guidato verso tale pensiero!»

4. Rispose l’oste: «Perdonami anzitutto anticipatamente qualora dovessi esprimermi in forma non del tutto conveniente, perché, avendo già gustato abbastanza di questo vino, c'è il pericolo che la mia lingua si muova con troppa libertà; tuttavia io farò tutto il possibile per concentrarmi bene affinché la mia lingua non mi faccia vergognare troppo.

5. Vedi, circa vent'anni fa a Gerusalemme, io ero ancora, anzi ero appena diventato un fariseo (Varizar = pastore, o anche capo di pastori). Ora accadde una volta, come non accadde mai più né prima né poi, che nella solita sessione d'esame dei ragazzi che avevano raggiunto il dodicesimo anno d'età, ci venne presentato un ragazzo di nome Gesù, che era di Nazaret nella Galilea. Quel ragazzo sapeva già allora più di tutti i grandi del Tempio presi assieme, ed egli fu il motivo principale per il quale io poco più tardi voltai per sempre le spalle al Tempio.

6. Devo però adesso confessare apertamente che appunto tu, o maestro di tutti i maestri, hai, particolarmente a giudicare dai lineamenti, una rassomiglianza addirittura straordinaria con quel ragazzo davvero prodigioso. Con ciò io non voglio però sostenere che debba essere proprio tu quel ragazzo divenuto ora uomo, ciò che del resto non sarebbe affatto qualcosa di impossibile; solamente ci tenevo a rilevare che pure è una cosa meravigliosa come dei grandi spiriti che si somigliano, qualora abbiano l'una e medesima tendenza, risultino ben spesso somiglianti anche nei tratti dei loro lineamenti.

7. Quel memorabile ragazzo, rimasto tre giorni consecutivi nel Tempio, ci dimostrò per filo e per segno che appunto egli stesso era il promesso Messia; dopo di quel fatto, però, io per varie ragioni abbandonai il Tempio volontariamente e mi ritirai in questa solitudine e non sono mai più ritornato da quelle parti, né sono andato in alcun altro luogo, e per conseguenza non posso sapere cosa sia avvenuto di quel ragazzo. Io allora ero certo un suo avversario, ma non ci volle molto che le asserzioni di quel ragazzo mi apparirono sempre più illuminanti, mentre in compenso il Tempio cominciò ad apparirmi sempre più ripugnante e insopportabile ogni giorno di più!

8. Sì, senza dubbio furono le parole di quel ragazzo a salvarmi dal vero inferno rappresentato dal Tempio! Perciò io desidererei sapere ancora da te che cosa ne è stato di quel ragazzo! Quello che allora contribuì a portare al colmo la mia indignazione, fu che quegli induriti eroi del Tempio deliberarono in segreto di istituire addirittura un premio per chi avesse potuto in una o nell'altra buona occasione sbarazzare il mondo da quel ragazzo. Finché facevo parte anch’io del Tempio, la cosa certo non riuscì, ma ora sono già trascorsi quasi vent'anni da quando mi sono ritirato qui, e chissà cosa può essere stato intrapreso da parte del Tempio contro questo ragazzo durante tutto questo tempo! Tu, o maestro di tutti i maestri, questa cosa certamente la saprai, e perciò io ti prego di darmi qualche notizia a tale riguardo!»

9. Io dissi: «Vedi, appunto perciò sono venuto Io qui da te, perché Io stesso sono precisamente quel ragazzo che diede tanto filo da torcere agli anziani, farisei e scribi del Tempio! Ma dato che ormai tu sai questo, ti si renderà molto facilmente più chiaro perché, appena arrivati qui, Io ti dissi: “La pace sia con te e con la tua casa. Il Regno di Dio è vicino!”. Sennonché su questo argomento noi ci intratterremo ulteriormente soltanto domani! Facci adesso preparare dei buoni giacigli affinché ci possiamo liberare dalla nostra lieve stanchezza per trovarci domani di nuovo rinvigoriti e pronti al lavoro!».

10. Allora Barnaba, l’oste, ordinò ai suoi servitori di provvedere immediatamente in questo senso, ed essi fecero come era stato loro comandato.

11. Quando ci alzammo dalla mensa, la figlia risanata Mi venne nuovamente vicino e Mi ringraziò con tutto fervore per averla liberata dai suoi mali, ed altrettanto fecero anche l’oste, sua moglie e i suoi altri figli, perché tutti avevano assai cara la bella e vispa Elisa, e perciò tanto più si rallegravano di trovarsela dinanzi fresca e perfettamente sana. Io poi impartii a tutti la Mia benedizione, e con i Miei discepoli Mi ritirai con una certa fretta a riposare.

 

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Cap. 264

La santificazione del Sabato.

 

1. Quando ci alzammo il giorno successivo di buon mattino, trovammo che in tutta la casa già ferveva una piena attività. Il fuoco ardeva allegramente sul focolare, e tutt’intorno erano disposte varie pentole entro le quali cuocevano per noi e per la gente di casa dei cibi saporiti; nemmeno il pesce mancava, e precisamente delle bellissime ed eccellenti trote di montagna. La ragazza guarita era la più zelante intorno al focolare ed era tutta in faccende per prepararci quanto prima una buona colazione. E quando Mi vide, nella foga del suo grato amore si precipitò quasi verso di Me e Mi ringraziò ancora una volta per la guarigione ottenuta.

2. Io però le chiesi come mai si dedicasse al lavoro con tanto zelo nel giorno del Sabato.

3. Ma Elisa rispose: «O Signore e Maestro! Nella Scrittura non c'è in nessun punto una legge che proibisse all'uomo di servire Dio in giorno di Sabato!»

4. Ed Io le dissi: «Hai detto bene; anzi di Sabato conviene di preferenza servire soltanto Dio, ma ora tu servi con tanta diligenza unicamente Me ed i Miei discepoli! Siamo forse dunque noi degli dèi?»

5. Rispose la solerte figlia: «O Signore! I Tuoi discepoli sono certo degli uomini come lo siamo noi, ma Tu invece sei assolutamente Dio, cosa questa che adesso io vedo con perfetta chiarezza! Se dunque io e tutti in questa casa con la nostra attività serviamo Te, così facendo noi di sicuro non profaniamo il Sabato!»

6. Io dissi: «Ma dimMi un po', Mia carissima Elisa, chi ti ha detto che Io sono un Dio! Eppure, se Io fossi davvero un Dio, mentre Jehova nel Cielo è certo Egli pure un Dio verissimo, finirebbe che ci sarebbero evidentemente due Divinità, laddove nella Scrittura è espressamente detto: “Io sono il solo tuo Dio e il tuo unico Signore; perciò tu non devi avere alcun altro Dio estraneo accanto a Me!”. Ma allora come si potrebbe fare a conciliare una cosa con l'altra se anch’Io sono un Dio?»

7. Ed Elisa, sempre accudendo diligentemente alle sue funzioni di cuoca, rispose: «Oh, Signore! Questa è una cosa molto facile da conciliare!»

8. Ed Io: «Oh, ma come?»

9. Elisa replicò: «Perché Tu e il Padre nei Cieli non siete due, ma perfettamente del tutto una cosa sola, ed il Cielo è sempre ed in eterno soltanto là dove Tu, o Signore, sei!»

10. Io le chiesi allora: «Ma chi ti ha detto e chi ti ha insegnato queste cose?»

11. Ella rispose: «In primo luogo Tu stesso o Signore. “La pace sia con te e la tua casa” e “Il Regno di Dio è vicino”, ebbene, queste sono parole che possono uscire soltanto dalla bocca di un Dio! Poi sono venute le Tue opere prodigiose le quali all'infuori che da un Dio non possono essere compiute da nessuno! Oltre a questo ieri sera, dopo che Tu, o Signore, Ti fosti ritirato a riposare, io ho parlato ancora a lungo con mio padre del dodicenne Gesù nel Tempio, ed ho riletto tutti i punti che nel libro di Isaia si riferiscono a Te. Da ciò è risultato anche più chiaro della luce del Sole che appunto Tu sei, e non puoi essere altro che il Messia promesso, e quindi nel Tuo Spirito Jehova Zebaot in Persona! Vedi, o Signore, queste sono le ragioni che Mi convincono a considerarTi per quello che evidentemente sei!»

12. Io dissi: «Ebbene, tu hai giudicato rettamente, e così pure il tuo padre terreno; però voi non dovete rivelarMi prima del tempo di fronte ai vostri vicini! Considerato dunque che così voi Mi avete riconosciuto e che, essendo oggi giorno di Sabato, con la vostra diligenza servite soltanto Me, allora lavorate pure, ma abbiate cura che qualcuno fra i vostri vicini non ne tragga motivo di scandalo!»

13. Rispose Elisa: «Oh, non darti pensiero a causa di ciò! Sotto questo aspetto noi tutti qui siamo superiori a questi formalismi. È vero che noi non compiamo nel giorno del Sabato nessun lavoro greve e servile, ma quello che occorre fare, noi lo facciamo che sia di Sabato o no. Ormai noi non siamo più sotto la tutela ipocrita del Tempio, né hanno valore per noi le sue leggi egoistiche che chiunque sia ricco può esimersi dall'osservare; invece la nostra legge è la verità e il bene che la verità produce; ora questa legge non proibisce a nessuno di fare quanto è necessario per il buon ordine della propria casa.

14. Infatti, se lo starsene con le mani in mano e il bighellonare senza uno scopo e senza una meta fosse davvero qualcosa di necessario per ottenere la vita eterna, Tu, o Signore, saresti di sicuro il primo a dare il buon esempio non facendo, nel giorno del Sabato, né sorgere né tramontare il Sole, la Luna e le stelle, ciò che senza dubbio, data la Tua Onnipotenza, deve esserTi possibile, così come non dovrebbe spirare alcun vento, le nubi e le nebbie non dovrebbero formarsi, i fiumi non dovrebbero scorrere, né agitarsi i mari, e perfino gli animali dovrebbero osservare istintivamente l'assoluto riposo del Sabato per servire da esempio a noi uomini! Invece, se si osserva con occhio anche soltanto relativamente attento tutta l'immensa Creazione, si scorge immediatamente che Tu nelle giornate di Sabato sei altrettanto attivo quanto in qualsiasi altra giornata di lavoro, ma dato che, secondo la Scrittura, noi siamo dei figli di Dio, è certo bene che dobbiamo imitare in ogni cosa il caro Padre nostro buono e santo!»

15. Io dissi: «In verità, tanta saggezza non Mi sarei aspettato di trovarla in te, creatura umana! Perciò rimani così come sei, e continua a dare a tutti il buon esempio, come il Padre nel Cielo dà continuamente e sempre il migliore esempio a tutti gli uomini!».

 

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Cap. 265

La testimonianza a favore del Signore da parte di Elisa risanata.

La trasformazione delle vie di accesso al villaggio di montagna.

 

1. Poi, Io assieme a Barnaba e ad alcuni dei Miei discepoli, Mi recai all'aperto, e Barnaba ci mostrò i suoi possedimenti. In questa occasione noi attraversammo l'intero villaggio, che consisteva di una ventina di case tutte molto pulite e graziose.

2. Quando però gli abitanti si accorsero della nostra presenza, furono colti da timore, perché sospettarono che fossimo dei commissari venuti per esigere delle imposte da loro, o forse addirittura di infliggere delle punizioni. Io allora confidai in segreto a Barnaba le ragioni di quel loro vano timore ed egli, chiamati alcuni di loro a sé, li rassicurò pienamente e disse che il loro timore era assolutamente infondato e che invece era da considerarsi un'immensa fortuna per quella località che Io avessi voluto visitarla e che Io, quale guaritore primissimo fra tutti e dalla scienza irraggiungibile, avevo guarito in un solo istante sua figlia cui nessuno al mondo sarebbe stato capace di portare aiuto, e che l'avevo guarita in maniera tanto perfetta che lei era ormai cento volte più sana e vigorosa di quanto lo fosse mai stata prima.

3. Quando essi ebbero appreso tali cose per bocca del capo della loro comunità, il loro timore svanì del tutto e non poterono celare la loro grande meraviglia per quanto avevano appreso; soltanto alcune donne dissero: «Questa cosa non possiamo crederla se prima non abbiamo visto Elisa con i nostri occhi; infatti, a lei soltanto un angelo di Dio dai Cieli avrebbe potuto portare aiuto, ma non un semplice uomo, anche se fosse stato il primissimo guaritore fra i primissimi di tutto il mondo!».

4. Ora successe che, mentre le donne parlavano tra di loro dell'avvenimento, Elisa stessa ci venne incontro di passo spedito per invitarci a colazione. E quando le donne videro Elisa, furono colte da spavento e non potevano credere ai loro occhi! Tuttavia, alla fine, decisero di andarle vicino e di chiederle che cosa fosse accaduto.

5. Ma Elisa rispose loro accennando a Me: «Ecco, Costui è il sublime guaritore divino; occorre che interroghiate Lui! Che io sia ormai perfettamente risanata, lo so e lo sento benissimo, e voi pure potete vederlo; tutto il resto invece lo ignoro del tutto, compreso pure come ciò sia stato possibile»

6. Dopo di che noi facemmo ritorno e rientrammo in casa di Barnaba dove ci attendeva un'abbondante colazione. Si intende da sé che tanto gli uomini, quanto le donne e i fanciulli che si erano raccolti, ci seguirono e rimasero per tutta la giornata con noi; i discepoli colsero l'occasione per ammaestrarli riguardo alla Mia Persona e alla Mia Missione dai Cieli sulla Terra, e tutti finirono con il credere nel Mio Nome.

7. Terminata la colazione, l’oste Mi condusse in quel luogo sempre molto pericoloso dove sua figlia era caduta, e Mi domandò se non avrei potuto e voluto con la Mia Onnipotenza rimediare a quel grave inconveniente naturale con il rendere almeno un po’ più praticabile quel tratto del sentiero montano.

8. Io dissi: «Tu ormai sai che per Me non c'è niente di impossibile; tuttavia lasciamo per adesso che questo luogo rimanga ancora poco praticabile, poiché esso sta qui a vostra difesa! Se non ci fosse, la vostra presenza quassù sarebbe stata scoperta già da molto tempo. Per conseguenza la Mia opinione è che vi conviene lasciare questo posto così come è adesso; anzi, volendovi fare un favore, Io preferisco rendere questo passaggio ancora più impraticabile, così che in avvenire nemmeno un gatto sarà in grado di arrampicarsi fin quassù. In compenso però Io vi mostrerò un'altra via d'uscita che già esiste, ma della cui esistenza voi finora non vi siete affatto accorti».

9. Quando Barnaba ebbe inteso queste parole, Mi pregò che volessi fare così, ed Io allora dissi: «Ebbene, così sia fatto!»

10. In quello stesso istante in quel punto si staccò dalla montagna un grande masso di pietra mettendo a nudo una parete a strapiombo di cento uomini di altezza, su cui a nessun uomo sarebbe stato più possibile arrampicarsi. Nel luogo invece dove ci trovavamo noi, sorse una specie di parapetto oltre il quale si poteva spaziare benissimo con lo sguardo, mentre salirvi su sarebbe stata un'impresa alquanto difficile nonché completamente vana oltre che congiunta a grave pericolo di vita. Di questo dono il nostro oste, sbalordito, rimase soddisfattissimo.

11. Non si dimenticò però di informarsi subito riguardo alla nuova via più comoda e meno pericolosa. Ed Io gli dissi: «Questa andremo a cercarla durante il pomeriggio; vi sarà una strada un po’ più lunga per andare a Nahim, però la troverete molto più comoda, e potrete condurvi tutti i vostri animali domestici su e giù come vorrete, cosa questa che sarà per voi di indiscutibile vantaggio».

 

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Cap. 266

La vista spirituale.

 

1. (Continua il Signore:) «Vedi, infatti, è Mia Volontà che coloro che vivono secondo le leggi di Mosè non debbano essere proprio miseri neanche in fatto di beni terreni.

2. Per conseguenza Io sono venuto quassù fino a voi anzitutto per annunciare a tutti che il Regno di Dio, e quindi anche tutti i Cieli, è disceso a voi su questa Terra in Me e per mezzo di Me, ciò che già un gran numero di coloro che prima erano pagani convinti, ormai riconoscono e professano apertamente affinché trovi adempimento quello che Daniele profetizzò quando disse: “Anche coloro che giacciono nei sepolcri udranno la Sua voce!”; sono infatti i pagani che fin dalla culla erano sepolti nella tomba della notte, del giudizio e della morte.

3. Ma, in secondo luogo, Io voglio fare in modo che a voi, ai vostri figli e ai figli di questi siano concesse, anche dal punto di vista terreno, condizioni tali che non dobbiate soffrire alcuna penuria per quanto riguarda il soddisfacimento delle vostre necessità materiali. Io certo non intendo farvi nuotare nell'abbondanza, ma d'altro canto non intendo neppure che veniate a trovarvi in condizioni eccessivamente miserande, come è stato spesso il caso con voi.

4. Infine, la terza ragione della Mia venuta quassù tu già la conosci, ed è che Io Mi sono proposto di prendere con i Miei discepoli qualche giorno di riposo qui in questo paesello tranquillo! E ora, dato che abbiamo condotto a termine questo affare per voi necessario, ritorneremo a casa per vedere come vanno le cose là!»

5. Strada facendo però l’oste Mi disse: «O Signore e Maestro! Non Ti piacerebbe forse che salissimo su questa piccola altura, pure allungando un po’ la strada che conduce a casa mia? Infatti, da quest’altura si gode davvero una magnifica vista; vi si domina una distesa grandiosa di terreno; si può vedere anche Gerusalemme nonché una parte del Mare di Galilea e, se il tempo è molto sereno, l'occhio arriva addirittura fino al grande Mare della Grecia! Se a Te, o Signore, fosse gradito, io vorrei mostrarTi questo mio vero posto di delizie!»

6. Ed Io gli dissi: «Io ci sto senz'altro, perché anch’Io sono un amico della montagna e dei vasti panorami; per conseguenza saliamo pure su questa piccola altura!»

7. Noi dunque salimmo su quella piccola altura dove infatti trovammo chela vista era bellissima. Barnaba si dimostrò quasi inesauribile nel lodare lo splendido panorama.

8. Ma Io smorzai un po’ il suo entusiasmo dicendogli: «Non si può negare che il paesaggio che si gode da questa altura sia davvero piacevole a vedersi, ma questo è l'effetto di come il quadro si presenta nel suo complesso. Se però tu fermi il tuo sguardo su ciascuna cosa singolarmente e la consideri a sé con grande attenzione, vedrai che ben presto ti troverai sazio della bellezza di questo paesaggio!

9. Soltanto ciò che è dell'anima e dello spirito, quello soltanto è veramente bello e stabile in eterno. Se a te piace solo lo spettacolo di questo paesaggio, e il suo gioco vaporoso gioco di colori, allora è segno che tu trovi pur sempre molto più compiacimento nella materia e nelle sue forme che nello spirituale, che le forme rigide ti rappresentano come in una grande scrittura. Ah, quando però sarai in grado di guardare e di leggere e di capire tutte queste forme con gli occhi interiori dello spirito, comprenderle, allora anche tu potrai esclamare con Davide: “O Signore, come sono grandi e splendide tutte le Tue opere! Chi le contempla, ne trae una purissima gioia!”.

10. Vedi, la vera contemplazione di tutte le opere di Dio consiste nel guardarle con gli occhi dello spirito; soltanto con questo modo di guardare, l'anima attinge poi il suo vero intendimento, ed è solo questo che procura all'uomo il vero diletto, il quale non è più transitorio, ma rimane per sempre ed in eterno patrimonio dell'anima. E se tu poi vorrai contemplare anche il mondo dello spirito, dapprima lo vedrai solo spiritualmente mediante la comprensione delle forme di questo mondo, e poi sempre di più mediante la conoscenza delle varie attività, delle tendenze, delle aspirazioni e dei reciproci rapporti di tali forme, le quali già ora ti piacciono tanto malgrado tu non le conosca in profondità, ma soltanto superficialmente.

11. La contemplazione spirituale è in primo luogo semplicemente una conoscenza di rapporti di rispondenza fra l'esteriore e l'interiore; ma qualora poi ci si applichi incessantemente, con animo puro e il più possibile privo di peccato, al puro amore per Dio e, fuori da questo amore, a quello per il prossimo, allora la conoscenza e la comprensione trapassano in una chiara visione, la quale fornisce poi al veggente la prova che egli è diventato una cosa sola in sé, e che ha raggiunto la vera rinascita del proprio spirito nonché la resurrezione dell'anima dalla tomba materiale della propria carne. Mi comprendi tu bene?»

12. Risponde l’oste: «O Signore e veramente mio Dio! Se io questa cosa potessi comprenderla proprio a fondo, sarei evidentemente uno tra i più felici mortali di questa Terra; invece con il mio intendimento sono ancora parecchio lontano da questa meta, quantunque io vagamente presagisca qualcosa di quello che hai voluto dirmi! La mia Elisa, che ha un po’ la facoltà di vedere nei campi dello spirituale, avrebbe compreso senz'altro meglio di me questa Tua spiegazione. Ad ogni modo qualcosa ne ho compreso anch’io; soltanto credo che ci voglia moltissimo per poter trovare nelle forme esteriori la loro rispondenza interiore puramente spirituale, e per poterle comprendere giustamente nei loro innumerevoli rapporti. O Signore, non potresti rendermi un po’ più chiara questa cosa mediante una qualche immagine adatta?»

13. Io dissi: «Oh, senz'altro; ascoltaMi dunque!».

 

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Cap. 267

Le corrispondenze tra materia e spirito.

 

1. (Continua il Signore:) «Quando tu, assieme ai tuoi compagni e amici, venisti quassù, non trovaste qui che delle pietre e del legname; voi poneste immediatamente le mani all'opera, raccoglieste quanto vi era di meglio e di più confacente, poi vi concentraste e cominciaste a riflettere seriamente secondo quali regole dell'arte avreste dovuto mettere assieme i materiali raccolti allo scopo di ottenere una capanna o addirittura una abitazione.

2. E quando meditaste ancora più profondamente in voi, alla vostra mente si presentarono delle immagini in base alle quali poi elaboraste un progetto; secondo questo progetto cominciaste poi a costruire una dimora e l'altra, così che non passò molto e in questa conca montana sorsero delle case veramente graziose. Se qui non avreste trovato del materiale da costruzione veramente adatto, voi, fuori dal vostro intendimento interiore, non avreste neppure potuto mai elaborare spiritualmente un progetto corrispondente al materiale stesso; ma avendolo invece trovato, voi trovaste presto l'immagine di un’abitazione ad esso corrispondente, e disponeste poi il materiale e lo congiungeste assieme in maniera che esso si trovò infine a rappresentare qualcosa di ben differente da quello che era in origine quando catturò la vostra attenzione.

3. Per quanto questa sia un'immagine ancora esclusivamente materiale, tuttavia costituisce un principio per risvegliare ad un uomo le prime idee della rispondenza fra la materia, del tutto rozza, e quello che uno spirito ne può trarre. Quando l'uomo ha fatto la debita attenzione a questa cosa e l'ha compresa, l'indagine si rende poi molto più facile, tanto in estensione, quanto in profondità, e questa è infine anche la spiegazione del “chi cerca, trova, a chi chiede, sarà dato, a chi bussa, verrà aperto”.

4. Vedi, quanto più in qualche luogo gli uomini sono spiritualmente sviluppati, tanto più ordinate e più artistiche saranno anche le loro opere e i loro prodotti; ma perché ciò? Perché le loro anime sono già congiunte più strettamente al loro spirito; ma quanto più l'anima si avvicina al proprio spirito, che origina dal cuore di Dio, e acquista intimità con Lui, tanto più alta essa salirà nell'ordine di ogni coscienza e conoscenza e troverà sempre più numerose le rispondenze fra materia e spirito. Ora, premesso questo, non può essere nemmeno difficile persuadersi che un uomo, il quale sia progredito al massimo nella scienza delle rispondenze fra materia e spirito, deve essere con ciò capace al massimo di rendersi soggetta la materia. Questo succederà però al massimo grado solo nell'aldilà, visto che si tratterà di anime perfette e già rinate nel loro spirito, e per queste non vi sarà davvero più nulla di impossibile! Ora dimMi se Mi hai compreso un po' meglio!»

5. Dice l’oste: «Sì, Tu mio Signore e Dio in Te stesso, ora comincio a percepire qualche lieve bagliore di luce! I popoli antichi, come ad esempio gli egiziani, devono aver conosciuto molto addentro la scienza delle rispondenze, se consideriamo che le loro opere testimoniano ancora oggi di un ordine tale del quale nel tempo presente non c'è quasi più nessuno che possa farsi un giusto concetto»

6. Io dico: «Certamente, perché soltanto l’essere desti dal punto di vista spirituale rende la sfera dell'ordine sempre più familiare all'anima, ed insegna a quest’ultima a riconoscere e ad investigare nei rapporti fra materia e ancora materia e fra materia e sostanza, fra sostanza e anima e fra anima e spirito; lo spirito infine compenetra tutto, e tutto deve inchinarsi a lui e servirlo nell'ordine massimo e più perfetto possibile. Comprendi questa cosa?»

7. Dice l’oste: «Sì, ora la comprendo in maniera sempre più chiara, e speriamo di comprenderla ancora meglio nella Scrittura! Ma adesso permettimi ancora una domanda: io conosco la Scrittura, ed ho scorto come spesso in essa vengano menzionati certi angeli di Dio i quali, a quanto risulta, dovrebbero essere degli spiriti purissimi! Sono forse costoro gli spiriti che devono congiungersi con le nostre anime per renderle soltanto in tal modo così pienamente simili a Dio?»

8. Dico Io: «In minimissima parte ogni tanto può essere anche questo il caso, quando il Mio Ordine per ragioni del tutto particolari li induce a tale funzione; sennonché una cosa simile è estremamente rara. Invece quello che succede più spesso, e che in avvenire si verificherà ancora più di frequente, è che moltissimi dei Miei angeli percorreranno la via della carne, così come Io stesso ora vado percorrendola quale supremo Spirito di Dio, e ciò perché essi possano poi diventare dei veri figli di Dio.

9. Ma in questi casi essi stessi si sceglieranno un'anima adatta, mai stata incarnata, e porranno quest'anima in grembo ad una qualche madre pura, e poi ne avranno cura perché progredisca e si educhi e si formi a vera vita secondo la loro luce e la loro forza, affinché una simile anima si rinvigorisca agli scopi dell'unione eterna con loro.

10. Certo, simili cose tu non le comprendi ancora; però verrà il tempo in cui ti sarà dato di comprendere anche tali misteri del Cielo. Ma ora possiamo scendere e avviarci verso casa; perché vedi, ad un tuo vicino è accaduta una piccola disgrazia, e noi dobbiamo passare da lui per portargli aiuto!».

11. L’oste fu immediatamente d'accordo, e noi ci avviammo subito ed arrivammo in breve sul posto.

 

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Cap. 268

La guarigione dell’uomo morso da un serpente velenoso.

Il vino miracoloso.

 

1. Quando giungemmo davanti alla casa del vicino a cui era accaduto il malanno, sua moglie e i suoi figli ne uscirono fuori e invocarono aiuto.

2. Io però dissi loro: «Ritornate pure da lui, perché Io l'ho già aiutato!».

3. Allora la donna e i figli rientrarono in casa e si imbatterono appunto nel capofamiglia che, perfettamente risanato, andava loro incontro. Egli, poco prima, essendo passato a piedi scalzi per un viottolo disseminato di cespugli, era stato morso da un serpente velenoso; per conseguenza, il corpo gli si era gonfiato molto e la sua vita era in pericolo. Poi però giunsi Io e lo guarii.

4. E non appena si trovò in Mia presenza, Mi ringraziò e Io allora gli dissi: «Un'altra volta non risparmiare le tue scarpe quando hai da fare là dove crescono i cespugli! Del resto, d'ora innanzi nessun serpente di questa specie verrà più a strisciare in questa regione! Amen».

5. Dopo di che noi rientrammo in casa dell'oste dove il pranzo ci attendeva e i discepoli pure. Il pranzo questa volta era davvero abbondante, soltanto il vino era alquanto scarso; perciò l'oste Mi domandò se egli avrebbe dovuto servire nuovamente del suo succo di bacche silvestri.

6. Sennonché Io gli risposi: «Fa anche oggi come hai fatto ieri sera, e vedrai che neppure il vino ci mancherà».

7. Allora egli fece riempire d'acqua i suoi vari boccali che erano ben grandi; Io feci poi agire la Mia Volontà e l'acqua si convertì in vino.

8. Questa volta però alla mensa di Barnaba erano stati invitati anche alcuni dei vicini i quali pranzavano assieme a noi; e uno di loro osservò: «A mio modo di vedere, trattandosi di ospiti di tanta distinzione, in questa occasione sarebbe stato molto più adatto il vino di bacche che non dell’acqua pura e semplice, tanto più che il vino di questo tipo che tu hai in cantina è particolarmente buono e forte!»

9. E l’oste rispose: «Miei cari vicini, questa cosa la so come qualunque altro di voi; però io so pure che da stamani fino a poco fa voi vi siete intrattenuti con questi discepoli, e che voi stessi avete finito con il riconoscere Chi veramente e propriamente è questo Maestro di tutti i maestri e come per Lui non vi è niente di impossibile! E altrettanto voi avreste dovuto aver sentito che Egli, non soltanto qui ieri sera ma perfino già prima in vari altri luoghi della Galilea, ha trasformato nel più eccellente vino l'acqua mediante la sola benedizione della Sua Volontà e che ogni volta gli ospiti meravigliati si trovarono a poter gustare un vino fra i più squisiti. Almeno a me ieri uno dei discepoli mi confidò in segreto che un tale prodigio il loro Signore e Maestro l'ha già compiuto molte volte, e quindi sono consapevole di questo fatto; ma a voi i discepoli non hanno raccontato ancora niente di tutto ciò?»

10. Disse allora quel vicino che si era preoccupato per il vino silvestre: «A dire il vero, i discepoli hanno raccontato anche a noi varie cose in proposito, ma appunto perché sappiamo benissimo Chi è questo Signore e Maestro, noi, che siamo peccatori, non ci siamo azzardati a pregare il santo Jehova perché volesse rinnovare anche in nostra presenza il prodigio; però noi siamo perfettamente convinti che l'acqua recata qui è già trasformata, diciamo, nel vino più puro! Perdonami dunque per questa volta la mia preoccupazione forse un po' troppo precipitosa per il vino silvestre!»

11. Rispose l’oste: «Oh, ormai non c'è più niente da perdonare; e adesso mangiate e bevete pure a vostro piacimento!».

12. Noi facemmo poi lietamente onore al pranzo, e in quella occasione la nostra conversazione fu molto animata, come era già successo altre volte e in altri luoghi.

13. Trascorse così due ore tra liete conversazioni a mensa, si presentò un vicino che dimorava in un luogo alquanto lontano da quella località, che fino ad allora non aveva saputo nulla della Mia presenza da quelle parti. Egli aveva l'aspetto di un uomo che fosse in preda alla disperazione e, rivoltosi al padrone di casa, gli parlò così: «O Barnaba, Barnaba, siamo perduti! Come sia accaduto, non saprei dirtelo; però sta il fatto che la nostra unica e necessaria via di comunicazione con Nahim non esiste più! La strada finisce in un punto dove si arriva ad una specie di parapetto oltre il quale non si vede che un abisso che fa venire le vertigini a guardarlo! Scendere da quella parte sarà possibile ad un uccello, ma ad un essere umano no di certo! Ora un'altra via d'uscita io non la conosco, dato che queste montagne, da qualunque parte si voglia andare, terminano dappertutto con delle pareti di roccia estremamente erte; cosa faremo dunque quando ci mancherà il sale? La mia provvista, per esempio, è già esaurita, e la vostra non tarderà molto a finire; e poi che cosa faremo? Chi mai può averci fatto una cosa simile?»

14. E l’oste gli rispose: «Oh, non stare in ansia per questo! Anche se non ti fu possibile trovare finora un'altra via d'uscita, qui c'è tuttavia della gente che conosce una via molto più comoda, ed è questa che noi in avvenire utilizzeremo per scendere a valle. Qui, vedi, ci sono dei forestieri, ospiti miei; questa è della gente meravigliosa che conosce molto bene la via migliore di cui ti ho parlato e che non tarderà ad indicarcela. Del resto d'ora innanzi non avremo più gran bisogno di farne uso, visto che il Maestro, questo grande Maestro di tutti i maestri del mondo, ci indicherà dove in queste nostre montagne esiste un giacimento di sale ancora migliore di quello di Nahim. E adesso siediti qui e mangia e bevi con noi!»

15. Il vicino non se lo fece dire due volte, prese posto alla mensa e mangiò e bevve con noi, e non poté nascondere la sua meraviglia per la squisitezza del vino, tanto che fu indotto a domandare all'oste dove l'avesse trovato.

16. L'oste però gli rispose: «Guarda qui! Questo Maestro dei maestri – che siede qui con noi a mensa e che unicamente per l'onnipotenza della Sua Parola ha guarito in un solo istante Elisa, mia figlia, che vedi seduta qui al mio fianco ha creato per noi anche questo eccellente vino traendolo fuori dall'acqua, e certamente sempre nella stessa maniera Egli farà in modo che noi possiamo avere a disposizione un giacimento di sale. E ora dimmi se sei ancora angustiato per il fatto che appunto questo vero Signore e Maestro, mediante la Sua onnipotente Parola, ha sbarrato a nostro vantaggio per sempre quel sentiero pericolosissimo, e ne ha aperto invece un altro, nascosto e comodo, per il quale potremo condurre su e giù tranquillamente il bestiame a noi necessario! Sei d’accordo?»

17. E quel vicino allora esclamò: «Oh, davvero se le cose stanno così, come ormai non dubito affatto, la questione si risolve senz'altro in maniera eccellente per tutti noi, perché io già da molto tempo nutrivo dei gravi timori che gli abitanti di Nahim finissero con il fiutare la nostra presenza quassù e che fossero spinti a rivelarla ai romani o agli ebrei di Gerusalemme, ciò che non sarebbe una fortuna per noi. Invece così noi potremo ancora godere per lungo tempo delle benedizioni di questa rara vallata montana, senza bisogno di dover pagare un tributo a quei luridi crapuloni del mondo. Ma adesso desidererei sapere qualcosa di più preciso riguardo a questo straordinario operatore di miracoli! Fatemi dunque il favore, e raccontatemi qualcosa in proposito!»

18. L'oste però gli rispose: «Lascia stare per ora questo argomento! Questo divino Maestro si tratterà per qualche tempo ancora fra noi insieme ai Suoi discepoli; per conseguenza non ti mancheranno affatto le buone occasioni di fare una conoscenza più intima con Lui!».

 

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Cap. 269

Della giusta via e del giusto sale.

 

1. Dico Io: «Ascoltate! Noi abbiamo ormai rinvigorito con cibo e bevande le nostre membra; alziamoci dunque e andiamo un po' a vedere dove si trova la nuova via che scende verso Nahim! Inoltre, qualora nessuno di voi abbia qualcosa in contrario sul fatto che pure nel giorno di Sabato si faccia del bene, Io vi mostrerò il giacimento di sale - che è molto ricco - esistente in queste montagne, visto che tu, o Barnaba, lo hai già menzionato. Voi tutti, che siete qui, venite con noi, dato che è opportuno che quello che Io vi mostro e vi dono qui, rimanga un bene comune di tutti coloro che dimorano in questa vallata!».

2. Noi dunque ci alzammo dalla mensa e ci inoltrammo per un bel tratto di strada salendo nella valle fino a raggiungere una parete rocciosa la quale, ad un'altezza di poco più di un uomo dal suolo, mostrava un'ampia fenditura in cui si poteva penetrare facilmente con l’aiuto di alcune grosse pietre fatte rotolare in fretta sul posto. Ci trovammo quindi ben presto dentro a quel crepaccio abbastanza largo in fondo al quale si poteva vedere l'ingresso di una specie di caverna.

3. Io allora, rivoltoMi alla compagnia, dissi: «Ecco, attraverso questa grotta passa la nuova via della quale vi parlai, che è assolutamente comoda e niente affatto pericolosa! SeguiteMi e convincetevene con i vostri occhi! Soltanto all'altra estremità questa caverna si restringe un po’; tuttavia è sempre larga abbastanza per farvi passare un bue. Certo, nel mezzo di questo corridoio coperto, troveremo un po' meno di luce di qui; però ce n'è sempre in quantità sufficiente, e ciascuno di voi potrà benissimo vedere sempre dove dovrà posare il piede».

4. Allora penetrammo senza alcuna difficoltà nella caverna, la percorremmo tutta, e quando fummo usciti dall'altra parte all'aperto, ci trovammo di fronte ad un lieve pendio accessibilissimo e che non presentava alcun pericolo, ricoperto scarsamente di erba e di muschi, il quale conduceva giù fino alla pianura. Certo, quella via appariva quanto mai desolata, ma questo si risolveva appunto in un bene, dato che raramente soltanto qualche viandante era attirato da quelle parti, e perciò i nostri abitanti dell'alta valle montana avrebbero potuto scendere inosservati in pianura.

5. E allorché Barnaba e tutti coloro che si erano uniti all'esplorazione si furono persuasi di questo, si prostrarono ai Miei piedi ed esclamarono: «Noi Ti ringraziamo, o Signore, dal più profondo dei nostri cuori, perché mostrandoci questa via, nuova e sicura, Tu ci hai arrecato un beneficio indicibilmente grande, e ci hai liberato dalla grande pena che rappresentava per noi l'altro sentiero, aspro ed irto di pericoli!»

6. Ma Io dissi loro di alzarsi ed aggiunsi queste parole: «Come Io vi ho mostrato qui una nuova via sicura che voi potrete percorrere senza alcun disagio, così Io mostrerò a tutti voi un'altra via, l'unica vera, buona e sicura per giungere alla Vita eterna!

7. Questa via Io ve la indico soltanto con pochissime parole e tali parole sono: “Siate umili e mansueti di tutto cuore! Amate Dio sopra ogni cosa, e il vostro prossimo come voi stessi, perché in ciò si compendia tutta la legge e tutti i profeti!”. Inoltre credete che appunto Io sono Colui che è stato promesso da Dio e del Quale i profeti hanno annunciato; e così la porta e la via al Regno di Dio, che ora è venuto a voi, vi saranno aperte nella stessa maniera di come adesso vi è stata indicata e aperta un'altra via: quella che conduce da questa alta valle giù verso le pianure della Terra!

8. Che nei due precetti dell'amore siano compresi tutti i Comandamenti di Mosè, questo si comprende da sé, perché chi ama Dio sopra ogni cosa, di certo si asterrà da tutto ciò che è peccaminoso, e non peccherà contro l'uno o l'altro comandamento di Dio; e chi ama il prossimo suo come se stesso, certamente non vorrà male al prossimo, né, meno ancora, gli farà del male.

9. Che voi vi prendiate a cuore queste Mie parole e che vi conformiate pure le vostre opere, tutto ciò costituisce poi il vero sale della vita, ed Io proprio per questo vi indicherò e vi darò anche un sale naturale. Abbandoniamo dunque questo luogo, rientriamo nella vostra valle, e là, in un angolo sconosciuto ancora a tutti voi, troveremo un sale buonissimo e assai puro! È tempo che ci avviamo verso quel luogo».

10. Tutti allora Mi ringraziarono con gran fervore, e insieme prendemmo la via del ritorno.

 

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Cap. 270

La rupe del sale. La cena miracolosa e benedetta.

 

1. Quando rientrammo nella valle e ci trovammo di nuovo davanti alla fenditura nella roccia, tutti si affrettarono a collocare dei segnali da quel punto fino alle case più vicine, per poter trovare quella via d'uscita in futuro. Poi ci volgemmo dalla parte opposta e ci incamminammo verso la dimora di quel vicino che abitava in un luogo piuttosto appartato dal resto del villaggio: la sua casa sorgeva su una collina abbastanza alta ed era distante circa mezz'ora di cammino dalle altre dimore.

2. Giunti là, Io Mi rivolsi al padrone di casa e gli dissi: «Guarda nella direzione dove tra poco il Sole si nasconderà dietro alla montagna, tu puoi vedere a poca distanza da qui una parete bianca di considerevole estensione. Vedi, quello è tutto sale, e voi lo potete adoperare senza bisogno di pulirlo prima! Soltanto abbiate cura di usarne in quantità un po' moderata per condire i vostri cibi, perché questo sale è più concentrato di quello di Nahim, anche se il sale di Nahim viene ricavato dallo stesso filone, ma certo molto più giù a valle. Chi di voi vuole andarci, potrà convincersi della cosa e portarcene qui un campione!»

3. Il padrone della casuccia si offrì di andarci immediatamente lui stesso, visto che, di passo un po' svelto, non occorreva più di un quarto d'ora scarso per arrivarci. Egli prese con sé una vanga e un vaso, tolse con facilità alcuni pezzi dalla parete, ne riempì il vaso e ce lo portò subito. Tutti assaggiarono il sale e lo trovarono eccellente. Allora tutti Mi rinnovarono i ringraziamenti, dopo di che Io benedissi la sua casuccia situata in alto, e poi l'intera compagnia prese la via del ritorno. Anche il padrone della casuccia lontana si unì a noi, e condusse con sé pure sua moglie e qualcuno dei suoi figli più grandicelli.

4. Quando arrivammo alla casa di Barnaba, tutta la popolazione del luogo già ci attendeva ed espresse ad alta voce la sua contentezza per averMi potuto rivedere tra di loro.

5. Ed il vicino, che Io avevo guarito dal morso del serpente verso mezzogiorno, gridò a pieni polmoni: «Osanna quassù a Colui che è venuto da noi! Qui ora è giunta la vera nuova Gerusalemme di cui un profeta ha già annunciato; ma l'antica Gerusalemme invece, la perversa, tra breve cadrà in rovina!»

6. A questa previsione tutti fecero coro con tanto entusiasmo e potenza di voce chele molte e alte pareti delle montagne ne rimandarono molteplicemente l'eco. Quegli abitanti, che ancora non conoscevano un simile fenomeno naturale, reputarono allora che Io dovevo essere una Personalità spirituale di grado supremo per il fatto che perfino gli spiriti dell'aria e dei monti si erano associati alle loro parole di lode!

7. Sennonché Io stesso spiegai loro un tale fenomeno, ed essi accolsero la Mia spiegazione con animo grato; però vollero provare ancora una volta le loro robuste voci e constatarono sempre lo stesso effetto della riflessione del suono anche senza gli osanna.

8. Ed essi credettero tutti e dissero: «Tu solo sei il Verissimo, perché un affiliato al Tempio ci avrebbe già lapidati se non avessimo creduto che si sia realmente trattato di spiriti della montagna e dell'aria!».

9. Allora Io dissi all'oste che egli avrebbe dovuto pensare a come provvedere la cena per tutti quei molti ospiti che erano circa duecento.

10. Allora l'oste rispose: «O Signore, tutto quanto c'è in casa mia verrà preparato e messo a disposizione degli ospiti; soltanto temo che sarà difficile possa bastare per tutti!»

11. Ed Io gli dissi: «Va dentro e vedi di che puoi disporre!».

12. E l'oste andò, esaminò tutte le sue dispense e le trovò ricolme di pane, vino, latte, miele, pesce fresco ed ancora una grande quantità della farina più fine per preparare il pane e altri cibi.

13. Egli ritornò ben presto fuori, si batté il petto ed esclamò: «Oh, questa è una cosa che va molto al di là di ogni mia concezione! Io so esattamente quanto si trovava prima nelle mie dispense; c’erano solo delle esigue provviste, sufficienti per i bisogni della mia famiglia, ed ora c'è invece un'abbondanza addirittura stragrande! Sei stato di nuovo Tu, o Signore! Oh, adesso si potrà preparare la cena non per soli duecento, ma anche per mille! Dove prendere adesso il personale necessario per allestirla? Bisognerà che i buoni vicini ci diano per oggi tutti una mano, altrimenti i miei pochi servitori non ne verrebbero a capo nemmeno fino a domattina!».

14. Ma quando le donne, madri e figlie, che erano là presenti, ebbero udito questo, si offrirono tutte e si affrettarono alla cucina molto spaziosa mettendosi subito al lavoro, tanto che in un'ora fu pronto il grande banchetto.

15. Quindi la cena era ormai pronta, sennonché allora sorse un altro inconveniente, e cioè l'oste disponeva di pochissimi tavoli e sedie, e oltre a questo i locali di casa erano eccessivamente angusti per duecento persone. Per farla breve, sotto questo aspetto c'era carenza di tutto; egli quindi ritornò da Me e Mi pregò che Io lo consigliassi riguardo a ciò che egli avrebbe dovuto fare in quella situazione.

16. Io dissi: «Sì, o Barnaba, amico Mio, in maniera naturale si potrà fare ben poco! Se non facesse così freddo su questa altura, si potrebbe rimanere qui all'aperto; ma le sere vanno ormai facendosi rigide e parecchio tenebrose, quindi non fa più bene restare all'aperto. In una stalla di pecore certo trovano posto molte pecore tranquille, ma considerato che a te mancano pure le necessarie panche e i tavoli, la cosa è difficile da sistemare. Anche per quanto riguarda l’illuminazione Mi sembra che in casa tua, vista la circostanza, non vada tanto bene! Queste cose Io non le ignoro. Ad ogni modo troveremo il mezzo per poterci alloggiare tutti comodamente. Rientra in casa adesso, prendi visione di quanto puoi disporre per quello che riguarda i tavoli e le panche, e poi ritorna da Me e riferisciMi qual è la situazione!».

17. Allora l'oste rientrò in casa, esaminò tutto e ritornò poco dopo tutto sbalordito. Io gli chiesi come stessero le cose.

18. E Barnaba, sempre in preda a stupore, rispose: «O Signore, Tu, immensamente buono, ora vedo con chiarezza assoluta che per Te non c'è proprio niente di impossibile! Le stanze nella parte posteriore della mia casa sono ampliate per più che la metà, e di tavoli e panche ce ne sono più che a sufficienza, né mancano i lumi che diffondono una luce bellissima. Le mense sono già tutte imbandite, e non manchiamo che noi per fare onore a quanto vi è sopra di buono; perciò, da misero peccatore che sono, esprimo l'opinione che non ci resta altro da fare che andare e approfittare di questa cena prodigiosa»

19. Io dissi: «Sì, così faremo; seguiteMi dunque tutti, perché in voi Io ho fatto un buon raccolto!».

20. E così dicendo Mi avviai per primo e tutti gli altri Mi seguirono. In pochi istanti ci trovammo tutti a mensa, radunati in buon ordine.

21. Prima però che qualcuno avesse accostato qualcosa alla propria bocca, l'oste si alzò in piedi e così parlò: «Ascoltatemi voi tutti, o miei cari vicini! Questa cena è davvero un banchetto divino tenuto nel Paradiso che andò un giorno perduto per colpa degli uomini! Ma ora il Dio e Signore grande e santo, Egli in Persona, ce l'ha ridonato questo Paradiso! Egli - prodigio sublime fra tutti i prodigi - siede corporalmente in mezzo a noi, ed Egli in Persona ha preparato per noi questo banchetto veramente paradisiaco! Questa cena è quindi qualcosa di supremamente benedetto e santo. Noi però non siamo che dei peccatori e tuttavia, pur essendone indegni, desidereremmo quanto mai gustarla. Oh, ma dunque preghiamo tutti prima il Signore che Gli piaccia concederci la grazia di condonarci i nostri peccati, per poi reputarci anche un po’ soltanto più degni di prendere parte a questo sacro banchetto sedendo al Suo fianco! Perciò alzatevi ed invocate con me: “O Signore, o prodigioso Padre! Perdonaci i nostri peccati, affinché possiamo essere più degni di sedere a mensa con Te!”»

22. Io allora parlai così: «Io sono un medico, e sono venuto a guarire gli ammalati. Anche un peccatore però è un ammalato, e così anche voi eravate ammalati nell'anima e nel corpo. E perciò sono venuto a visitarvi e vi ho completamente risanati, e conseguentemente voi non siete più dei peccatori; sedete dunque, e mangiate sereni d'animo e bevete a vostro piacimento! Ed a te, o Mio Barnaba, Io dico che le tue parole hanno procurato una grande gioia al Mio cuore; perciò anche a voi tutti sarà dato di sperimentare in Me la Gloria di Dio in misura maggiore ancora dell'attuale! Ed ora mangiate pure!»

23. A questo invito tutti si sedettero, Mi ringraziarono e cominciarono a mangiare e a bere con grande letizia. Io, nonché i discepoli, facemmo altrettanto. Durante il pasto però la conversazione fu poco animata e, terminata la cena, tutti i vicini che erano stati nostri ospiti in quella serata si alzarono e, poste le mani sul petto, Mi espressero ad alta voce i loro ringraziamenti per quel banchetto di paradisiaca squisitezza. Finito il rendimento di grazie, essi accennarono a voler ritornare alle loro case; Io però dissi loro che essi avrebbero potuto fermarsi per qualche tempo ancora per discutere un po’ sugli avvenimenti verificatisi durante la giornata del Sabato ormai trascorso.

 

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Cap. 271

Della modestia, della mansuetudine e dell'umiltà.

L'aurea via di mezzo.

 

1. E uno di loro prese la parola e disse: «Vedi, o Signore e Maestro! Quando nel proprio animo si è colmi di mille e mille pensieri sul Tuo conto, sulle Tue opere e sulla Tua Dottrina, e non si è ancora arrivati pienamente allo stato di serena pace, allora riesce ben difficile parlare, perché non si sa da dove cominciare e dove finire! Oltre a questo non va trascurato il fatto che qui ci sei Tu stesso: Tu, cui è certamente noto ciascun pensiero prima ancora che esso sia sorto in noi e che l’abbiamo percepito! Ma allora, alla Tua Presenza personale, di che cosa potremmo discutere e su che cosa intrattenerci? Oh, se a Te qui piacesse parlare ancora riguardo a qualche argomento, noi ben volentieri Ti ascolteremmo tanto a lungo quanto a Te fosse gradito farTi sentire, ma i nostri soli discorsi non potrebbero sicuramente essere che ben magra cosa!»

2. Io dissi: «Ascoltate! La modestia è certo una bella virtù, e non potrà mai essere abbastanza raccomandata all'uomo; tuttavia essere eccessivamente modesti spesso non è saggio, perché mediante una esagerata modestia si rischia di indurre il prossimo alla supervalutazione delle sue capacità, per quanto buone esse siano, e gradatamente poi addirittura all'orgoglio, ciò che non è affatto buono, anzi, al contrario, è invece molto cattivo. Trattandosi di Me rispetto a voi, questo certamente non può sicuramente mai accadere, ma può succedere molto facilmente quando voi vi trovate di fronte ai vostri simili!

3. Vedete, la modestia spesso eccessiva della gente, del resto onestissima, rispetto a coloro che dimostravano di essere dotati di particolari talenti e di speciali capacità, nonché l'esagerata ammirazione tributata e gli onori resi a questi, ebbero sempre il potere di farne dei re, e alla fine dei superbissimi tiranni, come pure dei sacerdoti, superbi oltre misura! Per conseguenza è bene che anche nel praticare le virtù quali sono l'umiltà, la mansuetudine e la modestia, voi osserviate sempre l'aurea via di mezzo; altrimenti, per quanto liberi siate attualmente, sareste voi stessi con il tempo a contribuire al sorgere di individui simili, i quali poi si imporrebbero a voi con estrema durezza, e non vi resterebbe altro che gemere e sospirare sotto l'asprezza del loro giogo.

4. Io so bene che le Mie opere e le Mie parole vi hanno tolto il coraggio di dire qualcosa in Mia presenza, sennonché la cosa in sé non ha tanta importanza quanta ne ha invece che nei vostri cuori crediate che sono Io, appunto, Colui che da parte di Dio è stato promesso per bocca dei profeti anzitutto al popolo di Israele, e mediante questo a tutti i popoli della Terra.

5. Se voi crederete questo in maniera vivente ed osserverete con le opere la Mia Dottrina ed i Miei leggeri comandamenti, accoglierete il Mio Spirito, e con l'ausilio di questo Spirito voi compirete opere ancora maggiori di quelle da Me compiute in questi giorni dinanzi ai vostri occhi, dato che, se voi siete figli dell'unico e medesimo Padre nel Cielo, a voi evidentemente spettano in eredità le Sue perfezioni, cosa alla quale voi siete chiamati. Voi pure quindi potrete agire e fare come e quanto ora già possono agire e fare questi Miei discepoli quando se ne presenta la necessità. Ma dato che adesso conoscete queste cose, potete senz'altro parlare in Mia presenza e di questi Miei discepoli senza qualsiasi soggezione e timore!

6. Infatti, vedete, se non fosse mai possibile compiere tali cose, Io certamente non avrei mai raccolto intorno a Me dei discepoli allo scopo che fossero perfetti tanto quanto perfetto è il Padre nel Cielo ed in Me, poiché Io di sicuro non ho affatto bisogno degli uomini per farne dei servitori, considerato anzi che Io stesso posso servire tutti gli uomini, ed effettivamente li servo sempre. Se proprio Io volessi avere degli esseri per servirMi, basterebbe un atto della Mia Volontà e in un istante delle schiere infinite di angeli, fra i più potenti, sarebbero a Mia disposizione, pronti al Mio minimo cenno. Da ciò voi potete già trarre la fondatissima conclusione che Io ho preso con Me dei discepoli unicamente allo scopo che essi imparino da Me tutto quello che Io stesso so fare e che per la stessa ragione sono anche venuto da voi quassù in montagna. Ed ora diteMi se malgrado ciò avete ancora timore di parlare in Mia presenza!».

 

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Cap. 272

Il linguaggio di rispondenza dei profeti.

 

1. Rispose il vicino che aveva la sua dimora appartata dalle altre: «O Signore, ora noi osiamo parlare, ma basterebbe sapere di che cosa! C'è inoltre la questione che, come facilmente si comprenderà, la mente di noi tutti è ancora molto ingombra di tutto ciò che oggi abbiamo udito, visto e appreso. Dunque, qualora mi fosse lecito chiederTi qualcosa, questo consisterebbe nel fatto che a Te piacesse rivelare a noi tutti, oppure anche a me solo, cosa sarà un giorno di me dopo la morte inevitabile di questo mio corpo.

2. Io vorrei sapere: la pura anima conserverà la coscienza del proprio essere, oppure tale coscienza si ridesterà nell’anima solo dopo la resurrezione della carne annunciata dai profeti? Pare che questa resurrezione generale avverrà in un certo ultimo giorno, il cui sorgere, in fatto di tempo, è una cosa quanto mai indefinita; in questo giorno spaventoso i giusti davanti a Dio riceveranno il loro premio eterno nel Cielo, mentre i peccatori riceveranno invece la loro eterna punizione nell'inferno.

3. Ebbene, queste sono davvero dottrine con le quali né il mio sentimento, né il mio intelletto sono potuti mai andare pienamente d'accordo! Come si deve intendere secondo verità questa cosa, oppure sono da prendersi veramente alla lettera queste parole?

4. In verità, se fosse secondo quest’ultima ipotesi, ci sarebbero poche buone prospettive per l'umanità, e, date simili circostanze, sarebbe evidentemente mille volte meglio non essere mai nati e mai diventati uomini! Infatti, quante migliaia di migliaia di persone non sanno niente della nostra dottrina, sono dei pagani immersi nelle tenebre e la loro sorte immeritata dovrebbe essere quella della dannazione perpetua dentro il fuoco atrocissimo dell'inferno!

5. Davvero, se ben considero la Sapienza, l'Amore e la Bontà di Dio, un simile decreto finale a carico degli uomini mi appare quasi impossibile! O Signore, Tu certamente potrai darci una spiegazione migliore in proposito! Se proprio così dovesse essere, noi, uomini, saremmo le creature più infelici su tutta questa Terra!»

6. Io dissi: «Veramente, Miei cari, spiegarvi questa cosa in poche parole è per il momento alquanto difficile; ad ogni modo tutto ciò Io l'ho già dichiarato in ogni suo dettaglio ai Miei discepoli, e questi a loro volta lo spiegheranno a voi.

7. Quanto hanno scritto i profeti a questo riguardo, in seguito ad ispirazione interiore, essi lo hanno esposto ricorrendo ad immagini, le quali sono unicamente delle rispondenze delle nude verità che vi si trovano nascoste. A chi dunque è esperto nell’antica scienza delle rispondenze, riuscirà ben presto chiaro tutto quello che i simboli dei profeti vogliono significare.

8. Voi però non avete udito mai nulla in fatto di rispondenze e, per conseguenza, della Scrittura voi non conoscete che il rozzo senso naturale; sennonché nelle immagini dei testi dei profeti c'è sempre un triplice senso: anzitutto il senso spirituale-naturale, poi esclusivamente lo spirituale, e infine il senso puramente celestiale, scaturito fuori dal cuore di Dio.

9. Al primo si conforma la vita morale dell'uomo in maniera tale che egli, quale uomo naturale, per effetto di una buona educazione avvia il proprio pensare e il proprio agire così da non restare attaccato alla materia, ma da allontanarsi da essa, e da metterla a profitto unicamente per quanto essa gli può giovare per penetrare, per mezzo suo, sempre più profondamente e chiaramente nel puramente spirituale. Chi fa così essendone prima stato ammaestrato, troverà anche ben presto la rispondenza fra materia e spirito. Arrivato a questo punto, egli poi dallo spirituale trapasserà al celestiale, ovvero al puramente spirituale; da qui poi il passo fino al celestiale puramente divino è facile; e solo qui gli diventerà assolutamente chiaro tutto quello che alla fin fine contiene la Scrittura dei profeti come completamente rivelato.

10. Chi invece reputa di possedere tutto della Scrittura avendo esclusivamente le immagini materiali che la compongono, costui dimostra di essere egli stesso ancora puramente materia, la quale è giudicata e deve esserlo, e il giudizio di tale materia egli continua a conservarlo nella propria scienza e nel proprio sentimento per tutto il tempo della vita terrena, ed egli si trova sospeso in permanenza fra il timore e l'angoscia di dover trapassare, dopo la morte del corpo, anche con la sua anima in quello stato puramente materiale, nel quale la Scrittura rappresenta e descrive simbolicamente lo stato della materia.

11. Però Io dico ora a te e a voi tutti che nell'aldilà le cose stanno in tutt’altro modo da come è espresso nelle immagini della Scrittura.

12. Le parole della Scrittura sono simili al guscio di un uovo dentro al quale si nasconde pure un triplice elemento, cioè il bianco e il giallo e solo nel mezzo del giallo vi è il piccolo groviglio vitale rossiccio che cela in sé il germe della vita.

13. Ora è necessario che questo involucro esista dappertutto nel mondo materiale dove mai ci sia veramente qualcosa, affinché l'interiorissimo elemento divino non possa venire profanato in nessun luogo, mai e da nessuno. Ma dato che ovunque in ogni cosa naturale esiste anche lo spirituale, il celestiale e il divino, ciò che evidentemente dimostra l'Onnipresenza della Volontà divina, ne consegue che vi deve essere rispondenza anche fra tutto ciò che si trova nel mondo, nel regno degli spiriti, nel Cielo, e infine addirittura in Dio stesso.

14. I Miei discepoli però, i quali sono ormai a conoscenza di molte cose, vi forniranno, durante la Mia permanenza piuttosto lunga in mezzo a voi, i necessari particolari in proposito, e in più di un'occasione vi dimostreranno che essi sono veramente Miei discepoli, ad eccezione di uno solo, il quale finora non ha compreso troppo a causa del suo cuore ancora e sempre avido di averi e dedito all'utile mondano. Ma gli altri undici e lo scrivano Matteo sono già diventati molto esperti nella Sapienza di Dio, e voi apprenderete e potrete apprendere molte cose da loro; Io dunque vi consiglio senz'altro di ascoltarli!»

15. A questo punto Pietro intervenne e disse: «Signore, la Tua testimonianza divina è certo immensamente superiore a tutte le testimonianze di questo mondo; tuttavia noi sentiamo di non esserne di gran lunga ancora degni»

16. Io dissi: «Fra gli uomini a questo mondo non esiste altra dignità se non quella che essi sono l’immagine di Dio, e questa è la ragione per cui l'uomo è tenuto ad amare e stimare il prossimo. E se qualcuno ascolta la Mia Parola, ci crede e opera in base ad essa, costui è anche degno che Io renda una testimonianza vera di lui, perché chi rende testimonianza di Me, di costui Mi faccio anch’Io testimone validissimo dinanzi al Padre Mio nel Cielo di ogni Vita. Ma se Io rendo testimonianza di qualcuno anche davanti al mondo, Io non lo faccio perché egli ne abbia gloria al cospetto del mondo, ma in questo modo Io indico che la verità da Dio è in lui; e in questa forma voi potete già sopportare la Mia testimonianza!».

 

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Cap. 273

L’avidità di denaro di Giuda Iscariota.

 

1. Allora i discepoli Mi ringraziarono tutti, ad eccezione di uno; fu per questo che Tommaso lo rimproverò aspramente.

2. Quell’uno (Giuda Iscariota) però disse: «Io Lo ringrazio in silenzio per tutto quello che ho ricevuto; ma voi, secondo la Sua testimonianza, avete ricevuto più di me; per conseguenza è anche giusto che ringraziate il Signore per quanto vi è stato dato in più. Voi potete compiere ogni tipo di prodigi, mentre a me non ne riesce uno, per quanto io abbia fede che debba riuscirmi; voi invece siete già in grado di compiere quasi tutto! Ora per quello che non ho ricevuto ancora, io non posso ringraziare, e devo limitarmi a pregare che mi venga dato. Io ho davvero pregato molte volte in segreto che mi venisse concesso questo, ma finora all'infuori di cibo, bevanda e insegnamenti non ho ancora ottenuto nulla; per quest’ultimi sì che sono tenuto a ringraziare, ma certo non per la facoltà di operare miracoli! Comprendetemi dunque se volete comprendermi!».

3. Queste furono le parole dette da costui piuttosto a voce bassa, ma vennero benissimo intese dagli altri discepoli e da Me stesso.

4. Io allora gli dissi: «Tu, Giuda Iscariota, hai perfettamente ragione se non Mi ringrazi di ciò che non hai ottenuto in abbondanza al pari degli altri discepoli; ad ogni modo, quando alcuni mesi fa vi inviai in Galilea per preparare la gente alla Mia venuta, Io diedi a te come agli altri la facoltà di operare dei prodigi; sennonché tu, avido di denaro come sei, incominciasti a fare di tale facoltà un vero mercato, e i prodigi da te compiuti te li facesti pagare a caro prezzo. Con questo mezzo in poche settimane ottenesti una buona quantità di oro e di argento ai quali il tuo cuore era tanto affezionato. Ma poiché il tuo cuore era così tanto affezionato al più lurido letame della Terra, mentre alla facoltà di operare prodigi il tuo cuore ci teneva soltanto in quanto era condizione per l'acquisto del letame stesso - poiché questa era assolutamente la tua situazione -, allora per sagge ed eccellenti ragioni tale dono ti è stato tolto, ma non ti è stata tolta la Dottrina, e per conseguenza puoi senz'altro impartire anche tu agli uomini l’insegnamento riguardante la venuta del Regno di Dio sulla Terra, purché tu lo voglia; se non lo vuoi, puoi anche farne a meno! Però la Mia opinione è questa: se a te non da fastidio il mangiare e bere, non dovrebbe nemmeno darti fastidio lavorare un po’per te e per Me!»

5. Allora, tutto confuso, Giuda Iscariota disse: «Oh, questo lo faccio di sicuro volentieri, ma i fratelli non sempre me lo permettono, e così, visto che io non intendo discutere, preferisco restarmene tranquillo e tacere!»

6. Io dissi: «Sì, hai di nuovo ragione, però fino ad un certo punto, ed è per questo che i fratelli non ti lasciano continuare le tue prediche, quando si accorgono che tu, verso la fine dei tuoi sermoni, cominci a lasciar trapelare delle intenzioni per niente pulite; vedi dunque di evitare in futuro questa cosa, e allora potrai continuare e finire le tue prediche assolutamente indisturbato! Che scopo hai di chiedere l'elemosina agli ascoltatori, quando presso di Me nessuno ha mai sofferto nessuna mancanza? Fa dunque anche tu come Io voglio che sia fatto, e allora farai tutto bene, e nessuno ti sarà di ostacolo nel tuo agire! Mi hai compreso bene?»

7. Risponde Giuda Iscariota: «Sì, Signore e Maestro, io mi sforzerò di adempiere alla Tua Volontà! Ma ora lasciate che io me ne vada un po’ fuori all'aperto, perché ne sento assoluto bisogno!».

8. A questo punto egli si alzò in fretta e uscì all’aperto. Ma lo fece perché si sentiva smascherato e svergognato.

9. Allora l'oste Mi domandò com'era possibile che il discepolo uscito di casa in quel momento non fosse ancora così perfetto come gli altri.

10. Io dissi: «Mio caro amico, ciò dipende dal suo egoismo il quale emerge ogni tanto. Egli è un pentolaio di professione, e con questa sua attività ha guadagnato molto denaro nei mercati. Quando però udì parlare di Me, venne da Me, ascoltò le Mie parole e assistette alle Mie opere, poi Mi pregò di far parte egli pure dei Miei discepoli. Io glielo permisi, e così fu che anche lui divenne Mio discepolo. Tuttavia egli è sempre rimasto quello che era prima, vale a dire un mercante, e continua a considerare il denaro come una cosa indispensabile per la vita terrena. Per conseguenza la sua brama è poter sempre operare prodigi, ma soltanto a suo vantaggio e farseli pagare come fanno i maghi! Siccome però simili scopi non si possono né è lecito che si possano conciliare con la facoltà da Me conferita di operare prodigi, è accaduto che per propria colpa egli ha perso la facoltà concessagli, ed è perciò che ora egli è sempre un po' scontento dentro di sé. Quanto al resto, però, egli è consapevole di tutto, ed è un buon oratore, e quando ammaestra qualcuno riguardo a Me e alla Mia missione dai Cieli, le sue parole ottengono sempre degli effetti eccellenti e quindi egli è, come gli altri, un apostolo scelto tra i Miei discepoli che all’inizio erano settantadue. Ecco che ormai tu sai chi è lui e che cosa puoi pensare di lui»

11. Disse l'oste: «Ah, questa è una cosa che va senz'altro presa nella debita considerazione, ed io mi riservo di intrattenermi spesso con lui! Ma ora non mi dispiacerebbe sapere che cosa ne è stato degli altri sessanta discepoli! Com'è che non hanno potuto o voluto decidersi, come hanno fatto questi dodici, a seguirTi ovunque per ascoltare e vedere tante altre cose ancora che senza dubbio sarebbero state di immensa utilità per loro?»

12. Io dissi: «Essi hanno ascoltato e visto tanto che sanno esattamente quello che debbono fare per pervenire alla vita eterna, e di più loro non occorre. Date le particolari circostanze della loro condizione familiare, essi non hanno potuto seguirMi sempre e dappertutto; ed anche perciò Io li congedai temporaneamente; ma ben presto ritorneranno e Mi seguiranno ovunque, perché essi hanno accolto la Mia Parola, e secondo questa vivono ed operano, e la brama di rivederMi quanto prima si fa sempre più ardente in loro. Essi sono per lo più galilei, come lo sono anch’Io e questi Miei dodici discepoli principali. Ecco che ora sai anche questo conformemente alla pienissima verità; se desideri sapere ancora dell'altro, domanda pure!».

 

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Cap. 274

Degli Esseni e dei loro miracoli.

 

1. Disse l'oste: «Io vorrei chiederTi ancora qualcosa, ma vorrei essere certo che Tu non Te ne avrai a male!»

2. Io dissi: «Domanda pure quello che vuoi!»

3. L'oste così si espresse: «Ebbene, mentre io ero ancora levita nel Tempio, mi accadde di trovarmi in compagnia di alcuni esseni durante una missione a causa di certi arretrati delle decime! Questi si dimostrarono molto cortesi e mi raccontarono, assicurando che dicevano assolutamente il vero, come nel loro tempio, più grande ancora di quello vicino a Gerusalemme, venissero compiuti i miracoli più strabilianti.

4. Sostenevano che là tutti gli ammalati ottenessero indistintamente la guarigione, anzi addirittura i morti venissero richiamati in vita. Essi avrebbero esercitato un potere assoluto perfino sugli elementi e sulle forze dell'intera natura, e il Sole, la Luna e tutte le stelle si sarebbero dovuti sottomettere alla loro volontà, e così soltanto in loro e presso di loro l'uomo risulterebbe essere un vero signore della natura come lo fu un giorno il primo padre Adamo nei tempi anteriori al peccato. Presso di loro perfino gli alberi, l'erba, le pietre, l'acqua e l'aria e tutte le creature sarebbero costrette a parlare e a rendere loro testimonianza della pienissima verità. E se io non potevo crederci, sarebbe bastato che andassi con loro a convincermi personalmente di tutto ciò.

5. Orbene, la mia missione a favore del Tempio non esigeva troppa fretta, perché da noi se una questione non poteva essere definita in una settimana, allora si poteva, per risolverla, rimandare senza alcuna difficoltà anche alla terza settimana. Visto dunque che il tempo non mi mancava, io accettai l'invito amichevole dei due esseni. Con il sussidio di tre veloci cammelli, che i due avevano con loro, pervenimmo in breve tempo sul posto, tanto più che il mio lavoro di riscuotere le decime si svolgeva in una zona che non era molto lontana dai possedimenti degli esseni.

6. Una volta arrivati, i due mi presentarono subito il loro priore, persona estremamente cortese ed educata, il quale mi accolse con molta gentilezza e non mi fece mancare proprio niente; infatti, la sua ospitalità non lasciava davvero nulla a desiderare! Io mi trattenni là per otto giorni, e potei convincermi io stesso che tutto quanto mi era stato prima narrato dai due corrispondeva a piena verità. Molte volte la mia mente si occupò di tali cose, e maturai anzi il piano di passare dalla loro parte; sennonché non potei venire accolto a causa della mia giovane età, cosa questa che mi rincrebbe molto.

7. Ebbene, io vorrei sentire ora da Te qual è la Tua opinione riguardo a quell'istituto. Infatti, i loro prodigi sono del tutto simili ai Tuoi, tanto anzi che io in segreto ero dell’opinione che forse Tu stesso eri un esseno, perché anch’essi mi avevano detto che dal loro seno sarebbe sorto il Messia del mondo. Abbi dunque la bontà di chiarirmi maggiormente anche questa cosa!»

8. Io dissi: «Non lasciatevi sedurre dagli esseni, perché le loro parole sono menzogna, le loro azioni sono inganno, e le loro dimostrazioni di amicizia sono ipocrisia assoluta! Per loro lo scopo giustifica il mezzo con il quale lo scopo stesso viene raggiunto; per quanto il mezzo sia in se stesso miserando e malvagio, esso è reputato giusto e buono purché concorra al raggiungimento di uno scopo buono per l'umanità. Essi, naturalmente dietro compenso in denaro, fanno pure all'umanità parecchio del bene nel senso terreno; sennonché questo bene non è veramente un bene, dato che esso è un inganno assoluto.

9. Infatti, se qualcuno già in questa vita riuscisse a scoprire l'imbroglio, ciò che in un'epoca un po’ più illuminata non sarebbe proprio niente di impossibile, si troverebbe doppiamente infelice: una volta cioè per essere stato truffato nella maniera più ignominiosa pur avendo sacrificato molto denaro, ed una seconda volta per trovarsi costretto a tacere per evitare un malanno ancora più grave.

10. Questi esseni, tanto lodati e tanto ricercati in tutte le parti del mondo, mantengono dappertutto un numero stragrande di spioni i quali sotto le vesti più svariate girano in molti paesi. Per mezzo di questi spioni, i dirigenti e capi del grande istituto sono esattamente informati di tutto quello che di particolare succede nell'uno o nell'altro luogo; per conseguenza non è affatto consigliabile scendere in campo contro di loro, dato che essi non tarderebbero a venirne informati, e gli avversari si troverebbero esposti alla loro vendetta.

11. E questo, o Barnaba, per il momento ti basti; i Miei discepoli potranno poi fornirti in proposito dei chiarimenti più dettagliati; posso dirti anzi che fra di loro c'è un tale che fino a poco fa era egli pure un autorevole esseno, ed egli meglio di altri sarà in grado di spiegarti i loro miracoli, dopo di che avrai occasione di stupirti molto per la tua cecità di allora.

12. Adesso però noi usciremo fuori all’aperto, e ci allieteremo un po’ alla vista del cielo molto stellato di questa giornata!».

13. Tutti furono d'accordo con la Mia proposta; ci alzammo dunque tutti da mensa e ben presto ci trovammo all'aperto.

 

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Cap. 275

Uno sguardo al cielo stellato.

 

1. Tutti rimasero stupiti dinanzi alla grande maestà del cielo, e l'oste Mi domandò che cosa fossero veramente quelle innumerevoli stelle, grandi e piccole. Ed Io spiegai loro la cosa precisamente come avevo già fatto in precedenza in analoghe occasioni; anzi là Io feci qualcosa di più.

2. Dopo che per due ore consecutive ebbi spiegato tutto ciò che in proposito viera di più necessario e che in questo modo negli animi degli ascoltatori si accese sempre più la brama di convincersi molto più chiaramente e profondamente ancora - se fosse stato possibile - della verità delle Mie parole, allora, senza che avessero potuto presentire cosa e come, Io li trasferii tutti nello stato di veglia puramente spirituale, ed essi, con il loro sguardo trasfigurato al massimo, poterono contemplare le stelle e osservarle l'una dopo l'altra come se vi si fossero trovati nell’immediata vicinanza.

3. Allora fu uno scoppio generale di giubilo, e l'entusiasmo sarebbe andato aumentando chissà fino a che punto se Io avessi lasciato la compagnia più a lungo in quello stato di veglia spirituale; sennonché Io li richiamai tutti allo stato naturale, e nessuno seppe spiegarsi che cosa era veramente accaduto che aveva permesso loro di ammirare un simile spettacolo prodigioso sulle stelle!

4. Io però dissi loro: «Non vi stupite eccessivamente! Io non ho fatto che aprire la vostra vista interiore spirituale per mezzo della Mia potenza di Volontà, e così foste posti in grado di contemplare quei mondi lontani come se vi foste trovati del tutto vicini, poiché per lo spirito qualunque distanza terrena, e quindi “misurabile”, è come se non ci fosse. Quando sarete a casa vostra, riflettete bene su queste cose e domani avremo ancora occasione di parlarne! Ed ora ritornate pure in pace alle vostre dimore, e che la festa e il riposo del Sabato vengano conclusi così!».

5. Allora tutti Mi espressero i loro ringraziamenti e poi si avviarono verso le loro dimore; soltanto il vicino che dimorava a maggiore distanza degli altri rimase e pernottò con noi. Io pure Me ne andai a riposare assieme ai Miei discepoli, e così venne dato congedo ad un altro Sabato ricco di opere buone.

6. La notte passò rapida, e il mattino seguente, di buon'ora, la gran parte dei vicini, uomini e donne, vecchi, adulti e fanciulli si trovarono radunati davanti alla casa di Barnaba, dove il lavoro già ferveva per allestire una buona colazione.

7. Anch’Io poco dopo uscii all'aperto assieme ai discepoli e Mi presentai a coloro che attendevano ansiosamente, e Barnaba porse a Me, e indirettamente anche ai Miei discepoli, uno splendido saluto mattutino; altrettanto poi fecero pure tutti i vicini là presenti, e manifestarono apertamente la loro grande gioia di vederMi in mezzo a loro, né poterono trattenersi dal manifestare la loro meraviglia per lo straordinario spettacolo del cielo stellato goduto la sera prima.

8. Ed uno, il quale in spirito era stato trasportato fino alla superficie di un lontano pianeta, e precisamente su Urano, Mi domandò se quegli uomini, numerosi e molto robusti che egli aveva benissimo potuto scorgere, erano forse una specie di beati. Egli almeno li aveva considerati tali; una cosa soltanto aveva suscitato in lui meraviglia, e cioè che li aveva visti lavorare ancora con maggiore zelo di quello del più fervoroso lavoratore della Terra. Egli aveva visto anche degli immensi edifici già pronti e molti altri che erano ancora in corso di costruzione intorno ai quali ferveva intensamente il lavoro; perciò si chiedeva se nel Regno dei Cieli i beati dovessero edificarsi le loro dimore nella stessa maniera usata dagli uomini della Terra.

9. Io gli risposi: «In parte sì; tuttavia gli uomini che tu hai visto su quel mondo, non sono di gran lunga ancora degli spiriti, e per conseguenza neppure ancora beati; essi pure su quel mondo sono degli uomini materiali quanto lo siete voi su questo vostro mondo, con la differenza soltanto che unicamente voi, uomini della Terra, siete chiamati a diventare figli di Dio, mentre gli altri uomini di tutte le innumerevoli miriadi di corpi celesti, in generale, non hanno questa destinazione, nonostante non ne siano proprio totalmente esclusi! Tuttavia là occorre, a questo scopo, molto di più che non su questa Terra, la quale già dai suoi primi inizi venne destinata a ciò.

10. C'era pure una volta un mondo assai grande e illuminato da questo vostro Sole il quale aveva la stessa destinazione; sennonché i suoi abitanti si lasciarono trascinare a tali eccessi che su di loro si scatenò un tremendo giudizio, quale non molto migliore ne ebbe un giorno a sperimentarne uno questa Terra. Quel mondo venne completamente distrutto e ridotto in macerie, e con lui perirono pure quegli abitanti fattisi estremamente superbi e perversi.

11. Dei particolari in proposito voi potrete apprenderli da questi Miei discepoli. Con il tempo però, se rimarrete fedeli alla Mia Dottrina e attivi secondo la stessa, quando il vostro spirito si sarà unificato con la vostra anima, tutte queste cose ve le spiegherà chiarissimamente il vostro spirito e vi guiderà in tutte le più meravigliose verità».

12. Allora tutti nuovamente si stupirono della Mia Onniscienza, Mi ringraziarono, Mi lodarono e glorificarono per averli degnati della Mia visita.

13. A questo punto però si vide venire la vispa Elisa; era stata la più zelante di tutti nei preparativi e ci invitò a colazione. I vicini volevano esimersi dall'invito dicendo che la colazione l'avevano presa alle loro case.

14. Ma Barnaba osservò: «Non fa niente; la colazione è preparata per tutti come lo è stata la cena di ieri, vi piaccia dunque prendervi parte con animo lieto voi pure!».

15. Allora tutti accondiscesero, entrarono in casa e con grande letizia fecero onore alla colazione. Consumata che fu questa, toccò ai discepoli il maggior lavoro, perché i vicini si diedero ad assediarli con domande di ogni genere e specialmente riguardo agli esseni, e la conversazione fu quanto mai animata. Le domande e le spiegazioni si protrassero quasi fino a sera, e quel giorno il pranzo si limitò ad un po’ di pane e di vino. In questa occasione qualcuno fra i discepoli fornì anche qualche prova del suo potere miracoloso, cosa questa che suscitò nei vicini immenso stupore e che infuse in loro maggior zelo ancora ad osservare scrupolosamente gli insegnamenti avuti.

16. Dal canto Mio, fui sempre occupatissimo con il nostro Barnaba il quale menzionò anche due prodigi che Io, da ragazzo ancora dodicenne, avevo compiuto al Tempio, e rammentò come tali prodigi avevano fatto pure su di lui un'impressione immensa, ma che ciononostante sarebbe sempre rimasto dell'opinione che Io ero semplicemente un allievo degli esseni. Egli però era ormai perfettamente convinto del contrario, e Mi riconosceva in via assoluta per Quello che allora, nel Tempio, Io stesso avevo dichiarato di essere. Insomma, tutta la comunità, assieme a Barnaba, fu conquistata alla buona causa, e noi avemmo poi comodità e tempo di ragionare riguardo ai più svariati argomenti. Così ben presto venne la sera, e con essa anche il tempo della cena la quale, ovviamente, venne servita a puntino.

 

[indice]

 

Cap. 276

Il congedo del Signore dal villaggio di montagna.

 

1. Il giorno seguente tutta la comitiva si recò alla dimora del vicino che abitava piuttosto distante dal villaggio, dove trascorremmo l'intera giornata come pure la notte. E qui avvenne che degli angeli del Cielo, visibili a tutti, furono chiamati a servire Me nonché tutti gli altri ospiti. Lo stupore e la delizia raggiunsero allora il culmine e tutti si sentirono come trasportati in Cielo. I convitati si intrattennero con quei puri spiriti del Cielo riguardo a svariate cose, e li lodarono per la loro grande sapienza e potenza, perché durante quella notte moltissimi furono i miracoli compiuti, e tutti a vantaggio di quei bravi e onesti montanari.

2. Fra i molti prodigi, ci fu anche quello che il vicino, padrone di casa, ottenne in dono una nuova dimora molto opportunamente disposta, nonché altre cose in abbondanza e vettovaglie e vini della specie migliore. Così si fece pure in modo che tutti gli abitanti avessero una grande quantità di animali domestici utili, e poi i loro orti vennero completamente riordinati, e anche tutte le abitazioni vennero restaurate alla perfezione con l'aggiunta di nuove costruzioni adibite all'economia domestica, e di tutto ciò ciascuno ne ottenne a seconda dei propri bisogni. È superfluo perdersi in dettagli per descrivere la meraviglia immensa di tutta quella gente e lo struggente sentimento di gratitudine dal quale si sentì pervasa.

3. Il nuovo giorno pose fine a questa scena, e tutti i vicini, edificati, lietissimi e con il cuore colmo di gratitudine si avviarono al Mio fianco verso le loro dimore, ammirando beati le loro case, gli orti ed i campi completamente rinnovati. Tuttavia non sapevano decidersi a separarsi da Me, ed Io assieme ai Miei discepoli dovetti accettare di essere ospite ora in una casa, ora nell'altra, e dappertutto furono molte le idee scambiate riguardo alle diverse condizioni del mondo.

4. E così a quella poverissima comunità venne reso doppiamente aiuto, tanto cioè sotto l’aspetto materiale, quanto sotto quello morale. Ma quando venne avvicinandosi il tempo prestabilito, nel quale Io cominciai a menzionare che avrei ben presto dovuto partire per recarMi a Gerusalemme, ad una festa, un velo di tristezza sembrò calare sulle loro facce, e Barnaba Mi domandò come Mi sarebbe stato possibile scendere in quella città quanto mai corrotta e del tutto dimentica di Dio.

5. Ed Io dissi: «Amico, dove più numerosi sono gli ammalati, là c'è anche un maggiore bisogno del medico!».

6. Tuttavia, cedendo alle molte insistenze, Io Mi trattenni in quel luogo ancora alcuni giorni ed insegnai loro varie altre cose buone e utili, ed altrettanto fecero i Miei discepoli, i quali pure non erano troppo d'accordo che Io Mi recassi a Gerusalemme per la festa d'autunno.

7. Sennonché Io dissi loro: «Tale è la Volontà del Padre, e quindi è escluso che si possa fare altrimenti!».

8. Essi allora si sottomisero alla Mia decisione e non obiettarono più nulla.

9. Era una vigilia di Sabato quando ce ne andammo, perché volevamo arrivare a Gerusalemme appunto il Sabato in cui aveva inizio la festa, e fu così che dovemmo, già alla vigilia, abbandonare il luogo dove ci eravamo riposati per varie settimane, per poter essere a Gerusalemme al mattino del Sabato, perché fino a quella città c'era una buona giornata di cammino.

10. Giunto il giorno stabilito, dopo la colazione, Io benedissi quella località e i suoi abitanti e, accompagnato da tutta la popolazione, Mi misi in cammino verso la nuova uscita che non era stata ancora mai utilizzata da nessuno. Arrivati allo sbocco esterno delle grotte, Io invitai coloro che Mi avevano accompagnato a fare ritorno, e ancora una volta raccomandai loro la piena fede in Me e l'Amore per Dio, e dissi loro altresì che essi non dovevano mai vacillare in questa fede, e qualora così fosse stato, dopo un paio d'anni sarei ritornato da loro e avrei impartito a tutti la Potenza del Mio Spirito. Allora tutti Mi ringraziarono e Mi supplicarono che, pur essendo lontano, non volessi dimenticarMi di loro.

11. Io però dissi: «Miei cari amici! Presso di Me un “dimenticare” non esiste; questa è invece una prerogativa esclusiva degli uomini. Chi non si dimentica di Me, nemmeno Io in eterno Mi dimentico di lui. RestateMi dunque fedeli finché dimorate nella carne, ed Io vi darò, come varie volte già ve l'ho assicurato e perfino mostrato, la vita imperitura, eterna nel Mio Regno. Amen!».

12. Dopo Mi avviai di buon passo, mentre coloro che Mi avevano accompagnato si fermarono ancora un'ora circa allo sbocco della grotta e Mi seguirono con lo sguardo finché poterono, inviando saluti e fervidissimi auguri.

13. Dopo di che essi presero la via del ritorno, animati da buoni propositi e dalla migliore buona volontà; nello stesso tempo però, visto che ormai erano provvisti di tutto e che non avevano più bisogno di scendere a Nahim per il sale, essi decisero di nascondere anche quello sbocco che dava accesso alla pianura, in modo tale che nessuno avrebbe mai avuto la possibilità di scoprirlo. Ed a quello che avevano deliberato, essi anche diedero immediatamente esecuzione già in quella vigilia di Sabato riunendo tutte le loro forze; così essi si trovarono perfettamente isolati da tutto il resto del mondo e vissero poi scrupolosamente in modo conforme alla Mia Dottrina.

 

[inizio]

 

FINE DEL QUINTO VOLUME

 

INDICE

 

 

GESÙ NELLA REGIONE DI CESAREA DI FILIPPO

Vangelo di Matteo Cap. 16 (continuazione)

 

Cap. 1

Il pranzo miracoloso

Cap. 2

Come vengono compiuti i miracoli

Cap. 3

La Provvidenza di Dio e il libero arbitrio dell’uomo

Cap. 4

La nuova dimora di Marco, un’opera miracolosa di Raffaele

Cap. 5

I figli del mondo e i figli del Signore

Cap. 6

Il Signore impartisce all’albergatore Marco dei comandamenti sul comportamento

Cap. 7

Del sommo sacerdote romano - Una critica del sacerdozio pagano a Roma

Cap. 8

Le condizioni religiose a Roma al tempo di Gesù

Cap. 9

La predizione del Signore sul destino di Roma e di Gerusalemme

Cap. 10

Un Vangelo per il sesso femminile

Cap. 11

Le opinioni dei nubiani riguardo all’operare miracoli

Cap. 12

Sulla prepotenza

Cap. 13

La possibilità di operare cose più grandi del Signore

Cap. 14

L’operare miracoli dell’uomo spirituale entrato nella Volontà del Signore

Cap. 15

Il Signore consola i Nubiani non chiamati ad essere figli di Dio

Cap. 16

La delegazione di Cesarea si presenta a Cirenio

Cap. 17

La saggia legislazione nel regno di Mataele nel Ponto

Cap. 18

Il litigio fra Cirenio e Roclus sul diritto

Cap. 19

La vera intenzione di Roclus e dei suoi compagni

Cap. 20

Roclus visita la costruzione meravigliosa

Cap. 21

Roclus confessa la sua fede rinnegatrice di Dio

Cap. 22

Roclus fornisce le prove del suo ateismo

Cap. 23

Le opinioni di Roclus sugli dèi e sui sacerdoti

Cap. 24

Roclus cerca di motivare il suo ateismo come la vera visione del mondo

Cap. 25

L’essenza di Roclus, illuminata dal Signore

Cap. 26

L’amichevole replica di Cirenio a Roclus - Le cause della decadenza del sacerdozio

Cap. 27

Il Santissimo artificiale nel Tempio di Gerusalemme - Gli abomini delle penitenze in India

Cap. 28

La gestione del sacerdozio in India

Cap. 29

La residenza del gran sacerdote del Lama

Cap. 30

Roclus critica la dottrina religiosa indiana ed ebraica

Cap. 31

Roclus loda l’ateismo e il nichilismo

Cap. 32

La filosofia naturale di Roclus

Cap. 33

Il Dio dei filosofi naturali

Cap. 34

Roclus paragona le azioni degli uomini con quelle di Dio

Cap. 35

Roclus indica il cuore come sede della vera Divinità

Cap. 36

Roclus viene indirizzato da Raffaele

Cap. 37

Raffaele descrive l’Essenza di Dio

Cap. 38

Lo scopo delle opere di penitenza in India

Cap. 39

I pericoli di un’elevata preparazione scientifica

Cap. 40

Origine della schiavitù

Cap. 41

Il governo egoistico degli antichi egiziani, e i malanni inerenti allo stesso

Cap. 42

L’ordinamento statale degli antichi indiani

Cap. 43

Il legame religioso dell’India con la Cina

Cap. 44

Roclus racconta le magie di un mago indiano

Cap. 45

Raffaele spiega le magie del mago indiano

Cap. 46

Il sacerdozio come nemico della luce

Cap. 47

I frutti della notte e i frutti della luce spirituale

Cap. 48

Roclus difende l’istituzione degli Esseni e i loro miracoli ingannevoli

Cap. 49

La differenza tra accortezza di vita e inganno

Cap. 50

I pericoli dei miracoli ingannevoli dell’ordine degli Esseni

Cap. 51

I veri e falsi operatori di miracoli

Cap. 52

I dubbi di Roclus sulla potenza di Raffaele

Cap. 53

Roclus giustifica l’istituzione degli Esseni

Cap. 54

Roclus narra quanto ha appreso sul conto del Nazareno e le sue opinioni

Cap. 55

Il prodigio compiuto da Raffaele su richiesta di Roclus

Cap. 56

Le supposizioni degli esseni sulla persona di Raffaele

Cap. 57

Il discorso di Roclus sull’importanza di un intelletto sviluppato

Cap. 58

Influsso dell’amore sull’intelletto

Cap. 59

Raffaele svela i pensieri più intimi di Roclus sul conto del Signore

Cap. 60

Dell’essenza dell’amore

Cap. 61

La capacità di riconoscimento dell’amore. L’insufficienza dell’intelletto e della ragione

Cap. 62

L’amore e la sua luce di conoscenza

Cap. 63

Roclus e i suoi compagni si consigliano

Cap. 64

Ruban parla a favore del Signore ai suoi compagni

Cap. 65

Il discorso di Ruban al Signore

Cap. 66

Le parole e i consigli del Signore agli esseni

Cap. 67

Roclus tenta nuovamente di giustificare la sua insincerità davanti al Signore

Cap. 68

Il sacerdozio quale ostacolo maggiore per la diffusione della Dottrina del Signore

Cap. 69

La vera via della vita

Cap. 70

La natura di Satana e della materia

Cap. 71

La sorte nell’aldilà delle anime divenute materialiste

Cap. 72

La spiegazione della parola SHE OULA (inferno) - Della chiaroveggenza

Cap. 73

Come si ama Dio al di sopra di tutto - Il vero lavoro dell’uomo gradito a Dio

Cap. 74

Le domande di Roclus sulle malattie e la loro guarigione

Cap. 75

Dolore, malattia e morte

Cap. 76

La libertà del volere umano

Cap. 77

Del giusto e dell’ingiusto zelo

Cap. 78

La formazione del libero volere - Gli svantaggi dello zelo esagerato

Cap. 79

Cenni del Signore sulla Sua ultima Cena e sulla Sua morte in croce

Cap. 80

Raffaele nella sua parte di formidabile mangiatore

Cap. 81

La persona e l’essenza di Raffaele rispetto a quella dell’uomo terreno

Cap. 82

Il compimento di prodigi da parte di Raffaele

Cap. 83

Perfezione della vita e potere di operare miracoli grazie all’amore per Dio e per il prossimo - Veri e falsi profeti

Cap. 84

Il significato della figliolanza di Dio su questa Terra

Cap. 85

I passaggi nel regno degli spiriti naturali

Cap. 86

Dell’essenza del diamante e del rubino (tummim e urim)

Cap. 87

Dei gioielli d’oro e di pietre preziose dei regnanti

Cap. 88

Fede e intelletto

Cap. 89

I pericoli dell’oro

Cap. 90

Il compito principale dell’uomo: diventare una perfetta immagine di Dio

Cap. 91

Ogni cosa a suo tempo

Cap. 92

Lo scandalo e lo sdegno dei farisei per il lieto pasto del Signore

Cap. 93

L’aspro discorso di Roclus ai farisei

Cap. 94

Raffaele spiega a Roclus i concetti di “Satana” e quello di “diavolo”

Cap. 95

Le obiezioni di Roclus

Cap. 96

I demoni e la loro influenza

Cap. 97

La libera volontà dell’uomo - L’aiuto della Grazia divina

Cap. 98

L’autodeterminazione dell’anima

Cap. 99

Floran rinfaccia ai farisei la loro critica senza amore verso il Signore

Cap. 100

La benedizione del dominio romano per il popolo ebreo

Cap. 101

Roclus e Floran a colloquio su Stahar

Cap. 102

Roclus ragiona sul fariseismo

Cap. 103

Roclus si irrita per la cecità spirituale di Stahar

Cap. 104

La confessione di Stahar e le sue esperienze di vita

Cap. 105

Le incomprensibili vie della Provvidenza - I motivi di Stahar per i dubbi espressi riguardo al Signore

Cap. 106

La visione limitata degli angeli nel contemplare il pensiero del Signore

Cap. 107

Una predizione del Signore: l’emigrazione dei popoli

Cap. 108

L’epoca della tecnica

Cap. 109

Dell’auto giudizio degli uomini

Cap. 110

La futura tribolazione della Terra - La sicurezza dei figli di Dio

Cap. 111

La fine della materia terrestre

Cap. 112

La trasformazione dei mondi materiali in mondi spirituali che un giorno si verificherà - Figli di Dio e creature di Dio

Cap. 113

Gli uomini dei corpi stellari e la figliolanza di Dio

Cap. 114

Il grande Uomo-cosmico e la Terra

Cap. 115

Natura e contenuto di un Globo-involucro

Cap. 116

L’inaccessibilità della conoscenza umana - La consolazione nel divino Amore

Cap. 117

Il riconoscimento della divinità di Gesù come premessa al vero amore divino

Cap. 118

Norme d’oro per la diffusione del Vangelo

Cap. 119

Il divario tra una vera ed una falsa guida

Cap. 120

Il futuro e la conservazione della purezza della Dottrina del Signore

Cap. 121

Senza operatori della Parola non ci saranno conoscitori della Parola!

Cap. 122

L’importanza del cristianesimo operante

Cap. 123

La sapienza come effetto dell’attività d’amore

Cap. 124

Dell’erudizione senza opere di vita

Cap. 125

La necessità dell’autoanalisi

Cap. 126

L’amore del prossimo come regolatore della parsimonia

Cap. 127

L’amore come la più vera lode di Dio - Le parabole della Terra e del raccolto narrate dal Signore

Cap. 128

Il senso spirituale di entrambe le parabole

Cap. 129

La maturità spirituale dei mietitori del Signore

Cap. 130

Cenni di ammaestramento del Signore per la diffusione del Vangelo

Cap. 131

Agire secondo la Dottrina e le promesse di Dio - Del servizio cerimoniale

Cap. 132

La liberazione dal giogo del servizio cerimoniale e della legge

Cap. 133

Il rapporto dei figli di Dio con le leggi politiche dello Stato

Cap. 134

I trattati fondamentali dell'educazione dei bambini

Cap. 135

Le difficoltà dell'istituto degli Esseni

Cap. 136

l divieto delle ingannevoli resurrezioni da morte degli Esseni

Cap. 137

I principi dell’istituto essenico fondato recentemente

Cap. 138

Il tentativo di Roclus di giustificare menzogne necessarie

Cap. 139

La legittimazione della ragione e dell’accortezza

Cap. 140

Verità velate e menzogne velate - Falsi profeti e i loro miracoli

Cap. 141

Umiltà e amore fraterno - Roclus e i suoi compagni in imbarazzo

Cap. 142

Le proposte di Roclus di riforme da apportare all’istituto esseno

Cap. 143

Il consiglio del Signore a Roclus

Cap. 144

Il futuro rapporto degli esseni con il sacerdozio

Cap. 145

I farisei accusano il Signore presso Cirenio di sovvertire l’ordine dello Stato

Cap. 146

Lo smascheramento dei falsi accusatori

Cap. 147

Le trattative con i farisei

Cap. 148

La confessione dei farisei

Cap. 149

La testimonianza di Cirenio a favore del Signore

Cap. 150

La stupidità e la cecità dei farisei

Cap. 151

La morale del Tempio del fariseo- I miracoli di Mosè nell’interpretazione farisaica

Cap. 152

Ulteriori spiegazioni dei miracoli dell’Antico Testamento

Cap. 153

La filosofia naturale del fariseo

Cap. 154

Il cenno di Cirenio al miracolo del Signore

Cap. 155

L’ammaestramento dei farisei per mezzo di un miracolo del vino

Cap. 156

I dubbi del fariseo sull’esistenza di Dio

Cap. 157

La Terra, una scuola di esercizio per i figli di Dio

Cap. 158

Il bisogno come mezzo di educazione

Cap. 159

Il modo giusto di compiere le attività mondane e quello sbagliato

Cap. 160

Colui che aspirava alla rinascita in modo egoistico

Cap. 161

L'impressione suscitata dai prodigi del Signore sui farisei

Cap. 162

Cirenio svela le opinioni del fariseo sui prodigi del Signore

Cap. 163

La fede materialistica del capo dei farisei

Cap. 164

La filosofia religiosa del fariseo

Cap. 165

Il discorso di Marco sul credere e il non credere

Cap. 166

La conversione dei farisei

Cap. 167

L'ultima ora del Signore in casa di Marco

Cap. 168

Sull'avarizia e sulla parsimonia

Cap. 169

Una promessa per coloro che cercano aiuto - Il congedo del Signore dalla casa di Marco

Cap. 170

Il cieco zelo di Pietro e la sua premura verso il Signore (Matt.16, 20-23)

Cap. 171

L’essenza di Satana e della materia (Matt.16, 24-28)

Cap. 172

Il Signore con i Suoi apostoli nel villaggio dei pescatori presso Cesarea

Cap. 173

Lo stoicismo degli abitanti del piccolo villaggio di pescatori

Cap. 174

La fede che opera miracoli

Cap. 175

Le vedute stoiche del pescatore Aziona

Cap. 176

Giovanni svela la vita di Aziona

Cap. 177

La vera fede vivente

Cap. 178

La via per la vera fede

Cap. 179

Il sogno di Hiram

Cap. 180

La visione dell’anima in sogno

Cap. 181

La visione stoico-naturale del mondo di Hiram

Cap. 182

Il potere di rappresentazione dell'anima umana in sogno

Cap. 183

Le esperienze magiche di Hiram

Cap. 184

La pre-esistenza e la post-esistenza dell’anima umana

Cap. 185

I dubbi di Hiram riguardo all'eterna continuazione dell’esistenza umana

Cap. 186

Infinità, eternità e beatitudine

Cap. 187

Tre obiezioni contro la continuazione della vita dopo la morte

Cap. 188

La necessaria varietà degli esseri e dei rapporti sulla Terra

Cap. 189

La questione del Messia

Cap. 190

Giovanni è preoccupato a causa dell’acutezza di intelletto di Hiram

Cap. 191

Il miracolo del fuoco di Giovanni

Cap. 192

La cena prodigiosa

Cap. 193

La nave in avvicinamento con gli sgherri

Cap. 194

Il giudizio sugli sgherri

Cap. 195

La storia della vita degli sgherri

Cap. 196

L’avidità di denaro di Giuda - I vantaggi del riposo notturno su sedie a sdraio

Cap. 197

La storia primordiale degli uomini

Cap. 198

La storia primordiale degli esseri viventi della Terra

Cap. 199

La diversità dei mondi

Cap. 200

La differenza fra gli uomini terrestri e gli uomini degli altri mondi

Cap. 201

Uno sguardo su Saturno

Cap. 202

La questione del Messia

Cap. 203

Il concetto di Messia di Hiram

Cap. 204

Messia e redenzione

Cap. 205

La spiegazione del concetto di Messia

Cap. 206

La testimonianza di Hiram sul Signore

Cap. 207

La raccolta e il salvataggio della merce sulla spiaggia - La curiosità degli abitanti del villaggio

Cap. 208

I preparativi per la colazione

Cap. 209

Aziona e Hiram in conversazione con i loro vicini

Cap. 210

Epifanio, il filosofo

Cap. 211

L'uomo quale essere immortale

Cap. 212

Dubbi e domande di Epifanio

Cap. 213

La necessità della vera fede luminosa

Cap. 214

La credulità e la superstizione

Cap. 215

La missione del Signore - Il dubbio di Epifanio riguardo alla capacità degli uomini di comprendere la Dottrina del Signore

Cap. 216

Del potere miracoloso della parola - L’insegnamento è migliore dell’operare miracoli

Cap. 217

Il prodigio della trasformazione del paesaggio - Libertà di volere e inserimento nella Volontà di Dio

Cap. 218

Importanza della tranquillità dell'animo

Cap. 219

Il coraggio di Epifanio

Cap. 220

Lo scopo della crocifissione del Signore

Cap. 221

Le proposte di Epifanio per evitare la morte del Signore

Cap. 222

I discepoli dormienti e la loro meraviglia, destandosi, nel trovare tutto il paesaggio prodigiosamente mutato - Il pranzo - Del digiuno

Cap. 223

Navi di ricognitori nemici in vista - La tempesta come difesa

Cap. 224

La domanda di Aziona in relazione alla vita dell'anima dopo la morte del corpo

Cap. 225

I figli di Dio (dall'alto) e i figli del mondo (dal basso)

Cap. 226

La vita degli uomini del mondo nell'aldilà

Cap. 227

Non esiste forza senza una resistenza

Cap. 228

Il polo contrario di Dio

Cap. 229

I due poli dell’esistenza

Cap. 230

La via per la redenzione

Cap. 231

La questione della redenzione di chi non conosce questa Rivelazione divina

Cap. 232

Visita nell’aldilà e reincarnazione

Cap. 233

Il lento morire e l’origine delle creazioni materiali

 

 

GESÙ NELLA REGIONE DI CAFARNAO

(Vangelo di Matteo, cap. 17)

 

Cap. 234

La trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor (Matt.17, 1-2)

Cap. 235

Il Signore a colloquio con Mosè ed Elia (Matt.17, 3)

Cap. 236

I tre apostoli in comunicazione con l’aldilà - Lo Spirito di Dio nell’uomo come guida in ogni verità (Matt.17, 4-9)

Cap. 237

Incarnazioni di Giovanni il Battista (Matt.17,10-13)

Cap. 238

La resurrezione della carne

Cap. 239

La benedizione della sobrietà - La giusta preparazione della carne di animali immondi

Cap. 240

La guarigione di un ragazzo posseduto (Matt.17, 14-21)

Cap. 241

Il Signore si intrattiene a Gesaira e alloggia nella capanna da pescatore di Pietro a Cafarnao

Cap. 242

Il Signore parla della Sua imminente sofferenza (Matt.17, 22-23)

Cap. 243

Pietro e il pubblicano (Matt.17, 24-27)

 

 

IL SIGNORE NELLA CASA DI SIMON PIETRO

(Matteo, cap. 18)

 

Cap. 244

Chi è il maggiore nel Regno dei Cieli - Degli scandali (Matt.18, 1-9)

Cap. 245

Spiegazioni delle immagini degli scandali

Cap. 246

I fanciulli come modelli degli apostoli - Dio e Uomo nel Signore (Matt.18, 10)

Cap. 247

Il mistero del Golgota (Matt.18, 11-14)

Cap. 248

Del perdonare (Matt.18, 15-22)

Cap. 249

La parabola del servo, creditore spietato (Matt.18, 23-35)

Cap. 250

La necessità di sentenze mondane - Le cause dei crimini e loro prevenzione

Cap. 251

Il nugolo di locuste

 

 

AL DI LÀ DEL GIORDANO, PRESSO IL MARE DI GALILEA

(Vangelo di Matteo, cap. 19)

 

Cap. 252

La partenza del Signore assieme ai Suoi per raggiungere la riva opposta (Matt.19, 1)

Cap. 253

La guarigione del cieco dalla nascita e di altri malati (Matt.19, 2)

Cap. 254

Il Signore e i Suoi in casa dell'oste greco - La verità rende liberi

Cap. 255

Il divieto del divorzio (Matt.19, 3-9)

Cap. 256

Casi eccezionali nelle questioni matrimoniali (Matt.19, 10-12)

Cap. 257

Il Signore benedice i bambini (Matt.19, 13-15)

Cap. 258

Il giovane ricco (Matt.19, 16-26)

Cap. 259

La domanda degli apostoli sulla ricompensa celeste (Matt.19, 27-30)

Cap. 260

Il Signore visita con i Suoi una località in montagna

Cap. 261

Nella casa del soprintendente - Il vino miracoloso

Cap. 262

La guarigione della figlia storpia dell'oste

Cap. 263

Barnaba si ricorda del dodicenne Gesù nel Tempio

Cap. 264

La santificazione del Sabato

Cap. 265

La testimonianza a favore del Signore da parte di Elisa risanata - La trasformazione delle vie di accesso al villaggio di montagna

Cap. 266

La vista spirituale

Cap. 267

Le corrispondenze tra materia e spirito

Cap. 268

La guarigione dell’uomo morso da un serpente velenoso - Il vino miracoloso

Cap. 269

Della giusta via e del giusto sale

Cap. 270

La rupe salifera - La cena miracolosa e benedetta

Cap. 271

Della modestia, della mansuetudine e dell'umiltà - L'aurea via di mezzo

Cap. 272

Il linguaggio di rispondenza dei profeti

Cap. 273

L’avidità di denaro di Giuda Iscariota

Cap. 274

Degli Esseni e dei loro miracoli

Cap. 275

Uno sguardo al cielo stellato

Cap. 276

Il congedo del Signore dal villaggio di montagna

 

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[1] «Fiat!»: “Sia fatto!”

[2] Il pontefice massimo: il sommo sacerdote degli antichi romani.

[3] Cesareni: provenienti da Cesarea di Filippo.

[4] Stoico: riferito alla dottrina filosofica degli stoici, del loro maestro Diogene, in cui tutto - dalla più tremenda tortura al più grande piacere sensuale - deve essere affrontato con la massima indifferenza, in impaziente attesa della morte e dunque di “non esistere più”. Lo stoicismo, infatti, nega la continuità della vita dopo la morte del corpo. (GVG5°/173; 8°/184) [n.d.r.].

[5] Teismo: termine che indica ogni dottrina che ammette la Divinità come realtà unica e personale.

[6] Chi, considerandosi cittadino del mondo, guarda senza pregiudizi ed apprezza culture e costumi diversi. [n.d.r.]

[7] Ma è il Dio [come sostenete voi] oppure l’uomo [come sostengo io] che ha messo assieme tutto questo per ingannare il prossimo? [n.d.r.]

[8] Un Sabato: “un giorno di festa”.

[9] Mai meno: “non verrà mai sminuita, né perderà importanza, validità ed efficacia”. Nota del revisore.

[10] L’elettroforo: un generatore di elettricità statica.

[11] Stereotipa: immutabilmente ricorrente.

[12] Le vestali erano le sacerdotesse di Vesta, la divinità romana della terra. Nota del revisore.

[13] Baccanti: seguaci o sacerdotesse del culto orgiastico di Bacco.

[14] Apparente devozione: cioè miracoli apparentemente di devozione, ma in realtà costruiti con imbroglio. [n.d.r.]

[15] il tempo viene qui paragonato alle acque di un fiume. [n.d.r.]

[16] Pomice: varietà porosa di roccia eruttiva, leggerissima, di colore bianco grigiastro.

[17] Fato: secondo la concezione degli antichi, il Fato è una potenza assoluta che governava, con legge irrevocabile, il corso degli eventi e contro la quale gli dèi stessi erano impotenti. [n.d.r.]

[18] l’espressione “Figlio degli uomini” sta a indicare che Gesù era un vero uomo come tutti gli altri figli degli uomini, non aveva un corpo speciale, una carne diversa e magari incapace di soffrire (come sostenuto da alcuni). [n.d.r.]

[19] il testo sottolinea la contrapposizione fra “questa volta” in cui Gesù va verso Cesarea e “fra un paio d’anni” quando andrà a Gerusalemme. [n.d.r.]

[20] “uomo” sta per “umanità”. [n.d.r.]

[21] questo Nota Bene è stato dettato dal Signore a Lorber per una maggior comprensione verso i tedeschi, poiché il testo originale è stato dettato appunto in tedesco. [n.d.r.]

[22] attualmente le due parole hanno quasi lo stesso suono, ma scrittura diversa. [n.d.r.]

[23] L’Iliade: il componimento epico in versi dei greci composto dal poeta Omero.

[24] conforme al pensiero dei filosofi cinici, vale a dire a quella scuola filosofica dell’antichità, che mirava alla rinuncia di ogni desiderio e di ogni esigenza (anche minimi). [n.d.r.]

[25] in senso ironico. [n.d.r.]

[26] letteralmente “giorno più giovane”; in questo caso il Signore intende “il giorno in cui inizia qualcosa di nuovo rispetto a prima”. [n.d.r.]

[27] Macina: grossa e pesante mola di pietra, usata per triturare il grano, granturco e simili. [n.d.r.]

[28] sia l’attività “materiale” che quella “spirituale”. [n.d.r.]