Leopold Engel

1858-1931

 

 

 

La valle dei felici

 

ruwenzori1.jpg

 

 

Traduzione dal libretto originale in lingua tedesca dal titolo: «Das Tal der Glücklichen»

Copyright © byCasa editrice Gesù La Nuova Rivelazione’

Questa edizione a cura di: “Amici della nuova Luce”

Sito internet:  www.legamedelcielo.it

Traduzione di Ingrid Wunderlich

Revisione di Antonino Izzo

 

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167  /  24038 Sant’Omobono Terme (Bergamo)

Tl. 347.1041176 – fax. 035.851163

E-mail:       damianofrosio@tiscali.it

Sito internet:      www.gesu-lanuovarivelazione.com

                        www.jakoblorber.it

 

 

INDICE

 

 

Cap. 1

Il banchetto rivelatore

Cap. 2

Esperienze sulla montagna della Luna

Cap. 3

Epilogo

 

 

[Cfr. 1842 - Jakob Lorber  “Le 12 Ore”, cap. Terza Ora, vers. 17,18]

(il Signore)

«Lasciamo ora la parte settentrionale di questo misero paese, ed anche quella dell’Africa intera, e guardate il centro sconosciuto di questa terra. Voi vedete ancora le capanne sparse qua e là. Ecco, questa regione è grande ed è circondata tutt’intorno da monti insuperabili. Vedete, questo è l’unico punto della Terra in cui si trova ancora una classe di uomini oltremodo bonari e incontaminati. Questi uomini sono ancora tutti muniti della vista interiore e, ad eccezione di un discepolo dell’apostolo Tommaso, inviato da Me, nessun piede straniero ha ancora calcato questa regione, e così certamente questo piccolo popolo, che dimora poco numeroso solo queste zone calde, vive nella Mia pura Dottrina, che fino a quest’ora non si è ancora guastata.

Questo è, nello stesso tempo, l’unico piccolo punto di contatto che congiunge ancora la Terra col Mio Cielo e, notate bene, cosa ora vi dirò: “Se un piede insolente dovesse calcare questo santuario con mire bramose, Io scaglierò la Mia fiamma sulla Terra”».

 

[cfr: 1886 - Legame del Cielo cap. 9,4-6]

« Attualmente, là, certo non dimora ancora nessun uomo vivente che porti carne e sangue come voi. Ma presto giungerà il tempo nel quale vi entreranno degli africani del nord, per adattare tutto il necessario per accogliervi. Già ora essi si prendono cura di voi. Essi chiedono sempre e sempre di nuovo come avranno da disporre questo e quello. Con loro Io comunico pure nello stesso modo come con voi. Essi credono di trovare dei luoghi incolti e deserti che avranno appena da curare; però essi si sbagliano grandemente. I Miei servitori hanno già disposto tutto affinché tanto a questi africani, quanto a voi, non manchi niente. Voi certamente avreste ragione di mormorare se al vostro arrivo doveste trovare tutto inselvatichito, ma Io una tal cosa non la voglio.  Voi dovete con gioia ed allegrezza partirvene da qui e fare là il vostro ingresso. Notatevi bene tutto ciò: quello che qui abbandonate, lo ritroverete colà più bello e convenevole. Tale è la Mia Volontà.»

 

Premessa

Tra le tante rivelazioni dall’Alto che già da oltre 180 anni sono state donate in modo quasi continuo a molti mistici che hanno ricevuto delle meravigliose rivelazioni, parole chiarificatrici non soltanto delle Sacre Scritture, ma soprattutto di come considerare il Regno dei Cieli e il rapporto celeste con gli uomini di questa Terra, – in particolare su due di queste erano state sollevate domande rimaste incomprese. La scoperta di questo racconto di Leopold Engel risponde magnificamente a tali domande.

Nella prima, già nel 1840 tramite Jakob Lorber nel dettato della ‘terza Ora’ fu indicato un luogo inaccessibile sulla Terra, violato solo da un discepolo dell’apostolo Tommaso, e da allora sarebbe rimasto integro nella sua purezza dottrinale per oltre 1800 anni. In tale dettato, però, il motivo del perché un tale punto della Terra fosse stato preservato, non fu indicato esplicitamente. Solo con una successiva rivelazione nel 1886 nel libretto “Il Legame del Cielo/Il futuro regno”, fu svelato che un tale luogo servirà quale luogo di raccolta dei salvati dal grande giudizio che ‘a breve’ si sarebbe svolto. Da allora sono passati ancora oltre 130 anni e l’umanità, pur esortata tramite così tante rivelazioni, attende ancora un tale giudizio.

Solo da poco tempo è stato scoperto questo racconto, scritto da Engel in lingua tedesca probabilmente ai primi del 1900, allorquando un suo amico, infervorato dal desiderio della pura conoscenza, parti per un memorabile viaggio alla scoperta, o con l’intento, per la veridicità dell’esistenza di un luogo misterioso di cui in altre spedizioni aveva sentito parlare. Che una tale testimonianza, riferita dall’amico Engel, possa essere veritiera, qualunque lettore munito di buona volontà non ha che da verificarlo nel suo interiore.

Che il Signore, onnisapiente e onnisciente, nonché pienamente misericordioso non solo verso coloro che Lo amano, abbia voluto guidare anche questo personaggio amico di Engel, affinché ai nostri giorni potesse rendersi manifesta una spiegazione delle domande di questo luogo misterioso ma presentato come reale nella rivelazione “Il Legame del Cielo/Il futuro regno”, potrà essere valutato da chiunque sia in cerca della stessa verità rivelata. Di certo, oggi si sa se quel luogo “Le montagne della Luna”, corrisponde probabilmente al Ruwenzori. Ciò risulta dalla descrizione di un esplorazione del 1889 da Henry Morton Stanley (Wikipedia), mentre la prima conosciuta ascensione attrezzata è del 1889 fatta dal Duca degli Abruzzi, Luigi Amedeo di Savoia-Aosta nel 1906.

Il Signore, Padre nostro, sia eternamente benedetto in eterno.

Amici della Nuova Luce

 

 

 

 

۞

Cap. 1

Il banchetto rivelatore

1. L’africa, conosciuta solo in parte, da tempo immemorabile ha stimolato la brama di conoscenza dei ricercatori. Al suo interno, chiusa ostinatamente ad una contestabile civilizzazione attraverso ogni specie di ostacoli esteriori, racchiude ben molte meraviglie ancora sconosciute, di cui le prime notizie suonavano come favole, finché la loro esistenza è stata confermata attraverso ripetuti resoconti. Così per esempio l’esistenza dei popoli nani è stata per molto tempo messa in dubbio, e alla fine si è comunque confermata.

2. Dei ricercatori, spinti dalla sete di gloria, dall’ambizione e dall’avidità di tesori della natura facilmente ottenibili, vengono provveduti dalle società sotto frasi enfatiche con la scusa di diffondere la cultura e di insegnare la religione cristiana ai pagani bisognosi di salvezza. Tali, vengono chiamati ‘pionieri della scienza e dell’umanità’, e spesso, spinti dalla grande audacia che ha la febbre dell’oro e la brama di dominio, questi ricercatori penetrano in regioni ignote e sconosciute.

3. Per quanto anche la maggior parte di regioni misteriose della terra siano già state strappate con la forza, essa racchiude ancora rigorosamente e minacciosamente parte del suo interno agli arroganti intrusi. Enormi masse di insormontabili monti impongono un inesorabile arresto; nessun piede di un europeo ha ancora oltrepassato le imponenti catene montuose innevate dell’interno, che gli indigeni evitano con timore, perché là dovrebbero dimorare potenti spiriti che rendono impossibile un’intrusione e minacciano con sicura morte colui che disturba la loro pace.

4. Sono giunte anche in Europa delle leggende di qualche tipo di questi monti, e queste hanno stimolato alcuni ricercatori a visitare queste regioni del continente nero. Tuttavia non si trova mai un indigeno pronto ad offrirsi come guida e, non appena si chiede che quelle misteriose cime innevate, circondate da nuvole, sarebbero la meta, essi si oppongono con tutta la forza ad una tale impresa, per paura della vendetta dei potenti spiriti protettori.

5. Sembra quasi come se proprio nel cuore dell’Africa il mondo delle fiabe sia sfuggito alla civiltà curiosa, e lì ci si trincera davanti alla semplice, stizzosa, prosaica[1] banalità che vorrebbe catturare le sue farfalle colorate e cangianti, con delle mani sporche, e poi derubarle della loro meravigliosa polvere alare che consentirebbe loro di giocare allegramente nei dorati raggi del Sole.

6. Io (Engel) avevo un amico di impareggiabili caratteristiche. Era ricco, indipendente, molto caritatevole, ma era considerato in genere un tipo stravagante. La vita pubblica e sociale aveva poca attrattiva per lui; evitava di venire troppo in contatto con gli uomini e, per esempio, faceva visite nella misura in cui lo richiedeva in ogni caso la cortesia.

7. Il suo più grande diletto erano i viaggi, ai quali si dedicava anche molto, in modo che trascorreva sempre tre quarti dell’anno in paesi stranieri. Egli era uno di quei rari conoscitori che sanno viaggiare con piacere, i quali cominciano il loro viaggio molto ben pianificato ed orientato, non così senza meta solo per poter dire “sono stato lì”, tanto per girare nel mondo, ma dapprima studiava teoricamente a casa il viaggio progettato, per poi non poter essere praticamente disordinato da nulla. Il viaggiare aveva per lui lo scopo di ampliare le sue conoscenze, e poiché era abituato ad osservare tutte le cose con gli occhi dello spirito, non raccoglieva solo un ricco tesoro di esperienze, ma gustava fino in fondo i piaceri interiori, dei quali la maggior parte dei viaggiatori non ha nessuna idea.

8. Così visse quasi per quindici anni, quando un giorno mi sorprese con la notizia che si stava preparando per penetrare all’interno dell’Africa. In effetti anche partì e ritornò dopo il corso di un anno, bruciato dal Sole, ma in buono stato. In lui si era svolto un grande cambiamento, l’uomo altrimenti timido e taciturno, cercava adesso con cura più di prima, compagnia, e desiderava radunare intorno a sé una cerchia di uomini che si annoveravano alle celebrità delle scienze. Organizzava serate sociali durante le quali venivano presentate da lui, con particolare preferenza, questioni religiose e sociali, e cercava di indagare le opinioni dei suoi ospiti su ciò. C’erano talvolta molte dispute interessanti, perché – come già detto – quegli ospiti consistevano di uomini molto in vista e tra i più ingegnosi che incorporavano la scienza, e il loro giudizio poteva essere considerato come il determinante e influente di quel tempo.

9. Con il mio amico ho scoperto una tendenza all’opposizione che prima non era esistente, e per vero molto geniale, ma comunque, egli spesso dava una visione un po’ mistica del mondo, che di solito faceva scuotere la testa al suo circondario. Nel suo discorso c’era un impeto di entusiasmo che diveniva sorprendente e suscitava preoccupazione presso alcuni dei suoi amici più prossimi. Il suo precedente istinto caritatevole degenerava ora in spreco, si sentì come egli aveva cominciato a sostenere gente povera in un modo tale da procurare la sua stessa rovina, così che i suoi parenti furono afferrati dal pensiero di farlo mettere sotto cura. Un tale tentativo però fallì, perché aveva solo dei parenti lontani, i quali non riuscivano in nessun modo a soffrire quanto dilapidasse il suo capitale. L’unico danneggiato era solo lui stesso, non avendo più consanguinei vicini. Questi stessi parenti lontani, del cui loro agire egli sorrideva sempre bonariamente, furono un giorno sorpresi da un invito che li invitava ad una grande serata sociale nella sua casa. Essi seguirono avidamente quest’invito.

10. Nei grandi locali della sua stessa casa si presentò una numerosa compagnia composta da quegli uomini di scienza che avevano già goduto spesso della sua ospitalità ed avevano sempre seguito volentieri i suoi inviti. I parenti ostili, preoccupati per il denaro, furono accolti dal mio amico con una cordialità che non faceva sorgere nessuna situazione imbarazzante; egli si comportò come se non fosse mai successo nulla. Era pronto uno splendido banchetto, e molto presto si svolse una conversazione briosa e spiritosa, il cui centro, come al solito, era il mio amico.

11. Si parlò dei successi della scienza, e un professore di fisica cantò un appassionato inno di lode alle conquiste dello spirito umano. “L’uomo”, così riferì, “è in verità il dominatore della natura. Ci sono sottomesse tutte le forze, abbiamo superato la distanza e il tempo attraverso il vapore e l’elettricità, voliamo al di sopra della Terra con la rapidità del vento, scriviamo e parliamo da una città all’altra nonostante la grandissima distanza, e non ci vorrà più molto tempo che faremo come gli uccelli, e ci slanceremo nell’aria per respirare il puro etere; la macchina volante non è più illusione, essa si avvicina con sicurezza alla sua realizzazione. Perciò viva lo spirito dell’uomo, esso lo ha portato meravigliosamente lontano, ha superato la natura ed è diventato il suo signore”.

12. Da tutte le parti si levò una gioiosa approvazione a queste parole dell’oratore, e un lieto tintinnio di bicchieri confermò la verità di quanto espresso. Con la sua voce quieta e chiara, il mio amico cominciò ora ad esprimere quanto segue: “Lei ha ragione, professore, a lodare così l’intelligenza dell’uomo che ha prodotto molte cose meravigliose; io ho le prove di quanto siano utili queste invenzioni.

13. Alcuni giorni fa, per esempio, ho visitato una povera vedova ammalata. L’ho trovata nella più grande agitazione e sgomento. Da tempo non aveva più avuto notizie del suo unico figlio che lei, solo con riluttanza aveva lasciato andare per mare, e adesso aveva letto tra le notizie di navigazione che la nave sulla quale sapeva suo figlio era naufragata sulle coste del Brasile; ma una parte dell’equipaggio sarebbe stato comunque salvato e si troverebbe a Rio, destinazione della nave naufragata. Dunque: era vivo suo figlio? Si trovava tra i salvati? Queste strazianti domande tormentavano il trepidante cuore materno. Io corsi all’ufficio telegrafico, consegnai un telegramma al consolato tedesco a Rio e dopo poche ore potei già scacciare lo strazio della trepidante perché suo figlio era vivo e lui stesso si era notificato al consolato. Il telegrafo aveva operato questo miracolo, costò all’incirca solo cinquanta marchi, quel poco telegrafare qui e là. La vedova ovviamente non era in grado di procacciarsi una tale somma, dal momento che con una tale somma poteva vivere per più di un mese. Comunque, quest’invenzione è bella, il che rende possibile superare le distanze, anche se esiste solo per i pochi capaci di pagare. Altrettanto comodo è il telefono della città. L’intero impianto costa all’anno solo novanta marchi, una bagatella per colui che ce li ha; chi non li ha – ebbene, costui può correre qua e là personalmente; egli può solo imparare a guadagnare più soldi in modo da poter accedere alle benedizioni della scienza. Mi guardate sorpresi e pensate a cosa miro veramente con le mie parole.

14. Ebbene, io come uomo mi domando spesso: A cosa serve la più alta raffinatezza dello spirito umano, con la quale cerca di apprendere origliando i segreti della natura, se il loro usufrutto è solo a disposizione dell’uomo benestante? Il progresso della scienza non è un bene comune? Non ha ognuno il suo diritto a ciò che noi chiamiamo cultura? Come può l’umanità dividersi in tali che godono soltanto, e tali che lavorano per coloro che godono, e per di più per quest’ultima attività ora vengono esclusi da ogni godimento?’.”

15. “Ma è molto semplice”, intervenne un consigliere di giustizia, il più eminente giurista della città, “l’ordine sociale presuppone l’alto e il basso, il ricco e il povero. Da quando esiste ciò che noi chiamiamo ‘società’, è stato così e sempre sarà così. L’esistenza della società si regola secondo le sue leggi per la protezione dei diritti ereditati e acquisiti. Chi gode, un giorno ha prestato un lavoro, sia lui stesso oppure i suoi antenati, cosicché ciò gli ha procurato il diritto da lei contestato. Il diritto ereditato è comunque altrettanto intoccabile come quello acquisito da sé, su questa istituzione si basa la nostra società moderna; essa ci è diventata legge che il giudice deve ben osservare. Non possiamo scuotere questa legge, perché…

16. “…perché altrimenti il diritto autoritario dell’eredità e acquisizione sfruttante va a fondo? Non è così, signor consigliere di giustizia?”. – Intervenne il mio amico, che vogliamo chiamare Christian, che continuò: “Ebbene, io penso che se al posto della società, che è un manipolo di personalità aventi il potere, fosse messa l’umanità, allora non avremmo bisogno né di legge né di giurisdizione, perché entrambi esistono già nell’uomo, e non c’è bisogno che vengano insegnate attraverso intricate arti di entrambi i diritti.

17. L’uomo sente molto bene in sé cosa è giusto e cosa non giusto, perché non si può uccidere la Verità divina nel cuore dell’uomo, essa alza sempre la testa per il raccapriccio della cosiddetta ‘società’, la quale certamente, da questa Verità ha tutto da temere, vale a dire la sottrazione dell’egoistico godimento, la limitazione dell’inattività, la fine del profitto senza lavorare. Il profitto senza lavorare è il desiderio ideale dell’odierno uomo di cultura, l’evitare il più possibile il lavoro fisico, la massima meta della nostra epoca del vapore; entrambi richiedono sfruttamento, da un lato mediante gli altri uomini, dall’altro lato mediante le forze della natura, per la fabbricazione di macchine intelligenti.

18. È chiaro che questi principi devono condurre in un abisso, perché la formazione unilaterale dell’uomo, solo verso la parte della massima perfezione possibile del godimento della vita terrena, rimuove ogni considerazione per lo spirito superiore insito nell’uomo, gli mina le basi morali della sua consapevolezza umana, e falsifica le mete della sua vita, il che lo allontana sempre di più da Dio, invece di portarlo a Lui”.

19. Una voce untuosa, quella di un sovrintendente, si levò ora dal mormorio della società che disapprovava con evidenza molto del discorso del mio amico. “Caro amico, la Chiesa alla quale appartengo con poco merito, si è sempre sforzata di portare gli uomini a Dio. In questo tempo di evidente malvagità, noi abbiamo sempre cercato, dove regnava incredulità e avidità di piaceri, di condurre l’uomo alla sua vera meta”.

20. “Lei mi spiegherà in cosa vede questa meta, signor sovrintendente”, chiese il mio amico. – “Ebbene, diventar beati!”, fu la risposta del luminare della Chiesa. – “E in che cosa consiste questa beatitudine? Come si diventa beati?”, continuò a chiedere Christian.

21. Uno sguardo rimproverante e un po’ beffardo cadde sul mio amico. Il sovrintendente: “Lei ha forse già tanto dimenticato il suo tempo di scuola? Ogni bambino potrebbe darle una risposta a questa domanda!

22. Christian: “Io però non vorrei questa risposta dai bambini, ma vorrei sentirla dagli uomini, e ripeto la mia domanda: come si diventa beati?”. ‒ Il sovrintendente: “Osservando la Volontà di Dio!”. ‒ Christian: “E cos’è la Volontà di Dio?”. – Il sovrintendente: “Che si adempia la Sua Volontà”. ‒ E cos’è la Volontà di Dio?”. – Il sovrintendente: “Senza dubbio, l’insegnamento di Cristo:Ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo tuo come te stesso!’.”

23. “Lei è del tutto della mia opinione, mio pregiato signor sovrintendente”, esclamò il mio amico Christian con tono ironico, “ma come adempie il mondo, questo semplicissimo, elevato insegnamento? – Lei, per esempio, mio signor consigliere di giustizia, …insieme a tutti voi signori colleghi, vivete in ogni caso solo di non amore, di odio, di smania di litigi verso il prossimo, e quanto più riuscite a sbarazzarvi di questo prossimo attraverso l’audace difesa del colpevole, attraverso procedimenti senza riguardi, nel cosiddetto interesse, per procurare ai vostri clienti questi vantaggi, tanto più aumenta la vostra reputazione e il vostro onore. Quanto più audace, cioè senza amore, senza riguardo, …tanto meglio per la cassaforte!”

24. “La devo pregare di non considerare me e la mia posizione da questo punto di vista”, rispose bruscamente il consigliere di giustizia.

25. Christian: “Chiunque altro di voi non corrisponderebbe del tutto alla verità, lo dico perfino a rischio di rendermi colpevole di una ingiuria verbale.

26. Del resto, non è diverso con la molto decantata scienza. Non per l’amore per il prossimo, bensì unicamente e solo per l’egoismo vengono sfruttate le invenzioni. Non alla collettività, solo alla cricca privilegiata, al capitalismo, le conquiste della scienza tornano oggigiorno a profitto. Il sistema dei brevetti, per la cosiddetta protezione della proprietà intellettuale, ne è una chiara prova.

27. Nel tempo odierno del mutuo depredare, alla fine queste leggi sono diventate necessarie, perché l’umanità è abituata a considerarsi non come prossimo, ma come rapinatore, di cui uno vorrebbe essere di fronte all’altro, sempre con la pistola carica in mano. Che qui debba essere trovato un rimedio, quanto a questo si è d’accordo, ma come? Forse attraverso la Chiesa? Questa difficilmente sarà in grado di farlo, perché in teoria ognuno loda naturalmente l’eccellenza dell’insegnamento di Cristo, ma nella pratica è un punto di vista superato.

28. Le chiese, da tempo non sono più un punto di raccolta di devoto raccoglimento, di domenica sono discretamente riempite, all’incirca come ogni uomo pulito fa un bagno perlomeno il sabato sera, così anche di domenica l’uomo viene sottoposto a uno spirituale lavaggio da gatto. Per alcuni istanti, nel migliore dei casi, ci s’immerge nell’acqua di un percepire spirituale, ma il più delle volte ogni impressione scorre via dalle anime insensibili, e nella settimana successiva si vive una vita allegra e spensierata alla vecchia maniera. La visita alla chiesa è diventata una questione formale e di moda, a parte il fatto che non vi si trova quasi niente della verità”.

29. Si alzò di nuovo la voce del sovrintendente: “Oggi sembra che lei sia di pessimo umore. Se la Chiesa non offre la verità, dove la si trova allora?”

30. “Dove?”, irruppe animatamente il mio amico Christian. “La verità si è ritirata là dove oggigiorno poche persone la sospettano: nel cuore dell’uomo. Là sonnecchia, e guai a colui che le soffoca la voce. Per ogni uomo arriva il tempo in cui tutti i vizi della presunzione, della smania d’onore, della menzogna e della violenza, non potranno impedirle di parlare ad alta voce, e quindi apparire poi come un terribile giudice che pesa le azioni dell’uomo contro la divina Legge dell’amore per il prossimo nota a tutti. L’uomo non ha ancora finito di vivere con la sua vita terrena.

31. Signori miei, voi sorridete sul pensiero del punitivo o del rimunerativo aldilà; bene, vedremo chi, tra cinquant’anni, quindi in un giorno nel quale nessuno di noi dimorerà più fisicamente sulla nostra Terra, riderà meglio. Voi, che considerate l’aldilà per lo più una favola, oppure io, che sono convinto di una continuazione della vita dopo la morte!

32. “Mio caro amico”, disse in tono di superiorità un noto medico, “il suo entusiasmo è molto bello, ma dove dovrebbe trovarsi nel corpo questa cosa straordinaria che continua a vivere? L’uomo, le cui funzioni vitali dipendono dal nutrimento e dalla circolazione del sangue, è un prodotto materiale della vegetativa, benevola madre natura, del tutto come ogni altra cosa. Egli ha il suo inizio, il suo tempo di fioritura e di decadimento, e infine la fine. La cosiddetta ‘anima’ si spiega molto bene dall’interazione degli atomi e delle molecole, e dalle forze mutuamente risultanti. Non abbiamo bisogno di ricorrere a favole non dimostrabili e di fantasticherie, per trovare spiegazioni per la cosiddetta vita dell’anima!

33. Christian: “E visto che la scienza, di cui lei signor dottore è rappresentante, ci dice che non esiste nessuna anima, e la scienza ha comunque decisamente ragione perché essa dimostra tutto molto precisamente, anche se spesso attraverso ipotesi che richiedono da noi più fede che le vecchie storie bibliche soprannaturali, allora è anche vero questo: che per conseguenza non abbiamo nemmeno bisogno di curatori di anime (i sacerdoti), di nessuna religione, di nessuna moralità, ma ben il diritto del più forte, e così facendo apriamo tutte le porte all’uomo animale e a tutti i vizi l’autorizzazione più illimitata. Proprio dalla medicina sono sorte affermazioni con la negazione dell’uomo animico e la deificazione dell’uomo animale, le quali sono un dileggio alla moralità, e cercano di assolvere l’individuo dalla responsabilità delle sue azioni. Perché dovremmo anche affannarci con tali bazzecole come moralità, decoro, nobile autoconsapevolezza e tendenza, visto che mancherebbe ogni motivo per considerare l’uomo come qualcosa di diverso che solo un animale superiore organizzato?

34. L’uomo viene nobilitato solo attraverso l’autoconsapevolezza della sua nobile origine, il sapere che questo breve periodo terreno è solo una scuola preparatoria di una vita più alta e migliore, e che la sua vita di qui ne è la base, l’inizio sul quale si costruirà una tale vita superiore. In verità, non varrebbe la pena vivere quest’esistenza terrena, se il suo contenuto fosse l’unico e tutto!

35. “Se per il contrario ci fosse solo una chiara dimostrazione...”, sospirò un grande industriale che era noto per la sua beneficenza, “…quanto volentieri si acquisterebbe un tesoro nel Cielo!” – “Io ho questa dimostrazione!”, rispose con calma il mio amico Christian. – Da tutte le parti risuonò un “Davvero?”, espresso in tutti i toni del dubbio e del sarcasmo, a cui seguì poi l’esortazione a render nota questa dimostrazione. – Egli accondiscese a questa richiesta con una narrazione, che io mi sono annotata letteralmente. Christian cominciò il suo racconto.

*

36. “Certamente che ho questa dimostrazione di una migliore, ultraterrena vita superiore, ma unicamente per me, perché ciò che posso esibire come tale, sono esperienze che da voi verranno forse considerate come una storia da ‘Mille e una notte‘ e non saranno convincenti, a meno che la mia credibilità non sia inoppugnabile ai vostri occhi. Anche se sospetto che a questi ultimi non sia il caso, dovete comunque sentire tutto, perché voglio dare una testimonianza di ciò che ha influenzato il mio operare negli ultimi tempi, per il qual motivo sono perfino venuto in stretto contatto con i tribunali ed ho conosciuto le benedizioni della procedura tutelare!”. A queste parole si chinò leggermente verso i suoi parenti un po’ imbarazzati, e poi continuò:

37. “Quando un po’ più di un anno fa intrapresi un viaggio di esplorazione in Africa, accadde semplicemente perché speravo di trarre da questo viaggio dei vantaggi per il mio uomo interiore. La grandiosità della natura sconosciuta all’interno dell’Africa mi attirava, in essa volevo studiare ancora ulteriormente le opere di Dio, volevo approfondire le Sue Leggi, per arricchire così la mia conoscenza che poi non avrei tenuto nascosta ai miei fratelli uomini. Non avevo paura degli indigeni, perché sapevo che questi sono inoffensivi, più di quanto generalmente viene sbandierato, e che la loro cosiddetta natura selvaggia e vendicativa è più un frutto dell’umiliante comparsa senza pari degli europei come innata crudeltà, anche se non può essere negato che i loro concetti sulla vita e sulla morte, di umanità e dignità umana sono differenti dai nostri. Con ciò non voglio dire peggiori, perché un cannibale che uccide e divora il suo nemico, agisce comunque talvolta ancora in maniera più umana che un europeo civilizzato, il quale pone al suo nemico astute trappole, lo perseguita per mezzo di leggi, lo rovina e lo istiga lentamente fino alla morte, così da gettarlo nella disperazione. I selvaggi amano l’essenzialità; noi il lento, tormentoso procedimento che dà al nostro cosiddetto onore, più soddisfazione e appagamento”.

 

[indice]

 

 

Christian comincia il suo meraviglioso racconto:

 

ruwenzori3.jpg

۞

Cap. 2

Esperienze sulla montagna della Luna

1. «Mi affascinava la favolosa montagna della Luna, quel tratto alpino che, ancora del tutto inesplorato, è la sede di racconti incredibili. Mi riuscì, con la mia spedizione, di penetrare fin là, senza aver dovuto superare troppe grandi difficoltà; ma non fui in grado di smuovere la gente portata con me dalla costa, né gli indigeni del luogo, di inoltrarsi con me ulteriormente ed arrampicarsi su quelle cime che sembravano nascondere un grande mistero, il che stimolava il mio desiderio di sapere ed esplorare.

2. Gli indigeni mi informarono che su e dietro quei monti, abitavano potenti spiriti che li avrebbero ripagati atrocemente nel caso io non avessi desistito dalla mia impresa. Essi sapevano raccontare molto dei demoni lì dimoranti, i quali sarebbero benigni, finché la loro quiete non fosse disturbata, altrimenti punirebbero un intruso con la sicura morte. Tutto questo mi stimolava ancora di più. Quelle altezze mi sembravano come una meta verso la quale mi afferrava un quasi inspiegabile desiderio ardente, a cui mi era impossibile resistere. Decisi di proseguire da solo, se fosse stato necessario. Inutili furono tutti i consigli. Ordinai alla mia gente di accamparsi lì ed attendere il mio ritorno, e cercai di tranquillizzare gli indigeni agitati promettendo loro di rappacificare gli spiriti con la mia stessa vita, nel caso fossero in collera con me. – Così mi misi in cammino. Dopo una faticosa marcia raggiunsi il piede della montagna e cominciai la salita.

3. La grandiosità della natura era travolgente. Ovunque si estendeva maestosa quiete, non si vedeva un essere vivente, neppure il popolo piumato era visibile. Mi arrampicai vigorosamente. Scavalcai le rocce, attraversai sterpaglie e prati, attraversai boscaglie e ulteriori pascoli e lentamente, ma sicuramente, venni sempre più vicino alla mia meta. Nulla si mostrò degli spiriti, nessuna forza maligna mi minacciò, ovunque regnava un profondo e misterioso silenzio. La solitudine della maestosa natura di Dio generò in me una devozione che nessun uomo potrebbe difendersi dal proprio percepire in tale situazione; era come se lo Spirito di Dio, lì, parlasse con un lieve sussurro. ‘Ecco, guarda la Mia opera, ammira la Mia Onnipotenza, ma amaMi, questo è tutto ciò che desidero da te, e ti ricompenserò mille volte’.

4. Avevo percorso circa la metà della via e, su un blocco di roccia, mentre riposavo dalla faticosa marcia e l’occhio si perdeva sul meraviglioso paesaggio tropicale sottostante, all’improvviso mi afferrò una particolare sensazione, come se non fossi più solo e venissi osservato. D’istinto presi il fucile che, carico, stava sul mio braccio, e i miei sguardi si volsero ad un misterioso magnete che mi attirava a sé. Non riuscivo a liberarmi dall’opprimente sensazione di essere osservato, abbandonai il mio posto e cominciai ad arrampicarmi direttamente sulla cima del monte.

5. Con grande sforzo e a dispetto di ogni stanchezza, perseguii la mia ardua impresa, finché finalmente vidi dinanzi a me una specie di terrazzo montano che prometteva un gradito luogo di riposo. Il mio fucile sulla spalla, al lato la mia sacca dei viveri, nelle due mani una stanga che usavo come bastone da montagna, avevo gli occhi solo per cercare un punto d’appoggio per i miei piedi e non badavo a ciò che succedeva sopra di me, un po’ più in alto. A questo punto un’ombra divenne visibile sul mio sentiero, e guardando in alto notai, al bordo di quel terrazzo roccioso verso cui mi dirigevo, stare un giovane uomo, il cui aspetto mi fece rimanere interdetto. Così la mia fantasia si era sempre immaginata il giovane Giacobbe, quando pascolava le pecore di Laban.

6. Con sguardo affabile mi porse la mano per facilitare la mia salita, ma quello sguardo chiaro conteneva una tale magica forza, che ho creduto di non poter mai più distogliermi da quegli occhi. Vidi dinanzi a me un giovane di indubbia discendenza ariana, brunito era il color della pelle, capelli neri arricciati e corti e di nobile aspetto, vestito – come i pastori dell’antichità – con una corta tunica e sandali ai piedi. I miei sguardi stupiti esaminarono questo giovane apparso così all’improvviso, ma nondimeno afferrai deciso la mano offerta e mi lanciai con un balzo sul terrazzo accanto a lui.

7. “Benvenuto, straniero!”, mi rivolse la parola con voce gradevole nella mia lingua madre. Se prima ero sorpreso, adesso il mio sbalordimento fu a dir poco sconfinato per il fatto di sentire qui, in questo luogo selvaggio, l’accento del mio paese. Gli chiesi precipitoso chi fosse. Il giovane sorrise e disse: “Prima riposati un po’, abbiamo ancora molta strada da fare”.

8. Indicò una caverna apparentemente profonda che si mostrava nella roccia e il cui interno offriva frescura e protezione dal Sole incandescente. Seguii volentieri l’invito, mi stesi sulla sabbia asciutta e soffice che copriva il suolo della caverna, osservando incuriosito il giovane che ora stava all’ingresso e guardava attentamente nella vasta superficie, senza occuparsi ulteriormente di me. La marcia mi aveva reso affamato e assetato. Presi perciò la sacca dei viveri ed invitai il misterioso sconosciuto a prender parte al mio pasto. Mi ringraziò molto gentilmente e guardò sorridendo come facevo onore frettolosamente alle mie provviste. Rimasi per un lungo tempo in silenzio, perché conoscevo molto bene l’usanza degli indigeni che esige di non iniziare una nuova conoscenza con molte domande, ma prima, assumere un comportamento il più possibile calmo, dignitoso e senza parole. La trascuranza di questa usanza può provocare il peggior pregiudizio. Perciò terminai in silenzio il mio pasto, avvolsi in tutta calma la sacca dei viveri e poi esaminai interrogativamente lo sconosciuto che stava ancora lì in silenzio.

9. “Io sto completamente al tuo servizio e voglio condurti dai miei”, disse calmo. Ero nuovamente sorpreso per il fatto che aveva dato una risposta precisa alla mia domanda mentale non espressa. – “Chi sono i tuoi?”, chiesi, mentre involontariamente riflettevo se ero in grado anche di osare seguirlo senza ulteriori indugi. “Vieni da amici, e non avrai bisogno delle tue armi. Queste sono inutili presso di noi!”, disse, sempre nella giusta conoscenza del corso dei miei pensieri. “Da noi regna pace! Ti sono venuto incontro in pace e con questa ti guiderò, finché ci lascerai. Mio padre ti aspetta già da lungo tempo. È lui che mi ha mandato ad aspettarti qui. Egli ti ha visto venire nel nostro paese, e poiché sei di buono e di nobile sentimento, ti ha protetto. A noi è possibile più di quanto tu possa immaginare! Ti ho attirato qui con la mia volontà, da quando sei a portata di vista, ed ho osservato la tua venuta, altrimenti non avresti trovato la via”.

10. Il mio stupore adesso cedette il passo alla certezza di stare di fronte ad un mistero che volevo risolvere ad ogni costo. Il giovane aveva sempre risposto ai miei pensieri apparsi all’improvviso, ancor prima che potessi rivestirli in parole. I miei precedenti studi sulle cosiddette scienze occulte mi davano la chiave che qui si stava svolgendo una telepatia, per cui veniva resa possibile una conversazione così rapida. Il singolare desiderio ardente verso questa altezza che mi aveva afferrato nella valle, la sensazione di essere osservato mentre mi immaginavo di essere solo, mi venne ora in mente. Così, dissi deciso al giovane: “Sono pronto a seguirti!”

11. Facendo affabilmente cenno col capo, rispose: “Vieni, le tue domande troveranno risposta da noi!”. e si rivolse verso l’interno nella caverna. Io lo seguii. Uno stretto e tortuoso passaggio si aprì come un tunnel, entrammo. Presto ci circondò una fitta oscurità, ed io mi fermai. La mia guida mi afferrò la mano e mi tirò verso di sé, senza che nessun ostacolo ora disturbasse più i miei passi. Camminammo a lungo in questo tunnel costruito dalla natura, quando all’improvviso una stella scintillò in lontananza che, divenendo lentamente più grande, si rivelò essere la fine del tunnel, nel quale inondava la chiara luce del giorno. Raggiungemmo l’uscita della caverna ed ora si offrì d’improvviso al mio sguardo un’immagine del tutto straordinaria. Davanti a me si aprì un bacino[2] montano che poteva avere un diametro di quasi un miglio. Alti monti completamente inaccessibili, le cui vette spoglie s’innalzavano nelle nuvole, sembravano bloccare ogni accesso a questo luogo isolato.

12. Apparentemente la caverna che avevamo attraversato offriva l’unico accesso a questa valle nascosta circoscritta dai monti. Una prospettiva o un più profondo avvallamento della catena di montagne, per mezzo del quale fosse possibile scorgere un retroterra, non era visibile. La valle che stava ai miei piedi era attraversata da numerosi corsi d’acqua che si riversavano in un limpido lago apparentemente molto profondo. Alle rive del lago cresceva in tutta pienezza una flora tropicale, e dal verde scuro delle palme e da molteplici boscaglie facevano capolino amabili e luminose casette costruite in stile orientale. Il tutto dava l’impressione come la mia fantasia si era immaginata spesse volte i luoghi biblici del tempo dei profeti. Un’indescrivibile pace si posò sul paesaggio, non si muoveva un filo d’aria perché le correnti aeree erano trattenute dalla proteggente, gigantesca catena montuosa.

13. La mia guida mi esortò a seguirla precisamente, perché la discesa sarebbe stata d’ora in poi difficile. Mi condusse oltre dei frontoni di roccia, ed attraverso delle alte boscaglie in tornanti giù dal monte. Il suo braccio vigoroso mi sostenne spesso, ed io ammiravo la sicurezza con cui questo giovane superava con la massima facilità e senza sforzi i più grandi ostacoli, mentre io, nel sudore della mia fronte, minacciavo talvolta di soccombere al grande sforzo. Leggero come se avesse le ali, lui saltava su blocchi di rocce e mi tirava a sé; poi di nuovo rotolava grandi pietre affinché il mio piede potesse avere un miglior punto d’appoggio, tanto da non riuscire a comprendere la forza dimorante in quel corpo tuttavia non erculeo.

14. Nella nostra discesa avevamo imboccato la direzione verso una sporgenza dei monti, sulla quale sorgeva un grande edificio che sembrava in un certo qual modo dominare l’ambiente circostante. Ad ogni modo, da questo si poteva facilmente abbracciare con lo sguardo l’intera vallata, e la mia guida mi disse che questa sarebbe stata la meta del nostro viaggio. Ora entrammo in una foresta e scorgemmo un sentiero spianato che percorremmo.

15. “Presto saremo alla meta”, esclamò incoraggiandomi, riconoscendo di nuovo correttamente il mio desiderio inespresso, “tuttavia per te c’è ancora da compiere la cosa più difficile”. Queste parole non mi erano piaciute, perché la mia spossatezza aveva raggiunto il culmine, il che significava il totale fallimento delle mie forze. Mi trascinavo più che camminare, e quando il giovane, fermandosi, indicò una radura, avvicinandomi vidi che la parete rocciosa che cadeva improvvisamente dinanzi a noi, apriva uno spaventoso abisso. Era impossibile avanzare oltre, raccapriccianti profondità tagliavano ogni via dinanzi a noi. Da basso le amabili, invitanti case sorridevano in su dal profondo verde, ma non c’era nessuna possibilità di raggiungerle; avrei dovuto possedere delle ali d’aquila.

16. Il giovane mi guardò sorridendo e, alle mie domande inespresse su dove proseguisse la via, indicò direttamente in giù nella profondità raccapricciante. Io lo guardai terrorizzato, perché in quel momento ho creduto di avere dinanzi a me un pazzo. Presto tuttavia fui informato meglio. Dal basso, dall’abisso verso l’alto, vicino alla liscia parete rocciosa, s’innalzò all’improvviso uno stretto ripiano, come da una botola di teatro, sul quale potevano trovare posto parecchie persone. Il giovane mi afferrò la mano e mi tirò verso di sé, entrando nello stesso. Allora notai che una specie di montacarichi stabiliva il collegamento tra l’altura e la valle, ma io ho dovuto comunque chiudere subito gli occhi per le vertigini, al vedere la spaventosa profondità, e mi tenni stretto alla mia guida. Il viaggio si concluse nella valle a velocità delirante.

17. Mi mancava il respiro, non osavo aprire gli occhi. Ecco, …un leggero urto, il mezzo si fermò, eravamo giù. Rabbrividendo, misurai la spaventosa altezza delle rocce, nel cui strato roccioso era inserito l’ingegnoso marchingegno in modo per me inspiegabile. Poi, guardandomi intorno, notai diverse figure di uomini forti e magnifici, vestiti come la mia guida che qui, apparentemente, fungevano da guardiani. Questi ci salutarono pieni di stima. Uno di loro venne da me e m’invitò affabilmente a consegnargli il mio gravoso bagaglio e le armi. Lo feci. Pochi passi più in là notai un’accogliente casetta, quasi nascosta dalla boscaglia. Da lì udii un vigoroso nitrito di cavallo, e subito dopo un ragazzo portò un cavallo imbrigliato che la mia guida mi pregò di montare. Io mi sentivo come sotto un incantesimo, non mi veniva alcun pensiero contraddittorio, nemmeno la domanda di cosa si volesse fare con me. L’intera impresa era così strana e mi sembrava così incredibile, che mi arresi completamente all’istante senza esitazione, ben sapendo che, se si proponevano di farmi del male, adesso ogni opposizione sarebbe stata inutile, e solo un degno comportamento sarebbe stato di vantaggio. Ma, come detto, non avevo paura, perché questi uomini del tutto inermi avevano un comportamento in sé che ispirava solo la massima fiducia. Il vigoroso cavallo che mi portava procedeva vigorosamente avanti, la mia prima guida e quell’uomo che mi aveva preso il bagaglio procedevano in silenzio accanto a me conducendomi su buone vie in direzione della casa dominante la valle già menzionata, che adesso era parzialmente nascosta dagli alberi.

18. Dopo una lunga camminata, essa comparve all’improvviso dal verde. In mezzo alla piattaforma della collina, circondata da poderose palme e arbusti fioriti, s’innalzava un maestoso edificio in stile orientale di un’assoluta bellezza architettonica, un ampio cortile con edifici laterali da un lato, mentre dall’altro lato un magnifico giardino di fiori, ben curato, circondava la collina. Mi vidi trasportato in un mondo di favola. Preziose statue, sorgenti gorgoglianti, fontane zampillanti adornavano questo giardino, e dei meravigliosi e deliziosi fiori profumavano di uno sfarzo e grandezza mai visti, e oltre a ciò il bagliore dorato del Sole, il blu splendente del cielo, le gigantesche cime innevate dei monti possenti che circondavano lo sfondo pittoresco, la vista nella deliziosa e pacifica valle davanti a noi, tutto questo era di un’inebriante bellezza e travolgente grandiosità. Se durante il viaggio si sarebbero voluti insinuare talvolta dei nuovi dubbi sul mio benessere, adesso questi scomparvero completamente, perché gli uomini che abitavano questa regione ed erano stati in grado di creare tali opere d’arte come era questo giardino, potevano solo essere di nobili costumi ed era impossibile fossero diversi dall’essere ospitali.

19. Dalla porta della meravigliosa casa uscì adesso un uomo di mezza età alto e dignitoso, seguito da alcuni altri uomini, apparentemente i servitori della casa. La mia giovane guida gli corse incontro e venne abbracciato da costui, si scambiarono alcune parole, e poi, l’uomo che – come avevo riconosciuto subito – era il padrone di casa, mi chiamò, mi diede un cordiale saluto di pace e mi invitò ad entrare. Seguii l’invito senza tentennare, venni anch’io abbracciato da lui, baciato lievemente sulla fronte e poi fui condotto in una stanza alta e ariosa che dispensava una piacevole frescura. Restai solo con l’uomo dall’aspetto dominante.

20. Raramente avevo visto un uomo dall’aspetto così maestoso e nobile. Da lui emanava una dignità sacerdotale che venne rafforzata ancora di più dalla veste bianca, lunga fino a terra. I suoi movimenti mostravano una grazia regale, la sua profonda e melodiosa voce era di un’impressione a dir poco accattivante, la chiarezza e lo splendore dei suoi occhi erano di un potere che avrebbero fatto tremare anche il peccatore più ostinato. Io guardavo stupito la ricca stanza adornata in stile orientale, gli artistici tappeti e le tende, l’arredamento delle suppellettili in parte europeo e il padrone di casa che mi guardava sorridente. Egli a sua volta mi osservava apparentemente compiaciuto ed io mi sentii come un imbarazzato cittadino nei suoi confronti che, all’improvviso, per la prima volta stava davanti al suo principe.

21. “Ancora una volta: benvenuto, amico!”, mi parlò porgendomi la mano. “Sei sorpreso di incontrare qui, nel bel mezzo di una regione selvaggia, un popolo civile? Ebbene, ti piace questa rivelazione del mistero al quale tu tendevi? Corrisponde alle tue aspettative?”

22. Risposi io: “Amico, chiunque tu sia, permetti che prima mi riprenda da tutte le cose straordinarie che ho già visto, ed abitui i miei sensi all’inaspettato. Sono confuso. Nel mezzo della misteriosa Africa trovo uomini che parlano la mia lingua, trovo un paradiso, trovo cultura e costume, mentre al di là dei monti, tutto è così diverso. Com’è possibile che il nostro mondo non sappia nulla di voi?” – “Perché noi vogliamo così secondo la Volontà dell’Altissimo”, rispose seriamente il padrone di casa, “e mai e poi mai avresti trovato questa via senza la mia volontà. Tu appartieni alla nostra razza, ti aggiravi smarrito tra quegli uomini che credono di essere i padroni di questa Terra, ci cercavi, anche se inconsciamente, e così ti ho attirato qui io, affinché tu potessi trovare il gioiello interiore che ognuno cerca e pochi trovano”.

23. Stupefatto, guardai l’oratore. Questi continuò: “Non ti ha quasi consumato il disaccordo in te? Non ti ha spinto di paese in paese la sete della pura conoscenza? Non hai cercato tu stesso per lungo tempo di intorpidirti per un po’ con una vita insensata di piaceri, perché in questi disperavi di trovare la verità? Infatti, tutto ti si mostrava come inganno e vano autoinganno: il sapere e il potere del mondo, la vita e l’attività degli uomini! Il vuoto dell’esistenza, che ti sembrava senza scopo e meta, non ti si è spalancato come un’infernale fauce aperta, dalla quale hai creduto di non poter mai fuggire?

24. Vedi, nella tua vita c’è stata un’ora che sarebbe diventata decisiva per te. Avevi accumulato in te il sapere del mondo ed avevi riconosciuto quanto poco fosse adatto per risolvere i misteri della vita. Avevi indagato l’essenza della vita, ma né alambicco né bisturi anatomico potevano spiegartelo, perché tu cercavi Dio all’esterno, e così Egli non poteva rivelarsi nemmeno a te. Per questa ragione ti sentivi solo ed abbandonato, e questa raccapricciante consapevolezza della desolazione ti gettò un giorno nel tuo studio con così grande violenza a terra, che nel più intimo del cuore gettasti un grido: ‘Dio, …lassù, se ci sei, allora rivelaTi a me, ed Io ti voglio glorificare!’

25. Piangesti lacrime ardenti, e quando attraverso queste si fu alleviato il tuo cuore pesante, il tuo sguardo cadde su una nuova opera sull’Africa, che avevi messo da parte senza badarci. Un pensiero entusiasmante di andare lì cadde nella tua anima, e non ti ha più lasciato. Hai portato a termine il tuo piano, e quel grido che qui da noi ha trovato una risonanza, ti libererà; qui potrai trovare la pace a lungo cercata!

26. Io guardai stupefatto l’oratore e chiesi balbettando: “Chi sei che ti sono conosciute queste cose? In quell’ora ero solo, nessun occhio umano mi ha visto, e nonostante ciò non ti è conosciuto solo l’esteriore, ma anche il pensiero più segreto della mia anima. Sei un Dio onnisapiente ed onniveggente? Siete voi, déi, che vanno solo apparentemente nel corpo di carne sulla Terra?”

27. Il mio padrone di casa disse seriamente: “E noi uomini non dobbiamo diventare déi? Non dobbiamo essere déi? Il detto meraviglioso ‘a immagine di Dio’ che indica l’uomo, non è una testimonianza del fatto che dobbiamo diventare perfetti com’è perfetto il Padre nel Cielo? Perché ti meravigli se in questa solitudine piena di benedizioni, trovi uomini che sulla via della perfezione ti sono un po’ più avanti? Certamente ti stupisci e presenti una fedele immagine dell’umanità in genere che dimora aldilà di queste altezze nei paesi della cosiddetta civiltà. Quegli uomini si stupiscono non appena qualcosa oltrepassa il termine dei loro concetti fatti da se stessi; tutto questo, poi, per loro è inafferrabile e non vero, per loro è un inganno. Non vuoi anche tu lambiccarti il cervello in quale modo ho avuto notizia di te, per eseguire adesso una maliziosa truffa, un gioco di prestigio per valere dinanzi a te come un essere superiore? Guardati intorno. Sei presso di me, perfino in mio potere, quale scopo potrebbe esserci nel volerti ingannare, voler ingannare un forestiero che non può servirci a nulla con la sua cultura portata con sé? Perciò apri gli occhi! Impara da noi, dal momento che non puoi insegnarci nulla!”

28. Per un po’ tacqui svergognato, perché il padrone di casa aveva riconosciuto subito i pensieri sorgenti in me e li aveva espressi. Poi dissi: “Amico, chiunque tu sia, portami fuori da questo caos di sentimenti contrastanti, affinché sia in grado di imparare. Guidami a dominare i miei pensieri, perché vedo che ti sono tutti manifesti, ed ho quasi paura che questa conoscenza poco rassicurante potrebbe stare tra noi ostacolante”.

29. Il padrone di casa disse sorridendo: “Cosa ti impedisce dunque di bandire tutti i pensieri ostili? Tra gli uomini cosiddetti di cultura, la sfiducia è prudenza della vita, e l’arte di formare l’interiore è opposto al puro esteriore, è il massimo trionfo dell’essere formale della società; ma qui tu sei presso i selvaggi, poiché da noi non troverai nulla della vostra usuale cultura. Qui la legge della natura è ‘sincerità’. Noi leggiamo all’uomo i pensieri dalla sua fronte. L’inganno è possibile solo laddove la purezza disprezzata dei costumi offusca l’occhio dello spirito; da noi non conta la forma sociale, bensì l’accordo dei pensieri e l’azione, guidati dalla sapienza dell’amore come supremo trionfo della vita. Perciò bandisci ogni diffidenza, scacciala via ben oltre quei monti insuperabili. Qui dimora solo fraternità e verità. Qui non hai nulla da temere. Vieni, riposati qui e parliamo come si addice ad uomini che si riconoscono come fratelli. Domanda ed io ti risponderò! Se vuoi fortificarti, allora gusta questi cibi”.

30. Con queste parole prese da un armadio un cestino di frutti freschi tropicali e mise sul tavolo una brocca colma di delizioso vino. Distesi le mie membra ancora affaticate dalla via su un cuscino e mi servii con dovizia. Dopo una breve pausa chiesi al mio ospitante: “Spiegami, amico mio: com’è possibile riconoscere i miei pensieri? Questo è stato facile anche a tuo figlio, come ho già sperimentato su di me. Su cosa si basa questo meraviglioso dono, la cui possibilità da noi viene negata?”

31. Egli rispose: “Perché noi riconosciamo la meta della vita dell’uomo e adempiamo la Legge. Tu non mi comprendi. Ebbene, allora ascolta: prendi un qualsiasi libro, leggerai facilmente le lettere scritte o stampate, e comprenderai il senso che le riveste senza sforzo, perché ti è molto familiare l’arte della lettura. Se ora viene un uomo che, non comprendendo ancora quest’arte, osserva il libro e, poiché non sa interpretare i segni curvi, sostiene che sarebbe impossibile trarre da loro un senso, comunque la tua arte rimarrà per questo esistente e le sue leggi saranno chiaramente visibili all’intenditore. Così è anche qui. La negazione dei non conoscitori non sospenderà la legge. Cosa produce nella parola la comprensione, il suono, o il concetto che è unito ai suoni? Certamente solo il concetto, poiché il suono è solo un mezzo di trasmissione da una persona all’altra! Ora rifletti: se cambia il mezzo di trasmissione, si potrebbe poi anche trasmettere il concetto? Certamente, perché per esempio, la scrittura è già un tale mezzo. Ora ti domando: – Su quale via tu comprendi i concetti rivestiti con suoni, oppure in uno scritto? In ogni caso, per la ragione che nel tuo cervello, attraverso lo stimolo del suono o l’immagine della lettera, il concetto rivestito viene chiaramente rappresentato o risvegliato nella tua anima. Se però il concetto non si trova già nella tua anima, non può nemmeno essere risvegliato. L’uomo non comprende poi il trasmesso, perché la sua conoscenza presenta una lacuna che dapprima deve essere colmata, imparando. Se ora abbiamo due uomini nella cui immaginazione animica hanno accumulato abbastanza concetti, quindi una simile conoscenza, allora troverebbero pure un altro mezzo finora sconosciuto che solo il fascino del suono o l’immagine della lettera, per risvegliare questi concetti reciprocamente nell’anima, allora potrebbero comprendersi certamente altrettanto speditamente, come sulle vie generalmente note. – Un tale mezzo esiste: è la volontà!

32. Se questa viene esercitata sufficientemente, così che gli impulsi esternati della volontà vengono percepiti ed accolti, allora la comprensione non è difficile. Ogni pensiero è collegato con un impulso di volontà, altrimenti l’anima non gli potrebbe infondere vita in una certa misura e dargli tale impressione che l’uomo dica di sé: questo pensiero vive e domina in me’. Se ora io divento abbastanza sensibile da percepire gli impulsi della volontà, cioè quella serie di pensieri ancora così deboli, tale da percepirli similmente come tu puoi sentire o non sentire il discorso degli altri a seconda del tuo interesse, così posso leggere anche i tuoi pensieri più nascosti, perché non puoi pensare senza voler pensare, e questo volere diventa il traditore.

33. Qui noi ci esercitiamo molto a percepire le esternazioni della volontà, perché la nostra educazione consiste soprattutto di esercitare la volontà, prima di tutte le cose. Noi partiamo dal principio che l’uomo, per poter raggiungere la meta della sua esistenza, deve prima dominare se stesso. Questo vuol significare che non potrà mostrare solo un autocontrollo esteriore, mentre nell’interiore infuria la tempesta, ma di saper dominare radicalmente ogni moto animico, in modo che questo non possa mai elevarsi al di sopra della volontà in forma di passione, ma che venga sempre governato da questa (volontà). Solo l’autocontrollo esteriore è una finzione che noi odiamo. L’autocontrollo interiore ed esteriore che deve presentarsi inseparabile è una virtù che conduce gli uomini all’altezza della vera umanità. Con questa virtù possiamo fare molto, molto di più che i nostri fratelli nei cosiddetti paesi civilizzati, i quali si considerano volentieri come signori della natura e sono comunque solo suoi schiavi, anche se indossano catene d’oro”.

34. Chiesi meravigliato: “Come? I miei fratelli sarebbero schiavi? In quei paesi non prospera l’arte e la scienza? Le invenzioni dell’era moderna, non sono trionfi del vittorioso intelletto umano?”

35. Il mio ospitante rispose seriamente: “Amico, nel corso dei tempi ci sono stati già più volte popoli che hanno saputo ben sviluppare l’intelletto, che hanno compiuto del grande, di cui la storia può riferire che hanno coltivato le arti e le scienze; e dove sono adesso le loro tracce? La loro esistenza è sparita, e il mondo attuale crede che in generale questo sia il destino al quale non si può sfuggire. Il nuovo deve sempre seguire al vecchio, ed è inutile pensare che ciò che è stato creato dal senso umano possa mai essere di eterna durata.

36. E tuttavia, ciò che una volta è stato raggiunto, potrebbe essere conservato in modo imperituro per le future generazioni, se soltanto fossero usate le giuste vie senza ignorarle. Non basta solo creare! Affinché quanto creato sia duraturo, a questo creato deve essere data la forza di conservazione che consolida, migliora e completa. Ebbene guarda: affinché questa forza di conservazione si manifesti, non potrai nuovamente fare a meno della volontà. Ti è facilmente manifesto che un lavoro disordinato durerà meno di uno fatto seriamente. Per uno hai bisogno di meno volontà; per l’altro, più sforzo di volontà, e questa differente forza di conservazione che vien data per mezzo di ciò, si mostra anche presto ben visibile nell’opera. Le opere che vengono create allo scopo del godimento – e ciò che l’umanità crea ha perlopiù solo questo scopo – devono anche essere fatte velocemente, affinché il godimento possa essere reso possibile molto presto, e con ciò portano già in sé il rapido deperimento, perché è un lavoro mal fatto che non resiste al tempo. Ha durata solo ciò a cui la seria volontà conferisce la forza di conservazione, e con ciò può anche opporre resistenza al tempo! Meglio che tutte le parole. Un esempio ti mostrerà ciò che può fare presso di noi la volontà. Vieni, seguimi, facciamo un giro, affinché tu conosca gli abitanti di questa valle! O ti senti ancora stanco?”

37. Risposi in maniera negativa, perché miracolosamente non sentivo più nessuna traccia della precedente stanchezza, ed ero volentieri pronto a seguire il mio ospitante. Ora egli mi portò fuori. Scendemmo la collina verso quelle case amabili che avevo già notato dall’alto. In quanto a ciò, voglio essere breve: là ho visto uomini che non conoscevano né discordia, né invidia, né condizione, ma praticavano l’un con l’altro come fratelli, si sostenevano fraternamente e soprattutto possedevano un alto livello di conoscenza spirituale. Quella facoltà che mi aveva trasferito così tanto nello sconcerto, quella di leggere i pensieri degli altri, la possedevano tutti; perciò era impossibile che si potessero diffondere la menzogna e l’inganno, un avvio improduttivo che avrebbe avuto per conseguenza, subito, il disprezzo di tutti.

38. La generosa natura dava loro tutto per la sussistenza, tuttavia essi sapevano rafforzare ed utilizzare le forze motrici della stessa attraverso una meravigliosa forza di volontà. I loro campi e alberi da frutta portavano una benedizione che finora mi era sconosciuta e sembrava incredibile; solo più tardi mi divenne chiaro quali leggi causavano la loro fertilità. L’effetto della loro forza di volontà che essi esercitavano, sia reciprocamente quanto su se stessi, come su tutti gli altri esseri viventi, era meraviglioso. A distanze in cui il richiamo della voce non giungeva, s’intendevano con facilità attraverso la telepatia; la legge era la stessa che aveva sviluppato il mio ospitante. Gli animali obbedivano alla loro volontà inespressa, come gli animali faticosamente addestrati nei nostri paesi di cultura, solo molto più volenterosi e più osservanti. La mia guida mi mostrò la felice vita familiare degli abitanti della valle. Qui vivevano entrambi i sessi, completandosi amorevolmente; qui non esisteva nessuna sete di potere, nessuna emancipazione. Nel reciproco sforzo di mostrarsi amore, nessuna parte cercava di varcare i limiti che erano tracciati ad ogni sesso. Nel loro operare si mostrava sempre la vera conoscenza dei doveri. Gli anziani venivano da loro onorati come non l’ho mai visto presso altri popoli, e questo rispetto era comprensibile, dal momento che il peso della vecchiaia non veniva percepito dagli anziani; infatti, lì trovai solo persone anziane che non solo erano nel pieno possesso delle loro forze fisiche, ma in seguito alla loro esperienza e alla loro vita interiore possedevano anche maggiori forze spirituali e la più vasta conoscenza. Questa unica breve passeggiata non mi convinse di tutto questo, ma una permanenza più lunga che mi fu concessa tra questi veri uomini, mi diede un parere che confermò le impressioni successive.

39. Quando uscimmo da una casa dove mi aveva portato il mio ospitante, per conoscere la vita patriarcale della famiglia e lo stile di vita ordinato e armonioso degli abitanti, fui colto da un enorme spavento. Uscendo per primo dalla porta, vidi direttamente davanti a me un possente leone che mi ruggiva digrignando i denti, ed apparentemente era pronto per saltarmi addosso. Rapidamente tirai fuori la rivoltella che portavo al fianco per difendermi, stesi il braccio armato e mi sentii subito come paralizzato. Il padrone di casa, la cui dimora stavamo per lasciare, aveva fatto un gesto difensivo nei miei confronti, il che mi rese subito impossibile muovere neanche un solo membro. Poi venne velocemente avanti, afferrò il poderoso animale alla sua arruffata criniera, gli esclamò alcune parole, e questo re della foresta se ne andò obbediente in un angolo della casa, dove si mise a cuccia.

40. Sorridendo, l’uomo si rivolse a me, e solo adesso mi scomparve la paralisi dalle membra, e disse: “Nella vostra Europa non avete animali domestici così pericolosi; qui da noi sono graditi ospiti pacifici che non ci danneggiano, ma ci servono. La tua rivoltella era inutile per la difesa, e senza il mio intervento avrebbe privato i miei figli di un compagno di gioco che essi amano ed è diventato prezioso”.

41. Ci congedammo, e strada facendo espressi al mio ospitante il mio stupore sull’avventura. Egli mi disse: “Da questo puoi riconoscere quanto poco siete voi padroni del vostro ambiente, e quanto invece lo siamo noi. Ognuno dei nostri ragazzi andrà incontro senza paura al più feroce animale, e lo saprà domare con la sua indomita volontà che si esprime nel suo sguardo; anzi, noi li incoraggiamo a questo, affinché esercitino questa forza. Non c’è bisogno di armi, ci basta la nostra volontà, e che questa sia forte lo hai appena sperimentato su te stesso. Con tutte le tue armi – fucile da caccia, revolver e pistole – come nemico qui non otterresti nulla. Ognuno di questi abitanti della valle ti paralizzerebbe con un singolo impulso di volontà, proprio come lo ha fatto il proprietario del leone, al quale volevi abbattere avventatamente il suo animale”.

42. Io camminavo assorto accanto alla mia guida. Con la mia civiltà, con il mio potere, mi sentivo ben misero, dal momento che in ciò che finora credevo di poter essere orgoglioso, si riduceva a un nulla. Attraversammo meravigliosi giardini fioriti e campi riccamente benedetti per giungere ad un lago, la cui superficie, liscia come uno specchio, mi aveva ‘assorbito’ così amabilmente all’arrivo nelle alture. Davanti a noi vidi un’isola, ad una discreta distanza, alla quale però non conduceva nessun ponte. L’interno era avvolto misteriosamente da una fitta boscaglia e da slanciate palme. Mi sembrò come se dietro il profondo verde scintillasse la bianca superficie di un edificio. Chiesi alla mia guida cosa fosse. Egli rispose: “Qui c’è il luogo dove noi adoriamo Lui, il Donatore della Vita, la Sorgente del nostro essere, dove ci uniamo con Lui che è l’unico vero Sovrano. Non ti posso ancora portare lì, perché da impreparato la Santità del luogo ti afferrerebbe e ti danneggerebbe, invece di esserti utile. Se vuoi rimanere presso di noi per qualche tempo, allora ti verrà rivelato anche il mistero di quel tempio, il cui scintillio irrompe attraverso il verde”. – Esclamai eccitato: “Amico, posso restare? Non ho ancora mai avuto un’offerta più entusiasmante!” – Mi prese seriamente la mano e disse: “Noi non ti cacciamo se tu stesso non ci lasci; all’aspirante sta aperto tutto, ma solo nell’aspirare possiamo rimanere amici e fratelli. La mia casa d’ora in poi è tua!”

43. Guardai negli occhi di quest’uomo singolare, e mi sembrò come se la mia intera anima mi attirasse a lui; lui invece indicò con la mano a quell’isola e mi sembrò come se da lì qualcosa di misterioso si stesse movendo, come se le onde del lago sussurrassero un canto che accarezzava i miei sensi e con una visione da sogno circondava il mio pensiero. Il desiderio ardente, il fervente amore che mi afferrò per la mia guida, fuggì là a quell’isola sconosciuta, dall’interno della quale sembrò splendere all’improvviso un fulmine che colpì il mio cuore e portò toni risonanti sulle sue onde luminose che si formavano in suoni e in parole. Adesso sentii delicatamente, come da un canto melodioso da grande distanza, voci nel giubilante coro cantare in lode all’Altissimo, e oltre a questo canto sentivo una lontana, ben sonante voce che diceva: “Ama Me nel tuo prossimo, allora onori Me e le opere Mie!”

44. Il linguaggio benefico e quieto della mia guida mi svegliò dal mio sogno. Mi invitò a seguirlo, e – ancora inebriato da ciò che la mia anima aveva vissuto – accettai volenteroso il suo invito. Presto ritornammo alla sua magnifica dimora.

45. Ora rimasi ospite nella casa del mio amico che si chiamava Chorillus ed esercitava la dignità di sommo sacerdote. Ciò che ho imparato lì, lo posso testimoniare solo parzialmente, perché difficilmente troverei per questo piena comprensione. Nella sua casa, nel frequentare la sua famiglia, ho imparato a trovare la pace dell’anima, pace che ho cercato così a lungo e non l’avevo ancora trovata. Mi venne svelata l’essenza della Divinità, e svelati furono davanti ai miei occhi i segreti della vita e la grande Legge dello Spirito. Solo dopo questa conoscenza si giunge ad essere veramente ‘uomo’.

46. Un giorno, al crepuscolo, sedevamo in quel meraviglioso giardino sotto le ombrose palme e i cespugli fioriti, quando Chorillus mi diede le seguenti illuminazioni:

47. “Guardati intorno: tutto ciò che vedi è volontà consolidata! Ogni foglia, ogni pietra, ogni pianticella viene conservata solo dal principio della vita dimorante in essa, e in fondo, cos’è questo? Niente altro che una cosa che ha il suo divenire e la sua essenza solo da quella Sorgente primordiale che viene descritta come ‘Dio’, e che è la quintessenza di ogni essere, di ogni vita, in breve, la Creazione. Se questa Onnipotenza, nella cui essenza più interiore si mosse un giorno la Parola della Creazione e da ciò tuonò il ‘Sia’ negli spazi dell’Eternità, ritirasse la Sua Volontà conservatrice, la conseguenza sarebbe subito l’annientamento.

48. Nell’uomo si vuole contemplare la Divinità Stessa. In lui, senza che egli stesso sia la Divinità, né possa mai diventarlo, deve essere risvegliata l’immagine della Stessa che è simile al Padre, la quale è perfetta come lo è il Padre. Cosa ci vuole per questo? Certamente, prima di tutto riconoscere la Volontà di Dio Padre e adempierla, perché qui esiste una sola Volontà, nulla può esistere accanto a questa, né può esistere senza questa Volontà che abbraccia tutto, né la perfezione può essere raggiungibile attraverso altre vie, oppure altrimenti il concetto della perfezione dovrebbe essere pensato come divisibile, e questa possibilità crolla in se stessa. Se l’uomo vuole diventare perfetto, allora deve unirsi con la Volontà creativa, perché è questa la perfezione, in essa giace ogni Verità, l’Essenza sublime e la conoscenza. E se fai questo, allora adempi la Legge dello Spirito, perché la felicità dell’uomo sta nell’unificazione con Dio!

49. Questa unificazione può essere di utilità solo se avviene di propria volontà. Se viene procurata con costrizione, l’uomo diventa una macchina, non immagine della Divinità, e tale creatura il Creatore non la può usare per il Suo scopo sublime, perché in Lui [nel Creatore] c’è la libertà che garantisce la perfezione; di conseguenza essa deve essere raggiungibile anche nell’immagine.

50. L’uomo che deve afferrare questa meta, viene perciò posto in modo che si senta come all’esterno di Dio. Egli può opporsi a Lui nell’ostinazione più intima, può crearsi un nuovo dio, posto che lo voglia, può ingannare se stesso e la Divinità che lo circonda, e negare le Sue Leggi che si rivelano come Leggi della natura, ma una cosa non può fare: non può piegare la Sua Volontà!

51. La perfezione che giace nella Divinità è raggiungibile solo attraverso l’unificazione. Esiste una sola perfezione, un solo Dio, e un’unica Volontà che dice: ‘Diventa perfetto, come lo sono Io!’. E perciò vi è anche una sola via che porta a Dio, e questa via si chiama ‘umiliati’! Creatura, tu sei un’essenza, il che significa che in te giace una consapevolezza dell’io, e questa s’innalza in te e cerca di mettere in evidenza ostinatamente il proprio sé, vorrebbe ottenere la vita da sé, vita che può sempre essere solo un dono della Divinità, perché questo è scaturito da Lei. Se tu, creatura, vuoi veramente vivere, allora rinuncia a questo errore, come se fuori da Dio ci fosse ancora un’altra Vita. Umiliati! Unisciti come parte del tutto e sappi che sei forte solo così, non nell’ostinata elevazione della propria piccola volontà solo nascosta, ma nell’afferrare e lasciar fluire la potente Volontà di Dio, il che significa poi, felicità, benessere e amore.

52. L’uomo che ancora crede di poter percorrere altre vie che quella dell’unificazione con Dio, cerca la forza nelle leggi della natura stessa, mentre queste sono tuttavia solo l’espressione della forza. Egli riconosce bene queste leggi, le sa anche usare, ma non coglie la Volontà motrice che vi sta dietro. La legge della natura è l’espressione dell’immutabile Volontà. Perciò può spostare e cambiare tutte le cose che sono soggette a tale legge, e causare sorprendenti fenomeni, e ora pensa di dominarla come se avesse deviato un piccolo flusso di lava da un vulcano, che ora può essere utilizzato per differenti piccoli esperimenti, nondimeno è lungi dall’essere in grado di comandare il vulcano. Nella sua stoltezza, l’uomo, nonostante ciò, s’immagina e si gloria delle sue capacità.

53. Guarda a quei paesi come si chiamano nella tua patria. Quanto si gloriano e si definiscono signori della natura, poveretti! Se uno è malato, allora gli viene inculcato ciò che la chimica produce in laboratorio, e si suppone che queste pozioni portino la guarigione, ma che l’anima dell’uomo, in cui sonnecchia la goccia della Volontà proveniente dal Regno della Divinità, sia in grado di mantener pura la dimora del corpo e rimuovere tutto il malato, questo non vi viene in mente. In Dio, nella perfezione, vi è anche la salute; qui non ha posto la malattia. Unitevi con Lui, lasciate fluire la Sua forza attraverso di voi, e l’uomo sarà sano in un colpo solo. Così avviene da noi, e perciò in questa valle non è neanche mai esistito un malato.

54. In Dio c’è pienezza, ed Egli dà in abbondanza ciò di cui hanno bisogno le sue creature. Noi ci uniamo in preghiera con la Divinità, Lui sa di cosa abbiamo bisogno e ci benedice. Noi benediciamo i nostri campi, e i frutti che ci danno è mille volte tanto. Là fuori, dove regna solo l’interesse privato e l’avidità, là una benedizione non può servire, perché la perfezione non si può unire con colui che pretende questa unione solo per amor del profitto. Chi ancora crede di poter creare solo da se stesso e compiere delle opere permanenti, costui cade nella giustificazione dell’io e, con ciò, apre le porte ad ogni sofferenza.

55. Qui hai anche il motivo dei molti guai di cui i popoli e gli uomini si lamentano, e per la qual cosa viene ritenuto Dio il responsabile, sebbene la propria stoltezza causi tutta la sofferenza. La giustificazione dell’io è la disgrazia dell’uomo e dei popoli. È questa giustificazione dell’io, la resistenza verso l’unificazione con Dio, quale ultima, che cela in sé unicamente la felicità; essa richiede la via dell’esperienza della creatura libera, e questa si può abbreviare o allungare.

56. Ogni essere è nato per la felicità, e raggiungere quest’impulso di afferrare la felicità è l’unico stimolo dell’esistenza. Ogni creatura presume che esiste una felicità, lotta per essa e non teme nessuna fatica per raggiungerla. Attraverso la rivelazione Iddio da lungo tempo ha mostrato all’uomo in cosa consiste la vera felicità e come può essere raggiunta, ma l’uomo ostinato cerca le sue vie, vuole saperla meglio del Creatore e non crede che i suoi concetti fatti da sé siano sbagliati. Egli cerca nel materiale, nell’esteriore, nel chiarore transitorio ciò che è da cercare solo nello spirituale, o meglio, nell’interiore. Egli dimentica e si chiude alla conoscenza che la felicità terrena esteriore può portare vera pace solo se dapprima ha trovato un posto nell’interiore. Perciò si fa particolari concetti della felicità, come ricchezza, bella vita, inattività, buon cibo e bevanda, e ogni specie di piaceri sensuali. I concetti di questa felicità sono per lui certamente legge, e la rappresentazione della sua idea dello spirito come possessore di tale felicità, soffre nel credere che il suo dio debba creargli queste cose su preghiera, affinché possa essere felice. L’uomo si aggrappa a questo dio che a lui piace, auto-creato, che è solo un idolo, e che ora deve anche maledire tutto ciò che non corrisponde alla sua idolatria. Infatti, la giustificazione dell’io insegna, attraverso i suoi idoli, che contro Dio vi è tutto ciò che è contro i costumi umani fatti da sé e contro le sue oscure conoscenze.

57. Anzi, essendo contro l’idolo, e finché esiste la forza della giustificazione dell’io che questa stoltezza rende consistente, fino ad allora infurierà anche l’idolo attraverso gli uomini contro altri uomini dissenzienti. Questo idolo elevato a dio provvisto di tutte le debolezze umane, non può continuare ad esistere, perché la Perfezione dice:Io sono vostro Signore e Dio, non dovete avere altri déi accanto a Me!’. Perciò questa giustificazione dell’io conduce da sé alla sofferenza e al dolore, perché ciò che gli uomini si creano volontariamente nella presunzione voluta da loro, non può avere consistenza senza il sostegno della vera Volontà di Dio; e così l’amara esperienza distrugge l’edificio sfavillante della giustificazione dell’io.

58. L’insegnamento di Dio è annunciato per tutti, esso mostra le vie note a tutti e somiglia ad un esempio aritmetico, di cui il maestro aritmetico dice: ‘Ecco, due per due fa quattro!’. Se riconosci questa verità, allora tu, basandoti su questo, otterrai sempre giusti calcoli e sarai soddisfatto. Invece l’uomo dice ostinato: No, non lo credo, e dico: due per due fa cinque!’. Per convincere questo stolto, al maestro contabile non rimane altro che lasciarlo calcolare con la sua formula sbagliata e con gli eterni falsi risultati, e la sofferenza provocata ostinatamente avrà un effetto educativo su di lui, finché alla fine non sarà costretto a riconoscere l’unica giusta formula.

*

59. Adesso l’anima risvegliata dell’uomo riconosce che le vie che in sé contengono solo una somma di desideri umani esteriori, non conducono alla felicità, e che ciò che stava al di fuori di questi ed è stato spesso stoltamente indicato come eresia ed è stato perseguitato violentemente con fanatismo e intolleranza, conduce direttamente alla felicità. Adesso splende d’improvviso: la distruzione della giustificazione dell’io! Il desiderio di non servire se stesso, ma la collettività, e questo lo condurrà alla vera felicità e all’unificazione con Dio. La beatitudine non è il possesso di beni passeggeri, ma il raggiungimento di quelli imperituri. E se si è uniti con l’eterno Iddio, allora si è una parte di Lui e immortali nell’eternità!”

*

60. A questo punto chiesi a Chorillus quale fosse il modo più sicuro per raggiungere il collegamento con Dio, ed egli rispose: “La tua domanda è il segreto di ogni vita, essa include già in sé la vera e propria risposta, e proprio perché questo segreto è così semplice, non viene trovato dagli uomini. Non lasciare sorgere in te la sensazione della separazione, allora sarai anche unito con Dio. Chiedi agli uomini se si sentono uniti con Dio, ed essi ti risponderanno tutti con unNo!’. Continua ora a chiedere il perché hanno risposto con un no. I pochi veramente sinceri ti confesseranno che l’ostacolo è un qualche senso di colpa; altri rifiuteranno con vuote scuse, con ignoranza oppure con menzogne questa scomoda domanda, e in ciò potrai riconoscere gli indolenti spirituali, i riluttanti, gli impenitenti e anche i malvagi, i quali preferiscono chiudersi ad ogni conoscenza solo per stordire quel Giudice interiore, per stordire quel senso di colpa.

61. Se però percepisci in te il senso di colpa che ostacola il collegamento, allora sarai anche in grado di evitare ciò che lo ha provocato, ti purificherai e giungerai finalmente alla sensazione di avvicinamento e al collegamento con Dio. Quanto più procederai, tanto più ti si rivelerà poi anche la forza di Dio, e in questa unione sarai alla fine provveduto con questa forza e potrai compiere cose che l’ignaro non comprende né considera possibile.

62. In Dio vi è tutto, perché Dio è Tutto in tutto. Se sei in e con Dio, allora hai anche tutto, perché il Padre dà la forza al figlio, e ‘voi dovete essere perfetti come il Padre’. Non sospetti tu quale immensa promessa si trovi in queste parole?

*

ruwenzori2.jpg

 

63. Si appressò a me una domanda sulle labbra, e trepidante chiesi: “Chorillus, ti senti unito con Dio, col Padre?” – Solenne e semplice, Chorillus mi rispose: “Sì, amico mio! È nostro compito, qui in questo luogo segregato che nessun piede umano può calcare senza la Volontà dell’Altissimo, conservare il collegamento, il che dovrebbe essere il punto d'arrivo di ogni uomo. Significherebbe infinita disgrazia e sventura se questo globo terrestre si trovasse completamente ottenebrato. Se sotto la cenere arde ancora un debole scintillio, allora con la giusta cura può sempre essere attizzato un chiaro fuoco. Il fuoco della fede non deve spegnersi! Noi lo custodiamo, noi sconosciuti abitanti della valle, non per giustificazione dell’io, non per amor della ricompensa, solo per amore per Dio e per i nostri fratelli uomini. Noi riceviamo ogni forza attraverso di Lui, e lo Spirito di Dio ci introduce in tutti i segreti della Sua Creazione e della Sua Essenza.

64. Io prima di adesso non ho mai parlato la tua lingua, ora invece la comprendo e la parlo, perché sono in collegamento con Dio e in Lui non vi è nulla di estraneo, a Lui nulla è sconosciuto. Per lo stesso motivo vengo a conoscere ciò che accade al di là di queste montagne, per quanto sia necessario sapere, e qui siamo informati senza giornale su tutti gli avvenimenti con più velocità e con più esattezza di quanto lo possono il telegrafo e la posta, perché Dio è onnipresente e non ha bisogno delle organizzazioni umane. Se sei unito con Dio, allora hai tutto, tutto! Solo a questo punto sarai dominatore in te e fuori di te, non più una palla da gioco delle forze della natura, alle quali delle teste perspicaci sanno mettere alcune leggere catene, piuttosto di essere conoscitori della Volontà delle Leggi di Dio, alla quale sono soggette tutte le forze, perché queste sono gli effetti della Sua immutabile Volontà; e allora troverai ogni dominio in e attraverso Dio”.

65. Stupefatto, guardai Chorillus e dissi lievemente: “Nessuno può vedere Dio e conservare la vita, come può allora l’uomo unirsi con Lui così strettamente, tanto che l’Onniforza fluisca attraverso di lui?”. – Egli rispose: “Amico mio, se tu sapessi chiaramente e distintamente ciò che può fare l’Amore, non faresti domande così stolte. A questo Amore tutto è possibile, questo è il fondamento originario di ogni essere, in esso stanno nascoste tutte le chiavi, esso risolve tutti i misteri. L’Amore di Dio è insondabile, e solo attraverso l’amore diventiamo simili a Dio.

66. Hai visto quell’isola, della quale ti ho detto: ‘Là noi adoriamo Lui, il Santissimo’. Non vi conduce nessuna via, nessun ponte; circondata dall’acqua essa è un santuario chiuso. Accendi il vero amore in te, allora il desiderio ardente ti condurrà al nostro Tempio. Ti porterà l’acqua, e sul flusso cristallino, come lo facciamo noi, potrai camminare alla nostra isola che ti svelerà il più grande mistero, quello dell’Amore di Dio. A cosa ti serve tutto il sapere? Sarebbe una noce vuota se non penetrassi in questo mistero più intimo, per mezzo del quale tutto ti verrà rivelato. Afferra ed accendi in te questo amore, allora si scioglierà tutto ciò che non ti è ancora chiaro, e poi ti si mostrerà la successiva via che porta a Dio!”. – A questo punto Chorillus si alzò e mi lasciò solo, assorto in profondi pensieri.

67. Amore! – Questa parola di così infinito significato, di profondità così misteriosa e spesso tanto male interpretata, afferrò i miei interi sentimenti. Come afferro, come accendo l’amore in me? Come posso amare un Essere che non vedo, che non posso sondare?

68. La famiglia del mio amico ospitante, presso la quale vivevo e che mi aveva accolto con la più grande affabilità, consisteva di una moglie, di suo figlio che mi aveva guidato in questa valle, e di una figlia di insolita bellezza. Madre e figlia provvedevano alla vita domestica e per me erano poco visibili. L’avvenenza e la purezza che si esprimevano nel modo di fare della figlia, mi avevano conquistato sin dal principio. Tutte quelle donne della società europea che, per l’addietro, costituivano la corona della femminilità da me conosciuta, mi sembravano caricature in confronto a questa verginità che viveva inconsapevolmente del fascino seducente emanante da lei e che era in grado di sopraffare i cuori.

69. Io sapevo che Chorillus, il quale sapeva leggere così bene i pensieri, conosceva anche i miei sentimenti di questo tipo; nondimeno, mai li toccò. L’esortazione di accendere in me l’amore dava perciò al corso dei miei pensieri una direzione che apparirà ben perdonabile, soprattutto quando vedevo questo essere incantevole sul terrazzo davanti alla casa mentre salutava amabilmente il padre quando ritornava.

70. “Amore! Amore?”, chiese la mia anima. Questo amore per Dio è uguale a quell’amore che l’uomo sente per una donna? Non è dunque anche quest’amore una pura fiamma che nasconde in sé il riflesso di quello Divino? L’amore reciproco, non rende felice? Non si aprono agli innamorati le porte del Cielo? Non si sentono anche questi, rapiti al movimento del mondo, solo nella consapevolezza del reciproco compensarsi? Nella donna, non vive anche il mio prossimo che devo amare? Faccio qualcosa di sbagliato se abbraccio un essere femminile con tutto l’ardore del mio cuore e dedico a questa mia dea tutta la mia essenza, per essere felice nel possederla e renderla felice?

71. Mentre riflettevo così, mi venne in mente un’immagine dal mio passato. Avevo da tempo dimenticato un piccolo episodio e, strano, adesso non riuscivo a liberarmene: c’era la strada trafficata di una grande città. Una nonnina stava congelando all’angolo di una strada esposta alla corrente d’aria. I suoi occhi lacrimanti parlavano più chiaramente che le parole mormorate, parole che imploravano un’elemosina. Io, pieno di compassione, le offrii una moneta. Appena accadde questo, si rivolse a me una graziosa fioraia che mi offrì sorridente e riverente un mazzo di fiori. Io lo presi, offrii alla piacevole birichina, senza chiedere il prezzo, una moneta e, smanioso, seguii con lo sguardo la graziosa ragazza. La moneta offerta aveva tre volte il valore di quella che aveva ricevuto la vecchia nonnina.

72. Perché quest’immagine da lungo tempo dimenticata, ora, stava all’improvviso così chiaramente davanti alla mia anima? La mia coscienza mi mise davanti la domanda: per quale ragione qui facesti una differenza dove c’era la necessità? Avevo agito giustamente? Adesso mi fece irritare il mio modo di fare commesso molti anni fa.

73. Lassù sul terrazzo si trovava ancora la bella fanciulla, il suo sguardo vagava in lontananza, lei non mi vedeva, così che, coperto dai cespugli fioriti, potevo ammirarla. Nel mio cuore si levarono infuocate ondate. Io avrei voluto precipitarmi da lei, tirare a me l’amabile figura e balbettare ai suoi piedi la dichiarazione del mio amore. Sì, questo è amore! L’amore che Dio ha messo nei cuori degli uomini, affinché debbano essere felici sulla Terra, e poi ringraziarLo per questo dono divino. Io non riuscivo a sopportare questo sentimento struggente, questo desiderio ardente, adesso era il momento adatto di rivelarmi alla vergine. Lei era sola, perciò mi dissi:Va’ da lei e poi da Chorillus, per dirgli quanto velocemente l’amore mi aveva afferrato e infiammato.

74. Ma guarda, Chorillus si avvicinò a sua figlia. Mi spaventai, …perché? La portò in casa. Mi abbassai istintivamente dietro i cespugli fioriti, affinché il suo sguardo non m’incontrasse. Ma per quale ragione? Non ero a conoscenza di nessuna colpa! E ciononostante mi sentivo a disagio, come se avessi commesso una colpa. Dei passi risuonarono dietro di me lungo il sentiero che, dalle abitazioni degli abitanti nella valle attraverso il giardino, conduceva su in alto. Come se fossi stato scoperto mentre facevo qualcosa di male, saltai su e vidi avvicinarsi il figlio di Chorillus. Il bellissimo giovane mi salutò affabilmente. Io invece non riuscivo a sopportare il suo sguardo limpido, e abbassai gli occhi, sapendo fin troppo bene che la mia eccitazione non ancora superata e i miei segreti pensieri non gli erano nascosti.

75. Venne da me e disse dolcemente: “Amico, la passione ti ha nuovamente afferrato? Perché ti spaventi di me? Perché ti sei spaventato di fronte a me? Non è compito dell’uomo, lottare e riconoscere? Credi tu che io ti giudicherei per il fatto che ancora lotti e non hai ancora sviluppato completamente le tue forze interiori? – Oh, no, non temere questo! Vieni, riposiamoci!”. Egli prese posto dove prima era seduto suo padre, mi unii a lui e mi parlò. “Tu non sai da dove vengo; te lo voglio dire: ho appena lasciato la mia promessa sposa e vengo dalla casa dei suoi genitori”. – Io guardai sorpreso il giovane, afferrai la sua mano ed esclamai: “Allora anche tu ami un essere femminile che pensi di portare un giorno a casa come tua moglie? Oh, parla! Tu vedi il caos dei miei sentimenti. Risolvimi l’essenza del puro amore umano. Cos’è questo amore? E come è giusto dinanzi a Dio?”

76. Il giovane: “Voglio provare a rispondere a questa domanda, e spero che mi comprenderai. Ciò che voi, nei vostri paesi, chiamate amore, nella maggior parte dei casi non è inteso con la sua vera natura. Se sentite un’avida inclinazione a guadagnare qualcosa, allora credete di sentire amore. Stimolati dal senso della bellezza, sentite un piacere, e con questo si fa sentire il desiderio di goderne il possesso. Tale sentimento desideroso aumenta spesso fino alla follia, e questo dovrebbe poi essere ‘amore’. Questo sentimento passionale nell’uomo pretende tutto dall’oggetto al quale si rivolge, e così, sia l’uomo come anche la donna che s’innamorano, sono spesso inclini solo a pretendere tutto dall’altra parte, ma a dare tuttavia il meno possibile. Dopo un periodo di cotta, dopo che non avvampa più la passione nella fiamma consumatrice, segue di solito il pentimento, la delusione, perfino l’odio. Tuttavia nel tempo in cui arde ancora, trovi in entrambe le parti la gelosia diffidente, il che si traduce in tirannia e discordia. Questa grande compilazione infernale, queste caratteristiche strazianti che, a seconda della forza di volontà dominante del singolo, se sono sfrenate o rimangono in certi limiti della buona educazione, il mondo chiama ‘amore’, e secondo il grado degli effetti perlopiù solo distruttivi, si forma la follia di poter misurare la forza dell’amore.

77. Quanto completamente diverso è tuttavia il puro, vero amore! Questo non si stabilisce come condizione essenziale di possedere e così godere, …no! Esso vuole soprattutto dare altruisticamente, e non chiede, non considera se è consentito anche un dono di scambio. Il vero amore sa anche soffrire, sa rinunciare, mentre quello non vero, a una tale richiesta, si trasforma subito in ira e odio, perché tutto ciò che si avvicina troppo all’egoismo, viene da questo combattuto in maniera vendicativa.

78. Il vero amore per gli uomini non fa nessuna differenza tra le persone, se anziano, giovane, bello o brutto nell’esteriore; esso afferra tutto con uguale dolcezza d’animo, come anche Dio concede a tutte le Sue creature le Sue benedizioni senza differenza. Se ami una fanciulla, allora per te il possesso non deve essere la cosa principale così che tu la custodisca gelosamente, ma devi tener presente il reciproco completamento. Se questo manca, una cotta dei sensi non ti può sostituire questa mancanza, ma il più profondo pentimento sarà la sicura conseguenza. Se però trovi il completamento cercato, allora sarà anche impossibile una separazione; perché ciò che si completa in un’armoniosa unità, quindi, cioè che è Dio ad unire, non potrà mai essere separato eternamente. Ma quanto spesso, anzi da voi accade quasi sempre, ciò che ha trovato completamento nella sola reciproca concupiscenza, senza una più profonda armonia interiore, questo – nonostante tutti i legami esteriori – non può neanche essere considerato mai appartenuto, e si separa di nuovo non appena lo può.

79. Tu ami mia sorella, amico. Tale tuo amore, è completamente puro? La passione crea sofferenza, l’impurità il sentimento di colpa. Comprendimi bene: solo in Dio vi è il più puro Amore. Se sei unito a Lui, allora da te cadono tutte le scorie, ma per questo ci vuole una forte, grande, irremovibile volontà, un raggiante fuoco di fede interiore. Allora si risveglia un amore che sta l’un con l’altro più in alto dell’amore dei sessi, perfino se questo è un amore puro. Questo afferra entrambi, uomo e donna, e ben per coloro che, uniti in tale armonioso completamento, si lasciano poi guidare da questo amore, perché attraverso questo sono diventati figli di Dio.

80. Noi, abitanti della valle, non possiamo dimenticare Lui, il Signore, per amor di una donna o di un uomo, perciò il nostro matrimonio è anche di altro genere da quello del mondo. Noi non conosciamo l’avidità di dominio e la reciproca tristezza e incomprensione, perché queste regnano solo là dove manca il completamento, e senza questo da noi non esiste nessun matrimonio”.

81. Queste parole del giovane mi afferrarono profondamente, e prendendo la sua mano esclamai: “Oh, se avessi la tua sapienza, quanto sarei felice!”. – Il giovane: “Vivi in Dio, allora avrai tutto. Io non possiedo nulla. Solo in Lui vi è la pienezza, Egli è la Sorgente che ci concede tutto!”. Si alzò, e indicando l’isola che celava il Santuario, continuò: “CercaLo, e sii certo: si farà trovare!”. Il giovane si allontanò con passo veloce e mi lasciò solo.

82. Il Sole era calato, e con la velocità caratteristica dei tropici, senza passaggio del crepuscolo, subentrò la notte. In breve tempo ci fu un profondo silenzio tutt’intorno, le stelle guardavano scintillanti dall’alta volta del cielo, e la Luna emanava la sua soave luce sulla Terra che si preparava al riposo. Tuttavia nel mio cuore non voleva entrare nessuna quiete. Batteva inquieto, una quantità di pensieri e domande attraversavano impetuosamente la mia anima.

83. Alzai lo sguardo allo splendente cielo stellato. Allora pensai:Se mai la vista di questo cielo stellato, mentre tutt’intorno regna profonda quiete, è adatta a dare all’uomo un concetto dell’Onnipotenza e della Forza di Dio, perché questo brulicare di mondi splendenti che orbitano su vie ordinate senza confondersi? Essi sono eloquenti ed immediati testimoni della Sua Sapienza e della Sua Potenza. Allora quanto piccola si sente lì l’anima non appena viene compenetrata dal sentimento del proprio nulla, riconoscendosi come pulviscolo nello spazio, e tuttavia le s’impone la conoscenza che deve essere più che un nulla, altrimenti là non le sarebbe data la facoltà di compenetrare il Cosmo con i suoi sensi e riconoscere le Leggi dell’Onnipotenza.

84. Ho io ricevuto questa facoltà solo affinché la consapevolezza della mia nullità mi sfracelli e mi consegni alla disperazione? Allora Tu sei crudele, Creatore del mondo! Se l’ho ricevuta affinché Ti ammiri e Ti adori soltanto, e nella continua più profonda contemplazione della Tua onnipotente Forza ed inesplorabile insondabile Sapienza alla fine riconosca comunque che io sono nulla e Tu sei tutto, allora non sono niente di meglio che un impotente povero schiavo, al quale solo la bontà e la pazienza del potente Signore permette di godere dei Suoi inesauribili tesori. Perché allora ho ricevuto questo ardente desiderio di conoscenza, questi sensi, grazie ai quali posso cominciare a quietare questa brama, questa facoltà spirituale che non conosce barriere per compenetrare l’Universo, questo volo dei pensieri che non conosce né spazio né tempo, e infine questa breve vita su un misero pianeta, forse il più misero di un sistema solare che è comunque di nuovo solo il luogotenente di un sistema superiore e più potente?

85. O Dio, Tu che domini e compenetri questo Universo, io non trovo la chiave per lo scopo dell’esistenza e del Tuo governo, se non Ti hanno guidato scopi più alti a tuonar fuori nell’eternità dello Spazio il ‘Sia’, mete più alte che Tu forse nascondi solamente affinché la generale arguzia degli uomini non le profanino, che però rivelerai a chiunque desideri veramente riconoscerle.

86. Esclamai a bassa voce e pieno di struggimento queste parole al notturno cielo stellato, e allora si mosse in me un pensiero talmente ardente e intimo, e tuttavia così pieno di pace, così profondamente beatificante che scaturiva dal mio cuore più intimo, pieno di aspettativa e in attesa di conoscere. Mi sembrava come se adesso, immediatamente, si presentasse davanti a me una cara persona, anche se del tutto sconosciuta e mi abbracciasse colmo d’amore e gioia, per farmi giacere al suo fedele cuore. Non ero più interessato a conquistare la mia donna e afferrarla nel sentimento dell’amore, – no! Molto di più nobile, di più alto e di più puro palpitò nel più profondo della mia anima, e le mie labbra sussurrarono fervidamente: “Padre, caro Padre!”

87. Saltai su. Mi attirò quel Santuario che misteriosamente veniva mormorato intorno dalle onde del lago. Con passo frettoloso corsi lungo la via a me nota, e presto stetti alla riva del lago luccicante d’argenteo alla luce della Luna. L’isola dall’altra parte s’innalzava buia. Al suo interno nascondeva la meta, ma mi separava l’acqua. Finora non avevo nemmeno pensato una volta al fatto che questo ostacolo mi avrebbe potuto impedire di raggiungere la destinazione. L’ardente desiderio e l’aspettativa mi fece dimenticare l’ostacolo, ma adesso il piede indietreggiò dal terrore davanti alle onde mormoranti che lo bagnavano, e mi vennero le lacrime agli occhi quando vidi naufragare l’adempimento del mio ardente desiderio.

88. Allora da questa parte rumoreggiò di nuovo così misteriosamente come quando vidi per la prima volta quest’isola con Chorillus. Un suono e un lontano echeggiare sembrò farsi sentire dall’interno, esso si formò in suoni e in parole, e sentii chiaramente: ‘L’amore supera tutto, non conosce ostacoli, ma credi, credi, – credi!’

89. Ancora una volta nel mio cuore ribollì ardentemente, e giubilando compenetrò il mio sentimento: Sì, Padre, Ti credo! Credo in Te!’. Guardai solo a quell’isola, l’acqua non mi preoccupava più. Un passo in avanti, – e mi sentii sollevato, portato, condotto via. Al di là posi il piede sul terreno, percorsi il sentiero che scorreva sotto alti alberi e palme, e presto mi trovai davanti ad un tempio di marmo, le cui porte erano spalancate. Una luce delicata illuminava l’interno del Santuario. Nessuno m’impedì l’entrata».

 

[indice]

۞

Cap. 3

Epilogo

1. Il mio amico narrante aveva pronunciato le ultime frasi sempre più sommesso, e ora fissava nel vuoto trasognato. Tutta la compagnia che con visibile attenzione aveva ascoltato il suo racconto sotto le più differenti sensazioni, alla fine divenne impaziente quando egli non mostrò alcuna propensione a continuarlo, e da differenti parte gli giunse un: “Ebbene, e poi?”

2. Il mio amico sbalzò di soprassalto dalla sua meditazione e guardò calmo gli interroganti. – “È poi entrato in questo misterioso Tempio? E cosa ci ha trovato?”, chiese il professore. – “Certamente l’ho fatto, ed ho trovato l’immagine svelata di Iside, la Verità!”

3. “Questo è interessante. Ma si può sapere come si presenta svelata?”, rispose ironico il professore.

4. Christian lo guardò compassionevole, e rispose: “Come vede, la sua vista non mi ha distrutto, ma mi ha ben illuminato. Essa mi ha risolto il segreto dell’esistenza e il più grande mistero di Dio. Lei, stimato professore, potrebbe correre il rischio di essere gravemente deluso con lo scoprire il velo, perché quella statua non potrebbe possedere per lei nemmeno il valore di antichità!

5. “Oh, oh, mio caro, se lei ne è così convinto, allora non lasci temere alla sua scoperta la luce della scienza; io giudicherò molto obiettivamente!”, rispose l’interpellato.

6. “Orbene, vedremo. Ascolti: in quel Tempio ho riconosciuto che solo l’infinito Amore dello Spirito di Dio ha creato l’Universo, che Dio ama veramente l’uomo come un Padre, e desidera dagli uomini – anzi, li prega addirittura – di riamarLo come un amabile Padre, e che a lui, a Suo figlio, vuol dare e darà ogni potere e forza, se il figlio a sua volta ama Lui stesso, affinché diventi perfetto come è perfetto il Padre. Per questa meta nessun sacrificio è troppo grande per Lui – anzi, l’Onnipotenza si china per amore perfino alla più bassa volontà delle Sue creature. Anche adesso sopporta ancora tutto per Amore, e per risvegliare l’amore ha creato l’Universo e tutto il vivente, ha dato all’uomo un’esistenza terrena, e lo ha provvisto con tutte le facoltà che portano alla conoscenza. In breve: Dio è Amore, in Lui troviamo tutto!

7. Deluso, il professore che allo stesso tempo era anche sovrintendente disse: “Ma questa è una storia antichissima, la conosciamo da lungo tempo!”. – Il mio amico rispose: “Davvero, miei signori? Ebbene, vi ho detto subito che la mia rivelazione non avrebbe avuto per voi nemmeno il valore dell’antichità. Se però questa verità è così antica, perché non la fate diventare vivente nel vostro cuore, in modo che produca anche dei godibili frutti?

8. Sì, questa verità è antica, ma finora non è stata ancora riconosciuta. Solo le parole sono state udite, senza essere più che parole composte da lettere. Voi esaminate le lettere molto precisamente, le spiegate in modo altamente geniale, che devono essere composte così, perché – ordinate diversamente – potrebbero far risultare altre parole, forse anche senza senso, e perciò sarebbe molto interessante sapere perché proprio queste lettere si fanno mettere insieme ben in altre parole e senza senso.

9. Tuttavia, lo spirito che si trova nelle parole esteriori non lo vedete né lo riconoscete, perché la verità non può essere data, deve essere conquistata. La Divinità stessa viene per sollevare il velo dall’immagine di Iside. Se però l’uomo ostinato ci prova con mano colpevole, allora decade nell’ottusità e nella stupidità.

10. Volete sapere da me cos’altro son venuto a sapere nel Santuario? Cercate prima voi stessi di raggiungere quella valle e penetrare in quel Santuario che contiene la cosa più intima, più misteriosa di quel luogo separato, per percepire la voce del Padre. Ma fate come me: non temete la via attraverso sterili deserti e steppe, ma lasciate indietro tutto ciò che vi annoda ancora agli uomini; lasciatevi guidare dalla fiducia e portare dalla certezza, nel caso foste stanchi. Allora raggiungerete quel luogo di pace benedetto, dove l’amore umano esercita il sacerdozio.

11. Sconfiggete il leone dell’ostinatezza, strappate dal cuore la cupidigia e la concupiscenza, e lasciatevi trasportare pieni di ferma fede perfino oltre gli abissi, che altrimenti celano in sé la sicura morte; allora raggiungerete la meta più santa e più magnifica nel Tempio del Padre, e ora potrete, senza danno per la vostra vita, vedere la verità svelata. E se poi tornerete indietro, allora vi toccherà la riconquistata innocenza dalla mano sacerdotale”.

12. Queste parole fecero un’impressione molto notevole sui presenti, in generale però ripugnante. Il fisico mormorò: “Si è mai sentita una tale scemenza?”. Il medico, al quale si associarono gli avidi parenti, scosse la testa, corrucciò la fronte e disse a bassa voce: “Pazzia religiosa col principio di megalomania!”

13. Il sovrintendente si alzò e si predispose ad andare via, mentre gli altri fissavano il mio amico con un’espressione stupida sul volto, e chiaramente non sapevano bene come dovevano intendere le sue parole. Infine si alzarono tutti, e il capitano d’industria disse sprezzante: “Eh, lei ci ha quindi dato ad intendere una bella frottola con le sue ridicole storie. Non avrei mai pensato che un uomo come lei potesse mentire in modo così colossale. Rifiuto però, ringraziando, ulteriori scherzi del genere!”

14. Tutti i presenti si recarono ora alla porta per lasciare la casa, allorquando il mio amico esclamò ad alta voce: “Ancora un momento! Quando tornai dal Tempio dove ho percepito e riconosciuto la più santa Verità, allora un caldo desiderio bruciò nel mio cuore, ovvero quello di portare anche ai miei parenti di stirpe la mia conoscenza e dar loro comunicazione della felicità conquistata. Ho espresso a Chorillus il desiderio di ritornare e diventare un annunciatore delle mie esperienze. Allora mi ha obiettato e mi ha detto: Non troverai nessuna fede. Ti si riderà in faccia e scherniranno. Se predichi la verità, la si riterrà per menzogna, perché solo chi è di cuore puro non si urterà alla sua nudità. Solo chi percepisce il respiro della Divinità e bada al Suo dolce soffio, può acquisire conoscenza. Ma prova se trovi orecchi aperti, e poi ritorna da noi con la nuova esperienza.

15. Tuttavia non disperare se le tue esperienze saranno brutte, perché sia qui nella nostra valle, sia altrove in qualche altra parte della Terra, chi cerca il Tempio del Padre lo può trovare ovunque, solo si bada purtroppo meno di tutto a ciò che sta più vicino. Tutti coloro che si uniscono nell’amore per il Padre, sono uniti anche con noi ed inconsapevolmente sono abitanti della valle, fratelli nostri!’. – Io vedo che Chorillus ha detto il vero, e così andate per le vostre vie, io vado per le mie!”

16. “Perché dobbiamo ascoltare più a lungo questa follia?”, dissero i parenti intenzionalmente ad alta voce, presero il medico in mezzo a loro ed uscirono solerti disputando a bassa voce. Gli altri li seguirono e presto le stanze illuminate furono vuote, rimanendo solo noi due.

17. Io afferrai la mano del mio amico e chiesi preoccupato: “Cosa hai intenzione di fare? Quelli tramano cattivi piani!”. – “Non temere nulla per me”, rispose, “sono reso immune contro tutti i complotti. Ma tu cosa pensi?”. – “Io ti credo e riconosco la Verità delle tue parole”. – “Vuoi seguirmi?”

18. “Dove?”

19. “Da Chorillus!”

20. “Tu sai che ho qui i miei amati genitori, non li posso abbandonare, e Chorillus non ha detto che si potrebbe diventare ovunque un abitante della valle?”

21. Il mio amico mi strinse la mano e tacque. – Ci separammo.

22. Alcuni giorni più tardi volevo fargli visita, la casa era stata abbandonata da lui. Il mio amico aveva venduto tutto ad una famiglia straniera e già il giorno dopo quella serata memorabile si era allontanato dalla città senza congedarsi.

23. Nessuno sa che fine abbia fatto.

 

[indice]

– Fine –

 

[ home sito ]  [ home Engel ]

 

 

 

 



[1] Prosaica: che manca di bellezza, banale, meschina.

[2] Bacino: avvallamento o concavità della crosta terrestre, libero oppure riempito da acque.